Fondo oro

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FONDO ORO

di Alberto Severi

Personaggi:

Andrea Rubino, pittore

Vania, studentessa 

Scena:

La stanza di una vecchia torre su una scogliera.

Il vasto ambiente somiglia, in tutto e per tutto, alla cappella di una chiesa. Dalla finestra aperta arriva il fragore delle onde. Stridi di gabbiani.

 La stanza è affollata di icone russe: poggiate alle pareti, alle spalliere di seggiole impagliate, contro i muri. Attorno alle icone, candele smoccolate di cera e lumini, alcuni accesi, altri no. Vicino ad un cavalletto, su cui è collocata una tavola lignea, un uomo maturo, quasi vecchio, più vicino ai sessanta che ai cinquant’anni, dai capelli e la barba grigi, ma ancora dritto ed energico: si pulisce le mani, con uno straccio, dai residui di vernice dorata. Sulla pala, è stesa solo quella vernice, nella parte che farà da sfondo, mentre, nella metà inferiore della tavola,  la figura sbozzata a carboncino di una Madonna è ancora priva di colore. Accanto al cavalletto, tubetti di colore semispremuto, carboncini, stracci sporchi, bocce di trementina. L’odore di trementina si mischia a quello del salmastro.

Poco lontano, su uno sgabello impagliato, sta seduta una giovane donna sui venticinque anni, dai lunghi capelli biondo-rossicci, inanellati sugli zigomi.

ATTO UNICO

VANIA (si guarda attorno, rapita) : E’ bellissimo, qui. Sembra una chiesa.

ANDREA (brusco) : Era un pezzo di chiesa, tanti anni fa.

VANIA: Sì, lo so. (Sorride) Una chiesa sulla scogliera. Poi, la navata crollò, non è vero?

ANDREA (annuisce) : Il terremoto. Nel 1940.

VANIA:… ed è rimasta solo questa cappella, alta e stretta. Una specie di torre. Le è costato molto, acquistarla?

ANDREA (sempre brusco): Non lo so. Non ricordo. All’epoca non facevo caso al denaro che spendevo.

VANIA: Ne aveva molto…

ANDREA (si stringe nelle spalle) : Ho fatto ammenda.

VANIA (Fruga in una borsetta di pelle nera) : Maestro, lei mi consente, vero? (Estrae dalla  borsetta una piccola videocamera)

ANDREA (burbero): Che cosa?

VANIA (alza la videocamera e gliela mostra, con un sorriso di preghiera): Questa…

ANDREA: Se lo scordi. La metta via subito, o la faccio volare in mare dalla finestra.

VANIA: La prego.

ANDREA: Dico sul serio. La rimetta nella cosa… nella  fondina…

VANIA: Non è mica una pistola.

ANDREA: Peggio.

VANIA: E’ un modello… come dire? assolutamente discreto, non fa il minimo rumore. (Porta la videocamera all’occhio, la aziona, inquadra in una rapida panoramica le icone esposte)

ANDREA (velocissimo, furioso, senza una parola, le si avventa contro, le strappa la videocamera dalle mani, con pochi passi rapidi raggiunge la finestra e getta la videocamera tra i flutti)

VANIA (lo insegue, cercando di impedirglielo, grida): Maestro! Maestro la prego! No! Cristo! (Guarda dalla finestra, con le mani nei capelli)

ANDREA (ansante, torna verso il cavalletto, lasciando la ragazza sconsolata presso la finestra): L’avevo avvertita. E non bestemmi.

VANIA: Lei non sa quanto costava, quella videocamera…

ANDREA: Le rifonderò i danni. Anche se non sarebbe giusto. Ho agito per legittima difesa… L’hanno visto tutti.

VANIA (si guarda intorno, stupita, alla ricerca dei “tutti”): Difesa da cosa, di grazia?

ANDREA: Lo sa benissimo. Come dite voi? Diritto all’immagine.

VANIA: Ne avrei fatto un uso…

ANDREA (non la lascia finire): Stella Assenzio. Sì, Stella Assenzio non brilla di luce propria… (1)

VANIA: Cosa?

ANDREA: … Ruba la luce a nostro Signore. I cani latrano, ringhiano, e non mordono più…(2) Bisogna fare da soli. (Ridacchia, nervoso) Ruba l’anima agli uomini. Lei non deve essere sua complice, si ribelli… Finché è a tempo…

VANIA: Stella… Assenzio?

ANDREA: Non ha letto l’Apocalisse?

VANIA (fa un sorriso storto e ironico): Di sfuggita. Dal parrucchiere.

ANDREA: Perfetto. E’ il posto più adatto, per leggere l’Apocalisse… Comunque le rifonderò i danni, so che si usa farlo. Gli uomini si illudono di poter rifondere i danni…

VANIA: Maestro…

ANDREA:… e non sanno che tutti i danni, anche il più minuscolo, vanno ad accumularsi in un unico viluppo, o groviglio infinito, in un danno universale e irrimediabile. Barocco. Irrimediabile per l’uomo, si capisce…

VANIA: La mia tesi sarà orribilmente menomata, dall’assenza di quelle immagini.

ANDREA: Mi dispiace. Ma è già abbastanza, mi creda, che io abbia accettato di rispondere alle sue domande…

VANIA: Lo so.

ANDREA: Sono anni, che non rispondo a domande…

VANIA (lo incoraggia) : Da quando…

ANDREA (taglia corto): Zitto, e senza dipingere. (3) Anni. Molti anni. Le domande, in genere, mi piacciono poco. Come ha detto che si chiama?

VANIA: Questa, è una domanda…

ANDREA: Ha ragione. (Fa un gesto nell’aria) Non ha importanza. I nomi non hanno importanza.

VANIA: Sa benissimo che non è vero. Comunque, mi chiamo …Vania.

ANDREA: Vania? Non è un nome da donna.

VANIA: E allora? I nomi non hanno importanza, ha detto. Potrei anche non essere una donna.

ANDREA: Non mi prenda in giro. Non sono così vecchio.

VANIA: Vania, diminutivo russo di Ivàn.

ANDREA (fra sé): Giovanni. Ivàn. “Ivàn è un enigma…” (4)

VANIA: Cosa?

ANDREA (tace, rimira la sua icona incompiuta, poi) : Un enigma.

VANIA (dopo attimi di imbarazzo)  Non sono l’unica, in Italia. Sì, dico: Vania. Un tipico infortunio onomastico di genitori politicizzati. Un po’ tardi a capire, direi. Sono nata che già Breznev aveva invaso l’Afghanistan… L’inizio della fine del grande vecchio orso sovietico… Avevo undici anni, nell’89. Vania! (ride) I  miei amici mi prendono in giro, mi chiamano “zio”…(5)

ANDREA (brusco): Be’ , Vania. Se proprio dobbiamo farla questa intervista, o quello che è, facciamola. Ma ad una condizione. Risponderò solo a quello a cui voglio rispondere. E non si parla di “quello”…

VANIA: Queste sono DUE condizioni.

ANDREA (fa spallucce): E’ sicuro che lei è una studentessa e non una dannata giornalista?

VANIA (esita): Sono una studentessa.

ANDREA: Perché ha esitato?

VANIA: C’era scritto nella didascalia.

ANDREA (la guarda interrogativamente)

VANIA (spiega): “Vania, aperta parentesi: esita, chiusa parentesi due punti: sono una studentessa” .

ANDREA (la sogguarda, accigliato): Le ho detto di non prendermi in giro. Oppure…

VANIA: Mi farà fare la stessa fine della videocamera?

ANDREA: Perché, crede che ne sarei capace?

VANIA (lo guarda, e sorride, a disagio)

ANDREA: Risponda. Ne sarei capace, secondo lei?

VANIA (sempre più a disagio): N…no. Credo di no.

ANDREA: Sono troppo vecchio, vero? per fare ancora paura… E’ lei, se mai, che fa paura a me. Ma non solo paura.

VANIA: E perché?

ANDREA (la guarda intensamente): Paura. Timore, e tremore. (6) Somiglianza. Ma non è solo somiglianza, certo. Sebbene di somiglianza assoluta si tratti. Somiglianza perfetta. La somiglianza è l’identità. (7)

VANIA (turbata): Maestro…

ANDREA: Sì, certo. Non con lei, si capisce, vecchio pazzo: ma con Lei. (Indica vagamente verso l’alto)  La somiglianza. Insomma: non la maschera.  Lo sguardo. Quello sì: identico, da mettere i brividi. (8) (La carezza castamente sui capelli, guardandola come ipnotizzato)

VANIA (sempre più turbata, reagisce, gli ferma la mano): Ci sta provando, maestro?

ANDREA (furioso, la prende per un braccio e la strattona verso la porta): Se ne vada! Sparisca! Via da qui!

