Il dolce Aloe

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IL DOLCE ALOE

Commedia in tre atti

di JAY MALLORY

PERSONAGGI

MISS ESTER WARREN

ROSA

MISS ALICE DODD

BELINDA WARREN

TUBBS BARROW

LORD EDOARDO FARRINGTON

CLARA

JIM BAKER

JOHNSON

FIO­RENZA CUDAHY

CAME­RIERA

LORD ROBERTO FARRINGTON

LADY ROSMUNDA   FARRINGTON.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO

Il salotto di una piccola casa di cam­pagna in un villaggio inglese. Porta che mette in anticamera. Pareti chiare; i mo­bili coperti di cre­tonne scolorito hanno l'aspetto duro e sco­modo. Come impres­sione generale la stan­za appare pulita e fredda. Vi è un ca­minetto col fuoco preparato ma non acceso. Una finestra guarda nel giar­dino.

Al levar del sipario Rosa sta trascinando nella stanza una cesta di libri. La signorina Ester Warren, seduta a sinistra, cuce a macchina.

Ester                           - Che cos'è, Rosa?

Rosa                            - Libri per la signorina Linda.

Ester                           - Dio mio! Come volete che tenga in salotto una cesta così grande?

Rosa                            - La signorina Linda mi ha detto che se arri­vavano mentre non c'era,  dovevo metterli qui.

Ester                           - Voi dovete ricevere ordini da me, non da mia nipote.

Rosa                            - Sì, signorina. E allora, dove devo mettere le altre due?

Ester                           - Le altre due?!

Rosa                            - Ce ne  sono altre due come questa, fuori.

Ester                           - Ah, bè, è troppo! La signorina Belinda vi ha detto a che ora sarebbe rientrata?

Rosa                            - No, signorina.

Ester                           - Mi pare proprio che abusi... (Si sente bus­sare alla porta esterna). Se è Miss Dodd fatela entrare; altrimenti non ci sono in casa. E prima portate fuori quella cesta.

(Rosa fa l'atto di trascinare la cesta quando entra Miss Alice Dodd. È una compagna di Ester, più umana, ma piuttosto sciocchino).

Alice                           - Buon giorno, Ester. La porta era aperta, per­ciò  sono entrata  senza aspettare...

Ester                           - Avete fatto bene, Alice. (A Rosa) Lasciate, Rosa, potete andare. (Rosa esce).

Alice                           - Spero di non essere in ritardo.

Ester                           - No, siete puntuale come sempre.

Alice                           - Sapete com'è la signora Prossett: pretende un'assoluta  esattezza.

Ester                           - Non vi preoccupate. In tre minuti saremo al Vicariato.  Ho  ordinato  il carrozzino.

Alice                           - (indicando una cesta) Posso mettere qui la mia roba?

Ester                           - Sì. Io ho ancora da dare qualche punto.

Alice                           - Volete che vi aiuti?

Ester                           - Grazie. Piegate questa biancheria e mettetela nella cesta   - (indica della bancheria che e su una sedia e la cesta). Sono molto turbata, oggi.

Alice                           - Mi dispiace! Perché, cara?

Ester                           - (accennando alla cesta dei libri) Per quella li.

Alice                           - (miope) Che cos'è? Un animale, forse?

Ester                           - No, per carità! Sono i libri del mio povero fratello.

Alice                           - Oh Dio!

Ester                           - Avevo detto a Belinda di lasciarli laggiù a Sorrento; ma lei ha insistito per farli spedire qui... Non vi dico  con che spesa!

Alice                           - Sono libri di valore?

Ester                           - Ne dubito. Il povero Oliviero era molto in­genuo: uno di quei tipi di cui tutti approfittano. Non voglio dirne male, poverino, ma confesso che sarei stata più contenta se quel denaro lo avesse lasciato a Belinda.

Alice                           - Dov'è Belinda?

Ester                           - Fuori, in macchina... proprio quando avreb­be dovuto essere in casa.

Alice                           - In macchina?

Ester                           - Sì... Quel tale signor Barrow è di nuovo al castello.

Alice                           - Quel giovinotto che era qui in primavera?

Ester                           - Sì.

Alice                           - Non mi sembrate molto contenta.

Ester                           - Non è un tipo che mi piace.

Alice                           - Perché? Che cosa fa?

Ester                           - È uno scrittore. (Tira su l’aria col naso) Non lo credo un amico adatto per Belinda; ma suo padre ha sempre amato quel genere di persone.

Alice                           - E lui e Belinda vanno molto... d'accordo? Voglio dire...  sì, insomma,  avete  capito!

