Dodici rose e una gamba

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1-Fermi

Teatro Comico Italiano

DODICI ROSE E UNA GAMBA

 COMMEDIA IN DUE ATTI

Autore:

Camillo Vittici

Iscrizione S.I.A.E. N.118123

(In caso di traduzione dialettale si prega di specificare alla SIAE il titolo originale dell'opera)

PERSONAGGI

Ambrogio

Il custode del cimitero

Mistica

Una vedova

Lucrezia

Una vedova

Bigia

Una vedova

Gustavo

Un vedovo

Rodolfo

Un vedovo

La storia si svolge in un piccolo cimitero di paese

La storia

Strane e curiose vicende che si svolgono in un piccolo cimitero di paese

Vedovi che si incontrano, amori che sbocciano, strani pacchi, richieste assurde e numeri del lotto

PRIMO ATTO

(Piccolo cimitero di paese. Qualche abbozzo di lapide a lato del palco)

AMBROGIO: Fermi! Tutti fermi! E non respirate! E zitti! Non mi posso assentare un minuto che scoppiano dei casini. Guardalo qua il Giovanni, amico mio di grandi bevute, come l’hanno conciato… Fiori di plastica, fotografia ormai sbiadita e sulla lapide non si vede più neanche il nome. Devi sapere Giovanni che ieri sera mi sono dimenticato di chiudere il cancello del cimitero. Come al solito qualche donnetta è andata a riferirlo al sindaco. Pensa che voleva licenziarmi. Alla fine tutto è andato bene; ma che sudata a fargli capire che ormai io vi conosco ad uno ad uno e che senza di me vi sentireste morti. Gli ho anche detto che stamattina ho fatto l’appello e nessuno mancava; tutti presenti! Sapessi com’è duro vivere Giovanni… Beato te che non hai più né pensieri né preoccupazioni. Il dottore te l’aveva detto mille volte; non bere Giovanni che un giorno o l’altro finirai al cimitero. Un giorno o l’l’altro… Anche i dottori ne dicono di stupidaggini… Un giorno o l’altro finirai al cimitero… E chi è che un giorno o l’altro non finisce al cimitero? Anch’io sono finito al cimitero, ma a lavorare però! E, quando arriverà la mia ora, mi porteranno qui e mi sembrerà di non aver mai cambiato casa e sarò ancora con voi, come da sempre, magari bello sdraiato sperando di non avere fiori di plastica. Ti svelo un segreto Giovanni… Io il mio posto me lo sono già preparato. Ho recintato un pezzetto di terra e ci ho messo sopra una croce così che tutti pensano che sotto ci sia già qualcuno, ma quello è mio, riservato solo a me. Un posticino dove batte il sole tutto quanto il giorno, dove si sentono le campane e dove gli uccelli si posano sui fili che passano lì vicino e cantano le loro canzoni allegre. Capito Giovanni? (Si sposta alla tomba successiva). Dai Giacomo, non essere geloso; adesso vengo anche da te. Scommetto che stai ancora brontolando col Giovanni come facevate sempre in vita. Non bere- gli dicevi- non bere che potresti morire in quattro e quattr’otto. E tu invece te ne sei andato una settimana prima di lui. Tu che non hai mai bevuto un goccetto, tu che ogni tre giorni ti controllavi pressione e colesterolo, tu che ogni mattina facevi cinque chilometri di corsa per tenerti in forma. Correvi così tanto che ti sei beccato un bell’infarto e sei stramazzato a terra con la tua tuta con su scritto “Correre è salute”. (Si sposta alla tomba successiva). Ciao Teresa, certo che tuo marito ti poteva scrivere qualcosa di meglio. “Dopo una vita trascorsa insieme il Signore ti ha voluto con sè. Che Egli sia benedetto”. Mah! Beh, riposate in pace. Io devo aprire i cancelli. Torno a salutarvi più tardi. Intanto state buoni e non muovetevi da lì. (Esce)

MISTICA: (Entra con un gran mazzo di fiori. Si precipita verso la tomba di Giacomo). Eccomi Giacomo. Giacomo Giacomo, sei un amore! Appena Ambrogio ha aperto il cancello mi sono precipitata da te. Ti piacciono Giacomo? Sono tutti per te! Sono dodici rosse. Te le invidieranno tutti gli altri defunti qui attorno. Al mio Celeste, al massimo, porto due crisantemi di plastica, ma tu sei un tipo ultra speciale. Lui non mi ha mai dato quello che mi hai dato tu. Tu sì che sai come far felice una donna… (Li depone). Ma guarda, guarda che brutta fotografia. Aspetta che ti tolgo lo sporco dalla faccia. (Sputa sul fazzoletto e pulisce). Ecco, così sei più bello e fascinoso. Proprio come quando eri fra di noi. Che caro, che caro il Giacomo… Che uomo! Come potrò mai ripagarti per quello che mi hai regalato?

LUCREZIA: (Che nel frattempo è entrata. Ha in mano due fiori di plastica) Cos’è questa storia Mistica?

MISTICA: Di che storia parli Lucrezia?

LUCREZIA: Come di quale storia parlo? Cosa sarebbe quel “Che caro, che caro il Giacomo…”? E cosa yi avrebbe dato il mio Giacomo che non ti ha mai dato il Celeste? Non è per caso che fra voi due… Fra te e quel malnato figlio di buona donna…

MISTICA: Fra noi due… che cosa?

LUCREZIA: Che cosa? Cos’è tutta questa intimità? Me lo vuoi dire per favore? E poi, cosa sono quei fiori?

MISTICA: Cosa sono? Gli hai o non li hai gli occhi? Vedi per caso delle patate? Delle zucchine? Sono dei fiori freschi così belli che non li ha mai visti sulla sua tomba. Dodici rose rosse e profumate. Mica quelle schifezze di plastica che cambi solo una volta all’anno il due di novembre.

LUCREZIA: Li cambio anche oggi se proprio lo vuoi sapere

MISTICA: Ma sempre di plastica sono

LUCREZIA: Senti carina, lascia perdere la plastica e spiegami il perché di quel mazzo di fiori

MISTICA: Devi sapere, anzi, ti confesso Lucrezia che fra me e il tuo Giacomo c’è stato un colpo…

LUCREZIA: Di fulmine? E quando?

MISTICA: Macchè colpo di fulmine, colpo di fortuna!

LUCREZIA: Colpo di fortuna? Cosa vuol dire colpo di fortuna?

MISTICA: Giura che non lo dirai a nessuno per tutti gli anni che vivrai ancora

LUCREZIA: Giuro che non lo dirò a nessuno per gli altri 50 anni che vivrò

MISTICA: Giurami che terrai il segreto su quello che ti dirò

LUCREZIA: Giuro, lo giuro sulla testa del Giacomo. Che gli venga un cancro se…

MISTICA: Lascia perdere il cancro Lucrezia, gli è bastato un infarto purtroppo; anzi, purtroppo un cavolo! La mia fortuna è proprio per il fatto che l’infarto se lo sia beccato e che l’abbia stecchito. Se adesso fosse ancora vivo col cacchio che mi sarebbe andata bene. Aspetta, sediamoci con calma che ti racconto tutto. (Si siedono sulla panchina)

LUCREZIA: Sentiamo allora; discolpati donna di malaffare! Ruba uomini!

MISTICA: Discolpati? E di che cosa?

LUCREZIA: Del “che caro, che caro il Giacomo…” e dell’omaggio floreale che chissà quanto è costato

MISTICA: (Toglie una scatoletta). Mentino?

LUCREZIA: Contiene zucchero? Sai, non vorrei prendere il diabete

MISTICA: No, senza zucchero. Io non so se ce l’ho, ma devo averlo

LUCREZIA: Cosa?

MISTICA: Il diabete

LUCREZIA: E come fai a saperlo?

MISTICA: Sai, mi dicono tutti che sono una donna molto dolce… Allora, ti stavo dicendo…

LUCREZIA: Sputa sputa, malafemmina!

MISTICA: Guarda che il diabete fa fare solo tanta pipì, ma non fa sputare

LUCREZIA: No, sputa nel senso di raccontare tutto per filo e per segno. Voglio sapere quali sono stati i rapporti fra te e il mio Giacomo

MISTICA: Quand’era vivo nessuno, ma da morto un rapporto eccezionale

LUCREZIA: Senti Mistica, o tu mi hai preso per scema o sono scema davvero o tu hai l’arteriosclerosi nel cervello

MISTICA: Se tieni chiusa la bocca per qualche secondo ti spiego tutto. Due notti fa’ mi sono sognata del tuo Giacomo

LUCREZIA: Chissà che sporcacciate avrete fatto voi due…

MISTICA: Dove, nel sogno?