VANIA (lo implora): No, la prego. Mi perdoni…Non volevo offenderla…

ANDREA (si porta una mano al cuore, si ferma, con una smorfia): Offendermi! Cosa vuole che mi offenda, oramai. Io sono l’ultimo, l’ultimo su questa terra, che può… che ha il diritto… (Si siede, ha il respiro affannoso)

VANIA (premurosa): Andrea, si sente…bene? (gli mette una mano sulla spalla)

ANDREA (le prende la mano, annuisce, ma fa un’altra smorfia di dolore, poi prosegue): Brava, mi chiami col mio nome. Non mi chiami “maestro”. Io non voglio insegnare nulla, sa? non ho proprio nulla da insegnare. Debbo solo imparare.

VANIA (sorride ironica) : Come tutti…

 ANDREA: Proprio così. Come tutti.

VANIA (ancora ironica) : Umiltà, modestia: vera grandezza.

ANDREA (finge di non sentirla) : Dobbiamo ancora imparare, questo è ancora l’inizio, mi creda, sono i primi passi stentati, maldestri, pasticciati… Tutto finirà, presto: i segnali sono inequivocabili, anche se i più restano ciechi e sordi. Ciechi, soprattutto. Tutto finirà, e allora tutto comincerà, per davvero… (La guarda, e sorride, bonario) Potrei essere suo padre…

VANIA (distoglie lo sguardo) : Potrebbe benissimo.

ANDREA: Lo sa perché ho accettato di aprirle la porta, e di rispondere alle sue domande?

VANIA (ora ricambia lo sguardo, quasi amorevole): Si sentiva solo.

ANDREA: Anche questo, perché no. Ma non avrei accettato di accompagnarmi con chicchessia, e tanto meno di rispondere a delle… (fa una smorfia di disgusto) domande. Il fatto è che vedendola, dallo spioncino della porta… E non mi dica di nuovo che le sto facendo, come si dice…

VANIA (indulgente, annuisce): …la corte…

ANDREA (la allontana, con un gesto di impazienza): Sì, insomma, vedendola… qui (indica il cuore), ho avuto un soprassalto. Ma non equivochi di nuovo, la prego… Io sono vecchio, potrei…

VANIA: …essere mio padre.

ANDREA: Il fatto è che lei è bella…

VANIA (ride): Io?

ANDREA:…in una maniera che non c’entra niente con quello che lei forse sta pensando. Forse, anzi, certamente… (fa un gesto vago, all’intorno) c’entra con tutto questo… O con qualcos’altro, ancora, di sfocato, e dorato, e rosso.

VANIA (sul chi vive) : Rosso?

ANDREA: Rosso magenta, e oro. Lei sa perchè si dice rosso magenta? Perché a Magenta, i campi, dopo la battaglia, erano così intrisi, che… (Si confonde)  Lei è bella. In una maniera terribile.

VANIA (ha un brivido, ride): Terribile?

ANDREA: Ma sì, terribile. Terribile. Non ripeta sempre, col punto interrogativo! (Le fa il verso) “Io? Rosso? Terribile?” Terribile, sicuro. Spaventosa, in un certo senso. Dolorosa. E piena di gioia, però. Ma “terribile” è la parola giusta.

VANIA: Non lo so, se è un complimento.

ANDREA: Non lo è. Non faccio mai complimenti, io. Non li ho mai fatti. Dico che lei è bella in maniera terribile, ed è solo una constatazione. Anzi: una constatazione piena di timore e tremore. Perché la bellezza è una tremenda e orribile cosa, lo capisce anche Fiodor Karamazov, ricorda? (9)

VANIA (fra sé): Ba’tiuska Fe’dka. Papà.

ANDREA: “Iddio non ci ha proposto che enigmi. Un uomo, magari nobile di cuore e di ingegno elevato, comincia con l’ideale della Madonna e finisce con quello di Sodoma… Proprio in Sodoma risiede la bellezza, per la maggior parte degli uomini…” In Sodoma, sicuro. Nemmeno la maschera! Il sedile. Il cuscino-di-carne. La cloaca. E Fiodor – Dostoevskij –  chiama “Fiodor” il vecchio Karamazov… (10) Ciò nonostante, la bellezza ci salverà. (11)

VANIA (si strofina le spalle per cacciare i brividi): Non credo di essere così bella. Né da salvare, né da perdere chicchessia. E nemmeno ci tengo.

ANDREA: Come fa a saperlo? Lei non si vede.

VANIA: Be’, confesso di avercelo, qualche specchio, in casa. E di darci una sbirciatina, di tanto in tanto. Vanità femminile. Poi ci sono le fotografie, i filmati.

ANDREA: Sciocchezze. Quella che vede nelle fotografie, e nei filmati, non è lei. E tanto meno quella che vede negli specchi. Una delle invenzioni più stupide e nocive nella storia dell’umanità, gli specchi. Invitano anche gli imbecilli alla riflessione.

VANIA: E come dovrei fare, per vedermi davvero?

ANDREA (la guarda intensamente, poi): Dovrei farle un ritratto.

VANIA: Ma lei dipinge solo icone, adesso.

ANDREA: Già.

VANIA: Un’icona non è un ritratto.

ANDREA: Già.

VANIA: Forse, è il contrario di un ritratto.

ANDREA: Già. 

VANIA (lo guarda, poi, di scatto) : Facciamo l’intervista.

ANDREA: Pensavo che fosse già cominciata.

VANIA: Sì, e no. (Prende dalla borsa di pelle un registratore, lo accende)

ANDREA (inquieto, indica l’apparecchio): Cos’è?

VANIA (stupita): Un registratore. Solo audio. Stella Assenzio pure questo?

ANDREA (impaziente, stronfia): Deve proprio usarlo?

VANIA: Almeno questo.

ANDREA: Non potrebbe prendere appunti?

VANIA: QUESTO è più fedele…

ANDREA (indica la borsa): Quante diavolerie ha, là dentro?

VANIA (chiude la borsa, quasi a proteggerla): Oh, molte. Una moltitudine…(12)

ANDREA (sospira, rassegnato): Allora cominciamo?

VANIA: Avanti.

ANDREA (si schiarisce la voce): Mi chiamo Andrea Rubino. Ho cinquantotto anni.

VANIA: Coincidenza significativa (13), non si può fare a meno di notarla: Andrea Rubino, Andrej Rubliev. (14)

ANDREA (infastidito) : I nomi non hanno importanza.

VANIA: Vada avanti.

ANDREA: Riproduco icone russe. Per lo più tarde, di Otto e primo Novecento, faccio copie di copie, senza aggiungere nulla di mio.

VANIA: E perché?

ANDREA: “Perché !” Perché nulla va aggiunto, di personale, alla effettiva realtà trascendentale… Le basta?  E poi, perché, davvero, di mio, non ho nulla da aggiungere.

VANIA (parla al registratore): Questo da pochissimi anni. Prima, vent’anni fa, lei è stato l’ultimo dei grandi astrattisti italiani.

ANDREA: L’ultimo, è giusto. Sono arrivato per ultimo, e troppo tardi. I titani, i giganti, avevano già sferrato il loro assalto al Cielo. Magnifico assalto. Rovinoso. Io ero solo un’eco. Un’eco tardiva. L’ultima eco…

VANIA: E’ stato definito: un Klimt non figurativo. (15)

ANDREA (ha un moto di disgusto) : Non ho mai avuto niente a che spartire, con Klimt.

VANIA: Il successo. Le donne. E l’oro nei quadri.

ANDREA: Klimt era beatamente pagano. Lo compatisco, per questo. Qualche volta lo invidio. Non è stato certo l’unico pittore di successo, né l’unico che abbia usato l’oro, nei suoi quadri. Da Bisanzio in qua.

VANIA: Lei usava l’oro e  lo mischiava con liquidi e deiezioni corporali…

ANDREA (gli sfugge un sorriso): Abbiamo fatto molte sciocchezze, a quei tempi. Scandalose sciocchezze. (Improvvisamente rabbuiato) Ed io, molto di peggio, naturalmente.

VANIA: Lo scandalo fu tra le cause del successo.

ANDREA: Indubbiamente. Spesso è così. Ma debbo ammettere che non si trattò di una trovata. Lei che è una studentessa, dice, e non ho motivi per dubitarne… sa dove nasce la pittura astratta?

VANIA: Be’, in Russia, direi. Con Vasilij Kandinskij. (16)

ANDREA: E con Malèvic. Brava. Il quadro tutto nero. (17) C’era poco da aggiungere, dopo. Anche se lo abbiamo fatto. (Scuote la testa) Bah! Si trattava di glosse, precisazioni inutili. “Cenere, quanto andavamo facendo: fuoco ardente, la nostra fede”. (18)

VANIA: Bello.

ANDREA: E’ Borges. Cantore cieco, come Omero. O’ mè oròn. Il non vedente. Tiresia. (18 bis). Che stavo dicendo?

VANIA: Malèvic.

ANDREA (annuisce):  Tutto stava già lì. Come nelle protoicone. (19) Il quadro nero. “Pereat lux”. (20) Curioso, no? O meglio. Altamente significativo. Malèvic, Kandinskij. Il grado zero del figurativismo , il non plus ultra dell’iconoclastia, si dà nel paese delle icone… La Santa Russia. E la santa Russia, ne frattempo,  diventa l’Impero del male, la nazione atea. Il rosso e il nero. (21)

VANIA: Lei è stato sposato, con una donna russa…

ANDREA (smarrito): Cosa?

