Farfalla… farfalla

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Farfalla… farfalla…

FARFALLA …. FARFALLA

Commedia in due tempi

diALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

Edda

Elio

Foca

Commedia formattata da


In una grande città, oggi.

Scena unica per i due tempi. Salotto di una casa confortevole; arredamento sovraccarico, un poco strampalato, stile Liberty, pieno di ninnoli e soprammobili da poco prezzo. A un lato, disposto sotto una finestra, un grande divano, con molti cuscini, poltrona, tavolini, abat-jours. Dall’altro lato, un divano a muro, con una grande pelle di tigre come tappeto, mobile-bar, giradischi. In fondo, un arco che divide la stanza dall’ingresso. A una parete un grande quadro che raffigura una giovane donna, seminuda, allungata su di una dormeuse tra fiori, ventagli di piume e cuscini. Specchi, lampade coperte da scialli, tappeti, qualche particolare esotico.

PRIMO TEMPO

Un suono prolungato di campanello. Oltre l’arco si vede passare Foca, una ragazzona, bruna, sui trent’anni, che va ad aprire ed introduce Edda più vicino al 60 che ai 50, vestita con eleganza estrosa, ma decisamente fuori moda.

 EDDA                            - (viene avanti e, mentre si toglierà guanti, cappello e pelliccia, apparendo in un vistoso abito color verde Nilo, con abbondanza di collane e di pendagli, a Foca che l’aiuta a svestirsi, con l’irruenza che le è abituale) Dio mio, non ne posso più. Andare in centro è diventata un’avventura. Una manifestazione mi ha bloccata più di quaranta minuti. Con una sete una sete da morire, chiusa dentro un taxi per poco non soffocavo. Ma le facciano in periferia, le loro manifestazioni nei prati nei campi Che cosa importa a noi di tutti quegli scalmanati, che fanno cortei per chiedere pace lavoro libertà Dammi le gocce per il cuore. Dieci. (Foca le prepara le gocce) Sporchi brutti con delle facce da far spavento. Gridavano cantavano agitavano cartelli sbandieravano striscioni sventolavano bandiere Non più di dieci gocce, Foca, vuoi ammazzarmi? (beve la medicina dal bicchiere che le ha preparato Foca) E i poliziotti stavano lì a guardare. Senza nemmeno sognarsi di sparare addosso a quella gentaglia. Va bene, d’accordo, c’è la democrazia, ma non bisogna esagerare. I poliziotti, li paga il governo, il che vuol dire che li paghiamo noi, per difendere certi principi. I mitra ce li hanno. E allora? Sparino. Tanto ammazzeranno solo dei disgraziati, che prima smettono di tribolare e meglio è. (si lascia andare su di una poltrona) E, poi, cosa vuole certa gente? Se non hanno da lavorare, riposino, si godano il sole, facciano del turismo, che va di moda. Invece bloccano il traffico, portandosi schiere di invalidi, di infelici, di vecchi e di donne incinte Ce n’era una con una pancia così, non esagero. Sfido, a furia di agitarsi lì, in mezzo alla calca, le saranno venute le doglie, a quest’ora avrà partorito. Dammi un tranquillante. No, non quello, l’altro il tubetto blu (Foca le porge un tubetto, Edda ne fa uscire una compressa, che ingoia e poi glielo ridà. Foca posa il tubetto sul tavolino delle medicine) Se non arrivavo a casa, mi prendeva un collasso (si sfila le scarpe e si sdraia sul divano) Perché, poi, ho dovuto fare tutte le cose che dovevo fare: l’estetista il parrucchiere le manicure la sarta la modista Beata te, Foca, che non hai bisogno di difendere la tua bellezza, perché sei brutta!

Foca                                 - (pronta) ma giovane!

Edda                                - (con disprezzo) Per quello che ti serve (si accende una sigaretta e la fuma con un lungo bocchino) Che novità?

Foca                                 - Nessuna.

Edda                                - Ospiti in arrivo?

Foca                                 - No

Edda                                - Chi ha telefonato?...

Foca                                 - Nessuno.

Edda                                - (Scattando) Saremo rimasti un’altra volta isolati. Alza il ricevitore. Controlla. (Foca alza il ricevitore. Si sente il suono di libero) Possibile che questo telefono non suoni mai? Domani bisognerà far venire qualcuno per una verifica. (pausa) I gatti?

Foca                                 - Stanno bene.

Edda                                - Hanno mangiato tutto?

Foca                                 - Sì.

Edda                                - E cosa fanno adesso?

Foca                                 - Dormono.

Edda                                - Insieme o separati?

Foca                                 - Hanno dormito un po’ insieme, poi se ne sono andati ognuno per proprio conto.

Edda                                - Giusto. Niente di più triste che svegliarsi con qualcuno che ti russa in faccia. Cos’hai preparato?

Foca                                 - C’è del brodo della carne dell’insalata

Edda                                - Se arriva gente c’è da mangiare per tutti?

Foca                                 - Chi vuole che venga?

Edda                                - La settimana scorsa è venuto il generale.

Foca                                 - Sei mesi fa. (pausa) Suo padre sta male.

Edda                                - È ancora peggiorato?

Foca                                 - Sì. Anche poco fa la chiamava

Edda                                - Vorrebbe mi sedessi accanto a lui, gli parlassi, gli tenessi compagnia Ma non è possibile. Dal momento che deve prepararsi alla morte, è meglio che si raccolga e che mediti in solitudine, senza essere disturbato. Non dirgli che sono rientrata. Lascialo dormire.

Foca                                 - Non dorme.

Edda                                - E cosa fa?

Foca                                 - Si lamenta

Edda                                - Ha anche il coraggio di lamentarsi? Ma se non gli faccio mancare nulla.

Foca                                 - Soffre. Ha dolori.

Edda                                - Pago delle infermiere perché la assistano. Gli diano dei calmanti, gli facciano delle iniezioni.

Foca                                 - Il medico ha detto che non gli fanno più nulla

Edda                                - Perché? E venuto pure oggi?

Foca                                 - Due ore fa.

Edda                                - Figuriamoci se quello salta un giorno

Foca                                 - Ha detto che, ormai, può succedere il peggio da un momento all’altro.

Edda                                - Se non fa nulla lui che è medico Non fa che dire che è in agonia, che è in agonia A proposito, gli hai fatto vedere i gatti? Anche Giorgio?

Foca                                 - Dice che basta lavargli l’occhio con acqua borica.

Edda                                - Schifoso! Ai cristiani streptomicina, aureomicina ai gatti acqua borica. Oggi ha lacrimato?

Foca                                 - Un po’ meno.

Edda                                - Controllerò. Ah, che vita che vita Non basta che stia male mio padre, mi si ammala anche il gatto. Purché non mi ammali anch’io Ho le orecchie che ronzano dei brividi di freddo Ho la febbre, ne sono sicura. Senti un po’ tu.

Foca                                 - (le mette una mano sulla fronte) Direi di no.

Edda                                - (con collera improvvisa) Se ti dico che ho la febbre è perché ce l’ho!

Foca                                 - Si sentirà male perché è stanca

Edda                                - (la guarda e si calma) Già. Sono stanca. Tutto quel tempo dentro quel taxi poi, un’ora sotto il casco Ecco perché ho le orecchie che ronzano Ci mancava anche che stessi male anch’io. Perchè se arrivano ospiti

Foca                                 - Qui non viene mai nessuno.

Edda                                - Sei proprio sicura che il telefono non abbia suonato? Non hai sentito, perché eri per le scale a fare l’amore col garzone del droghiere

Foca                                 - (risentita) A me non piace la gente di qui, lei lo sa. A me piace solo la gente del mio paese.

Edda                                - (Con disprezzo) Montanari pastori gente che ha l’odore di capra attaccato addosso. A te non dà fastidio quell’odore?

Foca                                 - (secca) Meglio l’odor di pecora, che l’odor di gatto.

Edda                                - (scatta) Insolente! Fila in cucina! Stupida! (fermandola subito) Stupidella! Preferiresti che, invece dei gatti, tenessi capre per casa? Datti da fare. Tra poco arriverà qualche ospite. Dev’essere tardi, tardissimo. Che ora è?

Foca                                 - Appena le sei.

Edda                                - Soltanto? Ed è già così buio? (sospira) Non arriva più la primavera, quest’anno. Nebbia vento pioggia Invece di buttare via miliardi per mandar razzi nello spazio, sarebbe meglio che facessero qualcosa per tentare di ristabilire le stagioni È aprile e siamo ancora in pieno inverno. (aggredendola) Ma se sono appena le sei, perché dici che è tardi? Non è tardi, non è tardi affatto. (a Foca che sta per andarsene) Ma si può sapere dove vuoi andare?

Foca                                 - Di là a preparare

Edda                                - Resta qui, non affannarti. (pausa) Se non viene nessuno, cosa faccio? Stanotte non dormirò. Non hai voglia di tenermi un po’ di compagnia? Solo per qualche ora Diciamo fino alle due (reazione di Foca) fino all’una solo fino a mezzanotte.

Foca                                 - No, ho sonno.

Edda                                - Ti faccio un bel regalo. Un abito da sera color prugna

Foca                                 - Che cosa me ne faccio? La sera vado a letto.

Edda                                - (con stizza) Crepa, allora, non ho bisogno di te. C’è l’infermiera di mio padre pagata apposta per star su la notte Con lei posso parlare fino alle sette del mattino E le faccio anche un piacere, perché le tengo compagnia. (umile e cercando compassione) Non lo faccio per capriccio, Foca: ho bisogno di parlare. Non riesco a dormire

Foca                                 - Se restasse un po’ vicino a suo padre

Edda                                - Per vederlo morire? Ma non è un estraneo. È mio padre! (a Foca che cerca di andarsene) Resta qui. Vorrei proprio sapere perché nessuno mi telefona. La gente è cattiva ingrata Tutti ti dicono: vengo a trovarti vengo a cena da te Perciò in casa si tiene sempre pronto il brodo la carne l’insalata il vino il whisky e nessuno si fa vedere. Sono stata la donna più adorata del mondo, ed ora mi hanno dimenticato tutti. Tutti. Non ho che te. Almeno tu mi vuoi bene?

Foca                                 - In questa casa ci sto volentieri. Ma non ce la faccio a star su la notte per parlare con lei

Edda                                - Ma puoi imparare un sacco di cose da me. Tu sei giovane; della vita non sai nulla, mentre io Tu non ti puoi nemmeno immaginare quanti uomini ho avuto E non uomini qualsiasi; uomini importanti per ceto, per ingegno, per cultura, per bellezza

Foca                                 - Io, se tornerò a voler bene a qualcuno, sarà un uomo delle mie parti.

Edda                                - (spazientita) Capisco, può anche essere bello stare con un uomo in montagna, abbracciarlo nel buio di una grotta, tra l’odore dell’erba, con le pecore che ti belano attorno. Ma questa non è la sola esperienza che una donna deve avere. Te l’assicuro io, che ho avuto delle avventure meravigliose. Adorata come una dea. Ero bella bellissima (indica il quadro della donna seminuda) molto più bella di come mi ha dipinta quello Vuoi che ti faccia vedere l’album delle fotografie?

Foca                                 - Sarebbe meglio mangiasse qualcosa.

Edda                                - Dopo, quando verranno i miei ospiti. (continua) I gioielli che avuto io i più belli i più preziosi i più rari Perle enormi rosa nere Il Maharaja me ne mandava scrigni pieni

Foca                                 - Si metta qualcosa nello stomaco

Edda                                - Dopo quando arriva gente.

Foca                                 - Ma chi vuole che venga? Si tolga quel vestito e si infili una vestaglia calda, di lana

Edda                                - Mi vuoi mandare a dormire? Non dormo mi sento impazzire Stanotte sono entrata nella stanza di mio padre era agitato gemeva si dibatteva, ma dormiva, capisci? Lui è in agonia e dorme, io no, non dormo più.

Foca                                 - Quando stamattina sono venuta col caffè, dormiva.

Edda                                - Non dormivo. Ti ho sentita. Stavo lì, con gli occhi chiusi

Foca                                 - Non è vero. Dormiva!

Edda                                - Mi sarò appisolata Qualche volta riesco a prendere sonno, ma solo all’alba. E la notte è lunga non passa mai. (con stizza) Tu la notte non fai che dormire

Foca                                 - Perché lavoro e mi stanco

Edda                                - Io se mi capita di addormentarmi, ho degli incubi A me non piace dormire. Uno che dorme sembra morto. (pausa) Sì, Foca, hai ragione, devo magiare ho un languore allo stomaco e un gelo per le ossa Dove vai, adesso?

