I condottieri

Stampa questo copione

I Condottieri

I CONDOTTIERI

Dramma in due tempi

di CLAUDIO NOVELLI

                                   

PERSONAGGI

IL PROFESSOR BERNABEI

NAZZA­RENO PONTERI

LISA PONTERI

PAOLO EMILIO DE MARIA

GABER LO SCULTORE ORLANDINI

TOSA­TO

IRMA

UOMO IN TUTA

PIETRO

GIOVANNA

PRIMO GIOVANE

SE­CONDO GIOVANE

TERZO GIOVANE

PRIMO SINDACO

SECONDO SIN­DACO

UN USCIERE

Commedia formattata da

PARTE PRIMA

Sulla scena un insieme di cubi trasparenti simili a quelli che funzionano da ufficio all'in­terno delle grandi fabbriche. La loro disposi­zione deve ispirarsi, più che ad una rappresen­tazione esasperante, all'immagine di una razio­nalità metallica e perfetta. Tranne uno, che ha dimensioni maggiori, questi ambienti hanno tutti la stessa grandezza. L'arredamento, che si avvicenda nel succedersi delle varie scene, è ridotto ad un'essenziale linearità. Nella parte superiore, cui si accede tramite una scala visi­bile posta al lato sinistro, una balaustra molto bassa e smontabile che scorre lungo tutta la costruzione. Apertura del velario lentissima. In sottofondo un leggero stridore metallico che fa pensare allo spostamento di uno scorrevole. Scena buia. Una luce bassissima comincia a scoprire un prete officiante che si trova quasi poggiato alla balaustra. Indossa una cotta e ha un librone nero in mano).

Il Sacerdote                  - ... Et ne nos inducas in tentationem!

Il Coro                          - (dall'interno e senza nessun accompa­gnamento musicale) Sed libera nos a malo.

Il Sacerdote                  - A porta inferi!

Il Coro                          - (dall'interno) Erue, Domine, animam eius. (Luce nel cubo più grande. Vi si trovano cinque uomini intorno ad un tavolo. Quattro sono vestiti di nero ed hanno una linea impec­cabile: il quinto, più anziano degli altri, indossa abiti normali. Essi sono: il professor Bernabei, il dottor Gaber, il dottor Tosato, Paolo Emilio De Maria, Pietro).

Il Sacerdote                  - Requiescat in pace!

Il Coro                          - (dall'interno) Amen!

Bernabei                        - (in coda al coro che sfuma) ... E' impossibile restare lontani, proprio in un mo­mento come questo, dal luogo che per tanti mesi, per tante stagioni vide la sua operosità, la sua inappuntabile fermezza, la sua incrolla­bile fiducia nei disegni di un mondo e di una società migliori. La sua presenza pesava, cari colleghi ed amici, lo ricordiamo tutti. Quel suo sguardo dolce, appassionato... sembrava guidar­ci... incoraggiarci... perché, in fondo, noi, ricono­sciamolo, eravamo veramente più deboli e ci sentivamo sicuri soltanto nella traccia da lui così copiosamente e generosamente indicata...

Il Sacerdote                  - ... Ut quia in te speravit, et credidit non pcenas inferni sustineat, sed gaudia «terna possideat. Per Christum Dominum nostrum!

Il Coro                          - (dall'interno) Amen! In paradisum deducant te angeli...

Bernabei                        - (in coda al coro che lentamente sfu­ma) ... Che significato avrebbe ora compiangerlo se noi non pensassimo di rifarci a lui, al suo sforzo di moralizzare ogni azione e ogni ripensamento, quando la lucidità della nostra intelligenza è demolita dal panico, quando l'incontrollabile bisogno di soddisfare solo i nostri desideri contorce il miraggio sociale della nostra funzione, quando stanchi del cammino e della lotta stiamo per abbandonare. Solo il suo esem­pio ineguagliabile potrà confortarci e, al tempo stesso, renderci vergognosi della nostra po­chezza...

Il Sacerdote                  - Ego sum...

Il Coro                          - (seguita il salmo che troncherà all'en­trata dell'uomo in tuta. Via il prete).

Un Uomo in tuta           - (avvicinandosi al proscenio con un quaderno in mano) Io e i miei com­pagni non l'abbiamo mai conosciuto di persona... Solo nelle fotografie. La gente parlava molto di lui. Noi gli vogliamo bene e lo ricordiamo come ci hanno educato a credergli e ad amarlo. Aveva poco più di cinquant'anni. Un male terri­bile lo ha stroncato. (Mostrando il quaderno) Ecco, che cosa è rimasto della sua umanità... un libro... che altri scrissero per giustificare la sua esistenza... Io e i miei compagni non sap­piamo se esso sia falso o sincero... La carta scritta ha un'espressione che si può leggere, ma non guardare...

La Prima voce               - (dall'interno) Ci conoscemmo in un paesino dell'Austria. In seguito Raffaele venne a trovarmi spesso, leggendomi ansiosa­mente i suoi saggi. Che cosa posso dire di lui; era un personaggio straordinario, metà uomo metà profeta...

Un Uomo in tuta           - (commentando) Uno stati­sta moderno.

La Seconda voce          - L'ho visto soltanto una vol­ta. Quando si presentò disse semplicemente: sono Raffaele... e sorrideva... Perché aveva capito che dietro di me esisteva la dimensione di un mondo che egli avrebbe approfondito.

Un Uomo in tuta           - (sempre commentando) Un pensatore francese.

La Terza voce               - Se fosse stato lecito condizio­nare l'esistenza a un'amicizia... avrei vissuto soltanto all'ombra di Raffaele. E questo per cogliere tutto ciò che sfuggiva alla frettolosa attenzione degli altri.

Un Uomo in tuta           - (sempre commentando) Un poeta...

La Quarta voce             - La sua concezione, pur ri­traendo gli schemi di un'azienda capitalista modernamente intesa, era indirizzata ad indi­viduare la futura società nella prospettiva di una trasformazione socialista.

Un Uomo in tuta           - (commentando) Un leader socialista.

La Quinta voce             - Chi era quell'uomo tranquil­lo, sempre vestito di grigio che a fatica si spin­geva dentro le nostre discussioni accese e con­torte da un linguaggio troppo specializzato? Nelle prime sedute lo credevamo un clande­stino, ma ci bastò sentirlo parlare. Faceva pen­sare a Mosè... (Sfuma).

Un Uomo in tuta           - (commentando le prime tre parole) Un famoso psicologo. Potrei conti­nuare... (Nazzareno, entrato nella parte destra, gli si avvicina e gli batte la spalla con una mano) ... Centinaia di uomini hanno detto di lui cose mirabili... migliaia di persone hanno pensato a lui... A che serve ormai... Quando la vita si spegne, ogni germoglio di ragione o di sentimento si ritrae, indietreggiando dalle co­scienze... La morte, tra noi, diventa un oggetto fuori posto; proprio perché ci sfugge. (Nazzareno prende l'uomo in tuta sotto il braccio e l'accompagna verso l'uscita di quinta, poi si dirige nel quadrato dove sono i cinque uomini).

Bernabei                        - (attaccando alle ultime battute dell'uomo in tuta) ... E ora, ora che un'amara circostanza ci fa riflettere sulla inalienabile condizione di non averlo più fra noi, non ci resta che approfondire la sua opera passata, non ci rimane che leggere in essa i germi e i suggerimenti per il nostro domani e compren­dere in tutto ciò il perché della vita di Raffaele... il significato più profondo della sua opera. (L'ultima parte dì questo discorso perde il tono evocativo e impersonale ed è indirizzato chiara­mente solo ai presenti. A Nazzareno che è arri­vato in tempo per ascoltare le ultime parole) Vi abbiamo aspettato a lungo.

Nazzareno                     - Chiedo scusa. Ero legato a Raffae­le da un profondo affetto. Ho voluto tenermi lontano, di proposito, da una commemorazione ufficiale.

Bernabei                        - E' stata solo una piccola riunione spontanea. Forse avete interpretato l'invito...

Nazzareno                     - Non ho accettato la sede.

Bernabei                        - Raffaele, oltre ad essere un nostro amico, un nostro collaboratore, rappresentava ufficialmente la società; un pubblico di dieci­mila individui. Esistono delle regole.

Nazzareno                     - Allora... potete ritenervi soddi­sfatto, professor Bernabei. I diecimila dipen­denti leggeranno il vostro discorso. Esso sarà ciclostilato e distribuito.

Paolo Emilio                 - Il professore ha desiderato che tutti partecipassero al dolore.

Nazzareno                     - Perciò ne ha preparato uno su misura per tutti; in modo che tutti si dolessero e compiangessero Raffaele con le stesse emozioni!... E che magari lo ricordassero tra­mite un'allegata fotografia!

Tosato                           - E' una consuetudine che si rispetta nelle migliori famiglie.

Nazzareno                     - Ebbene io sono un figlio degenere; non apprezzo certe premure!

Bernabei                        - Allora dovevate astenervi fino in fondo.

Nazzareno                     - Sono venuto per la seconda parte. Sapevo che alle parole sarebbero seguiti i fatti.

Bernabei                        - Siete diventato sospettoso. Paolo

Emilio                           - (a Nazzareno) E' stato un fatto occasionale, nessuno aveva intenzione...

Nazzareno                     - Non ci si avventura, per caso, in una commemorazione con le tasche piene di prospetti, di dettagli, di bilanci!

Tosato                           - Mi è stato chiesto cortesemente un rilievo; come avrei potuto sottrarmi.

Nazzareno                     - Ma certo; avete fatto benissimo. Del resto la vostra posizione non implicava, necessariamente, una condotta trasparente.

Tosato                           - (giustificandosi) Erano tutti d'ac­cordo.

Nazzareno                     - Appunto.

Bernabei                        - Avete idea di darci una lezione morale?

Nazzareno                     - No, ho chiarito il vantaggio da cui mi avete escluso. Volevate che io venissi qui, ma impreparato.

Bernabei                        - Chi vi ha informato?

Nazzareno                     - (dopo un attimo di esitazione) Raffaele.

Paolo Emilio                 - Non diciamo idiozie!

Nazzareno                     - Ancora una settimana fa, prima di partire, mentre l'accompagnavo al treno, mi raccomandava di partecipare a tutte le sedute, a tutti i consigli, ordinari e straordinari... Ave­va il presentimento che qualcuno stesse tra­mando alle sue spalle.

Paolo Emilio                 - (pausa) ... Anche a voler rispet­tare scrupolosamente il lutto, quattro chiac­chiere erano necessarie...

Bernabei                        - (rompendo ogni indugio) ... Io direi di cominciare subito.

Paolo Emilio                 - (avvicinandosi a Pietro) Caro Pietro, vi ringraziamo per la vostra...

Pietro                            - ... Era mio dovere...

Nazzareno                     - Volete allontanare Pietro?

Bernabei                        - Non siamo ridicoli! (Appena Pietro è uscito dopo aver salutato tutti. A Nazzareno) Che idee vi vengono! Un rappresentante di commissione interna in una discussione così pri­vata!

Nazzareno                     - Fino a poco tempo fa c'erano altre abitudini.

Bernabei                        - I tempi cambiano!

Gaber                            - (tirando fuori dalla borsa alcune carte)

                                      - Ci sono alcune formalità che, come segre­tario di questa assemblea, ho il dovere di sbrigare...

Nazzareno                     - (a Gaber) Chi vi ha nominato?

Bernabei                        - (in fretta) La maggioranza... escluso voi che eravate assente.

Gaber                            - (continuando come se non ci fosse stata nessuna interruzione) Il dottor Pier Luigi Tosato rappresenta l'ottanta per cento dei soci azionari con una partecipazione quinquennale al di sopra dei trecento milioni.

Nazzareno                     - E del rimanente venti per cento?

Bernabei                        - Non sono stati reperibili. Del resto l'ottanta per cento costituisce la maggioranza... E ciò mi sembra logico e anche democratico.

Nazzareno                     - Lasciamo stare la democrazia! In essa si fanno anche altre cose! Per esempio, non si riunisce un consiglio fantasma il giorno dei funerali.

Gaber                            - (continuando) Al dottor Paolo Emilio De Maria è stata demandata la funzione di sostituire l'intera assemblea dei dirigenti... i quali, concordemente e spontaneamente, hanno convenuto che una partecipazione plenaria avrebbe suscitato sospetti sulla natura delle conclusioni...

Nazzareno                     - (interrompendo) E' immorale!

Gaber                            - (terminando la frase) ...e avrebbe creato, inoltre, un clima di animazione contra­stante con le giornate di lutto.

Nazzareno                     - (a Paolo Emilio) E tu ti sei pre­stato a questa farsa?... Dopo tutta la stima e l'amicizia di Raffaele?

Paolo Emilio                 - (difendendosi) E' stata una decisione collegiale... Non potevo rifiutarmi.

Nazzareno                     - Era un complotto!

Bernabei                        - (gridando, a Nazzareno) Voi giu­dicate troppo in fretta!

Nazzareno                     - Io non giudico; dichiaro. Questa riunione è una commedia! Ho già capito dove si vuol arrivare. Dove sono gli amici? Dove sono le persone su cui poter contare per difendermi, per difendere Raffaele?

Gaber                            - (cui Bernabei fa cenno di andare avanti)

                                      - Questo consiglio, inoltre, in considerazione dell'amicizia, dello stretto contatto di intenti e di azione che legarono Raffaele al dottor Naz­zareno Ponteri, delibera di dover affidare a quest'ultimo il ruolo della responsabilità sulla politica svolta dalla società in questi ultimi cinque anni.

Nazzareno                     - (come facendo una considerazione)

                                      - Un uomo è veramente abile quando riesce a porgere, in una forma felice e gradevole, le cose più crudeli.

Gaber                            - Un'ultima cosa. Gli eredi.

Bernabei                        - Abbiamo insistito più di una volta, ma loro...

Gaber                            - (prendendo una lettera e leggendo) Il dolore e un dignitoso riserbo ci costringono a rinunciare. Non abbiamo mai messo in dub­bio la serietà, la capacità, l'onestà e la rettitu­dine dei nostri dirigenti. Riaffermando, come sempre, questo confronto, siamo convinti di interpretare la volontà di Raffaele... specie in un momento in cui i fatti hanno il peso di soste­nere la sua memoria. Al professor Bernabei, perciò, conferiamo piena e assoluta delega riguardo tutte le conclusioni cui questo vostro consiglio avrà in animo di giungere. Per gli eredi, eccetera eccetera...