VANIA (non osa ripetere) : Niente…

ANDREA (alza la voce, concitato): Io capisco il rifiuto del realismo puro e semplice, perché nel realismo puro e semplice non c’è verità, è stato scritto (22) … Ma l’icona non è un ritratto, ha detto giusto lei, poco fa: non è realismo… Distruggere l’icona in spregio al realismo, cercare la verità nel non figurativo non ha senso.

VANIA (quasi in parodia): Maestro… Rabbi…  Cos’è, la verità? (23) (soffoca una risatina)

ANDREA (ignora la domanda): Poi, si sa come vanno queste cose: uno è tentato di cercare di recuperarla, la verità, mischiando, nel quadro senza verità,  l’oro, la piscia, il sudore, il sangue… Il sangue.

VANIA: A giudizio unanime della critica, il suo capolavoro è  “Uomo, donna, oro, mare”. Dove l’uomo è l’oro e…

ANDREA (getta a terra una boccetta di trementina, che si rompe; guarda la ragazza con sguardo iroso e atterrito insieme): Avevo detto che non dovevamo parlarne, di questo!  

VANIA: Chiedo scusa, ma non è facile. Dobbiamo pur ricordare che, prima di tutto questo…

ANDREA (sbotta) : Prima di tutto questo ero un medico, un giovane medico animato da un interesse morboso, oggi posso ben dirlo, per tutto quello che nel corpo umano c’è di nascosto, e di involontario, e di inconscio, e sembra vivere da sé, e per sé… Ogni ciglio, ogni pelo, che cresce, ed è me, e non lo è affatto, nasce, cresce, muore in me, senza che io ne sappia nulla. Come non so nulla delle sconfinate, inaccessibili cavità siderali che si aprono in me, bagnate di umori sconosciuti, invase di detriti, relitti, resti di cadaveri maciullati, milioni di minuscoli, microscopici coloni voraci e ciechi, le tubature tumide turgide tumefatte percorse da fiotti di liquidi a folli velocità e pressioni insopportabili, e le infinite ramificazioni e reticoli pulsanti nelle più estreme periferie della carne, sotto le soglie cornee delle unghie, la danza macabra delle ossa che si allungano, si decalcificano, sopravvivono morte come cose, minerali, la vita silenziosa, misteriosa e tumultuosa del pancreas e del duodeno, i tortuosi, profondissimi canyon sul pianeta grigio dell’encefalo, sconvolti da visioni ed epifanie e tempeste magnetiche, il battito assordante nei ventricoli, le bolle di gas nell’intestino anelanti alla fuoriuscita, fra masse protuberanti e maleodoranti di materia putrefatta, rivoli di umori, grumi di malattia, squarci e ferite su nude distese disseminate di crateri, bolle, fungaie, infiorescenze carnose, l’aprirsi e chiudersi, elastico, degli sfinteri, il vento incessante giù per la trachea, nei bronchi e bronchioli, baobab capovolti, i due immani alveari dei polmoni, gonfi d’ossigeno e d’anidridi, il periodico, mostruoso enfiarsi e irrigidirsi del membro virile, e la maratona dissennata di milioni di girini ciechi, le mie per lo più abortite creature nate da me, in me, e morte, e mai trasformate in altri me stesso, fuori di me…(Si passa una mano sulla fronte, sorride esausto, imbarazzato) Faccio… delle cattiva letteratura, vero?

VANIA: Ho sentito anche di peggio. Certo, non mi pare una visione molto obiettiva e scientifica, per un medico…

ANDREA: No. Non lo è. Ed è per questo che neppure terminai gli studi.

VANIA (con piglio giornalistico) : L’arte rappresentò per lei una specie di via di fuga?

ANDREA (si deterge il sudore) : Non ho mai parlato così tanto, e tutto insieme.

VANIA: Ripeto la domanda…

ANDREA: Non occorre. La risposta è no. O forse, all’inizio sì. Ma poi…

VANIA: Come avvenne?

ANDREA: Avevo sempre disegnato.

VANIA (suggerisce) : E nel disegno…

ANDREA:… in quel recinto di bellezza, certo, sentivo  morire il disgusto.

VANIA (suggerisce ancora): … e il terrore –  la nausea…

ANDREA: …la nausea, sicuro. Una maschera di carne, bucata per dare luce a due globi gelatinosi, mostruosi, spenti e derelitti dallo sguardo divino. (24) Invece, nel disegno, nella pittura, sentivo di nuovo una forma necessaria, che era anche una specie di armonia, una totalità armonica, non più spezzettata, disarticolata, e priva di senso.

VANIA: Conosceva poco la storia dell’arte del Novecento.

ANDREA: Non è così. La conoscevo bene.

VANIA: E credeva ancora nell’arte come armonia, forma, unità…?

ANDREA: Sì.

VANIA: Anche nei quadri di…?

ANDREA (la interrompe): Nei quadri di tutti. Di tutti. Sbagliavo? Può darsi. Mi sbagliavo di certo. Altrimenti… 

VANIA: Altrimenti…?

ANDREA: Altrimenti… (fa un sorriso triste e ironico, allarga le braccia)

VANIA (consulta un blocchetto di appunti) : E’ vero che la sua vocazione si precisò dopo una visita al museo di san Marco, a Firenze? Quanto ha influito, il Beato Angelico, nella sua scelta di privilegiare l’oro, nei suoi quadri? Cosa volle dire, per lei, rifiutare dell’Angelico il realismo figurativo umanistico, e sposare l’astrattismo, il non-paesaggio di certi suoi sfondi dorati?

ANDREA: Questa è una leggenda, diffusa ad arte in quegli anni. Sa benissimo, se ha davvero studiato, che l’Angelico usa rarissimamente il fondo dorato. Se mai Simone Martini, l’Annunciazione, agli Uffizi. (25) E poi non sono mai entrato nel convento di san Marco a Firenze…

VANIA: Mi pare grave, per un artista.

ANDREA: Sarebbe peggio per un frate di quel convento.

VANIA:   E comunque, lo sostiene lei stesso, in un’intervista, mai smentita, a Flash Art.

ANDREA: Questo non cambia nulla. 

VANIA: Lei portò i suoi figli piccoli, a visitare il museo di san Marco.

ANDREA (la guarda, inquieto): E lei come lo sa?

VANIA: Lo diceva lei, in quell’intervista.

ANDREA  (scuote la testa): Lei non è una studentessa. Cosa vuole da me?

VANIA: Debbo scrivere la mia tesi. Vent’anni fa, lei era all’apice del successo. Non aveva nemmeno quarant’anni. Era il Klimt del neo astrattismo metafisico. Poi…

ANDREA: Poi basta. Abbiamo detto di non parlarne.

VANIA: Un’interruzione di quindici anni. Zitto, e inoperoso. Finché, da cinque anni, ha ripreso a dipingere, e dipinge solo copie perfette di icone russe.

ANDREA: Ben detto, Vania. Copie perfette. Copie di copie di copie. Niente di meno. E niente di più.

VANIA: Si dice che la cosa strana sia questa: si tratta di copie perfette di opere originali, che però lei dipinge in scioltezza, senza avere sott’occhio il modello, come seguendo il suo estro.

ANDREA (non trattiene il sorriso): E’ questo che si dice? Be’, perché no? Un angelo, guida la mia mano. Sa come vanno queste cose, no? Che bisogno c’è, del modello? Basta lasciarsi guidare dall’angelo. Da san Luca. (26)

VANIA (beffarda) : Un angelo o san Luca? Sia preciso, maestro: fa differenza. E chi la guidava , quando mescolava con l’oro, e con la sua minerale incorruttibile astrazione, il corpo umano, corrotto ma irriducibile, con tutti i suoi umori, il suo disgusto?

ANDREA (sbotta): Il demonio! Vuole che le risponda così? Il demonio col suo educato, elegante accento francese, e l’erre moscia, i baffetti curati, gli occhiali con la montatura rossa metallizzata, le sue piccole corna vermiglie pettinate all’indietro fra i capelli impomatati di gel, le buone entrature nelle principali gallerie di Milano, Parigi, New York, Berlino, Tokio, Londra…

VANIA: Non dico questo. Mi riferivo al suo capolavoro. “Uomo, donna, oro, mare”. L’uomo era l’oro. Ma il mare era rosso magenta.

ANDREA (passa una mano sul viso, si trattiene con difficoltà): Sono passati molti anni. Molti rossi magenta, nel vasto mondo crudele.

VANIA: E Andrea Rubino ha abiurato l’astrattismo.

ANDREA (più tranquillo): L’icona mostra l’Uomo. Come la Sindone. Cattura e svela la sacralità dell’uomo, la sua simmetria divina.

VANIA (lo incalza, lo provoca) : La Sindone è un falso. Andrea Rubino ha abiurato se stesso. Vuole solo annientare se stesso nella riproduzione pedissequa di queste antiche icone.

