I contrattempi del tenente Calley

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Due tempi

di Luigi Lunari

PERSONAGGI*

1.
CALLEY
 16.
UN SOLDATO
2.
IL TELEFONO
 17.
ALTRO SOLDATO
3.
IL TESTE
 18.
L'INTERPRETE
4.
IL P.M.
 19.
PRIMO SOLDATO
5.
IL DIFENSORE
 20.
SECONDO SOLDATO
6.
L'UFFICIALE
 21.
TERZO SOLDATO
7.
L'AVVOCATO
 22.
IL RADIOTELEFONO
8.
IL REGISTRATORE
 23.
IL CAPITANO
9.
IL SERGENTE
 24.
LO PSICHIATRA
 10.
VOCI DI SOLDATI
 25.
IL CAPPELLANO
 11.
GIOVANE SERGENTE
 26.
L’AUSILIARIA
 12.
LA DONNA
 27.
IL SIGNOR KY
 13.
IL SOLDATO
 28.
IL DOTTORE
 14.
IL COLONNELLO
 29.
IL SIGNOR KY
 15.
LA VOCE DELL'ARTIGLIERIA
 30.
LA SEGRETARIA

Copyright © 1974 Luigi Lunari • I 20047 Brugherio MI • Via Volturno, 80 / Cond. Cedri

Tel./Fax: +39 039 883177 • E-mail: luigi.lunari@libero.it


Parte Prima

(Una stanza d'albergo, su un praticabile, al centro di uno spazio scenico. In contrasto con lo spazio scenico che la circonda incerto, equivoco, scostante, pericoloso la stanza è concreta, familiare, con­fortevole, rassicurante. L'arredamento è nella migliore tradizione moderna, funzionale e di gusto. Ma per il momento lo intravediamo appena: è notte, e le luci sono spente. Sul letto, un corpo si muove, si agita, cambia posizione, accenna a una canzoncina:  "Sì, quest'amore è splendidoooo… ", poi, ridacchia, poi dice, suadente: "E dai... chi vuoi che ci veda?", e si gira su un fianco, allungando un braccio come ad afferrare qualcosa o qualcuno.

Improvvisamente, da fuori, un rumore violento e penetrante: le quattro note di un complicato clacson wagneriano, un clangore di ottoni e d'organo, rimbombante e volgare. L'uomo si sveglia: un salto, uno scarto di fianco, come per mettersi al riparo da qualcosa che può piovergli addosso. Lo spazio esterno alla camera è tran­ciato da fasci di luce: fari d'auto o riflettori. Al debole chiarore che invade la stanza distinguiamo ora il fisico tozzo e robusto di William L. Calleyjr. ventisette anni, nato a  Miami (Florida), tenente degli Stati Uniti, ora in pigiama.

Un urlo, e Calley ha già in mano il bastone da ufficiale, che im­braccia come un fucile. Una sedia, rovesciata con un calcio, funge da provvisorio e precario riparo).

CALLEY                                 Un'imboscata! A terra! ... Tutti a terra! Chi va là? Chi va là, o sparo!

(Alle sue intimazioni rispondono solo nuovi colpi di clacson, che presto degenerano nel coro di un ingorgo stradale. Una sorda im­precazione, e con un tuffo Calley si getta sul telefono. Lo avvin­ghia, come fosse un pallone da rugby, e con un altro balzo felino è in primo piano, inginocchiato per terra, il telefono in grembo).

Pronto, pronto! ... Base operativa! Qui Charlie uno! Pronto! Oh, Cristo, dormite?... Prontoooo!

IL TELEFONO                        (una voce calma, cortese, formale)

Pronto, concièrge...

CALLEY                                 Ma chi parla, porca puttana?... Pronto!...

IL TELEFONO                        Portineria dell'Hotel Ambassador, signore. Il signore desidera?...

(Il coro delle macchine è cessato. Calley si guarda in giro, comin­cia a svegliarsi, accende la luce e prende coscienza del luogo in cui si trova, con un misto di sollievo per io scampato pericolo e di dispetto per l'incubo).

Il signore desidera?

CALLEY                                 (una scusa qualsiasi)

Ehm... mi sa dire l'ora, per piacere?

IL TELEFONO                        Mezzanotte in punto, signore. Il signore desidera altro?

CALLEY                                 No, grazie.

IL TELEFONO                        Molto bene, signore. Buona notte, signore.

(Calley riappende, sbuffa, si asciuga il sudore, ha un pesante so­spiro di sollievo)

CALLEY                                 Per questa volta mi è andata bene! Due anni nel Vietnam, con i nervi sempre tesi, e pensavo: cazzo!, qui a crepare ci vuol niente! Un po' avevo paura, un po' ci facevo l'abitudine! Ma il giorno che torno in America, pensavo, che dormite! E invece... (A un tratto si ferma, immobile, come paralizzato, rimanendo teso ad ascoltare) Sssst! Qui c'è qualcuno!

(Si avvicina alla porta del bagno, la apre di scatto accendendo contemporaneamente la luce: nessuno). Qui c'è qualcuno: lo sento! ... Sento il respiro!... (Fissa il letto: prende un oggetto da uno scaffale e chinandosi lo getta sotto il letto come a stanarne l'intruso. Nessuno). Eppure.., sento il rumore: tic... tic... tic... Con I pazzi che ci sono in giro, cosa ci vuole che uno decida di ammazzarmi? Magari per farsi pubblicità, o per fare il bravo! Sssst!...

(Individua la fonte del rumore:  si avvicina alla finestra, scosta la pesante cortina... e lo sentiamo ridere, sollevato. Allunga la mano sul vetro, e prende qualcosa tra il pollice e l'indice della destra. Poi torna verso il centro della stanza, tenendo in mano delicata­mente quel qualcosa). Una farfalla! ... (La lascia andare, sorridendo).

Ma sì!, io sono troppo apprensivo, ecco che cos'è! Appena scop­piato il caso, avevo perfino paura ad andare in giro! I giornali pub­blicavano la mia foto: "il massacratore"!, "il mostro"!, e io pen­savo: Oh Cristo, e se mi riconoscono? Un giorno ero andato al supermarket mi si avvicina un signore, e mi fa: "Lei.,. è il tenente Cal­ley?" Oddio, adesso mi linciano! Ho risposto: "Sì, sono il tenente Calley".  "Sono perfettamente d'accordo con lei!", mi fa il signore, stringendomi la mano. E aveva le lacrime agli occhi! E le lettere che ho ricevuto?

(Prende alla rinfusa delle lettere da un tavolino, e si accuccia a terra a leggerle).

Ecco qui: "Ho combattuto contro i tedeschi dal '43 al '45: anche noi abbiamo ucciso donne e bambini, come lei nel Vietnam. La guerra non la si fa col galateo! "… "Qualsiasi cosa possa fare per aiutarla, sono a sua disposizione. Colonnello in pensione Louis Melwyn, quattro guerre e due medaglie al valore"... "Sono gio­vane e carina, e vorrei sposarti. Puoi mandarmi una ciocca dei tuoi capelli?" Sciocchina!

"Pensiamo che la costringeranno a passare le feste lontano dai suoi, e saremo lieti di averla a pranzo con noi il giorno di Natale ». Tutte lettere così! I giornali strombazzano, ma la gente, la gente semplice, il popolo!, è dalla mia parte. E l'esercito anche! Mi chie­dono le foto con dedica. Che cosa se ne fanno, poi? (Riporta le lettere sul tavolino e si trova davanti allo specchio). Guarda che faccia! Guarda che occhiaie: fan paura! Per forza: se non dormo! Che ore sono? Le dodici e venti. E domani ho il pro­cesso! Altro che domani: è già domani! Tra sette ore devo essere in piedi! Devo dormire, devo assolutamente dormire! Anche la faccia: bella liscia, senza rughe, senza 'ste occhiaie maledette! ... Anche questo ha la sua importanza! Ci mancherebbe altro che dessi l'impressione di uno torturato dai rimorsi, che non riesce neanche a dormire alla notte!

(Rapido giro a spegnere tutte le luci, ad eccezione di quella sul comodino).

Devo dormire! Adesso piglio un sonnifero... (Entra in bagno, ne riesce con un bicchiere d'acqua, si avvicina al comodino, ne prende freneticamente un tubetto, ingoia una pasti­glia e un gran sorso d'acqua). Ahhh!

(Gran sospiro si sollievo, come a dire: adesso sono a posto! Torna a letto spegne la luce)

...e mi faccio una bella dormita, di quelle che alla mattina ti ci voglion le bombe per tirarti giù dal letto.., poi vado al processo... (Di nuovo un gran balzo sul letto. Calley è seduto sulla sponda, ac­cende la luce).

Ma sto diventando matto?! Un sonnifero?! Per arrivare al processo imbambolato, e far la figura del bruto: di quello che sbadiglia, che fa fatica a tener gli occhi aperti, perché tanto se ne frega? Altro che dormire! Devo essere sveglio, pensare, raccogliere le idee! (Fruga di nuovo tra le scatole e i tubetti del comodino) Simpamina, ecco qui: altro che sonnifero! Due pastiglie! Ahhh... là! (Si alza, compie qualche sciolto movimento di ginnastica da came­ra, poi una rapida sequenza di lotta con un immaginario avversa­rio, lotta conclusa con un colpo di karatè. È soddisfatto; si sente in ottima forma).

Adesso mi vesto, poi prendo qualche appunto... e alle nove preci­se...

(Fischietta la marcia del fiume Kway, raccatta i suoi vestiti, e du­rante la sequenza che segue lo vedremo andare avanti e indietro dal bagno, lavandosi e rivestendosi. Un giovane uomo in borghese entra, si avvicina al comodino, prende il primo libro che vi trova e per caso trova un fascicolo di Playboy e vi posa sopra una mano con solennità, mentre l'altra è sul cuore).

CALLEY                                 Giura di dire la verità, solo la verità, nient'altro che la verità?

IL TESTE                                 Lo giuro.

CALLEY                                 La parola al Pubblico Ministero!

(Entra in bagno. Il Pubblico ministero entra, aggiustandosi la toga)

IL P.M.                                     Età?

IL TESTE                                 Ventitré anni.

IL P. M.                                    Nel 1968 lei prestava servizio nell'esercito?

IL TESTE                                 Sì, nel Vietnam del Sud.

IL P.M.                                     Lei conosce l'imputato?

IL TESTE                                 Sì.

IL P.M.                                     Le spiace indicarlo e pronunciarne il nome?

IL TESTE                                 (indica Calley, che è tornato dal bagno per qualche istante)Eccolo!

È il tenente Calley.

IL P.M.                                     Lei ha preso parte all'azione contro Mylai?

IL TESTE                                 Sì, agli ordini del tenente Calley.

IL P.M.                                     Lo scopo dell'azione?

CALLEY                                 Lo scopo dell'azione era quello di far terra bruciata attorno ai guerriglieri vietcong, che si servivano dei villaggi per nascondersi e per rifornirsi...

IL P.M.                                     Ringrazio l'imputato, ma lo prego di rispondere solo se interrogato!

(Al teste) Vuol raccontare come si è svolta l'azione?

IL TESTE                                 Beh... gli elicotteri ci hanno portato in zona... hanno aperto il fuoco... poi siamo saltati giù... Siamo arrivati al villaggio...

IL P.M.                                     E poi?

IL TESTE                                 E poi... il tenente Calley ci ha dato ordine di radunare tutti i civili vicino a un fossato...

IL P.M.                                     E come li avete radunati?

IL TESTE                                 Beh... a spintoni... non so.

IL P.M.                                     Quanti erano?

IL TESTE                                 Poco più di trenta o quaranta. Forse settantacinque, cento al massimo. Centocinquanta.

IL P.M.                                     Può descriverceli?

IL TESTE                                 Erano tutti donne e bambini... i lattanti in braccio alle donne... e qualche vecchio.

CALLEY                                 Vostro Onore, chieda al teste se non ha avuto l'impressione che potessero aggredirci.

IL TESTE                                 Sì, in effetti ho avuto questa impressione.

IL P.M.                                     Vostro Onore, mi oppongo! Il teste non deve fornirci le sue impressioni personali!

CALLEY                                 (infastidito, andandosene in bagno)

Obiezione accolta.

IL P.M.                                     La prego di rispondere con un sì o con un no: qualcuno di quei civili ha compiuto gesti interpretabili come aggressivi?

IL TESTE                                 No.

IL P.M.                                     Che cosa facevano?

IL TESTE                                 Che cosa facevano? Niente. Se ne stavano tutti stretti l'uno contro l'altro. Per la paura, credo.

CALLEY                                 (altra ricomparsa) Obiezione,vostro Onore! Anche questa è un'impressione personale! Prego il cancelliere di togliere l'ultima frase!

(Il P. M. si inchina brevemente ai voleri della Corte).

IL P.M.                                     E poi? Continui.

IL TESTE                                 Poi è arrivato il tenente Calley. E ha detto: "Non vi avevo ordinato di occuparvi di quella gente?" E io ho detto: "E non ce ne stiamo occupando? Siamo qui che li sorvegliamo!" E lui: "Ho detto di far­li fuori!" Poi ha ordinato di metterli tutti in fila, e quelli si son messi in fila, e loro hanno aperto il fuoco.

IL P.M.                                     Loro chi?

ILTESTE                                  Loro… noi.

IL P.M.                                     E lei?

IL TESTE                                 Anch'io. Devo dire... che ero sconvolto.

IL P.M.                                     (verso Calley, in bagno)

Vostro Onore, non ho altro da chiedere.

CALLEY                                 (dal bagno)

Va bene! La parola alla difesa!

(Il Pubblico Ministero cambia la toga in quella dell'avvocato di­fensore)

IL DIFENSORE                      Sconvolto, lei ha detto. Vuole descrivere meglio questa sua... sensazione?

IL TESTE                                 Beh... sconvolto... terrorizzato...

IL DIFENSORE                      Ma... e perché, scusi?

IL TESTE                                 Beh, sa, all'idea di dover sparare su quella gente.

IL DIFENSORE                      Perché? Che cosa facevano?

IL TESTE                                 Che cosa facevano? Gridavano, cercavano di scappare, piangevano…. . si buttavano gli uni sugli altri, Cioè voglio dire: le donne cercavano di proteggere i bambini...

IL DIFENSORE                      Lasci perdere il colore locale: si limiti ai fatti. In che condizioni erano?

IL TESTE                                 In che condizioni? Beh... per terra...

IL DIFENSORE                      Erano feriti?

IL TESTE                                 Se erano feriti?

IL DIFENSORE                      La smetta di ripetere sempre le mie domande. Risponda: erano feriti?

IL TESTE                                 Feriti, morti...

IL DIFENSORE                      Dove, esattamente, erano feriti?

IL TESTE                                 Ma... non saprei...

IL DIFENSORE                      Come!, non è in grado di dire dove erano feriti?

IL TESTE                                 Ma dappertutto: alla testa, al torace, al ventre, alle gambe... C'eran dei pezzi di carne...

IL DIFENSORE                      Non faccia del descrittivismo! Stia alle domande.

(A bruciapelo)

C'era del sangue?

IL TESTE                                 ...Sì, c'era sangue.

IL DIFENSORE                      E lei, se ho ben capito, era sconvolto.

IL TESTE                                 Sì.

IL DIFENSORE                      Ma quelli erano guerriglieri comunisti, vero? Erano dei vietcong!

IL TESTE                                 Dei vietcong?...

(Calley si affaccia sulla soglia del bagno, annodandosi la cravatta. Appoggiato allo stipite, scambia uno sguardo d'intesa col teste).

CALLEY                                 Beh, per lo meno dei simpatizzanti, certo!

(Torna in bagno).

IL DIFENSORE                      Dunque erano dei vietcong. E non era questo il vostro compito, scusi? O mi sbaglio?

IL TESTE                                 Beh.., sì, certo... questo era il nostro compito.

IL DIFENSORE                      E allora, scusi: perché era sconvolto?

IL TESTE                                 Beh... a nessuno piace ammazzare degli esseri umani.

IL DIFENSORE                      O forse possiamo anche dire che lei non è molto adatto alla vita militare?

IL TESTE                                 Sì, signore. Possiamo dire anche questo.

IL DIFENSORE                      La ringrazio. Non ho altre domande.

(Avvocato difensore e teste spariscono. Calley ha finito la sua me­ticolosa toilette. Torna dal bagno vestito di tutto punto, con l'aria e il passo marziale di chi ostenta decisione, sicurezza, buon umore. Si versa un bicchiere di whisky, lo posa sullo scrittoio, prende un foglio di carta e la penna d'oca che la direzione dell'albergo lascia in raffinata dotazione alle camere, e siede. Siede impettito sul bor­do della poltroncina, nella presumibile posa in cui Giulio Cesare compilò il telegramma « Veni, vidi, vici », sedendosi un attimo ap­pena al tavolo da campo, ma ben conscio dell'importanza storica e del valore icona grafico del fatto).

CALLEY                                 (scrive, e pronuncia con tono lapidario, deciso, tutto punti esclamativi)

Io! William L. Calley! Tenente dell'esercito degli Stati Uniti! In servizio permanente effettivo! Numero di matricola 053476021! Decorato di due medaglie al valore per azioni di guerra nel Viet­nam del sud! Attualmente sotto inchiesta per la strage di Mylay! ... Per la cosiddetta strage di Mylay... Affermo in piena coscienza... (Lo slancio si arresta) Che cosa affermo? (Riprende a scrivere)

... Che l'azione che si è conclusa con la cosiddetta strage rientra perfettamente nella missione affidata dal popolo americano all'esercito... di cui mi onoro di far parte... per difendere il sacro suolo della patria e i suoi interessi all'estero... (Senza soluzione di continuità straccia quel che ha scritto in pezzi minutissimi e getta il tutto nel cestino) Ma per carità! Ma sono diventato matto? C'è mezzo mondo che dice che siamo dei criminali, un esercito di assassini, e io dichiaro pubblicamente che una strage rientra nei compiti normali... (Ha preso un altro foglio e scrive):

...affermo che: per quanto impegnati nella difesa della libertà dell'amico popolo vietnamita... ...il clima nel quale ci siamo venuti a trovare... ...la diffidenza da cui ci sentivamo circondati, i pericoli, l'odio... ...l'impossibilità di distinguere tra criminali comunisti e pacifici cit­tadini......l'Inferno...

(Lo slancio si smorza di nuovo. Calley straccia tutto e getta via tut­to).

Ma no, ma no, ma perché racconto 'ste storie? Tutte 'ste parole io devo lasciarle agli avvocati! Io devo essere semplice e sincero: io non ho niente da nascondere! Che cos'ho da nascondere? Niente! Basta che racconti le cose così... come me le racconto dentro di me! Esempio: com'è cominciato: quando mi sono arruolato?.. Quando sono andato nel Vietnam?... Macché! È cominciato un giorno come un altro, molto dopo. A Saigon. Stavo prendendo un whisky al bar della base: nessun pensiero al mondo. Che pensieri dovevo avere?... A un certo punto entra uno con una lettera per me: ordine di trasferimento, destinazione Washington, partenza 30 maggio. "Sarà un errore, dico: il 30 maggio è oggi!" Macché: era giusto: così, da un'ora all'altra! Il tempo di far le valige e di correre all'aeroporto. L'aereo era pieno come un uovo, ma mi han subito trovato posto d'ufficio. Accidenti, ho pensato: ma che sia per darmi una medaglia? Però non mi sembrava, ultimamente, di aver fatto niente di speciale. Comunque... arrivo... e mi presento!

(Un alto ufficiale è entrato e si è piazzato alla scrivania della ca­mera. Ha l'aria sicura e ben curata di chi ha fatto più carriera al Pentagono che al fronte. Dal cassetto prende un giornale un fasci­colo di Playboy e si mette a leggere, con i piedi sul tavolo. Si ri­scuote e si ricompone al saluto di Calley).

CALLEY                                 Tenente William L. Calley, signore! Agli ordini!

L'UFFICIALE                         Che cosa vuole?

CALLEY                                 Sono a disposizione, signore. Ho avuto l'ordine di presentarmi all'Ispettorato Generale del Pentegano... Provenienza Vietnam, si­gnore. Numero di matricola 053476021.

(L'ufficiale ha tirato fuori una rubrica e sta cercando).

L'UFFICIALE                         Ha un'idea del perché l'hanno fatta chiamare?

CALLEY                                 No, signore. Pensavo lo sapesse lei, signore!

L'UFFICIALE                         Eh, cadono tutti dalle nuvole! Pare impossibile!

(Ha trovato nella rubrica quel che cercava) Dunque: pare che lei, tenente, avendo sedotto il colonnello delle ausiliarie signorina Pamela McKellogh, si rifiuti di riconoscere la paternità del nascituro. Pamela McKellogh: le dice niente questo nome?

(Calley lo guarda a bocca aperta. Poi si piega verso il libro che l'ufficiale tiene aperto sul tavolo).

CALLEY                                 (secco)

Mi chiamo Calley, signore! Calley con la C!

L'UFFICIALE                         Eh?

CALLEY                                 (al pubblico)

Quell'idiota aveva cercato sotto la R! Calley, signore! Con la C... come California!

L'UFFICIALE                         Ah, Calley! Questi registri sono tenuti con i piedi! Vediamo un po': Cadle, Chaffee, Cleery... Calley. William L. Calley! (Ora, evidentemente, ricorda)

Ah, William Calley! Eh, eh, William Calley! Ma come no: certo! (Ridacchia ammonendolo con l'indice della destra, come per un monello sorpreso in una birichinata, poi improvvisamente serio af­ferra un microfono collegato con un registratore e lo tende verso Calley)

La prego di parlare nel microfono, tenente. Ho il dovere di avver­tirla che tutto quello che dirà d'ora in avanti potrà essere usato con­tro di lei. Desidera essere assistito da un avvocato?

CALLEY                                 Eh?

L'UFFICIALE                         Le ho chiesto se desidera essere assistito da un avvocato.

CALLEY                                 Io non so ancora perché sono qui, colonnello!