Nazzareno                     - E' un comportamento inaccetta­bile! Dovevano mandare una rappresentanza legale!

Paolo Emilio                 - ...Ma c'è...

Gaber                            - (a Nazzareno) Esiste una documenta­zione, fatta con tutte le regole. Se vuole control­larla è a sua disposizione.

Nazzareno                     - Non vi scaldate, Gaber. Se credete di impressionarmi con il vostro zelo vi sba­gliate. Siete una vecchia conoscenza. Per anni ho visto circolare la vostra faccia livida... da Lazzaro paziente, che muto, ma non rassegnato, aspetta la sua resurrezione.

Gaber                            - Mi sono sempre limitato a prendere ordini ed eseguirli. Solo questo, comportava la mia posizione.

Nazzareno                     - Certo, ma nella vostra mente si agitavano altri progetti. Ciò vi aiutava a vivere, a sopportare la viltà del vostro mestiere. Chissà, pensavate, una situazione nuova potrebbe aprir­mi prospettive più ampie! Non fatevi illusioni, Gaber, nessuno ha mai creduto nei vostri talenti nascosti, e i vostri protettori vi allevavano nelle promesse soltanto perché al momento opportu­no si sarebbero serviti di voi... e l'hanno fatto. Ma tutto qui. La vostra è una schiavitù perenne, che non consente riscatto. Cento volte ho sug­gerito a Raffaele di liberarsi di voi... Gaber           - L'ho sempre saputo.

Nazzareno                     - ... Lo sentivo come un dovere, come un atto di onestà. Lui non ha mai voluto, non perché vi stimasse, o perché spinto dalla pietà; per una sua profonda concezione umana. Una compagine, diceva, si deve accettare in blocco. In essa la presenza di elementi indeside­rabili crea un'agitazione benefica, che spesso fa da stimolante alle forze migliori. Pur ammirando questa interpretazione, non ho mai potuto condividerla.

Bernabei                        - La designazione di Gaber è stata spontanea.

Nazzareno                     - Come tutto il resto. Non ci sono gli eredi; abbiamo un solo delegato dei diri­genti; l'espressione degli azionisti è nascosta dietro la faccia rispettabile del dottor Tosato. Però è tutto spontaneo, tutto regolare. (Allu­dendo a Gaber) Era un uomo inviso a tutti... Come si spiega la sua scelta? Perché?

Paolo Emilio                 - Posso garantire io...

Nazzareno                     - Perché prima di arrivare a questa assemblea occorreva un lavoro di preparazione, di contatti, di voci sussurrate, di previsioni precostruite... (a Bernabei) e un uomo della vostra statura, professore, non poteva esporsi. Certe persuasioni, anche se manovrate con diploma­zia, hanno sempre il sapore del ricatto.

Bernabei                        - Vi avverto, Nazzareno, che state perdendo il controllo del vostro equilibrio.

Nazzareno                     - Quale altra persona meglio di Gaber... sfuggente... ambizioso... pieno di risor­se... Egli avrebbe sgominato, senza fallire un colpo, le forze che, da questa occasione in poi, vi avrebbero procurato dei fastidi. Ne eravate convinto?!

Bernabei                        - Come fa un uomo come Gaber, che voi, dichiaratamente, definite mediocre a sbara­gliare le forze migliori della società, che fra l'altro militano in un programma contrario? Non vi sembra una contraddizione...

Nazzareno                     - Sto sforzandomi di parlare la vostra stessa lingua, professor Bernabei; sap­piamo perfettamente a quale scuola crescono le segretarie, i dirigenti, i collaboratori preziosi. Selezioni a parte, esiste un tipo di ginnastica mentale... (All'inizio di questa battuta la luce cala lentamente fino al buio. Luce su uno qual­siasi degli altri quadrati. Dal buio entra un giovane aitante. Porta un abito sportivo: si guarda intorno; raccoglie una piccola valigia di metallo e la soppesa; la apre e ne trae un vesti­to blu, una camicia e una cravatta fiammante. Si cambia d'abito riponendo nella valigia il vestito scartato. Tira fuori, sempre dalla valigia, un piccolo tavolo componibile e un panchetto della stessa foggia. Da un portasigarette d'ar­gento prende una sigaretta: l'accende e si mette a passeggiare come lasciandosi esaminare).

Bernabei                        - (venendo dal buio) Da quanti anni fate parte della nostra grande famiglia?

Il Primo giovane           - Dieci.

Bernabei                        - Che desiderate?

Il Primo giovane           - Un posto migliore.

Bernabei                        - E in cambio che cosa offrite?

 Il Primo giovane          - Una crociata per il mio egoismo.

Bernabei                        - Di quali mezzi vi servirete?

Il Primo giovane           - Il mio motto sarà sempre e incondizionatamente: « tu, uomo, guadagne­rai il pane col sudore della fronte... sotto la mia guida farai di più, di più, di più, di più... ».

Bernabei                        - Le vostre idee...

Il Primo giovane           - (interrompendo velocemente) I miei protettori hanno sempre idee migliori delle mie... Io ne ho migliori dei miei protetti.

Bernabei                        - Come pensate di imporre la vostra personalità?

Il Primo giovane           - Racchiuderò il mio compor­tamento in una sigla. Farò in modo che esso abbia imitatori scrupolosi; dirò spesso, in un certo senso o in una certa maniera; mi liscierò il lato sinistro della mia capigliatura accurata­mente grigia...

Bernabei                        - Basta così. Siete accettato.

Il Primo giovane           - Grazie! (Buio. Immediata­mente luce su di un altro quadrato adiacente verso il quale si sposta Bernabei). Il Secondo giovane        - (si trova in mezzo al qua­drato ed è vestito come il precedente. Parla velocemente) Sono dieci anni che faccio parte di questa grande famiglia. Desidero un posto migliore. Farò della mia vita una crociata per il mio egoismo. Il mio motto sarà sempre e incondizionatamente: « Tu, uomo, guadagnerai il pane col sudore della fronte... sotto la mia guida farai di più, di più, di più, di più, di più ». I miei protettori hanno sempre idee migliori delle mie. Io ne ho migliori dei miei protetti. Racchiuderò il mio comportamento in una sigla. Farò in modo...

Bernabei                        - Basta così. Siete accettato.

II Secondo giovane      - Grazie! (Buio. Immedia­ tamente luce su di un altro quadrato adiacente verso il quale si sposta Bernabei).

Il Terzo giovane            - (si trova in mezzo al quadrato ed è vestito come i due precedenti. Fa finta di parlare. Infatti la sua voce è incisa su nastro e viene diffusa con velocità. Si distinguono a mala pena le parole. Anche le risposte a Bernabei provengono dal nastro) Sono dieci anni che faccio parte di questa grande famiglia. Desi­dero un posto migliore. Farò della mia vita una crociata per il mio egoismo. Il mio motto sarà sempre ed incondizionatamente: « Tu, uomo, guadagnerai il pane col sudore della fronte... sotto la mia guida... ».

Bernabei                        - Basta così. Non possiamo accet­tarvi.

Il Terzo giovane            - (dal nastro) Perché?

Bernabei                        - Avete un fisico e una presenza sgradevoli.

Il Terzo giovane            - Ma sono un uomo intelli­gente. (Dal nastro).

Bernabei                        - Allora dedicatevi agli studi. (Buio. Luce sul quadrato centrale. Gaber, Nazzareno, Paolo Emilio, Tosato, Bernabei si trovano nella stessa posizione antecedente alle tre scene con i giovani) Dal consuntivo fatto sul movimento dei capitali e della produzione sono emerse deficienze e fuoriuscite sorprendenti... che nes­suno aveva il coraggio di ammettere.

Nazzareno                     - Mi sembra che nell'ultima riunio­ne Raffaele...

Bernabei                        - Basta con questo Raffaele! Raf­faele è morto... e noi dobbiamo andare avanti lo stesso! Il dottor Gaber ha preparato una "dazione sincera, che noi esamineremo con Ima.

Gaber                            - (tirando fuori dalla borsa altri fogli) In questi ultimi tempi... voglio riferirmi in par­ticolare allo scorcio di questo quinquennio-la società ha subito una certa flessione... Il livello di produzione e di vendite, pur consi­derato, almeno in apparenza, non mediocre, non è riuscito a giustificare il conseguente impiego finanziario. Si stabiliva così una situazione pre-deficitaria cui si accompagnava un vero e pro­prio prosciugamento, dovuto da una parte ad una imprecisata ed imprecisabile fuga di fondi, dall'altra all'istituzione e al mantenimento di settori interamente passivi.

Bernabei                        - (a Gaber) Chiarisca, per favore. Gaber    - Una serie di attività come: associa­zioni... periodici di cultura... mostre d'arte, con­tributo indiretto a un tipo di editoria, corsi gratuiti, allargamento macroscopico dell'assi­stenza sociale, densità di prestiti allo zero di interesse, nuclei sindacali, sezioni politiche, beneficenza...

Bernabei                        - E' possibile avere un orientamento in cifre?

Gaber                            - Certo... (Cercando tra le carte) Ecco qua... Questo è il rendiconto parziale e questo il rendiconto globale... Si può calcolare che dal millenovecento...

Nazzareno                     - Sono bilanci incontrollati! Per me non hanno alcun valore.

Tosato                           - Vogliamo fare della filosofia anche sulle cifre?

Nazzareno                     - Io non accetto che si nascondano le accuse dietro dei numeri.

Paolo Emilio                 - Non arriviamo a parole grosse.

Nazzareno                     - Discutiamo sui fatti. E lasciamo stare i morti.

Bernabei                        - Noi non abbiamo niente contro Raffaele, anzi gli siamo debitori di molto, ma il rispetto e la stima che gli portiamo non ci debbono bendare gli occhi. Sono stati commessi degli errori, delle omissioni, se preferite, e noi, ora, che abbiamo capito, non possiamo limitarci ad osservare, a constatare.

Nazzareno                     - Avete avuto cinque anni per reagire! Ma nessuno l'ha fatto! Nessuno ha parlato!

Bernabei                        - Non avevamo in mano gli strumenti per mutare una situazione che si trascinava...

Nazzareno                     - Non avevate in mano gli avver­sari, caro professore, non avevate gli oppositori che sicuramente avrebbero constatato le vostre critiche! E' questa la vera ragione.

Bernabei                        - Da soli non sì porta a termine nessuna lotta.

Nazzareno                     - No, professore, non è così... A voi non piace molto lottare... preferite, piuttosto, con ogni mezzo, procurarvi dei sostenitori, degli avanguardisti che giochino in campo le vostre pedine. Allora vi guardate intorno e scegliete... uno... due... tre... quattro... Ci cadono tutti anche gli amici di Raffaele... (Guardando Paolo Emilio) Anche quelli che hanno avuto la sua stima, il suo affetto...

Paolo Emilio                 - (a Nazzareno) Ma che cos'ero io? Che cosa rappresentavo, realmente, nella società?

Nazzareno                     - Un uomo per bene! Un amico! Un dirigente acuto che avrebbe potuto, senza sotterfugi, screditare le idee sbagliate, gli errori.

Paolo Emilio                 - Non si può... non si può, e tu lo sai, Nazzareno... Quando si segue una corrente si accetta, cercando di non naufragare. Tanto più che lo scompenso era ancora contenuto e...

Nazzareno                     - (seguitando la frase di Paolo Emilio) ... le vendite avevano un flusso perfettamente aderente a tutti i calcoli di previsione. Allora, in pratica, che cos'è accaduto? Niente. Assolu­tamente niente. Ma le cifre possono dimostrare...

Gaber                            - Che esiste un deficit concreto e che...

Nazzareno                     - (a Gaber, scattando) Non inter­rompetemi! Se siete qui per fare il segretario, limitatevi a quello! (A Paolo Emilio) Che cosa stabilivano quelle cifre?

Paolo Emilio                 - Che la situazione stava preci­pitando.

Nazzareno                     - Stava precipitando o era preci­pitata?

Bernabei                        - C'erano tutti i presupposti perché...

Nazzareno                     - Non andiamo a sottilizzare con le ipotesi, professore. Poco fa abbiamo parlato di corrispondenze reali ed esse non possono essere interpretate con i moduli di una politica diversa da quella che le aveva ispirate. Nessuna pianificazione prevede risultati definitivi a metà percorso.

Bernabei                        - Questo non impedisce di troncare un sistema dichiaratamente errato.

Nazzareno                     - E dove sono gli errori? Quando ve ne chiedo ragione, mi mostrate indirettamen­te delle cifre. Andiamo su un piano più reale; chiediamo al dottor Tosato se ha avuto a lamentarsi per gli utili.

Tosato                           - Effettivamente un lieve calo di per­centuale si è verificato.

Nazzareno                     - Un lieve calo è di normale ammi­nistrazione. Ma le vostre azioni, dottor Tosato, che tenevate ben riposte in un cassetto, hanno per caso perduto la loro stabilità?

Tosato                           - Questo, no.

Nazzareno                     - Però voi vi preoccupate lo stesso, semplicemente perché vi hanno soffiato all'orec­chio che i vostri guadagni stavano impercetti­bilmente diminuendo. La perdita era talmente trascurabile che non ve ne siete nemmeno accorto.

Bernabei                        - Non ritenete che sia giusto avvertire gli azionisti sull'andamento preciso dei loro profitti?

Nazzareno                     - E chi sono gli azionisti?

Tosato                           - Gente seria!

Nazzareno                     - Seria e spensierata, dottor Tosato. Voi e i vostri colleghi ve ne state tranquilli... senza nemmeno l'ombra di una responsabilità. L'unica fatica che fate è di depositare una cifra nelle casse della società in cambio della quale esigete la garanzia di un usufrutto sicuro e crescente. E se tutto questo non viene osser­vato alla lettera, magari, vi infastidite. Dottor Tosato, sapete qual è la definizione scientifica del vostro atteggiamento? Parassitismo!

Bernabei                        - (a Nazzareno) ... Come vi permet­tete...

Tosato                           - Sono un parassita che più di una volta vi ha coperto le spalle; a tutti!

Nazzareno                     - Se vi siete concesso questa debo­lezza è perché in certe occasioni gli interessi venivano quadruplicati!

Bernabei                        - Insomma, finiamola! Stiamo dege­nerando in una disputa! Se i termini di una vera e propria catastrofe ci sfuggono, non è difficile supporre che essa poteva accadere.

Nazzareno                     - Tutto è possibile, professore ma io non vado a prenotare il funerale sapendo che, d'ora in poi, tutti i minuti sono buoni per morire.