Foca                                 - A preparare da mangiare

Edda                                - Non perdere tempo a preparare solo una tazza di brodo. Ma bollente. Però se suonano, corri ad aprire. La gente è stramba. Se non apri subito, se ne va. Come l’altro ieri.

Foca                                 - Era uno che aveva sbagliato

Edda                                - Un momento. Dopo, il brodo. Adesso un po’ di whisky per scaldarmi. Non più di due dita. (dà a Foca le chiavi del bar) Perché non compri mai dei fiori? (Foca apre il bar, versa il whisky in un bicchiere e glielo porta) È così triste una casa senza fiori.

Foca                                 - Lei non ha mai voluto che ne comprassi

Edda                                - Non mi piace vederli appassire. Comprali lo stesso. Un po’ prima che appassiscono, li mandiamo in chiesa. (beve) Mia madre mandava sempre grandi fasci di fiori in chiesa. Era religiosissima. Pregava sempre. Forse era pentita della vita che aveva fatto. Era un tipo riservato. Era una vera aristocratica. Forse aveva vissuto troppo. O troppo poco. Doveva aver sbagliato tutto. Certo, aveva sposato un uomo vecchio e malandato come mio padre

Foca                                 - Ma quando sua madre era giovane, sarà stato giovane anche suo padre

Edda                                - Anche questo è vero. Allora sarà stata pentita per qualcos’altro. Io, invece, ho avuto una vita meravigliosa. Nessuna donna al mondo è stata adorata come me. Ma perché te ne stai in piedi? Siedi, sarai stanca, povera ragazza

Foca                                 - Ho da fare in cucina.

Edda                                - (con collera) Tu hai l’anima della serva, della servaccia. A te piace soltanto lavorare, lavare i piatti, stirare, dare la cera, startene piegata in due con lo straccio in mano.

Foca                                 - Quello che non faccio adesso, dovrei farlo dopo. E, dopo, non mi va perché sono stanca e ho sonno.

Edda                                - (con rabbia) Dormi, dormi, dormi! Vedrai che un giorno non ti svegli più.

Foca                                 - Una volta o l’altra deve pur capitare

Edda                                - La morte non ti fa paura?

Foca                                 - Tanto nessuno mi piangerà.

Edda                                - (riflette) E quando muoio io, chi mi piangerà? Piangerai quando sarò morta?

Foca                                 - Lei scriva le sue volontà. Farò quello che è scritto. Glielo prometto.

Edda                                - (a denti stretti) Grazie, Foca, grazie. Tu sei buona. (pausa) Perché ho così freddo? Dammi il plaid E muoviti, tartaruga! Possibile che abbia i riflessi così lenti? Avanti coprimi. E mettimi sotto la testa un cuscino. (Foca la copre con un plaid e le mette il cuscino sotto la testa) Sono tutta un brivido. Ci vorrebbe una bella borsa di acqua calda

Foca                                 - Vado a preparargliela.

Edda                                - Dopo (pausa) Se non avessi te Gli uomini che avevo sono spariti tutti morti finiti chissà dove In fondo, a me fa piacere brutta razza gli uomini. Io li odio tutti. Tu non li odi, il tuo pastore?

Foca                                 - (alza le spalle) Ormai è morto.

Edda                                - Morto? Oh, poverino

Foca                                 - Ma sì, gliel’ho raccontato. Lo hanno ammazzato in osteria, durante una lite

Edda                                - (che nemmeno l’ha ascoltata) Questa casa è troppo grande. Ed è umida. I muri sono vecchi, fradici E con questi soffitti così alti, le stanze non si scaldano mai. Appena muore mio padre, prendo un appartamento più piccolo. Così avrai meno da fare. Perché tu fatichi troppo. Su, mettiti a sedere, raccontami qualcosa

Foca                                 - Cosa le racconto? Non ho niente da raccontare

Edda                                - Parlami di te di tuo padre di tua madre dei tuoi fratelli del tuo pastore morto ammazzato Non importa quello che dici, io nemmeno ti sento. Purché tu dica qualcosa.

Foca                                 - Se lei vedesse la televisione

Foca                                 - Non mi piace vedere gente dentro una scatola, che parla, parla e non ti risponde mai. Che ora è?

Foca                                 - (guarda l’orologio a muro) Le sei e venti.

Edda                                - Piove?

Foca                                 - Diluvia.

Edda                                - (pausa) Una volta, a quest’ora, mi preparavo ad uscire Un bel bagno caldo profumato poi mi truccavo passavo le ore a scegliermi il vestito i gioielli la pelliccia. Sai quante pellicce avevo? Quindici.

Foca                                 - Ieri sera mi ha detto undici.

Edda                                - (rimediando) Undici corte e tre lunghe. Una di zibellino, una di ermellino e una di cincillà. Quella di cincillà la portavo con la mia parure di smeraldi. Ancora un po’ di whisky (le ridà le chiavi del bar e Foca le porterà del whisky, restituendole, come prima, le chiavi) La gola mi brucia. Devono essere quelle pastiglie. Mi fanno bene per il fegato, ma mi infiammano la gola. Prenderò quelle pastiglie per la gola, speriamo che non mi infiammino il fegato. (prende delle pastiglie dal tavolo dei medicinali, che è sistemato dietro il divano. Poi beve una sorsata di whisky) Come faccia a piacere questa roba! Non ne bere mai Foca, è disgustoso! (improvvisamente seccata) E non continuare a stare in piedi come una stupida. (si corregge graziosa) Come una stupidina. Non vedi l’ora di andarti a rinchiudere in cucina, per metterti a lavorare. Ma chi ti corre dietro? Riposati. Sei giovane, hai solo ventisette anni. Se non fai che lavorare, finirà che ti sciupi

Foca                                 - (alza le spalle) Tanto

Edda                                - Non sei una bellezza, ma gli uomini sono così stupidi Puoi sempre trovare qualcuno a cui piacere, come quel tuo pastore morto ammazzato. Certo fare l’amore con un pastore, può essere anche appassionante. Io fammici pensare non ci sono mai stata a letto. Solo con principi miliardari ministri diplomatici toreri e qualche fattorino fisicamente dotato. Eh, di uomini ne sono passati tra queste braccia Ma li ho sempre traditi tutti. Appena mi sembrava di provare qualcosa per un uomo gli mettevo le corna. Così non ho avuto rimpianti e adesso ho nostalgia. Capisci, Foca? Qui (si tocca il cuore) nulla per nessuno. Forse, l’unico che ricordo con un po’ di tenerezza è Ramon. Bello come un dio, Ramon, alto snello Mi è morto tra le braccia. Per modo di dire. Se lo è sbranato una tigre. Dio che animale meraviglioso, la tigre! Di un’agilità di un’eleganza Ha fatto un balzo e lui è morto con il mio nome sulle labbra. Mi pare ancora di sentirlo. Edda Edda Edda Il terzo Edda non ha più fatto in tempo a dirlo. Il negro che ci guidava, ha subito sparato alla tigre (indica la pelle di tigre ai piedi del divano a muro) quella! (verso la tigre) Ingorda! Hai fatto la fine che ti meritavi. Per causa tua, mi sono trovata in un mare di guai. (a Foca) Perché Ramon era sposato. E la vedova è arrivata col primo aereo a bloccare tutto, salma compresa. Per tornare dall’Africa sono stata costretta a mettermi con un petroliere che aveva perduto anche lui la moglie in un incidente No, niente tigre, lui, coccodrilli. Scivolò da un ponticello e quelle bestiacce meno male. Altrimenti dall’Africa come tornavo? Senti Foca che storie? Storie che non ho raccontato mai a nessuno. Solo a mio padre. Gli sedevo vicino e lui stava a sentirmi beato Che fibra però. Sono dieci giorni che è in agonia e non muore. Non startene in piedi. Siedi su quella poltrona, tanto è sciupata. (Foca prende la poltrona e la avvicina al divano. Dopo un’esitazione siede) Non così Come se sotto ci fosse una bomba, pronta a scoppiare Comoda sdraiati. Brava, così, come una persona civile. Vedi, Foca Però che strano nome ti hanno messo

Foca                                 - È il nome di un santo

Edda                                - ma anche il nome di una bestia! Cos’è che ti stavo raccontando? Di quando sono tornata dall’Africa col petroliere. Una specie di bruto, ma non privo di fascino un fascino virile, come se (suonano alla porta. Non credendo al miracolo, eccitatissima, spingendo quasi Foca) Hanno suonato! Foca sei sorda? Hanno suonato. E tu ti metti a sedere proprio in questo momento!? Corri, va ad aprire. (gridando dietro a Foca che è andata ad aprire) Fai in fretta, stupida! E dimmi subito chi è. (tira via il plaid dal divano, si mette a sedere, si infila le scarpe in fretta e furia si dà una ravviata ai capelli. Foca parla con qualcuno sulla porta. Gridando) Chi è? Fai entrare fai entrare

Foca                                 - (fa capolino oltre l’arco) Un giovanotto che chiede di lei

Edda                                - Un giovanotto? Fallo passare. Digli prima che si pulisca i piedi. (gridando) Giovanotto, prima si pulisca i piedi (il giovanotto ancora non appare) Avanti, perché non entra?

Elio                                  - (dal di fuori) Mi pulisco i piedi.

Edda                                - Va bene, ma non esageri! (Elio entra, seguito da Foca. È un bel ragazzo, alto, sui 23/24 anni. Indossa un impermeabile col bavero rialzato e ha una sciarpa intorno al collo. È zuppo di pioggia, i capelli gocciolanti, il viso bagnato. Porta in mano una borsa di vilpelle. Edda lo guarda) Mamma mia, come è bagnato! Si tolga subito quell’impermeabile. Foca portalo di là. (Elio si toglie l’impermeabile e lo dà a Foca, che lo porta via. Edda lo osserva attenta, lo studia, appena Foca è uscita) Ma che bel giovanotto! Proprio un bel giovanotto! Si tolga le scarpe, mi rovina i tappeti. Avrà i piedi fradici. Via scarpe e calze e si metta a sedere. (va verso l’arco e a Foca che sta per rientrare) Un catino d’acqua calda, subito. E borotalco, sapone, asciugamani. E portami anche delle pantofole e un paio di calze di mio padre. Svelta, sbrigati! (Foca sparisce e lei torna vicino al giovanotto)

Elio                                  - (che è rimasto immobile in mezzo alla stanza) Ma io veramente

Edda                                - (sbrigativa) Non faccia complimenti, non è il caso. Sarà giovane e forte, ma se non si asciuga, una polmonite non gliela toglie nessuno. (è contenta e soddisfatta perché ha trovato un diversivo per la serata) Sieda su quella poltrona... No, su quella un poco sciupata (Elio siede) Si tolga le scarpe e calze. Si prende intanto un’aspirina e della vitamina C. (gli dà delle pastiglie e un bicchier d’acqua) Poi le offrirò una buona tazza di brodo, così si scalda e si mette lo stomaco a posto.

Elio                                  - (manda giù le pastiglie) Lei è molto gentile, ma io

Edda                                - Magari un tuorlo d’uovo dentro. E molto formaggio. E per tenerle compagnia, la prenderò anch’io. Ma vuole togliersele quelle scarpe? (Elio si toglie le scarpe. Gridando verso l’arco) Foca, ti muovi? Vuoi farmelo morire, questo povero ragazzo? (a Elio) E le calze? Non importa se sono bucate. (Foca entra con un catino d’acqua calda, asciugami, sapone e borotalco) Brava, Foca. Alza il tappeto e mettili lì. (a Elio) Si tiri un po’ su i pantaloni. Ne ha presa d’acqua Sembra cascato in una piscina (a Foca) Fa scaldare il brodo e portacene due belle tazze. Bollente. E in ogni tazza ci metti un tuorlo d’uovo. (a Elio) Vuole anche dei grissini? (senza aspettare la risposta) Anche dei grissini. E portami dei calzini e pantofole. Muoviti, tartaruga. (Foca esce) Metta i piedi a bagno, ora, giovanotto (reazione di Elio) Troppo calda?

Elio                                  - No, va bene.

