Giulia
( La violenza)
Monologo
di
Mimmo Titubante
Tratto dalla quadrilogia “ Quattro nomi di donne” di Mimmo Titubante
Trama
Storia di Giulia ragazza dolce e serena che , vittima di un marito violento, perde il figlio che porta in grembo, diventa uxoricida e, scontata la pena, sceglie di vivere da clochard sulla panchina di un parco attorniata dai suoi gatti piuttosto che vivere in un mondo cattivo.
“Vivo nei raccolti dell'anima, nella marea impazzita, mi smarrisco attraverso occhi di cielo. Di radice è l'amore che scrivo con l'inchiostro del cuore e nel respiro di ogni battito nulla è cambiato, ma tutto sembra in disordine, come se avessi perso il treno del tempo, ma prima o poi ti troverò, serenità persa, per rompere questo infinito silenzio nel rito della tua assenza.”
Che belle le panchine! Mi piacciono tutte, di ferro, di legno, nuove, rotte, consumate dal tempo e dalle intemperie. Stanno sempre al solito posto, umili, che danno riposo alla gente, che fanno da complici ai baci e agli abbracci degli innamorati ed offrono silenzio a quelli che si siedono a guardare scorrere la vita come me. Chissà perché le immagino di notte mentre si raccontano tra loro ciò che hanno accolto durante il giorno. Mi siedo qui attorniata dai miei amici gatti ,gli unici esseri di cui mi fido, gli unici che riescono a vivere nella contemplazione come me. Gli occhi di un gatto sono come due finestre dietro le quali una divinità misteriosa ci osserva in silenzio. Osservo le persone che mi passano davanti, vite che si incrociano attraverso sguardi, studio i loro comportamenti, le loro manie: un ammiccamento, un sorriso, un silenzio, un modo di camminare. Le persone fuggono, hanno sempre fretta, si scansano come stessero in una partita di rugby per poggiare una palla sghemba al di la di una linea. Vedo facce sbattute, nervosismo e tensione che si potrebbero tagliare con un coltello, rumore di piedi che si muovono aritmicamente. Io sola rimango qui in una incertezza pavida contro il tempo che passa, sperando di averne ancora a sufficienza per dare ancora un senso a questa mia vita. Le stagioni mi passano davanti con i loro mutamenti e vorrei allontanare la tristezza del cielo grigio e della pioggia e danzare al suono del vento tra l'erba, ma l’angoscia dei giorni aridi mi rende insensibile. Ogni tanto lancio la lenza nel cielo e pesco tra le nuvole. Cosa? Un pensiero da immaginare, un suono da sentire, qualsiasi cosa commestibile al cuore che mi dia sostegno ed un po’ di serenità. Molte volte mi trovo a pensare che se un albero più vecchio non rinuncia a fiorire e rinverdire in primavera come fanno gli alberi più giovani, lo posso fare anch’ io.
“C'è una parte di me che si è distaccata come se il mio mondo fosse precipitato in un'altra dimensione . Cosa sono ora , mentre ascolto il respiro del vento, mentre cavalco scie di pensieri e mi sento straniera? Niente! È la mia dannazione e forse la mia fortuna questo perdermi, perché nessun attimo che vivo è al sicuro”.
Penso che il tempo sia il più grande nemico col quale intraprendo ogni giorno un confronto penoso perché esso contiene in sé il dolore del ricordo, la sofferenza del presente e l'imperscrutabilità del futuro. Non è facile rendersi conto dei giorni che passano, però ultimamente mi capita di pensare che le mie giornate finiscano troppo tardi. Ultimamente è come se le ore rallentassero di proposito per aumentare la mia agonia esistenziale, come se qualche forza oscura mi volesse trattenere in questa vita contro la mia volontà. Buio e luce, giorni e notti che si ripetono, ma il buio della notte è quello che mi fa più paura. È una tasca rivoltata la notte, un momento terribile per la gente sola come me, perché fa più freddo, con quel gelo che arriva da sottoterra e ti penetra nelle ossa. Non un alito, non un sospiro, nessuna voce fuori dal coro e la mente diventa debole mentre lo spirito vaga libero nell’oscurità in balia dei pensieri. Allora mi sento indifesa, corrente infinita, mare senza sponde ed anima in cerca di luce, sola con la mia coscienza e mi chiedo cosa ho fatto di male nella vita per ritrovarmi qui , ma dentro di me so bene cosa ho fatto e per raccontarlo probabilmente non basterebbero tutte le altre notti che mi rimangono davanti.
