Confessioni

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CONFESSIONI

Commedia in due scene

di MAURICE DONNAY

PERSONAGGI

SIGNORA BOURGEOIS

ENRICO

Commedia formattata da

SCENA PRIMA

Uno studio-salotto elegantemente arredato. Un divano blu con molti cuscini, tappeti orientali e l'occorrente per fumare. La signora Bourgeois ed Enrico, nello stato d'animo di Adamo ed Eva dopo il pomo, più vestiti tut­tavia.

Signora Bourgeois        - Ah! Enrico, Enrico, è atroce quello che abbiamo fatto là... Tu mi disprezzerai!

Enrico                           - (gentile) Ma guarda un po’ che idea!

Signora Bourgeois        - Sento che hai una pessima opinione di me, che mi giudicherai come tutte le altre. Tuttavia, ti giuro che mai prima di te, capisci, mai un uomo…. Che non sia mio marito: tu sei il  mio primo amante. Oh! ho lottato finche ho potu­to, ma ti amavo, t'adora­vo. Perché dunque mi hai fatto tua così, e ora mi

rEnrico                            - (piuttosto annoiato) Un uomo non può serbare rancore a una donna per esserglisi data: non può che esserne lu­singato... Solamente, chi può non aver rancore con­tro se stesso per averla presa, pentirsene almeno?

Signora Bourgeois        - Così, tu ti penti di questi istanti indimenticabili: non sei dunque stato felice?

Enrico                           - Tu non mi capisci: non mi pento della cosa in se stessa, che era assolutamente di prim'ordine, lo confesso; ma ho dei ri­morsi per Alice, ecco la verità. Perdonami il paragone: il pranzo era squisito, ma la di­gestione è penosa.

Signora Bourgeois        - Allora, per te, è una questione di coscienza.

Enrico                           - Dopo... sì. La coscienza è uno sto­maco morale, e io ho codesto stomaco molto delicato. Tu no? -

Signora Bourgeois        - Sì... evidentemente... in­ gomma.

Enrico                           - Perbacco, voi altre avete delle co­scienze di struzzo; digerite i ciottoli.

Signora Bourgeois        - Ma non bisogna nean­che esagerare l'importanza delle cose. Dopo tutto, è cosa di ogni giorno, noi non costi­tuiamo un'eccezione, grazie a Dio! Dov'è il nostro delitto?

Enrico                           - Il nostro delitto è nell'aver ingannato un'amante che adoro e a cui non ho niente da rimproverare, che ha assoluta fiducia in me e in te che sei la sua migliore amica. Trovi che sia niente, tu? Infine, quando ella arriverà, ora, perché deve venire, credi dun­que che io potrò essere il suo amante, come se nulla fosse accaduto?

Signora Bourgeois        - Ti compiango, mio po­vero amico, se sei già a questo punto.

Enrico                           - E' forse così; ma, no, non è qui il più difficile. Ma bisognerebbe giurarle che l'amo, che non amo che lei, che non l'ho mai tradita. Non ti fa dunque nessun effetto il pensare a codeste cose?

Signora Bourgeois        - Ah! non parlarmene: è una tortura.. Soffro da morirne.

Enrico                           - Anche tu ritroverai tuo marito, e se, questa sera stessa, egli vuol esser tuo marito, ciò ti sembrerà semplicissimo: tu non avrai una ribellione, un fremito; siete fatte così voi.

Signora Bourgeois        - Perché ci si può prende­re, senza che noi ci si dia.

Enrico                           - Sì, mentre noi dobbiamo essere sin­ceri. E vedi, io ho talmente orrore della men­zogna o del tradimento, che mi sembra che sarei troppo sincero e che avrei la voglia folle, irresistibile di, confessare tutto...

Signora Bourgeois        - (scattando) Ma bene! sa­rebbe completo! Anzitutto non ne hai il diritto... Ma la menzogna è un dovere, dal momento che l'onore di una donna è in gioco. In ogni caso, se ella non ti domanda niente, non tocca a te prender l'iniziativa.