ANDREA: Annientare se stessi, sgomberare la strada: è l’unica strada per trovare la verità. L’Uomo, l’uomo celeste (27), che è icona di Dio. Immagine e somiglianza di Dio. L’icona mostra l’uomo-“icona di Dio”. L’icona mostra Dio. Senza questo mostrare Dio, sarebbe solo una tavola di legno, colore a tempera, oro, argento dorato, zinco, peli, urina, sangue…

VANIA: Morte, insomma.

ANDREA: Proprio così. (S’infervora)  L’icona mostra il corpo senza carne, e dunque senza morte. (28) Il corpo trasfigurato. Il corpo vero, il corpo-celeste, il corpo-anima, che risorgerà. Il corpo splendente di vera bellezza…  Veronica accorre presso il Calvario, e attinge l’icona di Cristo, impressa sul lenzuolo della propria redenzione. Vera icona, sì. Veronica. (29)

VANIA (lo guarda con un senso di pena): La sua conversione ci ha privato di un grande pittore, per consegnarci un mediocre teologo.

ANDREA: Un mediocre cristiano, se mai. Molto mediocre. Ma meglio un mediocre cristiano, che un grande pittore. Ammesso e non concesso…

VANIA: Né ammesso, né concesso. (Scuote la testa) Blaise Pascal, ha presente? Forse, sarebbe stato il più grande matematico della storia. Una notte di visioni e tremarelle ce lo ha tolto, sostituendolo con un filosofo di mezza tacca. La scommessa! Andiamo! Teoria da mezze calzette, da ponzatori in pantofole. Vivo scommettendo sull’esistenza di Dio: se Dio non c’è, pace: non saprò mai di essermi sbagliato: non perdo nulla. Se c’è, ho scommesso giusto, e guadagno tutto, il Paradiso. Bingo. (30)

ANDREA: Non è proprio così. E comunque ha ragione Dostoevskij: dovessi scegliere fra Cristo e la verità, scelgo Cristo.

VANIA: E perché mai?

ANDREA: Perché Cristo è così indispensabile da essere più vero della stessa verità.

VANIA (scuote la testa): C’è qualcosa che non torna.

ANDREA. Se no, non sarebbe un paradosso. Ma tanto… Nulla quaestio. Cristo è la verità.  E la verità è bella.

VANIA (ride, con sarcasmo): La verità è bella? Cos’è, il nuovo film di Roberto Benigni? Cristo crocefisso è bello? No, lasci stare, maestro, le sue icone. Lasci stare anche l’eleganza sinuosa di Cimabue e Duccio, e, prima, i cristi drappeggiati e paludati come ieromonarchi bizantini, pantocratori (30 bis), belli e solenni in croce come in trono. La verità vera, e brutta, della crocefissione, l’obbrobrio senza dorature di una tortura cruenta e umiliante appesi ad una gogna, nudi, trafitti, sanguinanti, puzzolenti, mangiati dal tetano e dalle mosche…

ANDREA (la interrompe, infastidito) : Lo so. L’ho vista. L’abbiamo dipinta. Non io, certo. Ma Gruenewald. (31) Hans Holbein… Il “Cristo morto” di Basilea. Abbiamo visto quel quadro. Con Rogozin. E il principe ha esclamato: “Certi quadri possono far perdere la fede”. (32) Ciononostante il principe ha sostenuto che la bellezza ci salverà. Ed è un santo idiota, il principe. E non ha perso la fede.

VANIA (gli si avvicina, gli pone una mano sulla spalla, e gli sussurra all’orecchio): “Da cosa mai ti salvò , una dorata icona?” (33)

ANDREA (la guarda interrogativo)

VANIA: E’ un verso di Blok.

ANDREA (quasi spaventato): Questa poesia, di Blok…

VANIA: “I dodici”.

ANDREA:… La recitava spesso…

VANIA: Sua moglie. Ekaterina Pavlova.

ANDREA: E lei come…?

VANIA (con nonchalance) : Fu l’unica cosa che lei, maestro, disse al processo, prima di rinchiudersi nel suo mutismo. Lo scrissero tutti i giornali.

ANDREA (la guarda, spaventato; poi, brusco, si allontana, va verso la finestra; stizzoso): Lei mi sta togliendo la pace… Non so che mi sia preso, di consentire a questa intervista.

VANIA (gli va vicino, lo incalza): Come può salvarci, tutti, la bellezza? Dov’è, tutta questa bellezza? Il vero, scrive Leopardi, non fu mai bello. (34) Le gemmette vischiose spuntano a primavera, e ci commuovono, commuovono anche me – Vania, mentre i bambini vengono massacrati per gioco dai soldati turchi… (35)

ANDREA (si picchia la fronte): Ho capito, adesso. Ho capito tutto. Altro che intervista.

VANIA: E i ciechi?

ANDREA: I ciechi…?

VANIA: I ciechi non vedono, comunque la bellezza. Come si potranno salvare?

ANDREA: Oh, questa è banale, davvero corriva, signorina Satanasso. I ciechi ci vedono benissimo, quanto a bellezza.

VANIA: Sicuro. I ciechi si innamorano a prima vista. “La bellezza che salva non si vede con gli occhi”. Eccetera. (Lo aggredisce) E con che cosa, allora? Fumisterie metafisiche, maestro. Trucchetti retorici da pulpito di periferia. Provi a invitare una comitiva di ciechi qui, nella sua chiesa-torre, a godere e a farsi salvare dalla bellezza delle sue icone. Le icone! Sortiranno un autentico effettone, garantito. Sui ciechi.

ANDREA (Si siede, pensieroso) : E’ una strana intervista, questa, per una tesi di laurea.

VANIA: Ne convengo.

ANDREA (indica un’icona): Cristo guarisce il cieco nato. (36)

VANIA: Già. Con fango e sputo. Se ricordo bene.

ANDREA: La luce in fondo non si sa che sia. Corpuscoli. Onde. Radiazioni elettromagnetiche.

VANIA: Lo sputo di Cristo. Come nei quadri di Andrea Rubino dipinti con l’oro e la saliva.

ANDREA: Non vedo il nesso.

VANIA:  E per uno che viene guarito, altri milioni di ciechi continuano a brancolare…

ANDREA: Cristo, con quel cieco, guarisce tutti i ciechi.

VANIA: Una tantum. Erga omnes. Vaglielo a spiegare a quelli che restano ciechi, però… Il miracolo!

ANDREA: Il Miracolo… Sì. Qualcosa di bello e terribile, che si fa guardare per forza. Come un bel quadro. Una bella donna. Un segnale.

VANIA: Miraculum. Mirari. (37) Guardare, vedere. Eccetera.

ANDREA: Cristo sale sul monte Tabor, e, lassù – in alto, che si veda bene – , si trasfigura. Il suo corpo si fa luce.  Ecco, cos’era. Il Corpo di Cristo.

VANIA: Poveri ciechi.

ANDREA: Poveri ciechi. Gli uomini preferirono le tenebre alla luce…(38)

VANIA: Vorrà dire che si riposano gli occhi. Il mondo, si sa, da sempre è pieno di ciechi volontari. Si pensi al vecchio Edipo. (39) E gli incalliti adepti della masturbazione… Tutti ciechi. La bellezza di Sodoma porta alla cecità? Il rosso magenta entra negli occhi attraverso le venuzze della congiuntiva, e che ti combina?

ANDREA (irato) : C’è poco da scherzare.

VANIA: Non sto scherzando maestro.

ANDREA:  Solo chi vuole davvero esserlo, è cieco.

VANIA (declama): Chi vuol esser cieco sia, sotto mano ha la bellezza. (Ride)

ANDREA (irato): Spenga quel registratore, la finisca con questa commedia.

VANIA (insiste) : E pure qualcuno ha detto: “Beati quelli che credono senza aver visto… Che credono alla luce senza averla vista”. (40) E anche: “Fede è substantia di cose sperate et argomento delle non parventi”. (41)

ANDREA (la guarda stupito): Lei è molto preparata, non c’è dubbio.

VANIA: Ho studiato, quello che c’era da studiare.

ANDREA: Non basta. Tutto va interpretato.

VANIA: Sono d’accordo.

ANDREA (Prende da un angolo della stanza, un’icona dipinta su una lastra di vetro) : Venga qui.

VANIA (gli va vicino)

ANDREA (le mostra l’icona, Vania fa per prenderla fra le sue mani, lui glielo impedisce con garbo risoluto): Nelle mie mani, se non le dispiace. Vede? E’ un’icona di vetro, come quelle dipinte in Romania a fine Ottocento. Costavano meno di quelle su tavola…Il modello veniva ricalcato con pennelli sottilissimi, intinti nel bianco… Poi con le tempere, si riempivano le campiture, la croce e l’aureola erano di foglia d’oro, il resto: colori e colle rigorosamente naturali… La parte dipinta sta verso l’interno, dietro la superficie del vetro, assorbe la sua brillantezza… Certo. Le icone dipinte su vetro non sono così belle e ieratiche come quelle dipinte su legno. Ma provi a chiudere gli occhi. E adesso faccia scorrere le mani sulla parte dipinta… Senta, la bellezza che scorre, come un ruscello di mercurio,  sotto i suoi polpastrelli… Tracce di vernice, una sottilissima patina di materia semiliquida semisolida, disposta, tramite un ciuffo di setole di porco piantate su un’asticella conica, sopra un piano di silice, calcio, potassio, materia trasparente, fragile come acqua solidificata, acqua raggelata… chi avrebbe potuto inventare, creare tutto questo, tutta questa commovente, struggente, straziante bellezza, se non chi, alla fine, da questa sua stessa creatura viene ricreato, e indicato all’adorazione, senza riserve, senza residui…

VANIA (riesce a prende l’icona fra le mani,  sorride con amarezza): Icona del cinema. Icona della televisione. Icona del rock …

ANDREA (a disagio) : Non banalizzi, la prego.