LUCREZIA: Certo che parlo del sogno. Quand’era vivo lo tenevo al guinzaglio come un cagnolino e ti assicuro che di scappatelle non ne ha mai fatte, ma da morto chissà cosa può combinare quello

MISTICA: Posso continuare o vuoi sapere il resto a puntate come le telenovelas?

LUCREZIA: Continua pure

MISTICA: Dove siamo arrivate?

LUCREZIA: Riassunto delle puntate precedenti… Due notti fa’ ti sei sognata del mio Giacomo

MISTICA: Che gentile il tuo Giacomo… Ha aperto la mia porta…

LUCREZIA: Della camera da letto o della cucina?

MISTICA: Questo non te lo so dire, fatto sta che apre la mia porta e mi si presenta davanti con un mazzo di dodici rose rosse

LUCREZIA: Porco! Alle altre dodici rose rosse e a me mai nemmeno una scatola di mentini. Me li sono sempre comperati da sola

MISTICA: Avrà pensato al tuo probabile diabete

LUCREZIA: No, pensava a tutti, ma mai alla sua Mistica. L’unico regalo che mi ha fatto nella sua vita sono stati dieci rotoli di carta igienica che aveva vinto alla lotteria del Dopolavoro. E’ sempre stato un avaro impenitente. Figurati che, per non spendere soldi per la foto sulla tomba, aveva chiesto all’Ambrogio di sotterrarlo con il muso fuori dalla terra. Allora, vuoi continuare o stiamo qui fino alla chiusura del cimitero?

MISTICA: Dove siamo arrivate?

LUCREZIA: Riassunto delle puntate precedenti… Il Giacomo ti ha portato un mazzo di dodici rose rosse

MISTICA: Ma perché Giacomo –gli dico- perché un omaggio floreale così bello proprio a me? E lui, sono per i tuoi 50 anni Mistica. Com’era dolce quando me lo diceva…

LUCREZIA: Il solito disgraziato! Con me solo madonne e brontolate, mentre con le altre rose rosse e gentilezze. Ma prima o poi lo rincontrerò in paradiso e allora faremo i conti. Ti assicuro che si pentirà di non essere andato all’Inferno. Dai, va’ avanti, forza

MISTICA: Dove siamo arrivate?

LUCREZIA: Riassunto delle puntate precedenti… Quel porco ti ha regalato 12 rose per i tuoi 50 anni

MISTICA: Poi si avvicina, mi abbraccia e mi dà due baci infuocati

LUCREZIA: Puttaniere che non è altro! Traditore! Anche i baci infuocati adesso. Ma tu, Mistica, non potevi astenerti? Insomma potevi tirarti indietro, no? Dopo tutto sei vedova da poco tempo e una vedova da poco tempo queste cose non le fa.

MISTICA: Ma hai mai provato a comandare i sogni? Quando vengono vengono, non sai come cominciano e non sai dove vanno a finire

LUCREZIA: In questo caso vanno a finire a puttane!

MISTICA: In che senso?

LUCREZIA: In tutti i sensi, anche quello dei sensi! Insomma, al bacio siete arrivati… Ma vi siete fermati lì o vi siete perduti nel peccato della lussuria come Ridge e Stephaniein Butiful?

MISTICA: No, nessun peccato e nessuna lussuria. Mentre mi invitava a mollare tutto e fuggire con lui a Palermo…

LUCREZIA: A Palermo? Perché proprio a Palermo?

MISTICA: E che ne so io perché voleva portarmi proprio a Palermo? Chiedilo a lui che lo saprà meglio di me!

MISTICA: Dai, va’ avanti

MISTICA: Dove siamo arrivate?

LUCREZIA: Riassunto delle puntate precedenti… Ti ha chiesto di andare con lui a Palermo

MISTICA: Mi dice: Vieni Mistica! Fuggiamo a Palermo! In quel momento non apre la porta il mio Celeste? E’ sempre fuori quel malnato; proprio quella volta è arrivato in casa in orario e il Giacomo, nella fretta di scappare, non si è fatto tutti i 32 gradini delle rampe delle scale a gambe all’aria?

LUCREZIA: Sempre nel sogno mi auguro…

MISTICA: Certo, sempre nel sogno

LUCREZIA: E meno male che è arrivato il Celeste, se no voi due chissà in quali orge peccaminose avreste combinato. E allora?

MISTICA: Allora cosa?

LUCREZIA: Dopo, posso sapere quello che è successo?

MISTICA: Dove siamo arrivate?

LUCREZIA: Riassunto delle puntate precedenti… Il Giacomo è ruzzolato per le scale e si è fatto tutti i 32 gradini a gambe all’aria

MISTICA: Appunto, il Giacomo è ruzzolato giù per le scale e io, per lo spavento, mi sono svegliata

LUCREZIA: Scusa Mistica, ma mi dici perché gli porti tutti questi fiori sulla tomba?

MISTICA: Perché il mattino dopo sono corsa a giocare al lotto i numeri che mi aveva dato il tuo Giacomo

LUCREZIA: Quali numeri?

MISTICA: Il 12 come le rose, il 50 come i miei anni, il 2 come i baci infuocati, il 32 come i gradini delle scale che si è fatto a gambe all’aria e me li sono giocati sulla ruota di Palermo

LUCREZIA: E quindi?

MISTICA: Quaterna secca Lucrezia! Quaterna secca! E non ti dico quanti soldi ho vinto! E tutto questo grazie al tuo Giacomo. Caro, caro il mio Giacomo!

LUCREZIA: Il “mio” Giacomo? Guarda che, fino a prova contraria, il Giacomo è mio, solo mio. Purtroppo!

MISTICA: Ma nessuno te lo vuole rubare! E, dopo la quaterna che mi ha così generosamente regalato, vuoi che io non gli porti un omaggio floreale? Mi sono costati un bel po’, ma è una goccia d’acqua nel mare dei soldi che mi ha fruttato venendomi a trovare in sogno. Adesso però devo andare dal Celeste; anzi, lasciami prendere anche una sola rosa che glielo porto.

LUCREZIA: Per me gliele puoi portare anche tutte. Poveretto il Celeste, ti ha lasciata vedova solo dopo un anno di matrimonio… Toh, prendi questi fiori, i miei, e portaglieli. Il Giacomo non se li merita, quello sporcaccione! Tanto ha già i tuoi… Almeno tutti, quando passeranno di qua, diranno che la Lucrezia doveva amarlo alla follia per comperargli dodici rose rosse. Però anche tu… ma dovevi far mettere sulla sua tomba del Celeste quella frase? “A mio marito, morto dopo un anno di matrimonio. La sua moglie, riconoscente”. Riconoscente di che cosa? Che è morto?

MISTICA: Per avermi lasciata vedova e in buone condizioni per sopravvivere. Il mio Celestino lo ringrazierò fin che campo. Con quella pensione che mi ha lasciato posso vivere tranquilla, ma l’altra notte mi ha dato una bella mano anche il tuo Giacomo. Ma guarda che non è il caso di sparlare della lapide del mio Celeste perché anche sulle altre lapidi se ne vedono davvero di belle.. Hai letto cos’hanno scritto al Daniele morto in un incidente aereo? “Qui giace Daniele Bianchi che, precipitando a terra, saliva al cielo”

LUCREZIA: E quel cornuto del Battista allora? Sulla lapide della moglie ha scritto: “Qui riposa Benedetta Rossi, donna instancabile, ha amato la vita, suo marito e anche tutto il paese”.

LUCREZIA: Certo che certe donne se le meritano queste lapidi

MISTICA: Vero, ma anche gli uomini non sono dei santi. Al mio Celeste non ho mai perdonato una cosa

LUCREZIA: Cos’ha combinato?

MISTICA: Grossa l’ha combinata e mi si sta ancora rigirando lo stomaco quando ci penso

LUCREZIA: Cosa aspetti a raccontarlo alla Mistica! Lo sai che i segreti sono il mio forte

MISTICA: Era poco prima di Pasqua e incontro… (Entra Gustavo). Eccolo qua il bel tomo! Certo che me l’hai fatta grossa Gustavo… Diglielo, diglielo tu cosa mi hai combinato un po’ di mesi fa’

GUSTAVO: Beh, cosa ho combinato?

MISTICA: Raccontala alla Lucrezia la storia dei tremila euro

GUSTAVO: Ma va; è stato uno scherzo; non pensavo che te lo ricordassi ancora…

MISTICA: Ma come faccio a dimenticarmi del casino che mi hai combinato? Un giorno mi ferma per strada, mi invita al bar di fronte per un caffè e, senza pensarci due volte, mi fa: “Mistica, io non resisto più, ma ti devo dire una cosa”. E io; “Dimmi Gustavo”. Diglielo tu alla Lucrezia che proposta indecente mi hai fatto

GUSTAVO: Indecente? Come indecente? Ti ho solo detto che avrei fatto qualsiasi cosa per passare un’ora di intimità con te. Tutto qua!

