Fine dell’alibi

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FINE DELL’ALIBI

Dramma in tre atti

di Dario G. Martini

                                   

PERSONAGGI

EVE SHEFFIELD

SID CARREL

BEL SHEFFIELD (sorella di Eve)

ED HICKMAN (sorella di Eve)

CHARLES LOVING

JOSIE HARDER

MIKE ROCHE

Commedia formattata da

 La scena è unica per i tre atti, ed è costituita da un vasto locale a pianterreno nella casa di cam­pagna di Ève Sheffield, alla periferia di un villag­gio tra le colline. L'ambiente è adibito a funzioni di « soggiorno ». Due grandi finestre, nella parete di fondo, gli danno luce, lasciando scorgere l'incom­bere di una foresta. L'ingresso è a destra. Un'altra porta, a sinistra, conduce alla cucina. Sempre a sinistra, una scala elicoidale sale ai piani superiori. Al centro un tavolo, con alcune sedie. A destra, late­ralmente alla porta d'ingresso, una libreria, dinanzi alla quale è posto un tavolino, con quattro poltrone. Tra la porta di sinistra e la prima rampa della scala elicoidale, un grande armadio. Tra le due finestre della parete di fondo, un finto caminetto. L'arreda­mento non è affatto moderno. Deve dare la sensa­zione - anzi - che la casa fosse da tempo disa­bitata, con quel tanto di precario e di ostile comportato dal suo doversi improvvisamente riabi­tuare a presenze umane dopo un lungo periodo di quiete.

ATTO PRIMO

All'aprirsi del sipario sono in scena Bel Sheffield e Ed Hickman (suo marito). Bel è una giovane elegante signora dal volto risoluto ed impaziente. Energica e cordiale, svela quasi sempre (nonostan­te l'impegno posto a vincerla) una certa insoffe­renza per ciò che la circonda. E' seduta su una delle poltrone nell'angolo di destra e fuma una sigaretta. Ed è in piedi davanti alla libreria. Ha tratto un volume da uno scaffale e lo sta sfoglian­do. E' un uomo di mezza età, sostanzialmente pro­bo, che bada tuttavia a conciliare le esigenze della probità con quelle della prudenza.

Bel                                - (dopo una lunga pausa) Tredici secoli.

Ed                                 - Come?

Bel                                - Sono passati tredici anni, dall'ultima volta che siamo state qui, ma mi sembrano tredici secoli. Non so proprio perché Ève abbia voluto tornarci.

Ed                                 - Non è male per una vacanza.

Bel                                - Lo diceva anche papà. Un posto isolato, tran­quillo... (Altro tono) Non mi è mai piaciuto.

Ed                                 - Perché?

Bel                                - Avevo paura.

Ed                                 - Di che?

Bel                                - Non so. Forse della foresta. E' così vicina... (Si alza e va a guardare l'esterno da una delle finestre).

Ed                                 - Vorrei andarci, domani. (Chiude e rimette a posto il volume, soffermandosi poi ad osservare i titoli di altri libri).

Bel                                - Mi ha sempre dato malinconia... (Dopo una breve pausa, con altro tono) Non l'hanno ancora riparata.

Ed                                 - Che cosa?

Bel                                - La ringhiera del ponte. Vieni a vedere... (Ed si avvicina alla moglie e guarda fuori). Era già rotta quando...

(Sulla soglia della porta d'ingresso appare Ève Shef­field, seguita da Mike Roche che regge alcuni pacchi. Ève - sorella di Bel è una bella donna, sul cui volto la risolutezza che abbiamo visto tra­sparire dall'aspetto di Bel sembra ancora accen­tuata. C'è in Ève, tuttavia, anche il segno di una tensione non risolta. Si direbbe che abbia sempre fretta di muoversi e di agire, come se temesse di non riuscire a compiere in tempo utile ciò che si propone. Mike è un anziano ex guardacaccia ancora aitante e vigoroso. L'età e l'affetto per gli Sheffield         - (era molto amico del padre di Ève) lo hanno indotto a trasformarsi in un non consapevole « tuttofare ». Ha il pudore della propria devozione e se ne fa schermo con una ingenua aggressività, compiacen­dosi dei suoi modi bruschi e perentori).

Ève                                - (gioiosamente sorpresa) Bel! (Corre verso la sorella e l'abbraccia).

Bel                                - Finalmente!

Ed                                 - Cara Ève.

Ève                                - Ed! (Altro tono) Non vi aspettavo così pre­sto. Credevo foste ancora...

Bel                                - (la interrompe, mutando volto) Una cosa atroce, Ève. Avevi ragione. Ho dovuto chiedergli (allude a Ed) di anticipare il ritorno. Poi, appena abbiamo saputo che eri qui...

Ed                                 - Siamo ripartiti subito.

Mike                              - (rimasto immobile, con i pacchi in precario equilibrio tra le braccia) Ève! Vuoi che mi caschi tutto?

Ève                                - Scusami. (Si muove per aiutarlo).

Bel                                - (precedendo Ève) Mike! Come stai?

Mike                              - (posando i pacchi sul tavolo) Non c'è male, Bel! L'inferno non mi vuole ancora.

Ed                                 - Salve, Mike.

Mike                              - Salve.

Ève                                - (alludendo a Mike) L'aveva detto, questa mattina, che doveva esserci una sorpresa.

Mike                              - Sicuro! E tu non volevi crederci! Eppure lo sai! Quando il gallo dei Billings non canta... (Riordina i pacchi sul tavolo).

Ève                                - (a Bel) Quando siete arrivati?

Bel                                - Mezz'ora fa.

Ève                                - E la macchina?

Bel                                - E' sotto la tettoia, in cortile. La donna ci ha detto che eri scesa in paese.

Ève                                - Mi spiace. (Alludendo ai pacchi) E' la spesa di metà settimana... (Altro tono) Ma Josie non vi ha nemmeno offerto... (Chiama, verso la cucina) Josie!

Mike                              - Faccio io, Ève. (Si avvicina all'armadio. Ne trae un vassoio con tre bicchieri e una bottiglia di whisky che porterà sul tavolino, nell'angolo a destra).

Ed                                 - (a Ève, con il tono del complimento d'obbligo) Stai molto bene. Sei sempre più bella.

Ève                                - Vorrei crederti.

Bel                                - E' vero, Ève.

Ève                                - Grazie. (Altro tono) Accomodatevi, prego. (Bel e Ed siedono sulle poltrone, accanto al tavo­lino a destra. Anche Ève siede con loro. Entra Josie. E' un donnone sui quarantacinque anni, sospettoso e querulo. Una montagna di semplicità in perpetua apprensione).

Josie                              - Signorina.

Ève                                - Josie, perché non hai servito qualcosa? (Accennando a Bel e poi a Ed) E' mia sorella, con suo marito.

Josie                              - Me l'hanno detto, ma... (Quasi con rancore) Lei mi ha anche detto...

Ève                                - (interrompendola, vibrata) Basta, Josie! Muoviti! (Accennando ai pacchi) Aiuta Mike a por­tare in cucina.

Josie                              - (alludendo a Bel e a Ed) Devo preparare anche per loro?

Ève                                - Certamente.

Josie                              - E devo servire su? (Guarda il soffitto).

Ève                                - (con uno scatto tenta di nascondere il suo turbamento) Perché su? Qui! (A Mike, che sta per versare il whisky nei bicchieri) Lascia, Mike. Va pure... (Afferra la bottiglia e serve la sorella e il cognato).

Bel                                - (improvvisando, per vincere l'atmosfera di disagio, mentre Josie e Mike stanno uscendo con i pacchi) Stavo dicendo a Ed della ringhiera del ponte.

Ève                                - (distratta) Sì?

Ed                                 - E' strano che dopo tanti anni..-Bel (interrompendo Ed, non appena Mike e Josie sono usciti) E' un bel tipo quella Josie.

Ève                                - (a disagio) Cucina bene. Ed (risentito) Ci ha nascosto le valigie. Le aveva posate di là, nell'ingresso. Non ci sono più. Bel (seccata, cercando di farlo tacere) Ma no! Ed (ostinato) Ti dico di sì. Voleva anche la borsa. (Accenna ad una borsa da viaggio deposta su uno degli scaffali della libreria).

Bel                                - Le avrà portate nella camera degli ospiti. Ed (sempre a Bel, alludendo alla scala) Non è su la camera degli ospiti?

Ève                                - (intervenendo, sempre più a disagio) Sì. Cioè... Adesso no. (Rapidamente, a Bel, che non riesce a nascondere il proprio stupore) Ma ditemi di voi, ditemi del vostro viaggio. Bel (interrompendola, commossa) Non vorrei esserci stata, te lo assicuro. Capirai, con tutto quel­lo che ne hanno scritto i giornali e le foto e i documentari e quello che ci avevi raccontato tu, credevo di esserci preparata, ma ti giuro che... (Esita).

Ève                                - Sembra impossibile, vero?

Bel                                - Dopo lo choc, all'arrivo, ho tentato di reagire. Mi dicevo: « Prima o poi ci farai l'abitu­dine ». E' crudele, lo so, ma d'altronde... No, no. Credimi. Non ci si abitua. Quel freddo, poi... Mi sembra ancora di sentirmelo nelle ossa!

Ève                                - Sì. Il freddo si ricorda, ma il resto.

Bel                                - Oh, io non dimenticherò, puoi starne sicura. L'ultimo giorno... (Indicando Ed) Chiediglielo. L'ho spaventato. Mi sono sentita talmente male.

Ed                                 - E' quasi svenuta.

Bel                                - Una sensazione... Non solo quel gelo, ma di... dì peso, ecco. Come se anch'io, da un momento all'altro, dovessi diventare... (Esita).

Ève                                - Di pietra. E' capitato anche a me.

Bel                                - (alludendo a Ed) Gli ho chiesto di portarmi via subito, con il primo aereo.

Ed                                 - Cominciavo a innervosirmi anch'io.

Ève                                - (pungente) A innervosirti? (Con altro tono, amaro ed accorato) Tu non eri là, Ed.

Ed                                 - (sconcertato) Come? (A Bel) Cosa vuol dire?

Ève                                - (a Ed) Non c'eri. Sei andato a visitare una città qualsiasi... Interessante, magari, per parlarne poi con gli amici, perché qualcuno ricorda che un giorno - chissà come, chissà quando - vi è capi­tato qualcosa di strano, dì insolito... Avete fatto un viaggio, ecco tutto.

Bel                                - (sincera) Ève, come puoi credere?

Ève                                - No. Tu no, lo so, ma lui... Non è colpa tua, Ed. La gente non vuole ricordare. E' per questo che Claude non riesce a farsi capire. Ed (improvvisamente aggrondato, con il tono di chi è costretto a riaffrontare un argomento sgradevole) Ancora Claude? (Ève trasale e non può impedirsi di guardare il soffitto, riprendendosi subito). Bel (reagendo all'aggressività del marito) Ed!

Ève                                - (quasi scusandosi) Non intendevo. Ed (interrompendola) Stai superando tutti i limiti, Ève! Quell'uomo è sempre più pericoloso. Non sarebbero stati costretti a farlo nuovamente ricoverare se... (Ad un cenno di diniego di Ève reagi­sce aspramente) Non ne sei ancora convinta, eh? Bel (vibrata) Ti prego.

Ed                                 - (a Bel, con violenza) Deve ammetterlo che è un pazzo!

Ève                                - (con amara ironia) Certo. (Cita) « Altera­zione chiaramente riconoscìbile della personalità. Paziente completamente ritratto dalla realtà. Stati angosciosi. Tensioni psichiche crescenti. Idee fisse».

Ed                                 - (polemico) E non è così? Se avesse conser­vato un briciolo di buon senso non avrebbe scritto quelle lettere ai giornali.

Ève                                - (altrettanto polemica) Doveva!

Ed                                 - (esasperato) Come « doveva »? (Altro tono) Sentì, Ève, io non ho mai approvato la tua infa­tuazione, ma speravo, almeno, che ne potessi gua­rire. Adesso, sinceramente, comincio a pensare che anche tu sia incurabile. Come fai a dire che « do­veva »? (Prevenendo la risposta di lei) Cerca di ragionare. Claude ha voluto commuovere tutto il mondo con il suo dramma, un dramma molto nobi­le, non lo discuto, benché... Comunque, avesse torto o no, la questione non cambia. E' vero o non è vero che continua a tormentarsi per aver dato il via alla morte di pietra?

Ève                                - Certo.

Ed                                 - (aggressivo) E ti sembra logico che adesso, quando si firma un trattato per renderla meno probabile, quella morte, debba essere lui, proprio lui, l'uomo dei rimorsi, a saltar su a protestare, a opporsi, a dire che quell'accordo non serve a niente?

Ève                                - Un accordo non basta, Ed!

Ed                                 - Ma si deve pur cominciare, no?

Ève                                - Non si deve soltanto cominciare! Si deve concludere! Subito! Non possiamo più aspettare! (A Bel, con altro tono) Li hai visti i bambini?

Bel                                - Non voglio più pensarci. E' troppo orribile.

Ève                                - (accorata) Anche i bambini. Due milioni di persone uccise, in un attimo, dalla più assurda delle morti. E gliel'abbiamo data noi.

Ed                                 - Era necessario.

Ève                                - (pungente) Necessario?

Ed                                 - Sì! Per far finire la guerra!

Ève                                - (amara) Anche domani potrebbe essere « necessario ».

Ed                                 - (vibrato) Ma non siamo in guerra! Renditene conto una buona volta! Claude si agita come se fosse ancora su quel maledetto aereo e tu ti lasci contagiare dalle sue smanie. Perché non volete capirlo? La situazione è diversa. Dobbiamo uscire da quell'incubo. Sono passati vent'anni. La vita deve continuare!

Ève                                - (a sua volta aggressiva) Per quei morti no! Per quei morti si è fermata! (Con crescente conci­tazione) Vent'anni, tu dici! Sai quanti anni sono stati rubati a quei due milioni di morti? Si fa presto a dire: due milioni. Ma tu prova, prova a pensare. Basterebbero i vent'anni rubati finora ad appena cento di quegli uccisi per fare venti secoli. Duemila anni, capisci? Con soli cento, di quei morti - uno dietro l'altro, dislocati nel tempo, distanziati, nel tempo, di quel tanto che è stato tolto, da allora ad oggi, alle loro vite - arriveresti a prima dell'età di Cristo! E con due milioni? Dove arriveresti con due milioni?

Bel                                - E' spaventoso!

Ève                                - Quanti giorni, Bel!... Niente! Non ci si pensa. Nessuno - tranne Claude - pensa più a quelle vite perdute. La città di pietra è diventata una meta di itinerari turistici, come il vostro, una curio­sità da visitare nei giorni delle vacanze.

Ed                                 - Sei stata tu a consigliarci.

Ève                                - (vibrata) Sì, ma speravo di vedervi tornare qui decisi a unirvi a me, a Claude, a chi si batte perché quanto è accaduto là non si ripeta più.

Ed                                 - Ma tutti si battono! Bisogna essere incapaci di ragionare come lo è Claude per non rendersene conto. Chi è che non vuole la pace? Naturalmente ci si deve arrivare per gradi, con cautela! Ma lui no! Lui pretende tutto, subito! (Altro tono) Hanno fatto bene a riportarlo in manicomio. (Prevenendo Ève) Sicuro! Nello stesso interesse della causa che dice di voler servire.

Ève                                - Non è vero! Claude...

Ed                                 - (interrompendola) Claude, se gli fosse rima­sto un minimo di lucidità, capirebbe che il suo atteggiamento non è certo utile ai fini che si propone.

Ève                                - Se potesse spiegarti.

Ed                                 - Che cosa?

Bel                                - Non insistere, Ève. Lo sai che Ed non vuole occuparsi di politica.

Ed                                 - (a Bel, alludendo a Ève) E' lei che non dovrebbe occuparsene. (A Ève) Ti ho già detto mil­le volte che...

Ève                                - (interrompendolo, rassegnata) Scusatemi... Siete appena arrivati e io... Sono davvero un cattiva ospite... (Altro tono) Il fatto è che ho biso­gno di aiuto e speravo tanto in voi per...

Bel                                - (con affetto) Cosa c'è, Ève? Come sta Claude?

Ève                                - Claude... (Esita).

Bel                                - Sì?

Ève                                - Ha lasciato l'ospedale.

Bel                                - L'hanno dimesso?

Ève                                - No. Se n'è andato.

Bel                                - (con ansia) Vuoi dire che è... scappato? (Ève fa cenno di sì).

Ed                                 - E' impossibile! Ho sempre visto i giornali e...

Ève                                - Dicono che si è già fatto troppo chiasso per lui. Vogliono che se ne parli il meno possibile. Nes­suno sa niente della fuga.

Bel                                - (acuta) Ma tu sì.

Ed                                 - (che crede di avere intuito la verità) Non vorrei... (Spaventato) Sei in pericolo, Ève!

Ève                                - (ironica) In pericolo?

Ed                                 - Tutti sanno che lo hai aiutato, durante il processo, che gli scrivevi, che ti scriveva. E anche dopo! Diranno che eri d'accordo, ti sospetteranno di complicità! Ma è... E' inevitabile! (Aspro) Io lo sapevo che ti saresti messa nei guai! Ti avevo avvertita!

Ève                                - (ancora ironica) Non lo dimentico, Ed.

Ed                                 - (guardandosi attorno) E' per questo che tu... Ti sei rifugiata qui perché temevi che venisse a cercarti. Hai fatto bene a nasconderti. Non ti tro­verà. Ti comprometterebbe terribilmente. A meno che non sappia... (Sempre più spaventato) Gli avevi scritto di questa casa? (Ève lo guarda, quasi diver­tita) Rispondimi! Gli avevi scritto? Può saperlo che sei qui?