“Ho dato tanto e non ho raccolto nulla, ho avuto occasioni e le ho perse. Vorrei morire, anzi non vorrei mai essere nata. Vorrei che qualcuno mi strappasse il cuore dal petto perché fa troppo male”.
Di giorno, quando il tempo è bello ed il cielo appare in tutta la sua limpidezza mi piace osservare i bambini che giocano. Potrei perdermi in un loro sorriso! Amo la loro freschezza e la loro inconsapevolezza, perché mi riporta il gusto delle cose semplici che ho perduto. Adoro la loro simpatica goffaggine ed in loro ritrovo la parte migliore di me che ho perso per strada. Invece i bambini mi evitano. Hanno paura di me, ma io non sono la strega cattiva e tutto sommato loro sono solo dei bambini, ma il problema è che mi evitano anche gli adulti . Così va il mondo! Basta poco, per essere esclusi dal consorzio civile e cacciati nel ghetto. Poverina, guarda com’è strana quella donna! Solo occhiate compassionevolied ipocrite, assurde maschere appoggiate su visi di mediocri attori e pensano che donarmi qualche moneta sia l’ essenziale per lavarsi la coscienza, ma i gesti di finta bontà non bastano per sentirsi amati e considerati. La gente è abituata a guardare senza vedere, a sentire senza ascoltare, a vivere senza vivere in un mondo privo di emozioni col filtro della convenienza sempre calato sugli occhi. Io vi chiedo solo di provare a capire se siete capaci di vivere la vostra vita senza giudicare quella degli altri. In fondo non chiedo niente, mi basterebbe solo un sorriso, un piccolo sorriso, perché i sorrisi s’insinuano nella pelle ed occupano spazio dove l’anima è triste.Penso che se tutti si facessero anche solo una volta al giorno catturare da un sorriso, che incredibile contagio di buon umore si espanderebbe sulla terra.
“Ma forse hanno ragione. In fondo cosa sono per loro? Una possibilità di conoscenza remota, un fantasma dalla sagoma umana, un ologramma silenzioso seduto su una panchina, l' inutile che occupa spazio, nulla più di un’ombra”.
Sento addosso i loro sguardi, sento alle mie spalle le loro voci che parlano, ridono e scherzano sul mio modo di esistere, come se ancora appartenessi al loro mondo, ma io ho spento da tempo la luce sulla parte di me che ha vissuto ieri, lasciandola accesa sull'altra parte di me che si muove oggi senza far troppo rumore.I pensieri che ora vesto sono solo dei vuoti a perdere che ogni tanto riempio con delle immagini passateper dare ancora un senso a questa mia inutile vita. Il mio cuore funziona, ma devo aver perso le istruzioni da qualche parte, la mia mente funziona, ma devo aver allentato gli indotti delle vibrazioni. Ogni tanto tocco qualche tasto per regolarli, ma niente.Ogni tanto mi farebbe bene parlare e liberarmi , perché parlare potrebbe essere necessario per ripartire, ricominciare, guardare oltre l’inverno, all’estate che inizia con il quasi niente, una minuscola gemma su un ramo, guardare alla speranza che viene a noi vestita di stracci perché le confezioniamo un abito diverso. Mi piacerebbe raccontare, se qualcuno avesse il piacere di sentirmi! Ah, ne avrei di cose da dire. Potrei raccontare di me, di quando ero bambina epassavo ogni mattina per questo parco, diretta a scuola, mano nella mano con mia madre, quando le favole erano il mondo che mi circondava, quando avevo cento e mille motivi per sorridere, quando i sogni erano ali per volare, quando volevo a tutti i costi diventare, quando l’unica responsabilità era solo quella di andare a scuola e fare i compiti per poi correre felice su questi prati a giocare. La mia infanzia è il solo ricordo che riesce ancora a regalarmi granelli di serenità. C’era solo mia madre allora, perché mio padre non l’ho mai conosciuto. E’ sparito prima che nascessi e lei non lo rimpiazzò mai. Le bastava io. Ero la sua unica ragione di vita. Le piaceva vestirmi come le bambole e pettinare i miei lunghi capelli. Li avevo ricci come i capricci delle nuvole assediate dal vento. Ero una bambina molto vispa, inventavo passi di danza, cantavo canzoni e salivo in piedi su una sedia per declamare la mia poesia di Natale davanti ai nonni, quando la felicità era un gioco, quando ripagavo amore con amore. Mi ricordo le lenzuola bianche di lino del lettone ed il carillon della ballerina col tutùbianco che stava in bella mostra al centro del comò, che quando mia madre caricava la chiave, saliva sulle punte con le braccia in alto come ad abbracciare il cielo. E io restavo incantata sul letto a vederla muoversi alla musica lieve dell’ organetto, incollata sulla pedana di madreperla, che girava sicura sulle sue punte e sembrava non fermarsi mai. Poi, d’improvviso, la musica pian piano taceva, le braccia si abbassavano, lei faceva un inchino ed io chiudevo gli occhi per riaprirli sui miei sogni di bimba.