LUCREZIA: Tutto qua? E ti sembra poco?

GUSTAVO: Certo che era poco, tant’è vero che le ho anche aggiunto che mi sembrava di impazzire ogni volta che ti vedevo. Non faccio per dire ma anch’io uno straccio di bella presenza ce l’ho ancora…

LUCREZIA: Che sfacciato!

MISTICA: Sfacciato non solo, ma scostumato e libidinoso.

LUCREZIA: E tu?

MISTICA: Io, al momento, sono rimasta lì come un baccalà, ma, per non fare la scortese visto che ci conosciamo da una vita, gli faccio: “Ma davvero ti piaccio così tanto Gustavo?”. E lui, lo sciupafemmine:” Da impazzire Mistica... non so che cosa pagherei....

GUSTAVO: Però ti ho anche chiesto scusa e ti ho detto che non ragiono quando ti vedo...”

LUCREZIA: Che degenerato! E tu?

MISTICA: Non so cosa m’è passato per la mente, ma sono stata al suo gioco, sapendo poi di smontarlo facilmente. Gli dico ”Gustavo, davvero ti vuoi togliere questo sfizio?”. E lui, impappinato e balbettando per la sorpresa: “Lucrezia, che dici? Ho davvero capito bene?”

GUSTAVO: Sono rimasto lì interdetto per l’emozione; diglielo però cosa mi hai risposto

MISTICA: “Di venire il mattino dopo alle undici con in mano tremila euro e che avrei soddisfatto ogni suo desiderio”

LUCREZIA: Anche tu, però, Maria Goretti… Certo che, chiedendoti tremila euro, caro Gustavo, ti avrà messo ko!

MISTICA: Mica tanto ko! Sta a sentire il seguito. Lui mi fa: “Tremila euro?... Ma, Lucrezia, dove li trovo tremila euro?... Non ho tutti quei soldi!”. “Eh, Gustavo, ma se ti vuoi togliere lo sfizio... uno deve fare una pazzia o almeno si deve far venire un’idea

GUSTAVO: Beh, sinceramente non sapevo come trovare tutti quei soldi”

LUCREZIA: E allora?

MISTICA: Allora gli faccio: “Mi dispiace, Gustavo... comunque, la proposta è sempre valida: vieni con tremila euro e non ti pentirai!”. “Sì, certamente... grazie Lucrezia, grazie tanto lo stesso! Sei stata davvero gentile, ma… non so se ce la potrò fare”. Mi ha salutato e se n’è andato

LUCREZIA: Ma guarda un po’ che razza di proposta. Davvero una proposta indecente. Proprio a te che eri sposata da poco. Ma l’hai detto al tuo Celeste?

MISTICA: Ma neanche per sogno! Fossi matta! Chissà come l’avrebbe presa. Purtroppo, però, c’è… un seguito

LUCREZIA: Questo imbranato non sarà di nuovo venuto alla carica…

MISTICA: Imbranato? Mica tanto! Sta a sentire Lucrezia; è qui che viene il bello

LUCREZIA: Ma neanche in Butiful succedono queste cose. Racconta, dai, racconta

MISTICA: Il mattino dopo, alle undici precise, suona il campanello. Vado ad aprire e non mi trovo davanti il Gustavo con in mano una mazzetta di tremila euro?

GUSTAVO: Tremila euro tondi tondi e precisi precisi; non ne mancava uno

LUCREZIA: Il Gustavo con in mano una mazzetta di tremila euro…

MISTICA:  Il Gustavo con in mano una mazzetta di tremila euro. Sono rimasta lì come un paracarro con la bocca aperta

LUCREZIA: Guarda Mistica che i paracarri non hanno la bocca aperta

MISTICA: Ma io sì! La sorpresa è stata talmente forte che le gambe si sono messe a tremare come un martello pneumatico e, per l’emozione e la sorpresa, mi sono lasciata cadere sul letto

LUCREZIA: No! Sul letto! E il Gustavo?

GUSTAVO: Ho posato i tremila euro sul comodino e…

MISTICA: Il Gustavo ha posato i tremila euro sul comodino e…

LUCREZIA: E…?

MISTICA: Che furia Mistica! Che ciclone! Che tifone! In venti minuti mi ha fatto provare quello che il mio Celeste non mi aveva mai fatto provare dal giorno delle nozze

LUCREZIA: Ma non hai gridato aiuto?

MISTICA: Sì, ho gridato, ma non aiuto; magari un po’ sottovoce, ma ho gridato. Avessi sentito che urli mi ha fatto fare… E per di più mi sono ritrovata con tremila euro sul comodino. Una volta nella vita si può anche sbagliare, non ti pare Lucrezia?

LUCREZIA: Beh, sbagliare è umano, specie se si guadagnano in quel modo un bel po’ di soldi

MISTICA: Però, a dire tutta la sacrosanta verità, non ho guadagnato un bel niente

LUCREZIA: Non hai guadagnato niente? Guarda che tremila euro non sono bruscolini…

MISTICA: Sta calma e sta a sentire. Dopo un paio d’ore il mio Celeste è rientrato per il pranzo

LUCREZIA: E tu… zitta

MISTICA: Io zitta, ma ha parlato lui. Mi fa: ”Ciao Lucrezia, senti, per caso è venuto qua il Gustavo?”. E io: “Co... cosa? Non ho capito”

LUCREZIA: Mamma mia che casino!

MISTICA:  “Avanti, su!- continua lui- ti ho chiesto se è venuto Gustavo verso le 11?”.  Io non sapevo cosa rispondere e sono stata costretta a dire la verità

LUCREZIA: Che disastro! Che tragedia! Cosa gli hai detto?

MISTICA: “Ma caro, ti posso spiegare tutto…”. E lui: “Basta così, volevo solo avere la conferma. Devo dire che Gustavo è davvero un uomo di parola

LUCREZIA: Cosa vuol dire?

MISTICA: Mica scemo il Gustavo. Diglielo tu cos’avevi combinato…

GUSTAVO: La sera prima mi sono piazzato in fondo alle scale, ha aspettato che arrivasse il Celeste e gli ho chiesto in prestito tremila euro. E lui, essendo mio amico, mi ha accompagnato in banca e me li ha dati. Però gli avevo solennemente promesso che il giorno dopo, alle undici precise, sarei andato a casa sua a restituirglieli.

MISTICA: E così hai fatto disgraziato e così mi ha fregata! I tremila euro ho dovuto consegnarli al mio Celeste. Però lui, quello che voleva, se l’è preso gratis e amore dei! Capito?

LUCREZIA: Disgraziato sì, ma anche furbetto l’ometto…

MISTICA: Vabbè, è andata così. Ora però me ne devo andare. Vado dal Celeste. Ci vediamo più tardi qui

GUSTAVO: Per farmi perdonare ti accompagno e mettiamoci una pietra sopra (Escono)

LUCREZIA: Lo so io dove gliela metterei la pietra a quello lì; al collo! (Rivolgendosi a Giacomo). E tu, balordo, disgraziato, squinternato che non sei altro, proprio dalla Mistica dovevi andare in sogno? E io chi sono? La figlia della serva o la tua mogliettina che ti voleva tanto bene? Tanghero! La Mistica neh, quella madonnina infilzata che ha appena sepolto il Celeste e fa già gli occhi dolci a tutti i vedovi che incontra! D’accordo che ce ne sono troppo pochi mentre di vedove ce ne sono in abbondanza, ma, come ne incontra uno, lo squadra con occhi languidi e vogliosi, mica per vedere che muso ha, no, ma per capire che conto ha in banca. I soldi li dovevi portare proprio a quella scostumata che dopo un mese dal funerale si è già messa il rossetto e va e viene dall’estetista! E sì che la sua età ce l’ha anche lei… Ma dico io. Mi hai lasciato con una pensione da miseria, con un sacco di debiti, con il mutuo da pagare e tu, testa di cavolo, non vai a dare i numeri del lotto alla Mistica? Vergogna! Spudorato! E lei? Mica fa a metà con me; no! Se la cava con un mazzo di fiori e a me… nisba! Aspetta che venga anch’io dove ti trovi, speriamo il più tardi possibile, e ti farò passare un brutto quarto d’ora. Se non te le ho mai suonate da vivo vedrai che sberloni prenderai da morto! E tu pensi che oggi ti dica il solito de profundis? Col cavolo! Tienilo in purgatorio Signore finchè non arrivo io e te lo porterò su pieno zeppo di lividi per gli sganassoni che si beccherà! Mostro! Stronzo! Fedigrafo! Impotente!

AMBROGIO: (Entrando). Cos’hai da brontolare Lucrezia? Con chi ce l’hai?