Bel                                - Non tormentarla, Ed! (Altro tono) Di noi puoi fidarti, Ève! Dov'è Claude?

Ève                                - (dopo una breve esitazione) Qui.

Ed                                 - (esterrefatto) Cosa?

Ève                                - E' su, da una settimana, nella camera degli ospiti.

Ed                                 - (ancora quasi incredulo) Su? In questa casa?

Ève                                - Sì.

Ed                                 - (indignato) Ma è un incosciente! (Guarda verso il soffitto) Esporti così... E anche noi... Lo sai cosa succederà? Lo cercheranno, mobiliteranno i migliori agenti, ne faranno una questione di Stato!

Bel                                - (ironica) Addirittura!

Ed                                 - (a Bel) Ma non capisci? Proprio mentre si sta discutendo... Saranno severissimi, con lui, e anche con chi lo ha fatto evadere. (Perentorio) Dobbiamo andarcene, Bel!

Bel                                - Calmati.

Ed                                 - (vibrato) Ma ti rendi conto? Questo è... Questo è un complotto! (Alludendo a Ève) Ha voluto che ci recassimo là, a vedere i morti di pietra, commoventi, non dico di no, sperando che al ritorno potessimo aiutarla, diventando complici, come i suoi amici, perché sapeva già che lui doveva fuggire! Eh, no cara Ève! No! Io non mi presto!

Bel                                - (a Ève) Perché è venuto proprio da te?

Ève                                - L'ho aiutato io a fuggire. Deve scrivere un libro.

Ed                                 - Un libro? Poteva scriverlo in ospedale!

Ève                                - (pungente) Per chi? Per i medici che voglio­no farlo credere pazzo?

Ed                                 - (convinto) Ma lo è pazzo! L'hai citata tu la diagnosi, poco fa. E se non lo fosse... Peggio ancora! Non avrai dimenticato, spero, che prima del pro­cesso aveva falsificato assegni, rubato, tentato rapine.

Ève                                - Per espiare! Per essere finalmente ricono­sciuto colpevole agli occhi di tutti.

Ed                                 - Che cosa, espiare? Dando il via a quell'azione aveva soltanto obbedito a un ordine, aveva soltanto fatto il suo dovere.

Ève                                - Pietrificando due milioni di innocenti.

Ed                                 - Era un soldato. Non era un criminale. Un criminale lo è diventato dopo, volendosi far credere colpevole, e lo è anche oggi, sabotando gli accordi per la pace.

Ève                                - (disperata) No, Ed! Non sai quello che dici! Claude si è sempre battuto per la pace! (Altro tono) Non è vero che ha protestato contro la tre­gua! Ha soltanto chiesto che si faccia di più.

Ed                                 - (brusco) Ci sono i governi per questo! (A Bel) Andiamocene, Bel!

Ève                                - (nuovamente rassegnata) Non puoi capire.

Bel                                - Io sì, Ève. Vuoi che resti con te?

Ed                                 - Non ti permetto.

Ève                                - No. Va con lui, Bel... Potrebbe denunciarmi.

Ed                                 - Dovrei farlo!

Bel                                - No, Ève. (Con amarezza) Non ha coraggio. Nemmeno quel poco che ci vorrebbe per tradirti.

Ed                                 - (furibondo) Bel! Potrei farti pentire!

Bel                                - (aspra) Di che? (Con altro tono, a Ève) Devi sertirti molto sola, Ève... Ma non lo sei, credimi, anche se tutti ti abbandoniamo. (Alzandosi) Adesso capisco perché Josie era così diffidente... Bisognerà che ci aiuti a ritrovare i bagagli.

Ève                                - (grida verso la cucina) Josie! Mike!

Bel                                - (a Ève, alludendo ad Ed) Non serbargli rancore. E' fatto così.

Ève                                - Mi spiace. Sarei stata tanto felice se voi...

Bel                                - Hai bisogno di danaro?

Ève                                - No. Grazie. Per ora no.

Bel                                - Andrà tutto bene, vedrai. (Dalla cucina en­trano Mike e Josie).

Ève                                - I signori partono, Josie.

Josie                              - (querula) Ma io ho preparato anche per loro.

Ève                                - (a Bel) Potreste almeno fermarvi a cena.

Ed                                 - No. Assolutamente no. Tra poco sarà buio e...

Bel                                - (a Mike) Ci siamo ricordati un impegno urgente.

Mike                              - Potevi fartelo venire in mente prima.

Ève                                - I bagagli, Josie. (4 Mike) Aiutala,

Mike                              - (Josie e Mike escono).

Bel                                - (a Ève, con uno sguardo al soffitto, alludendo a Claude) Sarà felice di averti vicina.

Ève                                - Lo spero.

Bel                                - Digli che... Digli che ti invidio.

Ed                                 - (con ira) Bel!

Bel                                - (dopo aver abbracciato Ève, senza badare al marito) Non accompagnarci all'auto. Non lo meritiamo.

Ève                                - Come vuoi. Scusami, Ed.

Ed                                 - Non hai nulla da scusarti, benché... Ti avverto per il tuo bene, Ève. Stai compromettendoti terri­bilmente! Pensaci. Il tuo dovere, in questo momen­to... Be'... E' inutile! (Esce con Bel che si volge ancora a salutare Ève. Rimasta sola, Ève alza gli occhi verso il soffitto, poi va alla finestra e si trat­tiene qualche secondo a guardare la foresta. E' crucciata, inquieta, ma ad un tratto scuote le spal­le, come a liberarsi da un peso. Si avvia verso la scala che conduce ai piani superiori e la sale in fretta. Dopo una breve pausa Josie e Mike rien­trano dalla porta di destra).

Mike                              - (a Josie, imbronciata) Perché fai quella faccia?

Josie                              - Mi ha detto «Basta, Josie! », come se fossi una bugiarda, e invece le bugie le dice lei... Sì, è inutile che mi guardi storto! Dice: « Prepara anche per loro » e io mi dò da fare e quelli se ne vanno. (Con uno sguardo al soffitto) E' per via del fore­stiero, eh?

Mike                              - Non ti riguarda.

Josie                              - Mi piacerebbe sapere perché non scende mai.

Mike                              - Non può muoversi. Ha male a una gamba. Deve stare a letto. (Brusco) E a te non interessa, capito?

Josie                              - Oh, per me! Sei tu che devi fare le scale. (Scorge la borsa che Ed ha dimenticato sullo scaf­fale della libreria) La borsa.

Mike                              - Cosa?

Josie                              - E' la borsa che aveva quel signore... Volevo metterla con le valigie, ma non ha voluto darmela.

Mike                              - Poco male. Ève gliela farà avere.

Josie                              - (dopo una breve pausa) Ehi, Mike.

Mike                              - Che c'è?

Josie                              - (guardando la bottiglia del whisky) Hanno bevuto tutti.

Mike                              - (avvicinandosi alla bottiglia) Non riesco a capire come mai Bel abbia avuto tanta premura di andarsene. (Vuota il whisky in due bicchieri) ...Suo marito è un coniglio, c'era da aspettarselo, ma lei no. Bel vuol bene a Ève. Gliene voleva anche quando erano bambine e non la lasciava mai nei guai.

Josie                              - (sospettosa) La padrona è nei guai?

Mike                              - (riprendendosi) Cosa ti salta in mente, adesso? Quali guai? (Porge un bicchiere a Josie, che lo beve di un fiato, e beve a sua volta) Bel era stanca per il viaggio. E' andata con il marito a vedere i morti di pietra.

Josie                              - Oh, quella vecchia storia! Io non ci credo. E' tutta propaganda.

Mike                              - Propaganda? Io li ho visti, Josie! Ero con Ève, la prima volta. Cose da farti sentire l'anima in bocca! Una città grande, Josie, grande almeno cento volte i campi dei Richardson.

Josie                              - Chiacchiere!

Mike                              - Ti dico di sì! Anche di più! Una città grande da non finire mai, con la gente nelle case, nei bar, nelle strade, sui tram, sulle automobili, nei cinema, nelle chiese, nei negozi.

Josie                              - Be', è normale, no?

Mike                              - Altroché, se è normale! Quanto è vero Iddio, Josie! Tutti di pietra! Tali e quali come erano quando li ha presi la cosa.

Josie                              - Quale cosa?

Mike                              - La cosa che non si vede, che non sai cos'è, che non te ne accorgi e ti fa secco, lì, duro come un « amen » detto dal diavolo.

Josie                              - Fandonie.

Mike                              - (seccato) Fandonie, eh? (Con altro tono, violento, aggressivo) Ma tu, si può sapere in che modo vivi?

Josie                              - (disarmante) In cucina.

Mike                              - (è sul punto di perdere le staffe, ma si riprende) E va bene. In cucina. Ma dov'eri vent'anni fa?

Josie                              - Qui, in paese.

Mike                              - E cosa facevi?

Josie                              - (candida) L'amore.

Mike                              - (esplodendo, con sarcasmo) L'amore! (Altro tono) Non eri più una ragazzina, no? E anche se ti rotolavi, sulla paglia, con qualche disgraziato, do­vevi pur saperlo che c'era la guerra!

Josie                              - Oh sì! Ma è durata tanto poco.

Mike                              - E lo sai perché è durata poco? Perché mentre tu facevi l'amore, sulla paglia, c'è stato il lancio della bomba, con la cosa, e gli altri hanno avuto paura e tutta la faccenda è finita lì.

Josie                              - Non è vero che è finita lì.

Mike                              - In che senso?

Josie                              - Perché io ho fatto un figlio e suo padre, Dick Craig, non ha voluto sposarmi.

Mike                              - (furibondo) Dio ti perdoni, Josie! Faresti sbagliare la musica anche all'angelo che suona la tromba nel giorno del giudizio! (Altro tono) Però hai ragione. La faccenda non è finita lì... La paura di quella bomba maledetta ha fermato tutto, anche la speranza di una vita più giusta, dove non ci fossero più padroni e serve stupide, come te.

Josie                              - Io sarò una serva stupida, ma ai morti di pietra non ci credo.

Mike                              - Ma li ho visti, ti dico! Pensa: c'è una ragazza che stava tirandosi su una calza, nell'angolo di un portone, ed è rimasta con il vestito su e la mano sulla giarrettiera!

Josie                              - Vergognati! Non si dicono queste cose!

Mike                              - (senza badare all'interruzione) Di pietra, hai capito? Tutta di pietra, la gamba, la calza e il vestito e lei... E chi era seduto è rimasto seduto e chi era in piedi è rimasto in piedi, giovani, vecchi, bambini, uomini, donne, chi stava zitto con la bocca chiusa e chi parlava con la bocca aperta.

Josie                              - E li hanno lasciati là, sempre così, senza sepoltura?

Mike                              - Non possono muoversi. Si romperebbero. Andrebbero in briciole. E poi, sai... Due milioni! Dove lo avrebbero trovato un cimitero per farceli entrare tutti? Così, finita la guerra, hanno fatto una bella funzione, con un pastore che è salito su, in elicottero, a benedirli tutti, anche se erano nemici, e hanno lasciato tutto come stava. Adesso i turisti vanno a vederli: ci sono dei taxi veloci, piccoli, rossi, che girano nella città, in mezzo ai morti, e un po' fuori hanno messo dei baracconi con dei bar e dei ristoranti e ci sono le banca­relle con le noccioline e i pop-corn e puoi bere quello che vuoi e così si vede cos'è successo e si passa il tempo e quando te ne vai puoi anche comperare i ricordini con le fotografie.

Josie                              - Mi piacerebbe andarci.

Mike                              - A me no. Non ci vorrei tornare. (Dall'ester­no si odono tre brevi colpi di clacson) Ehi, e chi sarà? Metti via questa roba, svelta! (Mentre Josie ripone frettolosamente la bottiglia del whisky e i bicchieri nell'armadio, Mike esce da destra. Si risen­te il clacson che adesso suona ininterrottamente, stridulo e ossessivo. Intanto all'esterno si è fatto quasi buio e la scena è in penombra. Dopo qualche secondo Ève scende a metà la scala interna e si affaccia a guardare nel soggiorno).

Ève                                - (scorgendo Josie che ha fatto in tempo ad allontanarsi dall'armadio) Che c'è, Josie?

Josie                              - Non lo so, signorina. Mike è uscito.

Ève                                - (dopo aver sceso la scala) Accendi la luce. (Josie esegue).

Josie                              - (alludendo al suono del clacson che continua)

                                      - Perché non smette?

Ève                                - (inquieta, dopo una lunga pausa, tesa) Vado a vedere... (Esce, a sua volta, dalla porta di destra. Josie, rimasta sola, è in preda ad una crescente paura del clacson. Improvvisamente ha un'idea che le consente di farsi animo. Riapre l'armadio, si serve un altro bicchiere di whisky e sta per berlo, ma proprio nell'attimo in cui lo avvicina alle lab­bra il suono cessa bruscamente. Josie ne ha uno choc - come se qualcuno l'avesse sorpresa - e per un istante sembra rinunciare al suo proposito, ma dopo essersi guardata cautamente attorno, ci ripen­sa e beve. Successivamente tende l'orecchio, quasi si aspettasse che il suono riprenda. Poiché ciò non avviene, rimette a posto la bottiglia con il bicchiere e chiude l'armadio. Voltandosi, vede qualcosa che attrae la sua attenzione (la macchia lasciata da un bicchiere, o forse polvere) e va a pulire con il lembo del grembiule. Infine si accinge a tornare in cucina. Quando è sulla soglia un grido di Ève dall'ingresso « Josie! » - la fa sobbalzare. Appaiono in scena Mike e Ève. Mike regge un uomo esanime. Se lo è caricato, prono, su una spalla. Ève ha una valigia che posa subito nell'angolo a destra).

Ève                                - (concitata) Presto, Josie! (Con l'aiuto di Ève e di Josie, Mike adagia l'uomo su una delle pol­trone).

Josie                              - Cos'ha?

Ève                                - Si è sentito male! O forse l'hanno colpito!

Mike                              - E' ubriaco fradicio, Ève! Prova ad annu­sarlo!

Ève                                - Non è possibile, Mike. Sid qualche volta beve, ma... accendi un fiammifero sotto il naso, salta in aria con la casa e tutto.

Ève                                - Ma è assurdo! Come avrebbe potuto gui­dare in queste condizioni?

Josie                              - Sembra morto.

Mike                              - Macché morto! Si è incastrato sul volante, dopo aver spento il motore, e non c'era verso di farglielo mollare... Ci si teneva stretto, a testa in giù... C'era tanto appiccicato da far persino incan­tare il clacson!

Ève                                - Bisogna aiutarlo! Dargli qualcosa.

Mike                              - Lascia fare. Ci penso io... (Esce verso la cucina).

Ève                                - (scuotendo l'uomo) Sid! (L'uomo non dà segni di vita. Ève si rivolge allora a Josie) Vai a prendere una bacinella, con un po' d'acqua. (Anche Josie va in cucina. Rimasta sola con l'uomo, Ève lo guarda con apprensione e tenerezza. Sid ha tren-tatré anni, ma ne dimostrerebbe meno se non ci fosse, sul suo volto, qualcosa che a tratti lo fa sem­brare stanco, o ammalato. Nello stato in cui è, ap­pare soprattutto inerme, anche se si ha la sensa­zione che non sia mai totalmente indifeso. E', costi­tuzionalmente, un debole, che non si è ancora ar­reso, tuttavia, ai propri fallimenti. Ève crede di co­noscerlo a fondo, ma si sbaglia. Forse il guaio peg­giore di Sid è proprio quello di non essere in grado di farsi riconoscere, dagli altri e da se stesso, per ciò che in realtà egli è).

Sid                                - (dopo una lunga pausa, apre gli occhi) Che c'è? Dov'è la mia macchina? (Richiude gli occhi e porta una mano alla fronte, con una smorfia di dolore).

Ève                                - Ti fa molto male, Sid?

Sid                                - ( torna ad aprire gli occhi e sembra ricono­scere Ève) Ciao! (Con il tono fatuo degli ubria­chi) « Bevi » - diceva - « Bevi »... Ma io... Non ho parlato!

Ève                                - Sei stato imprudente.

Sid                                - ( con accentuato stupore) A non parlare?

Ève                                - A guidare in quelle condizioni. (Dalla cu­cina rientra Josie con una bacinella e un panno bianco).

Ève                                - (bagna il panno nell'acqua della bacinella e lo posa sulla fronte di Sid. Dopo una pausa) Va meglio?

Sid                                - ( aspro) No! (Alludendo a Josie) Chi è?

Ève                                - E' la nuova.

Sid                                - ( brutale) Mandala via! (Josie, offesa, ha un moto di stupore e vorrebbe dire qualcosa, ma Ève la previene).

Ève                                - Josie! Non vedi che è...

Sid                                - ( aspro) Dillo! Ubriaco! (Si alza dalla pol­trona) Non sono ubriaco! (Ricade a sedere) E in ogni caso non ti permetto...

Ève                                - Sta buono, Sid. (Altro tono) Va pure, Josie. (Mentre Josie si avvia verso la cucina, rientra Mike con un bicchiere che contiene qualche intruglio. Si avvicina a Sid e glielo porge).

Sid                                - (sbirciando Mike) Ciao! (Chiude ancora gli occhi e quando gli sembra che Ève lo scruti, allorché li riapre, le si rivolge con tono aggressivo) Non ho parlato!