L'UFFICIALE                         Questa è un'istruttoria formale, personalmente richiesta dal capo di Stato Maggiore. Al termine di questa istruttoria non è impossibile che le venga contestato il reato di omicidio... (Controlla sulla rubrica) ....e strage.

CALLEY                                 Senta, colonnello, vuol dirmi che mi han fatto venire qui solo per dirmi che...

L'UFFICIALE                         Per dirle che cosa?

CALLEY                                 Ma santo cielo, non so! Evidentemente è un errore!

L'UFFICIALE                         (accostando il microfono alle labbra di Calley)

Lei dunque si proclama innocente.

CALLEY                                 Io non "mi proclamo" innocente! Io mi rifiuto semplicemente di rispondere a una cosa... che non sta né in cielo né in terra.

L'UFFICIALE                         Lei dunque non ha ucciso nessuno!

CALLEY                                 Guerra a parte, no! Che discorsi! Per chi m'ha preso? E non capisco perché mi si faccia venire dal Vietnam...

L'UFFICIALE                         Vietnam, appunto: le dice niente, questo?

(Preme un pulsante e sulla parete di fondo si proietta una foto: l'immagine di una strage: corpi ammucchiati, e sullo sfondo un profilo di colline. Calley si avvicina, e aguzza gli occhi per vedere meglio).

CALLEY                                 Cosa dovrebbe dirmi?

L'UFFICIALE                         Mai visto?

CALLEY                                 (si avvicina ancora, poi scuote la testa, perplesso)Senta: il Vietnam è tutto uguale: montagne, colline, risale... Come faccio a sapere se quel posto li l'ho visto o non l'ho visto?

L'UFFICIALE                         Lasci stare il panorama, tenente. Guardi... in basso.

(Preme il pulsante e sulla parete di fondo si proietta l'immagine di un particolare ingrandito della foto precedente: un cumulo di ca­daveri)

CALLEY                                 Ah, i morti?

(Sorride come a dire: che sbadato!)

Il fatto è che nel Vietnam anche i morti fan parte del panorama! Non ci avevo neanche fatto caso.

L'UFFICIALE                         Insomma, non li riconosce!

CALLEY                                 Come vuol che riconosca un mucchio di cadaveri?

(Passano rapidamente sulla parete di fondo altri particolari dello stesso gruppo, senza quasi che si abbia il tempo di notarne il tra­gico contenuto. Calley osserva con indifferenza. La rapida sequen­za finisce).

L'UFFICIALE                         Niente?

CALLEY                                 Niente.

(L'ufficiale sbuffa, come infastidito per questa piccola noia proce­durale che gli impedisce di proseguire più speditamente).

L'UFFICIALE                         Insomma, tenente: esiste contro di lei una denuncia abbastanza precisa, di cui le debbo chiedere conto. Ricorda il nome... Mylai?

CALLEY                                 Accidenti, certo! Un villaggio: Vietnam del sud. Ci ho combattuto per un mese, credo. Lo chiamavamo Città Rosa, perché sulle carte militari era segnato... in rosa.

L'UFFICIALE                         Come mai lo ricorda così bene?

CALLEY                                 Lo ricordo… e basta.

L'UFFICIALE                         Eh, no! La sua prima reazione è stata "Accidenti, certo!".

CALLEY                                 Ah, sì... perché... ci è morto un mio amico, a Mylai. Si chiamava...

L'UFFICIALE                         (lo interrompe)

Nient' altro?

CALLEY                                 (al pubblico)

Giuro che in quel momento non mi ricordavo altro.

L'UFFICIALE                         Che cosa ha fatto il 18 marzo del 1968?

CALLEY                                 E lei?

L'UFFICIALE                         (con forza)

Tenente!

CALLEY                                 Ma insomma, cos'è questa storia: un processo?

L'UFFICIALE                         Le ho già detto che può chiedere l'assistenza di un avvocato!

CALLEY                                 Ma io non conosco nessun avvocato, e non vedo perché dovrei chiederne uno!

L'UFFICIALE                         Possiamo fornirle un avvocato d'ufficio.

(Ha già premuto un pulsante.

Entra un avvocato. Presentazioni:)

L'avvocato Lawyer... Il tenente Calley...

L'AVVOCATO                       Non risponda, neghi tutto, prenda tempo.

CALLEY                                 Ma io non ho assolutamente niente da nascondere!

L'UFFICIALE                         Che cosa ha fatto il 18 marzo del 1968?

CALLEY                                 Ma come vuole che mi ricordi quel che ho fatto un anno fa?

L'AVVOCATO                       Non risponda, neghi tutto, prenda tempo.

L'UFFICIALE                         Le ricordo che tutto quello che dirà d'ora in avanti potrà essere usato contro di lei.

CALLEY                                 (furente)

A me sta benissimo!

L'AVVOCATO                       Non risponda, neghi tutto, prenda tempo.

L'UFFICIALE                         Si rende conto che rischia la sedia elettrica?

CALLEY                                 Bastaaa!

L'AVVOCATO                       Non risponda, neghi tutto, prenda tempo.

L'UFFICIALE                         L'istruttoria continua!

(Escono ufficiale e avvocato, lasciando Calley, solo su una sedia, la testa tra le mani).

CALLEY                                 Basta, basta, basta...

Le due e dieci! Non passerà mai stanotte! (Si avvicina allo scrittoio, ne prende un libro che sfoglia, alla ri­cerca di un appunto, legge)

«Diciotto marzo 1968. Ricevuto lettera da casa. Azione contro Città Rosa, al comando del primo plotone. Annientato covo vietcong e villaggio civili. Conteggio morti: più di cento. Novità: N. N. » (Rimette via l'agenda. Appare sollevato). Ecco! Basta che racconti le cose così come si sono svolte, e chi è che non vedrà la mia buona fede? Avessi avuto la coscienza sporca, sarei stato sul chi va là! Vorrei vedere io, se ammazzassi un uomo qui! Basterebbe che uno per la strada mi guardasse negli occhi, e mi metterei a tremare: "Cristo, questo qui sa tutto!", penserei. Ma io dal Vietnam sono tornato tranquillissimo... perché era la guerra. E questo i giudici non possono non capirlo: sono tutti militari, scelti con cura: tutta gente che ha fatto la guerra e che queste cose le sa! E io sono un bravo ragazzo come tutti gli altri; un po' ingenuo, for­se, ma in perfetta buona fede! Questo devo dimostrare: che anche a me piacciono le motociclette, le cravatte, le gite in barca, i fumetti e i film western... Che ho fatto la guerra, sì, ma come l'avrebbe fatta chiunque... Devo dire così: "A me non mi è mai piaciuto ammazza­re!"

(Ripete con altro tono, cercando quello giusto) "Sono uno come voi:... ammazzare, non mi è mai piaciuto! " (Prende un microfono, e registra:) Ammazzare non mi è mai piaciuto. Ma io faccio parte dell'esercito,e l'esercito è uno strumento! Lo strumento è del po­polo! E se il popolo dice: "Va a distruggere il Sud America!", io de­vo andarci, e ci vado. Se il popolo dice: "Va ad ammazzare mille comunisti!", io vado e li ammazzo. Questo infatti è la democrazia: fare ciò che vuole la maggioranza! (Spiega il concetto:)

Ecco, tra l'altro, perché io rifiuto, categoricamente rifiuto anche su consiglio del mio avvocato il paragone con i criminali nazisti, che dopo la guerra tiravano fuori la storia degli ordini da eseguire! "Ho mandato gli ebrei nelle camere a gas", dicevano, "ma era un or­dine!" Il paragone non quadra. Perché: chi l'aveva dato l'ordine? Un dittatore! Che si era imposto con la forza, con la violenza! Io invece l'ordine l'ho avuto da una maggioranza: da un presidente, democraticamente eletto, dopo una campagna elettorale seria ed e-sauriente, che è costata milioni di dollari! Quindi, io non solo non c'entro niente con i nazisti, ma anzi: al contrario!, mi sarei com­portato come loro se avessi imposto la mia volontà di non uccidere alla volontà del popolo che mi chiedeva di farlo. Tutto si potrà dire di me, ma io non sarò mai un ribelle!

Perché per me prima viene il popolo americano, e poi la mia co­scienza. Io sono un cittadino americano, io sono un soldato degli Stati Uniti d'America.

(È soddisfatto. Ha finito. Riavvolge un poco il nastro e sì riascolta, annuendo per l'efficacia dell'effetto).

IL REGISTRATORE              "...per me prima viene il popolo americano, e poi la mia coscienza.

Io sono un cittadino americano, io sono un soldato degli Stati Uniti d'America."

CALLEY                                 (arresta il registratore. Riflette per un attimo, e poi lo riaccende per registrare)

Approfitto di questo mezzo nastro che mi è rimasto per raccontare come sono arrivato nell'esercito. Beh, ci sono arrivato per caso. Un giorno, nel luglio del 1966: lavoravo per le assicurazioni: un lavoro idiota: soldi pochi, soddisfazioni zero, carriera di là da venire. Un giorno, in viaggio mi si rompe la pompa della Buick. Non ho un soldo. Mi rivolgo a un tizio: per caso, è un reclutatore dell'esercito. "Perché non ti arruoli" mi fa, "invece di andare avanti con quel la­voro di merda? Impari un mestiere, giri il mondo... Pensa al fascino della divisa, pensa al gusto dell'avventura!".. "Per il fascino della divisa, okay!" dico io: "È sempre una carta in più con le ragazze. Ma il gusto dell'avventura non so neanche dove stia di ta.. sa. A me piace una bella scrivania e l'aria condizionata." E dieci minuti dopo facevo parte dell'esercito degli Stati Uniti, con la qualifica di scrit­turale.

Ho fatto il corso di addestramento nel Texas, gli studi amministra­tivi a Washington, la scuola allievi ufficiali a Fort Benning, Georgia. Quella sì che era una scuola! Avevamo anche un inno: "From the banks of Chattahoochie to the shores of... » trallallà... Non me lo ricordo più. Ma quante cose importanti, ml ricordo! Una scuola per uomini! Alla sera, in camerata, mangiavamo la pizza. Prima del silenzio portava. mo fuori i bidoni della spazzatura; svuo­tati, li riempivamo di pizze. Poi facevamo a gara a chi le mangiava più in fretta!

(Entra il sergente. Calley tenta di nascondere il cestino della carta straccia, poi scatta sull'attenti.)

IL SERGENTE                        Riposo! (Si guarda in giro, annusa)

Sento uno strano odore, allievo Calley! Cosa può essere?

CALLEY                                 Non sento nulla, signore.

IL SERGENTE                        Si concentri di più, allievo Calley. Annusi con cura. Acciuga?

CALLEY                                 Forse, signore.

IL SERGENTE                        Eppure... siamo a molte decine di chilometri dalla costa! Non dovrebbe sentirsi odore di acciuga, non le pare, allievo Calley?

CALLEY                                 Così pare anche a me, signore.

IL SERGENTE                        Dica la verità, allievo Calley: lei l'aveva già sentito e stava appunto cercando in quel bidone se "per caso" non vi si celasse un'acciuga! È vero?

CALLEY                                 Sì, signore. È possibile.

14

IL SERGENTE                        Vogliamo cercare insieme, in quel bidone, allievo Calley?

CALLEY                                 Sì, signore.

(Prende il cestino e lo porge al sergente, il quale con la faccia da schiaffi che solo gli ufficiali, i capi ufficio e gli arbitri dl calcio sanno assumere recita sarcastica sorpresa.)

IL SERGENTE                        Oh! Una pizza! Due pizze! Tre pizze! Tra gli ingredienti della pizza vi è l'acciughina, se non erro. Abbiamo risolto un piccolo mistero, vero, allievo Calley?

CALLEY                                 Sì, signore.

IL SERGENTE                        A proposito: le piace la pizza, allievo Calley?

CALLEY                                 Beh... sì, signore.

IL SERGENTE                        E allora, perché non se ne spalma un po' sulle lenzuola? Potrà dormire tra il profumo dell'acciuga, del pomodoro, del formaggio... (Gli porge il cestino.)

Prego, prego, ne prenda pure un paio. Le lenzuola sono due. Il len­zuolo di sopra, e quello di sotto. (Calley esegue)

Un po' più di energia, che diamine, allievo Calley! Vogliamo met­terci tutta la notte? Bravo, così va bene! Oh, ne resta una! Perché non se la mangia, allievo Calley?

CALLEY                                 Preferirei di no, signore, grazie.

IL SERGENTE                        Lei fa complimenti, allievo Calley. La prego, si avvicini.

(Calley fa un passo verso il sergente, e si ferma sull'attenti, mentre questi gli spalma con sadica accuratezza la pizza sul viso).

Scotta?

CALLEY                                 No, signore.

IL SERGENTE                        Mi fa piacere.

(Guarda l'orologio)

Le tre! Alle sette, ispezione! Brande, effetti personali... (Getta la pizza per terra e schiacciandola col tallone ne sporca per bene il pavimento.)

...e pavimenti! Tutto lucido come uno specchio, allievo Calley! Ri­poso! (Esce).

CALLEY                                 Così passavamo la notte; a pulire le lenzuola, a lucidare pavimenti, muri, a lavare camicie... Tutto al buio, naturalmente, perché dopo mezzanotte accendere la luce era proibito. Alla mattina, c'erano le esercitazioni. Io ml ero arruolato come scritturale, ma le esercita­zioni erano d'obbligo per tutti.

(Rientra il sergente).

IL SERGENTE                        In ginocchio!

(Calley si inginocchia).

Mani dietro la nuca!

(Calley esegue Il sergente gli sferra un gran calcio nel sedere.)

In piedi!

(Calley si rialza)

Allora: dove ti ho tirato il calcio?

CALLEY                                 Nei.., nei glutei, signore.

IL SERGENTE                        Dove?! Eh?! Non ce l'hai, tu, il culo! O ti vergogni a dirlo? Avanti, ripetere: dov'è che t'ho preso a calci?

CALLEY                                 Nel culo.

IL SERGENTE                        Oh, finalmente! T'ho fatto male?

CALLEY                                 Un po'.

IL SERGENTE                        Bene. E allora sta attento: quel calcio poteva ammazzarti, con due accorgimenti: 1) colpendoti di punta; e 2) una spanna più in alto. Che cosa abbiamo, una spanna sopra il cu­lo?

CALLEY                                 La spina dorsale.

IL SERGENTE                        La spina dorsale e...?

CALLEY                                 Le reni.

IL SERGENTE                        Esatto. Un calcio, per raggiungere il suo scopo, va indirizzato sulle reni. Perché non sulla spina dorsale?

CALLEY                                 Perché non è mortale.

IL SERGENTE                        (correggendo) Perché può non essere mortale. Ma soprattutto...?

(Calley non sa rispondere, il sergente si infuria.)

Perché fa rumore! perché un osso che si rompe fa dieci volte più rumore di un organo interno che si spappola!

CALLEY                                 Sì, signore.

(Il sergente si porta alle spalle di Calley, poi d'improvviso gli stringe il collo con il braccio sinistro, in una stretta sempre più for­te)

IL SERGENTE                        Conta!

CALLEY                                 Uno.… due... tre... quattro... cinque... seeei...

(Il sergente aumenta la stretta e Calley non riesce neanche a parla­re. Il sergente trae di tasca un coltello e lo punta contro la gola di Calley)

IL SERGENTE                        Giusto, così?...

(Calley fa cenno disperatamente di no, muovendo la testa per quan­to gli è consentito dal braccio del sergente)

E perché non è giusto?

CALLEY                                 (a fatica)

G...gorgoglio...

IL SERGENTE                        (allentando appena)

Cosa?…

CALLEY                                 Il gorgoglìo…

IL SERGENTE                        (lascia la presa)

Spiegati meglio.

CALLEY                                 (ancora a fatica)

L'afflusso improvviso di sangue nella trachea e nell'esofago, me­scolandosi all'aria aspirata o espirata dai polmoni, produce un sen­sibile gorgoglio...

IL SERGENTE                        E dunque?...

CALLEY                                 ...e dunque la recisione della gola dell'avversario è da evitarsi ove si voglia compiere l'operazione nel maggior silenzio possibile.

IL SERGENTE                        Metodo consigliato?

CALLEY                                 La garrota.

(Il sergente si toglie la cravatta e la porge a Calley)

IL SERGENTE                        Prova, sù! Fa finta che questa sia una liana.

(Posa un ginocchio a terra e Calley gli stringe il collo nella cravat­ta)

E fai un po' più forte, signorina! Cos'hai paura, che mi lasci am­mazzare?

(Calley stringe un poco, ma a un certo punto il sergente sferra con il gomito un colpo raggiungendo Calley, che gli sta alle spalle, al basso ventre. Calley lascia la presa e si accascia) La garrota va stretta più in fretta! Un colpo solo! È inutile che vi si insegni a non sgozzare la gente perché fa rumore, se poi voi gli la­sciate il tempo di gridare e di difendersi! Un colpo secco: così! (Mima l'esecuzione della garrota. Poi, a bruciapelo:) Perché non si colpisce nessuno con la baionetta sul dorso?

(Calley tace)

Perché il dorso è una parte del corpo ricca di tessuti muscolari, e dunque...?

CALLEY                                 E dunque risulta difficile estrarre la baionetta dopo aver colpito.

IL SERGENTE                        Sistema garantito per far parlare una donna incinta. Qual è?

(Calley tace)

Questo è importante! Sistema infallibile per far parlare una donna incinta?...

(Calley tace. Il sergente si rivolta infuriato verso il pubblico)

Non suggerite, imbecilli! Credete di imbrogliare me, a non studiare, vero? E invece imbrogliate voi stessi! E fate i vostri danni! Cosa volete che me me importi, a me, se non studiate? Io la mia strada l'ho fatta, nella vita! Ma siete voi che ce ne andate di mezzo: perché chi non fa bene a scuola non farà bene neanche nella vita! Per­ché la scuola è maestra di vita! E perché basta che non ne sappiate una, di queste cose, e la vita ce la lasciate! Nel Vietnam! Dove c'è gente che 'ste cose le studia come van studiate! E sapete perché lo­ro studiano e voi no? Perché loro sono poveri! E sono abituati a sgobbare dalla mattina alla sera! E non hanno tutte le distrazioni e i divertimenti che avete voi! E non hanno gli aereoplani, e le bombe, e il napalm, che gli fan trovare la pappa fatta! Devono farsela loro la pappa! Con le mani! Con le mani nude! Ma state attenti!, perché nella giungla, nelle risaie, gli aeroplani servono a poco! E quando vi troverete lì, in un cespuglio, in un fosso, con di fronte un vie­tcong, faccia a faccia, un uomo come voi, allora non c'entrerà più niente chi avete alle spalle: una grande nazione come l'America o un popolo di morti di fame! C'entrerà quel che sapete fare; e allora sì che si vedrà, chi ha studiato, e chi ha fatto il lavativo!

(A Calley)

Tirati sù!

(Calley si rialza)

Para!

(Un colpo di karatè, un pugno allo stomaco, una ginocchiata al mento: una serie insomma di colpi spettacolari, e Calley finisce esanime a terra. Il sergente lo guarda un attimo con scetticismo e disprezzo; poi, con indifferenza:)

In infermeria!

(Esce)

(Un tempo. Calley si rialza, si avvicina la microfono del registrato­re, e dopo aver bevuto un lungo sorso di whisky, dichiara:)

CALLEY                                 Sia chiaro a tutti che raccontando queste cose non intendo affatto parlar male dell'esercito! io non sono di quelli che sputano nel piat­to dove mangiano! E a tutti quelli che si arruolano per poi dire che l'esercito è una merda, beh!, io vorrei dirgli una cosa: che io sono grato a quel sergente e a tutti i miei superiori, perché senza i loro metodi sarei probabilmente restato un pappamolla! E i pochi pappamolla che avevamo nel Vietnam erano I primi a lasciarci la pelle, va bene?

(Guarda l'orologio, e appone la data alla registrazione)

Ore 2 e 35 del mattino. Lunedì 17 febbralo 1971, Fort Benning, Georgia.

(Spegne il registratore. Riflette un attimo, esitante)

Però... questa storia che se uno è un pappamolla ci lascia la pelle... potrebbe far pensare che i nostri rapporti con gli indigeni non fossero buoni. Invece i miei, a parte la cosiddetta strage, erano ottimi. Insomma: buoni. Abbastanza buoni.

(Ha un 'idea. Compone un numero al telefono) Pronto?... Generale Teacher? Scusi, generale, io sono un suo ex­allievo... alla scuola ufficiali. Calley! Allievo Calley, cioè... tenente Calley, adesso... Sì... Sì. Come? Il più celebre dei suoi allievi? Beh, la ringrazio. Volevo chiederle una cosa, generale. Lei ha fatto la seconda guerra mondiale, vero? È stato tra i primi a entrare in Roma, vero? Ecco: ma è proprio vero che vi chiamavano "i libera­tori"?…. . che tutti mettevano fuori le bandiere?.. che le donne sali­vano sui carri armati e sulle jeep?.. e vi abbracciavano e vi bacia­vano?... No, io l'ho visto al cinema... Beh, la domanda è questa: come mai a noi nel Vietnam non è successo?... Come? Ah, sì, ne parliamo domani... Prenderò un appunto... Scusi... Buonanotte.

(Ma l'altro ha già riattaccato. Riappende anche Calley)

Eh già! Lui se ne frega! Magari li ha ammazzati anche lui, le donne e i bambini, in Europa! Ma quella guerra lì l'abbiamo vinta, e allora il processo per crimini l'abbiamo fatto agli altri! Invece questa va così così, e allora ci vado di mezzo io. Ma perché proprio io? Eh?

Cazzo.

(Prende il registratore. Categorico:)

Qui c'è qualcuno che ci ha detto qualcosa di non esattamente esat­to! Non ci è stata spiegata la situazione, ecco! La mentalità della gente! La psicologia che hanno loro, che è diversa dalla nostra! Abbiamo dovuto capirlo noi! A nostre spese! E abbiamo perso un sacco di tempo, si capisce!