Bernabei                        - Le cifre che non volete ascoltare dimostrano che entro otto mesi la società sareb­be andata al migliore offerente.

Nazzareno                     - Le cose o si dicono o si tacciono!

Paolo Emilio                 - Eravamo tutti convinti che un giorno o l'altro...

Nazzareno                     - No! La verità è che il professor Bernabei, spinto da altri interessi, ha deciso di cambiare direzione... e gli serve una vittima!

Paolo Emilio                 - (a Nazzareno) Sei impazzito!

Gaber                            - Questa, è mania di persecuzione.

Tosato                           - Mi pare che ci siano i termini della calunnia.

Bernabei                        - (a Tosato, Paolo Emilio e Gaber) Se tutto ciò costituisce uno sfogo benefico... lasciamo pure...

Nazzareno                     - (a Bernabei) Risparmiate la vostra clemenza dipinta, professore... Vi conosco bene, fino in fondo... Ricordate il caso Baldelli? Eh? Se non avete buona memoria...

Paolo Emilio                 - II caso Baldelli?

Nazzareno                     - Una vicenda inosservata di cui il nostro caro e rispettabile professor Bernabei è stato protagonista. Una raffinatezza che solo pochi intimi hanno potuto cogliere.

Tosato                           - Noi non permetteremo che gli argo­menti seri siano rimescolati a un pettegolezzo!

Gaber                            - Giusto.

Nazzareno                     - Ma questo è un pettegolezzo che... fa argomento. (Si affretta a narrare prima di essere di nuovo interrotto) Avrete conosciuto, tutti, Baldelli, no! Una persona perbene. Sim­patico, intelligente; grande amico e ammiratore di Raffaele. Mi pare che a quei tempi si occu­passe di relazioni con l'estero. Imprevedibil­mente, Raffaele volle cambiargli incarico. Come faceva lui, quando aveva delle comunicazioni importanti da dare, lo invitò a colazione. Due giorni dopo Baldelli era diventato il braccio destro del professor Bernabei.

Gaber                            - Era stato mandato per controllare, perché si sospettava...

Nazzareno                     - (secco) Era stato mandato perché Raffaele aveva voluto così!

Gaber                            - Mi accusò di incapacità e di sperpero.

Nazzareno                     - E in risposta voi gli mostraste subito indignazione e intolleranza. Forse, vi comportaste troppo sinceramente per il vostro carattere... Ma il professor Bernabei, che pure lo odiava e Io sentiva un intruso, accusò il colpo con un rito diverso. Divenne suo amico... suo inseparabile compagno, al punto da poter espri­mere, anche inizialmente, osservazioni negative sulla politica svolta da Raffaele. Questo amore illegittimo e contro natura si cementava; a renderlo più vero, più credibile contribuiva l'at­teggiamento ostile di Gaber. In quel ridente ufficio, esposto a mezzogiorno, si facevano mille disegni fantastici, si sognava la espressione di un'industria moderna, ineguagliabile, lontana dalle manie paternalistiche e, forse, troppo provinciali di Raffaele. Passarono soltanto pochi mesi. I due amici, insieme, accusano presunte persecuzioni ai loro danni. Il professore con­fessa a Baldelli che il loro patto spirituale è stato scoperto. (Guardando Gaber) Sono stati giocati dallo zelo eccessivo di un delatore... Pro­prio Gaber... Il servo viene accusato dal padro­ne. Secondo le impressioni e l'esperienza di Bernabei, Raffaele li costringerà a dimettersi. A che scopo, quindi, aspettare questa sicura umiliazione? Ambedue, allora, sempre in quel ridente ufficio esposto a mezzogiorno, prendono carta e penna e vergano, di propria mano, le rispettive dimissioni. Le motivazioni erano chia­re, inequivocabili; Raffaele, in quel prezioso documento di cui io conservo l'originale, era disegnato come un pazzo millantatore; e la società, una nave alla vigilia del naufragio. Le lettere furono imbustate e indirizzate all'ufficio del personale... Ma di esse, una sola partì e giunse a destinazione; quella del povero Bal­delli. (Bernabei reagisce abbozzando un sorriso. Per compiacenza, uno a uno, cominciando da Gaber, ed escluso naturalmente Nazzareno, rido­no tutti: prima piano, poi sempre più forte. Nell'ultima fase la risata si trasforma in un rumore di folla. Buio completo. Cono di luce sull'uomo in tuta che appare poggiato alla balau­stra superiore).

Un Uomo in tuta           - (rumore di folla) Silenzio! Basta, ho detto! Se parliamo tutti insieme non concluderemo niente! Lasciatemi spiegare... (Via rumore di folla) Le cose cambieranno... (Rumore di folla) e ci sta bene! (Via rumore di folla) Se fossimo stati uniti... se avessimo perse­guito un'azione comune, ora non ci troveremmo con un pugno di mosche in mano. Il sindacato dei padroni è sempre una fregatura! (Rumore di folla) Lo so, lo so... avevate dei premi sotto­banco, (via rumore) ma questo non era scritto e perciò non costituiva un diritto! Era un'ele­mosina... e voi avete allungato la mano! D'ora in poi sarà diverso; niente straordinari... e gli appalti nasceranno come funghi... a loro sono più convenienti. Se vogliamo scansare il peggio dovremo tirare la cinghia. (Rumore) No! Ho detto, no! Non mischiamo le carte in tavola! (Via rumore) Noi, facciamo la nostra politica, chi ci vuol seguire ci venga pure dietro. E poi tra loro ci sono troppe spie... Sono dei vermi che fanno carriera alle nostre spalle! (Luce su uno dei quadrati che funge da segreteria. Vi si trovano, presso due tavoli piccolissimi su cui sono poggiati un citofono e un microfono. Irma e Giovanna).

Irma                              - (parlando al microfono) Attenzione! Attenzione! La direzione informa che da doma­ni mattina il lavoro, in tutti i reparti, riprenderà con l'orario normale. (Rumore di folla).

Un Uomo in tuta           - (via rumore) Lo avevamo capito. Facciamo sapere al nuovo principale che vogliamo scambiare quattro chiacchiere con lui! Ma senza anticamera e senza cani da caccia!

Irma                              - (sempre al microfono) Informeremo subito il signor presidente. Appena avremo disposizioni vi metteremo al corrente! (Chiude l'interruttore del microfono e contemporanea­mente la luce sull'uomo in tuta si spegne).

Giovanna                      - Già si agitano?

Irma                              - Il colpo è stato grosso per tutti.

Giovanna                      - Pensi che avessero una predile­zione particolare per...

Irma                              - Era un uomo pieno di fascino. (Suono di cicala sul tavolo di Irma. Nel momento in cui Irma apre l'audio si illumina il quadrato grande dove sta svolgendosi la riunione. C'è un'atmo­sfera più rilassata. Fumano quasi tutti) Sì.

Bernabei                        - Signorina Irma!

Irma                              - Sì, sono io, professore.

Bernabei                        - Può passare in sala di consiglio?

Irma                              - Col suo permesso, preferirei farmi so­stituire da Giovanna.

Bernabei                        - No, abbiamo bisogno di lei. (Questo dialogo è seguito con attenzione da Nazzareno) Porti l'occorrente per stenografare.

Irma                              - Bene, professore. (Quando Irma esce dal quadrato-segreteria la luce si spegne, restan­do solo quella della sala consiglio).

Bernabei                        - Credo che a questo punto si possa cominciare realmente. (Ingresso di Irma che si mette in un angolo) Ho chiamato la signorina Irma perché la discussione di questo consiglio e le decisioni che ne deriveranno si trasformino automaticamente in documenti. Mi sembra un dovere verso gli assenti. Anche se cortesemente hanno rinunciato al privilegio di essere presenti, non possiamo escluderli.

Nazzareno                     - Avrei preferito che fosse stato stenografato tutto dall'inizio.

Bernabei                        - (diplomaticamente) Scusatemi... ho ritenuto che gli approcci non costituissero alcun argomento pertinente. (A Irma che sta prepa­randosi a stenografare) Glielo dico io quando deve cominciare.

Gaber                            - (consegnando a Bernabei un foglio di carta) E' una specie di ordine del giorno. L'ho compilato in base alle sue indicazioni.

Bernabei                        - (dopo aver dato al foglio una scorsa sommaria) Vorrei sentire ora il parere dei presenti, sia riguardo gli argomenti finora affrontati, sia riguardo il futuro orientamento...

Tosato                           - Dal momento che lei ha avuto la fiducia dei dirigenti e degli eredi...

Bernabei                        - Mi scusi, Tosato...

Tosato                           - Mi sembra una perdita di tempo...

Bernabei                        - Mi scusi, Tosato... abbia pazienza...

Tosato                           - A parte che non abbiamo una compe­tenza tecnica...

Bernabei                        - Vorrei fare le cose con ordine.

Tosato                           - ... Ci conosce... sa delle nostre opi­nioni...

Bernabei                        - Le ripeto, non è la stessa cosa.

Gaber                            - (a un cenno di Bernabei, il quale dà il via anche a Irma) La parola al professor Paolo Emilio De Maria.

Paolo Emilio                 - ... Io vorrei, intanto, precisare le ragioni che hanno indotto la mia coscienza professionale, a sostenere questa momentanea azione di austerità. Certo si può criticare o non accettare la fretta con cui gli eventi ci hanno costretto ad agire. Ma, spesso, la fretta è il lato esteriore della tempestività. Qualcuno poco fa ha parlato di flessione, di crisi commerciale. Sì, non nego che i momenti difficili non diano da pensare. Ma non è questa, secondo me, la preoccupazione maggiore. In una grande azienda vi sono sempre dei cedimenti... dovuti al mer­cato, o che so io, alla fabbricazione di un pro­dotto sbagliato. Le mie preoccupazioni reali riguardano, piuttosto, un certo tipo di impo­stazione dove, più che gli errori, si agitano incompatibilità. Un dirigente d'industria respon­sabile non può illudersi di mescolare gli inte­ressi della società con quelli di una politica opposta, nociva alla società stessa. E' un sogno utopistico, che non si regge perché fondato sullo spirito di una contraddizione...

Nazzareno                     - Dove nell'altro lato della barricata si trovano le richieste e i problemi dei dipen­denti...

Bernabei                        - I dipendenti hanno un sindacato e delle leggi che difendono i loro interessi. Ed è giusto che li abbiano. Ma noi, in una com­petizione così complessa, non possiamo avere ambizioni umanitarie e vestire ora i panni dell'alleato, ora quelli del nemico intransigente.

Nazzareno                     - La nostra, era un'intromissione ispirata anche a vantaggio della società. In questa nuova forma di collaborazione, gli ope­rai, gli impiegati, i venditori avrebbero avuto la convinzione di lavorare per un'idea.

Bernabei                        - Questo è un lavoro da sociologi! Abbiamo il tempo alle calcagna... oggi il mer­cato non si tiene più... non ci si può più fer­mare; bisogna allargare, conquistare, premu­nirsi, diminuire i tempi di impiego, adeguarsi al ricambio... E' una civiltà che non lascia re­spiro, che non permette attimi di esitazione...

Nazzareno                     - Raffaele era convinto del con­trario.

Paolo Emilio                 - Raffaele era un idealista!

Nazzareno                     - Era un uomo concreto! Che sa­peva guardare nella storia. Aveva degli ideali... ma essi non erano un limite, perché pensati a profitto di una realtà attuale... veramente mo­derna... Egli credeva al futuro, ad un futuro senza lotte e senza distanze, in cui l'economia avrebbe distrutto i poli dell'interesse illecito e dello sfruttamento.

Bernabei                        - Era un programma in cui erano stati coinvolti altri capitali, altre persone. Quan­do si dirige una società per azioni...

Nazzareno                     - Ma chi l'aveva creata, questa so­cietà? Chi l'aveva portata a questo livello di sviluppo? Gli eredi? I finanziatori? O... gli spe­culatori?

Bernabei                        - Nella vita bisogna avere il coraggio di fare una scelta precisa. Se uno è più por­tato per il ruolo di profeta...

Nazzareno                     - E che vuol dire profeta? Ladro? Scialacquatore? Pazzo?

Paolo Emilio                 - Non esageriamo; nessuno vuol disconoscere...

Tosato                           - Da parte nostra è stato sempre dato atto...

Nazzareno                     - Sicuro... ma questo fino a quando i vostri guadagni, o la stabilità di certi privi­legi, cui eravate e siete attaccati, hanno mi­nacciato di scivolare! Allora si grida allo scan­dalo, alla pazzia!

Bernabei                        - Abbiamo stimato e apprezzato Raf­faele; senza riserve. Esistono libri, scritti che documentano questa stima e che vi contrad­dicono.

Gaber                            - L'integrità e l'intelligenza di Raffaele sono due cose che...

Nazzareno                     - Retorica... Retorica, con la quale pretendete di affrancare la vostra sete di po­tere e il vostro personale attaccamento.

Paolo Emilio                 - E tu, dietro i tuoi ideali, die­tro i tuoi entusiasmi, cosa nascondevi?

Bernabei                        - (incalzando) Voi e i vostri amici, stavate vicino a Raffaele per un interesse pla­tonico?

Nazzareno                     - Che significa?

Bernabei                        - I libri contabili portano impresse tutte le prebende e le spese straordinarie.

Gaber                            - E' tutto segnato.

Nazzareno                     - E voi avete potuto supporre che io...

Bernabei                        - Non è una supposizione.

Nazzareno                     - Se ho giocato tutto... Ho sacrifi­cato me stesso, i miei affetti... e voi... Lisa! Lisa! Non è possibile... Lisa! Dove sei! Di' loro... Lisa! (Gridando esce dalla sala di consi­glio dove sì fa buio. Lisa viene avanti con una piccola valigia. Nazzareno le si avvicina) Lisa, dove vai? Avevi promesso che se ne sarebbe riparlato.

Lisa                               - Non serve.

Nazzareno                     - Ma come... siamo stati insieme, Lisa... Noi. E tu con un colpo di spugna...

Lisa                               - Non è colpa mia.

Nazzareno                     - Certo, non è colpa tua.

Lisa                               - Hai una sigaretta? (Nazzareno accende una sigaretta e gliela passa) A casa troverai una lettera.

Nazzareno                     - Anche tu, la solita lettera. Hai avuto pudore, con me?

Lisa                               - No. Impossibilità di fare un discorso compiuto.

Nazzareno                     - Tutta invenzione, Lisa.