Edda                                - Allora, mettiamoci al lavoro. (prende un cuscino, lo mette a terra, vicino al catino, si siede e comincia a lavare i piedi ad Elio) Eccomi ai suoi piedi. Eh, già, a lei non farà né caldo, né freddo. Sono vecchia. Chissà quante belle figliole sarà abituato a vedere ai suoi piedi. Stia fermo, mi schizza tutta. Che piedoni. Piede greco. Con l’alluce più corto delle altre dita. Ha mai notato i piedi delle statue? Tutti come i suoi. (chiamando) Foca, la scopa e lo straccio! (a Elio) Una ragazza preziosa. Ho dovuto andarmela a pescare in montagna, in un paese selvaggio dove non c’è nemmeno l’elettricità Sassi e capre. Con me sta bene. Fuori i piedi. Attento a non sgocciolarli fuori. Questo è l’asciugamano. Se li asciughi.

Elio                                  - Signora, io non so proprio come

Edda                                - Piano, un piede alla volta (si alza. Foca entra con scopa e straccio) Posa lì, prima porta via catino e sapone. (Foca obbedisce ed esce. A Elio) Adesso le metto l’asciugamano per terra; ci posi i piedi, li incipriamo. (versa del borotalco sui piedi di Elio. Poi prende da un mobile della colonia e ne versa sui piedi di Elio) Incipriati e profumati. (Foca rientra con calzini e pantofole che posa vicino a Elio. Con lo straccio e la scopa pulisce dov’è bagnato. Edda si versa dell’acqua di colonia sulle mani e sulle braccia. A Foca) Basta, porta via tutto. (a Elio) Si metta le calze e si infili le pantofole. Va meglio? (Foca esce portando via tutto) Proprio un bel giovanotto. Complimenti! (gli dà la bottiglia della colonia) Se ne versi in testa e si frizioni. Bisogna sempre stare attenti alle estremità: testa, piedi e mani. (a Elio, che si sta frizionando) Con forza, cerchi di far penetrare la colonia nel cuoio capelluto. Lei ha dei bei capelli grossi forti Prenda l’abitudine di frizionarli ogni mattina per dieci minuti. Così a trent’anni non si troverà calvo. (Elio ha finito la sua operazione) Fuma? In quella scatola ci sono sigarette. Non faccia complimenti. Se le va di fumare, fumi.

Elio                                  - Grazie. (si accende la sigaretta, guarda Edda con gratitudine, le sorride)

Edda                                - Adesso mi dica perché è venuto qui

Elio                                  - (imbarazzato) Ecco volevo offrirle una spazzola elettrica a un prezzo molto vantaggioso

Edda                                - Sa che ha un bel sorriso? Con quel sorriso si conquisterà tutti i clienti. Per non parlare delle clienti. (accende dei profumi in un’incensiera) Profumi orientali. Addolciscono l’aria. Non posso farne a meno. Eh, se ne imparano di cose in Oriente. Mai stato in Oriente? (senza dargli il tempo di rispondere) E, così, voleva vendermi una spazzola

Elio                                  - Una spazzola elettrica, ultimo modello

Edda                                - Il portiere l’ha lasciata salire, senza difficoltà?

Elio                                  - Non credo mi abbia visto.

Edda                                - Altrimenti non l’avrebbe fatta salire. È un cerbero tale Ieri è venuto un mio vecchio amico, un generale un uomo che, in altri tempi, faceva scattare sull’attenti persino i ministri lo ha fermato per le scale. Voleva sapere da chi andava perché.. per come per curiosità. (Elio si alza e va a prendere la borsa) Cosa fa, ora?

Elio                                  - Volevo farle vedere la spazzola

Edda                                - Ha così fretta?

Elio                                  - No, ma pensavo

Edda                                - Non pensi. Torni a sedere e si metta comodo. (Elio sorride ed obbedisce. Edda, urlando) Foca, il brodo! Viene questo brodo? (a Elio) Ha fatto bene a venirmi a trovare. Sentivo il bisogno di mettere qualcosa nello stomaco, ma da sola In compagnia è diverso. Dunque, lei fa il rappresentante di una ditta di spazzole elettriche. Molto interessante.

Elio                                  - Non è esatto. Io ho delle conoscenze che

Edda                                - (lo interrompe) Al giorno d’oggi le conoscenze sono indispensabili. Guai a non averne. Solo io sono stata stupida a non approfittarne mai. Peccato. Conoscenze importantissime. Persino il più miliardario dei miliardari americani. Si era innamorato di me. Proprio cotto. Ogni giorno mi mandava delle rose. Mille. Mille rose Baccarat, rosse, col gambo lunghissimo, carnose, stupende Ma poi, veniva a trovarmi e si metteva a contarle. E se, per caso, ce n’era una di meno, si attaccava al telefono e faceva certe scene al fioraio. Scene disgustose per la mia sensibilità. Tanto che mi sono rotta le tasche e l’ho mandato a quel paese. Sono così volgari, in fondo, questi miliardari americani Io, poi, ho un debole per gli orientali. Più delicati. Voluttuosi una pelle morbida e poi sono dei signori. Cosa vuole? Per me, che sono una donna d’altri tempi, classe e distinzione sono fondamentali. (si accorge che Elio la guarda stupito, annientato dalla sua chiacchiera) Perché mi guarda così? Si stupisce perché un miliardario si è innamorato di me? È successo parecchi anni fa. Quando ero così. (indica il quadro) Anzi, molto meglio. Mi consideravano una bellezza rara. Poi, il tempo passa. Appassiscono i fiori, perché non dovremmo appassire anche noi? Le belle donne seguono il corso della natura. Come le brutte, del resto. (con un urlo) Allora, questo brodo? (a Elio) Io la trattengo, forse, invece, lei ha fretta di andarsene. Avrà certo chi l’aspetta. Figuriamoci se un bel giovanotto come lei non ha la ragazza

Elio                                  - Veramente non ho nessuno che mi aspetta

Edda                                - E come mai?

Elio                                  - Non ho conoscenze in questa città. Sono arrivato appena oggi.

Edda                                - E la sua prima visita l’ha riservata a me? Bravo, io adoro le sorprese. Anche perché vivo da sola. Non che non abbia amici. Ma a una certa età si preferisce vivere soli. Persino una donna che ha avuto una vita brillante come la mia. Sarà che invecchio. Prima del brodo un aperitivo? (senza lasciargli il tempo di rispondere) Foca, ma allora questo brodo (a Elio) Bisogna compatirla, è una primitiva! Si chiama Foca, s’immagini. Quello che mi è costato abituarmi a quel nome e a vedermela davanti con quelle gambacce pelose basterebbe una ceretta, un colpo di rasoio, per tirarsi via tutti quei peli, ma lei non vuole, sembra che ci tenga. Brava figliola, però. Ha anche sofferto. Un amore tragico. Era innamorata di un pastore un uomo splendido, una specie di selvaggio, vestito di pelli alto, altissimo, un gigante. È morto in una rissa. Un colpo di fionda gli ha spaccato la fronte, proprio qui, in questo punto. Come Golia. Sarà il destino dei giganti (Foca entra spingendo il carrello con le tazze del brodo, grissini, formaggiera, bicchieri, una bottiglia di vino, ecc) Finalmente! Brava Foca! Si serva, giovanotto. Subito, che è fumante. Prenda anche il cucchiaio. Se vuole può far sciogliere l’uovo o se preferisce mandarlo giù intero come vuole. Poi le faccio portare qualcos’altro, Quello che c’è. (beve una sorsata di brodo) Ottimo. È perché noi lo facciamo con carne di primo taglio. Hai visto, Foca, quanta acqua si è presa questo giovanotto? Ha fatto chilometri sotto il diluvio, per venire da me a portarmi la spazzola.

Elio                                  - Si tratta di una spazzola elettrica.

Foca                                 - Noi ce l’abbiamo.

Edda                                - E serve?

Foca                                 - Sì.

Edda                                - Benissimo, così quando si rompe, ne abbiamo un’altra di ricambio. Porta il resto, appena è pronto, Foca. (Foca sbircia Elio curiosa, poi esce) Questi elettrodomestici sono diventati una mania. Non dico che non siano utili, ma invadono le case. Se si continua di questo passo, della cameriera si potrà anche fare a meno, ma bisognerà che ogni famiglia assuma un elettrotecnico. Per quanto mi riguarda, io non li tocco. Mi fanno paura. Scusi, un pettine, ce l’ha? Si dia una pettinata. Ha i capelli dritti, come avesse visto un fantasma. (Elio la guarda un attimo interdetto, poi tira fuori dal taschino posteriore un pettine e si pettina) Come le è venuto in mente di occuparsi di spazzole elettriche?

Elio                                  - Non è che mi occupi di spazzole elettriche. Voglio solo vendere questa che mi ha regalato un amico, tornato dall’America.

Edda                                - (lo fissa, un attimo di silenzio, poi) E perché la vende?

Elio                                  - A me non serve.

Edda                                - Non se li spazzola, i vestiti?

Elio                                  - Qui non ho casa. Arrivando ho preso una stanza in un alberghetto, vicino alla stazione

Edda                                - Povero ragazzo! Si vive così male in albergo. Non c’è intimità non c’è atmosfera glielo dico io che ho abitato negli alberghi più lussuosi e più cari del mondo: il Waldorf-Astoria il Carlton il Ritz il Negresco Figuriamoci, poi, negli alberghetti di quint’ordine, vicino alla stazione, infestati da cimici, frequentati da donnacce e da ladri. (pausa, lo fissa) Non sarai mica un ladro, tu?

Elio                                  - (interdetto) No, signora, io

Edda                                - Al giorno d’oggi ci sono certi tipi che, prima rubano una spazzola elettrica, poi vanno in giro per le case, cercando di venderla

Elio                                  - Guardi che io .

Edda                                - (secca) Te l’ha regalata un amico. Ma anche se l’avessi rubata, cosa vuoi che me ne importi? Se l’hai rubata, vuol dire che il proprietario non l’ha custodita. E se non l’ha custodita, hai fatto bene a portargliela via,

Elio                                  - Se lei pensa che io sia un ladro

Edda                                - Io non penso niente. Però al giorno d’oggi ci sono certi tipi Gente che s’introduce con un pretesto nelle case delle povere signore sole e le aggrediscono e le derubano. E dal momento che io sono una signora sola tu potresti anche aggredirmi. Avanti, fallo, sono completamente indifesa.

Elio                                  - (sconcertato) Ma io signora

Edda                                - (seccata) Signorina. Mai stata sposata. Mai voluto legarmi ad un uomo. Ad ogni modo, qui dentro non c’è gran che da portar via. I gioielli li tengo in banca, nella cassetta di sicurezza e la chiave ce l’ha il mio avvocato. Di liquido in casa c’è poco o niente, perché prelevo settimanalmente quello che serve. Di prezioso qui dentro che c’è? Qualche ninnolo. Ma i ninnoli, oltre che essere fragili, sono difficilissimi da smerciare. Cos’altro potresti portarmi via? Medicine, soltanto medicine

Elio                                  - Ma vede, signora..

Edda                                - Signorina. Solo per Foca sono signora. Perché per lei signora vuol dire padrona e signorina no. Dunque, puoi portarmi via medicine e basta. Ne ho la casa piena. Per mio padre, che è malato. Gravissimo. In agonia. E tu vorresti derubare una povera donna che ha il padre in agonia? Perché mi guardi così? Pensi che non dica la verità?

Elio                                  - Sì, le credo le credo

Edda                                - (chiamando) Foca? Foca? Foca? (a Elio) Ora ti faccio accompagnare da mio padre, così lo vedi e ti persuadi.

Elio                                  - Non è il caso, signorina Anzi, è meglio che me ne vada Dimenticavo di avere un impegno

Edda                                - Non dire sciocchezze. Prima mi racconti che sei appena arrivato e non conosci nessuno, ora salti fuori con un impegno. Non è onesto essere bugiardi. E non è gentile. Cosa ti ho fatto? Ti ho accolto come come un figlio perché questa improvvisa ostilità?

Elio                                  - (la guarda serio, poi) Nessuna ostilità nessuna ostilità (Foca entra con i piatti della carne e del formaggio)

Edda                                - Posa tutto sul carrello ed accompagna questo giovanotto in camera di mio padre. Fagli vedere tu in che condizioni si trova

Elio                                  - Ma io non ho detto nulla soltanto

Edda                                - (a Foca) Accompagnalo. (a Elio) Vai con Foca (piano) Così vedrai anche il resto della casa e ti convincerai che c’è ben poco da portar via. (Elio allarga le braccia e va oltre l’arco)

Foca                                 - (si avvicina ad Edda e piano) Lo conosce?