LUCREZIA: Niente Ambrogio, niente; cose nostre

AMBROGIO: Certo che è stato ben disgraziato il tuo Giacomo

LUCREZIA: Infatti, è un disgraziato fatto e finito

AMBROGIO: Con quello che gli è capitato poi… Ma guarda che incoscienti quei dottori; sbagliarsi a consegnargli la cartella clinica

LUCREZIA: Già, appena gli hanno consegnato la cartella è diventato bianco che neanche il Dixan l’avrebbe sbiancato così

AMBROGIO: Ma come si fa a dargli il foglio dei raggi dove c’era scritto che aveva un cancro ai polmoni?

LUCREZIA: Dimmelo tu se possono accadere certe cose! Appena arrivato a casa si è messo a letto e non si è più alzato. Voleva fare testamento, ma, quando si è accorto che non aveva niente da lasciare perché non aveva niente da lasciare, ha mandato al parroco i soldi del funerale. Tanti, ma tanti, insomma, tutti quelli che avevamo perché lui il funerale lo voleva con sette preti e con la banda; poi si è fatto fare il preventivo della lapide e ha pagato anche quella

AMBROGIO: Anche a me ha mandato dei soldi. Mi aveva fatto promettere di trovargli un posto per la sepoltura in un luogo asciutto e mi ha anche fatto comperare un barattolo di vermifugo da mettere attorno alla cassa al momento della sepoltura. Lui aveva schifo dei vermi e non voleva ritrovarseli attorno dopo morto

LUCREZIA: E i soldi per la schola cantorum? E per l’impresa di pompe funebri? E la cassa? In mogano massiccio con l’interno di alluminio l’ha voluta, sempre per via dei vermi. E la corona?

AMBROGIO: Anche la corona si era preparato?

LUCREZIA: Anche la corona; e con su tanto di nastro viola con su scritto “La tua moglie distrutta dal dolore”. Col cavolo! Distrutta sì. Ma solo per il fatto che a quel punto eravamo rimasti in mutande. In quattro e quattr’otto quel tonto ha speso quel poco che avevamo. In vita un grosso avaro e in morte uno spendaccione! “Lascia qualcosa anche alla tua Lucrezia, Ambrogio” gli dicevo; ma lui, testa dura come sempre, diceva che quello era il suo ultimo desiderio e a un condannato a morte l’ultimo desiderio non si nega mai. Poi, dopo aver fatto tutte quelle spese pazze, è arrivata la telefonata dall’ospedale. Ci scusi, la segretaria ha sbagliato a consegnare il referto; il Giacomo è sano come un pesce!

AMBROGIO: Chissà la felicità del Giacomo…

LUCREZIA: Lui sì, ma io mica tanto… Tutti quei soldi li avevamo buttati via per niente. Come ha avuto la notizia è scattato dal letto come una molla, si è infilato la tuta e le scarpe di ginnastica e si è messo a correre come un matto. Sarà stato per il fatto che era stato immobile a letto per quindici giorni, fatto sta che, alla prima curva in fondo al paese, il cuore non ce l’ha fatta ed è stramazzato a terra con un infarto

AMBROGIO: Che sfortuna però…

LUCREZIA: Per lui sì, ma per me mica tanto… Almeno… tutti quei soldi non li abbiamo buttati via invano. Il funerale l’ha avuto come lo voleva. Adesso però me ne devo andare; non vorrei che chiudesse il tabaccaio…

AMBROGIO: Perché? Fumi?

LUCREZIA: Macchè fumo… Devo giocare al lotto, ma non azzecco mai un numero io… Nessuno porta alla Lucrezia, la moglie affranta da dolore, i numeri in sogno… Capito mio bel Giacomino? Colpa di qualcuno che prima o poi, speriamo molto poi, l’avrà a vedere con me. Toh, guarda chi si vede…

AMBROGIO: Chi c’è?

LUCREZIA: La coppia più bella del mondo. Almeno loro si credono di essere i vedovi più belli e affascinanti e, quando non sono al bar, vengono a farsi una passeggiata qui per riuscire a cuccare qualche vedova

AMBROGIO: Per forza, se non le trovano qua. Qui c’è la concentrazione delle vedove e vedovelle del paese. Ne trovano più qua che in balera

GUSTAVO: (Entrando con Rodolfo). Lucrezia! Ancora qui? Come mai sempre da queste parti?

LUCREZIA: Se mi avessi trovata al cinema avresti potuto chiedermelo, ma qui…

RODOLFO: Questo è il sacro luogo dove le coppie si cercano e si trovano

GUSTAVO: E si possono anche formare. È arrivata qualche nuova gallinella Ambrogio da queste parti?

LUCREZIA: Sentite Richard Gere e Bret Pitt, ma non vi siete ancora resi conto che siete vecchi, bavosi e rincoglioniti? Non vi hanno ancora rinchiuso in qualche ricovero?

RODOLFO:  Lucrezia Lucrezia… Ne abbiamo ancora parecchie noi di cartucce da sparare…

LUCREZIA: Peccato che la polvere sia molto umida per via del pannolone che portate

GUSTAVO: Non pannoloni, ma cannoni da battaglia

LUCREZIA: Sì, arrugginiti e senza palle

AMBROGIO: Vi faccio notare, bellimbusti che non siete altro, che queste cose le state dicendo vicino alle tombe delle vostre signore

RODOLFO: E’ solo un modo per toglierci dalla depressione che ci ha procurato la loro dipartita

GUSTAVO: Noi siamo gente che soffre…

LUCREZIA: Non si direbbe che avete l’espressione di chi soffre…

GUSTAVO: Cos’hai capito Lucrezia? Ho detto… gente che s’offre, con l’apostrofo dopo la esse!

MISTICA: (Entrando). E chi sarebbe quello che soffre?

RODOLFO: Mistica! Eccola la vedova più vezzosa e sconsolata!

LUCREZIA: Piano Rodolfo; guarda che tutti abbiamo una certa età e vezzosi lo eravamo una volta

MISTICA: E che potremmo fare per essere consolate?

LUCREZIA: Che ne direste se facessimo la solita tombola? Così, per ammazzare il tempo…

AMBROGIO: Ve l’ho detto mille volte che al campo santo queste cose non si possono fare

RODOLFO: Il tavolino c’è…

GUSTAVO: Sedie e panchina pure…

MISTICA: Ma sì, solo una decina di minuti, giusto per tirare mezzogiorno

RODOLFO: Le hai tu le pedine coi numeri Lucrezia?

LUCREZIA: Le pedine no, ma ho i biglietti

MISTICA: Ma non dovevamo giocare a tombola?

LUCREZIA: Sì, ma questa è nuova. L’ho imparata quando sono stata a trovare al ricovero mia suocera. Dai, sedetevi. Un foglietto a quadretti ciascuno e queste sono le penne.

MISTICA: E cosa dovremmo fare?

LUCREZIA: Imparerete subito. Tu, Ambrogio, togli uno ad uno i foglietti dal sacchetto. Pronti?

AMBROGIO: Ma guardate che io devo controllare i miei deceduti

LUCREZIA: Perché? Hai paura che scappino?

MISTICA: Vai Ambrogio! Su, estrai

AMBROGIO: (Toglie dal sacchetto il primo biglietto). Diabete!

RODOLFO: Diabete? Il diabete io ce l’ho

LUCREZIA: Allora fa’ una croce sul primo quadretto. Che fortuna! Hai già riempito una casellina!

RODOLFO: Se la chiami fortuna avere il diabete…

LUCREZIA: Potrai sempre dire che sei un uomo dolce. Dai, forza Ambrogio…

AMBROGIO: Pressione del sangue!

LUCREZIA: Ce l’ho io! 190 di massima e 100 di minima

MISTICA: Anch’io ce l’ho la pressione

LUCREZIA: Allora segna il quadratino anche tu. Magari la mia è più alta della tua. Per segnare la casellina bisogna averne almeno più di 160

MISTICA: L’ho giusto provata ieri; 161!

LUCREZIA: Che culo!

MISTICA: Come che culo? Ma se sono snella come un’acciuga

LUCREZIA: Sì, prima di infilarla nella scatola

GUSTAVO: La finite voi due? Possiamo continuare o dobbiamo far domanda con carta bollata?

AMBROGIO: Vene varicose!

MISTICA: Le ho, le ho! Oddio, non proprio grosse, ma insomma…

GUSTAVO: Ho paura che tu ci voglia imbrogliare Mistica…

MISTICA: Se vuoi te le posso far vedere…

LUCREZIA: Le tue vene varicose? Davanti a tutti? Non ti sembra di esagerare?

GUSTAVO: Se vuoi possiamo andare dietro il cespuglio là in fondo; controllo io

LUCREZIA: Settimo comandamento” non commettere atti impuri! Capito tu vedovella in fregola?