(Rumori vari da fuori, animazione, voci di soldati, euforia!)

VOCI DI SOLDATI               (da fuori, scandendo)

Sono arrivate le puttane! Sono arrivate le puttane!

CALLEY                                 (affacciandosi verso l'esterno) Cos'è 'sto canaio? Sergente!

(Un giovane sergente entra di corsa)

GIOVANE SERGENTE         Signore?

CALLEY                                 Cos'è 'sto canaio?

GIOVANE SERGENTE         Sono arrivate le puttane, signore.

CALLEY                                 E allora?

GIOVANE SERGENTE         (ride)

E allora! Beh, i ragazzi sono giovani… un mese che siamo in zona calda… e sa: quando vedono un buco...

VOCI DI SOLDATI               (da fuori)

Vogliamo le puttane! Vogliamo le puttane!

CALLEY                                 Di' che stiano buoni un momento!

(Il sergente saluta e corre via: durante lo scambio di battute è en­trata una donna vietnamita che si è fermata sulla soglia e si è inginocchiata per terra alla maniera orientale).

In quante siete?

LA DONNA                            (aiutandosi con le mani) Sei.

CALLEY                                 Beh, sta a sentire. Io ho dieci uomini: ce la fate?

LA DONNA                            Come?

CALLEY                                 Ho chiesto se ce la fate.

(Anche lui si aiuta col gesto)

Voi sei donne... noi dieci uomini...

VOCI DI SOLDATI               (da fuori, cantando)

"Colonnello non voglio pane / Voglio un paio di puttane..."

CALLEY                                 Sergente!

(Il sergente accorre)

Qui ci sono sei donne per dieci uomini. Come facciamo? Non vo­glio assolutamente che finisca a botte!

GIOVANE SERGENTE         Ma noo, che botte? Una donna ogni due uomini, e fanno cinque. E la sesta per lei.

CALLEY                                 Per me?

GIOVANE SERGENTE         Ma sì, è l'uso! Un'altra volta lo faccio anch'io, il corso ufficiali!

CALLEY                                 (al pubblico)

L'uso era questo. La direttrice era riservata all'ufficiale. La direttri­ce di una troupe di puttane non è un'idea che affascini; poteva essere una vecchia orrenda, nel qual caso...

GIOVANE SERGENTE         Ma no, è quella lì!

(Indica la donna. Pausa).

CALLEY                                 Okay, sergente. Provveda lei a tutto, e stia attento che non succedano casini!

GIOVANE SERGENTE         Buona questa, tenente!

(Saluta e sparisce, tutto contento)

CALLEY                                 Tu qui con me. Le altre cinque... una ogni due brande.

LA DONNA                            Una ogni due brande?

CALLEY                                 (esemplificando con le dita)

Una tua donna per due miei uomini.

LA DONNA                            (anche lei aiutandosi con i gesti)

Una volta per uno?

CALLEY                                 Una o due, dipende dal prezzo. Quanto?

LA DONNA                            Tuoi uomini detto quaranta dollari per una ragazza.

CALLEY                                 (ride)

Quarantadollari, eh? Ma quelli son matti!

(Si affaccia di nuovo fuori della stanza)

Sergente!

(Il sergente accorre)

GIOVANE SERGENTE         Tenente?

CALLEY                                 E allora, sergente, cos'è 'sta storia! È vero che gli uomini hanno offerto quaranta dollari per una puttana?

GIOVANE SERGENTE         Mah... sa... può darsi: la libera concorrenza...

CALLEY                                 Stia attento! e lo ripeta agli uomini: lo so anch'io che gli tira, ma qui nessuno fa pazzie! È un ordine!

GIOVANE SERGENTE          Sì, tenente.

CALLEY                                 C'è una donna ogni due uomini: chiaro? Chi tenta di fare il furbo, domani va a cercare i campi minati: d'accordo?

GIOVANE SERGENTE         Sì, tenente.

CALLEY                                 E il prezzo lo tratto io!, ché non siamo qui a sbattere via i soldi! E quelle lo fanno apposta, a mettersi all'asta.

GIOVANE SERGENTE         Sì, però... la libera concorrenza...

CALLEY                                 Fila!

GIOVANE SERGENTE         (tra i denti, andandosene)

Ma questo è comunismo, oh cristo!

(Calley torna dalla donna).

CALLEY                                 Un dollaro per ogni soldato. Un uomo... un dollaro.

LA DONNA                            Oh, no! Un uomo un dollaro... no. Una donna... dieci dollari.

CALLEY                                 Senti, bella: le tariffe le so anch'io, capito? Un uomo... due dollari.

LA DONNA                            Oh no... troppo poco, troppo poco.

CALLEY                                 (suadente)

Per te... quindici.

LA DONNA                            No, no, no! Una donna dieci dollari.

CALLEY                                 Un uomo quattro dollari. Okay? Uguale: ogni donna otto dollari.

LA DONNA                            (accetta)

Molto poco.

(Rumori e voci da fuori)

CALLEY                                 Senti? Han già cominciato.

(Riempie due bicchieri di whisky e ne porge uno alla donna) Vieni qui. Vuoi bere? Come ti chiami?

LA DONNA                            Yvonne.

(Da fuori giunge uno strillo di donna. La donna balza in piedi la­sciando Calley, ed esce).

CALLEY                                 Sergente!

(Arriva di corsa il giovane sergente, sistemandosi i pantaloni)

Cosa succede?

GIOVANE SERGENTE         L'interprete, signore.

CALLEY                                 L'interprete cosa?

GIOVANE SERGENTE         Non lo so, signore. Ho sentito degli urli... ma non ho avuto il tem­po di informarmi.

(Entrano la Donna e un soldato).

LA DONNA                            Tuo soldato picchiato mia donna.

CALLEY                                 È vero?

IL SOLDATO                          Oh porca puttana!, non voleva scopare...

CALLEY                                 E perché?

LA DONNA                            Lui già fatto una volta!

CALLEY                                 Ah, sì? E proprio tu, che fai l'interprete...

IL SOLDATO                          Ma se il conoscere la lingua non serve neanche a questo!

CALLEY                                 (Spazientito)

Senti donna! Una ragazza dieci dollari, ma ragazze anche due volte con un uomo.

LA DONNA                             (si inchina)

Ragazzegentili.

CALLEY                                 Filare! E il primo che mi viene a rompere le scatole...

(Il soldato e il giovane sergente escono di corsa).

IL SOLDATO                          Due volte a testa, ragazzi!

(La donna quietamente si è inginocchiata di nuovo sul pavimento.)

CALLEY                                 Com'è che ti chiami?

LA DONNA                            Yvonne.

CALLEY                                 Yvonne? Non è un nome vietnamita.

LA DONNA                            Yvonne nome francese. Mio padre francese.

CALLEY                                 E parli francese?

LA DONNA                            Ah, oui, monsieur, bien sûr: je parle très bien français, comme beaucoup d'autres dans mon pays, d'ailleurs!

CALLEY                                 Ehi, ma senti! L'hai imparato da tuo padre?

LA DONNA                            Mio padre non conosciuto. So solo che mio padre francese.

(Poi spiega aiutandosi con i gesti)

Vietnam, prima di americani... francesi.

CALLEY                                 Ah, e tua madre?

LA DONNA                            Mia madre con francesi, come io con americani.

CALLEY                                 Ah, una bella famiglia, insomma. Beh... e il francese dove l'hai imparato?

LA DONNA                            Scuola. Saigon. Università.

CALLEY                                 Ma senti! Hai fatto l'università?... E perché... hai smesso?

(La Donna non risponde: alza le spalle, piano, con pazienza, ed un sorriso ironico e triste sulle labbra)

Eh, già, che domanda! Anche da noi, sai, ci sono delle universitarie che fanno le puttane. Però è diverso: un'universitaria che fa la put­tana, o una puttana che ha fatto l'università.

LA DONNA                             Cosa? Non ho capito.

CALLEY                                 Niente, non importa. Anch'io ho studiato, sai? In America. Ti piacerebbe andare in America

LA DONNA                            No.

CALLEY                                 E perché no? L'America è un grande paese.

LA DONNA                            Questo lo so: nove milioni trecentoquarantaseimila chilometri quadrati.

CALLEY                                 Ehi, ma lo sai che ne sai più di me? Io non lo sapevo.

LA DONNA                            Io università di geografia.

CALLEY                                 E il Vietnam?...

LA DONNA                            Trecentoventicinquemila chilometri quadrati.

CALLEY                                 Nord o sud?

LA DONNA                            Tutto insieme. Noi sempre contare tutto insieme.

CALLEY                                 Anche i vietcong?

LA DONNA                            Anche vietcong.

CALLEY                                 Ma cazzo, son comunisti!

LA DONNA                            Vietcong... vietnamiti: tutto uguale.

CALLEY                                 Ho capito: sei una vietcong anche tu.

LA DONNA                            No.

CALLEY                                 Però preferisci i vietcong agli americani.

LA DONNA                            Americani pagare di più.

CALLEY                                 Hai capito benissimo quel che ti ho chiesto: preferisci i vietcong agli americani!

(La donna tace. Al pubblico:)

Per me era incomprensibile. Ero nel Vietnam da parecchi mesi, or­mai, e i vietnamiti li conoscevo. Un'ignoranza, una sporcizia inde­scrivibili! Non avevano mai sentito parlare di penicillina, di acqua corrente; mai visto un televisore, un mangianastri.., niente! I bam­bini sono pieni pieni di croste, e siccome non si lavano, pensavo: han la rogna. Invece me l'ha spiegato un dottore: denutrizione, mi­seria! Ed è vero: non hanno niente! Qualche volta, quando andava­mo in giro in perlustrazione, e bruciavamo le case dei contadini, gli lasciavamo il tempo di portarsi fuori le loro robe: era inutile far più danni del necessario. Ebbene: in un canestro grande così gli stava tutto quel che avevano! Una famiglia di quattro, cinque persone! (Alla Donna, con sincerità)

Ma Yvonne, come è possibile? Neppure l'ultimo dei negri di casa nostra vive così! Non vedete le nostre case, i nostri vestiti, le auto­mobili, i frigoriferi!... Non ti piacerebbe vivere come noi?

LA DONNA                            Sì.

CALLEY                                 E allora?

(Al pubblico)

Nelle loro condizioni io mi sarei dato da fare come un pazzo! Mi sarei fatto venire dieci macchine agricole dall'America, a costo di riempirmi di debiti!, macchine che fanno in un giorno il lavoro di tre mesi, e buttare a mare i loro sistemi antiquati, e fare un sacco di grana! Loro niente: nessuna iniziativa! Mangiare, dormire, ripro-dursi: come le bestie.

(Alla Donna)

Ma perché non vi date da fare?

(La Donna lo guarda senza rispondere)

Era chiaro il perché. Perché c'erano i comunisti! E i comunisti sono contro la proprietà privata, contro la libera iniziativa! Che interesse ho, io, a darmi da fare, se poi va tutto allo Stato?

(Alla Donna)

Ma lo capisci che siamo qui per questo? Per liberarvi!

LA DONNA                            Sì.

CALLEY                                 Voi dovete essere liberi, capito? Scegliere il vostro modo di vivere! Eleggere un governo. Eleggerlo voi, capito? Il popolo! Non è più come nel '54, quando Eisenhower ha impedito le elezioni perché i sondaggi dicevano che avrebbero vinto i comunisti! Ora potete sce­gliere! Potete scegliere la democrazia!… Lo sai cos'è la democra­zia?

LA DONNA                            Sì.

CALLEY                                 E allora?

LA DONNA                            (sorride, allunga una mano per accarezzarlo)

Tu dai a me quindici dollari non per fare discorsi...

CALLEY                                 (allontana la mano di lei)

No, rispondimi: non sai che in Russia un operaio deve lavorare un mese per comprarsi un paio di scarpe; che se uno vuole cambiare la macchina deve aspettare tre anni; che tutti devono pensarla allo stesso modo...? Come può il tuo popolo preferire i vietcong a noi?

LA DONNA                            Americani calpestano le risaie.

CALLEY                                 Come?...

LA DONNA                            Americani calpestano le risaie.

CALLEY                                 (al pubblico)

Questo era vero! Questo devo ricordarmelo, al processo!

(Va alla scrivania, e prende un appunto)

Mancanza di diplomazia! Sottolineare e sviluppare! Mancanza di diplomazia! L'esercito statunitense, nel Vietnam del Sud, ha man­cato di diplomazia!

(Al pubblico)

Le risaie è un esempio: noi ci andavamo dentro senza badarci, con gli uomini, con i carri armati. Gli rovinavamo tutto il riso, che per loro mai più lo immaginavo! è l'unico alimento. I Vietcong, invece, quando arrivavano in una zona, andavano dal capo del villaggio e gli chiedevano: "Avete bisogno di niente?" "Non calpestate le ri­saie, come fanno gli americani.". E quelli ci sta vano attenti, ed è chiaro che poi in quel villaggio li aiutavano e gli davano rifugio e diventavano magari tutti comunisti. Tanto più che noi, poi, per sta­narli, dovevamo entrare nei villaggi, cacciare fuori tutti gli abitanti, bruciare i fienili, bruciare le case, e qualcuno finiva sempre per la­sciarci la pelle, o perché si ribellava, o perché era vecchio e malato e non faceva in tempo a uscire dalle case in fiamme. Ecco: questa per me è mancanza di diplomazia! (Alla Donna) Allora, scopiamo?

(La donna si spoglia e si avvicina a Calley, che spegne la luce. Do­po qualche istante. Calley si riscuote)

CALLEY                                 Accidenti, mi stavo addormentando!

(Fa ricorso al solito tubetto di simpamina. Gli viene un 'idea, esita, poi si avvicina al telefono e compone un numero)

Pronto?... Sono io, sì. Buon giorno, avvocato!... Che ore sono? Beh, sono... le tre e mezza. Un po' presto?... Sì, beh... stava dor­mendo? ….   No, io... sa com'è: stavo pensando al processo... Cre­devo che anche lei.. Certo, capisco... Le telefono perché... mi è ve­nuta in mente una cosa. Ecco: come si chiama quando uno si sente esaurito, nervoso... No, non perché lavora troppo. Perché... perché gira a vuoto, perché non riesce a concludere, e si sente inutile, in­capace.... È una parola molto di moda.... Come? Frustazione? Ah, frustrazione: con due erre. Esatto! Ecco: io vorrei che la gente ca­pisse il senso di frustrazione che ho cominciato a provare...

(Con improvvisa decisione, con forza)

Io chiedo uno psicanalista! Uno psicanalista oggi non lo si nega a nessuna! Anche Manson ha avuto uno psicanalista: Manson, quello che ha ammazzato Sharon Tate! E hanno scoperto che da piccolo era stato trascurato dai genitori... Beh, per me non occorre risalire tanto indietro, avvocato. Basta rendersi conto... Come?... Ah, sì, va bene: prenderò un appunto. Buonanotte, avvocato. Buonanotte. (Riappende, deluso)

Prendere un appunto, dice! Eh, già: a lui non gliene frega niente! Frustrazione, con due erre.

(Prende un dizionario che si trova da qualche parte e lo sfoglia) Fedeltà... Fedifrago... Fottere: voce triviale. Eh, avercene! Frustra­zione. Eccolo: "Senso di abbattimento, di inutilità, mortificazione, determinato da delusione, incapacità, inferiorità, insuccesso." (Richiude il volume) Perfetto!

(Rimane per qualche attimo assorto, e ripete, come a fissarsela be­ne in mente, la definizione che lo ha colpito) Inutilità... inferiorità... insuccesso.

(Calley è in primo piano. Alle sue spalle sottolineata da un fischio acuto e da un mutamento di luce ha inizio un 'azione di perlustra­zione: tre o quattro soldati entrano nella camera da letto, rove­sciano I mobili, buttano all'aria i cuscini, aprono il frigorifero e vi sparano dietro una breve raffica di mitra. Un colonnello, armato di cannocchiale, sale sul tavolo a dirigere le operazioni. Terminata la perlustrazione un soldato si avvicina a Calley e saluta.)

CALLEY                                 E allora?

IL SOLDATO                          Negativo, signor tenente!

CALLEY                                 Fate saltare il pozzo!

(Al pubblico)

Facevamo saltare i pozzi, che sono l'unica ricchezza dei contadini. Ordine di Washington. Ma a Washington credevano che i pozzi del Vietnam fossero dei bei manufatti in pietra o in cemento, con val­vole e pompe aspiranti: invece erano dei buchi per terra. Per cui, farli saltare significava solo fare un buco più bello e più grande.

IL COLONNELLO                 Charlie uno, Charlie uno!…

(Calley corre al radiotelefono)

CALLEY                                 Sì, signore, ricevuto.

IL COLONNELLO                 Notizie del nemico?

CALLEY                                 Negativo, signore. Nessuno nemico in vista.

IL COLONNELLO                 Vedo qualcosa di sospetto a un chilometro da voi, Charlie uno! Volete provare a muovervi?

CALLEY                                 Sì, signore: ma non vediamo niente di sospetto!

IL COLONELLO                    Diamine, Charlie uno, ci avete messo mezz'ora! È chiaro che nel frattempo hanno tagliato la corda!

UN SOLDATO                        Fa presto lui, con l'elicottero!

CALLEY                                 Zitto!

IL COLONNELLO                 Charlie, Charlie uno!

CALLEY                                 Sì, signore: ricevuto.

IL COLONNELLO                 Dirigetevi verso quella colonna di fumo.

CALLEY                                 Negativo, signore. Non vedo nessuna colonna di fumo.

IL COLONNELLO                 Ma come no! Dormite? Dietro la collina! Si vede benissimo.

CALLEY                                 Di lassù forse, signore; ma da qui non si vede un cavolo.

IL COLONNELLO                 Beh, avvicinatevi.

CALLEY                                 Siamo di fronte a uno stagno!

IL COLONNELLO                 Oh, insomma! Aggiratelo! Datevi da fare. Lei sa che cosa vuol dire darsi da fare, tenente?

CALLEIY                                Sì, signore, ricevuto. Ragazzi, attenti: aggiriamo lo stagno.

UN SOLDATO                        Tenente, c'è una fattoria che mi piace poco.

CALLEY                                 Dove?

IL SOLDATO                          Là in fondo.

CALLEY                                 Uhm, già! Sarà meglio dargli una spolveratina.

IL SOLDATO                          (al radiotelefono)

Pronto, artiglieria?... Qui Charlie uno: abbiamo bisogno di appoggio. Dunque: duecentocinquanta passi da posizione Charlie uno. L'azimut ve lo dò subito; le coordinate sono... un momento.

CALLEY                                 (al pubblico)

È qui da poco, e fa ancora tutto quel che gli hanno insegnato a scuola.

(Al soldato)

Lascia perdere le coordinate. Si fa così.

(Al radiotelefono)

Pronti, artiglieria, state attenti: sbattetemi un po' di merda al di là dello stagno, va bene?

LA VOCE DELL'ARTIGLIERIA

Pronto, Charlie uno: ricevuto. Che merda volete?

CALLEY                                 Merda grossa, va bene? Sei pezzi, tutti insieme, cinque minuti di fuoco; e state sul lungo perché sotto ci siamo noi. Passo.

LA VOCE DELL'ARTIGLIERIA

Okay, Charlie uno. Se vi piove vicino fate un fischio, va bene?

CALLEY                                 Ricevuto. Positivo. Passo e chiudo. Andate con la merda!

(Fuoco dell'artiglieria. Scoppi e fiammate per alcuni lunghi mo­menti, mentre i soldati si acquattano. Poi silenzio).

UN SOLDATO                        Mi pare pulito, tenente.

CALLEY                                 Forza, ragazzi, giriamo attorno allo stagno.

ALTRO SOLDATO                Da che parte?

CALLEY                                 Un momento! Potrebbero esserci delle mine.

ALTRO SOLDATO                C’è un contadino.

CALLEY                                 Ehi, tu, chiedigli la strada buona.

(Al pubblico)

Era un ometto qualsiasi, col solito pigiama che hanno tutti gli indi­geni. 'Sto idiota ce l'ha indicata, la strada: a destra dello stagno. C'erano dei fili di ferro in mezzo all'erba. Mine da far saltare in aria un battaglione! Ah, figlio di puttana! Prendetelo! È un vietcong! ... Ma quello via!, sparito, dentro un villaggio! E chi lo pesca più, un contadino in un villaggio? Allora siamo entrati nella prima ca­panna che abbiamo trovato.

(I soldati, alle spalle di Calley, verso il fondo della stanza agisco­no).

CALLEY                                 È lui?

UN SOLDATO                        Boh, sono tutti uguali.

ALTRO SOLDATO                A me pare di sì.

L'INTERPRETE                      (urlando)

Vietcong adoe?... Vietcong adai?...

(A Calley)

Non vuol parlare.

CALLEY                                 (urlando)

Vietcong adoe?... Vietcong adai?... E parla, perdio! parla! (Tira un calcio)

Parla, perdio!

UN SOLDATO                        (chinandosi a guardare)

Uhm, ho l'impressione che gli abbia spaccato un rene!

CALLEY                                 È morto?

IL SOLDATO                          No. È ancora vivo.

CALLEY                                 (quasi tra sé)

Volevo solo rompergli un paio di costole.

IL SOLDATO                          Doveva tenersi un po' più in alto, allora.

CALLEY                                 (piano, quasi tra sé, con equivoca amarezza)

Non ho abbastanza pratica. Portatelo via!

(Mentre i soldati escono, si avvicina al microfono del registratore)

Ore 3 e 58 del mattino, giovedì 27 febbra4 io 1971, Fort Benning, Georgia. Non voglio nascondere niente di quel che ho fatto, ma e-sigo di essere giudicato con conoscenza di causa. Impotenza! Un nemico che ci sgusciava tra le mani! Nemici anche quelli che era­vamo lì per difendere! Nessuna collaborazione! Enorme spreco di fatiche, di uomini, di mezzi! Sensazione di ridicolo di fronte agli indigeni che interrogavamo! Sensazione di vergogna per come non rispondevano  scalzi, legati, nudi a noi, vestiti, armati, con gli stivali di cuoio! Impossibile anche spiegargli che eravamo lì per loro! In­differenza! Ore di appostamenti, di perlustrazioni, di lavoro, di ten­sione, e tutto per niente, perché quando il sole tramontava, la notte in silenzio, lentamente, irresistibilmente riconquistava tutto quello che noi avevamo strappato al nemico! E tutto ridiventava pericolo­so, precario, mortale: ogni ombra un vietcong, ogni rumore una mi­naccia!