Edda                                - A te cosa interessa? (Foca raggiunge Elio ed esce con lui. Appena usciti si alza, prende la borsa di Elio da tavolo, vi fruga dentro, ne tira fuori una spazzola elettrica e un mazzetto di biglietti di banca. Li conta, non sono molti, ma certo più di quanto pensava che Elio potesse avere. Si tiene il mazzetto di denaro e se lo infila nella giarrettiera, poi chiude e posa la borsa al suo posto. A Elio che rientra quasi subito) Convinto?

Elio                                  - Le assicuro che anche prima

Edda                                - Basta. Argomento chiuso. Siedi e mangia. Quanti anni hai?

Elio                                  - (mangiando) Ventitrè.

Edda                                - Età stupida per un uomo. Vigore fisico e basta. Serviti. (lo osserva mentre mangia) Se non fosse morto dopo pochi giorni, avrei anche io un figlio.

Elio                                  - (lascia di mangiare, colpito) Della mia età?

Edda                                - No, avrebbe più di quarant’anni. Ero una bambina. È stato il cameriere di casa a mettermi incinta. Che scandalo a casa mia. Mia madre, una contessa, donna di principi molto rigidi, mio padre un ambasciatore Furibondi! Anche se il cameriere non era un cameriere qualsiasi, ma un granduca russo, scappato dal suo paese, in seguito ala rivoluzione. Mi amava con tutta la passione e il furore della sua anima slava. Ma io non ho voluto saperne. Granduca o no, faceva il cameriere. Ho preferito andare a vivere per conto mio. Perché non mangi?

Elio                                  - E non ha avuto altri figli?

Edda                                - No. (Elio riprende a mangiare) Come hai trovato mio padre?

Elio                                  - (smette un’altra volta di mangiare) Male.

Edda                                - È in agonia, non te l’avevo detto?

Elio                                  - Mi spiace.

Edda                                - (con vivacità) Non guastarti l’appetito e continua a mangiare. Non si tratta di tuo padre, ma del mio. (pausa) Tu ce l’hai ancora, tuo padre?

Elio                                  - No.

Edda                                - Tutti dobbiamo morire. Non farti venire la malinconia. Mangia. Serviti del vino. La bottiglia è sotto il carrello. È un rosso secco, che servo solo agli ospiti di riguardo. Quando il maharajà veniva a trovarmi, gli offrivo questo vino. Lo preferiva allo champagne, perché non gli dava il rigurgito. Che uomo meraviglioso, il maharajà! Voleva che lo sposassi e andassi a vivere con lui, in India. Io ci sono andata, ma non ho voluto sposarlo. Aveva un palazzo che nemmeno te lo sogni, oro ed argento dappertutto. Troppo. Proprio troppo. E un giardino, che sembrava un’arca di Noè. Aveva persino un garage per gli elefanti. Andarci per una vacanza, l’India è meravigliosa. Per restarci no. L’India non è fatta per me. Versa anche a me due dita di vino. Di solito non bevo, ma stasera, voglio fare un’eccezione. (Elio le versa da bere e le offre il bicchiere. Lei beve, poi) Ne ho avute, di proposte di matrimonio. Ma non ho mai voluto perdere la mia libertà. Signorina sono nata e signorina voglio morire. Insomma giovanotto, me la vuol far vedere questa famosa spazzola elettrica?

Elio                                  - (alzandosi) Subito, signorina

Edda                                - Finisci di mangiare. E, per conoscerci meglio, raccontami qualche cosa di te.

Elio                                  - Cosa vuole che le racconti? Non ho avuto una vita facile. Quando non si ha un mestiere e non si ha voglia di impararne uno

Edda                                - (ride) Bravo! Viva la sincerità!

Elio                                  - Mi sarebbe piaciuto studiare. Ma non ne sono sicuro. Mi piace leggere. Leggo tutto quello che mi capita tra le mani. Se non capisco leggo e rileggo

Edda                                - (ironica) Sei un intellettuale, allora. Un ladro intellettuale.

Elio                                  - (colpito) Come dice?

Edda                                - Ladro. Ho detto ladro

Elio                                  - Perché mi chiama ladro?

Edda                                - Perché lo sei. (tira fuori il rotolo dei biglietti e glielo getta in faccia) questo denaro non mi dirai che l’hai trovato per strada

Elio                                  - È andata a frugare nella mia borsa?!?

Edda                                - Lo hai rubato, vero?

Elio                                  - Le do la mia parola che

Edda                                - (scoppia a ridere) Parola di ladro! Telefono alla polizia?

Elio                                  - Lei non ha nessuna prova che io

Edda                                - Spiegami come fa un buono a nulla come te ad avere in tasca tutto questo denaro.

Elio                                  - Sono risparmi

Edda                                - Rubi e poi risparmi? (ride poi secca) E dove l’hai rubata la spazzola elettrica? In una casa dove sei andato con la scusa di vendere una radiolina? E la radiolina l’hai rubata in una casa dove sei andato con la scusa di vendere un giradischi ? Una serie di furti, squallidi, vergognosi Siccome la vita è dura, ti arrangi come puoi. Non sai far nulla, non hai voglia di lavorare una volta o l’altra ti pescheranno ed andrai in galera! Mi parevi intelligente, invece Visto che hai un fisico come si deve, tanto valeva risolvere facendo il mantenuto. Non sarà un lavoro di concetto, ma è più comodo.

Elio                                  - (la guarda sfacciato) Cos’è una proposta?

Edda                                - No. Con gli uomini ho chiuso. Definitivamente. Ne ho la nausea. Sei un bel ragazzo, ma dopo un’indigestione di castagne, fanno schifo anche i marrons glacés. Perché rubi?

Elio                                  - Non rubo. Mi arrangio come posso. Dalla vita ho sempre e soltanto avuto botte. Con l’infanzia infelice che ho avuto

Edda                                - Da bambini si è sempre infelici. No giustificarti tirando in ballo l’infanzia. E, allora, che facciamo? (una lunga pausa) senti, siccome mi sei simpatico, e la cosa mi diverte, mi occuperò di te.

Elio                                  - Perché?

Edda                                - Così, tanto per far qualcosa

Elio                                  - (sfacciato) Mi adotta?

Edda                                - No, mi limito a prenderti in casa: ti darò da mangiare, ti vestirò, ti darò una stanza per dormire

Elio                                  - (completamente sconcertato) E io, in cambio?

Edda                                - Mi farai compagnia.

Elio                                  - E come?

Edda                                - Sono sola la notte non riesco a dormire ho bisogno di avere qualcuno con cui parlare di vedere qualcuno che mi si muova attorno. Mi prendo in casa te, perché sei giovane, mentre io non lo sono più. Un ragazzo che ha ancora la vita davanti è una presenza giusta per una donna che la sua l’ha già vissuta. C’è chi si mette in casa un cane un gatto dei canarini Anch’io mi sono presa una coppia di gatti. Mi avevano assicurato che erano animali notturni. Macchè, dormono tutta la notte. E, allora, tanto vale che mi prenda in casa un ragazzo come te che parla che respira

Elio                                  - (divertito) Cosa dovrei fare? Parlare con lei?

Edda                                - Se telefono al commissario, finisci in galera. Ti offro, invece, una prigione più ampia, più comoda, più elegante. Questa.

Elio                                  - E non dovrei mai uscire?

Edda                                - Di giorno puoi andare dove vuoi. La sera resti qui. Con me.

Elio                                  - E non potrò avere una vita mia?

Edda                                - Cosa intendi per una vita tua? Una ragazza? Puoi averne quante ne vuoi. Avanti, decidi. O prendere o lasciare. Agisco d’istinto, senza logica. Se ci ripenso, posso cambiare idea. (lui fa per parlare, lei lo ferma) Ti propongo un periodo di prova.

Elio                                  - Ci sto.

Edda                                - Per me, non per te. Se non mi funzioni, ti sbatto fuori.

Elio                                  - (ironico) Allora per il momento, sono assunto?

Edda                                - Non considerarla una fortuna. Non sono una donna comoda. Potresti anche pentirti. Rimettiti a sedere. (pausa) Come ti chiami?

Elio                                  - Elio.

Edda                                - Un nome ambizioso

Elio                                  - Perché?

Edda                                - In non so che lingua significa sole. Ma sì, anche il nome mi conviene. Allora, ascoltami. Prima di tutto, ti farai un bel bagno. Mi piace avere attorno gente che odora di pulito. Domani usciremo ed andremo a comprare un po’ di vestiario. Per ora, dormirai nella stanza d’angolo. Poi studieremo una sistemazione migliore. Di giorno fai quello che ti pare. Prendi servizio alle diciotto. D’accordo?

Elio                                  - Ma lei lei che cosa sa di me?

Edda                                - E che cosa dovrei sapere?

Elio                                  - Forse che (rinuncia a parlare. Le gira le spalle, si avvicina al giradischi e guarda un album di dischi, poi) Musica d’altri tempi, direi.

Edda                                - Musica dei miei tempi. Quella che piace a me. Ma non la sento sovente.

Elio                                  - Perché?

Edda                                - Troppi ricordi.

Elio                                  - (serio) E lei non vuole ricordare?

Edda                                - Soltanto quello che mi piace.

Elio                                  - (interessato) Ci sono cose che, invece, non vuole ricordare?

Edda                                - Sì!

Elio                                  - Che cosa, per esempio?

Edda                                - Cose mie. (lunga pausa. Elio le si avvicina e sta per parlare)

Foca                                 - (entra agitata e sconvolta) Signora signora

Edda                                - Cosa c’è? Cosa succede?

Foca                                 - Suo padre suo padre

Edda                                - Ebbene?

Foca                                 - è morto.

Edda                                - Requiescat in pace. (si fa il segno della croce. Poi a Elio) Ha cessato di soffrire. (a Foca) Di all’infermiera che ti aiuti a vestirlo e a sistemarlo. Poi verremo noi di là. Io e lui. (indica Elio) Il giovanotto resta qui. Preparagli un bagno e cercagli un pigiama e una vestaglia. Mi farà compagnia lui, ora che mio padre non c’è più. (regale) Vai, Foca, vai (Foca guarda Elio e poi esce) Era giunta la sua ora, pover’uomo.

Elio                                  - Mi spiace signorina Le mie condoglianze

Edda                                - A te cosa importa se mio padre è morto? Nulla!

Elio                                  - Ad ogni modo essere arrivato qui, in un momento così doloroso per lei

Edda                                - Che tu sia entrato in questa casa mentre lui è morto, può anche essere un segno del destino.

Elio                                  - Ad ogni modo questa è una circostanza triste ed io

Edda                                - (scatta) Non insistere a parlarne. La morte non è un argomento che mi entusiasmi. A me fa impressione. Dammi un tranquillante. (Elio esita) Muoviti, il tubetto grande là sul vassoio E svegliati. Impara a conoscere le mie medicine. (Elio prende il tubetto dei tranquillanti e glielo porge. Edda ingoia una pastiglia) Tu, forse, avresti voluto che io mi mettessi a singhiozzare a fare scene a disperarmi

Elio                                  - No, io

Edda                                - Zitto! Lascia parlare me. Siediti. (Elio la guarda sconcertato e si mette seduto. Edda beve un altro goccio di vino, poi, seria) Non era mio padre.

Elio                                  - (stupito) No?

Edda                                - Te l’ho detto: no.

Elio                                  - E chi era?

Edda                                - Un vecchio. Un vecchio qualsiasi. L’avevo pescato per strada, qualche anno fa. Me l’ero preso in casa, perché mi tenesse compagnia. Ma era vecchio. Per tenerlo sveglio, la notte, gli davo gli eccitanti. Troppi. Il cuore non ha retto. Capisci quello che voglio dire?

Elio                                  - (la guarda allibito) Sì

Edda                                - Era un uomo che sapeva ascoltare un uomo buono docile sottomesso. Sordo. Completamente sordo. Alzati. Andiamo. (Elio si alza. Edda prende un velo nero da un cassetto, se lo mette in testa e seria, regale) Vieni, Elio. Dammi il braccio. Andiamo da lui. (ed esce con Elio, mentre cala la tela)

SECONDO TEMPO

La stessa scena, una decina di giorni dopo. Edda, in un assurdo vestito da gran gala, truccata e pettinata col solito estro, è seduta su di una poltrona e fuma con un lungo bocchino. Elio – un poco ripulito – pantaloni di flanella e golf di cachemire, è sdraiato in un angolo e fuma con aria annoiata e cupa.