MISTICA: Sarà per la prossima volta. Tanto non mi sono ancora fatta la ceretta…

RODOLFO: Bèh, facciamo un atto di fede e diamola per buona.

LUCREZIA: Sì, la ceretta; quando mi faccio le gambe io uso il rasoio che usava il mio Giacomo. Non vi dico che male… Adesso i peli mica li taglia, no, li strappa, uno per volta

RODOLFO: Usa il rasoio elettrico allora…

LUCREZIA: Ho paura di prendere la scossa! Dai, a quanto stiamo?

MISTICA: Io a due quadretti

LUCREZIA: Io a uno

RODOLFO: Uno anch’io

GUSTAVO: Il più sfigato sono io. Nessun quadratino

LUCREZIA: Il primo che fa la cinquina vince

GUSTAVO: Ma cosa si vince?

RODOLFO: Appunto, cosa di vince?

AMBROGIO: Ho un’idea. Quando riesumiamo le salme mi rimangono tutte le fotografie di ceramica che stacco dalle lapidi. Se volete al vincitore ne potrei assegnare una così, vittoria dopo vittoria, potreste farne una buona collezione…

GUSTAVO: E poi potremmo giocare alle figurine come quando eravamo ragazzi

MISTICA: L’idea non è male, anche se è un po’ macabra, ma un premio ci vuole se no non c’è soddisfazione

LUCREZIA: Avanti con l’estrazione Ambrogio

AMBROGIO: Le emorroidi! Come, nessuno ha da riempire la casella?

GUSTAVO: Veramente io…

LUCREZIA: Ma dai Gustavo; mica ci si deve vergognare!

GUSTAVO: E va bene; le ho. Però piccole. Sembrano tanti grani di riso, ma fanno un male…

LUCREZIA: Più che a strappare i miei peli?

GUSTAVO: Io i peli non me li sono mai strappati, però mica ci rinuncio a dirvi che ho le emorroidi se guadagno una casella

MISTICA: Vuoi che controlli io Gustavo?

GUSTAVO: Che cosa? La casella?

MISTICA: No, le emorroidi

LUCREZIA: Ma ti è andata la menopausa alla testa Mistica?

MISTICA: Sapessi dove è andata al Gustavo…

GUSTAVO: Ti faccio rispettosamente sapere che io in merlopausa non ci sono mai andato! Provare per credere!

MISTICA: Vuoi provare tu Lucrezia?

LUCREZIA: No, grazie, a me basta il ricordo del mio Giacomo. Dopo la sua scomparsa ho giurato di rimanere illibata per tutta la vita anche se adesso avrei un buon motivo di vendicarmi

MISTICA: Quale motivo Lucrezia?

LUCREZIA: Dodici rose rosse!

AMBROGIO: Ma la volete finire di starnazzare voi due? Se no arriva l’ora della chiusura e stiamo ancora facendo la tombola. La prostata!

LUCREZIA: Io! Io ce l’ho!

AMBROGIO: Sei sicura Lucrezia di avere la prostata?

LUCREZIA: Sicurissima! Lo giuro sulla buonanima del Giacomo! Lo solo io cosa mi è costata dal dentista

RODOLFO: La prostata?

LUCREZIA: Sì, la… Come cavolo si chiama la dentiera?

MISTICA: La protesi Lucrezia, non la prostata

LUCREZIA: Allora niente casellina…

GUSTAVO: No, mi spiace per te, ma niente casellina. Va avanti Ambrogio

AMBROGIO: L’Altzeimer!

LUCREZIA: L’Alt… L’Alt… che cosa?

AMBROGIO: Segnatevi tutti una casella perché, come minimo, dovete averlo tutti quattro per stare in un cimitero a giocare a tombola. Io finisco qua, devo andare a suonare la campanella dell’orario di uscita. Via! Tutti quattro a casa. Dite una preghiera e fuori dai piedi

MISTICA: L’eterno riposo dona a loro Signore…

LUCREZIA: Alt! A tutti loro sì, ma, al mio Giacomo, no!

SECONDO ATTO

AMBROGIO: (Si siede al tavolino. Toglie dalle tasche una bottiglia e un bicchiere e si versa del vino. Beve). Alla vostra salute amici! L’Ambrogio ha la gola secca e deve inumidirla. Mi spiace per voi che non potete bere con me. Alla vostra salute! Alla vostra salute perché adesso non potete più neanche ammalarvi, non vi può più capitare niente di brutto. Beati voi. Almeno non vi capiterà quello che è capitato a me… Ve lo confido in gran segreto, tanto non lo potete dire a nessuno. La settimana scorsa sono tornato a casa e ho trovato la mia Svetlana a letto con l'elettricista. Allora lei mi ha detto: 'Vatti a prendere un caffè e io ci sono andato". Se non le obbedisci subito le russe ti mollano certi sganassoni... Ha una forza… Forse sarà perché ha 40 anni meno di me. Poverina, l’ho sposata perché mi amava troppo; non potevo lasciare che la rimandassero in Ucraina. Il giorno dopo sono rientrato e l'ho trovata a letto con l'idraulico. Allora lei mi ha detto 'Vatti a prendere un caffè e io ci sono andato di nuovo". E questo si e' ripetuto tutti i giorni della settimana. Nessuno lo deve sapere, lo dico solo a voi se riuscite ad ascoltarmi, ma io sono disperato. No, per la Svetlana no, non sono disperato per lei, ma la mia paura è che tutti quei caffè mi possano far male. Uno di questi giorni dovrò fare controllare il cuore dal dottore, ma di quel bel tomo non mi fido tanto. Se voi amici siete ospiti fissi qua è anche colpa dei dottori, anche del nostro!  L’ultima volta che ci sono andato è stato per via della pressione del sangue; mi aveva proibito perfino di fare le scale. Dovete sapere che a me ha trovato non solo una pressione, ma due, una minima e una massima. “Bene bene- mi fa-  siamo molto migliorati dal mese scorso”. Come siamo migliorati? Cosa c’entra lui? Sono io, se mai, ad essere migliorato. “Ora puoi riprendere a fare le scale tranquillamente”- mi fa. E meno male! Mi ero proprio stufato di salire e scendere dalla grondaia! Ecco, la sete è un po’ passata. Alzati Ambrogio e va a dare un’occhiata al tuo regno. Sua maestà Ambrogio Primo ora passerà in rassegna i suoi sudditi e i loro visitatori e controllerà che tutto sia in ordine e che, sia quelli sotto che sopra terra, non si debbano lamentare

BIGIA: (Entra portando sottobraccio una cassettina lunga e stretta ben incartata). Ciao Ambrogio

AMBROGIO: Ciao Bigia! Come mai da queste parti? Non ti si vede mai…

BIGIA: Ti prometto che prima o poi mi vedrai da queste parti come, del resto, tutti quelli del paese; ma sicuramente il più tardi possibile

AMBROGIO: Sei venuta a trovare qualcuno? Parenti, amici, conoscenti?

BIGIA: Sono venuta a trovare te

AMBROGIO: Un momento! Qui si vengono a trovare i morti; ti faccio rispettosamente notare che io sto ancora respirando e il funerale non me l’hanno ancora fatto

BIGIA: Ti prometto che, quando verrò al tuo funerale, ti dirò una preghiera speciale e ti farò dire 100 messe perpetue

AMBROGIO: Ma sei sicura che invece non capiti a te prima?

BIGIA: Sicura; guarda che le donne campano di più Ambrogio…

AMBROGIO: E posso sapere il perchè di tanta generosità?

BIGIA: Perché ti devo chiedere un favore… Ho un problema…

AMBROGIO: E chi non ne ha di problemi?

BIGIA: Ma il mio è un problema… speciale e solo tu me lo puoi risolvere. Non so più a che santo riavvolgermi e mi sono deceduta di rivolgermi a te che qui al campo santo sei l’unica autorità incompetente

AMBROGIO: Non riesco a risolvere i miei e vuoi che… Va bèh, spara

BIGIA: E a chi dovrei sparare?

AMBROGIO: Spara; nel senso di sbrigarti a parlare

BIGIA: E’ possibile portare un cadavere al cimitero senza fare il funerale?

AMBROGIO:  E’ possibile portare un cadavere… Accidenti… Questo non mi è mai capitato; dovresti chiedere in Comune

BIGIA: No, in Comune no; tasse, carte, permessi, certificato di morte, le spese per le pompe funebri…

AMBROGIO: Senti Bigia, non potresti essere più chiara? Mica lo vorrai portare nella discarica comunale… Posso sapere di che morto parli?

BIGIA: Del mio Ulisse

AMBROGIO: Il tuo Ulisse? Non dirmi che il tuo Ulisse… Sapevo che è stato di recente in ospedale, ma…

BIGIA: Ebbene sì; è passato a peggior vita

AMBROGIO: Guarda che di solito si dice che è passato a miglior vita…

BIGIA: No, lui a peggior vita. Insomma, me lo faresti un favore?