(È notte)

PRIMO SOLDATO                 Tenente!

CALLEY                                 Sssst!

PRIMO SOLDATO                 Dov'è?

CALLEY                                 Sono qui.

PRIMO SOLDATO                 Dove?

CALLEY                                 Qui, t'ho detto!

PRIMO SOLDATO                 Posso caricare la mitragliatrice?

CALLEY                                 Cazzo, non l'hai ancora caricata?

PRIMO SOLDATO                 Me l'hanno insegnato a scuola, signore; che bisogna caricarla sem­pre all'ultimo momento. Motivi di sicurezza...

CALLEY                                 Va bene, caricala.

(Una serie di clinc, poi tre clanc, poi un clanc conclusivo, molto forte. Calley è addosso al soldato, lo scuote, quasi lo malmena.)

Sssst! Ma cristo, sei matto?

PRIMO SOLDATO                 Ma... signore...

CALLEY                                 Silenzio! Vuoi vederteli arrivare addosso?

PRIMO SOLDATO                 Beh, tenente... siamo qui per questo!

CALLEY                                 Cazzo, ma siamo noi che dobbiamo trovar loro, non viceversa!

PRIMO SOLDATO                 Bah, ma...

CALLEY                                 Sssst!

(Rumore d'acqua smossa)

Chi è che fa 'sto rumore!

SECONDO SOLDATO          È la mia borraccia.

CALLEY                                 Cos'hai: bevuto?

SECONDO SOLDATO          Sì, avevo sete.

CALLEY                                 Oh, Cristo, e adesso l'acqua sbatte e fa rumore. Non lo sai che le borracce devono essere sempre piene?

SECONDO SOLDATO          E allora cosa ce le portiamo dietro a fare?

CALLEY                                 Si può bere solo quando si trova dell'acqua per riempirle subito di nuovo.

SECONDO SOLDATO          Allora tanto vale che beva quella.

CALLEY                                 Ma bevi quel che ti pare!

(Pausa)

TERZO SOLDATO                 Tenente, perché non ci spostiamo?

CALLEY                                 Perché no! Dobbiamo aspettare.

TERZO SOLDATO                 Porca puttana, ma è tre ore che aspettiamo!

CALLEY                                 E io cosa ce ne posso? Silenzio!

(Pausa. Improvvisamente un urlo)

PRIMO SOLDATO                 Aaaaah! Aaaaaah!

CALLEY                                 (con un guizzo gli è vicino)

Cosa c'è?

PRIMO SOLDATO                 Le formicole!

CALLEY                                 Ma va all'inferno, te e le formicole!

(Al pubblico)

Dopo tre ore di attesa, nel buio, i soldati cominciavano a essere nervosi. Per niente si mettevano a urlare, per niente litigavano, suc­cedevano gli incidenti più strani. Io... come capo pattuglia, facevo di tutto per tenerli sù di morale. (Ai soldati) Coraggio ragazzi!

PRIMO SOLDATO                 (con voce impaurita)

Perché dice così?

CALLEY                                 Beh, dico... coraggio ragazzi! Coraggio... che ce la facciamo!

PRIMO SOLDATO                 (più impaurito ancora)

Ce la facciamo a far cosa, se non facciamo niente?

CALLEY                                 Beh... non lo so.

SECONDO SOLDATO          Ce la facciamo a tornare al campo.

CALLEY                                 Che stronzo! Vuoi fargli paura?

SECONDO SOLDATO          Lo sai che se ti pigliano i vietcong ti tagliano le palle?

PRIMO SOLDATO                 È vero?

CALLEY                                 Ma non badargli! E tu smettila di fare lo stronzo!

SECONDO SOLDATO          Ma no, scherzavo! Se ti pigliano ti invitano a bere qualcosa! Siamo qui in gita!

CALLEY                                 Nossignore! Siamo qui per combattere: d'accordo! Siamo qui per combattere i comunisti. E... certo: rischiamo la pelle. Ma questo lo sapevamo, no, ragazzi?

PRIMO SOLDATO                 Certo, signore.

CALLEY                                 E dobbiamo combattere perché se no i comunisti invadono l'America, ci sottomettono e ci impongono il loro modo di vita, che è contro la libera iniziativa e contro la proprietà privata. E questo noi non lo vogliamo: non è vero, ragazzi?

PRIMO SOLDATO                 No certo, signore.

CALLEY                                 Quindi, perché un giorno non sia troppo tardi, noi siamo qui a liberare i vietnamiti dai vietcong.

TERZO SOLDATO                 Beh, allora ci hanno madato nella zona sbagliata, tenente. Qui son tutti vietcong!

CALLEY                                 No, non è vero! Ci sono anche vietnamiti. Solo che sono tenuti schiavi dai vietcong! Ed è questo che bisogna spiegargli: che noi siamo qui perché loro possano essere liberi, e scegliere e votare li­beramente!

TERZO SOLDATO                 E se votano comunista?

CALLEY                                 Oh, cazzo! E perché dovrebbero votare comunista?

TERZO SOLDATO                 Non lo so; io non me ne intendo di politica.

CALLEY                                 Si vede proprio che non te ne intendi, con le scemenze che dici!

PRIMO SOLDATO                 (borbotta qualcosa lamentosamente tra sè)

CALLEY                                 Cosa c'è?

PRIMO SOLDATO                 Ho messo il dito dentro la canna del mitra e non riesco più a tirarlofuori!

CALLEY                                 Uff! Cià, che ti aiuto!

(Gli si avvicina).

PRIMO SOLDATO                 Tenente... come si fa a distinguere un vietnamita da un vietcong?

CALLEY                                 Eh?

(Al pubblico)

Domanda da cinquemila dollari! Perché lì non è come da noi, che i comunisti si vedono subito: negri, omosessuali, capelloni, studenti, operai... Lì son tutti uguali: vietcong, vietnamiti, identici precisi!

SECONDO SOLDATO          Te io dico io, come si fa a distinguerli: di giorno sono vietnamiti, di notte sono vietcong.

CALLEY                                 Che stronzo!

SECONDO SOLDATO          Beh, c'è un altro modo.

PRIMO SOLDATO                 Qual'è?

SECONDO SOLDATO          Quando vedi un indigeno e vuoi sapere cos'è, ti tiri giù i calzoni. Se ti taglia le palle, vuol dire che è un vietcong!

CALLEY                                 Basta!

(Piano) Basta!…

(Pausa)

TERZO SOLDATO                 Tenente, io dico che qui non c'è nessuno. E se ci facessimo dare un po' di luce?

CALLEY                                 Okay.

TERZO SOLDATO                 (al radiotelefono)

Pronto, pronto! … Charlie quattro! Qui Charlie uno!...

IL RADIOTELEFONO          Ricevuto, Charlie uno. Cosa succede?

TERZO SOLDATO                 Ci occorre un po' di luce!

IL RADIOTELEFONO          Positivo, Charlie uno. Provvediamo subito.

(Un fischio e la scena si accende in alto di luce gialla, diffusa, d'intensità variabile).

PRIMO SOLDATO                 (con un urlo di terrore)

Là!... C'è qualcuno!... (Spara).

SECONDO SOLDATO          Là!... là! ...

(Spara in un'altra direzione).

TERZO SOLDATO                 Quel ramo spezzato: è un segnale!

(I quattro uomini sono ora stretti l'uno contro l'altro, le schiene e le spalle accostate, come a proteggersi o ad occupare il minor spazio possibile. Sparano all'impazzata.)

I SOLDATI                              (con terrore)

Spegnete! ... Spegnete!

(Torna il buio. Ancora un paio di brevi raffiche nervose, come per paura).

CALLEY                                 Abbiamo preso qualcosa!

UN SOLDATO                        Vado a vedere.

(Si avanza verso il proscenio).

CALLEY                                 Che cos'è?

IL SOLDATO                          Un bufalo. Maschio.

CALLEY                                 (al pubblico)

Sei ore di appostamento, centomila dollari in benzina, munizioni, razzi... Risultato: un bufalo. Che cosa serviva quel che ci avevano insegnato a scuola il karatè, la garrota se non trovavamo un nemico che è uno? Poi uno si fa la fama dell'incapace, o del lavativo! È sta­to lì che è cominciato tutto: frustrazione, mal di fegato, Insonnia!

(Chiamando) Sergente!

UN SERGENTE                      Signore?

CALLEY                                 Il modulo?

IL SERGENTE                        Subito, signore.

(Si fruga nel taschino della divisa, e ne tira fuori un foglio piegato, che stira con le mani prima di porgerlo a Calley. Calley tira fuori una matita e si appresta a compilare il modulo).

CALLEY                                 Munizioni?...

IL SERGENTE                        Quattrocento. Tutte.

CALLEY                                 Bombe a mano?

IL SERGENTE                        Diciotto.

CALLEY                                 Piuttosto di far la fatica di riportarle indietro, buttereste le bombe a mano anche negli stagni!

IL SERGENTE                        Eh, pesano!

CALLEY                                 Eh, già! Tanto paga lo Stato!… Conteggio morti?

IL SERGENTE                        Due.

CALLEY                                 (lietamente sorpreso)

Ah, sì? Due?

IL SERGENTE                        Beh!... sì, all'incirca.

CALLEY                                 Cosa vuol dire "due all'incirca"?

IL SERGENTE                        Beh, non si ricorda? Quando abbiamo sparato... che c'era qualcosa che si muoveva...?

CALLEY                                 Il bufalo?!

IL SERGENTE                        Il modulo parla di conteggio morti: mica specifica.

CALLEY                                 Comunque era un bufalo! Uno!

IL SERGENTE                        Molto grosso però!

CALLEY                                 Ma non raccontar balle!

(Scrive)

Conteggio morti... quattro.

(Entra il capitano).

IL CAPITANO                        Tenente Calley?

34

CALLEY                                 Capitano!

IL CAPITANO                        La relazione?

CALLEY                                 Eccola, capitano.

IL CAPITANO                        Conteggio morti, quattro. Saranno due al massimo. Vuoi dirmi che con tutto il baccano che ho sentito stanotte i risultati sono questi?

CALLEY                                 Oggi è andata così, capitano.

IL CAPITANO                        Mi pare che vada sempre così, Calley.

CALLEY                                 Spero far meglio domani, capitano.

IL CAPITANO                        Beh, col colonnello se la vede lei, tenente. Comunque... scriva almeno... otto. Si faccia furbo, se non altro! Riposo!

(Esce, dopo aver corretto il foglio.

Entra un Colonnello).

CALLEY                                 Colonnello... Charlie uno a rapporto, signore.

IL COLONNELLO                 Vediamo. Conteggio morti... otto. Ecco: perché nessuno compila i moduli fino in fondo? Lei sa cos'è un modulo, tenente? Un modulo è un modulo; e va compilato fino in fondo. Armi catturate?...

CALLEY                                 Zero, signore.

IL COLONELLO                    Otto morti, e neanche un'arma catturata? È così, tenente? Le hanno ingoiate prima di morire, suppongo. Lo sa che c'è stata una storia, in America, perché un nostro rapporto diceva: morti 103, armi cat­turate 3? E lo sa perché, c'è stata questa storia? Perché han detto che, "ergo", avevamo ucciso della gente disarmata! Perché si vede che al Senato preferiscono che i nostri nemici siano armatissimi.

(Calley tenta una risatina di compiacenza, ma il colonnello lo ful­mina).

Non c'è niente da ridere, tenente! Dica almeno che le avete rese in­servibili.

CALLEY                                 Le abbiamo rese inservibili, signore.

IL COLONNELLO                 (in primo piano, prima di uscire)

E adesso dovrò fare rapporto allo Stato Maggiore e dire: "Conteg­gio morti, otto!" Gli dirò sedici, d'accordo: ma è una miseria. E lo­ro si seccheranno, perché dovranno riferirlo a Washington, e anche se gli diranno trentadue, a Washington penseranno che noi buttia­mo i soldi dalla finestra! Ma saprei io cosa rispondere ai signori di Washington! "Sapete, signori, che cos'è la guerra? La guerra è la guerra!" E allora, lasciatecela fare come va fatta! Slegateci le ma­ni! A che cosa serve che i tecnici, gli ingegneri, i fisici, i chimici producano cose meravigliose, ritrovati diabolici... se poi non pos­siamo usarli? Tatticamente questa guerra è di una semplicità ele­mentare: bisogna privare i vietcong dei loro rifugi naturali: del loro "habitat". Sapete che cos'è l'habitat? L'habitat è l'habitat! E per far questo basta poco: una mano di defoliante; una mano di napalm; una bomba atomica. Questa è la mia opinione: e tutti gli alti ufficia­li la pensano come me. Lasciassero fare a noi, saremmo davvero a casa per Natale! Anche questa è frustrazione! (Pausa) Tenente Calley!

CALLEY                                 Sì, colonnello.

IL COLONNELLO                 (con freddezza)

È sicuro, tenente Calley, di essere all'altezza del posto che occupa?

CALLEY                                 Non lo so, signor direttore.

IL COLONNELLO                 Come?...

CALLEY                                  Signor colonnello, scusi.

IL COLONNELLO                 Non vorrei esser costretto.., a mettere qualcun altro al suo posto, tenente Calley. Lei mi capisce... L'esercito è come un'azienda: se non produce... fallisce.

(Il Colonnello esce.

Calley si guarda in giro. Poi torna a guardare l'orologio).

CALLEY                                 Ancora tre ore! Devo dormire, almeno tre ore devo dormire!

Dov'è?

(Cerca il tubetto del sonnifero, prende un paio di pastiglie, si sdraia sul letto).

Almeno tre ore devo dormire. Devo dormire!...

(Si assopisce).

(Un soldato, che forse si è trattenuto assieme agli altri in scena, a consumare il rancio o a sistemarsi armi o vestiti, ora è rimasto solo nella zona semibuia e incerta che circonda la stanza di Calley. Si guarda intorno un istante, poi si porta di fronte alla quinta di pro­scenio un muro grigio dai mille usi. Con la schiena rivolta al pub­blico, a gambe larghe, annaffia generosamente il muro, e vediamo che nel frattempo, con la destra, vi scrive qualcosa. L'operazione ha termine. Il soldato si scosta dal muro, circospetto e sollevato al tempo stesso, sistemandosi i pantaloni con un opportuno arcuar delle gambe. Sul muro che viene ora illuminato, leggiamo:

ABBASSO GLI USA

YANKEE GO HOME!

Il soldato raccatta con calma le sue robe e si allontana.)


Parte Seconda

La stessa scena. Calley è sdraiato sui divano, che ora si trova in mezzo alla stanza. Dietro lo schienale del divano, alle spalle di Calley, nella posizione classica dell'iconografia sull'argomento, siede lo psichiatra.)

LO PSICHIATRA                   Frustrazione, ha detto?

CALLEY                                 Sì, con due erre.

LO PSICHIATRA                   Ma... perché, scusi? Lei sentiva di non fare il suo dovere?

CALLEY                                 Oh, no! Il mio dovere l'ho sempre fatto; e qualcosa di più, anzi! Erano i risultati, che mancavano! Che mi davano il senso di frustra­zione! "Conteggio morti: zero!" era diventato un incubo, per me.

LO PSICHIATRA                   Ma vede, caro signore, i risultati dipendono da tanti fattori che vanno al di là della buona volontà, e anche dei meriti individuali. È so­lo il senso del dovere compiuto, la pace con la propria coscienza...

CALLEY                                  (alzandosi)

No, dottore, lei vuoi illudermi, vuol farmi coraggio. È peggio an­cora. Perché se uno sa di non aver fatto il proprio dovere.., beh, può dire: "Il giorno che farò il mio dovere, i risultati verranno!" Ma chi non può dire questo? (Lo psichiatra tace) Lei, che mestiere fa?

LO PSICHIATRA                   Beh, sono psichiatra.

CALLEY                                 Lo psichiatra dell' albergo!

LO PSICHIATRA                   Sì. È un servizio che la direzione mette a disposizione dei suoi ospiti.

CALLEY                                 Lei fa il suo dovere.

LO PSICHIATRA                   Certo!

CALLEY                                 Io la chiamo, alle prime luci dell'alba, e lei viene subito!

LO PSICHIATRA                   Lo direzione desidera che i nostri ospiti non manchino di nulla... e io faccio il mio dovere.

CALLEY                                 Appunto! Ma se quelli che si rivolgono a lei, quelli che hanno bisogno di lei, cadessero in crisi depressive ancor peggiori? Se si suici­dassero?

LO PSICHIATRA                   Prima di pagare il conto?

CALLEY                                 Anche.

LO PSICHIATRA                   Beh.., sarebbe seccante, certo!

CALLEY                                 Non si sentirebbe un inetto? Non avrebbe paura di perdere il posto? Cosa proverebbe se il direttore la chiamasse, e le dicesse: "Caro dottore, anche oggi i due clienti che lei ha assistito hanno preso l'uno il veronal, e l'altro si è gettato dalla finestra! È sicuro, dotto­re, di essere all'altezza del posto che occupa?" Come diceva a me il colonnello! È la logica: chi non rende non serve; vale nell'esercito come in un albergo, come in un'azienda.

(Lo psichiatra ha raccolto da un tavolino una fotografia e ora la osserva).

LO PSICHIATRA                   Questo… è quello che lei ha fatto a Mylai?

CALLEY                                 Sì.

LO PSICHIATRA                   Beh, non direi che la sua presenza nel Vietnam sia stata... improduttiva.

CALLEY                                 Già! E si capisce ora, perché ci sono arrivato?

LO PSICHIATRA                   Lei prova rimorso per quello che ha fatto?

CALLEY                                 Oh, sì!

LO PSICHIATRA                   Si sdrai!

(Calley riassume la sua posizione di paziente) Lei prova rimorso per quel che ha fatto?

CALLEY                                 No.

LO PSICHIATRA                   Perché?

CALLEY                                 Perché era la guerra.

LO PSICHIATRA                   La guerra, sì: ma qui ci sono andati di mezzo dei civili!

(Calley ride)

Lei ride? Molto Interessante!

CALLEY                                 Beh, dottore, mi scusi: nelle guerre ci vanno sempre di mezzo dei civili.

LO PSICHIATRA                   Sì, ma sono vittime... indirette, diciamo. Incidenti sul lavoro. Potremmo definirli sottoprodotti, laddove il "prodotto" l'oggetto vero dell'attività produttiva è il nemico morto: Il soldato nemico. Lei invece mi corregga se sbaglio ha veramente inteso uccidere delle don­ne, dei bambini.

CALLEY                                 (alzandosi)

Oh, ma non lo dica così! Mi fa sentire un assassino!

(Torna a coricarsi)

Intanto dobbiamo dire che nel Vietnam non C'è questa gran diffe­renza tra bambini e adulti che c'è qui da noi! perché sono tutti pic­coli e magri: anche gli adulti. E poi... bambini, lei dice! Ma sa cosa facevano i bambini? Seguivano le truppe, e quando qualcuno dei nostri -magari dopo trenta chilometri di marciabuttava via una car-tuccera per sentirsi più leggero, i bambini la pigliavano e la porta­vano ai comunisti. Ecco: sono questi i "bambini" del Vietnam.

LO PSICHIATRA                   Ma i neonati? I lattanti?

CALLEY                                 I lattanti! Ecco: non ce n'è uno che a un certo punto non salti fuori con i lattanti! I lattanti crescono, caro dottore! Gli americani sono nel Vietnam da dieci anni: ammettiamo che ci stiano altri dieci, e che tra dieci anni il figlio di uno di quelli che oggi fanno tanto i moralisti incontri uno di quei lattanti, che allora non sarà più un lat­tante, il quale gli piazza una pallottola in mezzo alla fronte o lo di­rotta su un campo minato! Come la mettiamo? Quello lì potrebbe dirmi: "Ma Cristo!, non potevi ammazzare anche i lattanti?" (Seccamente) Quindi io ci andrei piano a parlare di sottoprodotti!

LO PSICHIATRA                   Per carità, non volevo offenderla...

CALLEY                                 Io le dico del mio stato di frustrazione, di come ho cercato di reagire... dandomi da fare.. e lei vuol dimostrarmi che in realtà non ho concluso niente: solo dei sottoprodotti...

LO PSICHIATRA                   (correndo ai ripari)

Oh, ma i sottoprodotti sono importantissimi in un bilancio!

CALLEY                                  ...dei prodotti di scarto!

LO PSICHIATRA                   Ma pensi ai prodotti di scarto dell'industria petrolchimica!

CALLEY                                 ...dei morti di serie B! A sentir lei, potrei anche suicidarmi!

LO PSICHIATRA                   (allarmatissimo)

Sssst! per carità, non lo dica neanche per scherzo! Io cercavo solo di Alleviarle il rimorso...

CALLEY                                 Ma lo lasci perdere, il rimorso!

(Si allontana di qualche passo, nervosamente, andandosi a prende­re qualcosa da bere. Lo psichiatra trae di tasca un fazzoletto, si soffia il naso, si asciuga gli occhi).

Cos'ha adesso: piange?

LO PSICHIATRA                   Lo vede com'è difficile? Lo vede che razza di lavoro infame? Uno crede di far bene, e che cosa ottiene: che il cliente pensa al suicidio! Ma crede che sia facile, dover essere sempre qui, sempre pronti, sempre disponibili, ad ascoltare i guai degli altri, a fargli coraggio, come se anch'io non avessi i miei pensieri! E che pensieri!

CALLEY                                 (porgendogli un whisky)

Su, coraggio, non se la prenda a questo modo. Ho detto così per di­re!