Ève                                - (alludendo al bicchiere portato da Mike) Bevilo, Sid. Ti farà bene.

Sid                                - No.

Mike                              - (perentorio) Coraggio! (Sid, apparente­mente spaventato, beve) Tra un minuto avrete la testa lucida, ma dovete alzarvi e muovervi.

Ève                                - Non può, Mike.

Mike                              - (brusco) Non impicciarti, tu! Sono cose da uomini! Avanti, su! Alzatevi! (Sid si alza a fa­tica) Fate qualche passo. (Sid obbedisce) Vi sen­tite un altro, no?

Sid                                - E'... E' davvero formidabile... Grazie, Mike.

Mike                              - Non c'è di che... (Dopo una pausa, con al­tro tono) Devo scendere in paese, Ève.

Ève                                - (sorpresa) Ma dobbiamo cenare.

Mike                              - Torno subito. (Esce dalla porta di destra).

Sid                                - (dopo una pausa) E' straordinario! Mi ha... Mi ha rimesso in sesto... (Altro tono) Devi scusar­mi, Ève. Ero proprio mal conciato.

Ève                                - Non importa. (Altro tono) Con chi è che non hai parlato?

Sid                                - Come?

Ève                                - Dicevi che...

Sid                                - Quando?

Ève                                - Poco fa. Non appena ti sei ripreso un po' dalla...

Sid                                - (interrompendola) Cos'ho detto?

Ève                                - (stupita) Non so, accennavi a qualcosa, a qualcuno.

Sid                                - (aspro) Mi stavi spiando?

Ève                                - (sconcertata) Sid! Come puoi pensare? (Conciliante) Eri così...

Sid                                - (aggressivo) Ubriaco! T'ho già chiesto scusa, no? (Altro tono) Come sta Claude?

Ève                                - Bene.

Sid                                - E la gamba?

Ève                                - Meglio. Tra qualche giorno potrà alzarsi.

Sid                                - Non ci voleva quella caduta.

Ève                                - Poteva andare peggio.

Sid                                - (con sarcasmo) Certo!... Sei straordinaria, Ève. Non ti arrendi mai. Sicuro, se fosse stata una frattura... Qualunque cosa capiti, riesci sempre a vederne il lato migliore.

Ève                                - Lo dici come se ti dispiacesse.

Sid                                - (acre) Perché? Dovrebbe farmi piacere, for­se? (Si è avvicinato ad una delle due finestre e guarda fuori).

Ève                                - (sempre più sconcertata per l'atteggiamento di Sid, che, evidentemente, le appare insolito) Cos'hai, Sid?

Sid                                - (aggressivo, con violenza) Ho che sono stufo dei tuoi « bene », dei tuoi « meglio », dei tuoi « po­teva andare peggio »!

Ève                                - (vibrata) Non gridare!

Sid                                - (senza abbassare il tono di voce) Hai paura che disturbi il tuo Claude?

Ève                                - No, ma... Non ti ho mai visto così... (Esita).

Sid                                - Avanti! Così come?

Ève                                - (tentando ancora di essere conciliante) Non so... Nervoso, eccitato.

Sid                                - Lo saresti anche tu, se... (Con altro tono) Ci siamo cacciati in un maledetto pasticcio!

Ève                                - Perché? Cos'è successo?

Sid                                - E' successo che qualcuno ci ha traditi.

Ève                                - (d'impeto) Non è possibile!

Sid                                - (nuovamente sarcastico) Ma certo! « Non è possibile! ». Tutto quello che non vuoi che ca­piti, per te e per il tuo Claude, non può succedere, non può essere vero! « Non era possibile » che la fuga fallisse, « non era possibile » che Claude si rompesse una gamba, « non è possibile » che ci abbiano traditi! E io ti dico invece che è possi­bilissimo! Ne ho avuto la prova, non più di due ore fa!

Ève                                - (sgomenta) Sanno che Claude è qui?

Sid                                - Forse non ancora, ma... (con tono inquisito­rio) Chi c'è in casa con te?

Ève                                - Solo Mike. E la donna, in cucina.

Sid                                - Qualcuno, in paese, potrebbe aver saputo...?

Ève                                - No. Ti assicuro che...

Sid                                - (interrompendola) Ho incrociato una mac­china, salendo. Hai avuto visite?

Ève                                - Sì.

Sid                                - (in allarme) Da chi?

Ève                                - Mia sorella, con suo marito.

Sid                                - Non gli avrai detto...

Ève                                - (rapida) Sì, ma non devi preoccuparti.

Sid                                - (ancora sarcastico) E' naturale! Perché do­vrei? (Altro tono) Hai agito da incosciente, Ève!

Ève                                - (stanca di sopportare) Basta, Sid! Cos'è questo tono? Oggi sei... Sei irriconoscibile! Mi tratti come se...

Sid                                - (interrompendola, vibrato) Devi andartene! Subito!

Ève                                - Perché?

Sid                                - Perché sei in pericolo, e lo sono anch'io. Due ore fa credevo che stessero per arrestarmi.

Ève                                - Tu? E come? Dove?

Sid                                - Stavo uscendo dall'autostrada, quando un tale mi ha chiesto un passaggio. Sembrava un tipo insignificante. Aveva l'aria di un commesso viag­giatore.

Ève                                - E invece?

Sid                                - (seccato per l'interruzione) Fammi finire! L'ho fatto salire e dopo qualche chilometro - sai come succede - eravamo amici. Chiacchiere del più e del meno, scambio di sigarette... Poi ci sia­mo fermati al motel del fondovalle. Io dovevo fare ben2ina e lui mi ha invitato al bar. Abbiamo co­minciato a bere e mi sono accorto che... Che vo­leva ubriacarmi.

Ève                                - Chi era?

Sid                                - (aspro) Che ne so chi era? Credi che se glielo avessi chiesto me lo avrebbe detto? Quando mi sono reso conto delle sue intenzioni ho cercato di stare al gioco... A un certo punto ha cominciato a fare allusioni, con mezze frasi, mezze parole... (Altro tono) Sapeva tutto di me.

Ève                                - (sgomenta) Anche che tu...

Sid                                - Sì! Non l'ha detto esplicitamente, ma lo ha lasciato capire.

Ève                                - No!

 

Sid                                - Ti dico di sì! E la cosa più singolare è che non mi minacciava, anzi! Sembrava volesse indi­carmi una soluzione, una via d'uscita... Niente di preciso, di definito, ma il concetto, stringi stringi, era questo: « Tu mi dici dov'è, o mi porti da lui, e io farò in modo che nessuno ti chiami a rispon­dere dell'evasione ». Una proposta di complicità, capisci?

Ève                                - Non avrai...

Sid                                - Io? (Come se avesse detto: « Non sono tanto ingenuo ». Con altro tono) Ho fatto tutto il possi­bile per dimostrargli che non capivo assoluta­mente di che cosa parlasse... Ma lui continuava a sorridermi e a farmi bere. Sembrava che mi leggesse i pensieri... Tutti i miei dubbi, le mie perplessità.

Ève                                - Quali dubbi? Eri così entusiasta.

Sid                                - (aspro) E facevo male! (Altro tono) Tu ri­schi troppo, Ève! Finché si tratta di me, anche se mi arrestassero... Con l'aiuto del giornale saprei come cavarmela. E quand'anche non ci riuscissi... Ma tu...

Ève                                - Dov'è rimasto, Sid?

Sid                                - Chi?

Ève                                - Quell'individuo... Come hai fatto a liberar­tene?

Sid                                - Be'... Ho... (A disagio) Quando ho avuto la sensazione di non essere più in grado di control­larmi, ho chiuso gli occhi e mi sono lasciato an­dare, come se fossi crollato, di colpo.

Ève                                - E lui?

Sid                                - Quando ho rialzato la testa... Non c'era più. Scomparso. Dissolto.

Ève                                - Non l'hai cercato?

Sid                                - No. « Se è un agente », ho pensato, « non mi lascerà partire, oppure cercherà di seguirmi ». Sono uscito, ho messo in moto la macchina-Nessuno si è fatto vivo. Allora sono partito a tutta velocità e...

Ève                                - Sei sicuro che non ti abbia...

Sid                                - (con acre ironia) Cosa volevi? Che gli fa­cessi strada fin qui? (Altro tono) Non mi ha se­guito nessuno dal motel. Ho controllato dai tor­nanti. Non c'erano macchine dietro la mia.

Ève                                - (con sollievo) Ma allora non dobbiamo preoccuparci! Per il momento, almeno, Claude è al sicuro.

Sid                                - (aspro) Nemmeno per sogno! Lo troveran­no! II fatto stesso che quel tale mi aspettasse, all'uscita dell'autostrada, dimostra che hanno già localizzato la zona.

Ève                                - Possiamo cercargli un altro rifugio. Claude ha tanti amici.

Sid                                - Tanti? Tu continui a illuderti, Ève! Non dimenticarti che quando si è trattato di fare qual­cosa di concreto, per lui, non ci sei stata che tu disposta ad avere coraggio.

Ève                                - E anche tu. E Mike.

Sid                                - D'accordo, ma gli altri... Sai cosa mi diceva quel tizio? Che non appena si saprà della fuga, riceveranno migliaia di segnalazioni. Per chi non lo conosce Claude è un pazzo! Un pazzo pericoloso che è evaso da un manicomio di Stato!

Ève                                - (vibrata) No! Lo sanno chi è! Possono averlo frainteso, ma riuscirà a spiegarsi, a farsi capire! Lo aiuteranno, vedrai!

Sid                                - (violento) Chi lo aiuterà? Tu sei troppo candida, Ève! Non dubiti mai. Ti fidi di tutti! (Quasi con rancore) Di me, per esempio. Ci era­vamo appena conosciuti e già mi parlavi del pro­getto per farlo evadere... Cosa ne sapevi di me? Cosa ne sai?

Ève                                - (sorpresa) Sid! Avevo letto...

Sid                                - Certo, le mie cronache del processo di Claude e si capiva, d'accordo, che simpatizzavo per lui, ma da questo a pensare che potessi impe­gnarmi.

Ève                                - (disarmante) L'hai fatto, no?

Sid                                - E con ciò? Puoi dire di conoscermi meglio, adesso? Io... Oh, insomma! Devi pur saperlo una buona volta! Io ti ho... Potrei averti sempre men­tito!

Ève                                - (sconcertata) No!

Sid                                - Sì, invece! Tu credi che io abbia fiducia nelle idee di Claude. Da un certo punto di vista non ne nego la validità, ma quanto ad avere fi­ducia...

Ève                                - (sgomenta) Sid! Proprio tu.

Sid                                - Ci siamo sbagliati, Ève. Finora non ho avuto il coraggio di dirtelo ma non si può men­tire sempre! Io... Io sono diverso da come mi pensi tu.

Ève                                - (d'impeto) No, Sid! No! Quell'uomo ti ha fatto bere e ti ha reso irriconoscibile. (Altro tono) Ma io lo so chi sei. (Sid la guarda in vivissimo allarme, riprendendosi, però, non appena lei pro­segue) Sei solo un buon ragazzo che ha i nervi un po' scossi. Sei soltanto stanco, Sid!

Sid                                - Non lo so.

Ève                                - (nuovamente sconcertata) Cosa vuoi dire?

Sid                                - Ci sono in ballo troppi interessi, Ève! Fin­ché Claude era solo a protestare contro la tregua, si poteva essere sicuri della sua buona fede, ma oggi.

Ève                                - (d'impeto) Non vorrai dubitare...

Sid                                - (interrompendola, aspro) C'è sempre chi specula, Ève! E tutti con pretesti alti, nobili, ap­parentemente degnissimi.

Ève                                - (d'impeto) Ma è proprio questo che spa­venta Claude! Parlagli, Sid! Parlagli subito! Ti ba­sterà ascoltarlo un momento per...

Sid                                - (interrompendola) No. Adesso no. Più tardi.

Ève                                - (nuovamente sconcertata) Perché? Claude è ansioso di vederti. Ha chiesto tanto di te.

Sid                                - No, Ève. Io non posso.

Ève                                - Non riesco a capirti! Anche quando lo aiu­tavi a evadere non hai voluto che...

Sid                                - (interrompendola ancora, bruscamente) E' bastato Mike, no?

Ève                                - Sì, ma tu... (inquieta) Dev'esserci una ra­gione! Perché non vuoi che ti veda?

Sid                                - Non insistere, Ève! Ci metteremmo a discu­tere e forse riuscirei a convincerlo che l'unica soluzione, per garantire una pace autentica, senza rischi, sarebbe quella di un lancio totale, assoluto, un lancio che trasformi il mondo in una enorme città di pietra.

Ève                                - (disperata) No! Non ti ascolto più! (Ri­prendendosi) Sei proprio deciso a non...

Sid                                - (interrompendola) Sì.

Ève                                - (rassegnata) Come vuoi... (Sale la scala. I Quando è a metà si affaccia a guardare, sperando ancora, nonostante tutto, che Sid si decida a seguirla).

Sid                                - (con una punta di sarcasmo) Va Ève... Va dal tuo eroe... (Ève continua a salire rapidamente la scala. Non appena è rimasto solo, Sid Correi si trasforma. Sul suo volto si scorge una impa­ziente volontà di agire che lo invecchia e lo fa appa­rire privo di scrupoli. Dopo essersi assicurato che Ève abbia raggiunto il piano superiore, si reca ver­so la valigia posata nell'angolo a destra e sembra abbia intenzione di aprirla. Poi si guarda attorno e cambia idea. Si avvicina all'interruttore della luce e lo fa scattare, determinando tre momenti di buio (in realtà si tratta di un quasi buio perché in quei tre momenti l'ambiente resta illuminato, de­bolmente, dal chiarore che giunge dalla cucina). Subito dopo Sid trae di tasca una sigaretta e va ad accenderla vicino a una delle due finestre. In quell'istante dalla soglia della cucina appare Josie).

Josie                              - (spaventata, a voce altissima) Mike! Si­gnorina Ève! Mike!

Sid                                - Zitta!

Josie                              - (continuando ad urlare) Signorina Ève! Mike! Signorina Ève!

Sid                                - (avvicinandosi alla donna, per farla tacere) Vuoi smetterla di urlare?

Josie                              - (sempre gridando) Mike!

Sid                                - Se non la finisci... (Minaccia un ceffone a Josie, che finalmente tace, livida di paura).

Ève                                - (apparendo dall'alto della scala) Chec'è? Cosa succede?

Sid                                - Niente, Ève. Dev'esserci stato un contatto.

Josie                              - (che ha ripreso coraggio, con la presenza di Ève) Ha spento la luce, tre volte.

Sid                                - Ma no! Si è messa a strepitare.

Josie                              - Siete voi che...

Sid                                - (interrompendola) Vuoi stare zitta?

Ève                                - Lasciala parlare, Sid! (Ha sceso la scala) Cosa c'è, Josie?

Josie                              - Ero in cucina e ho visto... Ho visto fuori qualcosa che si muoveva... Poi mi sono accorta che qui si era spenta la luce e sono venuta a ve­dere come mai e c'era lui, con un fiammifero vi­cino alla finestra, che faceva dei segnali.

Sid                                - (aggressivo) Quali segnali? (Mostrando a Ève la sigaretta) Ho acceso una sigaretta, Ève... C'è stato qualche contatto, forse è mancata la corrente.

Ève                                - Su no...

Sid                                - (interdetto) Come? (Riprendendosi) Qui la luce è mancata e a un tratto ho sentito questa furia urlare come se la scannassero.

Ève                                - (a Josie) Torna in cucina.

Josie                              - Lo giuro, signorina! Ho visto bene! Ha alzato il fiammifero, davanti ai vetri e poi... Poi voleva darmi uno schiaffo.

Sid                                - Ève, non penserai davvero che... (A Josie) Non hai sentito? Ti ha detto di tornare in cucina!

Josie                              - (dopo avere guardato Ève che le fa cenno di andare) Come volete. (Esce).

Sid                                - (con sollievo) E' pericolosa, Ève! Comple­tamente pazza! Mi ha aggredito come se...

Ève                                - (interrompendolo) Cosa mi nascondi, Sid?

Sid                                - Io? Non avrai creduto... Ho acceso una si­garetta... (Offre una sigaretta a Ève) Vuoi fumare?

Ève                                - Grazie. (Accetta la sigaretta che Sid le ac­cende) Hai le mani che tremano. (Con altro tono) Perché sei venuto?

Sid                                - (a disagio) Per avvertirti che sei in peri­colo! (Brusco) Devi andartene, Ève!

Ève                                - Dove?

Sid                                - Dove vuoi, purché sia lontano da Claude. Non puoi più rischiare, Ève! (Febbrilmente, cer­cando di essere persuasivo) Lasciami qui, per qual­che giorno. Io avrò cura di lui e nel frattempo penserò a un altro rifugio.

Ève                                - No. Claude ha bisogno di me.

Sid                                - (concitato) Non morirà se lo lasci per una settimana. Cerca di essere ragionevole. Non è escluso che quel tale del motel capiti qui da un momento all'altro. (Altro tono) Puoi andare via con la mia macchina. Puoi partire stasera. Subito, se vuoi. Ho degli amici a...

Ève                                - Dovrei partire senza Claude?

Sid                                - (sbottando) Claude! Ancora Claude! Sem­pre Claude! Possibile che tu non possa fare a meno di nominarlo, tutte le volte che apri bocca?

Ève                                - Sid!

Sid                                - (violento) Da quando ti conosco non hai fatto che parlarmi di lui, che pensare a lui, che agitarti per lui! L'hai qui da una settimana, no? Dovresti essertela tolta la voglia del tuo Claude!