AMBROGIO: Se posso… sì

BIGIA: Dovresti sotterrarmelo senza tasse, carte e permessi. Giuro che, quando muoio, per non avere tutte queste complicazioni mi faccio cromare. Non importa dove lo metti, basta anche un angolino contro il muro. Una vangatina e via

AMBROGIO: Una vangatina? Ma se pesa più di 90 chili? Altro che vangatina; ci vorrebbe una ruspa per lui. Al di là del fatto che non so se è regolare… Sei sicura Bigia di star bene?

BIGIA: Io sì, l’Ulisse no

AMBROGIO: Per forza; se è morto!

BIGIA: Morto morto no, ma è morto solo… un po’

AMBROGIO: Ma non vorrai sotterrarlo prima che muoia!

BIGIA: Prima che muoia no, ma il Signore lassù mi ha giocato un brutto scherzo. Vedi Ambrogio, mio marito è un po’ che mi sta sulle palle, sono 40 anni che lo sopporto e ogni tanto prego che lui se lo prenda con sé; che se lo goda anche lui per un po’. Un po’ ciascuno fa male a nessuno

AMBROGIO: Bigia; se prima capivo poco adesso non ci capisco proprio niente

BIGIA: Gli dicevo… Signore, perché non chiami vicino a te il mio Ulisse, magari piano piano, senza fretta… Sicuramente deve avermi sentito e ascoltato, perché io sono una donna di fede, ma non ha proprio capito quello che volevo dire

AMBROGIO: Se non ha capito lui, vuoi che abbia capito io? Cosa vuol dire prenderselo piano piano?

BIGIA: Volevo dire di riprenderselo con una morte serena, senza dolori, con calma, senza fretta, lentamente come se si addormentasse e invece lui ha capito tutta un’altra cosa

AMBROGIO: Lui chi?

BIGIA: Il Signore, no?

AMBROGIO: E cos’è successo?

BIGIA: E’ successo che ha incominciato sì a  prenderselo piano piano, ma non come volevo io… Insomma, lo sta riprendendo un pezzo per volta. Ha incominciato da una gamba

AMBROGIO: Da… da una gamba?

BIGIA: Sì, dalla destra. Magari sarà perché ha lavorato troppo nella vita; cinque anni a fare il portinaio all’INPS e poi è sempre stato in cassa disintegrazione. Ad un certo punto il sangue ha cominciato a non circolare bene, la gamba è diventata fredda e così gliel’hanno tagliata

AMBROGIO: Ah, poveretto, mi spiace…

BIGIA:  Lo so, ma è inutile adesso piangere sul latte macchiato

AMBROGIO: Forse sarà colpa del sole o forse del vino, ma io continuo a essere in confusione

BIGIA: Ascolta, ti dico io quello che devi fare… Toh, prendi la cassetta e sotterrala

AMBROGIO: Ma posso sapere cosa c’è in questa cassetta? So di sicuro che il tuo Ulisse non è proprio così magro

BIGIA: E’ la sua gamba, no! Cerca di capire al volo!

AMBROGIO: Guarda tu cosa mi doveva capitare. L’Ambrogio che deve sotterrare la gamba dell’Ulisse…

BIGIA: E cosa dovrei farne se no? Metterla al forno? Non abbiamo un forno così grande; l’ho già misurato, ma tutto non ci entra; dal forno esce il piede

AMBROGIO: Magari nel fuoco. Una bella cremazione e non ci si pensa più

BIGIA: Avevo pensato anche a questo, ma sai che odore di arrosto bruciato in tutta la casa? I vicini penserebbero che non so fare da mangiare

AMBROGIO: E sotterrarla nell’orto davanti alla tua casa?

BIGIA: E io mangiare l’insalata coltivata con la gamba dell’Ulisse? Che schifo!

AMBROGIO: Allora dovevi metterla in… freezer

BIGIA: Sì, certo; siccome il freezer ce l’ho in cantina e lì c’è poca luce e non ci vedo troppo bene, magari mi sarei sbagliata e al posto del prosciutto intero avrei affettato la gamba dell’Ulisse. No, neanche questo va bene. Allora, me la sotterri questa gamba o la devo portare davvero alla discarica? Lo sai che adesso si fa la raccolta differenziata, ma il contenitore dell’umido non è poi così grande… No no, è davvero meglio che tu la sotterri. E poi, quando l’Ulisse volesse venire a trovare la sua gamba il due di novembre cosa gli dico? Di andare a pregare sulla discarica comunale? Dai Ambrogio, una bella buchetta, una lapidina…

AMBROGIO: Anche la lapide!

BIGIA: Per forza; se il due novembre dovesse venire a trovare la sua gamba con la sedia a rotelle saprebbe almeno dove trovarla. Guarda, ho preparato anche la fotografia in ceramica a colori da applicare sulla lapidina

AMBROGIO: Ma questa… questa è la fotografia di una gamba

BIGIA: Certo, mica ti do la fotografia del suo braccio o dell’Ulisse tutto intero! Per ora il braccio ce l’ha ancora attaccato. E un po’ scuro e freddo, ma lo muove ancora

AMBROGIO: Ma la foto di questa gamba potrebbe essere di chiunque…

BIGIA: Ti giuro che è proprio sua; guarda, si vedono anche le vene vorticose. E guarda il piede…

AMBROGIO: Cos’ha di strano il piede?

BIGIA: Guarda le unghie. Non se le vuole mai tagliare

AMBROGIO: Ah, sono unghie; pensavo avesse delle pinne dei sommozzatori. Ma che schifo!

BIGIA: Lo so. Glielo dico sempre: “Ulisse, fa’ il bagno ogni tanto, tagliati quelle maledette unghiacce…”. Ma lui mi risponde sempre che il bagno lo farà quando andremo al mare a fare le ferie e le unghie non le taglia perché ha paura di farsi male; tanto crescono ancora prima o dopo

AMBROGIO: Senti Bigia, smettila di tirarmi matto. Lascia qui la tua stramaledetta gamba..

BIGIA: Come la mia stramaledetta gamba? Sai contare Ambrogio?

AMBROGIO: Certo che so contare

BIGIA: E allora guardami dalle ginocchia in giù

AMBROGIO: A parte il fatto che saresti più interessante dalle ginocchia in su… Pronto, sto guardando

BIGIA: Conta le gambe che vedi

AMBROGIO: Due

BIGIA: E allora, imbranato, cosa dici: la tua stramaledetta gamba? Non è la mia, ma quella dell’Ulisse!

AMBROGIO: Questo l’avevo capito!

BIGIA: Sì, lo so, lo so che la mia ignoranza non è pari alla tua…

AMBROGIO: Allora… lascia qui la stramaledetta gamba dell’Ulisse che vedrò cosa fare

BIGIA: Così mi piace di più. Guarda che una buona mancia non mancherà se farai le cose per bene

AMBROGIO: Certo che sarebbe meglio che il sindaco lo sapesse. Perché non gli fai una comunicazione scritta?

BIGIA: Quando? Dove? E cosa gli scrivo?

AMBROGIO: Siediti lì; ti do il mio taccuino, una penna e scrivi

BIGIA: Ma io ho una brutta scrittura…

AMBROGIO: E tu scrivi lo stesso! Tanto il sindaco ha un occhio solo

BIGIA: (Si siede al tavolino e scrive). “Signor sindaco del nostro municipio”. Va bene così?

AMBROGIO: Mi sembra di sì. Continua. Mettici due punti

BIGIA: Uno sopra l’altro  o uno dopo l’altro?

AMBROGIO: Uno sopra l’altro Bigia

BIGIA: “Siccome al mio Giacomo gli avanzava una gamba per via del fatto che aveva preso il diabete mellifluo e hanno dovuto imputarla…”

AMBROGIO: Amputarla, Bigia, amputarla. Gli imputati sono solo al tribunale

BIGIA: “E hanno dovuto amputarla perché non è al tribunale. Punto!

AMBROGIO: No, ci metterei una virgola

BIGIA: E mettiamoci una virgola… “Non sapendo dove metterla…”

AMBROGIO: Che cosa? La virgola?

BIGIA: No, la gamba. E se la portassi all’ufficio oggetti smarriti Ambrogio?