LO PSICHIATRA                   E chi si rende conto dei miei, di problemi? Io non devo avere problemi! Io devo essere sempre allegro, fiducioso, comunicativo! De­vo sprizzare confidenza! E invece, sapesse!

CALLEY                                 Su, su, si sieda qui, si rilassi!

(Lo aiuta a sdraiarsi sul divano).

LO PSIOHIATRA                   Io non so più cosa dire, cosa fare! Ma è colpa mia se la gente ha l'insonnia, gli incubi, la gastrite d'origine nervosa? Alla mattina si alzano, pagano il conto di malumore, con la faccia smorta... E il di­rettore dell'albergo che mi dice: "Eh, dottore!... Bisogna darsi da fare!" Ma che cosa devo fare: le capriole, per divertire i clienti: Op, op, oplà! Così, devo fare? Mi sento al centro di un cataclisma... a cui non so porre rimedio: è vero! Ma chi l'ha fatto, questo cataclisma? Come nasce? Di dove viene? È colpa mia, per caso? Che cosa volete da me? Perché do­vrei provvedere io a tutti i guasti del cervello degli uomini? Sono forse Dio, io? Sono Superman? Faccio quello che posso! E se non basta quello che posso, chi l'ha detto che è colpa mia?

(Pausa.

Con altro tono).

È questo che lei provava nel Vietnam, vero?, quando le rinfaccia­vano di non concludere niente?

CALLEY                                 Sì, più o meno questo.

LO PSICHIATRA                   Già! Il Vietnam è dappertutto, non creda! Tutti abbiamo un direttore, un colonnello da accontentare! Un vietnamita da difendere, un vietcong da uccidere!

CALLEY                                 Ma dov'ero io nel Vietnam, vede, vietnamiti non ce n'erano! Erano tutti vietcong!

LO PSICHIATRA                   Anche nel sud?

CALLEY                                 Anche nel sud, anche i bambini: tutti! E allora, cosa deve fare, uno? Ammazzarli per far contento il colonnello, oppure non ammazzarli per non prendersi del mostro? Ma chi ci pensa, allora, a sradicare il comunismo? Ma devo pensarci solo io? Chi l'ha radicato il comu­nismo? Come mai si è tanto diffuso che adesso c'è bisogno di estir­parlo? Neanch'io sono Dio, sa? Neanch'io sono Superman!

LO PSICHIATRA                   (si alza, sospira, si fruga In tasca, ne trae un tubetto di pastiglie)

Provi queste: due pastiglie, due volte al giorno.

CALLEY                                 Dove va?

LO PSICHIATRA                   Sono le tre. C'è la ninfomane del quarto piano che a quest'ora telefona sempre.

CALLEY                                 Due pastiglie: tutto qui quel che sa dirmi?

LO PSICHIATRA                   Le ho dimostrato che siamo tutti nelle stesse condizioni...

CALLEY                                 E allora?

LO PSICHIATRA                   E allora, cos' altro pretende? Lei almeno si è fatto un nome: lei è a posto! Non avrebbe neanche il diritto di sentirsi frustrato! Cosa do­vrei dire io?

(Gli mette sul tavolino il tubetto)

Se non bastano, aumenti. Buonanotte.

(Esce.

Calley lo insegue appena fuori dalla porta)

CALLEY                                 Buffone!

LO PSICHIATRA                   Oh, sa, per quel che mi pagano!

CALLEY                                 Incompetente!

(Lo psichiatra se ne è andato. Calley ritorna nella sua stanza).

Mi sono chiesto spesso, nel Vietnam, e anche dopo, che cosa a-vrebbe fatto John Wayne al mio posto! Come avrebbe fatto a vince­re! A che punto avrebbe messo la scazzottatura finale, l'arrivano i nostri! È chiaro che io, non essendo Superman, non sono nemmeno John Wayne, e non ho mai preteso neanche dopo la cosiddetta stra­ge, di essere il migliore soldato degli Stati Uniti. Però non ero ne­anche il peggiore; e comunque facevo parte del più potente eserci­to del mondo: l'esercito sì, era Superman! Ed è bestiale far parte di un esercito così.., e non riuscire neanche a trovare il nemico. Tor­navano alla sera gli aviatori, e dicevano: "Due dighe, venti villaggi distrutti!" Tornavano gli artiglieri, e dicevano: "Diecimila bombe lanciate! Un miliardo di danni!" E io: "... un morto... due morti... zero! »

(È entrato il Cappellano Militare)

IL CAPPELLANO                  (scuote la testa con rammarico e simpatia)

Ts, ts! Mi dispiace per te, Calley!

CALLEY                                 (con amarezza)

Anche lei, padre, pensa che io non mi applichi abbastanza, vero?

IL CAPPELLANO                  Oh, no, questo no! Ormai ci conosciamo, so che sei un bravo figliolo. Ma forse... proprio perché sei un bravo figliolo, manchi un po' di convinzione. Ora, che cosa può dirti il tuo cappellano militare? Esiste un comandamento di Dio che dice: "Non uccidere", è vero? Ma Dio non ci chiede di essere dei santi. La santità è una virtù troppo alta, caro William, e sarebbe enorme presunzione aspirarvi. Del resto, che cosa ha detto il Cristo? "Il più santo tra gli uomini pecca ogni giorno sette volte sette".

CALLEY                                 Settantasette.

IL CAPPELLANO                  Quarantanove. Quindi, quand'anche tu, in queste tue quotidiane

scorribande per la bella campagna vietnamita, violassi il quinto comandamento "sette volte sette", saresti ancora nella media per il coro più vicino al trono di Dio! Ma poi, si può parlare di violazione per questo? Siamo in guerra! E che cosa ha detto ancora il Cristo? "Date a Cesare quel che è di Cesare!" E che cosa dobbiamo noi a Cesare?

CALLEY                                 A Cesare?!

IL CAPPELLANO                  Al presidente, agli Stati Uniti, all'occidente! Collaborazione, aiuto, in questa guerra per la pace, la libertà, la democrazia: tutti doni di Dio!, che noi dobbiamo meritare e difendere!   Insomma, caro Calley, di questo dovresti farti una ragione: la predicazione pacifista di Nostro Signore, pur nel suo carattere universale, va però considera­ta alla luce della contingente situazione storica in cui si colloca. "Ama il prossimo tuo come te stesso",  "Non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te", "a chi ti dà uno schiaffo porgi l'altra guan­cia", sono altissime norme di vita, ma... ricordiamoci che sono state formulate prima dell'avvento del pericolo comunista!

CALLEY                                 Ma no, padre, non mi sono spiegato. Non è che io abbia scrupoli di questo genere! Si immagini se non sarei contento, alla sera, quando il colonnello mi chiede: "Conteggio morti?", poter rispondere: "Set­te volte sette, colonnello: settantasette!"

IL CAPPELLANO                  Quarantanove.

CALLEY                                 Invece di dover rispondere: "Uno... due... zero..." Tutto il giorno in giro per il mondo, a frugare nelle risaie, a setacciare i villaggi, senza mai trovare un cane... Ah, padre, io invidio gli aviatori!

CAPPELLANO                       Ah, l'invidia, no, figliuolo! Questo sì che è un brutto peccato. In una sua famosa parabola Gesù Cristo ha detto...

CALLEY                                 Ma padre, io li invidio solo perché vorrei fare meglio il mio dovere!

IL CAPPELLANO                  No, Calley! "Testimonia della gloria di Dio tanto la più superba delle cattedrali quanto la più modesta violacciocca del bosco!" E tut­ti a questo mondo siamo parimenti necessari, quale che sia il com­pito affidatoci, come ben ordinate rotelline di un grande macchina­rio, che per funzionare ha bisogno anche dell'ultima di queste rotel­line!

CALLEY                                 Ecco, vede? Anche lei mi paragona all'ultima rotellina!

IL CAPPELLANO                  No, figliolo, il mio discorso è un altro! E se il tuo posto di rotellina fosse altrove? Chi ti ha detto che il tuo mestiere sia quello di uccidere?

CALLEY                                 Ma padre, sono qui per questo.

IL CAPPELLANO                  Eh, no figliolo, non esattamente! Chi ci ha mandati?

CALLEY                                 Ci ha mandati Il presidente Nixon.

IL CAPPELANO                    Chi è Nixon?

CALLEY                                 Nixon è l'essere perfettissimo...

(Si corregge) ...è il capo democraticamente eletto degli 'Stati Uniti d'America.

IL CAPPELLANO                  E perché ci ha mandati?

CALLEY                                 Per combattere il comunismo.

IL CAPPELLANO                  Oh, bravo! Ma il comunismo, vedi?, non è solo un esercito nemico che si possa distruggere con le bombe e coi cannoni. Non è solo un grosso tumore che un chirurgo può estirpare col bisturi, tagliando, insanguinando, distruggendo! Il comunismo è qualcosa di più sot­tile, qualcosa di impalpabile: è una fissazione! E come si estirpa una fissazione? Che cosa "tagli"? il cervello della gente? Eh, no! Occorrono altre armi: psicofarmaci, chimica: la persuasione occul­ta, l'esempio...

CALLEY                                 Non capisco.

IL CAPPELLANO                  Calley, noi abbiamo due armi: una è l'esercito, e lo sappiamo; l'altra è il nostro sistema di vita. È questo il nostro grande tesoro: la chiave che può aprirci le porte di tutti i cuori e di tutti i mercati! Ma quale vietnamita presterà ancora orecchio alle lusinghe del comuni­smo il giorno che avrà imparato a vivere come noi? Con le nostre case, le nostre automobili, gli elettrodomestici, le rate, le piscine! Questo ci farà vincere la battaglia, Calley! Questo dobbiamo in­segnargli!

(Pausa. Calley si volta verso il pubblico, attonito, come avesse ap­pena ricevuto la notizia di una grossa vincita alla lotteria, o la fol­gorazione di un risolutivo uovo di Colombo).

CALLEY                                 Cazzo, che idea! Ma si capisce! Vivono come bestie... sono mezzi selvaggi... ma l'interesse!, il primo dei sentimenti umani, lo senti­ranno anche loro, no? L'interesse di vivere come viviamo noi, di far soldi, di avere tante cose da usare, da buttare... Ma noi avevamo sbagliato tutto! Non saremmo mai riusciti a convincerli bruciando­gli i villaggi e rovinandogli le risaie! Un'idea formidabile, e io non stavo più nella pelle! Così …sono andato dal colonnello.

(È entrato il Colonnello).

IL COLONNELLO                 Tenente Calley?...

CALLEY                                 Colonnello, so che rischio di farmi una cattiva fama, ma mi sono stufato di ammazzare 'sta gente!

IL COLONNELLO                 Mi pare che lei sia l'ultimo, Calley, a poter dire scemenze del genere.

CALLEY                                 Può darsi in effetti che non sia il mio mestiere.

IL COLONNELLO                 E allora: vuole andare in pensione?

CALLEY                                 Vorrei essere adibito a un'altra mansione, signor colonnello.

IL COLONNELLO                 Esempio?...

CALLEY                                 Mansione S-5, signore.

IL COLONNELLO                 Mansione S-5, eh? Per starsene sdraiato tutto il giorno sotto un albero, con un libro in mano e una coca-cola nell'altra? E le baiadere? Gliele forniamo noi o se le fa mandare da casa?

CALLEY                                 Sto parlando sul serio, signor colonnello.

IL COLONNELLO                 È una richiesta formale?

CALLEY                                 Sì, signor colonnello.

IL COLONNELLO                 Lei sa che cosa comporta la mansione S-5?

CALLEY                                 Sì, certo.

(Al pubblico)

In realtà lo sapevo molto vagamente. L'S-S doveva stabilire rap­porti cordiali con gli indigeni: pubbliche relazioni, insomma. Aiu­tarli, educarli... riparare a quella mancanza di diplomazia che io ho sempre rimproverato all'esercito americano. In genere, chi era adi­bito a quella mansione, se ne stava effettivamente sdraiato sotto un albero o seduto a un tavolo del circolo ufficiali; ma a prenderla sul serio, non è che cose da fare non ce ne fossero.

(Il colonnello ha intanto preso un grosso volume di circolari, e ha trovato quella che vi cercava).

IL COLONNELLO                 (legge)

Ecco. Esempio:

"1) provvedere alla mietitura...

2) costruire case, strade, idrovie, ferrovie, canali d'irrigazione...

3) provvedere alla diffusione dell'igiene...

4) provvedere all'istruzione scolastica..." eccetera eccetera.

(Richiude il libro)

È questo che vuole?

CALLEY                                 Sissignore, signor colonnello. Voglio lavorare a contatto con gli indigeni!

(Il colonnello lo guarda: una spiegazione si fa strada nella sua to­tale incomprensione).

IL COLONNELLO                 Vuol trovar da scopare!

44

CALLEY                                 Voglio aiutare questa gente.

IL COLONNELLO                 Oh dio!, ma se son dieci anni che li aiutiamo, Calley! Eravamo all'inizio in settemila: siamo saliti a cinquecento- quarantacinquemila; tutti qui ad aiutarli. Non ha ancora capito che non serve a nien­te?

(Pausa)

Risponda!

CALLEY                                 Insisto nella mia richiesta, signore.

IL COLONNELLO                 E va bene! Visto che la mansione esiste e che qualcuno deve far finta di svolgerla... Ma se acconsento, Calley, è solo in considera­zione dello scarsissimo contributo che lei fornisce alla guerra. Ten­ga! Un buono per una scrivania... Un buono per una macchina da scrivere... Vuol dire che alla sera, invece di chiederle il conteggio morti, le chiederò il conteggio convertiti!

(Se ne va ridendo, contento della battuta).

CALLEY                                 Beh, lui l'ha detto per ridere, ma quella era proprio la mia intenzione. Ho cominciato a frequentare i civili, ed è stato lì che mi sono accorto che se mangiavano riso non era perché non gli piacesse la carne, ma perché di carne non ce ne avevano. E anche le croste dei bambini, non ora come per gli occhi a mandorla: non erano "fatti così"; erano sporchi, malati, denutriti! Avrei fatto i salti dalla gioia! Accidenti, ma cè solo da fargli vedere che vivere meglio è più bel­lo! Che mangiare carne e tenere il riso per contorno è più bello che mangiare riso da solo; che portare le scarpe è meglio che andare a piedi nudi, andare in macchina meglio che andare in bicicletta, l'acqua corrente meglio che il pozzo, l'acqua calda meglio dell'acqua fredda, due canali TV meglio che uno... e tutto quel che volete voi! Era veramente la scoperta dell'America! L'American Way of Life contro la vita da cani del contadino vietnamita!

(È entrata un 'ausiliaria)

L'AUSILIARIA                      Tenente?

CALLEY                                 Come andiamo stamattina?

L'AUSILIARIA                      Abbiamo distribuito cinquanta dosi di chinino e dodici di saponette.... (Gli porge un registro, che Calley consulta)

CALLEY                                 Chinino in grande aumento, vedo.

L'AUSILIARIA                      Sì. Anche l'aspirina.

CALLEY                                 Dieci tubetti lunedì.., quindici.., diciotto.., sessanta tubetti di aspirina?! Ma gli ha spiegato a cosa serve?

L'AUSILIARIA                      Sì, certo.

45

CALLEY                                 E cinquanta dosi di chinino!! Beh... bene, direi! Si vede che imparano, che apprezzano, che ne avvertono il bisogno. Prenda nota, si­gnorina; e alla prima relazione che mandiamo a Washington diamo al fatto la massima importanza!

L'AUSILIARIA                      Bene, tenente.

CALLEY                                 Il corso di cucito?

L'AUSILIARIA                      Le indigene sono entusiaste, tenente. È stata veramente una bella Idea.

CALLEY                                 Sì, grazie.

L'AUSILIARIA                      Purtroppo abbiamo dodici iscritte e solo cinque macchine da cucire...

CALLEY                                 Scrivere a Washington! Macchine da cucire, anche vecchissime.

L'AUSILIARIA                      Da rendere?

CALLEY                                 No! Alla fine del corso le regaleremo alle migliori.

(Al pubblico)

Era stata veramente un'idea formidabile! Le più brave avrebbero potuto mettersi a lavorare in proprio e entrare in concorrenza l'una con l'altra. Mentre gli spiegavo tutto questo mi rendevo conto che faticavano un po' a capire perché, dopo essersi fatte un vestito, a-vrebbero dovuto farsene un altro, magari diverso: ma ero sicuro che una volta entrate nel giro lo avrebbero capito. Le donne sono donne anche nel Vietnam; anche se certe volte, a vederle in giro per i campi, quando scappavano, scalze, spettinate, senza un minimo di trucco, non si riusciva neanche a distinguerle dagli uomini. Come certe femMiniste che girano da noi, in America. Anche se le cause sono molto diverse, si capisce!

(All'ausiliaria)

Ah, signorina! Bisognerà stare attenti, quando daremo via le mac­chine da cucire, a dove abitano 'ste ragazze. Se magari una abita in uno di quel villaggi che sappiamo già che andran bruciati, è inutile dargliela a lei!

L'AUSILIARIA                      Certo, tenente.

(Pausa).

CALLEY                                 Un goccio di whisky, signorina?

L'AUSILIARIA                      No, grazie, mai durante il lavoro.

CALLEY                                 E... dopo il lavoro?

L'AUSILIARIA                      (arrossisce, sdilinqua)

Dopo il lavoro... è un'altra cosa...

CALLEY                                 (valentino)

Libera stasera?

L'AUSILIARIA                      Ma stasera... abbiamo il film per gli indigeni.

CALLEY                                 Il film?...

L'AUSILIARIA                      Ma sì: "Berretti verdi", con John Wayne!

CALLEY                                 Non mi dica che non ha mai visto "Berretti verdi"!

L'AUSILIARIA                      Oh, no, l'ho visto quattro volte. Ma mi piace tanto John Wayne!

CALLEY                                 Ah, anche a me, moltissimo! Lei non trova che io... eh?

(Si mette di profilo, come a sottolineare una rassomiglianza).

L'AUSILIARIA                      Io trovo che John Wayne è... come dire? Un simbolo! E far vedere "Berretti verdi" ai vietnamiti è un'altra delle sue bellissime idee, tenente. Gli indigeni ci conoscono solo per le bombe, per il napalm, per i morti che facciamo! È giusto che sappiano che lontano da qui, in America, a Hollywood, c'è chi pensa a dare del soldato america­no un'immagine diversa.

CALLEY                                 E... dopo il film?

(Trilla il telefono)

Pronto?... sì... sì... OK, colonnello. Subito. Mi farò dare un elicotte­ro!..

(Riappende. Al pubblico)

In cima a una collina i nostri avevano trovato un ospedale da cam­po vietcong.

IL COLONNELLO                 Riconosce 'sta roba?

CALLEY                                 (al pubblico)

Eh, sì, 'Cristo, la riconoscevo eccome!

IL COLONNELLO                 Tubetti d'aspirina, chinino, cerotti, bende... con tanto di "Proprietà degli Stati Uniti" scritto sopra. Come lo spiega, tenente Calley?

CALLEY                                 (al pubblico)

Come lo spiego, cazzo? Lo spiego subito, cazzo! Erano stati quei figli di puttana che ogni mattina venivan da noi col mal di testa e la febbre; loro, la moglie, i figli, il padre, la madre, il nonno e il dia­volo che ti porti!

Sono venuto giù sconvolto, che avevo voglia di vomitare! Non era il danno economico o la figura di aver mantenuto il nemico: a que­sto c'eravamo anche abituati: la metà dei carri armati che avevamo regalato all'esercito di Saigon cadevano in mano ai nemici, e fini­vamo sempre col trovarceli contro. Era la figura da pirla, cristo! Eran le ghignate del colonnello! (Con altro tono) Ma poi, ho cominciato a guardar la cosa sotto un'altra luce. Però!, pensavo: lascia perdere che ti bruci: l'idea non è male! Ti danno la roba gratis, te ne danno finché vuoi.., e tu la pigli e la vendi! È lo­gico! Il principio è giusto: è nello stile di quella libera iniziativa... che è proprio quello che volevamo insegnargli! Son figli di puttana, okay, ammesso! Però... e qui mi ricordavo quel che avevo letto certe volte, a scuola o su "Time", sulla vita di Henry Ford, o di Rockfeller, o di Onassis, su tutti i grandi che si son fatti da soli: che se uno non è un po' figlio di buona donna, soprattutto all'inizio, tanta strada non fa. E allora mi son detto:

(Con entusiasmo)

Cristo, perdio, porca puttana, Calley, ce l'hai fatta: cominciano a capire!

(Si presenta al colonnello)

Ho bisogno di cinque maiali!

IL COLONNELLO                 (lo guarda a bocca aperta)

Cinque... maiali?!

CALLEY                                 Due porci e tre scrofe, signor colonnello!

IL COLONNELLO                 E... a che titolo, tenente Calley, se mi è lecito?

CALLEY                                 Mansione S-5, colonnello,

IL COLONNELLO                 Posso chiederle di essere più preciso, tenente?

CALLEY                                 Vorrei dare i maiali a un qualche indigeno, vedere di stimolare la libera iniziativa, di mettere in moto insomma qualcosa che...

IL COLONNELLO                 Ho capito: vuole nutrire i vietcong a braciole di maiale! È il senatore Fullbright che glielo ha suggerito?

CALLEY                                 Un maiale non è un tubetto d'aspirima, colonnello! I maiali saranno schedati, marchiati, seguiti da me personalmente giorno per gior­no...

IL COLONNELLO                 ...come altrettanti figli, ho capito. Ma chi ci garantisce che uno di loro non "muoia" e che non se ne facciano braciole? Se la sente di schedare, di marchiare, di seguire personalmente come altrettanti figli anche le braciole? Non si chiuda in uno sdegnoso silenzio, te­nente: risponda.

CALLEY                                 Naturalmente affiderò i maiali a chi darà tutte le garanzie, ideologiche e morali, di anticomunismo e di lealtà all'America.

IL COLONNELLO                 È sicuro di trovarlo?