Ève                                - (offesa) Non sai quello che dici.

Sid                                - (aggressivo) E' un'ossessione! Gli sei madre sorella amica moglie amante!

Ève                                - Non ti permetto...

Sid                                - (con crescente concitazione) Non ti basta ancora? Cosa vuoi da me? Che vada su a rive­rirlo? Che vada su a ringraziarlo perché si degna di lasciarsi adorare?

Ève                                - Non hai il diritto...

Sid                                - (sempre più. violento) Sei una donna, Ève! Potresti ricordartene qualche volta! (Tramestìo dall'ingresso. Poi sulla soglia appare Charles Loving che ha le braccia alzate. Alle sue spalle spunta Mike che lo spinge avanti, puntan­dogli contro la schiena la canna di un fucile).

Mike                              - Muoviti! (Ève e Sid si voltano. Ève è im­pietrita dallo stupore. Sid, scorgendo Loving che gli sorride, diventa livido) Ève! Guarda un po' cosa ti ho portato.

Charles                          - (avanzando di un passo, sempre a braccia alzate) Buona sera...

Mike                              - L'ho trovato in cortile.

Ève                                - (a Sid, sgomenta) Ma è... E'...

Sid                                - (cupo, rassegnato) Sì, Ève. Lo conosco...

ATTO SECONDO

L'azione del secondo atto ha inizio dallo stesso istante in cui si è interrotta alla fine dell'atto pri­mo. Sono sempre in scena Charles Loving, ancora con le braccia alzate, Ève e Sid sconcertati dall'apparizione di Charles e Mike « che continua a puntare il fucile contro la schiena di Loving ».

Sid                                - Lo conosco, Ève...

Mike                              - Ha cercato di scappare verso la foresta, ma prima aspettava qualcosa... o qualcuno. Era un po' che lo tenevo d'occhio.

Ève                                - (a Sid, alludendo a Charles) Come può aver fatto?

Sid                                - Non so. Non riesco a capire.

Charles                          - E' proprio indispensabile che... (Muove le braccia, alzate, come per dire: « Che io resti in questa posizione? »).

Ève                                - Cosa volete?

Sid                                - (rapido) Mandalo via, Ève! Dì a Mike che lo faccia sparire!

Mike                              - (perentorio, a Charles che ha abbassato le braccia) Su le mani, amico! (Con altro tono, a Sid) Cos'è che ne dovrei fare?

Sid                                - (concitato, a Ève) Devi andertene! Io lo sapevo che...

Ève                                - Posa il fucile,

Mike!                            - (A Charles) Perché siete venuto qui? Chi vi ha mandato?

Charles                          - Nessuno. Volevo soltanto chiedervi no­tizie di mio fratello.

Ève                                - Claude è all'ospedale.

Charles                          - No. Se n'è andato. E voi lo sapete.

Sid                                - Non avete nessun diritto di supporre... Charles   - (conciliante) Va bene, va bene... Posso essermi sbagliato, no? Ho chiesto una informa­zione. Non potete darmela. Salute. Non c'era pro­prio il caso di... (Allude al fucile di Mike).

Ève                                - (con uno sguardo alla porta) Mandalo via, Mike.

Mike                              - (a Sid) Voi che ne dite?

Sid                                - Non hai sentito? Si è sbagliato...

Mike                              - Come volete. (A Charles) Muoviti! (Quando è già nei pressi della porta, affiancato da Charles, si volta di scatto verso Sid, puntandogli contro il fucile) Credete di averla fatta franca, eh? (A Char­les, che tenta di andarsene) Fermo, tu!

Ève                                - (sbalordita) Mike! Cosa fai?

Mike                              - (alludendo a Sid) Guardagli la camicia!

Ève                                - Cos'ha la sua camicia?

Mike                              - E' fradicia di whisky! (A Sid) Pensavate davvero di incantarmi con la storia della vostra sbronza?

Ève                                - Mike!

Mike                              - Stanno cercando di incastrarti, Ève! Ma io l'ho capito subito che c'era sotto il trucco.

Sid                                - Come ti permetti? Io...

Mike                              - (interrompendolo) Non fatemi perdere la pazienza, Sid! (A Charles) E tu... Se ti azzardi! (Lo spinge accanto a Sid, con il fucile puntato, e co­stringe entrambi ad arretrare verso il caminetto. A Sid, sarcastico) Ve la dò io la sbornia! (A Ève) Sono arrivati insieme. (Alludendo a Sid e poi rife­rendosi a Charles) Lo ha scaricato poco dopo il paese e aspettava di farlo entrare al momento giusto.

Sid                                - Non è vero.

Ève                                - Non è possibile, Mike! Sid non può...

Mike                              - Ha spento la luce, per fare dei segnali.

Sid                                - Non credergli. Ève!

Mike                              - E prima aveva fatto finta di essere ubriaco. E' mancato un pelo che ci cascassi! Se non fosse stato per il whisky sulla camicia.

Sid                                - (febbrile, a Ève) Sta inventando!

Mike                              - (furibondo) Ah sì, eh? Io invento! Dio lo perdoni, Ève, se fosse stato davvero ubriaco, quando ha mandato giù cosa gli ho dato da bere, avresti visto che roba! E invece niente! Liscio come...

Ève                                - (stordita) Di' qualcosa, Sid!

Mike                              - Cosa vuoi che dica? Non lo vedi? Gli si legge in faccia che è una canaglia!

Sid                                - Ce l'ha con me! Sta cercando di...

Mike                              - (interrompendolo) Sto cercando di capire che altro sporco trucco state tentando ai danni di Ève!

Ève                                - Ti sbagli, Mike! Sid ci ha aiutati! E' venuto per avvertirmi che...

Sid                                - (concitato) Diglielo, Ève! Diglielo che io...

Mike                              - E' un altro imbroglio, Ève! Non fidarti! (alludendo a Charles) E' il fratello di Claude, no? E' quello che si è rifiutato di firmare la dichiara­zione per farlo rilasciare! E' una carogna, Ève! E si era nascosto in cortile ad aspettare il suo segnale.

Ève                                - (disperata) Sid! Anche Josie ha visto che...

Mike                              - Quando ho capito che non era ubriaco, mi sono detto: « C'è qualcosa che non funziona ». Al­lora sono uscito, con la scusa di andare in paese e... (Alludendo a Charles) L'ho scovato subito. Poi, quando Sid ha spento per tre volte la luce, mi sono accorto che l'amico tentava di squagliarsela... Gli ho dato un po' di corda, tanto per essere sicuro che non ci fosse in giro qualche altro farabutto.

Sid                                - (approfittando del fatto che Mike, distraendosi con il racconto, ha abbassato il fucile, trae di tasca una rivoltella, puntandola fulmineamente su Mike) Butta il fucile, Mike! (Mike alza invece il fucile, e forse sparerebbe, se Ève non glie lo impedisse, interponendosi e deviando la canna dell'arma).

Ève                                - No, Mike! No!

Mike                              - (dopo aver lasciato cadere il fucile) Bel lavoro, Ève! Adesso è lui che comanda.

Sid                                - (brutalmente aggressivo) Zitto! (A Charles) Prendi il fucile! (Charles obbedisce).

Ève                                - (ancora incredula) Sid!

Sid                                - (alludendo a Charles) E' vero! Era con me. E' ora di smetterla con questa farsa. (A Mike) Sie­diti, e non ti muovere, se ti è cara la pelle. (A Ève) Non ero ubriaco, Ève. Neanche un po'.

Ève                                - (esterrefatta, dopo una pausa) Tu non...

                                      - (Altro tono) Ma allora, quell'uomo, al motel?

Sid                                - Non è mai esistito.

Ève                                - (stordita) Come? Le sue parole...

Sid                                - (con amara spavalderia) Cose mie, Ève! Non ti ricordi più che mi leggeva i pensieri? Ero io.

Ève                                - (straziata) No, Sid! Tu non puoi... (Altro tono) E perché (accenna alla camicia) con il whisky?

Sid                                - Volevo farti credere di essere ubriaco per darti una prova di quell'incontro, per spaventarti, per farti andare via... E anche per guadagnare tempo, aspettando di fare entrare Charles.

Ève                                - Ma perché? (Desolata) Tutti questi inganni, queste bugie.

Sid                                - Per risparmiarti, Ève! Ho fatto tutto il possibile per prepararti, poco a poco.

Ève                                - (affranta, svuotata di energia) A che cosa, Sid?

Sid                                - Alla realtà... Te l'ho detto, poco fa... Dare una delusione a te non è facile. Eppure bisognava arrivarci. Devi svegliarti, Ève. Devi guarire dalle tue illusioni, Claude non può restare latitante. Lo troveranno e lo riporteranno in ospedale. E' solo questione di tempo. E dal momento che prima o poi dovrà accadere... (Con violento cinismo) Voglio guadagnarci qualcosa!

Ève                                - (attonita) Tu! Guadagnare su...

Sid                                - Proprio io, sì! Cosa ci vuole per fartelo ca­pire? Non m'importa niente del tuo eroe! Sai per­ché ti ho aiutata a farlo evadere? Per imbastire il « colpo » più sensazionale di questi ultimi anni! « Sid Carrel vi racconta la fuga di Claude Loving e il suo ritrovamento da parte del fratello ».

Ève                                - (disperata) No, Sid! Tu non puoi...

Sid                                - (sbottando) « Tu non puoi, tu non puoi »... Certo che posso! Ma cosa credi? Che fossi davvero uno di quegli idioti disposti a mettersi nei guai per le manìe di un pazzo o per gli intrighi di chi fa della politica? Li conosco i politici! Guarda l'edi­tore del mio giornale. All'epoca del processo si in­teneriva per Claude e io, naturalmente, dovevo uni­formarmi. Adesso, invece, ha cambiato opinione, e sarà entusiasta del « colpo »... Domattina arrive­ranno i fotoreporters. Non sanno ancora di che si tratta. Li ho soltanto avvertiti che sarà una cosa grossa, strepitosa. Per te non c'è pericolo. Tu adesso te ne vai e... Farò in modo che anche Mike ne resti fuori.

Mike                              - Dio vi fulmini, Sid! Non voglio restarne fuori. Vi denuncerò! Dirò che siete stato voi a...

Sid                                - (interrompendolo) Era previsto, Mike. Non ti crederanno. Nessuno potrà provare.

Ève                                - Anch'io ti denuncerò.

Sid                                - No, Ève. Tu non ti abbasseresti mai a... E quand'anche... Non crederebbero nemmeno a te. Anzi. Penserebbero a una ritorsione. Eppoi, l'ho già detto, non avete prove. Devi solo andartene.

Ève                                - (annichilita) Non mi muovo.

Sid                                - Perché? Ma renditi conto, una buona volta! Lo arresterebbero comunque!

Ève                                - Sei ignobile, Sid!

Sid                                - Perché non dovrei? E' l'occasione che aspet­tavo.

Ève r                             - Avevi promesso di aiutarlo.

Sid                                - Claude è ammalato. Torneranno a ricove­rarlo, lo cureranno.

Ève                                - Non ha bisogno di cure.

Charles                          - Lo dite voi! E' sempre stato un po'... (Si tocca la fronte) Sua moglie, quando ha chiesto il divorzio...

Ève                                - (interrompendolo, aspra) Avrebbe potuto salvarlo!

Charles                          - Per sentirselo accanto, tutte le notti, a piangere come un cretino su quei morti di pietra? Julie ha resistito finché ha potuto, ma doveva anche pensare ai figli.

Ève                                - (amara) Ottenendo che Claude non potesse più vederli.

Charles                          - Mia cognata è una donna onesta. Ha rinunciato al sussidio pur di...

Ève                                - (vibrata) Ditelo! Pur di liberarsene.

Charles                          - Era pericoloso. Prima di mettersi a ru­bare ha tentato tre volte di avvelenarsi.

Ève                                - (d'impeto) Ma è per questo che bisognava... (Altro tono, livida) L'hanno tradito tutti! Anche voi!

Charles                          - Perché non ho voluto garantire? Che c'entro io? E' lui che si è cacciato nei guai, no? Due volte: prima con i rimorsi e poi con quelle stupide lettere ai giornali. Mio fratello è matto, ecco cos'è!

Sid                                - Devi convincertene, Ève! Devi imparare a guardare le cose senza paraocchi! (Alludendo a Charles, con riferimento a Claude) Tu dici che lo ha tradito. Sai cosa gli hanno scritto invece? Che la sua decisione è stata molto saggia e « onore­vole » perché eviterà che possano sussistere altre ragioni di scandalo a carico di un ex combattente meritevole di cure e di compassione. Chi ha ra­gione? Qual è la verità?

Ève                                - (indignata) La verità è che lui (allude a Charles) ha avuto paura! (A Charles) Sono due le lettere che avete ricevuto! Una di congratulazioni, dopo il ricovero, e l'altra prima.

Charles                          - E con ciò?

Ève                                - (a Sid) L'hanno ricattato! Gli hanno fatto capire, con un bel giro di parole, che se si fosse opposto ad un nuovo ricovero di Claude, la fabbrica dove lavorava l'avrebbe licenziato.

Charles                          - Cosa potevo fare? Rischiare il posto?

Ève                                - (a Sid) Ecco cos'è che ha determinato la sua decisione saggia e « onorevole ». (Con sarcasmo) Quanto gli hai dato per farlo venire qui?

Sid                                - Niente.

Ève                                - Io avrò i paraocchi, Sid, ma se tu riuscissi a vedere di che infamia ti stai rendendo complice.

Sid                                - Quale infamia? (Con acre ironia) Ah già, scusami. Non ricordavo che facendo tornare Claude all'ospedale io rinnego la causa della pace... La pace vera, sicuro, quella delle anime. (Altro tono) Non hai il senso delle proporzioni, Ève! E nemmeno quello del ridicolo. Ti comporti come se dipen­desse davvero da lui (accenna al soffitto) o da te o da me la sorte dell'umanità! Nientemeno! Sai perché lo rivogliono in manicomio? Semplicemente perché le sue dichiarazioni, distorte, travisate da chi ha interesse a farlo, potrebbero alimentare una polemica che non è certo nata da lui e che non sarà certamente lui a risolvere. Le sue opinioni non contano niente agli effetti della pace! Niente! Né in bene, né in male. C'è una sola cosa che può contare: la paura di essere distrutti. (In un grido, a Mike) Cosa fai? (Mike, cogliendo un attimo di di­sattenzione di Charles, è balzato dalla poltrona verso l'uomo con il fucile, cercando di strappar­glielo. Sid interviene puntando la rivoltella contro Mike) Ti ho detto che non voglio scherzi!

Mike                              - (desistendo dal suo tentativo) Ve la farò pagare, Sid! (A Charles) E anche a te! Dovessi venire a cercarvi all'inferno!

Sid                                - (vibrato, a Ève, sempre puntando la rivoltella su Mike) Te lo chiedo per l'ultima volta, Ève! Vuoi andartene?

Ève                                - Non mi muovo. Sono a casa mia.

Sid                                - Puoi partire con Mike.

Ève                                - No!

Sid                                - (acre) E va bene! Staremo qui assieme, ad aspettare che si faccia giorno. (Dalla porta della cucina appare Josie. Scorgendo Sid con la rivoltella e Charles con il fucile si porta una mano alle labbra per reprimere un grido. Vor­rebbe tornare indietro, ma Charles l'ha vista).

Charles                          - Sid! (Accenna a Josie).

Sid                                - (a Josie, aspro) Vieni avanti, tu. Cosa vuoi?

Josie                              - (impaurita) Volevo dire alla signorina (allude a Ève) che la cena è pronta.

Sid                                - Cos'aspetti a servirla? (A Ève) Tu permetti, vero? Charles e io non abbiamo pranzato. (A Josie) Fila! (Josie si muove) Aspetta! (Josie si ferma) Vai con lei, Charles, e assicurati che di là non possa uscire. (Charles gli porge il fucile) No. Tienlo, Potresti averne bisogno. (Minaccioso, guardando Josie) Se prova a gridare...

Charles                          - Andiamo. (Esce con Josie verso la cucina).

Mike                              - Siete una canaglia, Sid! Dio vi punirà.

Sid                                - (ironico) Tu credi a Dio, Mike?

Mike                              - Sempre. Ma quando vedo che lascia vivere gente come voi, mi verrebbe voglia di salire su a dirgli quello che si merita.

Ève                                - Non bestemmiare, Mike.

Mike                              - (a Ève) Se penso che ti sei lasciata incan­tare da quel verme.

Sid                                - (aggressivo) Sei geloso, Mike? (Mike sta per scattare. Sid rialza la rivoltella verso di lui) Buono! Cerca piuttosto di convincerla a partire. (Altro tono) Sei ancora in tempo, Ève. Perché vuoi farti arrestare? (Ève non risponde e lo fissa, gelida) Credi di poter restare vicina a Claude? Lo sai che non è possibile. Vi separeranno... (Dopo una pausa, vivacemente, non riuscendo più a sostenere lo sguardo di lei) Ho capito. Speri di ricattarmi. Pensi che piuttosto di farti incriminare sia disposto a lasciarti il tuo eroe. (Acre) No, Ève. Ti sbagli. Tutto quello che potevo fare, per te, l'ho già tentato. Dovresti renderti conto che permettendoti di an­dartene io perdo molto.

Mike                              - Che cosa perdete?

Sid                                - (con una vena di sarcasmo) Con una bella donna accanto al protagonista, la storia della fuga di Claude diventa mille volte più interessante! (Altro tono) Eppure ti ho chiesto di restarne fuori, Ève! Pensaci: pur di saperti libera rinuncio a sfrut­tare per i miei lettori l'aspetto più patetico dell'evasione, le tue ansie, il tuo dramma... Non è un sacrificio da poco, credimi!