AMBROGIO: Non è il caso Bigia; nessuno perde una gamba per strada o su un autobus. Va avanti, dai, va avanti

BIGIA: “Ci chiederei a lei o al presidente della Regione…”; magari quello ha più importanza…

AMBROGIO: E magari al Presidente della Repubblica…

BIGIA: Dici che sia il caso Ambrogio? Magari al Papa

AMBROGIO: Ma piantala Bigia! Va bene anche solo il sindaco

BIGIA: “Ci chiederei di internarla…”

AMBROGIO: In un campo di concentramento

BIGIA: “In un campo…”

AMBROGIO: Ma sei scema Bigia? Intanto non di internarla, ma di sotterrarla nel campo santo

BIGIA: Dopo tutto è sempre un campo…

AMBROGIO: Certo, sia da quello di concentramento e dal campo santo non scappa nessuno. Senti, lasciamo perdere. Lasciala qua e vedrò cosa posso fare. Dai, mettila sul tavolo

BIGIA: Grazie Ambrogio; ti sarò riconoscente per tutta la vita. Dimenticavo; c’è anche la targhetta

AMBROGIO: Quale targhetta?

BIGIA: Mica deve essere una tomba anonima no? Eccola, è una targhetta da attaccare alla lapidina, sotto la fotografia, con l’epitaffio funebre. È in rame di prima qualità. Te la leggo: “Qui giace un pezzo dell’Ulisse Scarpetta che prima stava bene, ma adesso non è più in gamba”. Ti piace?

AMBROGIO: Non c’è che dire; commovente!

BIGIA: Vado. Grazie Ambrogio. Scappo a casa, ma prima devo attaccare all’entrata del cimitero questo annuncio che l’Ulisse ha già preparato con le sue mani

AMBROGIO: Di quale annuncio parli? Non sarà mica un annuncio del decesso della gamba…

BIGIA: Ma va! Te lo leggo: “Monco di gamba destra cerca monco di gamba sinistra per comprare scarpe assieme” (Esce)

AMBROGIO: Mah, cosa ne farò io di questa gamba… Piedofila!

GUSTAVO: Ambrogio! Ambrogio dove sei? Ma dove si è cacciato? Mica sarà caduto in una fossa… (Porta con se una cassetta della stessa misura della precedente e con la stessa carta)

AMBROGIO: Ma sei diventato orbo Gustavo; cos’hai da urlare?

GUSTAVO: Mica urlavo! Ti stavo solo chiamando. Lo sai che non ci vedo tanto bene. Il dottore oculare mi ha detto che mi mancano nove dottrine e sono anche un po’ presbitero

AMBROGIO: Ma non c’è un minuto di pace in questo posto… Altro che riposino in pace… C’è sempre un casino qua… E perché mi chiamavi?

GUSTAVO: E’ un segreto

AMBROGIO: Oggi è il giorno dei segreti! Dai, parla; ti assicuro che, oltre che te e me, qui non c’è anima viva. Giuro!

GUSTAVO: Sai se oggi è venuta da queste parti la moglie del povero Celeste?

AMBROGIO: Chi, la Mistica?

GUSTAVO: Proprio lei, la Mistica

AMBROGIO: E’ appena andata sulla tomba del marito. Lo vedi laggiù il cipresso più alto? È proprio lì sotto

GUSTAVO: Posso lasciare qui questo pacchetto?

AMBROGIO: Lascialo sul tavolo. Però, se qualcuno se lo ruba, io non sono responsabile. Parcheggio incustodito!

GUSTAVO: Allora vado

AMBROGIO: Vai. E vado anch’io; ho un sacco di cose da fare. Devo preparare la buca per la buonanima del Gaudenzio. Gli fanno il funerale domani. Ma sarà una faticaccia; la moglie mi ha allungato 100 euro per farla almeno un metro più profonda

GUSTAVO: Come mai?

AMBROGIO: Bah; non vorrebbe che si risvegliasse e riuscisse ad arrivare con una mano in superficie per avvisare (Escono)

RODOLFO: (Porta dei fiori e li pone sulla tomba). Teresa, Teresa mia, perché mi hai lasciato? Perché hai lasciato solo e disperato il tuo Rodolfo? Come farò senza di te? Anche se sei partita verso il paradiso da ormai due anni lo sai bene che sono in estrema difficoltà a trovare la camicie, i calzini, le mutande… Come farò a sapere quale cravatta mettere che si abbini coi vestiti? Tu eri perfetta per queste cose! Magari rompevi un po’, ma la casa era tutta ordinata. Adesso sono io che devo scopare il pavimento, lavare i piatti, rifare il letto. Mi manchi Teresa. Ti ricordi quando ci siamo sposati Teresa com’eri contenta? Almeno per tre o quattro ore sei stata felice, poi te la sei presa con me perché, una volta arrivati in casa, ti avevo lasciato sul lavandino una pila di piatti e di padelle di una settimana da lavare. La sera eri così stanca che ti sei addormentata come un sasso lasciandomi con una voglia addosso… Ma io ti avevo capito. Dopo i piatti e le padelle hai sistemato la camera da letto, passato lo straccio sul pavimento e tolte le ragnatele dal soffitto. Sì, forse eri stanca davvero… Però ero io a portar fuori la pattumiera tutte le sere, mentre tu ti limitavi a lavorare 14 ore al giorno. Però io, la domenica, ti portavo fuori a prendere un gelato o un succo di frutta e tre volte siamo andati anche al cinema.

MISTICA: (Entrando). Ciao Rodolfo; come mai quella faccia da funerale? Di solito, quando ti vedo al bar con i tuoi amici o quando fai la tombola con noi, sei sempre allegro

RODOLFO: Bevo per dimenticare, Mistica

MISTICA: Per dimenticare che cosa?

RODOLFO: La mia Teresa, no? Guardala Mistica, non ti sembra che mi guardi?

MISTICA: Veramente sta guardando anche me

RODOLFO: Lo so, era un po’ strabica.

MISTICA: Un po’ strabica? Ma se gli occhi guardavano le orecchie…

RODOLFO: L’ho detto al fotografo di raddrizzarle gli occhi sulla foto della tomba, ma l’ha ritoccata un po’ troppo e così adesso gli occhi guardano dritti alla punta del naso. Sono disperato Mistica

MISTICA: Dopo due anni sei ancora disperato?

RODOLFO: Sì, più che disperato, sono solo. Nessuno che mi faccia compagnia quando vado a letto la sera

MISTICA: Ti faccia compagnia o che venga a letto con te? Non dirmi che non hai ancora messo occhio su qualcuna…

RODOLFO: Bèh, una c’è che…

MISTICA: Visto che non mi sbagliavo? E si può sapere chi è la fortunata che ha suscitato il tuo interesse?

RODOLFO: Sai, la tomba della Teresa è qui sul vialetto di entrata di questo campo santo e qui, prima o poi, tu, Mistica, dovevi passare…

MISTICA: Cosa centro io? Non vorrai dirmi che…

RODOLFO: Bèh, sei così giovane, così bella, così sola, così bisognosa d’affetto…

GUSTAVO: (Entrando trafelato) Eccola dov’è? Ma non eri andata a trovare il tuo Celeste Mistica?

MISTICA: Certo che ci sono andata, ma guarda che non ci passo tutto l’week end… La sera qui chiudono. E perché mi cercavi?

GUSTAVO: Bèh, è una questione privata

MISTICA: Mi sa che tutti e due l’occhio l’avete messo su di me…

GUSTAVO: Cosa centra Rodolfo?

RODOLFO: Cosa centra Gustavo?

MISTICA: Centrate, centrate… Mi sa tanto che centrate tutti due

RODOLFO: Ti faccio notare che io sono arrivato per primo e ho la precedenza sul qui presente Gustavo

GUSTAVO: Ma io stavo dietro il cancello ad aspettare che passassi…

MISTICA: Calma calma galletti miei. Devo confessare che siete tutti due persone rispettabili e interessanti, ma non potrei certo uscire con entrambi

RODOLFO: Io sono pronto a donarti amore per tutto il resto della nostra vita

MISTICA: Ti faccio rispettosamente notare Rodolfo che hai una certa età e non avrai molti anni a disposizione per donarmi l’amore.

RODOLFO: Io sono pronto a sposarti anche domani stesso

MISTICA: Ullallà che furia!

RODOLFO: Farei subito preparare la lista nozze…

MISTICA: Dove? In farmacia? Il Valium per dormire la notte, l’Orasiv per la dentiera, la frizione per la forfora, la pomata per le tue emorroidi…

GUSTAVO: Io invece un regalo ho pensato di fartelo subito; non sto più nella pelle dalla voglia di consegnartelo. (Prende il pacchetto lasciato dalla Bigia) Ecco, Mistica, questo l’ho preso per te. Un piccolo dono per una grande donna

MISTICA: Beh, qui si vede già qualcosa di più concreto. Posso sapere cosa contiene?

GUSTAVO: E’ una sorpresa Mistica, una tale sorpresa che non potresti mai immaginarlo; lo aprirai a casa. Lo so che voi donne siete particolarmente curiose, ma pazienta almeno un po’. Se vorrai lo potrai aprire quando esci da qua

RODOLFO: E io allora che faccio?