Edda                                - (guarda Elio, sospira, poi dandogli la chiave del bar) Bevi qualcosa che ti tenga su.

Elio                                  - (prende la chiave ed andando a servirsi al bar) Lei cosa beve?

Edda                                - Niente. Per via del fegato. Il medico me lo ha proibito. Io non capisco. Ai miei tempi la gente beveva e mangiava il triplo e moriva con un fegato sano che era una bellezza. Oggi, invece, tutti col fegato grosso così. Come le oche. Anche tu soffri di fegato?

Elio                                  - Non credo.

Edda                                - Aspetta e vedrai. Non c’è scampo. C’è stata l’età del ferro, l’età dell’oro; adesso siamo in piena età del fegato. (Elio le ridà la chiave del bar e lei la mette via) Cos’hai fatto oggi?

Elio                                  - Ho dormito fino a tardi, poi sono andato a comprarmi il giornale

Edda                                - Io ho smesso di comprarlo. Apri un giornale e rischi l’infarto. Eppure li leggono tutti. La gente si consola dei propri guai coi guai degli altri. Se ognuno si occupasse soltanto dei fatti propri, come faccio io che, di quello che succede nel mondo, non voglio sapere nulla Un giorno ho mandato al diavolo un disgraziato che era venuto a chiedermi di sottoscrivere per la pace. Se la gente vuole scannarsi, lasciamola scannare. Meno siamo su questo mondo e meglio è.

Elio                                  - Se tutti ragionassero come lei

Edda                                - il mondo andrebbe avanti meglio.

Elio                                  - Ma sarebbe ancora pieno di selvaggi

Edda                                - Non lo è ancora?

Elio                                  - Se gli uomini fossero più uniti, se si aiutassero tra di loro

Edda                                - Parli come un sovversivo.

Elio                                  - Che sovversivo? Io penso che

Edda                                - Non pensare, fai meno fatica.

Elio                                  - Le idee che ho io

Edda                                - non mi interessano. Ti tengo qui non per sentire le tue idee, ma perché tu ascolti le mie. Chiaro? Come faceva quell’altro che è morto.

Elio                                  - Quello era sordo

Edda                                - Tu, invece, ci senti ed approfittane, perché qualcosa da imparare c’è sempre. Stattene zitto, beviti in pace il tuo whisky senza farti problemi, tanto non li risolvi né tu, né gli altri. Si vive una volta sola: cerca di godertela la vita, come ho fatto io che, adesso, invecchio serena, senza rimpianti, né rimorsi.

Elio                                  - (sfottente ed irritante) Dice davvero?

Edda                                - Voi, giovani di oggi, chissà cosa volete. Non siete mai contenti. Noi, invece, eravamo come uccelli, felici solo di stare al mondo. Mamma mia, che salto ha fatto l’umanità. Il progresso, dirai tu, ma a che ci ha portato? Alle macchine. Ma la gente ci crepa dentro, stritolata tra le lamiere. Io mi domando cosa succederà se il mondo va avanti di questo passo. Gli uomini stanno distruggendo tutto: la flora, la fauna, tutto quello che era la natura. Le farfalle per esempio, le hanno fatte sparire tutte. L’estate scorsa ne ho vista solo una. E così piccola e debole, che non riusciva nemmeno a volare. Una farfallina bianca

Elio                                  - (canticchia ironico) “Farfallina, farfalletta ”.

Edda                                - Proprio così. “Farfallina bella bianca ”. Una volta avresti dovuto vedere. Qui, a primavera, era tutto pieno di farfalle. La terrazza, il giardino, la veranda, la strada Centinaia, migliaia, decine di migliaia di farfalle

Elio                                  - (divertito) Cos’era, un vivaio?

Edda                                - (urla) Foca? Foca? Foca? (ad Elio) Ora te lo dirà Foca se racconto storie o no.

Elio                                  - Lasci stare Foca. Credo a tutto, io.

Edda                                - (continua a urlare) Foca? Foca? Foca? Ma dove diavolo ti sei cacciata?

Foca                                 - (comparendo) Eccomi eccomi

Edda                                - Diglielo tu al signorino, che non ci crede, che qui, una volta, era pieno di farfalle

Foca                                 - (la guarda stupita) Farfalle?!?

Edda                                - (continuando il suo discorso, come se Foca non fosse nemmeno entrata) Proprio così. Farfalle bianche, rosse, gialle, turchine, arancione Di tutti i colori. (Foca esce) Volteggiavano nell’aria leggere e davano come un senso di poesia alla vita. Ora, invece, in quest’aria sporca, inquinata, nera di smog, puzzolente, cosa ci vola? Microbi virus batteri germi infettivi radioattività Bel progresso! (guarda Elio, che appena l’ascolta) Parlo e nemmeno mi ascolti? Avanti, dì qualcosa. T’ho dato anche da bere per vederti su di giri, invece tu continui con quell’aria da funerale Come se ti dessero la malinconia i filetti di bue e le lenzuola pulite. Sorridi almeno qualche volta. Falli vedere quei bei dentoni che hai. Avresti dovuto vedere come sorridevo io, ai miei tempi. Non denti, perle, diceva, il maharajà, che di perle se ne intendeva. Ancora adesso, guarda (apre la bocca e fa vedere i denti) Tutti miei. (con uno scatto di collera) Se stasera hai fatto voto di non parlare, metti almeno un po’ di musica. Si muore di noia, qui dentro.

Elio                                  - (si alza e va al giradischi) Che disco vuole?

Edda                                - Il primo che capita.

Elio                                  - (prende un disco e lo guarda con ironia) Un tango. (lo mette sul giradischi. Si tratta di un vecchio tango, “A media luz” o qualcosa del genere)

Edda                                - Musica vera. Voi giovani avete perduto il senso dell’armonia. Vi piacciono soltanto strumenti che sembrano motociclette. State riportando il mondo alla giungla. Puah! (canticchia un poco la canzone, e poi) Questo tango l’ho ballato con un principe del sangue, un’altezza reale che aveva perso la testa per me. (canticchia ancora la canzone) Una serata che ha fatto epoca. Non ho perso un ballo. E sempre con lui. Mi teneva così stretta, che quasi mi mancava il fiato Indossavo un abito color avorio lungo attillato che mi fasciava come una guaina. Nemmeno un gioiello. Solo un diadema di brillanti sui capelli lisci. Sei una dea, mi diceva il principe. E il torero, che mi aveva portato alla festa, dopo la corrida, mi guardava, appoggiato a una colonna, con gli occhi colmi di gelosia (con un brusco cambiamento) Spegni.

Elio                                  - (spegnendo) Perché?

Edda                                - certi ricordi mi mettono malinconia. Eh, ero bella bella Anche adesso, del resto, gli anni che ho non li dimostro. Merito della pelle, che si mantiene. E non faccio nulla, assolutamente nulla. Né cosmetici, né creme, né massaggi. Solo acqua e sapone. Ho preso da mia madre, che a ottant’anni era ancora un biscuit. Merito anche di tanti incroci di razze. Tra i miei antenati c’è un po’ di tutto, persino un bisnonno arabo e una trisnonna circassa. Ancora oggi, per strada, gli uomini mi guardano. Non più tardi di giovedì, un signore mi ha seguita per più di un’ora con la sua carrozzella: un mutilato, ma distintissimo. Ma... con gli uomini ho chiuso. O per lo meno dovrei proprio trovare qualcuno che mi facesse perdere completamente la testa. Com’è successo con Edgar, tanti e tanti anni fa. Era alto, biondo, con gli occhi di acciaio. È diventato ministro della guerra, dopo. Proprio lui che era antimilitarista e non aveva fatto nemmeno il servizio militare. Ma col suo sorriso conquistava tutti. Io lo dico sempre che il segreto del successo è nel sorriso. Ora è morto, povero Edgar, e sorriderà agli angeli. Chissà poi perché! Gli uomini che mi hanno amata sono morti tutti. Tutti. Come per un’epidemia. Del resto la solitudine non mi pesa. Mi pesava in principio, quando non mi rassegnavo ad andare al letto sola. Sfido! Non mi capitava più da quando avevo quindici anni. Ma ormai potrei vivere da sola anche nel cuore del deserto. Purché qualcuno, anche un beduino, mi tenesse compagnia la notte, quando non posso dormire. (pausa. Guarda Elio) Eh, sì, non dovrebbe essere un uomo qualunque quello che, alla mia età e con la mia esperienza, potrebbe farmi perdere la testa. Giovane, perché a me il maschio piace giovane. Alto non mi piacciono gli uomini piccoli. Forte muscoloso intelligente.. Oh, se volessi, troverei. Tu non credi che, anche se vecchia, potrei piacere ancora a un bel giovanotto?

Elio                                  - (senza convinzione) Certo certo

Edda                                - Tu come stai a donne? Ti correranno dietro come mosconi, immagino. Un bel ragazzo come te Foca si lamenta: dice che lasci sempre la porta spalancata quando fai la doccia e lei è costretta a vederti completamente nudo

Elio                                  - Chiuda gli occhi

Edda                                - Sarebbe più semplice che tu chiudessi la porta.

Elio                                  - Se non vuole vedermi, non mi guardi.

Edda                                - Ma tu la porta, la lasci aperta proprio per farti guardare..

Elio                                  - Prima la chiudevo. E a chiave.

Edda                                - E poi?

Elio                                  - Mi pareva che Foca si seccasse (ride)

Edda                                - Tutti uguali, voi uomini. Narcisi pavoni Eh, certo, non devi essere niente male nudo Con quelle spalle i fianchi stretti quella testa fiera Chiuditi a chiave, la notte, non vorrei che Foca ti aggredisse. (scoppia a ridere. Anche Elio ride) Oh, finalmente ti vedo ridere. Ridi, ridi, bel tenebroso! Sei bello quando ridi. Non so cosa farei per vederti sempre di buon umore Ma tu, con me, dovresti lasciarti andare un poco di più, capisci? Invece di divertirti a mettere in imbarazzo la serva, scherza con me, che sono una donna vissuta una donna di classe Se ti secca doverti lavare nel bagno di servizio, la doccia, puoi venirla a fare nel mio bagno, che è più ampio più comodo Eh? (Elio non risponde, subito corrucciato) Che ne dici? (gli passa una mano tra i capelli. Elio ha una brusca reazione) Che ti prende, bel tenebroso?

Elio                                  - (si è alzato e cammina avanti e indietro per la stanza, poi si ferma ed affrontandola, serio) Non si è mai domandata perché, dieci giorni fa, ho suonato alla sua porta?

Edda                                - (buttandola sullo scherzo) Per entrare, immagino.

Elio                                  - volevo conoscerla, e quando mi ha invitato a restare, quasi non ci credevo.

Edda                                - Lo immagino.

Elio                                  - Volevo solo vederla ed andarmene.

Edda                                - (comincia ad essere curiosa) Perché? (Elio la guarda e non risponde) Non me lo vuoi spiegare?

Elio                                  - Prima, ancora un po’ di whisky (Edda lo guarda un poco inquieta e gli dà le chiavi del bar. Elio apre il bar e versa del whisky in due bicchieri) Ne verso anche a lei. Ne avrà bisogno.

Edda                                - Perché? Cosa devi dirmi? (Elio le porge il bicchiere) che eri venuto qui per assassinarmi?

Elio                                  - No! (le restituisce le chiavi, beve d’un sorso il whisky)

Edda                                - E allora?

Elio                                  - (deciso) Sono venuto per conoscere mia madre!

Edda                                - (la risposta l’ha fulminata. Cerca di controllarsi e di resistere) Che idea

Elio                                  - Mia madre è lei.

Edda                                - (in fretta, prendendo tempo e cercando di difendersi) Ho avuto un bambino a quindici anni ed è morto pochi giorni dopo.

Elio                                  - Poi ha avuto un altro figlio. (scandendo) Ventitre anni fa.

Edda                                - (perdendo un poco della sua sicurezza) Ventitre anni fa ero in India, ospite del maharajà.

Elio                                  - Ci sarà andata dopo. Prima era entrata in una clinica di maternità. Ed ha partorito un bambino sano, di sesso maschile, dal peso di tre chili e centottanta grammi. (con sarcasmo) Quel bambino sono io. Ventitre anni dopo.