“Avevo molti sogni allora. Di quelli che si fanno con gli occhi aperti ed il cuore alle stelle. Piccoli desideri che entravano tutti in un pugno. Non volevo isolarli all’interno di un cassetto. Avevo paura che sarebbero morti soffocati e soli. E allora li scrivevo su piccoli fogli e li tenevo in un grande scatola di vetro trasparente sopra il mio comodino. Ne avevo sempre di nuovi ed ogni tanto la scatola esplodeva senza far rumore. I miei sogni! Quell’ abbraccio di cose lasciate che nel momento in cui le rivivi ti rendi conto di quanto ti manchino!”
A volte la vita ti viene incontro con dei piccoli pezzi . Ricordo un vestitino a strisce bianco e blu con un cappellino delizioso, mentre correvo su questo prato. Si, proprio questo, dove sono seduta ora. D’estate si riempiva di fiori selvaggi. Ogni tanto volevo portarne un mazzolino alla mia maestra, allora mia madre, complice, allungava un braccio. La sua manica di cotone profumata di lavanda svaniva nella sterpaglia e la mano strappava alcuni fiori per me, con fatica: erano belli, non volevano morire e la maestra li sistemava in un vecchio vaso di vetro scheggiato sull’armadio di classe, così potevo godere tutto il giorno della sfumatura delle loro corolle. Era dolce mia madre. Ricordo la sua carnagione bianca, gli occhi bellissimi ed il sorriso che le illuminava le poche rughe del volto. Qualcuno ha scritto che le rughe di un volto amato formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni. Quanto è vero. Io sulle sue leggevo i miei sogni più belli , quelli che nascondevo bene perché mi avevano detto che se li rivelavo non si sarebbero avverati e allora non ne parlavo mai con nessuno aggrappandomi a questa convinzione , proteggendoli e celandoli in qualche angolo nascosto della mia piccola mente. Mi piaceva leggere i libri che lei custodiva gelosamente; forse erano superati dal tempo e non adatti alla mia età, ma le storie di quegli amori, infelici all’inizio, ma felicissimi nel gran finale che sancivano la vittoria del bene sul male a me sembravano meravigliosi. Più tardi imparai che la realtà è ben diversa. Poi mi raccontava dei miei nonni, della guerra, dei bombardamenti, degli di anni di vita passati insieme a loro, dei momenti di semplice e profonda intimità fatti di poco e pieni di molto. La guardavo, l’ ascoltavo, mi si scaldava il cuore e fluivo nella mia vita accompagnata da tanta ricchezza. Chissà perché quando penso a lei penso alla neve bianca che ricopre questi prati d’inverno, al suo profumo, quello che ho avvertito per la prima volta da bambina. Quasi nessuno lo sente, forse nessuno sa che esiste, ma se per caso si ha la fortuna di percepirlo una volta sola, non lo si può più scordare. Come certi visi, certi sorrisi, certi tramonti in montagna che ti si fissano dentro e senza che tu te ne accorga diventano parte di te. Leimi diceva che ogni cristallo di neve è diverso dagli altri. Non ne troverai mai due uguali ed è questa la meraviglia. Mi ricordo che proprio qui davanti a me ne presi una manciata e l'avvicinai al viso e fu allora che avvertii il suo profumo. Non proveniva solo dal contenuto della mia mano, era tutto intorno, nuovo e fragrante. Chiesi: “ Mamma che profumo è questo?”. Lei mi rispose: “Il profumo del vestito delle fate ”. Il suo profumo! Poi un giorno la persi e, quando sentii il suo ultimo battito, capii che la mia vita era lontana da ogni suo esempio quotidiano. L’ultima cosa che lei vide in me furono gli occhi disperati di una donna sola ed in balia di se stessa. Com’è triste la morte. E’ come se le nostre vite venissero scritte a matita, pronte ad essere cancellate in qualsiasi momento.