CALLEY                                 Signorina, la scheda del signor Ky.

L'AUSILIARIA                      (leggendo da una scheda)

"Ky. Nato a Quangnai, di professione agricoltore, possidente, spo­sato con tre figli. Cattolico. Nel 1968 ha contribuito alla ricostruzione della missione cattolica di Quangnai, distrutta durante un bombardamento americano.

(N.B.: per errore)

Mai arrestato. Mai sottoposto a inchiesta."

CALLEY                                 Garantisco io per lui, colonnello.

IL COLONNELLO                 E va bene! Ha riflettuto anche sulla spesa cui andiamo incontro?

CALLEY                                 La guerra del Vietnam è costata agli Stati Uniti quattromila dollari per ciascuno dei trentasette milioni di vietnamiti del sud e del nord. Con quattromlla dollari si comprano dodici maiali adulti e ben pa­sciuti. Invece di cinquecento mila marines avremmo potuto manda­re nel Vietnam...

(Il colonnello lo precede nel calcolo su una piccola calcolatrice ta­scabile)

ILCOLONNELLO                  Quattrocento quarantaquattro milioni di maiali. Una crociata!

(Esce).

CALLEY                                 (al pubblico)

Io mi vedevo già i cinque maiali crescere e moltiplicarsi, come dice la Bibbia. Qualcuno, un giorno, qualcuno con più spirito di iniziati­va degli altri, avrebbe potuto organizzare un allevamento razionale: stalle pulite, tapis roulants per gli escrementi, luce accecante per tenere i maiali svegli, in piedi, legati, ingozzati, perché i prosciutti vengano più snelli e magri... E il macello pulito, funzionale, come una stanza da bagno in Florida... E prosciutti esportati in tutto il mondo, in eleganti confezioni di bambù: "Prosciutto originale del Vietnam. Genuino. Garantito". I miei cinque maiali sarebbero di­ventati più celebri dei tre porcellini.

(Rientra il colonnello).

IL COLONNELLO                 Notizie dalla famiglia, tenente?

CALLEY                                 No, colonnello. Son più di tre giorni che non arriva la posta....

IL COLONNELLO                 Non parlavo dei suoi genitori, Calley. Alludevo ai maiali.

CALLEY                                 Ah, bene. Molto bene!

IL COLONNELLO                 L'esperimento di avvio capitalistico funziona?

CALLEY                                 È un po' presto per cantar vittoria, colonnello, ma direi proprio di sì. Il signor Ky si è tenuto i maiali per un po' di tempo, li ha nutriti, li ha ingrassati, e poi li ha venduti.

Certamente valutando la combi­nazione ottimale tra costo dell'ingrassamento e valore di mercato dei maiali stessi. Una libera iniziativa di natura commerciale, se non ancora industriale, ma...

IL COLONNELLO                 Lei sa a chi sono stati venduti i maiali?

CALLEY                                 Oh, sì, signore: abbiamo le schede...

IL COLONNELLO                 Lei continua a seguirli, vero? Bene: li segua! Perché basterà un

frammento di prosciutto tra i denti di un cadavere vietcong, e il ca­pitalismo vietnamita morirà sul nascere! (esce).

CALLEY                                 (al pubblico)

Bisognava starci attenti, certo! Andare dai contadini che avevano comprato i maiali di Ky... e seguire la cosa molto da vicino.

(All'Ausiliaria) Il maiale?...

L'AUSILIARIA                      Il maiale è questo, tenente.

(Calley si trova per le mani un cuscino).

CALLEY                                 Ma… è magro!

L'AUSILIARIA                      È dimagrito, signore.

CALLEY                                 Diavolo!, ma non deve dimagrire! I maiali devono ingrassare: metter su carne, imbottirsi di lardo!... Questo.., lo guardi: gli si conta­no le costole! Ma non gli danno da mangiare?

L'AUSILIARIA                      Non sanno che cosa dargli.

CALLEY                                 Qualsiasi cosa, accidenti!

L'AUSILIARIA                      Non hanno niente.

CALLEY                                 Ma devono comperarlo. Il maiale è un capitale, che va mantenuto, incrementato: altrimenti deperisce, perde di valore.

L'AUSILIARIA                      Dicono che non hanno cinque piastre, tenente.

CALLEY                                 Cinque piastre! Cinque piastre per dar da mangiare a un maiale?!

(Al pubblico)

Poi la verità è venuta a galla. Il signor Ky aveva venduto i maiali ai contadini, col patto che il cibo per i maiali doveva esser comprato esclusivamente da lui! E aveva imposto prezzi da monopolio: cin­que piastre! Vaccaputtana, me l'aveva fatta! Il primo impulso... sbatterlo dentro! Ma poi... non potevo dire che non avesse avuto dell'iniziativa. Aveva anzi dimostrato... delle doti. Aveva capito il concetto. E per quel che ne so io, quando noi vendiamo un aeropla­no ai nostri alleati e ci riserbiamo il brevetto dei pezzi di ricambio, viti comprese, beh.., non è che facciamo molto di diverso! Però una contromisura ci voleva! Sullo stesso piano: libera iniziativa. Ser­gente!

(Entra un sergente)

Come va la mensa?

IL SERGENTE                        Buona per i maiali, signore.

CALLEY                                 Proprio quel che mi occorre. Sono l'S-5 della zona: voglio tutti gli avanzi della mensa: dalle bucce di patate alle mele marce.

IL SERGENTE                        Diciamo… le immondizie.

CALLEY                                 Le immondizie, esatto.

IL SERGENTE                        Per gli indigeni?

CALLEY                                 Per i loro maiali. Quanti bidoni potreste fornirmi al giorno?

ILSERGENTE                         Una diecina.

CALLEY                                 Perfetto.

IL SERGENTE                        Bisognerà togliere i fondi di caffè...

CALLEY                                 Perché?

ILSERGENTE                         I maiali diventano nervosi, signore, se mangiano fondi di caffè.

CALLEY                                 Ah, sì, certo. Allora senta: bisognerebbe, ogni giorno, prendere un camion e portare i bidoni a Quangnai...

IL SERGENTE                        Sulla strada di Quangnai ci sarebbe una lavanderia...

CALLEY                                 (al pubblico)

Le lavanderie, in gergo, erano i bordelli.

(Al sergente)

E allora?

IL SERGENTE                        Ecco: la mia biancheria avrebbe tanto bisogno di una ripulita! Sapesse quanto tempo è che io non...

(Calley ha già firmato un biglietto)

CALLEY                                 Autorizzazione accordata!

ILSERGENTE                         (si allontana entusiasta)

Grazie, tenente!

CALLEY                                 I cuochi, gli sguatteri, gli addetti alla mensa facevano a gara per portare i bidoni a Quangnai e fermarsi un paio d'ore alla lavande­ria. E tutto andava benissimo. Ma quando sono tornato a visitare i maiali, li ho trovati più magri di prima.

L'AUSILIARIA                      La stessa risposta dell'altra volta, tenente: non hanno cinque piastre!

CALLEY                                 Il signor Ky si faceva portare i 'bidoni a casa sua, probabilmente previa mancia, e pensava poi lui a distribuirli ai contadini a cinque piastre alla porzione. Eh, no, cristo! Avevo voluto Insegnare la libe­ra iniziativa e avevo creato uno sfruttatore e degli sfruttati.

(È entrato il signor Ky)

Lei non può fare questo, signor Ky!

IL SIGNOR KY                      Voi non potere! Un giorno dieci bidoni, un giorno cinque... Voi dire: noi grandi aiuti! E io sempre consumare buona acqua di pozzo per allungare brodaglia...

CALLEY                                 Signor Ky! I maiali sono americani, le immondizie sono americane! Noi vi aiutiamo, ma...

IL SIGNOR KY                      Vostro aiuto interessato? Vostro presidente Nixon aiuta molto Vietnam, ma non questo o quello a caso: tutto passa per mani di nostro presidente Thieu! Voi, tenente Calley, piccolo Nixon; io, signor Ky, piccolo Thieu!

CALLEY                                 (al pubblico)

Potevo mettere un soldato americano a guardia di ogni bidone di immondizie? O andare personalmente a consegnare i bidoni a que­sto o a quel contadino? (A Ky) I maiali moriranno di fame.

IL SIGNOR KY                      Oh, no, signore: io pronto a ricomprare maiali! Qualcuno già ricomprato.

CALLEY                                 Ricomprato, eh? A metà prezzo di quel che li ha venduti!

IL SIGNOR KY                      Maiali ora pesare metà! Metà prezzo per metà peso giusta legge di mercato!

CALLEY                                 Io smetto di passarle le immondizie!

IL SIGNOR KY                      E io uccidere maiali e vendere carne!

CALLEY

(ride)

A Quangnai? Dove non hanno i soldi neanche per comprare le im­mondizie?

IL SIGNOR KY                      Vietcong avere soldi.

CALLEY                                 Lei non può fare questo, signor Ky.

IL SIGNOR KY                      Americani mantenere maiali di Ky, come Vietnam di Thieu. Altrimenti arrivare comunisti: su maiali e su Vietnam. Tenente Cal­ley... Nixon; signor Ky... Thieu; maiali... Vietnam del sud.

(Si inchina e se ne va).

(Calley si avvicina al registratore, afferra il microfono, e dichia­ra):

CALLEY                                 Lunedì i marzo, ore 6 e 31 del mattino, Fort Benning, Georgia. Tutto questo non l'ho raccontato né per darmi arie né perché io ci ten­ga a essere uno di quelli di cui si legge nelle enciclopedie che "..introdusse il cristianesimo in Irlanda..."oppure: «...introdusse il sistema capitalistico nel Vietnam.... ", ma per dimostrare che io la guerra del Vietnam l'ho intesa davvero così: distruggere il comuni­smo aiutando gli indigeni, portando loro quel che avevamo di me­glio: il nostro modo di vivere. Quel giorno, dopo il colloquio con Ky, ho provato l'irresistibile bisogno di parlare di nuovo col cap­pellano militare. Ma quel giorno non c'era: era andato a Quangnai col camion dei bidoni, e aveva chiesto anche lui un permesso fino a mezzanotte. Io, comunque, ho mandato al diavolo la mansione S-5. Lo stato di frustrazione aumentava! La mia impressione era di vive­re in un mondo di merda!

(Un soldato si è accampato nello spazio circostante la stanza di Calley e sta pulendo le armi o aggiustandosi la divisa).

CALLEY                                 Tu non sei d'accordo?

IL SOLDATO                          Su che cosa?

CALLEY                                 Che sia un mondo di merda.

IL SOLDATO                          Non me ne frega niente.

CALLEY                                 Perché?

IL SOLDATO                          Perché non ho scelta!

CALLEY                                 Finché stai li a grattarti la pancia, so anch'io che non hai scelta!

(Pausa)

Dovremmo andarcene a casa tutti! Tanto, a cosa serve? Vincere non vinciamo; questi qui non capiscono niente!... Buttiamo via mi­lioni di dollari, uomini, mezzi!

IL SOLDATO                          Piantar lì tutto, eh? Non credo che sia facile. Sarebbe la prima volta, ho letto su un giornale, che gli Stati Uniti perdono una guerra! Ma poi c'è un'altra cosa: e noi?

CALLEY                                 Noi chi?

IL SOLDATO                          Noi.. io! Non dobbiamo pensare solo alla patria: dobbiamo pensare anche a noi stessi! Se ritorniamo in America, tutti e cinquecento­mila, cosa facciamo? Troviamo lavoro?

CALLEY                                 Beh, perché non dovremmo trovarlo?

IL SOLDATO                          Beh, perché siamo in tanti!

CALLEY                                 Beh, eravamo in tanti anche prima!

IL SOLDATO                          Prima c'erano altre guerre: quella mondiale, quella in Corea...

CALLEY                                 Siamo pieni di fabbriche, di industrie: troveremo posto.

IL SOLDATO                          In America c'è già tutto: che cosa fabbrlchiamo?

53

CALLEY                                 Senti: hai un padre in America? Un fratello, un cugino, uno zio?...

IL SOLDATO                          Sì.

CALLEY                                 Beh, e dove lavorano?

IL SOLDATO                          In una fabbrica che fabbrica bombe, in un'industria che produce defolianti, ai settore autocarri militari della Generai Motors, in una tessile che fa paracaduti, in un'industria ottica che fa puntatori di precisione...

CALLEY                                 Oh, beh.., cristo!

IL SOLDATO                          Mio cugino mi ha mandato il giornalino dell'azienda: la G. I. Colours. In prima pagina c'è un articolo, firmato dal presidente della società in persona, che dice: va bene la pace, ma stiamoci attenti, di non cader dalla padella alla brace! Perché vuol dire disoccupazio­ne, ristagno, recessione. Tutti I soldi delle commesse di guerra, do­ve andrebbero a finire? Beni di consumo? Ma per chi: per noi, che siamo già anche troppo grassi?, che non ci manca niente?...

CALLEY                                 Beh... per chi non ce n'ha abbastanza.

IL SOLDATO                          Diciamolo chiaro, allora: per I negri! Bello! Bella idea! Facciamo già fatica a tenerli segregati adesso, che son selvaggi, figurati il giorno che sono come noi! Che hanno una bella casa, una mac­china, magari una laurea...

CALLEY                                 Conclusione?

IL SOLDATO                          Conclusione, dice l'articolo, faremo la pace nel Vietnam quando avremo pronto qualcosa d'altro.

CALLEY                                 Esempio? Israele?

IL SOLDATO                          Oh, non occorre neanche andar tanto lontano: Laos, Cambogia... Io, di tornare in America a fare il disoccupato, con i miei parenti che intanto perdono il posto... non me la sento.

CALLEY                                 Beh, possiamo pensare che il presidente Nixon sappia il fatto suo; che per quanto ansioso di fare la pace, ci vada per gradi.

IL SOLDATO                          Guarda, tenente: tu non hai capito una cosa. Tra noi poveri diavoli e il presidente Nixon, c'è un abisso! Non abbiamo gli stessi interes­si! Anzi: abbiamo interessi opposti! A lui, se si fa la pace, gli ri­danno il posto; a noi, ce lo fregano! Te lo dimostro subito. Faccia­mo la pace... e torniamo in America. Son mezzo milione di disoc­cupati sul mercato, più uno o due milioni che perdono il posto per­ché le industrie di guerra chiudon baracca. Malcontenti, disordini, aumento dei prezzi: nessuno compra più niente perché nessuno la­vora, nessuno lavora perché nessuno compra più niente. Vetrine piene di roba. A chi la vendiamo? All'estero! Ma all'estero o sono civilizzati, e allora tendono a comprasi la roba loro, o sono da civi­lizzare... e allora bisogna civilizzarli! Perché è inutile portar la co­ca-cola agli arabi se poi non hanno i frigoriferi; ed è inutile portar­gli i frigoriferi se non gli fai le prese per la corrente. Noi andiamo a civilizzarli, e loro magari non ne vogliono sapere: perché si trovano benissimo sui cammelli e non vogliono le automobili. E allora co­me facciamo a fargliela capire? Giù botte! E si ricomincia: le fab­briche riaprono, la gente trova lavoro, e noi finiamo in Arabia. Hai visto "Lawrence d'Arabia"?

CALLEY                                 Sì.

IL SOLDATO                          Beh, meglio il Vietnam, Come clima, come tutto!

CALLEY                                 (al pubblico)

Improvvisamente, assieme al solito senso di inutilità, di falli. men­to, ho avvertito come un blocco allo stomaco e un acuto dolore al fegato. Sono corso dal dottore, il quale non mi ha trovato assoluta­mente niente.

(È entrato Il Dottore).

IL DOTTORE                          (preparandosi a praticargli un 'iniezione)

Tutte fisime, Willie: sei sano come un pesce!

CALLEY                                 E questi dolori! E questo senso di aria che mi manca?

IL DOTTORE                          Dormi bene alla notte?

CALLEY                                 No.

IL DOTTORE                          Perché?

CALLEY                                 Beh, ecco... alla notte penso. Comincio a domandarmi... che cosa ho concluso io oggi? Che cosa concluderò domani?... E allora pro­vo quel senso di inutilità, di... come si chiama?

IL DOTTORE                          Frustrazione.

CALLEY                                 Ecco! Pensare che è una parola perfetta, e non riesco a ricordarmela! Frustrazione: dà l'idea di essere legato a un paio di stanghe...

IL DOTTORE                          (ride)

Andiamo, Calley! Questo è assurdo! E l'inno della scuola non te lo ricordi più, Willie boy?...

« From the banks of Chattahoochie to the shores of...» tralalà...» C'è sempre una via d'uscita, Calley!

CALLEY                                 Mi ero illuso di sconfiggere i comunisti e non ne ho trovato neanche uno!

IL DOTTORE                          Hai tentato di conquistarli al nostro modo di vivere! È stato un nobile tentativo.

CALLEY                                 Non mi interessano i nobili tentativi falliti! Non sono mica un artista, io, e neanche un poeta! Ho ventiquattr'anni, e non voglio essere un fallito!

IL DOTTORE                          E chi ti dice che sei un fallito? Hai fallito, okay: hai commesso un errore! Basta correggerlo, basta rimediare. Qual è stato il tuo errore, Calley? L'aver preteso di cercare una tua strada! Diversa da quella per cui sei qui! Ma andiamo, Willie: se fosse così facile, non ci a-vrebbe già pensato il presidente Nixon?...

CALLEY                                 E allora?

IL DOTTORE                          E allora la tua strada è quella su cui poggi i piedi fin dal giorno in cui sei venuto al mondo: è quella che hai davanti, è la tua, da sem­pre, è la strada prevista per te, nel grande meccanismo della nostra grande società, in cui tutto si fonde nel bene comune! Su questa gettati anima e corpo, e quanta più strada farai tanto meglio sarà per tutti, perché tutto coincide! E potrai schiacciare tutto quello che ti troverai tra i piedi: uomini, donne, religione e cani! La forza e il di­ritto di farlo te li daranno il grande meccanismo!

CALLEY                                 (trasportato, sognante)

Voglio tornare a combattere!

IL DOTTORE                          Tu sei la punta di diamante di questo grande meccanismo: lo muovono interessi immensi, forze sovrumane: alle radici, in patria, la nostra ricchezza, le esigenze della produzione, della sovraproduzione, del sottoconsumo, della coesistenza, della concorrenza, della competizione ideologica; all'estero la nostra organizzazione, i trat­tati, le alleanze, come braccia e mani che si tendono su tutto il mondo; e le unghie sono l'esercito, e tu, qui, nel Vietnam, punta di diamante dell'unghia più piccola, hai in te tutta la forza che ti sta dietro!

CALLEY                                 (come sopra)

Oh dio! E ne sarò degno?

IL DOTTORE                          E ne dubiti? Uomo frustrato, perfetto soldato!

(Gli pratica l'iniezione).

CALLEY                                 Voglio tornare a combattere!

IL DOTTORE                          Questo è lo spirito, figliolo! Devi dire a te stesso: Willie boy, adesso gliela facciamo vedere noi!

CALLEY                                 Sì, dottore!

IL DOTTORE                          Siamo qui a difenderli dal comunismo e li difenderemo fino in fondo: a costo di ammazzarli tutti!

CALLEY                                 Sì, padre!

IL DOTTORE                          Dovranno rimangiarseli tutti, i sorrisetti ironici, l'aria di superiorità, le mezze frasi...

CALLEY                                 Sì, professore!

IL DOTTORE                          E verrà il giorno che confronteremo i conti in banca, eh, Willie?

CALLEY                                 Sì, capitano!

IL DOTTORE                          E un giorno o l'altro rifaremo anche il conteggio morti, vero, tenente Calley?

CALLEY                                 Sì, presidente!

IL DOTTORE                          E allora la vedremo, se Willliam Calley junior è un fallito o se è uno che sa il fatto suo!

CALLEY                                 Sì, papà!…

(Il dottore è uscito)

(Al pubblico)

Un po' la storia dei maiali, un po' i discorsi del dottore, un po' le iniezioni... per qualche tempo mi sono sentito benissimo. Sparito il mal di fegato, sparita l'insonnia: avevo ritrovato la carica, ero riu­scito.., a spersonalizzare la questione! La guerra non era più un fat­to tra me e i vietnamiti: era un fatto mio e basta! Ammazzarne qualcuno non significava far del male a loro: significava... ri­solvere un problema tecnico: fare il mio dovere, fare il mio interes­se, che è poi l'interesse di tutti!

Devo dire che mi sentivo di nuovo Superman, ragazzi! Come ai bei tempi! E che ho raggiunto la Charlie uno, quella vecchia troia della Charlie uno, con molto entusiasmo! Pronto, prontissimo a menar le mani!

(È entrata la Donna: è la stessa del primo tempo, solo ora più chiusa, più assorta. Calleiy si volta verso di lei).

Mon amour!

(Le tende la mano, la porta verso il centro della stanza). Eccomi qui, Yvonne! Hai visto? Chi non muore si rivede.

(Al pubblico)

Non molto indovinata, come frase, data la situazione. Ma ve l'ho detto: mi sentivo in forma.

(Alla donna)

Bevi qualcosa... o beviamo dopo? Un whisky, eh? Un whisky! Sai che me ne sono successe di tutti i colori, in questo tempo! Anche di divertenti, a pensarci dopo. Al momento t'incazzi. Ma poi ti viene da ridere, e pensi: beh, questa sarà da raccontare, il giorno che tor­no a casa! I tuoi compatrioti sono dei bei tipi! Ma che cos'hai? Yvonne!

LA DONNA                            Perché?

CALLEY                                 Hai una faccia strana!

57

LA DONNA                            Invecchiata?...

CALLEY                                 No, non invecchiata... non so. Vieni, siediti qui. Chiacchieriamo un po'.

LA DONNA                            È tardi.

CALLEY                                 Ma... abbiamo tutta la notte. Faremo cose mai viste!

LA DONNA                            Cinquanta dollari?

CALLEY                                 Cosa?

LA DONNA                            Ce li hai cinquanta dollari?