Lisa                               - Era una situazione ipocrita.

Nazzareno                     - E perché? Perché un uomo ma­nifesta il bisogno di pensare e di agire libe­ramente?

Lisa                               - E una donna?

Nazzareno                     - La tua libertà è stata sempre ri­spettata.

Lisa                               - Che te ne fai del rispetto... se questa libertà non porta a una scelta definitiva.

Nazzareno                     - Milioni di uomini e di donne pen­sano e agiscono in modo diverso... ciononostante vivono insieme.

Lisa                               - Evidentemente il loro è un vincolo con­venzionale e non reale.

Nazzareno                     - No, è un vincolo che si regge sull'amore. Non è permesso tirare il sentimento come un elastico e piegarlo alla ragione. Sia­mo giovani, Lisa... ci amiamo... abbiamo una vita intensa... metteremo al mondo dei figli... continueremo ad amare il mondo, ad apprez­zarlo...

Lisa                               - Siamo vissuti insieme anche per una idea... Abbiamo lottato perché essa fosse più grande di noi e dei nostri desideri... Abbiamo sacrificato perfino certi sentimenti...

Nazzareno                     - Ma non è cambiato niente, Lisa, nella sincerità di questo rapporto. Tu, forse, hai paura; ti capisco. Quando ho conosciuto Raffaele ho provato anch'io un senso di repul­sione, ma poi... Vedi, se tu volessi incontrarlo, parlargli...

Lisa                               - Non gli credo. E' un uomo abile come tutti gli altri. Gli siete andati dietro perché vi faceva comodo.

Nazzareno                     - Che cosa ne ho cavato, io?

Lisa                               - Non lo so. Ma gli altri hanno venduto la fede e il partito per uno stipendio.

Nazzareno                     - Sì e no quattro soldi per vivere.

Lisa                               - Bella onestà! Vivere alle spalle dell'idea per cui si è lottato.

Nazzareno                     - Ma perché da noi non succedeva? Non succede?

Lisa                               - E' diverso. Ha tutto un altro significato. Quando si esce da un partito per una crisi che, pochi giorni dopo, frutta una cospicua posi­zione economica, non si tratta di buona fede. Anzi, si è indotti a pensare che...

Nazzareno                     - Ce ne siamo andati perché certi errori e certe misure ci ripugnavano.

Lisa                               - Potevate alzarvi e discuterli aperta­mente!

Nazzareno                     - E' stato fatto! Più di una volta! Ma con voi non si può discutere; avete sempre ragione!

Lisa                               - Allora si scavalca la barriera.

Nazzareno                     - No, Lisa. Si salta a pie pari il sistema che ti impone di pensare con la testa degli altri. Chiedevamo soltanto che ci fosse garantita la libertà di giudicare e di prevenire le cose fatte male.

Lisa                               - Con questa libertà! Dove sarebbe finita la tua libertà se gli uomini che oggi tu disprezzi, me compresa, non fossero intervenuti a salvar­la, a trattenerla?

Nazzareno                     - Si sarebbe salvata comunque. Nell'uomo c'è una spinta naturale che non si comprime. E le grandi conquiste non sono mai frutto di una o di cento persone... O di un partito.

Lisa                               - Vent'anni fa eravamo soggetti al fasci­smo, al nazismo e li subivamo. E li avremmo ancora subiti, perché non esistevano gli stru­menti per liberarcene. Da chi è venuta questa spinta? Dai tuoi amici industriali? Domanda loro cosa facevano, oltre ad intascare, senza essere disturbati, i loro sporchi profitti! La lezione non è servita a niente. Sono diventati più furbi e più tentatori che mai. Vogliono farti passare per la strada del compromesso e tu ci sei caduto.

Nazzareno                     - Possibile che non esistano altre vie oltre l'intransigenza?

Lisa                               - Esistono le nostre idee.

Nazzareno                     - Tu non conosci Raffaele. Egli è un momento necessario nella lotta sociale... è un profeta che cede la sua ricchezza, il suo stesso sistema, per dimostrare che in questi contrasti esistono soluzioni più facili. Non importa che gli altri come lui lo osteggino, lo avversino. Sono degli ottusi... e un giorno dovranno adeguarsi.

Lisa                               - Tu t'illudi, Nazzareno.

Nazzareno                     - Proviamo ancora, Lisa. Troveremo insieme la strada giusta.

Lisa                               - Non posso.

Nazzareno                     - Ma tu sarai libera... Ascoltami, Lisa... non capisci che da soli è difficile?

Lisa                               - Ho aspettato perché ero convinta che la tua fosse una debolezza momentanea. Ora basta; o Raffaele, o me.

Nazzareno                     - Vorresti che io... E' inumano. Sii ragionevole.

Lisa                               - Vorrei che tu non avessi dimenticato la tua origine... e che non rinnegassi un amore come il nostro. Ricordi, nelle vacanze... nei primi viaggi... parlavi sempre; sembravi inva­sato. Non ti ho più amato come a quei tempi. Dicevi le cose più importanti con l'ingenuità di un bambino smarrito... Come se la ragione che ti scaldava non avesse senso. Ti lasciavi guardare senza accorgertene... dentro quel tuo mondo inesauribile. Adesso, ho smarrito la tua sincerità, Nazzareno. Parli con troppa logica e ti preoccupi soltanto di dimostrare la tua buona fede. (Lisa fa per allontanarsi).

Nazzareno                     - No, Lisa, ti supplico, non abban­donarmi. Lasciami almeno sperare che...

Lisa                               - In questo momento sarebbe inutile. Sei troppo preso di Raffaele. Ci servirà. Ne sono convinta. Se non altro per avere la misura della nostra coscienza. (Via).

Nazzareno                     - (rimane un attimo a guardare Lisa che si allontana, poi la chiama. La voce gli si spegne in gola) Lisa! Lisa! (Entra un usciere in livrea con una cartella in mano).

L’Usciere                      - Ecco, dottore. (Consegnando la cartella) E' questa?

Nazzareno                     - Sì, grazie.

L’Usciere                      - Posso andare?

Nazzareno                     - Andate, andate. (L'usciere si allon­tana. Nazzareno si avvia verso la sala dell'assem­blea che viene scoperta dalla luce. Ci sono tutti, come nella scena precedente. Nazzareno conse­gna la cartella a Gaber che a sua volta, dopo averla sommariamente esaminata, la passa a Bernabei).

Bernabei                        - Vi iscriveste al partito comunista nel millenovecentoquarantotto.

Nazzareno                     - Avevo conosciuto Lisa all'univer­sità. Fu lei ad introdurmi nel movimento. Pro­veniva da una famiglia di antifascisti. Suo padre e suo fratello furono uccisi dai tedeschi. Io non mi ero mai occupato di politica. Le idee di Lisa erano meravigliose, quasi irraggiungibili... Me ne entusiasmai.

Bernabei                        - Ma nel millenovecentocinquantasei, dopo otto anni di incessante attività, faceste macchina indietro.

Nazzareno                     - Mi costrinsero.

Bernabei                        - Foste radiato?

Nazzareno                     - No, mi indussero a uscire dal partito per un atto di clemenza. Si erano verifi­cati degli avvenimenti che avevano scosso il mio orientamento. Bisognava scegliere: o accettare e portare totalmente il peso di quella respon­sabilità, o imboccare la porta.

Bernabei                        - Voi sceglieste la seconda strada. Insieme a un gruppo di dissidenti formaste una fronda; un movimento nuovo, « Libertà e De­mocrazia ». Chi vi finanziava?

Nazzareno                     - Nessuno. Il giornale, come tutto il resto, si reggeva sulla nostra partecipazione. Ciascuno di noi era impegnato a versare men­silmente dei fondi.

Bernabei                        - Tuttavia essi non furono sufficienti... al punto che stavate per chiudere i battenti. Le risorse personali si erano esaurite... e il piccolo seguito che in principio vi veniva dietro e vi ascoltava si andava sparpagliando. Qualcuno perché stanco e disilluso... qualche altro perché inseritosi in forze politiche più chiaramente definite. Nonostante ciò, i pochi superstiti gio­cavano alla resistenza dell'impossibile. Era l'or­goglio! Non vi garbava di rientrare per la porta di servizio! Allora pensaste a Raffaele. Avevate già sentito parlare di lui, delle sue idee illumi­nate, della sua volontà di attuare certi programmi. Cominciaste a circuirlo.

Nazzareno                     - Ci incontrammo per caso ad un convegno di sociologia.

Bernabei                        - Magari promossa e organizzato da voi.

Nazzareno                     - Soltanto io ero presente. Fu Raf­faele a venirmi incontro e a salutarmi. Mi disse che il nostro periodico lo aveva molto inte­ressato.

Bernabei                        - Non aspettavate altro.

Nazzareno                     - Da parte mia non ci fu nessuna avance. L'indicazione, cui voi volete alludere, venne deliberatamente da lui.

Bernabei                        - Non posso neanche pensarlo. Cono­scevo la dignità di Raffaele; non l'avrebbe mai fatto.

Nazzareno                     - Eppure, vi assicuro...

Bernabei                        - Queste sono storie!

Nazzareno                     - ... che proprio qualcuno di voi, con molto zelo...

Bernabei                        - Qualcuno di noi?

Nazzareno                     - Sì, professore.

Gaber                            - (imbarazzato e colpevole) L'incarico mi venne dall'ufficio del personale.

Bernabei                        - Gaber?... E tutto, nonostante la fiducia e l'autorità che vi avevo accordato!

Gaber                            - Era stata una richiesta perentoria.

Bernabei                        - Dovevate almeno mettermi al cor­rente.

Gaber                            - L'avrei fatto subito, io... Mi fu proibito.

Bernabei                        - Non credo una parola di quello che dite. Raffaele poteva aver avuto una debolezza, ma addirittura...

Gaber                            - No, signor presidente, Raffaele non c'entra...

Paolo Emilio                 - Avevo parlato io con Gaber.

Bernabei                        - (a Paolo Emilio) Voi?!

Tosato                           - (facendo dell'ironia fuori posto) Vi assicuro che io ne sono completamente fuori.

Bernabei                        - (a Gaber e a Paolo Emilio) E' inqua­lificabile il modo con cui vi siete lasciati andare.

Gaber                            - Si metta nei panni, signor presidente. Lei, lo sa, attraversavo un periodo pericoloso... Mi evitavano tutti... Sarei stato il capro espia­torio della prima contingenza sfavorevole. Se avessi rifiutato... malgrado la sua protezione... Cerchi di capire, signor presidente.

Bernabei                        - Che cosa? Che alla prossima occa­sione vi comportereste nello stesso modo?

Gaber                            - Ma no, la scongiuro... Come può pen­sare una cosa simile. Glielo prometto qui, da­vanti a tutti. Non capiterà più.

Bernabei                        - Che cosa offriste a Nazzareno?

Gaber                            - Di riorganizzare e dirigere il movi­mento di Raffaele.

Bernabei                        - A quale condizione?

Gaber                            - Le retribuzioni furono trattate a parte. Erano una cosa piuttosto complessa... Si parlava anche di uno stipendio base, ma il più era costi­tuito certo dalle trasferte e dalle spese gene­rali. Il colloquio andò per le lunghe.

Bernabei                        - Non si accontentava?

Paolo Emilio                 - No. Scrupoli.

Bernabei                        - Provvidenzialmente però venne fuori l'argomento che mise a tacere la sua coscienza.

Nazzareno                     - C'erano ragioni più grandi di noi.

Bernabei                        - Ah, lo so, lo so... e lo erano a tal punto da spingervi oltre il terreno della vostra competenza.

Nazzareno                     - Non potevo negare a Raffaele una cortesia.

Bernabei                        - Cortesia! Le cortesie si fanno con sufficienza, con discrezione! Ma voi, dal giorno stesso che entraste qui, vi rimboccaste le ma­niche... Deciso a perseguire i vostri piani... Ave­vate in mente di scompaginare la società, di spostarne la politica, di cambiare quella sana e austera mentalità che da anni...

Nazzareno                     - Non erano soltanto idee mie!

Bernabei                        - Ma la vostra influenza era decisiva!

Nazzareno                     - Aiutavo Raffaele!

Bernabei                        - Non si trattava di un aiuto. Erano iniziative vostre! Vi bastò poco tempo per impa­rare tutti i trucchi e le malizie. Avevate stipen­diato personalmente una truppa di segretarie dislocate nei posti più delicati... Perché avevate bisogno di essere informato quotidianamente; qualche volta, ora per ora.

Nazzareno                     - Era soltanto una nuova sezione della segreteria generale. E voi ne eravate al corrente, approvaste perfino i bilanci.

Bernabei                        - (come non ascoltandolo) Faceste ancora di più, Nazzareno... Con qualcuna di esse allacciaste delle relazioni, col solo ed unico scopo di avere una collaborazione più spon­tanea!

Nazzareno                     - E' falso!

Bernabei                        - Gaber! Dimostrategli che non può contraddirci!

Gaber                            - (tirando fuori dalla borsa un'altra cartel­lina) Esiste un plico con telefonate regi­strate e fotografie...

Nazzareno                     - Sono fatti personali, voi non avete...

Bernabei                        - Allora potevate sbrigarveli a casa vostra. Irma era una ragazza preziosa per noi...

Nazzareno                     - Io l'amavo.

Irma                              - (veloce) Sì, fu soltanto per amore...

Bernabei                        - Ma se eravate disperato per l'ab­bandono di vostra moglie, come potevate amare Irma che, oltretutto, era una donna diversa, con una mentalità opposta?!

Nazzareno                     - Vivevo, solo, da due anni. Senza un affetto, senza un'amicizia.

Bernabei                        - Perché non l'avete cercate fuori, queste tenerezze. No, Nazzareno. Voi avevate bisogno di una persona che stesse nel mio uffi­cio, che maneggiasse le mie carte. Non vi era riuscito con nessun'altra astuzia. Tutte le vostre richieste di accettare altro personale nella mia sezione erano state respinte categoricamente. Fu allora che pensaste a Irma, dite la verità?

Nazzareno                     - Ci incontrammo per caso.

Bernabei                        - Tutto calcolato. Nei vostri slanci le prometteste perfino il matrimonio!

Nazzareno                     - Era vero!

Irma                              - Non mi promise nulla... Fui io a chie­dergli di sposarmi. Lui era felice; lo leggevo nei suoi occhi.

Bernabei                        - Ma rimandaste tutto a data impre­cisata. Intanto la ditta, sotto la voce spese gene­rali, pagava i conti del vostro ménage.