“Un tempo pensavo che la cosa peggiore nella vita fosse restare sola. No, non lo è. Ho scoperto dopo che la cosa peggiore nella vita è quella di finire con persone che ti fanno sentire veramente sola”.
Stanotte sei venuta a trovarmi in sogno, forse perché sapevi che mi sentivo sola, che ero inquieta, persa. Avevi il tuo sorriso migliore, hai preso la mia mano senza dire una parola e tutte le mancanze intorno a me, come per magia, sono sparite ed io mi sono sentita alleggerita dal peso di una vita intera, come seduta su una nuvola nello spazio. Eri così reale che ho pensato di non svegliarmi più perché volevo rimanere lì, in quel posto rarefatto dove il mondo si blocca. Mi è bastato sognarti per ritrovare quelle traiettorie emotive che ci hanno legato, tutta quella roba che il mondo e la ragione non possono capire.
“Mi manchi e ripenso all’ultima volta che ci siamo viste, alla tua paura di partire per sempre e di lasciarmi sola. Mi hai guardata, mi hai sorriso, una carezza così tenera ed accogliente da farmi desiderare infinitamente il calore del tuo abbraccio. Tante cose mi avresti detto con quell’abbraccio e io le avrei capite tutte, lasciandomi avvolgere inerte e impotente”.
Quando va via la gioia dal nostro cuore cerchiamo di coglierla nel ricordo, in ogni cosa, nei visi dai contorni sbiaditi dal tempo. E come quando da piccola ti mettevi a fissare il sole e la mamma diceva di smetterla, allora abbassavi lo sguardo e c’era ancora la luce accecante negli occhi,sull’asfalto, sulla punta delle scarpe, sulle targhe delle macchine che provavi a leggere, ma non vedevi più niente. E succede sempre così. Ti metti a fissare i ricordi , ti riempi gli occhi di passato e non vedi più niente. Sarebbe bello avere solo ricordi belli da ricordare. Bisognerebbe dedicare una parte del nostro tempo a cercare i ricordi belli, ma so bene che è un lusso e, quando ne trovo un po’, la cosa mi sembra inverosimile perché immediatamente i demoni tornano a tormentarmi ed io mi consegno ad essi come ad una cerimonia senza pari. Un giorno dovrò spiegare perché vengono e perché non se ne vanno mai del tutto.
“Loro non si accontentano di poco, aspirano a tutto. Girano girano, come la ruota, come un dado, come la luna, come una sfera impazzita, girano girano e non posso controllarli. Girano girano e cambiano come cambia il tempo e la tempesta dentro me urla tutta la sua verità. Mi sento sporca al pensiero che dentro di me ci sia qualcosa di malefico ed ho paura di non avere il controllo di me stessa, paura di poter far ancora del male” .
Purtroppo la memoria è sempre pronta a ricordare tutto. Basta un niente, uno sguardo cattivo ed ecco che ritorna quel dolore che un giorno ci ha fatto male. Ci sono cose che vorrei dimenticare, cancellare, raschiare dal mio cervello. Se solo potessi trovare semplicemente un po’ più di serenità.
“Vorrei due ali e volare verso un punto immaginario su una nuvola bianca e riposare nell'impalpabile soffice circondato d'azzurro guardando da lontano il tappeto di dolore che si stende improvviso davanti a me, salire più su verso il sole sorretta da un alito caldo e riempire la vista dell'orizzonte più vasto per ridare a quest'anima ampio respiro. Vorrei estirpare il groviglio di sterpi che m’ imprigiona”.