CALLEY                                 Cinquanta dollari?! Ma... allora è vero che tutto è aumentato!

(Di buon grado)

Okay, giri! Letto, approvato e sottoscritto! Domani torno in zona calda, metto magari un piede su una mina... Non mi pare il momen­to di fare economie! Vieni qui.

LA DONNA                            No, non lì sul letto. Qui.

CALLEY                                 (siede accanto a lei sul pavimento)

Okay! Ti piace il duro, eh?

LA DONNA                            Spegni la luce.

CALLEY                                 Perché?

(Le si avvicina e la prende. La donna si allunga sul pavimento e fa per spegnere la luce. Calley le ferma il braccio)

E perché spegni? A me piace vedere; anche l'occhio vuole la sua parte.

LA DONNA                            Spegni!

CALLEY                                 Hai paura? Ma qui siamo lontani dai Vietcong! Di che cosa hai paura?

(Calley si alza.

Al pubblico)

E invece ero io a avere paura: me ne sono accorto tutto ad un tratto, quando Yvonne ha fatto per spegnere la luce! Ho pensato: "Questa vuoi farlo al buio! Si sarà mica impestata, per caso?" Poi, invece, non so neanche come, m'è venuta in mente una cosa strana, sentita a scuola, che non c'entrava niente: che anche da noi, cent'anni fa, quando i nordisti hanno invaso gli Stati del sud... c'erano i guerri­glieri. I sudisti si erano organizzati... e dicevano: "Invitate gli yankees a casa vostra, dategli da mangiare, lasciate che vadano a letto con le vostre figlie, beccateli al buio, senza braghe, ammazzate­li!..." E io, lì, in mezzo al Vietnam... perché avrebbero dovuto trat­tarmi meglio? Poteva ammazzarmi lei, al buio: una pugnalata, o uno spillo velenoso! Potevo morire per la strada: aiutare una don­na.., e finire in un'imboscata. Se mi fosse capitato com'è capitato a tanti altri oggi sarei là, bell'e marcio in una risaia, e il tenente Calley non l'avrebbe mai sentito nominare nessuno. E allora: cosa do­vevo fare?

(Si arrabbia, è colto dal panico, corre al registratore, lo mette in funzione):

Sherman! Generale William Sherman! William anche lui, come me! Generale nordista, con un sacco di monumenti in tutti gli Stati Uniti, compreso quello enorme tagliato nella roccia! Che cosa ha fatto Sherman per passare alla storia? Sherman ha sconfitto la guer­riglia, quando i nordisti ci si son trovati dentro fino al collo! E co­me l'ha sconfitta? Eh? Ammazzando i guerriglieri! E siccome i guerriglieri erano tutt'uno con i civili, ammazzando i civili! Dando ordine di bruciare, di uccidere, di saccheggiare, violentare!

(Pausa. Beve.

Ha un 'altra idea)

Lui però ha avuto il coraggio di dirlo chiaro e tondo, di dare ordini precisi! E subito!, che se si fosse arrivati a un processo, mai avreb­be avuto la faccia di bronzo di tirarsi indietro, e di lasciare nella merda un tenente qualsiasi: l'ultima, o la penultima, ruota del car­ro!

(Con affanno, con precipitazione, come per un'ultima, disperata di­fesa)

Mylai era un covo di vietcong, va bene? E tutto veniva di lì: gli ag­guati, i rifornimenti, le informazioni, le spiate, i furti,.. la paura! Mylai era la sorgente della paura, dell'impotenza, dell'impossibilità di andare avanti con quella maledetta guerra; o anche solo di star­sene fermi e tranquilli! "Bisogna far piazza pulita!", questo era l'ordine! E se io lo avevo ricevuto dal capitano, lui lo aveva ricevu­to dal colonnello, il colonnello dal quartier generale, e il quartier generale da Washington! E qui sono io che domando: e Washin­gton? Da chi l'ha ricevuto l'ordine? Se è vero che comandano in nome di Dio e per volontà del popolo, è chiaro che è inutile dar la colpa tutta a me! Ed è inutile anche cercare l'ordine nei documenti ufficiali! "Piazza pulita"» era l'espressione che usavamo noi! Nelle alte sfere dicevano... "eliminare le infrastrutture vietcong",  "ri­correre al fuoco di saturazione ",  "rarefare l'habitat"! Poi, man ma-no che scendevi cominciavano a parlare come si mangia: "Annien­tare tutto ciò che si muove", "eliminare tutti i vietcong", "far piaz­za pulita di tutti gli elementi sospetti"... finché Il capitano ci ha chiamati e ci ha detto: "AMMAZZATELI TUTTI!»

(Con altro tono)

"Evidentemente, un ordine illegale!", ha detto il Pubblico Mini­stero. Altra balla!, perché un ordine è un ordine. E quando l'istruttore mi diceva: "Le piace la pizza, allievo Calley? Ne spalmi un po' sulle lenzuola!", non era un ordine illegale, quello? Non danneggiavo una proprietà statale? O gli fa bene, la pizza, alle len­zuola? Però avrei voluto vedere, se avessi detto: "No, non la spal­mo!", oppure... "No, io i bambini non li ammazzo!" Cristo, dice la gente: ma anche i bambini!... Beh, dico io, quand'è che nel Vietnam si è troppo piccoli per aiutare i vietcong? Quanti anni bisogna avere per togliere la sicura di una mina quando sta per passare un plotone del nostri? Beh, era successo alla Charlie uno, mentre io mi occupavo di maiali, di lasciare diciotto uomini in un campo minato! E una volta tornato, ho visto io come è morto Weber: vent'anni, sempre allegro, simpatico a tutti! Beh, quanti anni bisogna avere, per preparare i pezzi di bambù, da infilare nelle sicure delle bombe, in modo che scoppino appena li tocchi? Weber ha visto un proiettile da 105, con attaccato un affare di bambù: l'ha preso in mano, e un sergente gli ha gridato: "Buttalo!!!"...

(Uno scoppio. Calley cade a terra bocconi. Entrano il Cappellano, il Colonnello, i soldati).

IL CAPPELLANO                  ...era un bravo soldato, un grande soldato! Amato dai compagni, benvoluto dai superiori, compiva il suo dovere in letizia, come tutto ciò che si compie ad maiorem Dei gloriam: a maggior gloria di Dio! È morto lontano dall'America, in difesa dell'America! Requiescat in pace.

TUTTI                                      Amen.

(Prima che il gruppo si sciolga, interviene il Colonnello).

IL COLONNELLO                 Un attimo d'attenzione, prego.

Domani, 16 marzo, andremo a Mylai. Mylai è una brutta bestia, e questo è il momento per ciascuno di assumere le proprie responsa­bilità, di fare fino in fondo il proprio dovere! Dobbiamo toglierci questa spina dal fianco... se vogliamo liberarci dei comunisti, vin­cere la guerra, e tornare a casa.

(Al Capellano)

Padre... se vuol dire qualche parola appropria...

IL CAPPELLANO                  (apre il breviario)

Leggerò per voi, a pagina 117, il salmo di Davide: "Domani mori­rò ma oggi sono ancora vivo: alleluja, alleluja!... " (Il Colonnello lo guarda. Il cappellano desiste e si corregge). Pagina 91. "E Geova disse a Saul: Ora va, e distruggi tutto ciò che essi hanno, e non risparmiare nessuno; bensì uccidi così gli uomini come le donne, così i bambini come i lattanti, e sgozza i buoi e le pecore, e altresì gli asini e i cammelli, Così Geova disse a Saul, e Saul si inchinò alle parole di Geova!»

(Tutti escono, ad eccezione di Calley, addormentato per terra. Squilla il telefono. Calley si sveglia, e tutto assonnato raggiunge il ricevitore).

CALLEY                                 Pronto?...

IL TELEFONO                        Pronto? Servizio sveglia, signore.

CALLEY                                 Come?... Ah, sì... grazie!

(Riappende.

La porta si apre ed entra una graziosa segretaria, con il vassoio della colazione).

LA SEGRETARIA                  Permesso?... Buongiorno, tenente.

CALLEY                                 Ma son già le sette?...

LASEGRETARIA                   Sì, tenente. Le sette e due minuti.

(Mentre Calley si sveglia definitivamente, la segretaria depone sul tavolino il vassoio della colazione)

Aringa, salsicce, fiocchi d'avena, pompelmo, succo d'arancia e caf­fè.

CALLEY                                 Uova? Niente uova?

LA SEGRETARIA                  Le uova purtroppo erano finite, tenente.

(Calley non nasconde il proprio disappunto)

La corrispondenza di stamane...

(Indica un pacco di lettere in un angolo del vassoio).

CALLEY                                 Oh, la tiri via! Se la legga lei, di là, con comodo.

LA SEGRETARIA                  Sì, tenente.

CALLEY                                 Là sul comodino... ci sono delle foto, che ho firmato stanotte. Dormito malissimo.

LA SEGRETARIA                  Me ne dispiace.

CALLEY                                 Mandi pure a chi le chiede: se non sono abbastanza, che aspettino.

Posso mica passar le notti a fare autografi! Anche a chi chiede cose idiote: ciocche di capelli, o cose del genere: foto con dedica. (La segretaria stenografa il tutto).

Poi telefoni al mio avvocato... E pensi lei a tener buona la stampa. Il barbiere alle sette e trentacinque, e nessun giornalista prima delle otto meno dieci.

LA SEGRETARIA                  Nient'altro, tenente?

CALLEY                                 Ah, sì!... Il nastro con il 16 marzo?... Si ricorda qual è?

LA SEGRETARIA                  Il numero cinque, credo.

(Controlla a uno scaffale)

Sì, è il numero cinque.

CALLEY                                 Le spiace mettermelo su, per piacere?

LA SEGRETARIA                  Subito, tenente.

(Traffica al registratore per sistemare il nastro)

CALLEY                                 Grazie, può andare.

(La segretaria esce. Calley mette in funzione il registratore. Masti­ca tranquillo, bovino, ascoltando).

LA VOCE DI CALLEY         (molto distaccata, rilassata, posata)

"Il sedici marzo, giorno della cosiddetta strage, mi sono alzato che saran state le sei... "

CALLEY                                 Anche prima.

LA VOCE DI CALLEY         (come sopra)

"...ho versato un po' d'acqua nell'elmetto, e mi son fatto la barba. Poi mi sono lavato bene, anche sotto le ascelle e in mezzo alle gambe... Poi mi sono vestito.., e sono andato a mangiare. Uova in tegame, una svizzera, un caffè... "

CALLEY                                 Sempre meglio di questo.

LA VOCE DI CALLEY         "...Poi ho preparato le borracce d'acqua da tirarmi dietro... me le sono infilate nello zaino... Zaino in spalla... cartucciera... Il giubbet­to corazzato... No, quello forse non l'avevo!... Poi, prima di met­termi l'elmetto, mi sono pettinato..."

CALLEY                                 Che stronzo!

(Ferma il registratore e ritorna indietro dl qualche giro)

Cosa interessa tutta 'sta roba? Mi son vestito, mi son pettinato...

(Prende il microfono, e registra, cancellando le frasi che ha criti­cato):

La verità è che rimandavo il momento di chiamare gli uomini! Mi seccava di fargli fretta, non mi andava di fare il rompiballe per tro­varmeli poi di malumore tutto il giorno! E quando si va in azione, alla testa di una pattuglia... sempre meglio non avere nemici tra i soldati: perché una pallottola fa presto a scappare! (Alza le spalle. Commuta il registratore sull'ascolto, e riprende a mangiare).

LA VOCE DI CALLEY         "..Tutto è proceduto con molto ordine e con molta calma. Il capita­no mi ha sollecitato a far salire gli uomini sugli elicotteri..."

CALLEY                                 (sarcastico)

Sollecitato! "Calley, porca puttana!" E io gli ho risposto: "Oh, ca­pitano, stia tranquillo, che non cominciano senza di noi!"

LAVOCE DI CALLEY          « ..Siamo saliti, siamo partiti... E Mylai era già sotto il fuoco che precede ogni azione... Sparavano le artiglierie dalle colline, spara­vano dal mare con i mortai, e poi c'eran gli elicotteri con i lancia­granate e le supermitragliatrici... Finito il fuoco dei nostri, abbiam cominciato a scendere, e ci siam trovati in mezzo al fuoco nemico. E il pilota diceva: "Ragazzi, si balia!" E poi: "Eh!, questa ci è scop­piata proprio vicino!"   A due metri da terra, dico: "Andiamo!", e salto giù. Ho radunato i miei uomini, e mi son messo in contatto ra­dio col capitano, che gridava: "Avanti, avanti!" E anch'io: « Avan­ti, avanti!…"

CALLEY                                  (a bocca piena, prendendo in giro il tono del racconto registrato)

Avanti, avanti!...

LA VOCE DI CALLEY         "...eravamo alle prime case di Mylai. I soldati sparavano a tutto quello che vedevano. E dicevano: "Quello è mio!", "Hai visto come l'ho beccato? ", "Centro!", " Tre a uno per me!"... C'era un clima di... non so come dire... di euforia!

CALLEY                                 (con sarcasmo)

L'adrenalina che era entrata in circolo! Altro che euforia!

(Si alza. Al pubblico)

Anch'io sparavo, si capisce. Ce l'ho anch'io, l'adrenalina! Ho spa­rato a un uomo attraverso una finestra! Poi ho visto qualcosa che si muoveva in un campo: ho sparato... e si è fermato. Ho detto all'operatore: "Va a vedere cos'era".

L'OPERATORE                      (corre al proscenio)

È un bambino.

CALLEY                                 Non è inventata: era un bambino.

LA VOCE DI CALLEY         "Ci sono rimasto male..."

CALLEY                                 Ma no! Non è vero! Non avevamo tempo di restarci male!

LAVOCE DI CALLEY           "…. pensare che avevo ucciso un povero bambino..."

CALLEY                                 Che cosa faceva, lì, quel bambino, in mezzo al casino più atroce?

Se toglieva le segnalazioni delle mine? Tutti campi minati, attorno a Mylai! E poi gli ordini erano chiari: non dovevamo lasciarci die­tro niente di vivo!

IL CAPITANO                        (da fuori, al megafono)

Pronto! Charlie uno! Pronto!

CALLEY                                 Ricevuto, capitano. Ordini.

IL CAPITANO                        (c. s.)

Raccolga i suoi uomini e vada avanti.

CALLEY                                 Positivo. E la gente?

IL CAPITANO                        (c. s.)

Quale gente?

CALLEY                                 La gente. I civili...

IL CAPITANO                        (c. s.)

Cristo, Calley! Vi ho già detto cosa farne!

CALLEY                                 (ai suoi uomini)

Avete capito cosa farne? Avanti, in marcia! (A un soldato, che si è seduto per terra) E tu cosa fai? Alzati!

IL SOLDATO                          No!

CALLEY                                 No cosa?

IL SOLDATO                          Sono stufo di questa stronza di guerra!

CALLEY                                 E io sono stufo delle tue stronzate! Alzati e cammina!

IL SOLDATO                          Crede d'esser Gesù Cristo, lei?

CALLEY                                 Gesù Cristo o no, cristo!, tu ti alzi e cammini!

IL SOLDATO                          Sono stanco!

CALLEY                                 Anch'io!

IL SOLDATO                          Mi sento male!

CALLEY                                 Oh, va all'inferno! Dobbiamo andare avanti!

IL SOLDATO                          E io resto qui!

CALLEY                                 Okay! Se ti beccano i vietcong e ti tagliano le palle, sai chi ringraziare! Avanti!

(Al radiotelefono)

Pronto! Capitano, qui Charlie uno! Charlie uno alla base! Siamo in zona nuova; pericolo di mine! Gli uomini sono nervosi!

IL CAPITANO

(al megafono, da fuori)

Andate avanti in fretta, cristo! Dobbiamo ri­congiungerci!

CALLEY                                 Pronto! A me non mi va di non aver le spalle al sicuro! Per andare avanti devo perlustrare ogni casa!

IL CAPITANO                        (c. s.)

Faccia sparare, Calley! Avete quattrocento colpi a testa per che co­sa?

CALLEY                                 Okay, base! E la gente?

IL CAPITANO                        (c. s.)

Risparmiatene qualcuno per farvi strada!

CALLEY                                 (al pubblico)

Questa era una buona idea! Prendere dieci, venti persone donne, bambini e farli camminare davanti a noi perché ci indicassero la strada buona!

LA VOCE DI CALLEY         " ...spingevamo avanti questa gente... C'erano anche dei feriti... Uno stava morendo, e l'abbiamo finito: non per crudeltà, ma perché in quell'ambiente e in quei momenti non c'era da fidarsi a lasciare indietro nessuno, neppure un moribondo. Ora... tutto questo può fare una cattiva impressione, ma a trovarcisi in mezzo, la sensazio­ne non è quella di avere a che fare con degli esseri umani: sono... pezzi di carne, di grasso: pedine, ecco: pedine da eliminare, come in un gioco. Personalmente, devo dire di essere intervenuto un paio di volte perché i soldati non dessero noia alla gente..."

CALLEY                                 Che idiota!

LA VOCE DI CALLEY         "...Ho visto un soldato prendere una ragazza per i capelli; l'ha ob­bligata a inginocchiarsi, si è slacciato i calzoni, e... minacciava il bambino che la ragazza aveva in braccio se lei non gli faceva... se lei non gli faceva delle cose, ecco, con la bocca... Io gli ho detto: "Abbottonati i calzoni, e va avanti con gli altri!" Non so neanch'io perché gliel'ho detto, dato che cose di questo genere erano un po' all'ordine del giorno, e poi... beh, è tutto da dimostrare che una ra­gazza non preferisca far qualche servizietto, piuttosto che lasciarci la pelle!

CALLEY                                 La spiegazione non è che io sia un moralista! È che non era quello il nostro dovere! Noi non eravamo iì per far del male o per dar fa­stidio alla gente: eravamo lì per due cose molto precise: estirpare il comunismo in generale, e far piazza pulita in particolare. Violenta­re le ragazze non rientra né nell'uno né nell'altro compito. Quindi il soldato che violenta una ragazza non fa il suo dovere. Quindi è proibito. E porta male. Perché, cosa dice la Bibbia? Ecco cosa dice la Bibbia: "Geova disse a Saul: Ora va, e distruggi tutto ciò che es­si hanno, e non risparmiare nessuno, bensì uccidi così gli uomini come le donne, eccetera, eccetera". Cioè, fa piazza pulita!

(Forte, minaccioso)

"Ma gli ebrei si Impossessarono delle spoglie dei vinti, e dei loro ori e dei loro armenti, per vanità e per brama di ricchezza. E Geova disse allora: Non per questo vi avevo mandati! E terribile fu il suo castigo!"

LA VOCE DI CALLEY         "...A un centinaio di metri sulla destra c'era un cimitero. E accanto al muro del cimitero un gruppo di civili trenta, quaranta persone che il terzo plotone aveva adoperato come noi, per farsi strada. Io ho detto ai miei uomini di mettere gli indigeni tutti insieme... e di piazzare le mitragliatrici dietro il muro del cimitero... A un certo punto arriva di nuovo una chiamata dalla base: "Charlie uno! Pron­to, Charlieuno!..."

CALLEY                                 (al radiotelefono)

Sì? Ricevuto!

IL CAPITANO                        (da fuori, al megafono)

Si può sapere cosa state facendo?

CALLEY                                 Ricongiunti col terzo plotone: siamo schierati lungo il cimitero...

IL CAPITANO                        (c. s.)

Cristo, Calley le ho detto di andare avanti! Esegua gli ordini, porca puttana!

CALLEY                                 Pronto, base, pronto! Qui siamo al riparo!

IL CAPITANO                        (c. s.)

Ma lasci stare i ripari! Vada avanti!

CALLEY                                 Ci sono i civili che camminano piano.

IL CAPITANO                        (c. s.)

Non me ne frega niente di quelle merde! Cristo, Calley, se li tolga dai piedi, cristo!, e vada avanti!

CALLEY                                 (a un soldato)

Tu! Occupati dei prigionieri!

IL SOLDATO                          E cosa devo fare?

CALLEY                                 Cazzo, non cominciare anche tu: fa quello che vuoi, basta che me li cavi dai piedi!

LA VOCE DI CALLEY         " ...ho dato ordine ai soldati di radunare i prigionieri sulla riva di un canale d'irrigazione... "

CALLEY                                 Ma i soldati non avevano nessuna bacchetta magica, per far sparire i prigionieri! Avevano il mitra! E dirgli di cavarmeli dai piedi, a pensarci bene, non è che lasciasse molta scelta!

LA VOCE DI CALLEY         "...qualche minuto dopo ho sentito degli spari, a un cento, duecento metri da dove ero io. Sono corso. Alcuni soldati stavano spingendo i prigionieri su un ponticello al di là del canale. Qualcuno era cadu­to in acqua, forse qualcuno aveva cercato di scappare; i soldati si erano messi a sparare; c'erano già dei corpi..."

CALLEY                                 Ce n'erano sugli argini, in acqua... Poi ce n'era un gruppo dall'altra parte, donne, bambini, vecchi... Tanti erano feriti. Davanti a noi c'e­rano delle case; andare avanti c'era poco da fidarsi. Ne ho preso uno a caso e gli ho domandato dov'erano i vietcong...

LA VOCE DI CALLEY         (sempre calma, distaccata)

"Vietcong adai?", gli ho chiesto... »

CALLEY                                 E quello zitto! Vietcong adai?... Vietcong adoe?... Ma va all'inferno, figlio di puttana! Gli ho dato in faccia il calcio del fuci­le, ma senza ammazzarlo. Poi, qualcuno dei mieinon ricordo più chi lo ha spinto a calci nel canale.

IL CAPITANO                        (al megafono, da fuori)

Pronto! Charlie uno, pronto! E allora: siete ancora fermi?

CALLEY                                 Stiamo sistemando i prigionieri...

IL CAPITANO                        (c. s.)

Conteggio morti?...

CALLEY                                 Non lo so.

IL CAPITANO                        (c. s.)

Più o meno..?