Nazzareno                     - Professor Bernabei, vi rendete conto della gravità...

Irma                              - Questa è un'accusa ignobile!... Naz­zareno...

Bernabei                        - Lei, Irma, rappresentava un premio, una gratifica.

Nazzareno                     - Professore vi proibisco...

Irma                              - (a Bernabei) No. Lui non avrebbe mai sopportato che io fossi...

Nazzareno                     - (prevenendo Gaber che sta per tirar fuori un'altra cartellina) Lasciate stare, non vi sporcate più del necessario. (A Bernabei) Io ero un uomo di fiducia, professore... e nella mia posizione, lei dovrebbe saperlo, non si pos­sono avere dieci contabilità.

Irma                              - Avresti dovuto prendere delle precau­zioni.

Nazzareno                     - Chi poteva pensare...

Irma                              - Dovevi intuirlo. C'era di mezzo la mia integrità morale.

Nazzareno                     - Non posso spiegarti, ora. Sarebbe indecoroso. (Guardando tutti gli altri) Dopo quanto è stato detto, non ho più ragione di trattenermi.

Tosato                           - Eh, come la prende tragica!...

Irma                              - Col loro permesso...

Bernabei                        - Nessuno si muova. Dirò io quando abbiamo finito. Ci sono alcuni punti del nuovo programma che bisogna chiarire.

Nazzareno                     - Essi non mi riguardano più. Da questo momento mi considero dimissionario.

Bernabei                        - Voi resterete al vostro posto, Naz­zareno.

Nazzareno                     - Io sono ancora libero di agire.

Bernabei                        - Otto anni fa lo eravate.

Nazzareno                     - Ho capito; pensate che il gioco mi abbia sopraffatto e che, in fondo, mi manchi il coraggio sufficiente.

Bernabei                        - Il vostro coraggio e la vostra paura non contano. Né ci interessano. Ciò che vera­mente ci preme, ora, è la stabilità e la conti­nuità delle nostre strutture. Per nessuna ragione al mondo possiamo permetterci di impressio­nare quelli che ne fanno parte... Sarebbe perico­loso suggestionarli con la sensazione che qual­cosa sia cambiato, o stia cambiando.

Nazzareno                     - Mi spiace, per le vostre strutture-Temo che dovrete rinunciare alla mia collabo­razione.

Gaber                            - Abbiamo preparato una denuncia a vostro carico.

Nazzareno                     - E di che cosa mi denunciate?

Paolo Emilio                 - Nei soldi che regolarmente hai ritirato, ci sono i termini di un'appropriazione indebita. Sarai costretto a dare una giustifi­cazione pubblica.

Nazzareno                     - Se è così che volete andremo fino in fondo.

Irma                              - Sarà la rovina, Nazzareno!

Nazzareno                     - Non capisci che è un ricatto!

Irma                              - Saremo trascinati in uno scandalo...

Nazzareno                     - E lo scandalo che facciamo da­vanti a noi stessi?

Irma                              - Ti scongiuro... Dimenticherò le tue promesse, i tuoi impegni... Tutto ciò che è stato di noi... (Gli prende le mani) Avremo tempo di dimostrare la nostra buona fede, i nostri senti­menti... Ti supplico, Nazzareno...

Nazzareno                     - (dopo essersi liberato di Irma e av­viandosi verso il proscenio) Cosa può fare un uomo nelle mie condizioni? Attaccarsi con violenza alle armi impossibili della disperazione e gettarsi contro questi muri d'acciaio... A volte, la morte di un solo uomo sconvolge tutto, anche la giustizia di ciò che avevamo pensato.

PARTE SECONDA

 (La stessa scena della parte precedente. Al levar­si del velario, buio completo. Luce a scoprire il lato sinistro fino ad uno dei quadrati verso il centro. Bernabei è seduto presso un tavolo. Alcune sedie completano l'arredamento dell'am­biente. Entrano l'usciere e lo scultore: quest'ultimo è un signore distinto sulla quarantina. Bernabei si alza. Via usciere).

Bernabei                        - (dando la mano allo scultore) E' stato molto gentile a venire subito. Anche se abbiamo molto tempo si doveva almeno discu­terne. Lei, ha conosciuto Raffaele?

Lo Scultore                   - Sì. Non l'ho frequentato, ecco...

Bernabei                        - Si accomodi...

Lo Scultore                   - ... Ma ho seguito con molto inte­resse le sue innumerevoli attività. Nei nostri circoli era famoso.

Bernabei                        - So, so.

Lo Scultore                   - Soprattutto per certi contributi.

Bernabei                        - Ah, per questo, non si è lasciato sfuggire nessuna occasione.

Lo Scultore                   - Un uomo eccezionale.

Bernabei                        - Ciò che sorprende di più negli uomini come lui, è che a prima vista sembrano dispersivi, proprio per quell'abbandonati a cedere agli interessi più svariati. Invece è solo l'aspetto superficiale; agiscono sempre rispet­tando la continuità di un criterio.

Lo Scultore                   - E' una disponibilità insospet­tabile.

Bernabei                        - Direi qualcosa di più. Essi hanno la capacità di guardare a priori lo sviluppo dei rapporti e leggervi, quasi, la realizzazione del risultato. In Raffaele, per esempio, e io posso garantire, ogni atto, ogni sfumatura, ogni cono­scenza erano conseguiti, non esclusivamente per un impulso emozionale, ma in relazione a ciò che ne sarebbe derivato. (Essendosi accorto del­la meraviglia dello scultore) Non vorrei aver l'aria di chi le fa una predica perché se ne esca di qui suggestionato.

Lo Scultore                   - Ma no... fa benissimo a parlarmi di lui. La mia visita aveva anche questo scopo.

Bernabei                        - A cosa le servono i dettagli. Lei, è uno scultore.

Lo Scultore                   - Aiutano sempre.

Bernabei                        - ... Non in questo caso... Scusi, se mi vedo costretto a contraddirla. Lei sa che quando si lavora in certe particolari contingenze è ne­cessario soddisfare un po' la volontà generale; i concittadini, gli amici, i sostenitori, le autorità. Raffaele era l'uomo più conosciuto, in questa città; vi è nato, vissuto... e in essa ha creato qualcosa di veramente importante, che non si ferma qui, ma che cammina... prosegue in ogni direzione e in ogni senso, perché la sua opera è più, molto di più, di uno strumento econo­mico, o di un, sia pure discusso, benessere mate­riale... Ecco, essa può ricomprendersi nell'es­senza di un'idea indistruttibile, che da sola si impone, per il suo stesso valore intrinseco. Mi segue?

Lo Scultore                   - Certo.

Bernabei                        - Noi, dunque, abbiamo un dovere da compiere; fare in modo che questa idea, questa inesauribile forza morale, venga come fermata e fissata in un ricordo tangibile. Io non discuto la forma o l'interpretazione; qui è il talento dell'artista a condizionare la scelta più opportuna.

Lo Scultore                   - Se ho ben capito, lei, sarebbe contrario ad una raffigurazione propriamente umana.

Bernabei                        - Non so... se sotto questo aspetto, una forma soltanto umana riuscirebbe suffi­ciente. Oltre a sollecitare venerazione e entu­siasmo, l'ispirazione dovrebbe richiamare una coscienza di accettazione.

Lo Scultore                   - Accettazione?

Bernabei                        - Sì. Come potrei dire: una commo­zione speciale, fatta più di ragione che di sentimento.

Lo Scultore                   - Mi propone delle astrazioni complicatissime. Trasformarle in un elemento figurativo...

Bernabei                        - L'arte moderna, ormai si muove verso questo orientamento... E poi lei è adat­tissimo e bravissimo.

Lo Scultore                   - Ma non si tratta di...

Bernabei                        - Non cerchi pretesti inutili. Certo, l'impresa richiederà del tempo. Non fissiamo scadenze, maestro. Aspettiamo che essa matu­ri... Quando, lei, si sentirà pronto, combineremo un'altra seduta.

Lo Scultore                   - Non so se posso accettare.

Bernabei                        - Lo deve.

Lo Scultore                   - Vede, professore, dipende un po' dal mio carattere; mi riesce sempre difficile lavorare... (Non trova la parola che esprima veramente il suo pensiero).

Bernabei                        - Su ordinazione?

Lo Scultore                   - E questo, non perché disprezzi la forma del rapporto, o la ritenga una sorta di avvilimento troppo scoperto; avviene sem­pre che un artista per vivere venda ciò che ha creato e ne tragga un guadagno... ma piuttosto perché mi sento immerso come in un impedi­mento.

Bernabei                        - Se allude al mio discorso... Mi dispiace... Io intendevo darle esclusivamente qualche suggerimento marginale.

Lo Scultore                   - No, professore. Lei, come tutti gli altri in queste occasioni, è andato diritto alla sostanza. Non mi ha detto, infatti, che cos'era Raffaele, che cosa significassero obiet­tivamente le sue opere; mi ha indicato ciò che Raffaele e le sue opere dovrebbero rappresen­tare.

Bernabei                        - Ma no: io le ho spiegato il modo con cui gli uomini che sono vissuti vicino a Raffaele lo ricordano; ciò che hanno capito del­la sua vita.

Lo Scultore                   - Non le sembra un arbitrio? Con quale diritto, lei, ritiene di interpretare i pen­sieri e i sentimenti degli altri?

Bernabei                        - (cambiando tono e benevolmente) Ho capito... Ho capito... Lei, maestro, non gra­disce i miei punti di vista.

Lo Scultore                   - Sono uno di quelli che ancora credono all'autonomia assoluta di certe possi­bilità umane. Forse le mie tendenze la sorpren­deranno. Ma quando la materia deve esprimere il senso di una realtà spiritualmente ed uma­namente vissuta, l'artista ha, più che mai, l'esi­genza di attenersi alla soggettività della pro­pria impressione. Per me, Raffaele è stato un uomo come tutti gli altri... Che si è distinto solo per la sua sofferenza. Egli è stato l'inven­tore di una cosa immensa, irraggiungibile, co­me ha detto lei, nella quale ha cercato con tutte le sue forze di precipitare se stesso... per ri­conoscersi... per ritrovarsi... e forse non c'è mai riuscito.

Bernabei                        - Immagine magnifica! Bisogna es­sere artisti! Una massa enorme, che dia la sen­sazione dell'incommensurabile, cui sia sovrap­posta una piccola, impercettibile presenza dell'umano.

Lo Scultore                   - Grosso modo, si è molto avvi­cinato.

Bernabei                        - Illustre maestro, devo deluderla. I nostri punti di vista non sono più contrastan­ti... essi aderiscono perfettamente.

Lo Scultore                   - Tuttavia ho bisogno di riflettere.

Bernabei                        - Tutto il tempo che vuole. Gliel'ho detto; non fissiamo scadenze. Quando si sen­tirà pronto, una telefonatina... A proposito, maestro, una modestissima osservazione. Se, in fondo, questa espressione umana, così schiac­ciata, così trascurabile nelle sue proporzioni materiali, fosse addirittura intuita?

Lo Scultore                   - Non capisco.

Bernabei                        - Eliminarla, maestro. Il passante, l'uomo della strada osserva questa massa si­gnificativa e pensa immediatamente che dietro di essa, o sotto di essa, esista un'ansia incon­tenibile che disperatamente cerca le sue tracce. (Entrano Gaber, Paolo Emilio e Nazzareno) Questi sono i miei migliori collaboratori. (Pre­sentando) Lo scultore Orlandino.. Il dottor De Maria... Il dottor Ponteri e il dottor Gaber. Lo scultore è uomo di troppa modestia. Ha ten­tato di ricusare.

Paolo

Emilio                           - (allo scultore) L'avremmo con­siderata una vera e propria defezione.

Lo Scultore                   - Ma io ho semplicemente...

Gaber                            - (allo scultore) Non bisogna mai es­sere troppo discreti.

Bernabei                        - E poi ha dettato le condizioni.

Paolo Emilio                 - Allora ci consideriamo arresi.

Lo Scultore                   - (avvicinandosi a Nazzareno) Lei, è Nazzareno Ponteri?

Nazzareno                     - Sì.

Scultore                         - Ho conosciuto sua moglie. Mi è stata presentata di recente ad una mostra. Le mie più vive congratulazioni.

Nazzareno                     - Sono più di tre anni che non stiamo insieme. (Buio. Musica. Si illumina la scala posta a sinistra. Lisa scende. Bernabei sale. I due si incrociano senza parlarsi. Bernabei si toglie solo il cappello in segno di omaggio a una signora).

Bernabei                        - (voltandosi) La signora Lisa Pon­teri?

Lisa                               - Sì.

Bernabei                        - Faccio le mie scuse... Sono un amico di Nazzareno.

Lisa                               - Forse è molto tempo che non vede Naz­zareno. Io e mio marito siamo separati.

Bernabei                        - Sì, lo so. Ma io avevo intenzione di parlare con lei... Se va di fretta, posso tor­nare un'altra volta.

Lisa                               - (risalendo) Si accomodi pure... (/ due giungono alla sommità. Luce. Un modesto sog­giorno alla cui sinistra si trova un attaccapanni e al centro, il più possibile vicino alla parte terminale anteriore, stanno due o tre poltrone. Non c'è più la balaustra. Lisa e Bernabei appen­dono all'attaccapanni soprabito e cappello).

Bernabei                        - Vede, signora... ci sono situazioni coniugali che non si risolvono, perché manca quell'intervento decisivo, finale. Tutti e due gli interessati lo desiderano, ma nessuno dei due si decide a fare un gesto. E così passano i mesi, gli anni. Aspettando. E' molto che non vi ve­dete?...

Lisa                               - Non le sembra di sfiorare argomenti troppo personali?

Bernabei                        - Nazzareno in questo momento... E poi, le ho già detto, sono un amico.

Lisa                               - Nazzareno non ha più amici,

Bernabei                        - (tentando di ironizzare) A maggior ragione; un certo suo modo di comportarsi gio­verebbe a Nazzareno, mi creda.

Lisa                               - Gli darebbe l'illusione di trovare gio­vamento. In effetti non muterebbe niente. Bi­sognava pensarci allora, quando le cose non erano precipitate.

Bernabei                        - Che doveva fare?

Lisa                               - Troncare tutto e ricominciare da capo; tornare come prima.