Vorrei che la gente sapesse, che lo sapesse ogni singola donna condizionata a sopportare la violenza e l’abuso in silenzio come l’ho vissuto io , ma come si fa a parlare di qualcosa che fa male? E’ come riaprire lentamente i lembi una ferita. Non è mai facile scavare nei ricordi penosi, non è facile ricordare quando non hai più la tua innocenza, la dolcezza che ti hanno insegnato, perché te l’hanno rubata ed hanno creato la persona che sei diventata: intimorita, pietrificata, spaventata, piena di paura, convinta di non valere, introversa, isolata, triste su questa panchina fredda e con il costante desiderio di morte.
“Il mostro col batacchio della paura bussa ancora senza educazione sull'uscio dell'anima mia dispersa e morde il corpo con i suoi denti aguzzi”.
Da molto cammino sulla lama sottile e acuminata del destino alla ricerca di un equilibrio precario ed improbabile, sospesa tra la realtà e la necessità del vivere quotidiano con sotto il vuoto assoluto! Ogni giorno, passo dopo passo con la paura di cadere. Non dovrei! Le acrobazie, fanno parte di questa mia vita di oggi, ma ho sempre una gran paura, paura di tutto, paura che il male mi assalga nuovamente. Ho paura che il sole si spenga, che la luna non mandi più la sua luce e che le stelle cadano dal cielo per frantumarsi sulla terra.
Convivo da sempre con questi demoni dagli occhi gialli che mi scrutano. Loro aspettano e se avvertono che ho paura, cercano di azzannarmi.
“Esiste un altro mondo oltre a quello che noi conosciamo, il mondo dell’orrore e della violenza. E’ un mondo parallelo che ci fa rabbrividire come un soffio di aria gelata che passa nella notte, come l’ululato di un lupo affamato”
Le storie tra un uomo ed una donna cominciano come succede sempre, con uno sguardo! Gli occhi fanno l’amore molto prima del resto del corpo e, se lo sguardo è preludio, la parola è attesa. Lui indossa una maglietta bianca e dei jeans. E’ un gran bell’uomo. Il suo incedere lento mi rassicura, ma ad un tratto si blocca, si volta e mi trafigge con le sue fessure che si aprono appena nel suo viso. Avverto un brivido, una sensazione strana, come un presagio, ma non posso rendermene conto, sono già persa nel suo sguardo.
“I carnefici sono carismatici, attenti, devoti, dei principi azzurri in carne ed ossa”
Non sono mai stata fortunata in amore, mi sono sempre capitate storie con persone molto diverse da me con cui non riesco ad avere un rapporto normale di unione di coppia. Invece con lui è diverso, perché mi mette subito al centro della sua vita. E’ innamorato di me e mi vuole tutta per lui. Mi abbraccia e mi tiene stretta forte. All’inizio mi piacciono i suoi abbracci, sono di quelli stretti che ti incatenano, quelli dove il tuo corpo smette di essere uno solo e diventa un tutt’ uno con l’altro Quando non sto con lui vuole che io rimanga a casa per farlo sentire tranquillo, mi fa sentire in colpa solo perché esco con un’ amica, se vado ad una festa di compleanno e lui non è invitato, se vado in palestra da sola. E’ geloso come tutte le persone che amano troppo.
“La gelosia sono due occhi gialli che ti fissano nel buio e ti scavano dentro. La gelosia consuma chi la prova, giorno dopo giorno, lo rende debole, insicuro, trasforma i suoi sogni, i suoi desideri, trasforma se stesso e non lo lascia più. “
Sono preoccupata perché nonostante le sue restrizioni io non riesco mai a dirgli di no, mi sembra di essere sempre più innamorata e do inizio ad una gara con me stessa per diventare ciò che lui vuole che io sia. Invece dovrebbe esser chiaro che questo è un segno che questa cosa non può portare a nulla di buono , ma sono i nostri errori a determinare il nostro destino. Ci sono quei momenti in cui, anche se guardi dietro e vedi la strada percorsa, non puoi fare più nulla per tornare indietro e ripercorrere i tuoi stessi passi, perché i ponti col passato sono ormai crollati e non puoi che andare avanti.