Ester                           - Non nel senso che voi credete. Si dicono re­ciprocamente «caro », «tesoro»... ma questo è tutto.

Alice                           - Peccato!

Ester                           - Niente affatto, Alice. Vi ho detto or ora che non mi piace.

Alice                           - Beh, non vi preoccupate. Un giorno o l'altro capiterà l'uomo adatto.

Ester                           - Lo spero. Frattanto considero l'influenza del signor Barrow assai poco desiderabile.

Alice                           - Eppure dev'essere una persona perbene se è amico dell'onorevole... insomma del signor Melford.

Ester                           - Mi sembrate un po' ingenua, mia povera Alice.

Alice                           - Ingenua? Perché?

Ester                           - Siccome il signor Melford ha una bella pre­senza ed è erede di un titolo, voi credete che tutto ciò che lo riguarda sia perfetto!

Alice                           - Ma no... non intendevo... È qualche tempo che non vedo Belinda a cavallo insieme col signor Mel­ford.

Ester                           - Probabilmente non li rivedrete finché sua moglie non starà abbastanza bene da poter uscire con loro.

Alice                           - Davvero, cara?

Ester                           - Non voglio più che mia nipote si esponga alle chiacchiere.

Alice                           - Oh, che orrore!

Ester                           - Sapete benissimo com'è la gente.

Alice                           - Sì. Ma stanno così bene a cavallo, tutti e due.

Ester                           - Questo non c'entra, Alice.

Alice                           - Perché mi rispondete così male?

Ester                           - Preferisco che non veda il signor Melford finché non avrà conosciuto sua moglie. Ma mi pare di aver sentito il rumore di una macchina. Forse è Belinda. (Va alla finestra).

Alice                           - Credo anch'io.

Ester                           - Oh, che seccatura!  Viene su anche lui...

Alice                           - Chi?

Ester                           - Il signor Barrow... Svelta, levate questa roba.

Linda                          - (di dentro) Entrate un momento, caro; credo che non ci sia nessuno in casa.

Tubbs                          - (c. s.) Con piacere. Che sono queste ceste?

Linda                          - (c. s.) Non ne ho un'idea. (Entra. Ha circa ventitré anni, graziosa, simpatica, molto equilibrio men­tale. Sembra stanca e in preda ad un'eccessiva tensione) Oh! Buon giorno, zia Ester. Tubbs, conoscete mia zia?

Tubbs                          - (ventisei anni. Giovinotto precoce. Molto brillante e ben vestito, sicuro di sé. Simpatico, parla in fret­ta) Sì. Buon giorno,  signorina Warren.

Linda                          - Come va, signorina Alice? Permettete che vi presenti il signor Barrow... (A Tubbs) La signorina Dodd.

Tubbs                          - Molto lieto.

Alice                           - È proprio questo il signor Barrow?

Tubbs                          - Ma...

Alice                           - Lo scrittore?

Tubbs                          - Sì. È straordinario che mi conosciate!

Alice                           - Miss Warren mi ha detto tutto di voi, pro­prio ora.

Tubbs                          - Non  tutto, mi auguro.

Alice                           - (incerta) Ma... hmm...

Ester                           - Avete finito, Alice? È ora di andare. La si­gnorina Dodd e io andiamo al Vicariato.

Tubbs                          - Spero che non parlerete di me al Vicario.

Ester                           - Il Vicario non ci sarà.

Tubbs                          - Peccato.

Alice                           - È una riunione di dame soltanto.

Ester                           - Belinda, mentre eri fuori col signor Barrow sono arrivate tre grandi  ceste.

Linda                          - I libri di Oliviero.

Ester                           - Desidererei che parlando di tuo padre non lo chiamassi col suo nome di battesimo.

Linda                          - Scusa.

Ester                           - Insomma, ti prego di togliere di mezzo quel­la roba il più presto possibile. Appena il signor Barrow se ne sarà andato comincerai subito a vuotare le ceste.

Tubbs                          - Posso anche rimanere ad aiutarla, se me lo chiede molto  gentilmente.

Ester                           - Sono certa che Belinda non vorrà darvi  tanto disturbo.

Tubbs                          - In questo vi sbagliate.

Alice                           - Sarebbe assai carino da parte del signor Bar­row se la aiutasse...

Ester                           - (severa) Credete, Alice?

Alice                           - Linda è molto pallida e ha l'aria stanca... Fa­rebbe bene a riposare un poco.

Linda                          - Mi sento benissimo.

Ester                           - Sarà la fatica di guidare con questo caldo... Fammi il favore, cara: va' di sopra a prendermi la bor­setta. (Linda esce).