Bernabei                        - Ma come si fa! La vita di un uomo, signora, è imprevedibile. Non si può a tutti i costi farla scorrere su di un binario. Le scelte che fino a un certo giorno sono andate bene, improvvisamente scadono. E allora si cambia direzione. Perché? Purtroppo non possiamo che constatare. Esistono lati oscuri che più cer­chiamo di spiegare e meno comprendiamo... Nazzareno è uno spirito inquieto, pieno di pro­blemi... Ma è un uomo sensibile, intelligente e lei, che è sua moglie, che lo ama, ha l'obbligo di accettarlo così.

Lisa                               - Avevo sposato un uomo diverso.

Bernabei                        - Lo so, ha ragione. Ma ora si deve porre altre considerazioni. Suo marito esce da una crisi piuttosto seria. La morte di Raffaele lo ha toccato. Si è trovato a dover sostenere un'eredità morale...

Lisa                               - Raffaele? Che cosa ha a che fare, lei, con Raffaele?

Bernabei                        - Ero suo diretto collaboratore. Co­me Nazzareno.

Lisa                               - Come si chiama?

Bernabei                        - Bernabei, Professor Bernabei.

Lisa                               - (a se stessa) ... Professor Bernabei... non credo una sola parola della sua premurosa sincerità. La sua visita ha uno scopo preciso. Le persone che vivono e respirano nel suo am­biente non si scomodano per compiere azioni disinteressate.

Bernabei                        - Io capisco la sua diffidenza. Ma sappia che Nazzareno stava per affogare... e noi l'abbiamo salvato... ricuperato in extremis. Era invischiato fino al collo in certi compromessi politici; contornato da persone dal passato poco raccomandabile; vittima di una relazione che gli asciugava la borsa... Purtroppo, gli uomini in buona fede sono più pericolosi dei mal­vagi... Grazie a noi è stato rimesso in piedi... e avviato ad una professione seria, moderna.

Lisa                               - Ora volete completare l'opera, ripor­targli la moglie a casa; una moglie sorridente che lo aspetti, che lo comprenda e che, magari, la mattina lo svegli, perché arrivi da voi in orario, ben rasato.

Bernabei                        - Che dovevamo fare? Abbandonarlo a se stesso?

Lisa                               - Lasciarlo libero.

Bernabei                        - Avrebbe finito di rovinarsi. Ricon­quistargli la libertà è compito che spetta a lei, ora.

Lisa                               - Mai! Io e lei, professore, siamo nemici, ma io non accetterò di scontrarmi dentro la coscienza di Nazzareno. Non ne abbiamo il di­ritto; nessuno dei due.

Bernabei                        - Perché?

Lisa                               - Sottoporremmo un uomo ad una lotta che non gli compete. E alla fine, quando, inevi­tabilmente, lui si sarà deciso per l'una o per l'altra verità, l'avremmo distrutto. Ecco perché ho lasciato Nazzareno; desideravo che fosse tutto intero a resistervi. Sapevo che combat­tendovi dentro Nazzareno, non avrei rispar­miato il vantaggio di un'impostazione sociale che non condividerò mai.

Bernabei                        - Adesso la situazione è cambiata.

Lisa                               - Adesso, se potessi, ve lo strapperei con tutte le mie forze.

Bernabei                        - Rinuncerebbe perfino ai suoi ideali?

Lisa                               - Nei casi disperati, le idealità si misu­rano con altre prospettive. Prima era diverso. La coscienza di aver ragione ci acceca e anche se si prova a recitare un compromesso le cose che ci circondano si svuotano di ogni signifi­cato... diventano incredibili... inopportune... (Nazzareno, che precedentemente aveva iniziato a salire le scale, arriva alla sommità).

Nazzareno                     - Hai ragione, Lisa...

Lisa                               - (gli va incontro e l'abbraccia commossa) Nazzareno!

Nazzareno                     - ... Non ci è possibile rinunciare alla nostra dottrina interiore, anche se questa fede è falsa... gli idoli hanno più fascino di Dio.

Bernabei                        - (chiaramente imbarazzato) Mi sono permesso di fare una visita a vostra moglie, supponendo che voi...

Nazzareno                     - (a Lisa non ascoltando Bernabei) Come stai?

Bernabei                        - ... Pensavo di risolvere, almeno in parte, la vostra guerra coniugale...

Nazzareno                     - (sempre a Lisa) E' un posto troppo triste qui, per una donna sola. Ha l'aria un po' opprimente.

Bernabei                        - ... Vostra moglie si difende benis­simo.

Nazzareno                     - Ci si abitua, vero? Lentamente tutto ciò che prima sentivi estraneo si trasfor­ma, assume un tono familiare. Una mattina ti svegli e hai la sensazione di rigettare tutto il mondo che ti aveva appartenuto. Ti guardi e dici: bisogna costruire, migliorare, andare avan­ti... Se ne accorgeranno! Rimpiangeranno di averci allontanati! Macché, Lisa... Tutto egoismo. Ci fa quasi ammettere che le nostre scelte siano considerate un errore.

Bernabei                        - L'ho informata della vostra crisi, consigliandole di starvi vicino. I vostri eccessi diventano preoccupanti. State rasentando l'a­lienazione! Prendetevi un po' di riposo, Nazza­reno. Seguite il consiglio di un amico; finirete per coprirci di ridicolo.

Nazzareno                     - Ve lo dissi, il giorno del gran consiglio; io agisco per un fine superiore.

Bernabei                        - E in che modo? Frequentando ele­menti pericolosi? Sobillando? Provocando agi­tazioni? Malcontento?

Nazzareno                     - I cadaveri che fabbricate chie­dono di tornare in vita.

Bernabei                        - (a Lisa) Ha bisogno di un mira­colo; vede nemici dappertutto.

Nazzareno                     - Il professore, Lisa, fabbrica ca­daveri. E' la sua specializzazione. Ha inventato un sistema infallibile, che la consorteria uma­na, per ignoranza; ... o per distrazione, ha lo­dato, approvato e brevettato. A uno a uno, que­sti rigogliosi esemplari di esistenza, se li vede cadere. E sono felici, se tu potessi vederli, Lisa... Proprio come se si immolassero per un ideale nobile, patriottico.

Bernabei                        - Date retta a me, Nazzareno; cam­biate strada. Siete ancora recuperabile.

Nazzareno                     - Avete sfidato la mia inettitudine? Ora sopportatela.

Bernabei                        - Vi avverto per l'ultima volta. Non lamentatevi poi delle conseguenze!

Nazzareno                     - (gridando) Li conosco bene, i vo­stri provvedimenti! A mie spese! Violenze mo­rali! Calunnie! Ricatti. (Bernabei prende di corsa la sua roba, fa un cenno di saluto a Lisa e si avvia per la scala, mentre Nazzareno gli grida dietro) Questa volta dovrete fare a meno delle false contabilità! ... Dei documenti politici! Delle amanti!... Delle...

Lisa                               - Basta!

Nazzareno                     - (intimidito dal grido di Lisa) Scusami. Certi sfoghi sono fuori posto.

Lisa                               - E' che sei esaurito...

Nazzareno                     - Lo so.

Lisa                               - Hai sempre le solite sigarette?

Nazzareno                     - (porgendole fiammiferi e pacchetto) Non riuscirai mai ad immaginare con che razza di individui...

Lisa                               - Lascia stare tutto... Vieni via.

Nazzareno                     - In questo momento sarebbe una pazzia.

Lisa                               - E' in gioco la tua vita, Nazzareno... e tu non te ne accorgi. Sono illusioni, quelle che segui. Stai mettendo le radici.

Nazzareno                     - Ho buttato dieci anni. Senza trac­ciare un segno, senza che me ne tornasse un risultato.

Lisa                               - E' dentro di te che devi guardare.

Nazzareno                     - E' lì che sento di restare. Abban­donare Raffaele, ora, vorrebbe dire averlo tra­dito... Significherebbe aver fatto della sua batta­glia un mezzo per sperimentare le mie tenta­zioni.

Lisa                               - Questo se tu dessi prova di aver ceduto in altro senso.

Nazzareno                     - Comunque, Lisa. C'è ancora una speranza; e io devo rischiare.

Lisa                               - Non ne caverai niente.

Nazzareno                     - Hai sentito tu stessa.

Lisa                               - Che cosa? Le minacce, i provvedimenti? A loro preme di recuperarti, di inserirti, non Io capisci? E ti ci stanno portando, facendo leva sulle tue debolezze!

Nazzareno                     - Non è vero! Non ho mai pensato a me stesso, mai! Ho sempre dimostrato che alle idee si può sacrificare tutto.

Lisa                               - Le idee si servono con umiltà, senza voler prevalere a tutti i costi e senza diffondere ambi­zioni. Ecco perché gli uomini come Bernabei vi battono, perché vi rendete trasparenti, perché mostrate chiaramente la vostra disposizione... Anzi, gliela sbattete in faccia.

Nazzareno                     - Ho in mano mille possibilità per rovesciarlo.

Lisa                               - Ti schiaccerà quando vuole. Dirige uno strumento incontrollabile; più grande di te, di me e di migliaia di persone messe insieme.

Nazzareno                     - Allora perché è venuto qui? Che senso avevano i suoi timori?

Lisa                               - Il suo scopo era che tu tornassi da me a sfogare le tue disgrazie, evitandogli dei fastidi.

Nazzareno                     - Ma se può annullarmi quando vuole.

Lisa                               - Non ha tempo; preferisce soluzioni più rapide.

Nazzareno                     - Sicché per lui è solo una ragione di tempo...

Lisa                               - Quando, in qualche modo, si accetta il compromesso, la concessione diventa sistema­tica. Trovano sempre un contraccolpo per imbrigliarti di nuovo.

Nazzareno                     - Perché mi abbandonasti nel mo­mento più difficile?

Lisa                               - Volevo che provassi, che ti accorgessi della mia mancanza. Credevo di valere più degli altri, di superarli, e non perché ritenevo le mie idee più giuste, o almeno non soltanto per quel­lo... semplicemente perché ti amavo e avevo fede nel tuo amore. Mi aspettavo di vederti tor­nare, da solo, libero da ogni idea e da ogni sug­gestione; pulito.

Nazzareno                     - Dicesti che la mia sincerità era] contraffatta.

Lisa                               - Ero disperata. Adesso non potrei men­tire. Sento un pericolo più grande. Torna da me, Nazzareno, definitivamente. Ci azzufferemo, rico­minceremo a lottare, ma sarà per noi stessi.

Nazzareno                     - Il mio posto è vicino a Raffaele.

Lisa                               - Raffaele non esiste più! E' un'illusione; ti porterà alla pazzia. L'importante è che tu non abbia resistito... Che, proprio nell'ora più difficile, ti sia precipitato ad abbracciarmi.

Nazzareno                     - Chissà perché l'ho fatto. Si inse­gue sempre qualcosa di inspiegabile, di miste­rioso. Forse i vecchi sentimenti reclamano la loro legittimità. Ma dopo, dopo si rispegne tutto... Non resta che la visione di una persona estremamente integra. (Bacia Lisa e comincia a scendere le scale).

Lisa                               - ...Ricordati, Nazzareno... Questa, è sem­pre la tua casa. (Buio sulla parte superiore. Luce a scoprire la scala e il proscenio. Sono in scena, Pietro e l'Uomo in tuta).

L’Uomo in tuta             - Parole! Non fanno che riem­pirvi la testa di parole!

Pietro                            - Ci vuole pazienza.

L’Uomo in tuta             - Ne abbiamo avuta abbastan­za! La politica del carciofo è tutta una balla! Non possiamo mangiare una foglia per volta; moriremo di fame.

Pietro                            - E' appena un anno...

L’Uomo in tuta             - E che cosa è cambiato?

Pietro                            - Si comincia a guadagnare di più.

L’Uomo in tuta             - Una schifosa elemosina! Ripagata ad usura! Sono stati sostituiti i capi-reparto. Il controllo è insopportabile. Per non parlare dei minimi. Anche lo sciopero sta diven­tando una buffonata.

Pietro                            - Abbiamo ottenuto un'adesione del no­vanta per cento.

L’Uomo in tuta             - Finché assicuriamo i ser­vizi, vinceranno i padroni.

Pietro                            - E' stato sempre fatto.

L’Uomo in tuta             - Da oggi si cambia!

Pietro                            - Ci impegnammo fin dal tempo di Raf­faele.

L’Uomo in tuta             - Dove sta scritto?

Pietro                            - Che c'entra...

L’Uomo in tuta             - Con questa gente si pren­dono solo impegni scritti. Al resto, ci sputiamo sopra.

Pietro                            - Sono iniziative che richiedono una consultazione generale.

L’Uomo in tuta             - Già fatto. La pensano tutti come me.

Nazzareno                     - (provenendo dalla sala) E, tu, come la pensi?

L'Uomo in tuta             - (via Pietro) Diversamente da quelli che fanno il gioco del gambero. Vo­glio che i rapporti siano chiari; da una parte noi, e dall'altra i padroni.

Nazzareno                     - Giusto. Mi pare che le mie pro­poste miravano a scandire questa definizione.

L’Uomo in tuta             - Per me non c'è niente da scandire. Rivolgetevi ai vostri amici di una volta.

Nazzareno                     - Sono pochi.

L’Uomo in tuta             - Per quello che avete in mente bastano. Noi abbiamo un programma diverso.

Nazzareno                     - Quando si tratta di difendere la verità, i programmi non contano.

L’Uomo in tuta             - Quale verità?

Nazzareno                     - La verità è una. Sono gli altri a moltiplicarla.

L’Uomo in tuta             - Si dice in giro che, tempo fa, eravate dei nostri. Chi è stato a cambiare, voi o la verità?

Nazzareno                     - E' una storia lunga. Anche se provassi a spiegartela... non capiresti.

L’Uomo in tuta             - La politica non si fa con i casi di coscienza. Non servono. Ai fatti bisogna contrapporre i fatti.

Nazzareno                     - Qualche volta è necessario fer­marsi per riflettere...

L’Uomo in tuta             - Non si può! Gli avversari non aspettano altro. Tu ti fermi e loro ti sal­tano addosso.

Nazzareno                     - Quando sono salve le convinzioni, chi lo vieta? Quando si tratta della verità... Di una verità non ancora compresa, si ha il diritto e il dovere di approfondire, per riscontrare se è proprio quella che corrisponde... alla pura ragione di noi stessi. Potremmo esserci ingan­nati, e non averlo capito.

L’Uomo in tuta             - Vi preoccupate troppo del sentimento, Nazzareno. Ma se siete convinto, andate pure in piazza a reclamare il vostro Raffaele, andate pure a gridare che se ne sono appropriati, che ve lo hanno strappato con la violenza e con le armi più subdole; non lo ria­vrete mai!