VANIA: Non sono io, a banalizzare. Nel computer c’è un comando, lo saprà anche lei che vive ormai da anni acquartierato nella Russia zarista: “riduci a icona”. Riduci. Capisce, maestro?  Sintetizza, minimizza, togli la terza dimensione. Sottrai il corpo. Il corpo di carne. L’unico corpo disponibile, mi creda. Un’operazione che diminuisce, non eleva. Non trasfigura. Dissolve.

ANDREA: Non ne sarei tanto sicuro.

VANIA: Oh no, che non lo è. Se no, perché giocare di chiaroscuro? Lo schema è libero, Andrej…  “Le più belle sono russe”. Quante lettere? Chissà. La parola comincia per “i”. Insalate. Isbe. Isteriche. Idiote. Immolate… Sì, immolate, maestro Rubino. Non si sa bene a che cosa. Come la povera Caterina…  (lascia cadere l’icona, che si rompe in mille pezzi)

ANDREA (pallido, un po’ tremante, non guarda nemmeno l’icona spezzata ai suoi piedi, fissa la ragazza con un sentimento indefinibile di orrore, di sorpresa, di fiducia tradita)

VANIA (spietata, ma ha le lacrime agli occhi): Uomo, donna, oro, mare. Ma il mare era rosso. Rosso magenta. Il mare era fatto col sangue di sua moglie Ekaterina. Occhi verdi. Capelli biondi. Somiglianza perfetta. Perché le più belle sono russe. Ricorda? Un giorno, venti anni fa, lei maestro la uccise, senza un perché apparente, davanti al suo maledetto capolavoro, e con le mani imbrattate di sangue, impiastricciate, grondanti, colorò il mare di rosso.

ANDREA (cupo) : Avevamo detto di non parlarne.

VANIA: Dopo di che, non parlò più, per tutto il processo. E in seguito, per lunghi anni: ciechi, e prigionieri. Perché?

ANDREA (tetro, con la voce tremante): Avevamo detto di non parlarne, Vania. Perché ha rotto la mia icona di vetro? Io l’ho accolta qui, nella mia torre sul mare, fra le mie icone. Mi sono fidato di lei. Lei rompe i patti, rompe le mie icone, rompe la mia fragile pace, ma la mia fragile pace, non creda, sa? è indistruttibile.

VANIA: Non voglio rompere la sua pace.

ANDREA: Mi dissero che ero pazzo, e ci credetti. Mi tolsero i miei figli, e lo trovai giusto e inevitabile. Ekaterina si chiamava come la madre, aveva cinque anni. Sergio, solo pochi mesi. Sei mesi, mi pare. Ho vissuto senza di loro. Non so dove sono, chi li abbia cresciuti, che facciano, se siano vivi o morti. Ho passato vent’anni in un manicomio criminale. Potevo impazzire del tutto, e invece no, mi sono salvato. Grazie alle icone.

VANIA: Grazie alle icone! E dov’erano, queste icone?

ANDREA: Su un libro, che mi portò un amico. Icone tarde, dell’Otto e del Novecento. Contaminate dal chiaroscuro, vede? da un cenno di realismo. Copie di copie di copie. Il catalogo di un piccolo museo di un piccolo paese della Toscana. Un museo di icone russe, in Toscana. (42) Strano. Ma forse no. La Grecia, Bisanzio, anche qua… Foglia d’oro. Voglia di paradiso. Simone Martini, Cimabue, Duccio…  Perfino l’Angelico, e Piero. (43)

VANIA:  Lei portò i suoi bambini, al convento di san Marco. Sergio era troppo piccolo. Ma Caterina se lo ricorda. La trasfigurazione di Cristo. (44)

ANDREA: Sì, può essere, in fin dei conti. Ma prima. Prima. Adesso, avevo toccato il fondo, ed era un fondo d’oro. Sotto strati e strati di sangue rosso magenta, merda, orina, saliva, bile, cerume, muco, succhi gastrici, sudore… Fondo oro… Anzi no. Meglio. Sopra. Sopra a tutto. A coprire, a rivestire. A trasfigurare.

VANIA: A nascondere…

ANDREA: No, non a nascondere. Perché , vede, nelle icone di fine Ottocento, spesso, l’oro è il rivestimento, una placca, una corazza contro il fumo delle candele, e dei draghi, un’armatura metallica come quella di san Giorgio, d’argento dorato, cesellata e incisa e modellata in rilievo, e lascia scoperti, dell’icona dipinta, solo il volto, e le mani… Podokladnyie, (45) si chiamano. Icone rivestite. Il fondo è sopra. Il segreto è questo. Una colata di grazia che nega il corpo carnale, lo fa luminoso, spirituale…

VANIA (guarda una delle icone): San Giorgio e il drago…

ANDREA: Cominciai così,  ancora là dentro, a dipingere le copie delle icone, viste sul libro. Poi mi feci portare altri libri, con le fotografie delle icone più antiche, quelle di Teofane il Greco, quelle di Rubliev. Le ho copiate e ricopiate. Ho imparato a cesellare e incidere i rivestimenti. E alla fine le possedetti per sempre, o meglio: esse, le icone, possedettero me, e mi salvarono da me stesso.

VANIA: Insieme drago, e san Giorgio.

ANDREA: Be’, quella è un’icona molto semplice, primitiva. Ma io la amo, proprio per questo. (46)

VANIA: Lo immaginavo.

ANDREA (si avvicina, con emozione,  ad un’altra icona, poggiata ad una parete) : Questa, invece, è la famosa Madre di Dio di Vladimir, protettrice della santa Russia, portata nella Rus’ direttamente da Bisanzio,  prima a Kiev, poi a Vladimir per l’appunto, dove rimase, veneratissima, per due secoli. Risuscitò i morti, guarì dal colera, protesse dai nemici… Quando Tamerlano mosse, col suo esercito, contro Mosca, il principe Vassilij Dimitrievic implorò la protezione dell’icona, e la fece trasferire nella cattedrale dell’Assunzione, al Cremlino. Quella notte a Tamerlano apparve in sogno una donna maestosa, la Madre di Dio,  che gli ordinò di lasciare in pace la città…

VANIA (scuote la testa) : E’ splendida.

ANDREA: Soprattutto è potente e magnifica. Ancora oggi mi salva dall’invasione dei rimorsi, sa di cosa si tratta, non è vero? Piccoli dèmoni dai denti aguzzi, che si attaccano al cuore, alle dita delle mani, perfino allo scroto dei testicoli, con morsi lancinanti. Lei, la gran Madre, solleva il Bambino – che somiglia al mio piccolo Sergio, come lo ricordo io  – ,  muove appena gli occhi dolcissimi dalle vaste, vellutate iridi castane, e i diavoletti maligni subito mollano la presa, e si rimpiattano sotto i mobili, squittendo come porcellini…Una volta, ne ho schiacciato uno col tallone…

VANIA (imbarazzata) : Sta scherzando, vero?

ANDREA (secco) : Niente affatto. E questa, anche questa è famosa: è la Madre di Dio di Kazan, che apparve alla piccola Matriona fra le ceneri della città incendiata e devastata da Ivàn il Terribile, nel 1579. Sconfisse i polacchi, che avevano occupato il Cremlino, sconfisse Napoleone nel 1812… A Pietroburgo, venne costruita, apposta per lei, la Cattedrale della Madre di Dio di Kazan. I Romanov la scelsero come protettrice…

VANIA: E qui, va detto, verso il 1916-1917, ebbe un netto calo di forma…

ANDREA (scandalizzato) : Sssscch! Non si faccia sentire da lei. Ci ha pianto sopra più di settant’anni… (Guarda la ragazza negli occhi, con estrema serietà)

VANIA (ricambia lo sguardo, attonita)

ANDREA (si riscuote, indica altre icone nella stanza) : E quella è la Madre di Dio di Tichvin. E quella è la Madre di Dio di Iveria… 

VANIA (esasperata) : Ma non c’è forse UNA SOLA Madre di Dio?

ANDREA: Si capisce. Ma sono tante le icone.

VANIA: Ma le icone non sono persone!…

ANDREA: Le icone sono icone. Certo. Non provi a capire con la sua ragione aristotelica, o farà cilecca.