Edda                                - (quasi crollando, beve il whisky, poi) Lo dici come fosse vero.

Elio                                  - Posso provarglielo.

Edda                                - Saprò meglio di te cosa ho fatto nella mia vita.

Elio                                  - A volte fa comodo un’amnesia. (preciso) Sono nato il 12 marzo di 23 anni fa, a mezzogiorno. E sono stato affidato al brefotrofio ventiquattr’ore dopo. All’anagrafe sono stato denunciato come figlio di madre che non volle essere nominata e di padre sconosciuto.

Edda                                - (secca, energica, cercando di passare al contrattacco) Allora cosa vuoi da me?

Elio                                  - Come segno di riconoscimento, mi è stato messo al collo un filo d’oro, con una medaglietta. (si sfila dal collo una catenina e gliela dà) Sul retro della medaglietta è scritta una data con le sue iniziali. Deve essersi lasciata prendere dal sentimento.

Edda                                - (amara) Già. (gli restituisce la catenina)

Elio                                  - (ironico) Ricorda ora?

Edda                                - Vagamente. (scola il bicchiere, quasi vuoto. Va al bar e si serve del whisky) Stasera ci vuole! (lunghissima pausa. Beve. Poi) Cosa sei venuto a fare? A ricattarmi?

Elio                                  - No, mamma.

Edda                                - (urtata) Non chiamarmi così.

Elio                                  - (continuando col suo tono sarcastico) Come devo chiamarti?

Edda                                - (dura) Cosa vuoi? Soldi?

Elio                                  - No!

Edda                                - E, allora, perché diavolo sei qui?

Elio                                  - Per vedere la tua faccia.

Edda                                - Adesso l’hai vista. Soddisfatto?

Elio                                  - Sì. Non ci rassomigliamo.

Edda                                - (dura) E perché dovremmo rassomigliarci?

Elio                                  - Per via del sangue.

Edda                                - (con forza) A me il sangue lo hanno cambiato appena sei nato tu.

Elio                                  - Questo spiega tutto.

Edda                                - Perché non mi hai detto subito chi eri?

Elio                                  - Ho voluto approfondire un poco la nostra conoscenza, visto che mi hai accolto così generosamente.

Edda                                - Ti ho accolto come come (si ferma)

Elio                                  - come un figlio. O quasi. Perché non ti è passato per la testa che lo fossi. (pausa) Non ti è mai venuto in mente che noi due potessimo incontrarci?

Edda                                - (dura) No!

Elio                                  - Partorito e dimenticato.

Edda                                - Già.

Elio                                  - Ma quando sono nato

Edda                                - Non ho nemmeno voluto vederti. Me lo ero imposta.

Elio                                  - Eppure, era dentro di te che mi ero formato.

Edda                                - A tradimento.

Elio                                  - Ammettiamolo. Ma dopo. Dopo mi hai accettato.

Edda                                - Cos’altro potevo fare?

Elio                                  - un angioletto!

Edda                                - (con fondo di sincerità) Quando avrei voluto farlo, era troppo tardi.

Elio                                  - Meglio mettermi al mondo e abbandonarmi al mio destino.

Edda                                - Il brefotrofio esiste per questo.

Elio                                  - E non ricordi nulla di me!?

Edda                                - Soltanto che ho avuto una buona gravidanza. Senza mai un vomito, senza mai uno svenimento. A sette mesi ancora nessuno si era accorto del mio stato. E nemmeno dopo. Anche perché c’era una moda, che sembrava fatta apposta per le donne incinte. Vestiti dritti ampi senza vita Una moda che a me stava molto bene.

Elio                                  - E il parto è stato facile?

Edda                                - Un medico di prim’ordine: alto, biondo, con degli occhi color cenere. Tre giorni dopo ero a casa. Una settimana dopo partivo.

Elio                                  - (con la solita ironia) Non ti ho fatto soffrire a venire al mondo, non ti ho dato noie dopo, un figlio modello! (pausa) Ancora una domanda. Sei in grado di dirmi chi è mio padre?

Edda                                - (decisa) No!

Elio                                  - Possibile?

Edda                                - Il periodo precedente alla tua nascita, sentimentalmente parlando, è stato piuttosto movimentato.

Elio                                  - Ma ti sarai preoccupata di capire di chi potevo essere figlio

Edda                                - (sfuggendo il suo sguardo, frivola) Pensavo che fossi figlio di un barone viennese, morto pochi giorni dopo in una corsa automobilistica o di un capitano svedese, imbarcato su di una petroliera siriana. Sbagliavo. Non assomigli né al primo né al secondo.

Elio                                  - Guardami bene. Non ti ricordo nessuno?

Edda                                - Rassomigli a qualcuno che conosco, ma così, su due piedi, non saprei dire a chi.

Elio                                  - Fai uno sforzo.

Edda                                - (troncando) Inutile. Non ricordo.

Elio                                  - In questi dieci giorni che mi hai avuto sotto gli occhi, non ti ho ricordato nessuno degli uomini che hai conosciuto allora?

Edda                                - No! (beve un po’ di whisky)

Elio                                  - (siede vicino a lei, versa dell’altro whisky nel bicchiere suo e in quello di Edda) Perché non cerchiamo insieme? Non vuoi che ti aiuti?

Edda                                - (lo guarda con sorpresa) Tu? E come?

Elio                                  - Posso elencare gli uomini di cui mi hai parlato. Il maharajà, per esempio

Edda                                - (rapida) L’ho conosciuto dopo.

Elio                                  - (sempre con la solita ironia) Edgar il ministro della guerra

Edda                                - L’ho conosciuto prima.

Elio                                  - Il miliardario delle rose. Può averti mandato milioni di rose ed averti lasciato una spina. (indica se stesso)

Edda                                - L’ho incontrato in un altro periodo

Elio                                  - Non sarò figlio di quello andato a finire dentro la tigre? (indica la pelle di tigre)

Edda                                - Ramon è stato un amore di gioventù.

Elio                                  - (respiro di sollievo) Perciò non posso essere figlio nemmeno del petroliere?

Edda                                - (diffidente) Quale petroliere?

Elio                                  - Quello che è stato reso vedovo dai coccodrilli (Edda scuote il capo. Elio indica il quadro) Forse del pittore? Ho tendenze artistiche

Edda                                - Era pederasta.

Elio                                  - (verso il quadro) Scusi. (a Edda) Non credo di essere figlio del musicista negro, che voleva portarti in California E nemmeno del sultano che ti voleva nel suo harem. Ma forse del torero, che si è fatto incornare quando tu lo hai lasciato Cerca di fare uno sforzo di memoria

Edda                                - (capisce di essere presa in giro, ma si domina. Con una certa dolcezza decisa) Sono passati ventitrè anni, Elio

Elio                                  - Ma è possibile, che tu ricordi tante cose e non chi è il padre di tuo figlio?

Edda                                - Sai che creature fragili siamo noi donne Gli uomini entrano ed escono dalla nostra vita, senza che a volte, nemmeno facciamo caso Sai anche tu come succede. Una notte di luna un valzer una bottiglia di champagne E al mattino cosa ti resta? Dei lividi. I lividi sono l’unica cosa che ti resta di una notte d’amore. (con rabbia improvvisa) Ma c’era proprio bisogno di tirar fuori questa storia?

Elio                                  - (calmo e freddo) Sono stato obbligato a chiarire i nostri rapporti, prima che tu cercassi di trasformarli in altri Capisci?

Edda                                - Avresti almeno potuto dirmelo con un poco più di riguardo con un po’ più di cortesia con la sensibilità che ho E, poi, non sono più giovane il mio cuore è stanco ogni minima emozione è pericolosa Figurati un’emozione come questa

Elio                                  - Siamo sinceri, non è che ti abbia sconvolto poi molto

Edda                                - Ma sei stato di una brutalità Non hai avuto la minima preoccupazione per la mia salute. In fondo, con te sono stata piena di premure

Elio                                  - Perché non immaginavi

Edda                                - (scatta come una vipera) Certo che non immaginavo. Non riesco ancora a crederlo

Elio                                  - Perché per me non senti nulla

Edda                                - E cosa vuoi che senta?

Elio                                  - Nulla, lo so.

Edda                                - (rimontando) Ma cosa pretendi? Che scoppi a piangere, che ti butti le braccia al collo, che ti dica singhiozzando che ti voglio bene? Non so fingere. E, poi, tutta questa storia è così assurda imprevedibile. Mi ero quasi dimenticata di averti messo al mondo. Ora, all’improvviso, ti trovo davanti a me, grande, grosso, con due piedi lunghi così Devo ancora realizzare, capisci? Dammi un po’ di tempo. Non forzare le cose. Vediamo che effetto mi fa.

Elio                                  - (cinico) Credi che ne valga la pena?

Edda                                - Prova.

Elio                                  - (ironico) Mamma?

Edda                                - (reagendo) Non così, andiamo. Con un po’ più di tenerezza

Elio                                  - (secco) Non so fingere. Nemmeno io. (pausa) Possibile che non sappia dirmi chi è mio padre?

Edda                                - (ferma) Non lo so.

Elio                                  - E mi hai messo al mondo così, senza nemmeno preoccuparti di sapere

Edda                                - Cosa ti serve sapere di chi sei figlio? Per l’importanza che ha, credimi Che tuo padre si chiami Giacomo, o Nicola Elio o Alfredo.

Edda                                - (colpita) Come hai detto?

Elio                                  - Alfredo. Un nome come un altro. Non ti ricorda nulla questo nome?

Edda                                - (il nome di Alfredo l’ha come fulminata. Ma non vuole che Elio se ne accorga. Perciò frivola, cantando con un fil di voce) Alfredo, Alfredo di questo cuore . (poi, affrontandolo decisa) Parla, avanti! Da chi l’hai saputo?

Elio                                  - Dall’interessato.

Edda                                - Da Alfredo? Allora conosci tuo padre?

Elio                                  - Lo conoscevo. (con dolore) È morto.

Edda                                - Non era vecchio.

Elio                                  - La tua età.

Edda                                - Appunto. Com’è morto?

Elio                                  - Di un brutto male.

Edda                                - Trovamene uno bello, di male. (pausa. Si raccoglie a pensare, poi) Come lo hai scoperto?

Elio                                  - Veramente è stato lui a scoprire me. Quando avevo sedici anni mi ha rintracciato. Ero stato affidato a una famiglia di povera gente.

Edda                                - E ti ha riconosciuto?

Elio                                  - Mi ha portato a vivere a casa sua. Aveva una camera, una specie di buco, dietro il laboratorio di falegname dove lavorava.

Edda                                - (chiude per un attimo gli occhi) La conosco. (pausa) Come ha saputo di te?

Elio                                  - Non me lo ha detto.

Edda                                - Ed è morto

Elio                                  - Sei mesi fa (dopo una pausa) Era un brav’uomo. Onesto

Edda                                - Troppo!

Elio                                  - tranquillo mansueto Se non gli fosse venuto il vizio del bere

Edda                                - (con violenza) Lo ha sempre avuto, quel vizio. Sempre. E quando era ubriaco non ragionava più gli prendevano le sue crisi di malinconia piangeva voleva ammazzarsi La vita diventava un inferno. Mi ricordo quella stanza come un incubo: buia senz’aria quell’odore dolciastro dei trucioli di colla.. E la miseria. La fame

Elio                                  - Era sfiduciato triste Tutto gli era andato male. Ma io gli sono stato grato per quello che mi ha dato

Edda                                - Cosa ti ha dato? La sua miseria!

Elio                                  - il suo nome.

Edda                                - Per l’importanza che può avere

Elio                                  - Per un ragazzo come ero io, allora, voleva dire molto.

Edda                                - (alza le spalle) Sentimentalismi! Sentimentalismi che ti ha insegnato lui. Un idealista! Un sognatore! Uno stupido! Uno di quelli che quando la Patria lo chiamava per andare in guerra, partiva fiero, contento, con la barba fatta e cantando (con violenza) Ma se lo sapevi, chi era tuo padre, perché continuavi a domandarmelo?

Elio                                  - Volevo sapere se te ne ricordavi tu.