Nazzareno                     - Devo andare lo stesso; non posso risparmiare nessuna occasione. Altrimenti... che significato avrebbe avuto, per Raffaele, essere esistito, aver operato, averci amati... Perché lui ci ha amati... me... te... i suoi nemici più accesi... Tutti. Senza domandarsi se noi credevamo a questo amore. Ci amava in una maniera subli­me, che si sente, senza poterla capire... Perché lui non era un uomo... era un profeta. Non un profeta che risuscita i morti o guarisce i malati, un profeta di oggi che si addossava le radici del male, le responsabilità dell'ingiustizia so­ciale.

L’Uomo in tuta             - Io e i miei compagni non l'abbiamo mai conosciuto di persona. Solo nelle fotografie. La gente parlava molto di lui. Noi gli vogliamo bene... (A sfumare. Buio. Luce sulla destra. Entrano speditamente: Bernabei, lo scultore, il sindaco, Gaber, Paolo Emilio e Irina.

Quest'ultima ha in mano blocco e matita; lo scultore porta dei rotoli sotto il braccio. Successivamente luce sul quadrato grande).

Bernabei                        - (al sindaco) Quali disposizioni!... Mi faccia il piacere! Neanche dovessimo co­struire un grattacielo.

Lo Scultore                   - (al sindaco) E' un monumento, eccellenza.

11 Sindaco                    - L'ho detto e lo ripeto; da parte mia farò tutto il possibile. Purtroppo l'ultima parola spetta alla giunta.

Bernabei                        - Raffaele era un concittadino! Sen­tire che si fanno difficoltà...

Il Sindaco                     - (a Bernabei) Ma no... professore, cos'ha capito?! Chi vuole che si opponga? Ma esiste una prassi...

Bernabei                        - Irma, telefoni al consigliere Taddei e all'assessore Bertinelli. Chieda loro una convocazione per la giornata di domani.

Irma                              - Subito, professore. (Via Irma).

Gaber                            - (a Bernabei) Vuole che ci pensi io?

Bernabei                        - E' lo stesso.

Paolo Emilio                 - (a Irma prima che esca) Metta in nota anche una planimetria di Piazza Maffei. (Agli altri, quando Irma si è allontanata) A meno che non si sia cambiato parere.

Gaber                            - (intromettendosi) Perché rinunciare a un'idea così straordinaria?

Lo Scultore                   - Sfruttando il nuovo ingresso del parco come sfondo, si ottiene una prospettiva stupenda.

Il Sindaco                     - (a tutti) Come, volete coprire l'in­gresso del parco?

Gaber                            - (al sindaco) L'ingresso del parco, per quanto artistico possa essere rimane sempre una decorazione pubblica. Renderlo partecipe di un monumento, significa attribuirgli una funzione storica e sociale.

Il Sindaco                     - Non facciamo scherzi. (A Bernabei) Qui nessuno aveva parlato di...

Bernabei                        - (al sindaco) Nessuno pensava che potesse costituire una difficoltà. (Allo scultore) Faccia vedere al signor sindaco i progetti.

Lo Scultore                   - (srotolando) Ecco, eccellenza...

Il Sindaco                     - (osservando) Quanti metri svi­luppa?

Lo Scultore                   - C'è scritto, eccellenza.

Il Sindaco                     - (meravigliato) Quindici metri?!... Ma... è un palazzo!

Bernabei                        - (al sindaco) L'ingresso del parco è l'unico sacrificio che le chiediamo.

Il Sindaco                     - Rappresenta il vanto della nostra amministrazione. Ci impegnammo pubblica­mente.

Bernabei                        - (sempre al sindaco) Lei, non po­teva prevedere il futuro.

Il Sindaco                     - I nostri elettori diranno che ci siamo venduti.

Bernabei                        - Per un ingresso di marmo?!

Il Sindaco                     - Si comincia sempre dalle cose semplici...

Bernabei                        - (accomodante) In cambio potrem­mo impegnarci a rimettere a posto la strada del cimitero, fognature comprese.

Il Sindaco                     - I cittadini esigono ammirare il loro ingresso... e hanno ragione. L'hanno pagato con i loro modesti, ma sudati, contributi.

Bernabei                        - Vogliamo mettere in crisi una commemorazione per quattro blocchi di mar­mo!

Lo Scultore                   - (al sindaco) Si tratta di Raffaele, eccellenza.

Il Sindaco                     - Da quanto mi risulta, Raffaele non è vissuto per quattro blocchi di marmo!

Paolo Emilio                 - Ma la sua memoria dovrebbe meritarli.

Il Sindaco                     - Meriterebbe molto di più, ma io non posso prendere alcuna decisione. L'ingresso del parco è dei nostri concittadini; chiedetelo a loro.

Bernabei                        - (al sindaco) Vuole che facciamo un plebiscito? Per quattro pezzi di marmo!

Il Sindaco                     - E' nel vostro diritto.

Bernabei                        - Diciamo, più esplicitamente, che lei non vuol collaborare!

Il Sindaco                     - Io rappresento la volontà e gli interessi di quelli che mi hanno concesso la loro fiducia. E non intendo privarli della loro sovranità.

Bernabei                        - (sempre al sindaco) Allora le co­munico che faremo diversamente!

Gaber                            - (a Bernabei) Ma... professore, non è il caso...

Il Sindaco                     - Non avrete mai quell'ingresso!

Bernabei                        - Vedremo!

Il Sindaco                     - Se dovesse avvenire il contrario, darò le mie dimissioni! (Esce di scatto seguito da Paolo Emilio).

Paolo Emilio                 - Eccellenza... eccellenza... aspet­ti, eccellenza... (Buio. Musica. Luce sul quadrato che fa da segreteria. Sono in scena Irma e Gio­vanna).

Giovanna                      - Manca soltanto l'elenco di Roma.

Irma                              - Ce la faremo con gli alberghi?

Giovanna                      - Non si fermano mica tutti.

Irma                              - No, ma la maggior parte arriva la sera prima.

Giovanna                      - In questo caso prenotano.

Irma                              - E tu, pensi che abbiano queste pre­mure? (Entra Gaber. Va direttamente verso Giovanna).

Gaber                            - Le dispiace, signorina. Dovrei sbrigare della corrispondenza riservata. (Via Giovanna).

Irma                              - Va in protocollo?

Gaber                            - No, non c'è bisogno... Non sono qui per la corrispondenza. Desideravo rimanere con lei.

Irma                              - Con me?

Gaber                            - Sì. Da solo. Le sembra, forse, strano?

Irma                              - Mi sembra inopportuno.

Gaber                            - Vede, Irma... spesso noi siamo giocati da alcune considerazioni che facciamo sulle nostre possibilità. Non è una valutazione spe­cifica, particolare; ...un compendio, dove, per la maggior parte affluiscono i difetti che noi stessi non siamo in grado di tollerare. Allora certi impulsi, anche se nobili ed elevati, ven­gono sacrificati e ricacciati all'origine... all'a­nima... o allo spirito... Non si meravigli se fac­cio commercio di questi termini... Io sono uno che crede.

Irma                              - A che cosa?

Gaber                            - A tante cose, ma, sopratutto, alla cer­tezza che due persone cerchino e trovino un mezzo per comunicare, che pongano i loro rap­porti al di sopra della malafede e della conve­nienza... che cedano finalmente una parte di quel sedimento in cui gli impulsi sono preci­pitati.

Irma                              - Fate discorsi troppo allusivi.

Gaber                            - No, Irma. Le parlo a cuore aperto. Sono anni che noi lavoriamo insieme.

Irma                              - Dodici.

Gaber                            - ... Che ci conosciamo. Eppure, ancora, quando mi spingo ad affrontarla, provo lo stes­so rossore, la stessa ansietà, avverto una strana percezione di me che le parlo o che la guardo...

Irma                              - (ridendo) Voi?

Gaber                            - Mi crede tanto diverso?

Irma                              - Vi temo diverso.

Gaber                            - Lei, non dovrebbe. Non ho mai na­scosto una certa predilezione...

Irma                              - Questa volta vi siete avvicinato troppo. L'ho sentito nell'atmosfera che vi portate ad­dosso.

Gaber                            - Addirittura. Pensate davvero che io possegga virtù magiche?

Irma                              - Non lo so. So che con voi la discus­sione è pericolosa. Perfino le parole inespresse assumono intenzione e responsabilità.

Gaber                            - Mi odia?

Irma                              - lo non odio nessuno. Sono in questa società da dodici anni; dò le mie prestazioni e per questo ricevo un compenso.

Gaber                            - Non mi odia, ma fa di tutto per com­plicare il mio imbarazzo.

Irma                              - Che cosa vi occorre, Gaber?

Gaber                            - Lei.

Irma                              - Me?

Gaber                            - Sì, Lei. Non aggiunga altro. Lasci che le spieghi. Forse ha pensato che io voglia farle del male, che, magari, abbia in mente di trasci­narla in azioni deprecabili. Ma non è così. Io sono qui perché vorrei dimostrarle di non aver mai creduto al suo disprezzo, di aver sempre giustificato quella sua apparente superficialità, quella sua ostinata durezza.

Irma                              - Non vi ho mai chiesto...

Gaber                            - No, Irma. Non mi contraddica; è im­portante... E' un po' convertire questa mia ma­schera continua di uomo implacabile in una pausa... in un sollievo... Trovarci qui, capisce, in questo mondo a cui siamo tutti avvinti, senza una vera ragione, senza una spinta capace di sottrarci alla vuotezza delle nostre abitudini. Siamo cadaveri solitari, Irma... convinti di vi­vere solo perché respiriamo e facciamo all'a­more... oppure adagiamo il nostro deretano sul sedile di una fuoriserie. Che possiamo fare, Irma? Una maledetta calamita invisibile ci suc­chia la vita... e noi non sappiamo resistere! E' un delirio che ci inchioda, dopo averci svuo­tato e distrutto. Ma se appena un attimo guar­diamo lucidamente... scopriamo altri significa­ti... Io, guardando lei, osservando la sua digni­tà... ho pensato all'amore... ad uno strano amore che ripara... che ricongiunge a certe aperture ormai dimenticate... E questo prima ancora che lei e Nazzareno...

Irma                              - Non vi credo. State preparando un nuovo tranello.

Gaber                            - E' la verità, Irma... Mi ascolti.

Irma                              - E perché avreste aspettato tutto que­sto tempo?

Gaber                            - Mi faceva paura, gliel'ho detto.

Irma                              - Paura, voi?

Gaber                            - Non so se fosse proprio paura; una convinzione sotterranea che non si distingue... che ci fa sentire inadatti, immeritevoli.

Irma                              - E così la vostra tempra incrollabile si sarebbe sciolta!

Gaber                            - Ma sì, è una specie di miracolo, Irma.

Irma                              - Le vostre, sono aspirazioni, Gaber. Vi siete imposto un percorso in cui io rappresento una delle tappe.

Gaber                            - No, la scongiuro; è l'amore che le chiedo. Ci rifletta.

Irma                              - Che mi offrite in cambio?

Gaber                            - Protezione... ricchezza... Le farò dimen­ticare Nazzareno.

Irma                              - (ridendo) Nazzareno! Ecco il punto da superare. Sono aspirazioni, Gaber! Vi importa raggiungere la meta.

Gaber                            - (quasi gridando) No!

Irma                              - Sì; siete un piccolo uomo comune, con le idee troppo grandi.

Gaber                            - La prego, Irma. E' per tutti e due!

Irma                              - Vi occorre una puttana di lusso!

Gaber                            - No! (Buio. Luce immediata a spiovente su Nazzareno che sta al centro della parte su­periore, quasi poggiato alla balaustra).

Nazzareno                     - Sì, signori, sì. E' la fantasia a proiettarci in uno schermo più grande. Non vogliamo mai ammettere di trovarci bene nella conformità di una compagine; la quale non può essere difforme dalla nostra mentalità, dai no­stri gusti, dalle nostre cattiverie, eh, no, perché la compagine siamo noi. Tanti piccoli tapini dis­senzienti fanno una cosa uguale, conforme, con un berretto, una divisa e una bandiera. Così l'umanità è divisa in sezioni, signori, ma nes­suno, se voi glielo chiedete, in quelle sezioni, si riconoscerà. Siamo un po' strani, dite la verità; ci piace stare insieme e sentirci soli nello stesso tempo... uguali e diversi... piccoli e grandi. Niente paura, però, c'è rimedio a tutto. I nostri superiori, che sono buoni, teneri, altrui­sti, hanno cercato un rimedio per raddrizzare questa nostra volontà strabica e strafottente; ci hanno regalato una soluzione miracolosa: il pallino; l'hobby, signori, secondo una definizio­ne più americaneggiante. Non sottovalutatela, amici miei, questa valvola; è un'invenzione pro­digiosa, che risolve la quadratura del cerchio. E' vero, da una parte ci sentiamo soli, avviliti dall'angoscia di un lavoro inutile, che ci rende conformi. Ma di nascosto scriviamo poesia, versi stupendi, attraverso i quali l'umanità conoscerà la ragione poetica della sua esistenza. Siamo diventati grandi, perciò, grandissimi, più grandi di tutti i mondi messi insieme. I nostri amici, i nostri parenti, gli stessi superiori scom­paiono, non ci sono più... Sono troppo lontani e piccini perché noi possiamo vederli, accor­gerci di loro, poverini! E tutto questo a che cosa lo dobbiamo? A quale straordinaria occa­sione? All'angoscia di sentirci soli, avviliti da un lavoro inutile che ci rende conformi. (Si ac­cende la luce nel quadrato grande. Vi si tro­vano Gaber, Bernabei, Paolo Emilio, Irma) Sssst. Potrebbero ascoltarci... e arrabbiarsi per­ché abbiamo capito. (Buio su Nazzareno).

Bernabei                        - ... Dovevate avvertirmi lo stesso!

Paolo Emilio                 - Non sospettava nessuno che facesse sul serio.

Gaber                            - Una reazione c'era da aspettarsela.

Paolo Emilio                 - Ci sono reazioni e reazioni.

Irma                              - Nazzareno, andrà fino in fondo.

Bernabei                        - Basta! Non so che farmene dei vostri commenti! (A Gaber) Che cosa sapete, esattamente?

Gaber                            - Di una contromanifestazione.

Bernabei                        - E in che consisterebbe?