VANIA: Oh, questa è la vostra ultima risorsa. Credo quia absurdum! (47)

ANDREA: Vede? Quella è la Madre di Dio di Smolensk. Quella è la Madre di Dio di Bogoljubovo, che prega per il popolo.

VANIA: D’accordo. Sono molto belle. Tutte le Madri di Dio sono belle… Tutte le Vergini russe sanno sacrificare la chioma per la salvezza della Patria, senza versare una lacrima…(48) Ma tu sai bene, Andrea, che  le innumerevoli Vergini e Madri di Dio hanno una sola origine… (Si volta verso di lui, solenne, comincia a sbottonare la camicia) Nel cuore della foresta, una festa pagana… in onore della dea Lada…(49)

ANDREA (segue come paralizzato da un sacro terrore i gesti silenziosi della donna, ma appena il seno si scopre, afferra una spatola come se fosse un pugnale,  alza il braccio sulla testa, e fa per colpire il seno nudo, che la donna gli offre a braccia aperte, come crocefissa; si ferma di nuovo, lascia cadere la spatola appuntita sul pavimento, porta le mani al viso, lo copre: tutto avviene in pochi secondi, raggelando in gesti secchi e brevi il potenziale melodrammatico della scena)

VANIA (si ricopre, con improvviso pudore, distoglie il viso dall’uomo, rannicchiato in se stesso, e pieno di vergogna; si volta dall’altra parte, poi, a voce bassa e roca): Cosa volevi fare? A me, come a lei… (Si volta verso di lui; ha gli occhi pieni di lacrime) Cosa volevi fare, Andrea? Cosa hai fatto? (Abbassa la voce in un sussurro, ma scandisce bene, e bene udibile) Perché l’hai fatto –  papà?

ANDREA (abbassa lentamente le mani dal viso, la guarda atterrito, con gli occhi sbarrati; con una smorfia di dolore porta lentamente una mano sul cuore)

VANIA (allarmata, si slancia verso di lui): Andrea!

ANDREA (con un gesto la ferma, poi agita la mano, a minimizzare il malessere. Si siede con fatica su una sedia, mette le mani nei capelli, sporcandoli di vernice d’oro. Dopo una lunga pausa, parla, senza guardarla): Stupido. Cieco. Cieco. (Respira con affanno, guarda, come per impetrare soccorso, la Madre di Dio di Vladimir; poi, più tranquillo, torna a guardare la ragazza )

Stupido… Lo sapevo, ma non capivo. Non potevo capire. Ma lo sapevo… (Esita, timoroso)

… E ora… Giù, fuori… c’è anche tuo fratello?

VANIA (perplessa): Chi?

ANDREA (la guarda sospettoso, aggrottando le sopracciglia): Sergio. Tuo fratello.

VANIA (esita): N… no. Lui non ha avuto… il coraggio.

ANDREA (la guarda più intensamente, abbozza un gesto con la mano, a sfiorarla, ma desiste subito, impacciato; con tristezza):  Il coraggio… E tu, perché hai avuto questo… coraggio?

VANIA (distoglie lo sguardo): Volevo vedere.

ANDREA (fa una smorfia): Vedere cosa?

VANIA: Te. Mio padre.

ANDREA (storce la bocca): Il pazzo. L’assassino. –  Di tua madre…

VANIA (con passione e slancio): Un uomo disperato, un grande pittore.

ANDREA (abbassa la testa, con umiltà): Un uomo abitato dalla speranza. Un mediocre copista di icone. Un ikonnik. Un mestierante. (50) (Alza lo sguardo, in tralice, verso di lei) Davvero stai facendo una tesi di laurea su di me?

VANIA (scuote la testa): Sono già laureata. …In medicina.

ANDREA: Anche tu. Cioè, voglio dire… Io no. Sei stata più brava di me.

VANIA (cammina per la stanza, con forzata energia, si ferma davanti ad un’icona) : Un giornalista ha molti modi per fuggire il disgusto.

ANDREA (la corregge, perplesso) : Un medico…

VANIA (si confonde) : Un medico, certo. Io… io lavoro in Africa. Vedo icone tutti i giorni, in un certo senso. Madonne nere, come quella di Czestochova. Solo che queste, nove su dieci, hanno l’aids. E così i loro bambini. Bambini piagati. Bambini prosciugati. Bambini azzannati e sbranati dalla malattia… E allora, Andrea, ascoltami bene, con le tue icone dorate. Posto che tutti si debba soffrire, per comperare a prezzo di sofferenza la futura armonia, quella che passa attraverso i tuoi fondi o i tuoi rivestimenti dorati, e gli occhi vastissimi e spirituali della tue madonne e dei tuoi santi… i tuoi cristi redentori… Maestro… Papà… che c’entrano, però, i bambini: me lo dici tu, per favore? (51) Che c’entravo io, che avevo cinque anni, quando tu hai colorato il mare del tuo capolavoro col sangue… di mia madre…? Questo, è un problema che io non riesco a risolvere…

ANDREA (si prende il viso fra le mani, e la chiama col suo pseudonimo): Vania, a che scopo, mi stai tentando? (52) (Si inginocchia, con fatica; si mette, sempre con fatica, disteso prono a terra, e quasi le si prostra davanti, come un penitente)

VANIA (imbarazzata, cerca di farlo rialzare) : Via, non fare il “russo” adesso.

ANDREA (sempre con immensa fatica, si rialza, con la testa bassa, vergognoso e burbero, si spolvera le ginocchia, toglie dal cavalletto la tavola incompiuta, prende una nuova pala, e la mette sul cavalletto, con gesti un po’ maldestri. Guarda la ragazza, accigliato; si porta le mani agli occhi, come ferito da una luce troppo intensa; distoglie lo sguardo e comincia a dipingere, con una improvvisa frenesia): Ti farò un ritratto, Caterina. Su fondo oro.

VANIA (sorride con sufficienza):Ma se non mi stai nemmeno guardando.

ANDREA: Non posso. Ma non ho bisogno di guardarti, per vederti, Caterina.

VANIA: Non sarà un ritratto…

ANDREA: Infatti. Sei intelligente. Da fare paura. (Ride fra sé, si asciuga gli occhi lacrimosi) “Oh, sono avvezzo alla splendente icona della solenne imperitura sposa”. (53) Ricordi, amore mio, Katiuscia? Quanto ti piaceva, Blok. La solenne, imperitura sposa. Presto, Caterina, ti vedrò. Vera e viva. Su fondo oro, si capisce. Celeste, su fondo oro…

VANIA (lo scuote) : Ma perché?

ANDREA: Perché cosa? Ah, perché. Perché quel mare rosso di sangue… Voglio dirtelo, dopo tutti questi anni. (Comincia a falcare pennellate sulla pala) Il tuo corpo, Caterina, il tuo bellissimo corpo bianco, russo e traslucido, era malato. Malato, sì. Certo, il corpo stesso così com’è, il corpo stesso di carne è una malattia. Insieme Madonna, e regina di Sodoma… (Interrompe le pennellate) Ma qui parlo in senso stretto, di malattia. Capito, dottoressa?

VANIA: Lei… era malata? Te lo stai inventando adesso…

ANDREA:  Non invento niente, io, da tanti anni. Copio, riproduco. E’ la verità. La nuda verità. (Ricomincia a dipingere) Ekaterina mi aveva accompagnato a Leningrado, allora si chiamava così, per una mostra. Avevamo fatto l’amore, in albergo, con una furia e una lussuria che non conoscevamo più da anni, io e la mia Madonna di Sodoma. (Smette di dipingere) Ma poi, per strada, proprio poco oltre la cattedrale della Madre di Dio di Kazan, cadde giù distesa fra la neve sporca. Sulle prime, pensai che fosse scivolata sul ghiaccio, e mi venne da ridere. Ma subito il riso mi si gelò sulle labbra. I sintomi erano inequivocabili… anche per me, medico mancato. Parlava in maniera sconnessa. Tutta la parte sinistra… paralizzata… E l’occhio sinistro, accecato da un bagliore e da un buio improvviso. Sì, all’improvviso, ecco, non c’era scampo. Leningrado si sfaceva in un incubo, come la mia e la sua vita…  (tace, poi tenta una sorta di sorriso tragico)

VANIA (resta in silenzio per diversi secondi, sconvolta): E dunque… è per questo, che l’hai uccisa?

ANDREA (riprende a dipingere con impeto, quasi con furia): Uomo donna oro mare. Era questo, no? che volevi sapere… Non ha sofferto. Dormiva. E si è svegliata nella luce. Qualunque cosa sia, la luce. (Smette di dipingere, esausto) Presto ti vedrò, Caterina. Nell’oro eterno. Dov’è sovrabbondanza di peccato, c’è sovrabbondanza di grazia. (54) Molto presto. So fare diagnosi anche su me stesso.