“Qual è il confine tra una struggente passione e un’ossessione morbosa? Quand’è che l’amore si trasforma nel suo esatta contrario?”
Tutti noi portiamo una maschera che mettiamo e togliamo secondo le circostanze , ma quando lui getta la sua e rimane nudo , scopre il mostro. Le prime botte me le da durante il viaggio di nozze. Io do la colpa a me stessa perché ho contestato un suo ordine e gli ho risposto male, ma mi coglie subito una vaga sensazione di paura . Ma cosa vado a pensare! E’ mio marito e mi ama. I primi mesi me lo ripete tante volte al giorno, con messaggini, bigliettini nascosti ovunque e rose rosse, ma col passare del tempo la tenerezza scompare. In casa la magia di un tempo man mano si trasforma in offesa. Quello che amabilmente definivo “principe azzurro” cambia radicalmente mostrandomi la sua indole violenta. Da lui comincio a ricevere solo male parole e percosse se non faccio quello che ritiene corretto. Diventa il mio padrone e devo fare tutto quello che dice lui ! Non sono libera di fare qualcosa che non sia una sua iniziativa. E’ come se ogni giorno che passa lui stia rosicchiando una parte di me. Mi controlla come spendo i soldi che lui mi dà per fare la spesa, se non cucino quello che lui vuole si arrabbia e sono botte, quando è al lavoro mi telefona continuamente per veder se sono a casa. Ossessionato da una gelosia senza fondamento, basta un piccolo contrattempo, basta che guardo qualcosa che non sia lui per fargli perdere totalmente il controllo e diventare violento.Quando mipiovono addosso i suoi pugni, mi sento come una bambola di pezza che perde l’imbottitura o un pallone che rimbalza contro il muro senza volontà. Mi rannicchio sul pavimento e cerco di coprirmi la testa con le braccia mentre mi sovrasta. Poi mi mette le mani alla gola ed io smetto volutamente di respirare, fino quando lui si accorge che divento viola e molla la presa.
“Mi vuoi ammazzare? No caro, decido io quando morire. Allora lui si calma, perché non può avere più potere su di me. È il gioco del gatto e il topo. Il gatto si diverte a torturare il topo, ma non lo uccide. Perché se lo uccide, il dominio finisce”.
Vivo con una sensazione d’angoscia ogni volta che devo mettermi a letto e spero ogni volta di sentirlo russare per il timore che possa succedermi qualcosa, perché anche fare l’ amore con lui diventa sempre più traumatizzante. E’ mio marito ed io sono obbligata a fare sesso con lui tutte le volte che vuole, perché altrimenti sono percosse che voglio risparmiare a me stessa per vivere un po’ meglio.
“ Lurida cagna che non sei buona nemmeno per scopare, pensi di potermi dire di no? E’ mio diritto, sono tuo marito. Mettiti su quel letto e dammi tutto quello che voglio o ti ammazzo di botte”.
Faccio sesso senza piacere, solo per dovere, solo per respirare, perché il mostro quando si è sfogato si gira dall’altra parte e si acquieta. Mi monta come fossi una cagna e sono costretta a subire ogni tipo di rapporto anche se rifiuto. Non riesco mai a fermarlo ed in quei momenti mi rifugio in qualche angolo del mio cervello dove lui non può toccarmi e divento spettatrice di me stessa. Come è possibile che una donna come me, docile, tenera, che credeva nell’amore, che scriveva i suoi sogni sui bigliettini, possa essere brutalizzata così dal proprio marito? Come è possibile che possa tollerare questa situazione?Ho sempre sognato un uomo dolce, ma c’è una collisione improvvisa e fortissima tra il mio fantasticare e la realtà. Mentre il mondo degli altri esseri umani rotola meravigliosamente nella vita, il mio mi inghiotte nelle tenebre. Ogni volta che mi violenta mi sembra di dover allontanare da me pesanti blocchi di granito. La nostra casa comincia a puzzare ogni giorno di più di scempi e di rumori beceri, come il tonfo sordo della mia testa sbattuta contro la sponda del letto, il rumore di bottiglie rotte , di grida e di lamenti. Ho ematomi sulla faccia, sulle braccia e sulle gambe. Invece l'amore dovrebbe essere carezzevole, dovrebbe darti gioia e condivisione, non ti dovrebbe lasciare lividi sul corpo e sul cuore ed io mi aggrappo disperatamente all’idea che lui un giorno possa cambiare
“Come siamo brave noi donne a raccontare a noi stesse le balle! Ma, guardati per favore donna in quello specchio , Guarda le tue lacrime nere che scendono insieme al rimmel, mentre pensi a mille congetture, a varianti di trucco per coprire quel livido e nasconderlo al mondo intero. La cruda verità è che non ti ama, vuole solo possederti. Non cadere nella trappola che lui ha sempre voluto e sapientemente costruito giorno dopo giorno come un subdolo ragno per convincerti di meritare di essere tu la sua vittima, lui il tuo carnefice e che sia giusto così”.