CALLEY                                 Dovrei contarli!

IL CAPITANO                        (c s.)

Oh, cristo, ma grosso modo...?

CALLEY                                 Trenta.., quaranta...

IL CAPITANO                        (c. s.)

Percentuale civili?...

CALLEY                                 Che domanda idiota! Non mi avevan sempre detto che eran tutti vietcong? Così ho risposto a cazzo.

(Al radiotelejono)

Venticinque per cento.

IL CAPITANO                        (c. s.)

Okay, sbrigarsi! Non c'è tempo da perdere!

LA VOCE DI CALLEY         " ...Non c'era tempo da perdere. Dovevamo ancora ricongiungerci, e i vietcong potevano contrattaccare da un momento all'altro. In quel momento dall'altra parte del canale, è sceso un elicottero da perlustrazione. Il pilota è saltato giù, è mi è corso incontro..."

IL PILOTA                              Avete un sacco di feriti, qua! Cosa intendete farne?

CALLEY                                 E io che ne so?

IL PILOTA                              Qualcosa dovrà pur farne!

CALLEY                                 Quelli non vogliono prigionieri! Perché non mi manda un elicottero da carico?

IL PILOTA                              Ho già chiesto elicotteri, ma la base non risponde a nessuno. Lo chieda lei.

CALLEY                                 Se non rispondono a lei, figuriamoci a me!

IL PILOTA                              Insomma!, ha intenzione di evacuarli o no?

CALLEY                                 L'unico modo di evacuarli è una bomba a mano!

LA VOCE DI CALLEY         "...Mi pare di aver detto: Come faccio a evacuarli; con una bomba a mano? Il pilota è salito sul suo elicottero e se ne è andato in malo modo".

IL CAPITANO                        (al megafono, da fuori)

Calley, non avete un momento da perdere! O venite avanti fino al congiungimento, o non possiamo garantirvi l'appoggio.

CALLEY                                 Son pieno di gente, capitano! Nessuno me li evacua... Ho chiestoun elicottero...

IL CAPITANO                        (c. s.)

Calley, se si fa sorprendere dal contrattacco la responsabilità è sua! Stia agli ordini, cristo!

LA VOCE DI CALLEY         "...Mi è capitato qualche volta di parlare di paura. Beh, io vedevo la paura nei miei uomini... e avevo paura anch'io... Non è la paura che si ha per qualcosa di preciso..."

(Il registratore continua, a soggetto, ma coperto ora dalla voce di Calley in scena)

CALLEY                                 Il contrattacco da un momento all'altro... Il capitano che rompeva continuamente le balle, probabilmente perché il colonnello gliele rompeva a lui... L'inferno della battaglia, i prigionieri che piange­vano, ogni tanto qualcuno che tentava di scappare o di avvicinarsi a qualcuno magari un figlio, o la madre che stava morendo nel fossato; e il capitano che urlava, e I soldati nervosi, con le mani sul mitra...

LA VOCE DI CALLEY         "...allora li ho fatti radunare tutti donne, vecchi, bambini sull'argine del canale... "

UN SOLDATO                        Tenente, cosa ne facciamo?

CALLEY                                 Oh, cazzo, cosa ne facciamo, mi han chiesto! Ma se era tutto il giorno, e tutto il giorno prima, e da sempre che lo sapevano che co­sa dovevano farne! Io correvo lungo l'argine, a dare gli ordini alla voce. Ho incontrato un prete dei loro, vestito di bianco, gli ho spac­cato la faccia col mitra, l'ho buttato nel canale, gli ho sparato die­tro, mentre annegava. Ho preso un bambino, anche lui già in acqua, sparato dietro anche a lui... Sparate, cristo, sparate!

(I soldati, in primo piano, aprono il fuoco, gridando, piangendo)

LA VOCE DI CALLEY         "...personalmente non ho sparato molto..."

CALLEY                                 Non è vero! O non me lo ricordo. Ho sparato a caso: non ho mirato nessuno. Gridavo: "Sparate, cristo, sparate!"

LA VOCE DI CALLEY         "...Sei, sette raffiche al massimo. Per una durata di cinquanta, ses­santa secondi... "

CALLEY                                 Sparavo in mezzo al gruppo. Vedevo la gente cadere come tanti birilli! "Sparate, cristo, sparate!"

LAVOCE DI CALLEY          "I soldati gridavano, piangevano... Sparavano tutti... Meadlo, Conti, Sledge, Dursi, Stanley...»

CALLEY                                 Sparate, cristo, sparate!

(Il rumore degli spari è cresciuto di intensità tra le grida di Calley, il pianto e le grida dei soldati. Poi tutto cessa all'improvviso, piom­bando la scena in un grande silenzio, mentre passano sullo schermo le immagini della strage, le foto dell'eccidio. Calley è tornato al suo tavolino e sta finendo la colazione, bovino e tranquillo come l'ha iniziata. Nel silenzio sopraggiunto sentiamo ancora la voce di Calley al registratore, sempre calmissima).

LA VOCE DI CALLEY         "...No, non è durato molto. Abbiamo sparato per qualche minuto... poi basta. I soldati si sono calmati. Io ero stanchissimo..."

(Fruscio del nastro vuoto, poi il click del registratore che terminato il nastro si arresta.

Uno schizzo di sugo di pomodoro o d'arancia macchia di rosso vi­vo la camicia di Calley. Dopo un attimo di esitazione, Calley si al­za, e raggiunge il telefono).

CALLEY                                 Per favore: una camicia pulita.

(Netto stacco di clima: da questo momento la scena assume il ritmo posciadistico di un allegro finale. Entra la segretaria).

LA SEGRETARIA                  L'avvocato, il barbiere, il colonnello.

(Entrano Avvocato, Barbiere, Colonnello)

L'AVVOCATO                       Ma come! Non è ancora pronto? Son quasi le otto!

LA SEGRETARIA                  Deve solo farsi la barba.

IL COLONNELLO                 E cambiarsi la camicia, spero!

L'AVVOCATO                       Allora, Willie, andiamo meglio stamattina?

CALLEY                                 Sì, molto meglio, grazie. Mi dispiace averla disturbata stanotte, ma... di notte non è come di giorno.

L'AVVOCATO                       Non si preoccupi per me. Ma soprattutto... Non si preoccupi neanche per se stesso.

CALLEY                                 Davvero?

IL COLONNELLO                 Diamine, e ne dubitava?

CALLEY                                 Beh, sa, insomma... è un po' come a scuola: finché uno non vede scritto "promosso"!

L'AVVOCATO                       Promosso, Calley, promosso!

(Calley scompare sotto la schiuma del pennello del barbiere). Chebambinone!

IL COLONNELLO                 Non ci fossimo noi!…

LA SEGRETARIA                  Avvocato, c'è il signor Gossip.

L'AVVOCATO                       Ah, sì, lo faccia entrare! Il signor Gossip sta scrivendo l'autobiografla del nostro Calley!

GOSSIP                                   (entrando)

E devo dire che se il buon giorno si vede dal mattino, sarà un otti­mo lavoro!

L'AVVOCATO                       Signorina, raccolga i nastri per il signor Gossip!

(La segretaria radunerà tutti i nastri usati da Calley).

GOSSIP                                   E allora?

L'AVVOCATO                       Lei non ha un'idea della gente che si è mossa, in vista della sentenza! Il presidente del tribunale ha conferito con il Pentagono!

GOSSIP e IL COLONNELLO

(ammirati) Oh, oh!...

L'AVVOCATO                       La commissione militare del senato ha offerto una colazione di lavoro ai membri della giuria!

GOSSIP e IL COLONNELLO

(come sopra) Mm, mm!

L'AVVOCATO                       E Henry Kissinger... non è in clinica come si crede: ha compiuto un giro d'orizzonte presso le grandi catene editoriali!

GOSSIP                                   Ma allora è fatta!

L'AVVOCATO                       Fatta, fatta!

GOSSIP                                   Assoluzione!

L'AVVOCATO                       Beh, non esageriamo! Una condanna è inevitabile, se non altro per ragioni di principio!

IL COLONNELLO                 Certo! L'esercito non può transigere! perché siamo un esercito serio, di crociati dell'età moderna, di liberatori, di civilizzatori... ec­cetera, eccetera. Una condanna è inevitabile, irrinunciabile: lo esige l'onore dell'esercito...

L'AVVOCATO                       (lo interrompe per spiegare a Gossip)

Solo che questa condanna... la si manda a monte. Interviene il pre­sidente, come capo dell'esercito e supremo magistrato... avoca a sé la sentenza... e la commuta.

GOSSIP                                   (poco convinto)

Ma... questa condanna?

L'AVVOCATO                       Indovini!

GOSSIP                                   Cinque anni.

L'AVVOCATO e

IL COLONNELLO                 (ridono)

Ma no, ma no!

GOSSIP                                   Tre anni!... Due anni!... Un'ammenda... Un'ammonizione...

L'AVVOCATO                       (che ha sempre scosso la testa, ridendo)

Ergastolo!

GOSSIP                                   Ergastolo?!

L'AVVOCATO                       Ma certo, caro Gossip! È questa la grande trovata! L'ergastolo! Perché quanto più la condanna è severa, tanto più il presidente può intervenire a commutarla. Capisce? Se gli dessero.., che so io... un anno di lavori forzati, o una forte multa, la gente direbbe: "Beh, è giusto! Ha ammazzato donne, vecchi, bambini... Una multa è il mi­nimo!" E il presidente che è dalla nostra parte, amici, è ovvio! si tro­verebbe con le mani legate. Ma di fronte all'ergastolo... tutti diran­no: "Eh, no, povero Calley, perché solo a lui?" E il presidente... voilà!

GOSSIP                                   Cosa fa?

L'AVVOCATO                       Commuta.

GOSSIP                                   In che cosa?

L'AVVOCATO                       In vent'anni di libertà vigilata. Lei sa cosa vuoi dire libertà vigilata?

IL COLONNELLO                 Una forma di vacanza pagata. Un agente che ci segue con discrezione… l'obbligo di avvertire se si va all'estero... una controllatina al telefono di tanto in tanto... Praticamente tutti siamo sempre in "libertà vigilata"!

L'AVVOCATO                       Bisognerà stare molto attenti al tipo di personaggio da proporre all'opinione pubblica. Dovrà essere ingenuo quanto basta, concreto quanto basta...

GOSSIP                                   Favorire insomma l'identificazione del lettore, ma senza smancerie sentimentali.

L'AVVOCATO                       Un'identificazione virile, molto vecchia America, a metà strada, direi, tra il John Wayne che tutti conosciamo, il Gary Cooper di "Ar­riva John Doe", il James Stewart della "Vita è meravigliosa"...

GOSSIP                                   E direi anche la prego di non fraintendermi — l'Ernest Borgnine di « Marty»: non so se ricorda.

L'AVVOCATO                       Ci siamo capiti perfettamente.

GOSSIP                                   Ho anzi scritto già qualcosa che forse può servire allo scopo.

(Gli porge un foglio).

(Il barbiere ha finito la barba e Calley riappare. Colonnello, Se­gretaria e Gossip lo aiuterranno a vestirsi).

LA SEGRETARIA                  Le otto meno cinque, tenente.

CALLEY                                 Sono pronto.

GOSSIP                                   Non si mostri troppo di buon umore. Non deve aver l'aria di uno che ha preso un premio.

IL COLONNELLO                 La faccia un po' più scura; come se l'avessero torturato!

(L'Avvocato ha intanto letto il foglietto che Gossip gli ha dato).

L'AVVOCATO                       "Ho sentito che qualcuno ha scritto un dramma sul mio caso. Si intitola "Pinkville", "Città rosa", e un attore si presenta al proscenio a dice: "Non intendo più morire per i vostri peccati!" Bello, Gossip! Molto bello! Mi piace!

(Si avvicina a Calley)

Willie? Provi a leggere.

CALLEY                                  "Non intendo più morire per i vostri peccati! Sono perfettamente d'accordo con l'autore! Può darsi che questa sia una mascalzonata da parte mia, ma tant'è: l'America esige un Cristo e io mi rifiuto di fare da Cristo! E a quelli che pretendono che io faccia il martire, io dico: No, grazie! Cercatevene un altro. Io sono un povero diavolo insignificante, e non ho nessun diritto di morire per i peccati altrui. Non ne sono degno: per godere di un simile privilegio bisogna es­sere almeno figlio di Dio. E io... non posso che chiedermi: ma perché proprio a me?"

TUTTI                                      (applaudono)

Bravo, bravissimo!

LA SEGRETARIA                  Le otto in punto, tenente.

L'AVVOCATO                       Fate entrare la stampa.

(Entrano i fotografi).

GOSSIP                                   Su la testa, mi raccomando!

L'AVVOCATO                       Non troppo soddisfatto!

IL COLONNELLO                 Non troppo triste!

(Calley è pronto, al centro della scena. Immediatamente, come per un segnale convenuto tutti si fermano per una foto di gruppo).

LA SEGRETARIA                  La macchina è pronta all'ingresso, tenente.

(Flash. Il gruppo si scioglie dall'immobilità, Calley si avanza al proscenio, scendendo dal praticabile).

CALLEY                                 Se avete riso, se vi siete indignati se vi siete divertiti. se avete provato orrore, o pietà, o rabbia, per il tenente Callley, per gli altri, per quelli che hanno sparato e per quelli che sono morti, non voltate troppo in fretta la pagina. Nessuno al mondo, mai, è nato per fare o subire niente di quello di cui abbiamo parlato stasera. Anche se ac­cade che molti ancora continuino a farlo o a subirlo. Dedichiamo la nostra fatica di attori a questa pace precaria. Dedichiamoci la nostra attenzione.

(Sullo schermo la foto della strage).

F  i  n  e


A P P E N D I C E

Canzoni Atto primo

1)

"Sono uno come voi:... ammazzare, non mi è mai piaciuto!"

(Va allo scrittoio, siede e scrive)

CANZONE

Io credo in tutto quel che tocco e vedo

e in quello che ho imparato da studente.

Di tutto quel che leggo sui giornali

io non rifiuto quasi niente.

Io credo nel lavoro e nella legge,

nelle elezioni per il presidente,

nei sondaggi, negli Oscar, nelle azioni,

anche se a me non viene in tasca niente.

E credo in Dio, nell'asino e nel bue,

in un mondo diviso

perfettamente in due.

C'è un alto e c'è un basso

e in mezzo ci son le scale,

chi scende vuol dir che è cattivo,

vuol dire che è buono chi sale.

Ci sono bianchi e negri,

ci sono belli e brutti,

ciascuno stia al suo posto

e la libertà è per tutti.

Ero contrario a Kennedy

ma disaprovo Dallas:

il crimine non paga

e la verità va a galla!

Son nato americano

e per esserne degno

tengo per Topolino

e odio Gambadilegno.

(Calley ha terminato di scrivere, si alza, si avvicina al microfono per registrare quanto ha scritto.)

CALI.EY                   Ecco fatto!

(Legge)

Ammazzare non mi è mai piaciuto.

Ma io faccio parte dell'esercito,

2) ...

In infermeria!

(Esce).

CANZONE

Così si fabbrica un soldato,

così hanno fatto anche con me.

Così ti insegnano a ammazzare

chi altrimenti ammazza te.

Però nessuno

ti dice mai

che il problema non si pone

se a casa tua tu te ne stai.

Mi hanno insegnato che le guerre

si fanno in nome della libertà,

e che per chi vive da schiavo

la vita scopo più non ha.

Però nessuno

ti dice mai

che se sei libero davvero

a far la guerra non ci vai!

Soldati, soldati,

tanti sono andati,

pochi son tornati,

e senza un perché.

Soldati, soldati,

a che serve essere forti

se adesso siete morti

e non servite più?

Ma morti o vivi fa lo stesso,

non cambia quel che è la realtà:

la tua sconfitta non è adesso,

ma tanto, tanto tempo fa.

È stato il giorno

che t'han chiamato

e che tu invece di mandarli al diavolo!,

ti sei vestito da soldato.

(Un tempo, Calley si rialza, si avvicina al microfono del registrato­re, e dopo aver bevuto un lungo sorso di whisky, dichiara:)

CALLEY                   Sia chiaro a tutti che raccontando...

3)

(La donna si spoglia e si avvicina a Calley, che spegne la luce.)

CANZONE

(a due, in stile bivacco di vecchi cow boys)

Bob, di', Bob, ti ricordi, la vecchia America? Quella delle crinoli­ne, delle focacce di mele, delle scuole domenicali, che andava col vento, puritana e felice?... Altri tempi, vero, Bob? Altri tempi, quel­li!

Tu,

non ricordi più?,

al tempo dei Sioux,

ce ne stavam per conto nostro

là in America!

Del vecchio continente

Non c'importava niente,

Tutto nostro era il paradiso di...

...Holy Hollywood,

ed i battelli del Mississipl,

e i campi di cotone di zio Tom,

e i soldi di Wall Street!

Ricordi! Oh, oh!...

Eh, sì, Bob! La vecchia America, la giovane vecchia America, è fi­nita! È cresciuta, è diventata grande, e un bel giorno.., ha chiesto le chiavi di casa per uscire alla sera! Eh, i tempi cambiano, Bob!

Ma

venne poi quel dì,

che tutto finì,

ed il mercato interno

non bastava più!

Si dovette andar

al di là dei mar

a esportare manufatti e libertà...

Ah, Paris, Paris,

la vecchia America è finita lì,

a Oklahoma, a Nnapule e paisà,

con il bebop, il rock-and-roll e il twist!

Ricordi!, Oh, oh!...

Ma tu, Johnny, non sei fiero? Non senti il cuore che ti batte forte nel petto?, quando tu, americano, vedi su tutti i mari e le terre del mondo svettare al vento la bandiera a stelle e strisce, e dovunque vedi le luminose insegne che diffondono i nomi cari alle patrie in­dustrie...

Poi

è toccato a noi

provare con Hanoi,

ma qual qualcosa non funzionò più!

Perché se ben ricordo

non erano d'accordo

e dopo un po' ce ne dovemmo andar...

...Jinglejinglebell,

splende la luna al golfo del Tonchino,

proviamo a far le fusa con Pechino,

e la General Motors si trasforma

e bombe e carri armati più non sforna,

la Westinghouse già pensa all'indoman,

finita ahimè è la pacchia del Vietnam,

urge trovare un qualche surrogato,

meno male che Nixon ci ha pensato,

ora che la pace in Asia si avvicina,

ad aprirci i mercati della Cina. Oh, oh!...

(Calley si era addormentato, ed ora si riscuote)

CALLEY                   Accidenti, mi stavo addormentando!

...                                          

4)

...

Era veramente la scoperta dell'America! L'American Way of Life contro la vita da cani del contadino vietnamita!

CANZONE

North Carolina o South Dakota noi viviamo dare!

E siam venuti nel Vietnam per dare

un pochino di tutto anche a te!

E se non ci credi

              vieni a vedere,

              a imparare come si fa:           

è una ricetta magica

              e ti dà la felicità.

Basta darsi da far,

creare, produrre, sciupare, comprar!

E una volta che sei nel giro vedrai

che bello darsi da far!

Vietnam,

anche tu

lascia stare questa vita da zulù!

Prova il comfort,

il whisky on the rocks,

vedrai che chic

che è l'aragosta

al venerdì!

E il topless,

e il jet set,

ed il fremito dell'alta fedeltà,

canali Tv in quantità

è la libertà!

Oh, yes!

L'unica libertà.

Basta darsi da far,

creare, produrre, sciupare, comprar!

             Anche il Vietnam

             sarà tutto un'America:

             basta darsi da far.

             Riso e the

             non fan per te:

             mille e mille surgelati puoi provar!

Mangiar,

mangiare e ber,

metter sù pancia

ma sulla bilancia

dolce è il soffrir!

E sfogare

al volante

la delusione di non essere importante:

la pressione

che va sù

è un'emozione,

oh, yes!,

puoi provarla anche tu!

Quel che abbiamo

fatto in Europa

possiamo farlo anche qui.

Nostro biglietto da visita

la coca cola e Il DDT.

Costa soltanto un poco di stress,

ma pericolo no, non ce n'è:

caso mai c'è la psicanalisi

e alla peggio c'è l'LSD.

Basta darsi da far,

creare, produrre, sciupare, comprar!

E anche tu conquistato sarai

dall'American Way of Life!

(È entrata un 'ausiliaria)

 

L'AUSILIARIA        Tenente?

5)

Lo stato di frustrazione aumentava! La mia impressione era di vive­re in un mondo di merda!

CANZONE

C'è chi dice che a 'sto mondo conta il soldo,

c'è chi giura nella forza dell'amor,

ma io ho avuto di recente

l'impressione prepotente

che siam tutti nella merda fino qui!

Ci siam dentro fin qui,

ci siam dentro fin qui,

e l'odore...

è inutile far finta di non sentirlo:

ci siam dentro fin qui!

Non è quella che facciamo tu o io,

è un'ondata che chissà di dove viene:

che sia volontà di Dio

o una diga che non tiene

il fatto è che ci si affonda sempre più!

Se stai fermo a poco a poco coli a picco,

e se nuoti non sai neanche dove andar;

e non serve cercar gente

che ti getti un salvagente

sono tutti nella merda come te!

Non crediate ch'io sta tanto pessimista

perché vedo tutto quanto dal Vietnam:

qui sarà un poco più alta,

ma anche chi è alla Casa Bianca

si ritrova nella merda fino qui!

Qui dev'esserci qualcun che a casa sua

ne produce industrialmente una monta[gna,

e che dopo si diverte

a lasciar le porte aperte

per riempirne il mondo fino al polo nord!

Che il problema sia di eccesso produt[tivo

a me non me ne frega neanche un po':

ci guadagni oppur ci perda,

è un'industria della merda,

e può chiudere baracca anche doman.

(Un soldato si è accampato nello spazio circostante la stanza di Calley e sta pulendo le armi o aggiustandosi la divisa).


* Elenco puramente indicativo. Sono stati riportati i ruoli, una sola volta,  come man mano appaiono nel testo.