Mike                              - Dovreste vergognarvi!

Sid                                - Anche tu sei un bel personaggio. Il servo fedele. Non è molto originale, d'accordo, ma al pubblico piace sempre. E tuttavia mi rassegnerei a lasciar fuori anche te.

(Dalla cucina entra Josie con il necessario per pre­parare tavola. Charles - con il fucile a tracolla la segue reggendo una zuppiera).

Charles                          - Non si può uscire dalla cucina.

Sid                                - Bene.

Josie                              - (disponendo le stoviglie) Per quanti devo preparare?

Sid                                - Per tutti, no?

Ève                                - Io non ceno. Non ho fame.

Sid                                - E Mike?

Mike                              - Preferirei farmi scannare piuttosto che sedere a tavola con voi.

Sid                                - Come volete. Vi avverto, però, che ci aspetta una notte scomoda. (A Ève) Mi spiace per te, ma dal momento che non vuoi collaborare...

Josie                              - (dopo aver disposto i piatti per due persone, si rivolge a Ève) E per il forestiero? (Accenna al soffitto).

Ève                                - (indicando Sid) Chiedi a lui.

Sid                                - Già. Bisogna pensare a Claude... Per stasera dovrà accontentarsi di un piatto solo. (A Josie) Preparaglielo. Poi, in qualche modo, glielo faremo avere. (Josie esce. Sid e Charles cominciano a cena­re. Sid ha sempre la rivoltella a portata di mano. Anche Charles, che ha sfilato da tracolla il fucile posandolo accanto a sé, tiene d'occhio Mike che è seduto, vicino a Eeve, su una delle poltrone di destra).

Charles                          - (dopo una lunga pausa, a Sid) In che camera è Claude?

Ève                                - (pungente) Siete qui da mezz'ora e solo adesso chiedete.

Sid                                - (interrompendola) Non badarle, Charles. Claude è su. Non deve vederci prima di domat­tina. (A Mike, che accenna l'intenzione di alzarsi) Cosa vuoi fare, Mike? Mike ~ Ho sete.

Sid                                - Puoi bere. (Gli indica una bottiglia che Josie aveva posto sul tavolo).

Mike                              - Ho sete d'acqua.

Sid                                - Puoi andare in cucina. (Mike si avvia) Anzi. No. Aspetta. Lascia che prima torni Josie. (Mike si ferma) Non voglio trappole.

                                      - (Rientra Josie, con tre piatti, coperti, che posa sul tavolo).

Mike                              - Posso andare?

Sid                                - Certo, Mike. (Mike esce).

Charles                          - (a Josie, alludendo ai tre piatti) Cos'è?

Josie                              - Arrosto.

Sid                                - (a Josie) Senti. Adesso tu vai su e gli porti quello che devi portare. Gli lascerai tutto senza dire una parola né fare un gesto, capito? Anzi, dirai... Dirai che Ève ha dovuto uscire e che lo prega di scusarla se stasera non potrà salire da lui... Siamo intesi?

Josie                              - Sì.

Sid                                - Charles salirà con te e si fermerà con il fu­cile dietro la porta. Se cerchi di fargli sapere che noi siamo qui, guai a te! Posi il piatto, riferisci cos'ha detto Ève e esci subito.

Josie                              - Va bene.

Sid                                - Fila! (A Charles) Mi raccomando. Claude non deve vederti. (Mentre Sid continua a man­giare, Josie e Charles salgono al piano superiore. Dopo pochi secondi, Mike rientra dalla cucina. Regge una brocca di metallo con una mano ed ha un bicchiere, pure di metallo, chiuso a pugno nell'altra).

Mike                              - Vuoi bere. Ève?

Sid                                - (in allarme) Attento, Mike! (Impugna la rivoltella).

Mike                              - (alludendo a Ève) Potrò darle un bicchiere d'acqua, no?

Sid                                - Bada a quello che fai.

Mike                              - Sicuro, Sid! Ci bado sì a quello che faccio! (Lascia improvvisamente cadere il bicchiere e ap­profittando della sorpresa di Sid gli scaglia contro la brocca. Sid fa appena in tempo a scansarsi per non essere colpito. Mike si lancia allora verso di lui, afferrandogli il polso della mano che regge la rivoltella, e forse riuscirebbe ad avere la meglio, se dall'alto della scala non apparisse Charles, con il fucile puntato).

Charles                          - Fermo!

Ève                                - (che è balzata in piedi) Basta, Mike!

Sid                                - (aggressivo, a Mike, che si è istintivamente vol­tato, all'intimazione di Charles) Vuoi proprio una lezione, eh? (Lo colpisce con un violento pu­gno al ventre).

Ève                                - No, Sid!

Sid                                - Gliel'ho detto mille volte che non voglio scherzi!

Mike                              - (riprendendosi dal dolore che lo ha fatto cur­vare) Dovevo aspettarmelo un colpo basso.

Ève                                - (disperata) Perché non picchi me?

Sid                                - Se non la smette...

Mike                              - Quanto è vero Iddio, Sid, ve le restituirò.

Charles                          - E' tutta la sera che ci provoca! (Dall'alto della scala appare Josie. Ormai non è più. in grado di stupirsi di nulla).

Josie                              - (scendendo) Gliel'ho detto. Ha risposto che va bene.

Sid                                - Sbrigati! Raccogli quella roba! (Allude alla brocca e al bicchiere che sono rimasti sul pavi­mento) E torna in cucina! (Josie obbedisce).

Charles                          - (a Mike, alludendo al fucile) Adesso ci gioco io... (Puntando il fucile sul vecchio lo co­stringe ad arretrare verso il finto caminetto) Su le mani, amico! Un po' di prigione ti farà mettere giudizio, vedrai... (Alludendo a Sid) Se non ci pen­serà lui, a denunciarti, me ne occuperò io.

Mike                              - Non è ancora finita.

Charles                          - Puoi scommetterci! (Si odono colpi bussati con violenza all'esterno).

Sid                                - (in allarme, a Ève) Chi può essere? (Ève non risponde. Si odono altri colpi. A Charles) Sta attento. (Esce dalla porta di destra).

Ève                                - E' colpa mia, Mike.

Mike                              - E' una carogna! Me la pagherà!

Charles                          - Sta zitto! E tieni su le mani! (Mike alza le mani. Ève è al limite della resistenza fisica e morale. Guarda Mike e trattiene a stento le lacri­me. Tramestio dall'ingresso. Poi rientra Sid, prece­dendo Bel e Ed).

Sid                                - Tua sorella e tuo cognato, Ève. Hanno di­menticato qualcosa.

Bel                                - (vedendo Ève, sconvolta, corre verso di lei) Ève! Cos'hai? Cosa succede? (Ève scuote la testa, ma non riesce a rispondere).

Sid                                - Non si allarmi, signora. Non c'è niente di tragico.

Bel                                - (scorgendo Mike con le braccia alzate e Char­les con il fucile) Mike...

Ed                                 - (che è rimasto, interdetto, poco oltre la soglia) Potrei sapere?

Sid                                - Mi rendo conto che tutto questo possa stu­pirvi, ma... Mike stasera è un po' nervoso. Siamo stati costretti a... (Altro tono) Adesso basta, Char­les. (Mentre Charles abbassa la canna del fucile, Sid si rivolge a Bel) Non siamo banditi. Lui ha il fucile perché... E' Charles Loving, il fratello di Claude. (A Ed) Lei sa, certamente, che Claude Loving è nascosto in questa casa.

Ed                                 - (vibrato) Io non so niente! (Altro tono) Ève, tu puoi testimoniare che noi... (A Sid, concitato) Siamo venuti a farle visita, poco fa, e andandocene abbiamo dimenticato una borsa. (La indica) Eccola! (Va a prenderla, continuando febbrilmente a spie­garsi) Documenti, i nostri passaporti. Abbiamo fatto un lungo viaggio. (Alludendo a Bel) Credevo l'avesse presa lei. Quando ce ne siamo accorti, siamo tornati indietro.

Mike                              - (che ha abbassato le braccia) Siamo pri­gionieri, Bel!

Bel                                - (sconcertata) Prigionieri?

Sid                                - Ma nemmeno per sogno! Claude Loving è ricercato. Per evitare che lo arrestino, suo fratello è venuto a prelevarlo e domattina lo ricondurrà all'ospedale.

Bel                                - E lei?

Sid                                - Io? (Con perfetta ipocrisia) Io sono qui per salvare Ève. Sono un suo vecchio amico. Cerco di evitarle di essere coinvolta.

Ed                                 - (interrompendolo, con sollievo) Quand'è cosi.

 

Bel                                - (vibrata) Cosa significa « quand'è così »? (Alludendo a Ève) Non vedi come l'hanno ridotta? (A Ève) Ève, spiegati! Dimmi qualcosa! (Ève tace).

Sid                                - Non vuole lasciare Claude. Spero che mi aiuterete a convincerla.

Mike                              - (esasperato per l'impudenza di Sid) E' un farabutto, Bel! E' lui che ha voluto far scappare Claude! Prima si è messo d'accordo con noi perché lo portassimo via dal manicomio e poi ha fatto venire qui suo fratello...

Ève                                - (con fredda disperazione) Mi ingannava, Bel! Mi ha sempre ingannata! Quando gli ho chie­sto di aiutarmi a restituire la libertà a Claude, si è prestato solo perché... Solo perché voleva fare un colpo giornalistico.

Sid                                - E' il mio mestiere.

Ed                                 - (spaventato, a Sid) Sicché lei sarebbe... E do­mani i giornali... (Livido) Dobbiamo andarcene, Bel!

Sid                                - (giocherellando con la rivoltella che nel frat­tempo ha nuovamente tratto di tasca) Un mo­mento, prego! Le consentirò di uscire di qui, con sua moglie, solo nel caso che lei conduca via Ève. (A Bel) Non è vero che ho ingannato sua sorella. Sto facendo tutto il possibile per evitarle qualsiasi noia. Non scriverò una riga sul suo conto, e nep­pure sul conto di Mike. Nessuno saprà nulla della loro partecipazione alla fuga di Claude. Devono solo andarsene!

Ed                                 - E può assicurarmi che mia cognata non sarà...

Sid                                - (interrompendolo) Ha la mia parola.

Ed                                 - Andiamo, Ève! Preparati!

Ève                                - Non mi muovo.

Ed                                 - Ma perché? Non crederai che possa ren­dermi complice.

Ève                                - Nessuno te lo chiede.

Bel                                - Cosa vuoi fare, Ève? Pensi ancora di poter riuscire?,..

Charles                          - Finitela! Domattina mio fratello tor­nerà all'ospedale, e se non volete perdere la notte e farla perdere anche a noi...

Bel                                - Forse è meglio, Ève! E' inutile che continui a tormentarti. Lascia che se la sbrighino loro.

Ève                                - (amara) Anche tu, Bel?

Bel                                - (improvvisamente decisa, dopo una pausa) No, Ève! Resto con te!

Ed                                 - (a Bel) Ma è pazzesco! Perché la incoraggi a... Non capisci che l'arresteranno? Noi non c'en­triamo con le sue storie! Se non avessimo dimen­ticato la borsa, a quest'ora...

Bel                                - Vattene, se vuoi.

Sid                                - (agitando ancora la rivoltella) Mi spiace, signora, ma non se ne andrà nessuno. Se Ève resta qui, dovrete rimanere anche voi, almeno fino a domattina. Avevamo già deciso di aspettare in­sieme che si faccia giorno. Ci farete compagnia.

Bel                                - Lei non può...

Sid                                - (interrompendola, bruscamente) Devo farlo, signora! (Alludendo a Ève) Forse, prima di domat­tina, riuscirò a farle capire come sia assurda la sua cocciutaggine. (Altro tono) Cerca da bere, Charles.

Charles                          - (a Mike) Dov'è?

Mike                              - Se aspetti che te lo dica io dove puoi tro­vare da bere...

Sid                                - (grida verso la cucina) Josie! (A Ed e a Bel) Accomodatevi. Abbiamo molte ore a disposizione. Non voglio certo costringervi a trascorrerle in piedi.

Ed                                 - Non è ammissibile! Io (guarda la rivoltella di Sid e cambia tono) Devo arrendermi a questa assurda costrizione, ma protesto con tutte le mie forze!

Bel                                - (ironica) Bravo! (Va a sedersi, con Ève, presso il tavolino a destra. Poco dopo anche Ed andrà a sedersi accanto a Ève e alla moglie. Josie giunge dalla cucina).

Josie                              - Avete chiamato?

Sid                                - Sì. Dov'è il whisky?

Josie                              - (a Ève) Devo dirglielo?

Ève                                - E' lui il padrone.

Sid                                - (ironico) Grazie. (A Josie) Allora? (Josie va all'armadio e ne trae la solita bottiglia, ormai quasi vuota e il vassoio con i bicchieri, che porta sul ta­volo. Sid la guarda) Tutto lì?

Josie                              - C'è un'altra bottiglia.

Sid                                - Prendila. E servi tutti.

Charles                          - Meno Mike.

Sid                                - Naturalmente. Mike non è invitato. (Gli si rivolge) Vai a sederti. (Mike si sposta dalla zona del finto caminetto, dove si trovava e va a sedersi vicino a Ed. Sid si accorse che Bel lo sta guar­dando) Che c'è?

Bel                                - (a Ève, alludendo a Sid) Come hai fatto a non accorgertene? Basta guardarlo...

Ed                                 - Bel!

Sid                                - (a Ed) La lasci dire. E' un'altra che non capisce, come Ève. (Ironico) Io servo la nazione in questo momento.

Mike                              - Non fatevi incantare! E' pieno di veleno come un nido di...

Sid                                - (interrompendolo, bruscamente) Basta, Mike! (Josie, con la nuova bottiglia, ha riempito alcuni bicchieri di whisky, ma solo Charles e Sid li hanno accettati. Sid alza il suo) Alla nostra notte, Ève! (Beve) Un altro, Josie! (Alza nuova­mente il bicchiere, guardando Ève) Alla città di pietra! (Beve).

Ève                                - Sei un mostro!

Sid                                - Perché? Claude non lo sa, ma con quella bomba li ha resi eterni. Noi ci preoccupiamo per una notte perduta e loro... Il sole li scalda, la piog­gia li lava, il vento li asciuga... (Di scatto, rivolgen­dosi a Josie che sta imbambolata ad ascoltarlo, a bocca aperta) Tra dieci anni, o venti, cosa sarà restato di te? Putridume, o polvere, o qualcosa di più ripugnante ancora: una vecchia che ha paura di morire. Se ti pietrificassimo, invece... (Con altro tono, perentorio, porgendole un bicchiere) Bevi!

Josie                              - (dopo aver bevuto, come se fosse stata in « trance », si riscuote) Voglio andare a dormire.

Sid                                - (brusco) Questa notte non dorme nessuno. Siediti qui con noi! (Josie, obbediente, prende posto su una delle sedie presso il tavolo che si trova al centro del soggiorno. Su un'altra è seduto Charles. Intanto Sid si è rivolto a Ève) Mentre tutti si battono per il tuo Claude, io lo tradisco... (A Ed) Lei aveva assistito al processo dell'eroe?

Ed                                 - No. Le ho già detto che non mi sono mai occupato di...

Sid                                - (interrompendolo) Peccato. E' stato molto istruttivo. C'erano tutti in causa. La guerra, la I pace, la patria, l'umanità... Ève era convinta che Claude sarebbe stato assolto... E l'hanno assolto infatti, ma solo per aprirgli una prima volta la porta del manicomio. Poi l'hanno dimesso, ma ha voluto tornarci. E lo sa perché? Perché si è messo in testa - pensi un po' - che la pace non sia un'of­ferta provvisoria che possiamo accettare dai go­verni, ma un bene definitivo che dobbiamo con­quistare noi, meritare noi, individualmente. Dice che i trattati contro la morte di pietra non servono a niente finché esistono le armi che possono darla, e che le armi può deporle soltanto l'uomo... L'uomo, capisce? Non i governi. L'uomo solo che diventa tutti... Evidentemente non ha saputo ri­cordare il suo processo... (Torna a vuotarsi da bere e alza il bicchiere) Al tuo eroe, Ève! (Beve. A Mike) Non sperare che mi ubriachi, Mike. (A Charles) E tu non perderlo dì vista... (Balza a se­dere sul tavolo) E' stato un bel processo, sì... (A Ed) Davvero lei non l'ha seguito?

Ed                                 - No. Ho soltanto letto qualcosa.

Sid                                - Male. Bisognava esserci... Le cronache non potevano dire tutto. (Altro tono) Sa qual è la cosa più buffa? Che dopo quello che è stato costretto a sentire, in quell'aula, Claude possa ancora cre­dere di riuscire a incidere, a modificare... Se non è guarito allora, bisogna proprio dire che è irrecuperabile. (A Ève, aspramente) E anche tu lo sei! Tu c'eri, al processo, e speri ancora che Claude riesca a farsi capire... (Quasi allegro, a Ed) Prima hanno ascoltato i militari: tutti gli uomini che facevano parte dell'aereo comandato da lui, uno dopo l'altro... (Recita con accentuata ironia a domanda e risposta) «Provate qualche senti­mento di colpa per aver partecipato all'operazione conclusasi con l'annientamento della città che venne poi detta di pietra? » - « No, signor presi­dente. Ho eseguito un ordine » - « Sareste pronto a ripetere ciò che avete fatto allora? » - « Sì, si­gnor presidente. Sono sempre disposto a compiere il mio dovere ».