Ora sono seduta su questa poltrona strappata con la vestaglia aperta sulle gambe massacrate, un rivolo di sangue che mi cola dall’angolo della bocca e le lacrime che mi rigano il volto. Oltre , devo guardare oltre , mi dico ogni volta. Cosa devo guardare, cosa devo provare quando i miei pensieri fanno la stessa strada, camminano trovano un muro e tornano indietro?Vorrei respirare a pieni polmoni e non pensare più a niente, anche solo per pochi minuti, ma è impossibile spegnere tutto. Vorrei fuggire da casa oggi stesso, se potessi, in questo stesso momento, ma come faccio? Non ho un lavoro, non ho una lira, non ho amici . Lui mi ha isolata dal mondo. Se l’è giocate bene le sue carte. Devo solo rilassarmi e cercare soluzioni per liberarmi da questa morsa che mi sta uccidendo giorno dopo giorno, fingere che tutto vada bene e regalare bugie per prendere tempo, ma il mostro sa leggermi dentro e capisce. Da quel momento ogni volta che mi violentasi ferma dentro di me perché sa perfettamente che solo un figlio può fregarmi, ma un figlio dovrebbe nascere da un gesto d’amore ed io per lui provo solo disprezzo.
“ Odio la sua idea di possesso, l’ illusione di controllare, di volere per forza, di reclamare. Disprezzo il suo egoismo, i suoi tranelli, la sua imperfezione”
Quando il suo piano riesce, ritorna premuroso, gentile, non mi sfiora più nemmeno con un dito, mi accarezza la pancia che si ingrossa mese dopo mese. Gli darò una femmina e lui mi dice che l’amerà come ama me, che è felice come un adolescente, che si è reso conto che sono la donna della sua vita, l’unica di cui non si è stufato in tutti questi anni, l’unica che lo ha sempre accettato per quello che è e gli è rimasta accanto, l’unica che ha voglia di sentire al telefono e chiamare in continuazione, l’unica con un’intelligenza e un senso pratico simili ai suoi, l’unica con cui riesce a fare l’amore. Ora il bastardo lo chiama fare l’amore, non più scopare. So perfettamente cosa vuole fare: aspettare, prendere tempo per poi ricominciare da dove ha lasciato. E’ solo un piano quello che ha messo in atto e sono sicura che tutti i pezzi non torneranno mai più a posto e io stessa non ho più voglia di sistemarli come in un’armoniosa composizione di fiori. Lui non cambierà mai perché la violenza è difficile da estirpare quando ti è entrata sotto la pelle, quando ti scorre nelle vene, quando ce l’hai nelle ossa. Voglio almeno determinare un pezzo del mio percorso dopo aver subito una violenza, ma mi guardo intorno e non vedo niente di sensato, niente che mi appartenga ed i demoni cominciano ad impossessarsi di me.
“ Girano girano, come la ruota, come un dado, come la luna, come una sfera impazzita, girano girano e non posso controllarli. Girano e cambiano come cambia il tempo e la tempesta dentro me urla tutta la sua verità” .