MISTICA: Se passi ogni giorno da qui vedrai che qualche vedova riuscirai a beccarla anche tu; non c’è posto migliore di questo per incontrarle. Tutte da consolare, da sostenere, tutte con una gran voglia di affetto… Domani, Gustavo, ci vedremo ancora qui, solita ora, solito posto (Gli lancia un bacio con le mani ed esce)

GUSTAVO: Beh, ciao Rodolfo; mica la potevamo sposare entrambi…

RODOLFO: Lo capisco Gustavo…

GUSTAVO: Vedrai che, prima o poi, la felicità passerà anche da te. (Esce)

RODOLFO: (Si avvicina alla tomba della Teresa). Teresina, non sarai mica gelosa… Sinceramente non penso che tu abbia tempo di ascoltare quello che ho detto; starai chiacchierando come al solito con qualche santo, rubino o serafino. Dopo aver rotto l’anima a me è giusto che ti sopportino un po’ anche loro. Non solo in vita eri strabica, ma eri anche un po’ sorda. Ti ricordi quanto mi è costato l’Ampliphon? Che guaio quell’apparecchio… Dopo che te lo sei messo riuscivi a sentire tutte le volte che ti mandavo a quel paese. Quante beghe ci siamo fatti da allora… Poi hai pensato di averlo perso; no, sono stato io a rubartelo e nasconderlo nell’armadio in cantina. Da allora è tornata la pace e la pace è continuata fino adesso; tu di là e io di qua

BIGIA: (Entrando) Ciao Rodolfo, sempre lì a piangere sulla tomba della tua Teresa… Dovevi proprio volerle bene…

RODOLFO: Certo, un bene da morire; lei però, non io

BIGIA: Hai visto l’Ambrogio?

RODOLFO: Sarà in giro. Stavo giusto uscendo; vado e te lo cerco se vuoi

BIGIA: Grazie Rodolfo. Digli che lo aspetto qui

RODOLFO: Va bene. Ciao Bigia; riposa in pace

BIGIA: Riposa in pace a me? Guarda che io sono ancora viva e vegeta..

RODOLFO: Non a te pirlotta, ma alla mia Teresa; mi permetterai almeno di salutarla

BIGIA: Permesso accordato a patto che vada a cercarmi subito l’Ambrogio

AMBROGIO: (Entrando) Chi sta parlando dell’Ambrogio?

RODOLFO: Si parla de lupo e quello arriva. Vi lascio. A domani ragazzi. Domani è un altro giorno! (Esce)

AMBROGIO: Che vuoi ancora Bigia? Guarda che la buchetta non l’ho ancora scavata; di solito lo faccio dopo l’orario di chiusura

BIGIA: Non ce n’è bisogno; sono venuta a riprendermi la gamba

AMBROGIO: Se uno riuscisse a scavare nel cervello delle donne troverebbe un formicaio di punti di domanda. Cos’è ‘sta storia adesso?

BIGIA: L’Ulisse ha letto su una rivista di medicina che adesso fanno un sacco di trapianti e si è messo in testa di farsi trapiantare la sua gamba. Una piccola operazione e via! Ho chiesto a qualcuno in giro se poteva donargli una gamba, ma la gente è proprio cattiva; non c’è stato verso di trovare qualcuno che gliela desse

AMBROGIO: Hai provato all’Associazione donatori di organi?

BIGIA: Ho provato anche lì; chiuso per ferie! Quando uno ha bisogno di una gamba non c’è verso di farla saltar fuori

AMBROGIO: Ma siete sicuri voi due di non essere arrivati alla demenza senile? Una piccola operazione? Ma chissà in che stato sarà adesso la gamba dell’Ulisse… come minimo avrà incominciato a puzzare

BIGIA: Chi? L’Ulisse?

AMBROGIO: Non l’Ulisse; la sua gamba! A parte il fatto che se non si lava mai…

BIGIA: Prima dell’operazione dovrà pur lavarsi quel tanghero… E poi non penso che la gamba puzzi già… (Prende il pacchetto e lo annusa) Io non sento niente

AMBROGIO: Per forza; con tutta quella carta e il legno della cassetta…

BIGIA: Cosa dici Ambrogio? Se controllassimo?

AMBROGIO: Controllassimo che cosa?

BIGIA: Se la gamba puzza

AMBROGIO: Ma tu sei matta!

BIGIA: Sarò anche matta, ma anche curiosa. E se fosse andata a male come lo farebbero il trapianto? (Toglie la carta e annusa). Io non sento niente; senti tu Ambrogio

AMBROGIO: Non sento niente neanch’io. Se però apri la cassetta…

BIGIA: (Toglie parzialmente la parte superiore. Annusa). Adesso sì che incomincio a sentire qualcosa

AMBROGIO: Puzza di cadavere?

BIGIA: A me non sembra… Io sento profumo di… Che strano, io sento profumo di… salame

AMBROGIO: Profumo di… profumo di salame? Sentire? È vero, sembra proprio profumo di salame

BIGIA: Apro?

AMBROGIO: Apri

BIGIA: (La scoperchia, osserva…). Ma chi l’avrebbe immaginato che dopo morti diventassimo così. Guarda Ambrogio (Toglie dalla cassetta un salame)

AMBROGIO: Aspetta Bigia; qui c’è qualcosa che non quadra. Sei sicura che questa è la tua cassetta? Adesso che mi ricordo su questo tavolo ce n’erano due di cassette, e per di più uguali. E l’altra dov’è andata? (Da fuori si sente un urlo)

BIGIA: Cos’è successo?

AMBROGIO: Penso di capire cos’è successo; qualcuno si è preso l’altra cassetta. (Rodolfo, Gustavo e Lucrezia sorreggono Mistica e la depongono sulla panchina. Scene di disperazione di Mistica. Gli altri la invitano a calmarsi)

MISTICA: Gustavo; disgraziato! Altro che regalo… L’infarto mi volevi far venire, un colpo apoplettico! Sono viva per miracolo! Che paura (Continua con simili espressioni)

GUSTAVO: Ma no, Mistica, non volevo; non sapevo che avessi il colesterolo alto e che il salame ti potesse far male

MISTICA: Il salame? Ma quale salame? Era una… era una gamba! Una schifosissima gamba puzzolente e con le unghie lunghe

BIGIA: Un momento! Chi mi ha fregato la gamba dell’Ulisse? E poi non permetto che si dica schifosissima e puzzolente alla gamba del mio Ulisse! Va bene!?

RODOLFO: E’ stato lui, Gustavo!

BIGIA: Brutto ladro di gambe! Sacrilego! E dov’è adesso la mia gamba?

MISTICA: L’ha portata via la Gazzella dei Carabinieri che stava passando davanti al cimitero

BIGIA: E il trapianto?

AMBROGIO: Il tuo cervello sarebbe da trapiantare, squinternata!

GUSTAVO: E adesso che facciamo?

MISTICA: Di te Gustavo non ne voglio più sapere. Preferisco Rodolfo, è più inoffensivo. Accompagnami a casa tu Rodolfo. Preferisco una dentiera a una gamba puzzolente. Forza accompagnami a casa. (Rodolfo la sorregge e lentamente escono)

GUSTAVO: Così sono rimasto di nuovo solo…

LUCREZIA: Se proprio desideri che qualcuno ti faccia compagnia… Vuoi che ti accompagni a casa io Gustavo?

GUSTAVO: Sarebbe cosa buona, degna e giusta. Vieni Lucrezia, prendi il mio braccio e che il futuro sia con noi (Escono)

BIGIA: Ti devo salutare anch’io. Ciao Ambrogio; devo scappare di fretta

AMBROGIO: E dove vai?

BIGIA: Alla stazione dei Carabinieri a ritirare la mia gamba; non vorrei che l’arrestassero! (Esce)

AMBROGIO: Cari amici miei che siete giunti alla pace eterna… Fate che questa pace regni anche nel nostro piccolo Campo Santo. Andate in sogno ai vostri parenti e dite loro che le coppie si possono formare anche andando in balera e non qui davanti a voi. L’ambiente sarà più allegro e più consono a felici incontri. E voi rimanete pure qui, riposate pure in pace in compagnia dell’Ambrogio. Prima o poi verrò a dormire anch’io accanto a voi, ma vi prometto una cosa: che da ora in avanti, uomo o donna che sia, dovrà starsene qui zitto senza profferire parola a costo di tagliare una dopo l’altra le loro lingue e sotterrarle in tante buchette, una accanto all’altra, vicino al muro dove quella squinternata della Bigia voleva seppellire la gamba dell’Ulisse. E guardatevi bene dal portare i numeri del lotto a chicchessia; forse non avrete dodici rose rosse sulla tomba, ma in compenso vi godrete finalmente la pace eterna che meritate. Per omnia saecula saeculorum. Amen!