Gaber                            - Suppongo, in un discorso... e in un corteo fatti nella stessa piazza. Naturalmente nello stesso giorno e nella stessa ora della com­memorazione.

Bernabei                        - Per far questo bisogna contare su gente disposta.

Gaber                            - Ha avuto una riunione con un nucleo di vecchi sindacalisti che lo appoggerebbero.

Paolo Emilio                 - Hanno affittato un autotreno per montarci microfoni e cartelli.

Bernabei                        - Gli avete parlato?

Paolo Emilio                 - Non riceve nessuno. Nemmeno le telefonate.

Bernabei                        - Istrione testardo!

Gaber                            - Prendiamo qualche giorno di tempo.

Bernabei                        - Scherziamo! Le autorità seguono un calendario preventivo. E la stampa, gli or­gani locali? E' un giorno troppo atteso.

Gaber                            - All'ultimo momento può essere sorto un imprevisto che...

Bernabei                        - (a Gaber) Avete ancora una men­talità artigianale. Da noi non succedono impre­visti.

Paolo Emilio                 - Non ci resta che sperare in un ripensamento.

Bernabei                        - (a Paolo Emilio) Mi meraviglio di voi, De Maria! Bisogna prevedere che tutto fun­zioni con esattezza matematica.

Irma                              - (con rimpianto) Se allora ci aveste la­sciato andare...

Bernabei                        - (a Paolo Emilio, non ascoltando Irma)

                                      - Parecchi anni fa, mi accennaste a certi strani incontri. Ricordate?

Paolo Emilio                 - Che genere d'incontri?

Bernabei                        - (guardando Gaber e Irma prima dì rispondere) ... Parlo di Raffaele.

Paolo Emilio                 - Non capisco.

Bernabei                        - Non facciamo lo gnorri, dottor De Maria! Un giorno avete detto, a me personalmente, che Raffaele si vedeva con una persona. Sì o no?

Paolo Emilio                 - Sì... sì... Ma ve ne spiegai anche il motivo.

Bernabei                        - Io voglio sapere se tutto quello che avete detto è documentabile.

Irma                              - (allarmata) Di che cosa parlate?... Che,significa?

Bernabei                        - (a Irma, violento) Stia zitta, lei!

Irma                              - (a Gaber) Io non so niente... non vo­glio entrarci,

Bernabei                        - (a Paolo Emilio) Insomma, è pos­sibile o non è possibile dimostrare con le prove che...

Paolo Emilio                 - Sarebbe vergognoso. Lei andava da Raffaele solo per convincerlo a libe­rarsi di Nazzareno. Erano incontri puliti. Tra­sformare tutto questo in una sporca relazione...

Bernabei                        - Non facciamo i moralisti! E' in ballo la reputazione della società! Possiamo re­stare alla mercé di un maniaco?

Paolo Emilio                 - Interniamolo in una clinica, allora.

Bernabei                        - Non capite che ci siamo costretti?

Paolo Emilio                 - Chi ci costringe?

Bernabei                        - La responsabilità.

Paolo Emilio                 - Esistono limiti., anche alla re­sponsabilità...

Bernabei                        - No. Esistono delle condizioni, mol­to più grandi e più importanti della vostra coscienza; nelle quali non si dibatte il sentimento, ma la logica di un organismo che si dirama in mille direzioni, che esprime la fatica, il sacri­ficio, l'intelligenza di decine di migliaia di indi­vidui. La nostra posizione non consente stan­chezze, o sentimentalismi.

Irma                              - (vuol fuggire, ma è afferrata in tempo da Gaber) Lasciatemi!... Lasciatemi uscire!

Gaber                            - Stia tranquillo, professore; è tutto conservato.

Paolo Emilio                 - Lisa e Raffaele sono perfetta­mente indenni. Lui non avrebbe mai permesso a se stesso... Quegli incontri avevano un altro significato; non mi stancherò mai di ripeterlo!

Bernabei                        - Ora importa che essi siano avvemiti. (A Irma) E poi non è necessario spingersi in un resoconto troppo particolareggiato. Ba-sterà semplicemente accennare il tema... La fantasia compirà il resto. Del resto, anche i fatti più obiettivi hanno un'infinità di interpreta­zioni. Vero, signorina Irma?

Irma                              - No! Io non so niente! Lasciatemi uscire da questa stanza!

Bernabei                        - Nessuno di noi ha visto niente-perche in effetti niente è accaduto... forse. Ma sappiamo... sappiamo che due persone, di sesso diverso, sposate ambedue, con dei doveri di amicizia, di fedeltà, con delle responsabilità, si incontravano... di nascosto... Che altro dob­biamo aggiungere?

Gaber                            - (a Irma, tenendola per i polsi) Siamo tutti nelle sue mani... E, lei, non ci deluderà, ne sono convinto.

Irma                              - Non posso! E' più forte di me!

Bernabei                        - (a Irma) Una donna piena di ri­sorse come lei.

Gaber                            - Basta una briciola di volontà...

Irma                              - (a Gaber) Dicevate di amarmi... di de­siderare la mia stima, il mio rispetto.

Gaber                            - E' troppo tardi, adesso. L'avevo av­vertita.

Irma                              - (gridando) Fatemi uscire!

Gaber                            - (sempre a Irma) Saranno sufficienti due parole... Due parole dette al momento giusto.

Irma                              - No! (Gaber guarda Bernabei, che gli fa cenno, quindi scaglia con violenza Irma den­tro un quadrato adiacente, dove sta Nazzareno) Fatemi uscire! (Grido di Irma e cambio di luci improvviso).

Irma                              - ... Nazzareno... Se tu ed io... se, insom­ma; noi avessimo avuto realmente il coraggio di imporre la nostra relazione senza sotterfugi...

Nazzareno                     - Che cosa sarebbe cambiato?

Irma                              - Stavamo insieme perché avevamo fatto una scelta, coscienti del peso e delle conse­guenze che ne sarebbero derivati.

Nazzareno                     - E allora?

Irma                              - Ci amavamo.

Nazzareno                     - Certo... Ma in che consistevano i nostri legami?

Irma                              - ... Fare le stesse cose... Vivere negli stes­si istanti... soffrire le stesse aspirazioni.

Nazzareno                     - Parlo dei legami interni, sponta­nei, veri.

Irma                              - Perché dubiti che...

Nazzareno                     - Non dubito di niente. So solo che ci guardavamo, parlavamo, ci baciavamo, anda­vamo a letto... Ma accadeva tutto esternamente.

Irma                              - Quel giorno davanti all'intero consiglio degli accusatori hai sostenuto che stavamo in­sieme per un sentimento.

Nazzareno                     - E non mentivo. Tutta verità, dalla prima all'ultima parola.

Irma                              - Fingevi con te stesso.

Nazzareno                     - No, non distinguevo più la realtà dalla fantasia. La tua bellezza, l'atmosfera che sapevi crearti intorno. C'erano tutte le condi­zioni perché io non dovessi dubitare. Cominciai ad ubriacarmi di questa sincerità costruita, a sognarla... a vederla reale. Come l'arredamento dei nostri uffici; dove ogni oggetto sembra ri­spondere a un gusto personale e invece è tutto previsto. Tu stessa, ricordi con che fervore so­stenevo la mia parte. Parlavo della solitudine, della necessità che un uomo faccia della sua vita un dialogo ininterrotto, della fede in una specie di amore universale che ci accomuna e grazie al quale tu ed io ci eravamo ricongiunti. Fantasia, Irma... pura e semplice fantasia.

Irma                              - Una fantasia provvidenziale che giunge a scagionarti e liberarti da ogni peso.

Nazzareno                     - E' l'unica ragione obiettiva che ci offre il confronto di noi, come siamo oggi... Dopo aver consumato e digerito le radici di un mondo falso e insufficiente. Questa è la cosa essenziale; la lucida consapevolezza della strada percorsa... e la certezza che ancora ve ne sia un'altra migliore.

Irma                              - Per me non è più possibile, ... sono per­duta, Nazzareno, aiutami.

Nazzareno                     - Non devi disperare; c'è per tutti un riscatto finale.

Irma                              - Per me è diverso. Ho venduto la mia dignità per uno stipendio.

Nazzareno                     - Si tratta sempre di uno stipendio.

Irma                              - Non è vero. Qualcuno gioca per una posta più alta...

Nazzareno                     - Ma quando arriva il giorno del giudizio, affiorano le stesse difficoltà.

Irma                              - E prima? Prima, Nazzareno. Che cosa accade di noi. Se non troviamo il modo di at­taccarci ad altri, d'infilare l'occhio in uno spi­raglio... Non ci si può accontentare di un Dio misericordioso, che non si vede, che non si ma­nifesta! Tu avevi Raffaele.

Nazzareno                     - Avevo le mie convinzioni.

Irma                              - No, le convinzioni non si toccano, sono parole. Raffaele, tu, l'hai visto... hai sentito le sue parole scuoterti il petto. Ma se appena ti avesse sfiorato il dubbio che egli vi adulava con le menzogne; che vi accarezzava con le pro­messe.

Nazzareno                     - Chi conquista un'idea con l'amore non truffa le coscienze!

Irma                              - Hai frugato veramente nell'intimità della sua vita?

Nazzareno                     - Sì, e posso testimoniare della sua assoluta integrità. Per anni siamo stati in­sieme, vicini.

Irma                              - E non ti è mai venuto in mente che potesse essere come gli altri?!

Nazzareno                     - Mai.

Irma                              - ... Come Bernabei... Come Gaber...

Nazzareno                     - E' una stupida insidia!

Irma                              - ... O magari, come me.

Nazzareno                     - Mai.

Irma                              - Perché sapeva vendere se stesso.

Nazzareno                     - Perché aveva scoperto l'amore e lo professava con tutti.

Irma                              - E in tutte le specie; dalla più nobile alla più infame...

Nazzareno                     - Stai bestemmiando.

Irma                              - ... Travolgendo ideali... speranze, ami­cizie.

Nazzareno                     - Che dici?!

Irma                              - Raffaele era un egoista! Badava solo a sé, alla sua gloria, alle sue ambizioni, ai suoi desideri. (Nazzareno le dà uno schiaffo vio­lento) Per questi ha sacrificato tutto, anche te. Ti ha sputato addosso... Ti ha sputato addosso... Ti ha schiacciato come un insetto fastidioso e ripugnante.

Nazzareno                     - Finiscila!

Irma                              - (esitando qualche attimo) Ti... ha preso Lisa... (Fuggendo e singhiozzando) Ti ha preso Lisa! Ti ha preso Lisa!

Nazzareno                     - (come stordito: ripetendo a se stes­so) Lisa... Lisa... (Tutto ciò che avviene suc­cessivamente viene seguito da Nazzareno pas­sivamente).

Voce centralinista         - ...Sì, gliela chiamo su­bito, signore.

Voce

Lisa                               - Pronto!... Pronto!

Altra voce maschile      - Chi parla? Voce

Lisa                               - Lisa Ponteri.

Altra voce maschile      - Buona sera, Lisa... (La comunicazione viene troncata. Su una delle pa­reti vicino a Nazzareno viene proiettata una foto ingrandita. Vi sono riprodotti: un uomo di spalle e Lisa di fronte, seduti ad un bar. Lisa è sorridente. Quando la foto si spegne giungono in scena l'Uomo in tuta, Paolo Emilio e Gaber. Investono Nazzareno a turno).

L’Uomo in tuta             - A domani mattina. I vostri vecchi amici vi aspettano. Voglio godermi lo spettacolo.

Nazzareno                     - (cori voce stanca) Non serve più.

L’Uomo in tuta             - Lo sapevo... siete un vi­gliacco!

Nazzareno                     - ...Andrò da solo.

L’Uomo in tuta             - Da solo non farete niente. Vi rideranno dietro. (Via l'uomo in tuta).

Nazzareno                     - Dove vai... Aspetta!... Aspetta!!! Dobbiamo discutere.

Paolo Emilio                 - Non dovevi rinunciare. Era una carta decisiva. Per una calunnia! E' una trovata di Bernabei... Vuole distruggerti attra­verso Lisa. E tu ci sei cascato... Ma Lisa è inno­cente... E' rimasta indenne... Lisa non c'entra. Si incontrava con Raffaele per dissuaderlo a trattenerti.

Nazzareno                     - Chi sei?

Paolo Emilio                 - Sono, io. Paolo Emilio. Devi credermi. Anche se ti sono stato nemico. Segre­tamente parteggiavo per te... Mi mancavano le forze e speravo che tu riuscissi. Coraggio, Naz­zareno, Raffaele aspetta la grande prova.

Nazzareno                     - Raffaele non è mai esistito per me.

Paolo Emilio                 - Proprio tu, vuoi rinnegarlo.

Nazzareno                     - Tutti abbiamo cercato di non rin­negarlo... Ma è difficile. Si mischiano le carte e lui scompare... Restano gli altri... quelli più for­ti, che ti stringono in una morsa.

Paolo Emilio                 - Stai attento; i rimorsi ti an­nientano.

Nazzareno                     - Ero già sporco... prima di comin­ciare. Forse senza saperlo. (Via Paolo Emilio).

Gaber                            - A domani alle dieci. (Via Gaber. Luce completa sulla parte superiore. C'è atmosfera di commemorazione. Tranne Lisa, Nazzareno, il sindaco e l'uomo in tuta, sono tutti presenti. Indossano un abito da cerimonia).

Nuovo Sindaco             - ... E come sindaco di questa onorata e gloriosa città io posso ora scoprire ufficialmente il monumento a questo grande, indimenticabile, ineguagliabile cittadino! (Ap­plausi di tutti i presenti, rinforzati da altri ap­plausi che provengono da un nastro. Al termine degli applausi grande attesa. Nazzareno, che an­cora si trova nella parte sottostante, si mette a posto la cravatta, si dà una ravvivata ai ca­pelli, poi si avvia verso la scala. Sale lenta­mente sotto lo sguardo dei presenti. Appena giunto alla sommità gli fanno largo. Sempre lentamente si avvicina al microfono).

Nazzareno                     - ... E' impossibile restare lontani, proprio in un momento come questo, dal luogo che per tanti mesi, per tante stagioni vide la sua operosità, la sua inappuntabile fermezza, la sua incrollabile fiducia nei disegni di un mondo e di una società migliori. La sua pre­senza pesava, amici, lo ricordiamo tutti. Quel suo sguardo dolce, appassionato... sembrava guidarci... incoraggiarci... (// discorso continua fino a chiusura completa del velario).

FINE