Enrico                           - Ma se ella mi chiede qualche cosa... se dubita?

Signora Bourgeois        - Bisogna non confessare mai, capisci? Giura su tutto ciò che hai di più sacro al mondo, sulla tua vita, sulla sua, che so? Giura su una tomba cara se ne hai una in famiglia... E' cosi che noi facciamo tutte; e riesce sempre. E anzi, ci penso; se ella ti dice che sa tutto, che io le ho con­fessato tutto, perché ella è maligna e può dir il falso per sapere il vero, nega sempre; capisci? Quanto a me, puoi essere certo che non dirò mai niente. Vorrei piuttosto farmi ta­gliar a pezzi. Per conseguenza, tu puoi negar sempre animosamente. A che ora viene lei?

Enrico                           - Alle quattro.

Signora Bourgeois        - Son le tre e mezzo. Io scappo. Amami un poco!

Enrico                           - Sì, ma tu non sarai più la mia aman­te: rimarremo buoni amici. Oh! no, no, non bisogna. Pensa a tutte le infamie in cui na­vigheremmo... non è possibile. E poi, sareb­bero menzogne continue e particolari ripugnanti. Vedrei te al mattino e poi lei alla sera, qualche volta forse a un'ora di distan­za. Mi faresti l'effetto di una cocotte: non voglio. Eppoi, tu non puoi avertene a male; ti rispetto troppo per farti partecipare a una simile ripartizione. Ti secca che mi riprenda?

Signora Bourgeois        - Preferirei che tu riprendessi me, ma hai ragione. E' inteso, farò ciò che vorrai; ma dammi la tua parola d'onore che non le dirai mai niente, checché avvenga.

Enrico                           - Ti do la. mia parola d'onore. Sei contenta?

Signora Bourgeois        - Sono tranquilla. Arrive­derci, adorato.

SCENA SECONDA

Due giorni dopo; stessa scena e personaggi.

Enrico                           - Vi ho chiamata, cara amica, per chie­dervi consiglio. Sentite, ecco la lettera che ricevo da Alice  (legge). « So ora tutto ciò che è stato tra voi e Candida. E' inutile tentar di rivedermi. D'altronde, io non ver­rò più da voi, e voi non dovete più presen­tarvi a casa mia. Poiché voi eravate assai intimo di casa e per spiegare come voi in­terrompiate cosi bruscamente le vostre vi­site, ho detto a mio marito, il quale si divertiva che voi mi faceste un po' di corte, ho detto che eravate andato troppo oltre. Per conseguenza, se voi aveste l'audacia di ve­nire in rue de Prony, sarebbe Edoardo a mettervi alla porta. Conto sulla vostra cor­tesia perché mi rendiate le lettere e le foto­grafie. Le manderò a prendere domani mat­tina da Filomena, la mia cameriera ». Ecco. Che cosa ne pensate voi?

Signora Bourgeois        - E voi?

Enrico                           - Penso ch'ella dubiti di qualche cosa, che voglia sapere e che mi tenda questo tra­nello.

Signora Bourgeois        - Diventata maligno. Cre­dete allora ch'ella dubiti di qualche cosa?

Enrico                           - Certamente... Figuratevi che l'altro giorno, ier l'altro, insomma, ha trovato il vostro fazzoletto sotto un cuscino: ha rico­nosciuto la vostra sigla, il vostro profumo...

                                      - (fieramente) Ma io ho giurato che non ave­vate messo piede in casa mia.

Signora Bourgeois        - Avete fatto male; biso­gnava riconoscere ch'io c'ero stata, poiché il mio fazzoletto ne faceva fede.

Enrico                           - Ah! non so niente, io! Voi mi dite che bisogna dir sempre di no.

Signora Bourgeois        - Non bisogna dir mai l'essenziale, ma si possono confessar le cose di contorno, le cose che non sono definitive: nel non mentire in quelle si ottien credito per il resto. Ora, voi potevate confessare be­nissimo che io ero venuta: non ne conseguiva ch'io fossi stata vostra amante.