Ed                                 - Ben detto!

Sid                                - (a Ed) Grazie! (Riprende la recitazione) « Non vi siete chiesto se per caso non fosse da discutere un ordine che, in un certo senso, sem­brava poter trascendere, apparentemente, il diritto a impartirlo da parte di chi lo emanava? » - « Non capisco, signor presidente » - «Bene. Potete an­dare » - « Signorsì, signor presidente ». « Avanti un altro... ». (Con altro tono) Cosa pretendevi. Ève? Che andassero a rinnegare, davanti a un giu­dice, il sacro rispetto dovuto al primo comanda­mento della legge militare?... Gli ordini non si di­scutono, Ève! E come si potrebbe? Claude in que­sto ha visto giusto: hanno firmato un trattato, ma finora sono soltanto gli ordini dei militari che garantiscono la nostra sicurezza. Lo sai, no? Da anni, ormai, migliaia di aerei sono in volo con a bordo la morte di pietra. La morte di pietra è sospesa su noi. Aspetta soltanto un ordine. Come potrebbe difenderci se gli ordini non fossero ri­spettati?

Ève                                - Saremo distrutti tutti, Sid!

Ed                                 - Se la Patria chiama, se il dovere lo esige...

Sid                                - (sempre a Ève, allundendo a Ed) Lo senti? Tutti lo esigevano, allora, che Claude desse il « via libera » al lancio. Anche gli scienziati... Non ri­cordi? Il professor Tibbet lo ha detto al processo: «Secondo me, il trauma psichico sofferto dal co­mandante Claude Loving è assolutamente ingiu­stificato. Per quanto la nostra nuova arma fosse micidiale, essa giovava, tuttavia, a porre fine ad una guerra nel corso della quale altre armi, ben diversamente micidiali, avrebbero potuto distrug­gere intere popolazioni ».

Ed                                 - E' vero! Io ho sempre sostenuto che il fine giustifica i mezzi.

Bel                                - (aspra) Tu, per quello che ne so, giustifichi tutto, purché non ti riguardi.

Sid                                - (conciliante) La prego, signora... (Riprende la sua recitazione) «Non dimentichiamoci, signor presidente, che il nemico aveva allo studio i ful­mini globulari, il raggio della morte e la pioggia ipritizzante, senza contare la diffusione intensiva di malattie infettive come la peste e il vaiolo nero ».

Ève                                - (vibrata) Perché non dici cos'ha risposto Claude?

Sid                                - Come no? Lo dico, sì... Ha risposto che tutti gli scienziati del mondo dovrebbero sospen­dere il loro lavoro alle armi distruttive, finché una internazionale di giuristi non abbia instaurato un governo mondiale grazie al quale non possano esi­stere organizzazioni politiche e forze militari do­tate di poteri eccessivi. Ha anche detto che senza le forze della scienza, quelle politiche e militari « deperirebbero » e morirebbero.

Ève                                - (polemica) E non è così?

Sid                                - (altrettanto polemico) Certo che potrebbe essere così. Ma chi te lo dà il governo mondiale? E dove li trovi gli scienziati disposti a sacrificare i loro esperimenti?

Ève                                - E' un problema morale, Sid! Un problema di coscienza.

Sid                                - Oh, la coscienza ... (Si versa da bere) Alla coscienza, Ève! (Beve) ... Nei primi anni, dopo il disastro alla città di pietra, si raccontò che uno dei responsabili si era ritirato in un convento.

Ed                                 - Sì. L'hanno detto.

Sid                                - Non era vero. Quel tale aveva semplice­mente deciso di non servire più lo Stato, preferendo dirigere una fabbrica di sapone... Comunque il fatto stesso che la notizia di quella conversione si fosse diffusa, dimostra che la gente la riteneva plausibile... C'era allora, sì... C'era un certo stato d'animo propizio ad accettare le tesi di Claude-Ma poi... Poi ci si è riabituati a rimetterla in pace, la coscienza... Hanno interrogato anche un pastore al processo. (A Bel) Lo sa cos'ha detto? Ha detto che il cittadino, delegando allo Stato i suoi poteri di decisione, non può più considerarsi responsa­bile di ciò che lo Stato fa, né, se il governo è legittimo, può esimersi dall'obbedirlo. Relativa­mente a Claude, pur apprezzandone le buone in­tenzioni, ha dichiarato che non poteva fare a meno di rimproverargli un peccato di orgoglio: « C'è già stato Uno » - ha esclamato - e si capiva che diceva Uno con la « u » maiuscola - « c'è già stato Uno che ha voluto espiare anche per gli altri, dopo essersi assunto le colpe di tutti »... (Con al­tro tono) Sembrava avere paura che il tuo eroe, Ève, volesse mettersi in concorrenza con Gesù Cristo.

Mike                              - Se fossi Dio, Sid, vi farei cascare la lin­gua!

Sid                                - Chi te lo dice, Ève, che Claude non sia un esibizionista?

Ève                                - (sdegnata) Come puoi...

Sid                                - (ancora interrompendola, acre) Per un mo­mento si è sentito al centro dell'attenzione gene­rale, e poi, dato che anche gli eroi si dimenticano, chissà che dopo la trovata dei rimorsi non abbia escogitato quella della pace assoluta per...

Bel                                - (prevenendo Ève) Lei non è soltanto un mostro! Lei è un... Un...

Sid                                - Non si affatichi. Mi conosco.

Ève                                - Tu disprezzi tutti, Sid, perché disprezzi te stesso.

Sid                                - (colpito) Brava. (Reagisce con ironia) Stai cominciando a capire. (Altro tono) In ogni caso, al processo, hanno avuto ragione i medici: Claude è un pazzo... Se gli avessero dato ragione avreb­bero dovuto ammettere il proprio torto, no? Non c'era scelta! O lui al manicomio, o gli altri sotto accusa!

Ève                                - Lo hanno tradito tutti. Anche i giudici!

Ed                                 - Non puoi permetterti.

SlD                                - Diamine, Ève! Non vorrai pigliartela con quel buon uomo del presidente del tribunale... Dal momento che tutte le testimonianze concor­davano nel definire Claude un maniaco, cos'a­vrebbe potuto fare?

Ève                                - (d'impeto) Ma è per questo, Sid! E' per tutte le cose che hai detto che bisogna capire Claude, che bisogna ancora lottare, che bisogna ancora battersi!

Mike                              - E' marcio, Ève! Non vedi che ci piglia in giro?

Sid                                - Sei acuto, Mike! (A Ève) Dobbiamo mo­rire, Ève! Tutto se ne va e... E' inutile battersi. (Accenna a Josie che da qualche minuto si è asso­pita) Guarda lei... Ha scelto l'unica soluzione. Dormire, e infischiarsene... E quando non si può dor­mire, pensare agli affari propri.

Charles                          - Giusto!

Sid                                - (a Ève) Sai che servizio pubblicherà il mio giornale nel supplemento di domenica? In occa­sione del ventennale della città di pietra, pubbli­cherà un'inchiesta per stabilire quanto costano quei morti. Aspetta, fammi finire. Non quanto è costato ucciderli. Quanto costano loro, il prezzo che ha la pietra che assomiglia di più a quella di cui sono fatti... Non è una cifra molto rilevante.

Mike                              - Dovreste vergognarvi!

Sid                                - Io? E' il pubblico che ha voluto quell'in­chiesta! Sono sicuro che avrà un successo enor­me... Siamo tutti giudicati in base al costo, Ève. Anche i morti di pietra. Anche la pace. Anch'io. Dopo il « colpo » sulla fuga di Claude io costerò di più. Si dirà di me: « Prima valeva tanto... Adesso vale tanto... ». Non c'è altra regola, Ève! E chissà che anche tu... (Con sarcasmo) Quanto costa un'eroina della buona causa?

Bel                                - (a Ève) Dovresti ucciderlo!

Sid                                - Addirittura? (sincero) Forse mi farebbe un favore... (Con altro tono) Non c'è niente che conti, Ève. Soltanto il danaro. Sarà per la morte di pie­tra sospesa sulle nostre teste, o per qualche altra ragione, non so... Ma il fatto è che siamo tutti in trappola... (A Ed) Non è vero, forse?

Ed                                 - Sotto certi aspetti.

Sid                                - (vibrato) Tutti in trappola, sì! (Altro tono) Cerchiamo di venirne fuori con l'aiuto dell'indif­ferenza o delle « idee nobili » come quelle di Clau­de, ma è come tentare di uscire da una camera che non ha porte... (A Ève) E tu che non sei pazza, come lui (guarda il soffitto) l'avresti già capito, se la tua ostinazione non avesse un altro movente, un movente che non conosco, ma che c'è... C'è, Ève! Un movente segreto!

Ève                                - (turbata) Quale movente?

Sid                                - Sei troppo intelligente per non esserti ac­corta che la tua lotta è assurda, inutile. Hai tante forze contro di te! Se insisti vuol dire che qual­cosa ti spinge a continuare, nonostante tutto... Co­s'è, Ève?

Ève                                - E' il diritto alla vita, Sid!

Sid                                - Oh, che parole alte! (Ironico) « Diritto alla vita ». Non senti com'è retorico? (Si è versato nuovamente da bere) Brindo alla vita, Ève! Alla vita e al mio scheletro! (Beve) Qualcuno ha scrit­to che ognuno di noi ha uno scheletro in un ar­madio... Qualcosa di vergognoso da nascondere... Per me è la smania del « colpo », del successo... Qual è il tuo scheletro, Ève?

Mike                              - Non rispondergli! E' ubriaco!

Sid                                - (senza badare a Mike, avvicinandosi a Ève) Speri di diventare celebre? Perché no? (Ironico) La parte è bella, non lo discuto... L'eroina che fa rinsavire il mondo.

Bel                                - (polemica) Non è un compito nobile?

Sid                                - (caustico) Certo! Il movente, però, non sa­rebbe del tutto disinteressato... (Con altro tono) Vuoi inserirti nella storia? No? Non è la vanità il tuo piccolo scheletro nascosto? Qual è allora? (Si accorge che Ève ha alzato gli occhi verso il soffitto) Pensi a Claude? Ma sì, perbacco! E' quel­lo il movente! (Acre) E' lui!

Bel                                - (insorgendo) Come osa?

Sid                                - (interrompendola, bruscamente) Non parlo con lei! (Con altro tono, a Ève) Non devi vergognartene, Ève! (Aspramente ironico) Credevi di dedicarti a una buona causa e in realtà obbedivi soltanto ai tuoi istinti. (Prevedendo lo scatto di lei, che si è alzata) Non negarlo! Lo so che til piace! E so anche il perché! (Con sarcasmo) Amo­re e morte! Sentirsi prendere da un uomo che ha pietrificato due milioni di persone dev'essere meraviglioso per una femmina! (Ève lo colpisce con uno schiaffo).

Ed                                 - (si è alzato) Non doveva.

Bel                                - (pure in piedi) Lei è un mascalzone!

Sid                                - (a Ève, accarezzandosi la guancia colpita) I Non hai risposto, Ève! Se non è l'amore per | Claude, il tuo movente segreto... Qual è?

Ève                                - Vorrei poterti odiare!

Sid                                - Non è ancora una risposta, Ève! Io lo sol che ce n'è una! Una risposta intima! Tua!

Ève                                - (turbata) Non... (Scuote la testa come perì dire « Non posso »).

Sid                                - Dimmela, Ève! Forse... (Sincero) Forse può salvarmi!

Ève                                - Basta, Sid! (Affranta) E' vero. C'è una risposta mia! Te la dirò, Sid! Te la dirò...

ATTO TERZO

L'azione del terzo atto ha inizio - con tutti i per­sonaggi in scena - dallo stesso istante nel quale è stata interrotta alla fine dell'atto secondo.

Sid                                - E allora, Ève?

Ève                                - Sì. Ho un movente « mio » per dedicarmi a Claude.

Sid                                - Ne ero sicuro... (A Ed e a Bel) Ma perché state in piedi? Ève deve dirci qualcosa... (A Ève) Coraggio. Stiamo aspettando il tuo segreto.

Bel                                - Non devi dirgli niente, Ève! Non può pre­tendere che tu...

Ève                                - (interrompendola) E' una cosa di tanto tempo fa. Capitò nel nostro vecchio alloggio... (A Sid) Abitavamo all'ultimo piano di un palazzo molto alto. Un giorno - io ero una ragazzina, la guerra era finita da pochi anni - ero sola in casa con mia madre... (A Bel) Tu eri a scuola, Bel, e papà in ufficio... (A Sid) Stavo leggendo un libro, in sala. Avevo un vestito verde, nuovo. La mamma si era affacciata, dalla porta a vetri del terrazzo, e mi aveva vista, mentre mi ammiravo allo specchio: « Sei molto carina, Ève. Il verde ti dona ».

Bel                                - Non lo ricordo un tuo vestito verde...

Ève                                - L'ho portato un giorno solo... (Altro tono) Sembrava un giorno meraviglioso, Bel, uno di quei giorni in cui ci si sente contenti di esistere e si ha l'impressione che il sole e il cielo pulito e l'aria stessa che si respira siano stati inventati per farci un piacere... (A Sid) Io ero... Ero quasi stordita dall'emozione per l'eleganza di quel ve­stito... Uscii sul terrazzo. Il bene di vivere mi dava il batticuore.

Sid                                - (in tono brutale, forse per vincere la propria commozione) E poi?

Ève                                - Sentii, improvvisamente, il bisogno di ri­leggere una poesia, come se dovessi pagare un de­bito di gratitudine a qualcosa, o a qualcuno... Mia madre era accanto a me, sul terrazzo, curva su un cesto di biancheria da stendere. Corsi in sala, dov'erano i libri, e presi quello che mi interessava. Feci appena in tempo ad aprirlo, quando mia madre chiamò « Ève ». Non le risposi. Cercavo la poesia. Mia madre chiamò ancora, con voce spa­ventata: «Ève! Dove sei, Ève?». E allora... (Si copre il volto con le mani).

Bel                                - Allora?

Ève                                - (a Bel) Volevo scherzare, capisci? « Ades­so non mi vede né in terrazzo né in camera », pensai rapidamente, « e si spaventerà. Chiederà: dov'è? ». (Altro tono) Non risposi. Non risposi perché volevo giocare. Giocare a impaurirla, per un momento. Giocare a farle credere, per un mo­mento, che fossi scomparsa.

Sid                                - (teso) E allora?

Ève                                - Ci fu un ultimo grido: « Ève! ». Un grido atroce, disperato. « Mamma! », gridai a mia volta, e corsi in terrazzo. Mia madre mi fissò, inebetita, come se non riuscisse a riconoscermi. Aveva le mani aggrappate alla ringhiera... « Laggiù », riuscì a balbettare. « Laggiù... ». Mi sporsi a guardare e per poco non svenni. Sulla strada, qualcosa di verde - un indumento caduto, una sottoveste, non so - qualcosa di verde spuntava appena oltre il marciapiede. Qualcosa di verde, come il mio abito, e la mamma, miope...

Bel - No!

Sid                                - Aveva creduto che tu fossi... (Fa un gesto come per dire « caduta dal terrazzo »).

Ève                                - Sì. Quando mi voltai era morta.

Bel                                - (in un grido) No, Ève!

Ève                                - (disperata) Morta, sì! Caduta in ginocchio, accanto a me, con le mani aggrappate alla ringhiera!

Bel                                - (sgomenta, ancora incredula) Vuoi dire che il cuore...

Ève                                - Sì! (Con altro tono) In un primo momento non volevo crederlo, non potevo crederlo che fosse morta. La chiamai, la chiamai piangendo, invocan­dola, perché avesse pietà di me, perché tornasse a vivere, perché mi perdonasse.

Bel                                - Non è possibile, Ève! La mamma non è morta sul terrazzo.

Ève                                - Riuscii, non so come, con la forza della disperazione, a strapparla dalla ringhiera, a trasci­narla verso l'ingresso della sala... Speravo, speravo ancora... Poi telefonai a papà. Quando arrivò, con il medico, la trasportarono nella camera dove l'hai veduta tu, più tardi... Tu eri ancora una bambina,

Bel                                - Papà preferì lasciarti credere che la mamma fosse morta nel suo letto, serenamente.

Bel                                - (sconvolta) E' orribile!

Ève                                - L'ho uccisa io.

Sid                                - Ma è assurdo!

Bel                                - (riprendendosi, dopo una pausa) No, Ève! Aveva già sofferto altri attacchi e...

Ève                                - E' quello che provai a dirmi anch'io... Oh, quante cose non provai a dirmi... Persino che se la mamma, quel mattino, avesse avuto gli oc­chiali...

Bel                                - Ma è vero.

Ève                                - No. Non c'era niente che potesse giustifi­carmi... (Altro tono) Dopo qualche giorno papà mi accompagnò dal medico. Temeva che mi ammalas­si... Si accorgeva che non riuscivo a darmi pace e volle farmelo ascoltare, il medico, mentre gli ripeteva che la mamma aveva già avuto alcune crisi, molto gravi... Caro papà... Credeva che il mio fosse un dolore al quale è necessario rassegnarsi... « Non devi più piangere, Ève! Non devi più piangere! ».

Sid                                - Come potevi supporre, quel giorno...

Bel                                - Era impossibile prevedere.

Ève                                - La mamma è morta, Bel! Che potessi pre­vederlo, o no, è morta per colpa mia!

Sid                                - (con una vena di ironia) E anche tu, come Claude, senti il dovere di espiare. Era questo il movente.