Edda                                - Come mi hai detto che eri mio figlio, me lo sono visto davanti quel morto di fame con quella sua faccia da vittima le mani dure la camicia bianca della festa e tutti quei giorni di miseria e di disperazione, che abbiamo vissuto insieme. Il periodo peggiore della mia vita e io avevo fatto di tutto per dimenticarlo. Credevo di esserci riuscita. Invece come se lo avessi vissuto ieri. (non pare più la stessa donna. Se ne accorge e cerca quasi subito di reagire) Sì, gli somigli. Lo sguardo la statura.. Ma tu sei più distinto. La distinzione l’hai presa da me. Però anche tuo padre era un bell’uomo: alto grosso Quando uscivamo insieme (con violenza) Ma perché vuoi farmi ricordare queste cose?

Elio                                  - (dopo una pausa, con sarcasmo) E com’è che tu, che hai conosciuto principi e miliardari, per mettermi al mondo, hai scelto proprio un falegname?

Edda                                - Anche San Giuseppe faceva il falegname

Elio                                  - Perché non gli hai detto che aspettavi un figlio?

Edda                                - Avrebbe fatto l’inferno per sposarmi. E se gli avessi dato quel pretesto, non mi sarei più liberata di lui. Era uno spiantato, ma aveva il senso della famiglia. Avevo ben altri ideali

Elio                                  - (sarcastico) Già! Principi miliardari toreri maharajà

Edda                                - (con forza) Volevo quello che era giusto che una donna come me dovesse avere

Elio                                  - E così tu, per metterti a sognare, mi hai buttato in un brefotrofio

Edda                                - Non ti volevo.

Elio                                  - E ti sei sbarazzata di me senza un rimorso?

Edda                                - (sincera, dolorosa) Il mio primo figlio l’ho avuto da ragazzina. Lo desideravo e mi è morto. Quando aspettavo te, ero una donna fatta. Capivo quello che allora ero troppo giovane per capire. Avevo dei ricordi che mi bruciavano.

Elio                                  - Ricordi di chi? Di mio padre?

Edda                                - Ricordi miei, solo miei, della mia infanzia. Pensavo a mia madre

Elio                                  - (riprendendola in giro) La contessa?

Edda                                - Mi sono sempre vergognata di lei (con rabbia) Perché avrei dovuto scannarmi anch’io, come lei, per un figlio, che, crescendo, si sarebbe vergognato di me?

Elio                                  - Già, perché così, invece, credi che non mi vergogni di te?

Edda                                - Cosa vuoi che me ne importi? Per lo meno io non ho fatto i sacrifici che ha fatto per me mia madre

Elio                                  - la contessa. (la guarda. Edda evita il suo sguardo) Bella famiglia la nostra. Ora capisco gli incroci di razza di cui parlavi. È commovente ritrovare le proprie radici.

Edda                                - (lo guarda con risentimento) Mi ero messa la corazza, io. Due dita di acciaio qui, sul cuore. Avevo deciso di farla finita di soffrire. Volevo dimenticare la miseria, le umiliazioni, tutto quello che mi faceva male ricordare. Finalmente ero riuscita a costruirmi una vita come piaceva a me, fatta soltanto di ricordi tranquilli sereni (aggredendolo) Perché hai rovinato tutto? Sarebbe bastato che te ne fossi stato zitto, accontentandoti di quello che eri riuscito ad avere da me. Invece no. Butti la bomba, poi, con le mani in tasca e gli occhi torvi, mi fai il processo. Perché: spiegamelo, carogna!

Elio                                  - Mammina adorata: credi forse che la mia vita sia cominciata solo dieci giorni fa, quando sono entrato in casa tua? Che prima non abbia sofferto Da quando ho cominciato a ragionare non ho pensato ad altro che a maledire il mondo. Per questo sono cresciuto male storto infelice E ho adorato mio padre, con tutti i suoi difetti, con tutta la sua tristezza, con tutta la sua miseria Ma a te non interessa. Non te ne importa niente della mia vita. Ti preoccupi della tua. E pensi sia venuto qui solo per disturbare la tua pace, non è così. (aggressivo) Ma dimmi un po’: è la tua pace o la tua coscienza che disturbo?

Edda                                - (granitica) La mia coscienza è tranquilla.

Elio                                  - Già. Ti sei corazzata anche quella.

Edda                                - Ho dovuto. Altrimenti, a quest’ora, sarei già crepata.

Elio                                  - Peccato che non l’abbia fatto. È meglio averla sottoterra una madre come te.

Edda                                - (fa gli scongiuri) Sottoterra ci andrò quando sarà il mio momento. E tu non avrai nemmeno la noia di piangere dietro il mio funerale. (Elio la guarda con odio. Lunghissima pausa. Cammina avanti e indietro. Poi si mette a sedere, si versa del whisky, beve. Incontra gli occhi di Edda) Perché mi guardi così? (innocente) Arrivati a questo punto, le cose, bisogna dirsele. Almeno per liberarsi. (silenzio) Rispondi dì qualcosa (silenzio. Con rabbia) E parla! Visto che sei mio figlio, raccontami di te. (Elio affronta il suo sguardo, duro, senza parlare, fissandola con odio) Come uomo niente male, hai tutte le carte in regola. Bello, alto, robusto Però non hai un mestiere. Non hai mai lavorato In prigione non ci sei ancora stato?

Elio                                  - No!

Edda                                - Continua così e ci finirai.

Elio                                  - (con sarcasmo) Te lo farò sapere. Chissà che con tutte le conoscenze che hai, non riesca a tirarmi fuori. Una donna come te, figlia di una contessa e di un ambasciatore, sedotta da un granduca, amante di principi, di ministri, di miliardari, di maharajà e di chissà quanti illustri personaggi della politica, della finanza, della cultura e dell’arte

Edda                                - (dura) Smettila! Non mi diverti.

Elio                                  - La vita che hai fatto, a me non interessa. Io, ti giudico unicamente per il male che hai fatto a me

Edda                                - Non drammatizzare. Il brefotrofio non ha mai rovinato la vita a nessuno!

Elio                                  - (quasi divertito) No?

Edda                                - Il brefotrofio rafforza il carattere, insegna ad affrontare meglio la vita Il mio miliardario americano, per esempio, era un trovatello

Elio                                  - Anche lui?

Edda                                - quando è nato, l’avevano affidato a un brefotrofio. Ma questo non gli ha impedito di far fortuna. Ed ha cominciato presto, da ragazzo, andando in giro per le strade a raccogliere i tappi della birra. Poco per volta, si è fatto tanti di quei miliardi

Elio                                  - Coi tappi della birra?

Elio                                  - (senza raccogliere) si è fatto tanti di quei miliardi, che quando gliene è venuta la voglia, si è procurato anche una bella coppia di genitori: un padre senatore, dritto come un fuso, e una madre dell’alta società, di Boston, con una testa di capelli bianchi che faceva tenerezza. Li ha fatti sposare e ha dato anche una bella dote alla madre. Ma tu sei fatto di un’altra pasta. Tuo padre sputato! (pausa) Dimmi, cosa ti ha raccontato di me?

Elio                                  - Chi?

Edda                                - Lui, Alfredo. Immagino cosa sarà uscito da quella bocca, specie se aveva bevuto

Elio                                  - Sei stata l’unica donna della sua vita, che ha amato. E prima di morire si è fatto promettere di cercarti. Ecco perché sono qui! E, ora, capisco, che lui, pover’uomo, non si è mai reso conto di quello che sei tu veramente

Edda                                - (con sarcasmo) Invece tu lo hai capito?

Elio                                  - Sì. Sei una donna di cui bisogna avere paura

Edda                                - (con aria innocente) Non ho mai fatto del male a nessuno (dolorosa) Sono sempre stati gli altri a fare del male a me.

Elio                                  - (ironico) Sei una vittima, allora.

Edda                                - Nella vita lo siamo tutti.

Elio                                  - Tu e mio padre, insieme, in un modo o nell’altro, avreste potuto farvi una vita

Edda                                - Bella vita! In un buco di stanza, un figlio dietro l’altro, la miseria

Elio                                  - Ma, almeno, sarebbe stata una vita vera. E non avresti avuto bisogno da vecchia, di inventare dei ricordi falsi, per difenderti dagli altri, quelli veri, che ti tormentano e ti fanno male

Edda                                - (violenta) Lasciami stare, Elio

Elio                                  - (accanendosi) E in questi tuoi ricordi ci vivi dentro beata e ti compri anche l’uditorio che ti stia a sentire Le racconti bene, le tue storie, non c’è che dire: il povero Ramon divorato dalla tigre il maharajà che ti copriva di perle il torero impazzito d’amore il poeta che ti dedicava i suoi versi e i principi i miliardari i ministri Ma lo fai solo per mascherare lo squallore della vita che hai avuto. In tutto quello che racconti, non c’è una parola di vero.

Edda                                - (disperata, come per salvare qualcosa) Prima che tu nascessi, sono vissuta nella miseria, questo è vero. Ma dopo dopo no. Dopo che sei nato tu mi sono rifatta.

Elio                                  - (divertito e ironico) Partorirmi ti ha portato fortuna, allora

Edda                                - Ho avuto quello che sognavo il mondo, finalmente, si è accorto della mia bellezza. Perché ero bella così bella È bastato che una sera mi facessi vedere in un caffè del centro, vestita come so vestirmi io un abito azzurro un grande cappello di paglia un levriero russo al guinzaglio

Elio                                  - (ironico) Immagino cosa sarà successo Traffico bloccato intervento della polizia un generale che si è sparato dopo averti vista adolescenti che si sono arruolati nella Legione Straniera per dimenticare il fuoco dei tuoi occhi Entro anch’io nel giuoco vedi?

Edda                                - Ho avuto veramente tutto quello che sognavo. Amore lusso successo Sono ricca. Non mi manca nulla. Questo appartamento è mio mobili tappeti argenteria Per non parlare dei gioielli. Questo smeraldo, per esempio, non ha prezzo. (gli fa vedere l’anello che porta al dito) Me lo ha regalato il maharajà, quando sono stata da lui, in India. È venuto a ricevermi su di un elefante bianco, e dopo avermi baciata la mano, mi ha infilato al dito questo anello

Elio                                  - (guarda l’anello) L’elefante sarà stato vero ma lo smeraldo no. È falso.

Edda                                - (ritira la mano di scatto) Sei pazzo? Cosa dici?

Elio                                  - Ho lavorato da un orefice. Me ne intendo

Edda                                - Ma come puoi intendertene!? Gioielli falsi a una donna come me? Ti porterò in banca: ti farò vedere i miei rubini i miei zaffiri i miei brillanti

Elio                                  - Falsi. Tutti falsi come i tuoi ricordi come la vita che ti sei inventata. Solo il vecchio, che ti eri presa in casa, poteva ascoltarti senza riderti in faccia. Era sordo.

Edda                                - (quasi distrutta, le mancano quasi le parole, in un crescendo da crisi isterica) Lo dici perché mi odi perché ti sei messo in testa di distruggere la mia vita Ma stai attento

Elio                                  - So tutto di te, sulla tua vita Anche delle notti passate in guardina, dopo le retate Questo appartamento te lo ha lasciato un vecchio col quale vivevi. I figli ti hanno fatto causa, ma non sono riusciti a portartelo via. Era un brutto vecchio sporco malandato, ma tu ti sei messa lo stesso con lui, anche se ti picchiava

Edda                                - Non è vero!... Non è vero!

Elio                                  - Una volta ti ha mandato anche all’ospedale. Ma tu hai tenuto duro, non lo hai mollato. Sfido, era la tua sola speranza

Edda                                - (urlando) Bugiardo! Bugiardo! Vattene via! Non voglio più sentirti (pesta i piedi per terra) Cosa vuoi da me? Vattene! Vattene! (Elio la guarda con sarcasmo) Tu non puoi sapere cos’è stata la mia vita La mia vita è stata meravigliosa!... Avrebbe potuto esserlo. Invece Eppure ero bella La pelle luminosa come un petalo di magnolia gli occhi splendenti un corpo perfetto (indica il quadro) Più bella ancora di come mi ha dipinta lui, che le donne, non le sentiva (Elio guarda il quadro e scoppia a ridere) Perché ridi?

Elio                                  - Chissà chi era quella che ha posato per il quadro

Edda                                - (disperatamente) Io io, trent’anni fa

Elio                                  - Non è vero.

Edda                                - Non mi credi?

Elio                                  - (tira fuori delle fotografie dalla tasca e gliele dà) Tu eri così. Né brutta, né bella. Una donna qualunque.

Edda                                - (guarda le fotografie) Questa non sono io non sono io

Elio                                  - Me le ha date mio padre. Non le vuoi per ricordo?