VANIA (fa per avvicinarglisi, allarmata)

ANDREA (le fa segno di fermarsi): Ferma. Debbo farti il ritratto. Sì, ho detto che non ho bisogno di guardarti, ma ho bisogno che te ne stai ferma. Tutto deve fermarsi, così. Anche le cellule impazzite, la trista losca maionese di carne impazzita nel mio stomaco, sta ferma, per questo attimo di immobilità. Di eternità. C’è un angelo che mi guida la mano, Caterina. Lo vedi? (Fa per riprendere la pittura, ma desiste) Anzi, aspetta, sono stanco. Che continui lui al mio posto. Se gli va. Quando sono stanco, spesso lo fa. E poi, al mio risveglio, il solito rimprovero: “Non sei stato capace di vegliare con me” (55) … E il perdono… Sempre. Da cinque anni…

 (Si siede, sfinito, chiude gli occhi. Li riapre e guarda la ragazza, con improvviso allarme) Non mi hai mentito, vero? Tu sei davvero mia figlia Caterina… Non sei una dannata giornalista, con quella specie di arnese per rubare le immagini…?

VANIA (a disagio) : Quale arnese? E’ finito nel mare…

ANDREA: Mi fanno la posta da quando sono uscito… Di là, dalla prigione, o quello che era. Vogliono sapere chi è che compra le mie icone, tutta quella gente importante che vuole mettersi in casa un’icona di Rubino, quello che fece il mare rosso col sangue della moglie, a Leningrado, nell’83, e poi finì in manicomio, e poi si convertì, e parla con le sue madonne… “Ma ora è innocuo, credo”… Vogliono rubare la mia anima, Katia, non sopportano che possa salvarmi… Vogliono rubare… sono già venuti tante volte, come i dèmoni di sant’Antonio, nel deserto (56)… E tu, potresti benissimo avere un altro di quegli aggeggi, là dentro. Di quelle dannate trappole…

VANIA (ostenta stupore): Un’altra?…Mi pare improbabile…

ANDREA (con crescente affanno, e sempre minore lucidità): E perché no? Stella Assenzio ha infinite risorse. Getta le sue reti sul mondo intero, lo intrappola, lo droga con le sue finte icone ingannevoli, di seducente, ingannevole bellezza… Apparecchi, ripetitori, antenne, schermi al plasma… La regina di Sodoma…

VANIA (esita, poi): Sono Caterina, papà. Figlia di Caterina. Nipote di Caterina…

ANDREA (fa un gesto di impazienza): Ci credo. Voglio crederci, catàira, mia pura (57) bellezza. Ma perché hai esitato? No, aspetta, non lo dire. Lo so. Era nella didascalia… Come in un teatrino di ombre… Una commedia… Zio Vania. Ivàn. Un enigma, Ivàn… Ma non fa niente. Sono un povero idiota, in fondo… Un idiota. (58)

 Chiude gli occhi. Si assopisce.

 La ragazza si avvicina, controlla che dorma davvero, e non sia morto. Volta il ritratto sul cavalletto: è la riproduzione fedele di una celebre icona del XV secolo. La ragazza sorride, caccia indietro la commozione, riprende il pieno controllo di sé, tira fuori dalla custodia nella borsetta un’altra videocamera, e, muovendosi circospetta, come una ladra,  comincia a filmare il quadro, la stanza, il vecchio pittore che dorme, le icone, una per una…

Fuori campo, una voce registrata recita la celebre poesia  di Aleksandr Blok “Varco la soglia degli oscuri templi”…

VOCE REGISTRATA DI ANDREA:

“Varco la soglia degli oscuri templi,

compio una cerimonia disadorna.

Aspetto lì la Bellissima Dama,

nello scintillìo di rosse lampade.

Nell’ombra, accanto ad un’alta colonna,

trepido al cigolare delle porte.

E mi guarda nel volto, illuminata,

solo l’immagine, la Sua parvenza.

Oh, sono avvezzo alle splendenti icone

della solenne imperitura Sposa!

Fuggono in alto per i cornicioni

sorrisi, favole e sogni.

Come sono affettuose le candele,

come consolano le Tue fattezze!

Io non sento sospiri né loquele,

ma credo, Amata, nella Tua presenza”. (59)

 

     Le luci si smorzano, fino al buio. Resta solo una luce sull’icona sul cavalletto, che sembra promanare dal quadro stesso, e dall’oro.

Nell’oscurità, la giornalista continua a far ronzare la sua telecamera.

 Sale il fragore delle onde, lo stridìo dei gabbiani. La luce sull’icona si smorza.

 Buio.

      

                                                                       Firenze, Ottobre-Novembre 2003

        S .

* Note al testo                                                                    .

1)Stella Assenzio: nell’Apocalisse di san Giovanni, la “grande stella, ardente come una torcia”, che, al suono di tromba del Terzo Angelo, piomba su “un terzo dei fiumi e delle sorgenti”, avvelenandole (Apoc. 8, 10-11). Nell’ Idiota di Dostoevskij il chiacchierone Lebedev, interprete sui generis dell’Apocalisse, facendosi in qualche modo portavoce caricaturale dello stesso Autore, identifica Assenzio con la Ferrovia e la rete dei suoi binari, stesa sull’Europa (L’Idiota, parte Seconda, cap.XI) . Qui, Assenzio diventa la rete dei network televisivi, e di quanto sta loro attorno.

2)I “cani che non mordono più” sono i “cani del Signore”, i “Domini-canes”, i monaci domenicani, un tempo custodi della fede cattolica.

3)Il lungo periodo di mutismo e di inattività, dopo il delitto, ricalca quello del grande pittore di icone del ’400, Andrej Rubliev, secondo quanto narrato dal romanzo e dal celebre film di Andrej Tarkovskij (Rubliev uccide un tartaro per difendere una sordomuta, e decide di non rivolgere più la parola ad alcuno e di non dipingere più).

4)“Ivàn è un enigma”: giudizio di Alioscia Karamàzov sul fratello Ivàn, il “negatore” della Provvidenza divina, il personaggio più problematico dei Fratelli Karamàzov di Dostoevskij (I Fratelli Karamazov , parte I, libro V, cap.III)

5)Zio Vanja: celebre commedia di Anton Cechov.

6)Timore e tremore : saggio di Soeren Kierkegaard, imperniato sulla discussione del sacrificio di Isacco, da parte di Abramo.

7)Per il rapporto, nell’icona, fra “somiglianza” e “identità” si fa riferimento al saggio di Wladimir Weidle L’icona: immagine e simbolo, in Vestnik , rivista degli studenti russi, 1969.

8)La distinzione fra “sguardo” (presenza spirituale, “somiglianza” umana con Dio) e “maschera” (il “volto” di carne, “supporto” corporeo materiale) sta in: Pavel Florenskij, Le Porte Regali , Adelphi, Milano, 1977.

9)Le riflessioni sulla Bellezza “tremenda e orribile cosa”, sulla Madonna e Sodoma, ampiamente autobiografiche, sono del vecchio Fiòdor Karamàzov  (I Fratelli Karamàzov , parte I,  libro III, cap.III.)

10)L’identità del nome “Fiòdor” nel vecchio, spregevole Karamàzov, e nel suo Autore, autorizzano l’illazione di un’intenzione autobiografica, e autopunitiva.

11)Fin troppo citata affermazione del principe Miskin (riportata da terzi, si badi bene) ne L’Idiota (parte III, cap.V. L’ateo Ippolìt “si mise a gridare a tutti”, con aria vagamente canzonatoria,: “Signori, il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza! E io affermo che ha idee così giocose perché è innamorato”. E poco oltre chiede a Miskin “Quale bellezza salverà il mondo? Siete un fervente cristiano?”. Nota bene: “Il principe l’osservò con attenzione, ma non rispose”).

12)“Moltitudine” è il nome del demonio nell’episodio evangelico della guarigione dell’indemoniato di Gerasa (vangelo di Marco, 5, 9-10; vangelo di Luca, 8, 30-31))

13)“Coincidenza significativa”: nota espressione coniata da C.G. Jung.

14)Andrej Rubliev, il “Giotto” della pittura di icone, allievo di Teofane il Greco, ed emancipatore dell’arte russa dalla più rigida ipoteca bizantina, nella direzione di una sorta di “umanesimo”. La sua storia è stata raccontata in maniera esemplare da Andrej Tarkovskij nell’omonimo romanzo e soprattutto nell’omonimo film-capolavoro. 

15)Gustav Klimt. Figura principe della Secession viennese, autore di quadri sensuali, caratterizzati da un decorativismo fortemente tentato dalla bidimensionalità (caratteristica, in tutt’altro contesto filosofico, anche delle icone), e spesso impreziositi da riporti aurei di vario genere.

16)Vasilij Kandinskij: con le sue Improvvisazioni ruppe con la tradizione figurativa russa, e aprì la strada all’astrattismo, di cui fu forse l’interprete più consapevole e complesso.

17)Kazimìr Malevic: altra figura chiave dell’astrattismo russo, fondatore, col poeta Majakovsij, del Suprematismo . Il suo quadro interamente nero è uno dei punti di non ritorno dell’arte contemporanea.