La casa che ho scelto ora mi sembra una gabbia, ma è il predatore che dovrebbe stare chiuso in gabbiaper non nuocere. Aspetto una figlia che ha il diritto di venire al mondo, ma ho paura che un giorno un giorno cominci a fare del male a lei come ne fa a me
“C'erano una volta le favole, quelle che avevano sempre un lieto fine con i loro "E vissero felici e contenti", quelle storie dove il "male" aveva sempre una forma ben definita e facilmente identificabile. C’era una volta!”.
Nella vita a volte bisogna sbattere la testa per capire veramente le cose. Bisogna provarle tutte e non lasciare nulla di intentato, per non avere ne conti in sospeso e ne rimorsi, bisogna toccare il fondo per riuscire ad avere anche una sola e minima speranza di risalita, perché sai che oltre quel punto non potrai più andare, ma è in quel punto, in quel preciso punto, dove la luce non filtra, che si vedono le cose come realmente sono, perché le guardi con occhi diversi da come le guardavi prima. I miei demoni oramai hanno preso il sopravvento e questa volta lo affronto, senza paura e senza risparmiargli i miei propositi, perché il male va affrontato, nella sua lurida essenza.
“Questa nostra storia fatta di bugie e di orrore dove io sono succube e pronta ad addossarmi tutte le colpe anche quando non ne ho, non può più andare avanti. Ho sprecato tempo, ho sofferto, ma non voglio farlo più. Ho ancora paura di te, delle tue reazioni incontrollate. Ho paura che la figlia che metterò la mondo, stando vicino a te possa subire le mie stesse violenze. Lasciaci andare e noi un giorno ti accetteremo se dimostrerai di essere cambiato”
Ma mostro è già pronto a scatenare di nuovo tutta la sua rabbia repressa perché se non può averti lui, nessuno dovrà averti; perché se non può essere felice con te, tu non dovrai trovare la felicità con nessun altro. Mi prende per i capelli, mi getta a terra , inizia a prendermi a calci sulla pancia, una, dieci, cento volte senza pietà sino a che sento qualcosa che muore dentro di me. Vedo il sangue che mi cola lungo le gambe e vorrei urlare, ma la voce non esce.Era solo un miracolo questa figlia e lui l’ha uccisa. Quando mi stringe di nuovo le mani attorno al collo, afferro il coltello sul tavolo e colpisco , colpisco, una , dieci , cento volte senza pietà.
“Seduta sul pavimento con le mani sporche di sangue sento il suono delle sirene ed un battito d’ali sopra la mia testa. Un battito d’ali gigantesche! Come in un film a rallentatore vedo, visi che mi osservano, che mi interrogano, ma io oramai sono persa nel vuoto. La mia mente è altrove e mi devo districare nei labirinti della mia mente in attesa di ritrovare la quadratura del cerchio. Poi il cerchio si apre e torna di nuovo il tempo di ricominciare, ma non c’è più niente di Giulia, non c’ è più niente della bimba che inseguiva i suoi sogni”
Scorre l’acqua come il tempo e porta via volti, parole, rimpianti e entusiasmi. Se ne prendo una poca con il bicchiere, non la perderò nei colori spenti delle mie giornate dove resta freddo il cuore che a fatica s’apre la strada falciando i rovi ghiacciati delle pene quotidiane che mi opprimono la vita. Mi chiedo se un giorno riuscirò a costruire mura che non siano di paglia, ma mi accorgo di non avere più la forza. E se costruite queste mura, mi ritrovassi ancora prigioniera in una torre, senza trovarne via d’uscita? Oh no, non riuscirei ad immaginarmi chiusa là dentro anche se al riparo dalle armi che ogni persona potrebbe puntarmi contro, ma così distante da ogni cosa che sarebbe in grado di farmi sentire viva. Forse è meglio restare qui su questa panchina. Ho un sole di ricambio per i giorni di solitudine e la luna che dorme accanto a me che quando sogno sorride. Non m’importa dove mi porteranno i sogni , non ho fretta, non vado da nessuna parte.
“Fuggi anima mia e non fermarti. Vai oltre i confini del tempo, oltre gli anni, le ore ed i minuti, le stagioni. Vola su candide vette, tuffati tra gli abissi o riparati in un lembo tra le nuvole a guardare le stelle . Danza al ritmo al ritmo della musica, zingara, altera, libera e selvaggia e quando sei stanca prova a riposarti su un letto di fiori”.
Fine