Alice                           - (a Tubbs) E come sta la povera signora Melford?

Tubbs                          - Non molto bene, purtroppo.

Alice                           - Mi dispiace!

Tubbs                          - Sì, è proprio penoso.

Alice                           - Meno male che il signor Melford ha la vo­stra compagnia.

Tubbs                          - Oh, adesso ci sono qui i suoi genitori.

Alice                           - In fondo, sono sempre contenta quando Lord e Lady Farrington sono qui.

Ester                           - Perché? Mi pare che non li conosciate nem­meno.

Alice                           - Ma... non precisamente...

Tubbs                          - (con ingenuità) Ah no?

Alice                           - Ecco... Una volta ho incontrato Lady Far­rington a una riunione di beneficenza...

(Linda rientra con la borsetta).

Ester                           - Belinda: avresti anche potuto dirmi, stamat­tina, che andavi fuori col signor Barrow.

Linda                          - Non lo sapevo, allora.

Tubbs                          - Trovo che le cose combinate lì per lì, sono molto più piacevoli, no?

Ester                           - Caro signor Barrow, non faccio obiezioni se Belinda esce con voi. Ho detto soltanto che desideravo saperlo. Avrei ordinato due costolette di meno per la colazione. Andiamo, Alice.

Alice                           - Arrivederci, Linda. Buon giorno, signor Bar­row...

Linda                          - Arrivederci.

Tubbs                          - Complimenti, signorina Dodd. Spero che avrete una piacevolissima riunione di brave madri di famiglia. (Ester e Alice escono).

Linda                          - Non siete stato molto gentile con mia zia.

Tubbs                          - Mi urta i nervi.

Linda                          - Lo so.

Tubbs                          - Tutta quell'aria di vittima per i libri, e poi perché siete rimasta fuori a colazione... A sentirla, si penserebbe che siete una ragazza insopportabile.

Linda                          - Lo so. D'altra parte, dev'essere abbastanza poco piacevole, vedersi piombare addosso una nipote non simpatica e senza quattrini... Sapete che per lei rap­presento un'assoluta passività.

Tubbs                          - Non riesco a concepire che lei e Oliviero fossero figli degli stessi genitori. Non vi è ombra di rassomiglianza.

Linda                          - Caro Oliviero... Com'era buono, vero?

Tubbs                          - Un angelo.

Linda                          - Vi adorava. Diceva che eravate il giovanotto più evoluto che avesse mai incontrato.

Tubbs                          - Ero straordinariamente fiero del suo affetto. E lo sono ancora. Come ci siamo divertiti, l'inverno scorso, prima... Vi ricordate che meraviglia la vista del golfo dalle vostre finestre?

Linda                          - Non voglio vederlo mai più il golfo di Napoli!

Tubbs                          -  Dovete vincervi...  È  troppo bello  per  ri­nunciarvi.

Linda                          - Non ci voglio neanche pensare.

Tubbs                          - Avete torto, cara.

Linda                          - Voi non sapete...

Tubbs                          - Allora raccontatemi. Forse, sfogarvi, vi farà bene.

Linda                          - Quella mattina Oliviero mi chiamò nella sua stanza. Era dinanzi alla finestra e si stava annodando la cravatta. Disse che il golfo non gli era mai apparso così bello. Veramente sembrava che quel giorno avesse un fascino speciale: un azzurro iridescente, un fumo lon­tano che si sollevava mollemente, delle barchette con le vele colorate...

Tubbs                          - Divino!

Linda                          - Mi pose un braccio intorno alla spalla. Fu un attimo di squisita serenità. Poi lo sentii staccarsi da me... Un rumore sordo di caduta... mi voltai: mio padre giaceva a terra...

Tubbs                          - È stato meraviglioso che se ne sia andato con quel quadro negli occhi...

Linda                          - Più tardi, mentre aspettavo il dottore e non potevo far nulla, guardai fuori: niente era mutato, sol­tanto le vele erano un po' più lontane... e tutto questo non poteva che ricordarmi atrocemente che Oliviero non era più lì a godere di quella visione.

Tubbs                          - E... nessun miglioramento?

Linda                          - Parlate del dolore per la sua mancanza?

Tubbs                          - Sì.

Linda                          - Per un po' di tempo mi è sembrato di comin­ciare a star meglio; ma ora soffro molto più di prima.

Tubbs                          - Perché?

Linda                          - Perché sono una perfetta idiota, e Oliviero era la sola persona al mondo capace di comprendermi.

Tubbs                          - E io no? Ho abbastanza comprensione...