Ève                                - (vibrata) Espiare non basta, Sid! (Con altro tono) Quando seppi del dramma di Claude capii che c'era un rapporto, c'era una relazione tra gli uccisi della città di pietra e mia madre.

Sid                                - Non ha senso! Che rapporto può esistere?

Ève                                - (vibrata) C'è, Sid! Anche loro, come mia madre, sono stati uccisi dall'incoscienza! (A Bel, con altro tono) Quando io non ho risposto, alla mamma, pensavo di non far nulla di male. (A Sid) Si comincia col rifiutare una piccola, piccolissima responsabilità e poi se ne evita un'altra finché... Finché non ci si accorge di avere causato una tragedia.

Sid                                - Le tragedie le crea il caso. Ève! Tu parli di responsabilità, come se Claude, non accettando di comandare quell'aereo, avesse potuto evitare il lancio della bomba... E' il caso che ha destinato proprio lui a dirigere quell'operazione, così come avrebbe potuto farla dirigere da un altro... E la morte di tua madre...

Ève                                - (interrompendolo, amara) Se tu avessi pro­vato quello che ho sofferto.

Sid                                - Me ne rendo conto. Ma tua madre... Lo hai detto, poco fa. Se quel mattino avesse avuto gli occhiali, nel vedere quello straccio verde, sul mar­ciapiede, non si sarebbe spaventata, non avrebbe avuto l'infarto, tu non ti saresti messa in testa di essere responsabile della sua fine, non avresti sofferto nessun complesso di colpa e di Claude e dei suoi morti di pietra non ti importerebbe un accidente!

Ève                                - Non è vero!

Sid                                - (acremente polemico) Lo sai perché stasera stiamo qui a discutere? Perché domattina verran­no i fotoreporters? Perché il giorno che ti ho cono­sciuta ero stato dal dentista... Tu continuavi a par­larmi di Claude, ma io guardavo la tua bocca... (Altro tono) Hai una bella bocca, Ève... (Ancora mutando tono) Dopo la nostra prima cena, quando ti ho accompagnata all'albergo e ci siamo salutati, in macchina, avrei voluto baciarti... Ma non potevo perché... (Acre) Vedi com'è meschino, com'è pue­rile, ciò che può decidere della nostra sorte? Una visita dal dentista, fatta un giorno anziché l'altro, per una stupida medicazione... (Sarcastico) E tu credi alla responsabilità! (Altro tono, con amaro e pur ironico rimpianto) Se ti avessi baciata, Ève, chissà... Se quella sera tu mi avessi invitato a sali­re... Non è escluso, Ève! Non è proprio escluso che potessi rinunciare.

Ève                                - (interrompendolo) Puoi ancora farlo!

Sid                                - (con un lampo di speranza, subito repressa) Adesso? (Dopo una breve pausa, con rinnovato sar­casmo) L'eroina che si sacrifica al mostro per sal­vare il suo eroe... (Aspramente) No! Non mi piac­ciono i melodrammi. (Altro tono) Hai detto che mi odi, Ève.

Ève                                - Che vorrei poterti odiare.

Sid                                - E anche se non mi odi mi disprezzi... Forse hai ragione, anche se è il caso che ci fa come siamo... Il caso sì. E in parte gli altri. I giornali, i partiti, le associazioni, i governi. Anche loro, però, sono costretti a subire qualcosa di estraneo, qualcosa che è più forte delle loro intenzioni. (Iro­nico) Lo sai, in realtà, perché si sono accordati? Semplicemente perché, ad un certo punto, si sono accorti che la guerra, per ora, non può essere un buon affare, neppure per chi la vince. Un semplice calcolo, freddo, matematico: qualsiasi attacco, con la morte di pietra, non può escludere l'immediata rappresaglia e l'immediata rappresaglia rende inu­tile il vantaggio dell'attacco. « A » più « B » uguale a « D ». Dove il « D » significa distruzione per tutti. E' una ragione tecnica che ha imposto la tregua, non certo il senso di responsabilità di chi è stato costretto a sottoscriverla.

Ève                                - (d'impeto) No, Sid! No! E' proprio perché c'è ancora chi la pensa come te che Claude ha protestato! Non possiamo accontentarci delle ragio­ni tecniche!

Sid                                - (accorgendosi che Charles da qualche momento si è avvicinato ad una delle due finestre, guar­dando fuori) Cosa c'è, Charles?

Charles                          - Mi sembra di vedere qualcosa che si muove.

Sid                                - Esci a dare un'occhiata. (Charles esce).

Ed                                 - Non si potrebbero aprire le finestre? Io ho caldo.

Bel                                - Anch'io.

Sid                                - Perché no? (A Josie, che dorme) Josie!

Josie                              - (svegliandosi, con un sussulto) Eh?

Sid                                - Apri le finestre.

Josie                              - Subito. (Si alza e va ad aprire le finestre).

 

Mike                              - Potevate lasciarla dormire. L'avrei fatto io.

Sid                                - Per tentare di saltar fuori? No, Mike.

Mike                              - E' tutto inutile, Sid! Prima di domattina capiterà qualcosa, ne sono sicuro. Quelle ombre.

Sid                                - Non ne ho paura, Mike.

Mike                              - Però avete mandato Charles a guardare... Vi si legge in faccia che siete spaventato.

Sid                                - (minaccioso) Vuoi ricominciare?

Mike                              - Per carità! Voglio soltanto ricordarvi che j mi avete picchiato e che ve le restituirò! Ci potete contare.

Josie                              - (da una delle finestre, guardando fuori) 1 Corre, corre.

Sid                                - (in allarme) Chi?

Josie                              - Là... Là...

Sid                                - (avvicinandosi alla finestra) Cosa c'è?

Josie                              - Qualcuno.

Sid                                - (guarda fuori. Con tono di sollievo) E' Charles. (Improvvisamente Mike, incoraggiato da un cenno di Bel, balza su Sid e riesce a immobiliz­zarlo, stringendolo, dalle spalle, in una morsa).

Ève                                - No, Mike!

Sid                                - (divincolandosi) Maledetto!

Bel                                - (a Ed) Aiutalo, Ed! (Ed non si muove).

Mike                              - (esultante) Vi tengo, Sid! Ce l'ho fatta.]

Sid                                - (che ha sempre in mano la rivoltella) Lasciami! (Riesce ad alzare verso Mike la mano con l'arma, ma Josie, repentinamente, lo colpisce, facendogli cadere la rivoltella, della quale Bel si j impossessa).

Bel                                - (puntando l'arma su Sid) Fermo!

Mike                              - Dio ti benedica, Josie! Corri in cucina! Prendi una corda!

Ève                                - (che ha assistito, senza intervenire, a quanto accadeva) Non è giusto, Mike!

Mike                              - Lasciami fare, Ève! (Josie, nel frattempo, è uscita verso la cucina).

Sid                                - Non sapete cosa vi costerà. (Cerca ancora di divincolarsi).

Mike                              - Buono, Sid! O quanto è vero Iddio vi I rompo le costole!

Bel                                - (sempre con la rivoltella puntata su Sid) Non si muova!

Ed                                 - (spaventato) Senti, Bel...

Bel                                - (voltando l'arma verso il marito) Non avvicinarti!

Ed                                 - (sbalordito) Ti rendi conto? Tu osi, contro) di me.

Bel                                - Non immischiarti.

Sid                                - (a Ed) Sarete arrestati, processati!

Ève                                - Bel.

Bel                                - Non preoccuparti, Ève! Adesso tocca a me. (Dalla cucina rientra Josie con un rotolo di corda).

Sid                                - Ève, non permetterai che...

Mike                              - Presto, Josie! (Ève, dopo avere guardato un attimo Sid, scuote la testa e si avvia alla scala. La sale rapidamente, uscendo verso il piano superiore).

Ed                                 - (a Bel) Non è legale! Non è ammissibile che...

Bel                                - (aspra, alludendo a Sid) E lui? Agiva in maniera legale, forse?

Mike                              - Più stretto, Josie! (Tiene fermo Sid, men­tre Josie lo lega).

Sid                                - Non so a che cosa vi servirà.

Mike                              - Vedremo, Sid. Intanto mi diverte.

Sid                                - (a Ed) Lei lo sa cosa sta rischiando.

Mike                              - Non fatevi incantare, Ed! (A Sid, con altro tono) Con le vostre chiacchiere, se non vi cono­scesse, riuscireste a convincere anche il boia che vi impicca! Ma io vi conosco, grazie a Dio! (/ giri di corda sono ultimati) Ecco, così... E adesso, se state buono, vi metteremo a sedere. (Aiutato da Josie, alza Sid di peso e lo porta su una delle sedie alla quale finirà di legarlo).

Ed                                 - (a Sid) Sono spiacente, ma... (Allarga le braccia, come per dire: « Non posso farci nulla »).

Mike                              - (a Bel) Date a me quell'arnese. (Prende la rivoltella) Vado a pescare l'altro. Josie tu sta attenta a... (Indica Sid).

Josie                              - Ci penso io. (Si ode un tramestio dall'in­gresso).

Mike                              - Zitta! (Rapidamente va a mettersi a lato della porta, mentre Josie nasconde con la sua mole Sid, ponendogli una mano sulle labbra affinché non possa gridare. Entra Charles con il fucile).

Charles                          - Co... (Voleva dire « Cosa succede? », ma non ne ha avuto il tempo. Un pugno di Mike gli è piombato sulla nuca, come una mazzata, tramor­tendolo).

Mike                              - E' andato!

Bel                                - (entusiasta) Bel colpo, Mike!

Mike                              - Avevo un debito con questa carogna! (Reg­gendolo sotto le ascelle, trascina Charles su una sedia, accanto a quella di Sid. Intanto si rivolge a Josie) Hai ancora della corda?

Josie                              - No... Cioè... Sì. (Corre in cucina).

Sid                                - Non sperare di cavartela, Mike! Questi scherzi...

Mike                              - (interrompendolo) Credete?

Sid                                - Domattina, quando arriveranno...

Mike                              - (interrompendolo ancora) Domattina, caro Sid, vi troveranno qui, voi e il vostro amico.

Ed                                 - Andiamocene, Bel! Questo è il momento.

Bel                                - Vai tu, se vuoi. Io resto con Eve.

Charles                          - (aprendo gli occhi) Cos'è stato? (Vede Sid, legato, accanto a sé) Cosa v'hanno fatto? (Dalla cucina giunge Josie, con un altro rotolo di corda).

Mike                              - (a Charles, agitandogli sotto il naso la rivol­tella) La ruota gira.

Charles                          - (ovviamente spaventato) Cosa... Cosa vuoi farmi? (Grida) Claude!

Bel                                - (sdegnata) Claude, eh? Vi ricordate di Claude!

Sid                                - (aspro a Charles) Finiscila!

Mike                              - Dio ti perdoni, Charles! C'è modo e modo di essere vigliacchi, ma tu li batti tutti!

Charles                          - (mentre Josie, aiutata da Mike, lo lega) Mi fai male!

Mike                              - Stringi, Josie! (Eve appare dall'alto della scala).

Ève                                - (scendendo, rapidamente) Slegali, Mike!

Mike                              - (allocchito) Cosa?

Ève                                - (sempre pia risoluta) Ti ho detto di slegarli!

Mike                              - Ma tu scherzi! Ho rischiato la pelle per...

Ève                                - (interrompendolo) Lo so, e ti ringrazio, ma adesso li devi slegare.

Mike                              - (d'impeto) Neanche se mi scannano! Cosa ti prende? Va bene che abbiamo le armi, ma...

Bel                                - Non ti capisco. Eve! Se li slega...

Ève                                - (a Mike) Vuoi che lo faccia io?

Mike                              - (furibondo) Non toccarli! (Altro tono) Senti, Ève, ho sempre fatto quello che volevi, ma questa volta, no!

Ève                                - Ti prego, Mike!

Mike                              - Ma perché?

Ève                                - Ti prego!

Mike                              - (dopo aver fissato Eve, per un attimo, si arrende) Slegali, Josie.

Josie                              - (dopo aver provato a slegare Sid) Non ci riesco. Ho fatto tanti nodi e...

Ève                                - Vai a prendere le forbici. (Josie esce).

Mike                              - Ti auguro di non sbagliare, Eve.

Ed                                 - Dobbiamo cercare di essere ragionevoli.

Bel                                - (aspra, al marito) Non impicciarti, tu! (A Eve) Forse... Forse tu non stai bene, Eve. Tutte le emozioni di questa sera...

Ève                                - Sto benissimo.

(Rientra Josie, con un paio di grosse forbici).

Josie                              - (a Mike) Devo proprio?

Mike                              - (rassegnato) Taglia. (Josie obbedisce, ta­gliando la corda che legava Sid).

Sid                                - (massaggiandosi le braccia) Grazie, Eve.

Ève                                - (indicando Charles) Adesso a lui. (Josie libera Charles. Poi poserà le forbici sul tavolo, dove rimarranno).

Mike                              - (a Sid e a Charles, impugnando la rivoltella) Sentite, voi due. Ha voluto farvi slegare e io non sono d'accordo, ma comunque... E' lei che comanda. Non sperate, però, di giocarci qualche altro tiro. (Minaccioso) Il primo che si muove...

Ève                                - Dagli la rivoltella, Mike!

Mike                              - (esterrefatto) A chi?

Ève                                - A Sid, naturalmente. Non è forse sua?

Mike                              - (ancora incredulo) La rivoltella?

Bel                                - Perché dovrebbe?

Ève                                - (decisa) Dagliela, Mike!

Mike                              - (esplodendo) Ah no, sai! Questa volta no! Io gli dò la rivoltella, così lui mi rimette al muro e mi copre un'altra volta di botte!

Ève                                - Non ti toccherà, Mike!

Mike                              - Cosa ne sai? Non l'ha già fatto, forse? E magari (alludendo a Charles) dovrei anche ridare il mio fucile a lui.

Ève                                - Stavo per chiedertelo.

Bel                                - E' assurdo, Eve!

Ève                                - (prorompendo, disperata) Ma non capite? E' l'unico modo!

Mike                              - Quale modo?

Ève                                - Per parlare, per convincere! La rivoltella non è un argomento!

Bel                                - (alludendo a Sid) Ma lui la usava.

Ève                                - E con ciò? Gli ha fatto avere ragione, forse? Dalla a me, Mike!

Mike                              - No!

Ève                                - (imperiosa) Dammela!

Mike                              - (rassegnato) E va bene, Ève! Se vuoi che sia così, così sia! Ma io non rispondo se... (Le con­segna l'arma).

Sid                                - Dove vuoi arrivare, Ève?

Ève                                - (porgendogli la rivoltella) Prendila.

Sid                                - Non è leale.

Ève                                - Che tu la prenda?

Sid                                - Se la accettassi mi metterei in condizioni di inferiorità.

Ève                                - (amara) Dal momento che non hai scrupoli.

Sid                                - (altrettanto amaro) Se proprio insisti. (Prende la rivoltella e se la mette in tasca) Adesso, dopo il bel gesto, che cosa ti aspetti?

Ève                                - Che tu rifletta, Sid! (Altro tono) Poco fa, quando Mike ti ha... Ho pensato che la cosa miglio­re fosse quella di lasciarvi qui, e andarcene, con Claude. Ma proprio salendo da Claude...

Sid                                - (interrompendola, bruscamente) Perché non vuoi ammetterlo, Ève?

E ve                               - Che cosa?

Sid                                - Che ne sei innamorata. (Prevenendo la rea­zione di lei) E' tutta la sera che ti agiti. Bruciavi dalla voglia di salire da lui e non appena hai potuto... Anche le altre sere, no?

Bel                                - Non la riguarda!

Sid                                - (a Bel) Certo. Sono affari suoi. Ma dal mo­mento che spera ancora di convincermi... (A Ève, con altro tono) Bacia bene il tuo eroe?

Bel                                - (scattando) Lei è...

Sid                                - (sovrastandola) Sarei disposto ad andar­mene, Ève. (Insinuante) Se fossi sicuro che non c'è niente, tra voi due, se potessi credere che lo difendi come si difende un'idea.

Ève                                - (vibrata) A cosa ti servirebbe?

Sid                                - (aspro) Ad avere una prova della tua buona fede!

Ève                                - (con violenza) No, Sid! Basta con gli inganni! Tu non vuoi una prova della mia buona fede! Vuoi farti dire che gli voglio bene, che non posso fare a meno di amarlo, che non voglio perderlo!

Sid                                - (con altrettanta violenza) E non è così?

Ève                                - (con esaltante calore) Sì che lo è! Lo amo, Sid! Lo amo, con tutta l'anima.

Sid                                - (caustico) Eccolo il movente! L'hai fatto fuggire perché ti piaceva.

Ève                                - (interrompendolo, spavalda) Anche!

Sid                                - (acre) Te l'avevo detto! E' una questione di istinti!

Ève                                - (aggressiva) No, Sid! No! Io lo amo, Claude, perché ho voluto amarlo! E benedico il bene che è venuto - che ho voluto che venisse, per lui -perché mi ha dato il coraggio di battermi per sal­varlo, mi ha fatto dimenticare ogni rischio, mi ha dato la forza di lottare contro tutto e contro tutti! Pensi che sarei riuscita a sfidare un'intera nazione, il mondo intero, se non...

Sid                                - (interrompendola, ironico) Il grande amore, si capisce... (Aspro) Perché lo negavi, allora?

Ève                                - (d'impeto) Per non fare il tuo gioco, Sid!; Per non renderti le cose più facili! (Nuovamente aggressiva) Credi che non lo sappia perché hai voluto farti confessare il mio bene per Claude?'