18)Jorge Luis Borges: Ode a Joyce . 18 bis) C’è chi ha fatto risalire l’etimologia del nome “Omero” alla locuzione greca “o’ mè oròn”: “il non vedente”, appunto. Tiresia è il noto veggente cieco della mitologia classica (accecato per aver visto Pallade nuda, al bagno; o – secondo un’altra versione  del mito – per  essersi impicciato in una discussione nientemeno che fra Zeus e Era, sul piacere d’amore, più o meno forte nell’uomo che nella donna). Appare anche nei poemi omerici.

19)Le proto-icone sono le icone-matrice del periodo “classico” (la Madre di Dio di Vladimir, la Madre di Dio di Kazan, eccetera) da cui poi discendono tutte le copie più tarde, incluse quelle del museo di Pèccioli.

20)“Pereat lux”: muoia la luce, contrario del “fiat lux” della creazione: il buio, il Quadrato nero di Malevic, appunto.

21)Rosso e nero, rivoluzione e “buio” teologico: personale rilettura del famoso titolo stendhaliano.

22)Dal critico e poeta Josif Brodskij, a proposito di Dostoevskij.

23)Parodia della domanda di Pilato a Cristo (vangelo di Giovanni, 18, 38: “Pilato disse a Gesù: ‘Ma cos’è, la verità?’”. Anche Gesù, come Miskin alla domanda di Ippolìt, non risponde).

24)Allusione ad un passo de La nausea di Jean Paul Sartre (“Due occhi non sono meno mostruosi di tre”).

25)In pochi quadri e affreschi, contenuti nel convento-museo di san Marco a Firenze, il Beato Angelico (Giovanni da Fiesole detto il B.A., il più soave e gentile dei Domini-canes) ricorre al fondo oro (La Madonna della Stella, Tabernacolo con l’Annunciazione e l’adorazione dei Magi, in un certo senso nella stessa Trasfigurazione di Cristo ). Sensazionale e luminosissima è invece la doratura del fondo dell’ Annunciazione di Simone Martini, conservata agli Uffizi di Firenze: una delle opere d’arte più leggiadre ed eleganti della storia.

26)L’arte delle icone bizantine, e poi russe, deriva, secondo la leggenda, dal ritratto della Vergine dipinto da san Luca, e anticamente conservato in un tempio di Costantinopoli. Frequente è poi la leggenda, relativa a svariate icone e immagini sacre, sulla loro dipintura da parte di mano non umana (un angelo, di solito), che ne attesterebbe l’assoluta fedeltà e rispondenza al modello originario (cfr. W.Weidle, Op. Cit.)

27)“Uomo celeste”: riferimento all’episodio (riportato sempre da W.Weidle in Op. Cit. ) del vescovo Paolino, contemporaneo di sant’Agostino, il quale, all’amico che gli chiedeva per lettera un suo ritratto, replicava. “Di chi vuoi che ti invii l’immagine, dell’uomo terrestre o dell’uomo celeste?”.

28)“Corpo senza carne”: sempre secondo Weidle, la bidimensionalità dell’icona rimanda ad una corporeità-senza-carne, all’idea di un “corpo-spirito”, di un “uomo celeste” .

29)Veronica: nome attribuito dalla tradizione alla leggendaria pia donna (nei Vangeli ufficiali non c’è, ma compare, o compariva, nella sesta stazione del rito della Via Crucis) che, con un lenzuolo, asciugò il volto di Cristo dal sudore , dal sangue e dalla polvere, durante l’ascesa al Calvario. Il nome, secondo una falsa ricostruzione etimologica, sarebbe una storpiatura di Vera Eikon: immagine autentica. Sembra invece derivare dagli apocrifi Acta Pilati, dove viene così chiamata l’emorroissa guarita da Gesù. L’immagine di Cristo, rimasta impressa sul lenzuolo, costituisce, assieme a quella, dibattuta, della Sacra Sindone,  un altro precedente “spontaneo” dell’icono-grafia cristiana.

30)E’ la famosa “scommessa” ( Pari ) di Pascal sull’esistenza di Dio (Pensieri, framm. 233 ediz. Brunschwicg).   30 bis) Cristo “Pantocratore”: cioè benedicente (tutto): definizione dell’immagine di Cristo riprodotta in molti mosaici bizantini.

31)Matthias Gruenewald: La Crocifissione nel grandioso Polittico di Isenheim, Colmar, museo Unterlinden. Una delle rappresentazioni più crude della morte di Gesù.

32)Hans Holbein: il Cristo morto del museo di Basilea. Altro quadro così sconvolgente da aver ispirato il passo de L’Idiota dove la stessa fede del principe Miskin vacilla, nel colloquio con l’amico ateo (e poi assassino) Rogozin (L’Idiota, parte II, cap.IV, e poi oltre, parte III, cap VI).

33)Da I dodici , noto e dibattuto poemetto “profetico” di Aleksandr Blok.

34)Giacomo Leopardi, Zibaldone.

35)Le “gemmette vischiose”, così commoventi, e i bambini seviziati e uccisi dai soldati turchi, fanno parte del celebre passo della “ribellione” di Ivàn Karamàzov (la “restituzione a Dio del biglietto d’ingresso per il Paradiso”), nòcciolo cruciale del romanzo, assieme al successivo “poema” del Grande Inquisitore ( I Fratelli Karamàzov,  parte I, libro V, cap. IV).

36)La guarigione del cieco nato, con sputo e fango: cfr. vangelo di Giovanni,  9, 6-7.

37)Etimologia latina della parola “miracolo”.

38)“Gli uomini preferirono le tenebre alla luce”: vangelo di Giovanni, 3,19. Versetto posto ad epigrafe dell’ode leopardiana La Ginestra . 

39)Edipo, secondo il mito (e Sofocle) si cava gli occhi dopo aver scoperto di aver ucciso il padre e di aver sposato la madre, senza saperlo.

40)“Beati coloro che vedranno senza aver veduto”: passo del vangelo di Giovanni, successivo all’episodio dell’incredulità di san Tommaso (Gv. 20, 29).

41)Versione dantesca ( Paradiso, XXIV, 64-65) del passo paolino della Lettera agli Ebrei (“la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”: Eb. 11,1).

42)E’, ovviamente, il museo della collezione Bigazzi, a Pèccioli.

43)Anche Piero della Francesca ricorre al fondo oro nel Polittico della Misericordia , conservato alla Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Ar).

44)La Trasfigurazione di Cristo, affresco nel convento di san Marco a Firenze: secondo alcuni (Argan), il risultato più alto dell’arte del Beato Angelico, giocata tutta sui bianchi e il fondo color oro.

45)Icone rivestite: tipiche icone della fine del XIX secolo, dotate di rivestimento metallico che ne lasciava vedere solo il volto, le mani, i piedi.

46)E’ l’icona , conservata al museo di Pèccioli, San Giorgio e il miracolo del drago , fine del XIX sec., proveniente forse dal villaggio di Choluj, nella provincia di Vladimir.

47)“Credo perché è assurdo”. Celebre motto antirazionalista e fideista (anonimo) comunemente ma  erroneamente attribuito al pensatore latino-cristiano Tertulliano: il quale nel suo De Carne Christi scrive invece che la morte di Cristo “è credibile perché inconcepibile” e che la sua resurrezione “è certa perché è impossibile”. La sostanza non cambia di molto.

48)Episodio del romanzo Andrej Rubliev, di Tarkowskij, Il Campo delle Vergini, esaltazione delle donne russe che accettano il sacrificio del taglio dei capelli, per salvare i loro uomini e la patria dalle scorrerie dei Tartari.

49)Altro episodio del romanzo, e del film Andrej Rubliev: il grande pittore di icone è sorpreso mentre spia nella foresta una sorta di baccanale pagano in onore della dea Lada,  viene legato ad un albero, e poi liberato da una ragazza completamente nuda.

50)La distinzione fra iconografi e mestieranti, uivopis’ e ikonnik , era corrente in Russia.

51)Ancora un passo della “ribellione” di Ivàn nei Fratelli Karamazov: le sofferenze dei bambini impediscono a Ivàn di credere alla bontà di Dio, se non alla sua esistenza. (I Fratelli Karamàzov, Ibidem)

52)E’ la frase che Alioscia Karamàzov, il più giovane e il più pio dei fratelli, oppone alle stringenti argomentazioni di Ivàn: “A che scopo mi stai tentando?” (Ibidem)

53)Verso della poesia di Aleksandr Blok Varco la soglia degli oscuri templi, citata per intero più oltre, nel finale.

54)La sovrabbondanza di grazia, connessa all’abbondanza del peccato: in san Paolo , Lettera ai Romani , 5, 2.

55) Frase di rimprovero rivolta da Gesù a Pietro, Giovanni e Giacomo, che si erano addormentati durante la sua agonia nell’orto dei Getsemani (Mt, 26, 40).

56)Le tentazioni di sant’Antonio, nel deserto, hanno ispirato più di un quadro famoso, e anche un romanzo breve di Gustave Flaubert.

57)Etimologia di Caterina, dal greco katairòs, puro.

58)Autoidentificazione del protagonista nella figura dostoevskijana del principe Miskin, l’”idiota” dell’omonimo romanzo.

59)Varco la soglia degli oscuri templi di Aleksandr Blok, traduzione italiana di Angelo Maria Ripellino.