Linda                          - Siete un tesoro.

Tubbs                          - Vorrei sapere che cosa vi tormenta. Siete stata tutto il giorno in una specie di « trance ». Avete visto gli zingari per caso?

Linda                          - Scioccone!

Tubbs                          - Bè, volete rispondere a tre domande?

Linda                          - È un gioco?

Tubbs                          - Perché avete voluto per forza andare a Lei­cester, stamattina, invece di venire a scorazzare per i campi? (Pausa) Bene. Andiamo avanti. Dove siete an­data quando mi avete lasciato? Perché avete avuto uno svenimento quando siete tornata?

Linda                          - Una cosa stupida, vero?

Tubbs                          - Vi sto chiedendo perché.

Linda                          - Per niente... il caldo, forse...

Tubbs                          - Storie! Era proprio la classica fresca matti­nata di settembre. Non mi parlate del caldo... ricorda­tevi che vi ho vista in Italia.

Linda                          - In Italia?

Tubbs                          - Sì, in Italia. Oh, giacché siete in piedi, da­temi una sigaretta. Svelta: sapete che non mi piace aspet­tare.

Linda                          - Mi pare che non ve ne siano. Ma vado a vedere...

Tubbs                          - No, lasciate stare. Né ho giù in macchina. Vado a prenderle. Torno subito. (Esce).

Linda                          - (Va a prendere il telefono in anticamera e lo porta in salotto più lontano che può dalla porta. È evi­dente che non vuol essere sentita. Al telefono) Pyxley 39, per favore... Sì, fate presto, vi prego... Allò... Sba­gliato numero?... Scusi... No, non importa. (Riporta il telefono,   esita  un   momento,   poi  suona   il  campanello).

Rosa                            - (entrando) Ha   chiamato,  signorina?

Linda                          - Volevo sapere se ha telefonato qualcuno men­tre  io non c'ero.

Rosa                            - No, signorina, nessuno. Il telefono non si è sentito in tutto il giorno. (Rientra Tubbs).

Linda                          - Bene. Grazie, Rosa. (A Tubbs) Le avete tro­vate?

Tubbs                          - Sì. Volete?

Linda                          - No, grazie.

Rosa                            - Ha bisogno di qualche cosa, signorina? È così pallida...

Linda                          - No, mi sento benissimo. Rosa         - Forse una bella tazza di tè?

Tubbs                          - Sì sì. Prendiamo una bella tazza di tè.

Linda                          - Non è troppo presto?

Tubiìs                          - E se anche fossero le sei del mattino? La co­lazione non mi è andata giù, e prenderei molto volen­tieri, un tè.

Rosa                            - Subito,  signore. (Esce).

Tubbs                          - È simpatica, Rosa. Un fiore londinese, vero?

Linda                          - L'abbiamo presa in un orfanotrofio. Povera ragazza! Le sembra che qui sia il Paradiso. È vero che c'è soltanto da quindici giorni...

Tubbs                          - E quella bella figliola che avevate la primavera scorsa? Minnie, mi pare.

Linda                          - Che memoria!  Povera Minnie, la sua storia t   non è allegra. Tutta colpa del fascino delle notti d'estate.

Tubbs                          - Oh bella,  oh bella!  Non vi capisco.

Linda                          - Al principio di giugno, abbiamo avuto delle;    notti meravigliose.

Tubbs                          - Non ho mai capito il gusto di andare in giro col fresco.

Linda                          - Io lo capisco. O meglio... lo immagino.

Tubbs                          - Raccontatemi  quello che immaginate...  Almeno se è cosa che le mie caste orecchie possano ascol­tare.

Linda                          - Non vi divertirà.;   

Tubbs                          - Ma potrà interessarmi.

Linda                          - Ecco: Una sera Minnie sgusciò fuori di casa, dopo cena, e andò in cima a quella collina, (indica fuori della finestra) in fondo  al villaggio. Era sola, infelice e fu presa da una melanconia crepuscolare. Fu raggiunta lassù da un amico; un uomo per il quale aveva simpatia e rispetto, e credo che egli nutrisse gli stessi sentimenti verso di lei... Nessuno dei due aveva la più lontana idea!     di ciò che sarebbe accaduto... Avevano dimenticato che erano giovani e pieni di vita... Chiacchierarono per un pezzo, finche tutto nel villaggio tacque, e la grande notte, azzurra e dolce, fu sopra di loro... Sembra una novel­letta da settimanale illustrato.

Tubbs                          - E l'uomo era ammogliato?

Linda                          - Sì.

Tubbs                          - Povera figliuola! E poi?