Sid                                - Per smascherarti! Per vederti uscire dalla( tua piccola ipocrisia.

Ève                                - (ancora aggressiva) No, Sid! Perché ti ser­viva un alibi!

Sid                                - Quale alibi?

Ève                                - Tu fingi di amarmi.

Sid                                - Ma io ti amo, Ève!

Ève                                - Non è vero! Vuoi solo avere una scusa che ti faccia sentire meno spregevole.

Sid                                - (colpito, turbato) Stai inventando.

Ève                                - Non invento, Siàt Questa sera ho imparato a conoscerti. Tu non sei una canaglia senza scrupoli.

Mike                              - Lo è, Ève!

Ève                                - (a Mike) No! (A Sid) Hai bisogno di giusti­ficarti. Per vendere al tuo giornale la libertà di! Claude ti fai un alibi della gelosia! Non è più possi­bile, Sid! Non possiamo più contare sugli alibi! Dobbiamo smettere di fingere!

Sid                                - (a sua volta aggressivo) Sei tu che fingi! Tu e il tuo Claude! Volete far credere di battervi per un grande ideale e in realtà...

Bel                                - Non dovevi farlo slegare, Ève! Se non fosse armato non si permetterebbe.

Ève                                - (amara) Povero Sid! Anche questo ti servi­rebbe... Poter credere che tutto sia sporco, meschi­no, volgare. Che nessuno possa più sentirsi in buo­na fede, onesto, sincero.

Sid                                - (violento) Nessuno lo è.

Mike                              - Voi no di sicuro!

Ève                                - Lo è chi ha il coraggio di guardarsi dentro, Sid! Bisogna riconoscere le proprie colpe per ave­re la forza di continuare a lottare.

Sid                                - (sarcastico) Per chi vuoi lottare? (Allude a Josie che nel frattempo si era appisolata su una delle poltrone e che adesso dorme a bocca aperta) Per tipi come lei? (Accenna a Charles) O come lui?

Ève                                - Sai qual è il suo torto, Sid? E' il semplice torto di appartenere alla media. L'atteggiamento di Claude non poteva essere capito subito da una mentalità... (A Charles) Scusatemi. (A Sid) Da una mentalità comune come la sua.

Sid                                - (vibrato) Ma il mondo è fatto da gente comune! Perché vuoi continuare a illuderti?

Ève                                - La gente comune deve imparare a capire.

Sid                                - Che cosa? Che deve guardarsi dentro? Che la pietrificazione è un delitto? Che i trattati non bastano a garantire la pace? Lo sa già, ma non può farci nulla!

Ève                                - Non è vero!

Sid                                - La gente comune può subire, e basta! Se la costringeranno arriverà a subire persino la scom­parsa del sole!

Ed                                 - Cosa c'entra il sole?

Sid                                - (caustico, quasi divertito) Non l'ha letto? Per impedire alle bombe di volare tra i continenti con la morte di pietra non c'è che un mezzo: met­tere in orbita, attorno alla terra, nuvole di ghiaia, sempre più fitte, sino a farne un cerchio. Avremo un cielo di ghiaia se chi comanda lo riterrà indi­spensabile! (Aspro, a Ève) E' a chi comanda che devi chiedere degli esami di coscienza, non a me o a lei. (Indica Josie) Lei, purtroppo, può soltanto avere paura!

Ève                                - Ma è proprio perché siamo stanchi di avere paura che Claude ci chiede ancora di lottare! (Alludendo a Josie) Tu dici che non può fare niente. Ha paura, certo. Paura di non riuscire a tirare avanti, paura di ammalarsi, paura di invec­chiare... Paura, paura, paura! Ma anche lei potreb­be battersi, anche lei potrebbe imporre la sua parte di diritto a non avere più paura se tu non ti rifiu­tassi di aiutarla,

Sid                                - (sconcertato) Io?

Ève                                - (vibrata) Tu, sì! Perché le fai credere che la pace vera non sia possibile, perché non le dici che ha il dovere di pretenderla. (Con crescente sde­gno) E' colpa tua, Sid, è colpa degli uomini come te se la morte di pietra...

Sid                                - (interrompendola, con sarcasmo) Ma sicuro! Adesso finirai col dire che al posto di Claude, su quell'aereo, c'ero io.

Ève                                - E' come se ci fossi! (Con altro tono) Oh Sid, se tu riuscissi a capire! E' come se fossi accanto a una persona che ti è cara e la sapessi in pericolo e sapessi anche che dipende da te, solo da te, riu­scire a salvarla... Cos'è che non faresti, Sid? Eppure Claude non ti chiede molto. Basterebbe un grido. (Reagendo all'espressione ironica di Sid) Un grido, sì, ma tu lo rifiuti perché il male che hai, dentro, ti fa credere che niente possa giovare...

Sid                                - (interrompendola, brutalmente) Non c'è spe­ranza, Ève!

Ève                                - (d'impeto) Non c'è perché non la vuoi! Perché non sai meritarla! Hai trovato un altro alibi, il più facile, il più cattivo, quello della sfiducia.

Sid                                - Nessuno ha fiducia!

Ève                                - (in un grido) Ce l'ha Claude! (Altro tono) Ce l'ha l'uomo che più di tutti, al mondo, avrebbe il diritto di arrendersi, di rassegnarsi!

Sid                                - E' un illuso! Non riuscirà mai.

Ève                                - Sì che riuscirà! (Con altro tono) Tu ti con­sideri una vittima, e in parte Io sei, ma solo perché non hai sofferto abbastanza, perché il dolore non ti inchioda al male che hai fatto, o che potresti fare. Un dolore grande, Sid, grande e terribile come il mio o come quello di Claude! Non volendo ammettere le proprie colpe si ingigantiscono quelle degli altri, si ritiene che la vita stessa sia guasta e corrotta, si vede ovunque la malafede e non si ha più né la forza né il coraggio di reagire. Si finisce con accettare tutto, anche il cielo di ghiaia e la morte di pietra... (Illuminandosi, con una voce d'anima) Ma è venuto Claude! Claude ci ha inse­gnato che per reagire, per gridare, bisogna essere liberi, liberi del nostro male e degli alibi che lo nascondono, compresa l'incomprensione e la sfi­ducia degli altri. Cominciamo a vincere la nostra, Sid, e allora sì che riusciremo a convincere chi non capisce, allora sì che riusciremo a far sentire la voce di tutti a chi comanda! La pace vera, nata dall'amore dell'uomo per l'uomo... Per averla baste­rà un grido, Sid, e io ti dico che quel grido verrà. Nello stesso giorno, nello stesso istante, in tutto il mondo, in tutti i paesi, in tutte le città, in ogni sperduto villaggio, da milioni e milioni di voci, in tante lingue diverse, dalle strade, dalle case, dalle piazze, dai tetti, un grido solo: « Vogliamo vive­re! » (Mentre Ève parlava, Charles, che da qualche minuto si è alzato, è riuscito ad avvicinarsi al fucile di Mike).

Charles                          - (impugnando il fucile) Falla stare zitta, Sid!

Sid                                - (sgomento) Cosa fai?

Mike                              - Se t'azzardi...

Charles                          - (in uno stato di eccitazione morbosa) E' una lingua velenosa, Sid! E' per lei che mio fratello mi odia!

Ève                                - Non è vero!

Charles                          - (interrompendola) Siete voi che lo avete convinto a fare il martire, a mettersi contro tutti! Poteva guarire, poteva tornare a essere l'eroe di prima.

Ève                                - Charles, non potete...

Charles                          - (interrompendola ancora, con violenza) Io non posso capire, eh? Sono uno della media, un tipo comune.

Sid                                - (5/ è avvicinato a Charles) Dammi il fucile!

Charles                          - No.

Sid                                - Ti ho detto di darmi... (Cerca di strappargli di mano il fucile).

Charles                          - No! Io... (Parte un colpo).

Sid                                - Disgraziato!

Bel                                - (in un grido) Ève! (Ève è stata colpita ad un braccio).

Josie                              - (svegliandosi di soprassalto) Che c'è?

Mike                              - Maledetto! (Si avventa su Charles).

Ève                                - (perentoria) Lascialo, Mike! (Porta la mano al braccio ferito e se la guarda. E' sporca di sangue).

Sid                                - (sconvolto) Sei ferita, Ève!

Ève                                - (stordita) Non... Non è niente... (Sviene tra le braccia di Bel che con l'aiuto di Sid e di Josie la fa adagiare su una delle poltrone).

Ed                                 - Ci vuole un medico.

Sid                                - Vado a cercarlo.

Bel                                - Aspettate! (Ha visto le forbici sul tavolo. Le prende, taglia la manica del braccio ferito di Ève) Non è grave! (A Mike) Non c'è qualcosa per...

Mike                              - Sì! (A Josie) Tu sai dov'è la...

Josie                              - Subito! (Corre in cucina).

Sid                                - (livido, a Charles) Potevi ucciderla!

Charles                          - (è crollato, sconvolto, pentito) Non vole­vo sparare! Sei stato tu...

Mike                              - E' colpa vostra, Sid! E lei... Lei vi ha ridato le armi!

Bel                                - (sempre accanto alla sorella) Ève! (Ève è ancora esanime).

Sid                                - (a Bel) Respira... (Con altro tono) Ève! Rispondimi, Ève!

Mike                              - (furibondo) Le armi! (Afferra d'impeto il fucile e, avvicinandosi al finto caminetto, scaglia l'arma contro il muro. Poi affronta Charles che si è seduto presso il tavolo centrale, agitandogli un pugno sotto gli occhi) Puoi ringraziarla! Se non mi avesse fermato io ti... Augurati che non sia grave davvero, perché se no...

Charles                          - (inebetito) Non volevo, ve lo giuro, non volevo!

Bel                                - Poteva morire.

(Josie rientra dalla cucina con una cassetta per medicazioni).

Sid                                - Presto,

Josie.                             - (Josie posa la cassetta sul tavolo e aiuta Bel a medicare Ève).

Ed                                 - (a Charles) Dovrete rispondere di tentato omicidio.

Charles                          - (atterrito) No! No! Io... (Indicando Sid) E' stato lui.

Bel                                - Ève!

Mike                              - (acre) Credete che abbia piacere di rive­dervi? Siete voi che...

Sid                                - (interrompendolo, con ira) Io! Sempre io! Si capisce! Tutte le colpe sono mie! (Esasperato) Io ero sull'aereo al posto di Claude, io le ho spa­rato, io non voglio che il mondo si salvi! Cos'altro vuoi da me? Che ti dica che sono stato io a ucci­dere sua madre?

Mike                              - Ne sareste stato capace.

Sid                                - (aspro) Sicuro! Un vigliacco come me.

Bel                                - (violenta) Lo siete!

Sid                                - Sì, eh? (Con ira) Adesso lo vedrete chi è Sid Carrel. (A Mike) E' arrivata l'ora di fare i conti, Mike! Andiamo!

Mike                              - (stupito) Dove?

Sid                                - Hai promesso di venirmi a cercare, no? Vuoi la rivincita... Te la offro subito.

Mike                              - Dite sul serio, Sid?

Bel                                - Non fidarti, Mike! E' armato.

Mike                              - Non aver paura, Bel! Lo terrò d'occhio.

Sid                                - (impaziente) Avanti, Mike! Sono a tua dispo­sizione! (Esce per primo. Mike lo segue).

Ève                                - (riaprendo gli occhi) Cos'è?

Bel                                - Come ti senti, Ève?

Ève                                - (tesa, inquieta, dopo essersi guardata attorno) Dov'è Sid?

Ed                                 - E' uscito, con Mike.

Ève                                - (con ansia) Chiamatelo! Fermatelo!

Bel                                - Sta calma, Ève!

Ed                                 - Non devi agitarti.

Ève                                - Non posso! Io devo... Devo aiutarlo. (Si rial­za e ricade, nuovamente svenuta).

Bel                                - E' stato lo spavento. Tra poco starà meglio.

Ed                                 - Non c'è il rischio che...

Bel                                - Ma no!

Ed                                 - (rinfrancato) Bisognerebbe avvertire Claude. Avrà sentito lo sparo.

Bel                                - C'è tempo... (Altro tono) Non vorrei che! Mike...

Ed                                 - E' stato imprudente.

Ève                                - (riprendendo conoscenza) Sid!

Bel                                - E' ancora fuori, Ève.

Ève                                - (disperata) Uscite! Gridate! Chiamatelo! (E’ in stato di choc) Bisogna gridare, tutti!

Bel                                - Sì, Ève, ma adesso non agitarti. Cerca dil riposare.

Ève                                - (straziata) Non posso riposare! Non c'è! tempo! (Tenta ancora di alzarsi).

Ed                                 - Non devi muoverti, Ève!

Josie                              - La ferita è leggera, ma...

Ève                                - (concitata) Gridate! Gridate! Perché non gridate? (Chiama a gran voce) Sid! (Con altro tono) Aiutami, Bel! Se grido da sola non potrà sentirmi! Tutti dobbiamo gridare! Tutti!

Charles                          - Se volete che vada io...

Ève                                - Sì! Andate! Andate subito Charles.

Bel                                - No. Lui non può. Mike non vorrebbe.

Ève                                - (sempre più concitata e convulsa, quasi fosse in delirio) Vai tu, Ed! E anche tu, Bel! Ma fate presto! Non c'è più tempo!

Bel                                - Andremo, Ève! Quando tu starai meglio.

Ève                                - (disperata, con tesa amarezza) Andrete! Più tardi! Domani! E' sempre così... (Scuote la testa) E' inutile! Non sono riuscita a... (Improvvisa­mente fredda e impassibile, come se fosse diven­tata di pietra) Ormai...

Bel                                - (dopo aver posato una mano sulla fronte di Ève) Hai la febbre.

Ève                                - Ho freddo.

Ed                                 - Prendi una coperta, Josie.

Ève                                - (a Josie) No. Resta qui.

Ed                                 - Se avessi ascoltato i miei consigli.

Bel                                - (indignata) Ed!

Ève                                - (dopo una lunga pausa, assorta, a Bel) Quel freddo della città di pietra... Tu l'hai sentito, Bel. E' qui. L'ho dentro di me... (S'interrompe, udendo un tramestio dall'ingresso).

Ed                                 - Eccoli. (Entra Mike, sconvolto).

Mike                              - (vedendo Ève che lo scruta, tesa, immobile, cerca di assumere un atteggiamento disinvolto) Come va, Ève?

Ève                                - Dov'è Sid?

Mike                              - Mi ha detto... (Estremamente a disagio, abbassa lo sguardo) E' entrato nella foresta... Ti manda a dire che è tutto sistemato per Claude.

Ève                                - (tesa sino allo spasimo) Dov'è, Mike?

Mike                              - (sempre più a disagio) Mi ha detto che lui (allude a Charles) non parlerà, perché altri­menti dovrebbe rispondere del tuo ferimento. Gli altri non sanno niente e quando arriveranno po­tranno credere che...

Ève                                - (interrompendolo, convulsa) Dov'è?

Mike                              - (non riuscendo più a contenersi) Te l'ho già detto dov'è! Nella foresta! (Rapido) Siamo usciti, ma era una scusa, un altro dei suoi male­detti imbrogli... « Senti, Mike » - mi ha detto -« devi farmi un piacere ». Voleva che venissi a dirti una cosa, per conto suo. Ha voluto che gliela ripetessi, per paura che mi sbagliassi... « Stai attento » - mi ha detto - « così e così, né una parola di più, né una parola di meno ».

Ève                                - (con angoscia) Che cosa, Mike?

Mike                              - Voleva dirti che... Così ha detto: « Ciao, Ève. Mi spiace darti un altro rimorso, ma è più forte di me. Senza alibi non riesco a sopportarmi ».

Ève                                - (dopo una brevissima pausa) E poi?

Mike                              - Poi niente!

Ève                                - (disperata) Dimmi la verità, Mike! La verità intera... (si alza) Cos'ha fatto, Sid? (Implorante) Ti prego, Mike! Ti prego!

Mike                              - Cosa vuoi che ti dica?

Ève                                - Lo so già, Mike.

Mike                              - E allora, se lo sai, perché me lo chiedi?

Ève                                - Si è ucciso.

Mike                              - (esasperato) Sì! Aveva già fatto qualche passo tra gli alberi. Si è voltato e mi ha gridato: « Non preoccuparti per i fotoreporters. Portali qui, domattina. Qualcosa troveranno » ... E' andato avanti finché è scomparso... Prima di spararsi ha incendiato della sterpaglia e adesso... La foresta brucia. (Con ira) Quanto è vero Iddio, Ève, non avrei voluto lasciarlo là, ma ho fatto appena in tempo a venire via, prima che il fuoco mi circon­dasse. (Dalle finestre si vede il bagliore della foresta che brucia).

Bel                                - Coraggio, Ève! (Ève toglie le mani dal volto. E' livida, fredda e impassibile, come se fosse tor­nata ad essere di pietra).

Mike                              - Perché mi guardi così? Io... (Ève, dopo avere fissato Mike, in atto di accusa, fissa allo stesso modo prima Bel e poi Ed).

Bel                                - Non puoi rimproverarci niente, Ève. Noi non...

Ed                                 - Cosa potevamo fare?

Bel                                - (disperata) Dì qualcosa! Non restare così! Dì qualcosa!

Mike                              - Perché ce l'hai con noi?

Ève                                - (sempre fredda e impassibile, ma con una estrema tensione interiore) Non avete saputo gridare... Non è ancora facile saper gridare quando è il momento... (Guarda la foresta che brucia).

FINE