Enrico                           - Giustissimo, ma insomma io ho detto che non vi avevo vista. Ma i suoi sospetti erano suscitati, tanto più che ai miei baffi, ai miei vestiti era rimasto il vostro profumo, che è assai caratteristico... Ella mi ha interrogato, mi ha fatto mille domande traditrici; ma io non sono caduto. Insomma non se ne parlava più quando, stamattina, ricevo que­sta lettera.

Signora Bourgeois        - E che cosa contate di fare?

Enrico                           - Ciò che farete voi: andarla a trova­re, dirle che è un'infamia, che l'adoro, che vado ad uccidermi, insomma andare fino in indo.

Signora Bourgeois        - Non fate questo... sa­rebbe inutile.

Enrico                           - Perché?

Signora Bourgeois        - Perché le ho confessato tutto.

Enrico                           - Voi?

Signora Bourgeois        - Io...

Enrico                           - Dite sul serio?

Signora Bourgeois        - Proprio sul serio.

Enrico                           - Ma allora, che razza di donne siete? Come, per salvarvi, per mantener intatto quello che voi chiamate il vostro onore, io mi comporto come un miserabile, ho mentito facendomi nausea, ho giurai» sulla mia vita, sulla sua, su una tomba cara di famiglia...

Signora Bourgeois        - Colui o colei che vi giace non ne morrà, in ogni caso.

Enrico                           - E' vero, (continuando) Vi do la mia parola d'onore, mi impegno di fronte a voi e proprio voi mi vendete! Perdo un'amante che adoro...

Signora Bourgeois        - Siete ingiusto, amico mio; anzitutto, bisogna sapere com'è anda­ta, prima di strillare come un puma. Ebbene! Alice è venuta a trovarmi, m'ha chiesto s'io fossi stata a casa vostra... io le ho detto di no.

Enrico                           - Bisognava rispondere di sì; non si deve mai dir l'essenziale, ma si posson con­fessare le cose di contorno, le cose che non sono definitive: nel non mentire in queste si ottien credito per il resto.

Signora Bourgeois        - L'ironia è fine; ma aspet­tate. Ella mi ha chiesto allora come mai il mio fazzoletto fosse rimasto a casa vostra, sotto un cuscino del divano. Non potevo ne­gar più e allora ho raccontato tutto...

Enrico                           - Ciò è molto amabile... insomma, è fatto, è fatto. Ma perché m'avete fatto giu­rare di tacere! è questo che non compren­derò mai!

Signora Bourgeois        - (semplicemente e senza fretta) E' così facile, tuttavia; perché vo­levo aver il piacere di dirglielo io stesso,

Enrico                           - In tal caso, è diverso; mi sono in­gannato: non è inabile, è assai abile, al con­trario, e odioso per soprammercato.

Signora Bourgeois        - Insomma, caro mio, met­tetevi al mio posto. Io mi do a voi: anziché cadérmi ai piedi, giurandomi un'eterna rico­noscenza, voi avete dei rimorsi, parlate dei vostri mali di stomaco morale. Quando una donna fa quello che io ho fatto, non ha che una giustificazione, cioè che l'uomo per il quale ella s'è compromessa così l'adori esclu­sivamente e non rimpianga niente. In una pa­rola, dev'essere la folgore. Siccome questo non è il caso, e voi facevate assai poco conto di me, io ho fatto poco conto di voi, e mi sono ritirata, almeno, con l'onore delle armi.

Enrico                           - Non avete che codesti onori, siatene certa. Ed ora, noi non abbiamo più niente da dirci, separiamoci.

Signora Bourgeois        - Da amici.

Enrico                           - Voi non lo vorreste.

Signora Bourgeois        - Da complici, allora!

Enrico                           - Nemmeno... Da estranei.

Signora Bourgeois        - Addio, care signore.

Enrico                           - Addio, cara signora.