Edda                                - (scuote il capo, distrutta. Elio insiste. Prende le fotografie, siede sul divano. Lunga pausa. Poi strappa le fotografie. Ne butta in aria manciate di pezzi e dolorosamente) Farfalle farfalle (dopo una pausa) Il maharajà l’ho conosciuto davvero, ma una ragazza, più giovane di me, me lo ha portato via E un principe l’ho conosciuto era piccolo, zoppo, col fiato pesante non l’ho voluto. Solo dopo ho saputo che era un principe E, una sera, c’era un uomo che mi guardava mi guardava ma io ero stanca, avevo sonno, sono andata a dormire. Il giorno dopo ho visto la sua foto su di un giornale: era il re del petrolio. Tutti quegli uomini, che mi hanno presa, che mi hanno lasciata, chi erano? Pensi che tra loro non ci sia stato un torero, un ministro, un artista? Che colpa ho se non ho avuto fortuna? Alla fine mi sono attaccata dove ho potuto. Sì, qualcosa ho salvato, ma a che cosa mi serve? Sono sola. Sola, con dietro di me una vita che avrebbe potuto essere meravigliosa, ma non lo è stata Si fa in fretta a giudicare.

Elio                                  - (duro) Le altre donne, si rifugiano nella maternità

Edda                                - (sincera) E che colpa ho se non l’ho sentita? Cerca di capirmi, Elio (si avvicina a lui, tenta una carezza. Elio si ritrae) A che serve sbranarsi? (Elio si alza e si allontana. Edda capisce che Elio è la sua unica risorsa, se lui se ne va, resterà semplicemente sola. Cerca di conquistarselo con un aperto giuoco di seduzione) Sì, rassomigli a tuo padre, ma sei molto meglio. Più fine più civile E parli bene. Come se avessi studiato. Com’è che parli così bene? Da chi hai preso? Da me non di certo e neppure da tuo padre

Elio                                  - Avrò preso da mia nonna contessa o mio nonno ambasciatore.

Edda                                - Accettami come sono, Elio. Prova a guardarmi per un attimo senza odio. (pausa) Sei bello, sai? Con quel tuo sguardo da pirata, chissà come piaci alle donne. Hai un’aria dura, da uomo vissuto. Ma non sei quello che vorresti far credere. Sei un ragazzo solo che ha bisogno di affetto

Elio                                  - Non del tuo. (pausa) Credo che ci siamo detti tutto. Ora possiamo lasciarci.

Edda                                - (subito fermandolo) Vorresti andartene? E dove?

Elio                                  - A te cosa importa?

Edda                                - Il mondo è duro e cattivo, Elio. Tu sei solo. Resta con me (silenzio) Ti farò una camera per te: grande, bianca, con un letto rotondo o un letto a cuore

Elio                                  - (sarcastico) Il cuore della mamma

Edda                                - Ti offro una mano e tu me la mordi Perché mi odi?

Elio                                  - Tu mi ami?

Edda                                - Non andartene. Non lasciarmi sola. Ti comprerò una macchina grande, rossa Mi porterai al mare. A me fa bene l’aria di mare

Elio                                  - Prenditi un autista. Lo paghi e ti porta dove vuoi.

Edda                                - Andremo in India nelle Antille nelle Hawaii Dev’essere bello: le indigene che danzano, le collane di fiori Vedrai che bella vita faremo assieme

Elio                                  - (duro) A me non piace sognare!

Edda                                - Chiudo gli occhi e ricordo il giorno in cui sei nato. Come fosse ieri. Dopo il parto, mi sono guardata allo specchio: pallida gli occhi luminosi m’avevano legato i capelli con un nastro celeste

Elio                                  - Ed è il solo ricordo che hai di quel giorno?

Edda                                - (sempre più umile, sempre più spenta) Quando sei nato, non avevo salute. Ero debole malata La mia vita era dura. Sempre in giro, da una città all’altra, senza una casa. Con me avresti soltanto sofferto

Elio                                  - Ma cosa ti succede? Perché queste bugie? Preferivo le altre, che erano allegre fantasiose divertenti C’era, almeno, dell’umorismo in quello che dicevi Ti fa così paura, adesso, restar sola?

Edda                                - Ho bisogno di te. Sei mio figlio

Elio                                  - No. Mia madre è morta quando sono nato. Così mi hanno sempre detto da bambino. Era vero.

Edda                                - (visto fallito il suo tentativo di seduzione, si rivolta, aspra, violenta e con tutta la sua collera) Vattene, allora! Sarebbe stato meglio che non ci fossimo mai incontrati. Sei un egoista un mostro un ingrato!

Elio                                  - (batte le mani divertito) Brava! Tira fuori le unghie, rimettiti ad urlare Torna ad essere quella che sei, quella che sei sempre stata

Edda                                - Perché sei venuto? Perché sei venuto?

Elio                                  - Per vendicarmi di quello che ho patito io, di quello che ha patito mio padre per rovinare questi quattro giorni che ti restano ancora da vivere

Edda                                - Tu non hai rovinato nulla. Come sarai uscito di qui, mi sarò dimenticata completamente di te

Elio                                  - Non potrai. I bei ricordi che hai inventato per mascherare lo squallore della tua vita, te li ho distrutti io. Perché io ci sarò dentro perché io rappresento la tua realtà

Edda                                - Tu non esisti. Non sei mai esistito. Non sei mai nato. Non ti ho mai conosciuto. Vattene! Vattene via!

Elio                                  - Brava! Questo è il giusto commiato. (la guarda ancora, poi, dopo una pausa intensa sparisce dietro l’arco)

Edda                                - (rimasta sola, si stringe la testa tra le mani, i nervi a pezzi) Foca? Foca? Foca? (non si accorge che Foca è già entrata all’uscita di Elio e sta in disparte guardandola)

Foca                                 - Desidera, signora?

Edda                                - (un attimo. Non sa cosa dire, poi) Cosa fanno i gatti?

Foca                                 - Giocano sul terrazzo. Li vuole qui?

Edda                                - (nervosa, sconnessa) No. Lasciali dove sono. Ne compreremo altri. Cani, gatti tengono compagnia. Anche degli uccelli. Ma solo maschi. I maschi cantano. Le femmine sono stupide. Non sanno che fare uova.

Foca                                 - Così vuole la natura.

Edda                                - (quasi urlando) Non è un destino allegro nascere femmina, lo capisci o no? Dammi le gocce per il cuore.

Elio                                  - (con addosso l’impermeabile e la lunga sciarpa che indossava all’inizio, si inquadra sotto l’arco. Nessuno lo ha visto. In mano ha il pullover, che indossava nella scena precedente. A Edda) Prendi!

Edda                                - (ha un soprassalto. Si volta di scatto) Cos’è?

Elio                                  - (le butta il pullover appallottolato) Il calore del seno.

Edda                                - Ma è cachemire (Elio esce sbattendo la porta. Edda stringe tra le mani il pullover, lo annusa, se lo passa sulle guance) Se ne è andato. Mio figlio se ne è andato Tu non sai quanto mi ha fatto soffrire. Ho dato tutto a quel ragazzo. Sono stata la madre più dolce, più tenera, più affettuosa E che cosa ho avuto in cambio? Solo rancore ingratitudine odio È la pena più grande più segreta più dolorosa la pena di una madre (ha parlato quasi istintivamente e ora capisce che anche dall’incontro col figlio è nata la possibilità di crearsi e di inventare nuovi straordinari ricordi. Si rinfranca.) Ricordo quando è nato la sua grande culla di pizzo celeste e di veli, adorna di cento campanellini d’argento con una coperta candida d’ermellino. Non aveva ancora un mese quando hanno tentato di rapirmelo Suo padre, il maharajà. Ma io non ho voluto perderlo e l’ho difeso come una leonessa. Era mio, capisci? La notte non dormivo, se lui dava un colpo di tosse lasciavo i balli le feste i ricevimenti per passare le notti, vicino a lui La mia casa era piena di giocattoli trombe d’argento palle trenini  pupazzi meravigliosi Gli ho dato tutto quello che un bambino può sognare Ma lui non mi ha voluto bene Fin da piccolo mi guardava ostile e nei suoi grandi occhi innocenti per me non c’era amore . (sospira) E, quando, crescendo, ha saputo che suo padre, il maharajà, era stato assassinato, voleva andarlo a vendicare Se ne è andato di casa Dieci giorni fa, quando ha suonato alla porta, mi sono sentita impazzire dalla consolazione L’ho stretto tra le braccia  l’ho lavato l’ho vestito come se avessi ritrovato il mio bambino (scoppia a piangere. Ha trovato il modo di commuoversi) Anche se capivo che la mia felicità non avrebbe potuto durare a lungo E ora, se ne è andato per sempre se ne è andato in India e non tornerà mai più da me Morirò senza rivederlo. Ormai, sono sola, Foca non ho che te Restami vicino Non lasciarmi

Foca                                 - (l’ha ascoltata, impassibile, senza alcuna emozione raccattando i pezzi delle fotografie sparsi sul pavimento) Ora si calmi, signora la smetta! (Edda la guarda stupita dal tono duro) Ero sicura che se ne sarebbe andato

Edda                                - Perché Tu sapevi?

Foca                                 - Il signor Elio mi ha raccontato tutto

Edda                                - (la guarda terrorizzata) Tutto!? Tutto che cosa!?

Foca                                 - (rapida, astuta) Tutto quello che mi ha raccontato lei, signora. (Edda la guarda senza fiato) Stia calma, signora. Cerchi di non pensare a nulla Lasci fare a me (le prepara le gocce in un bicchiere. Senza farsi vedere da lei, esagera la dose delle gocce)

Edda                                - (perplessa, non riesce a capire dove Foca vuole arrivare) Grazie, Foca. Non dovrai pentirtene. (per conquistarla) Quando muoio, tutti i gioielli che ho, saranno tuoi (Foca la guarda senza reagire, indifferente) Valgono un patrimonio

Foca                                 - (impassibile) Si sdrai (l’aiuta a sdraiarsi) si metta comoda I suoi gioielli sono della famiglia. Appartengono a suo figlio. Non si preoccupi per me. Il mio solo desiderio è quello di vederla tranquilla serena Non in questo stato

Edda                                - (la guarda quasi spaventata) Ma come ti ricompenserò?

Foca                                 - Troveremo il modo per metterci d’accordo. Non ci pensi ora (le porge il bicchiere)

Edda                                - (pratica) Metterci d’accordo come? (prende il bicchiere)

Foca                                 - Lei ha bisogno di avere vicino una persona come me, che ormai la conosce Cercheremo qualcuno che venga ad aiutarmi per le faccende di casa così io mi stancherò di meno potrò dedicarmi a lei tenerle compagnia, la notte, quando lei non può dormire Così lei parlerà con me mi racconterà le storie meravigliose della sua vita io potrò imparare molto, restando ad ascoltarla

Edda                                - (ancora non è convinta, diffidente) Davvero, Foca? Dici davvero?

Foca                                 - (arrivando alla conclusione, secca) Lei non ha che me, ormai. Non può contare che su di me.

Edda                                - (cercando di vederci chiaro) Ma cosa potrò mai fare io per te?

Foca                                 - Se lei proprio vuole dimostrarmi, in qualche modo, la sua riconoscenza per quel poco che faccio per lei mi intesti il suo appartamento (Edda la guarda, ormai ha capito) Così mi aiuterà a vivere, quando lei non ci sarà più. Avrò cura di tutto. Conserverò ogni suo ricordo Ogni cosa resterà come l’ha lasciata lei. Non voglio altro. Solo l’appartamento. Mi intesti l’appartamento. Ora beva!

Edda                                - (non ha altra via d’uscita. Sa che non può ribellarsi e che, ormai, deve cedere a Foca) Sì, Focaccia sì (beve la medicina che Foca le ha preparato e ridà il bicchiere a Foca)

Foca                                 - E, adesso riposi Non pensi più all’ingratitudine di suo figlio non pensi più a nulla. (prende il plaid, la copre, le mette un cuscino sotto la testa. Spegne una lampada) Riposi 42

Edda                                - Non poteva amarmi, aveva preso da suo padre. Era un indù. Sognava solo la sua terra: l’India.

Foca                                 - (accucciandosi vicino a lei) Chiuda gli occhi, ora. Così. Vedrà che dormirà. Ora dormirà. (cala il sipario)

FINE