Linda                          - Poi? Davvero, povera Minnie! Quando si rese conto del suo stato, fu terrorizzata, si confidò alla cuoca che lo disse a mia zia. Potete immaginare che cosa successe in casa: Fu scacciata col suo modestissimo baga­glio, per andare in un ospedale di minorenni traviate a mettere al mondo il suo bimbo.

Tubbs                          - Penosa davvero.

Linda                          - Zitto, ecco Rosa. (Rosa entra col tè).

Tubbs                          - Evviva il tè! Una grande istituzione!

Rosa                            - Comanda altro,  signorina?

Linda                          - Nient'altro, Rosa. Grazie. (Rosa esce e Linda versa il tè).

Tubbs                          - Benissimo: due pezzi di zucchero e una goc­cia di latte. E poi parlate della mia memoria. All'ora del tè al castello, quando ci sono i Farrington, sono preso dal terrore. Sembra un cerimoniale: Lady Farrington che presiede, adopera il più bel servizio, e quando ho una tazza in mano, ho sempre paura d'inciampare.

Linda                          - Che tipi sono?

Tubbs                          - Lei è un ritratto di famiglia sceso dalla cor­nice; ma lui è simpaticissimo.

Linda                          - Davvero? Non mette soggezione?

Tubbs                          - No. È un amore. Un gran signore - e sa di esserlo - ma dotato di uno straordinario senso dell'umo­rismo. Andiamo molto d'accordo. Con grande stupore, credo, del resto della famiglia. Mi piacerebbe che lo co­nosceste.

Linda                          - Preferisco di no.

Tubbs                          - Perché?

Linda                          - Perché probabilmente mi sentirei impacciata e non saprei che dirgli.

Tubbs                          - Potreste parlargli dei libri di Oliviero. È ap­passionato di edizioni rare.

Linda                          - No, grazie.

Tubbs                          - Chi vi ha detto che mette soggezione, Bob?

Linda                          - Sì, mi ha data questa impressione.

Tubbs                          - Bob è uno sciocco.

Linda                          - Perché?

Tubbs                          - Lo avete visto spesso in questi ultimi tempi?

Linda                          - No, non molto. ,  

Tubbs                          - Mi avevate  scritto  che uscivate insieme so­vente...    Che   facevate    dello    sport,    dell'equitazione... Cos'è, siete caduta da cavallo?

Linda                          - No.

Tubbs                          - Avete litigato?

Linda                          - No.

Tubbs                          - Avete conosciuto Rosmunda?

Linda                          - No; è sempre stata poco bene.

Tubbs                          - Peccato. Vi piacerebbe. È molto carina e sim­patica.

Linda                          - (nervosa) Mi è stato detto.

Tubbs                          - Da Bob?

Linda                          - Probabilmente.

Tubbs                          - È veramente troppo buona per lui. Ha un'in­telligenza viva, ardente e piena di comprensione. Credo che le sue frequenti malattie abbiano contribuito ad acui­re la sua sensibilità.

Linda                          - Può darsi.

Tubbs                          - Siete terribilmente monosillabica, mia cara.

Linda                          - Tubbs, vi prego di scusarmi molto, ma bi­sogna che ve ne andiate.

Tubbs                          - Perché?

Linda                          - È sciocco, ma mi sento di nuovo poco bene. Andrò a gettarmi un momento sul letto.

Tubbs                          - E credete che me ne vada prima di vedervi rimessa? Volete qualche cosa? Un po' di cognac?

Linda                          - No, passa subito. Tutt'al più mi potreste aiuta­re a trascinarmi di sopra...

Tubbs                          - Vi porto sul letto e poi telefonerò al castello.

Linda                          - Per che fare?

Tubbs                          - Il dottore di Rosmunda ci va quasi tutti i giorni nel pomeriggio e si trattiene a conversare. Potreb­be venire qui, subito dopo aver visitato lei.

Linda                          - (scontenta) No no, non lo voglio!

Tubbs                          - So che è molto buono; ma se preferite che ne chiami un altro...

Linda                          - No, non voglio nessun dottore.

Tubks                          - Ma non potete andare avanti così, mia cara. Bisogna che sappiate che cosa avete.

Linda                          - Lo so...Me l'hanno detto stamattina. E lo sa­pete anche voi...

Tubbs                          - Credo di si.

Linda                          - Ho cercato di non dirvelo.

Tubbs                          - L'ho capito. Perché?

Linda                          - Stamattina avrei voluto... ma non ero ancora sicura; e poi, quando ho saputo, l'unico mio pensiero è stato che non dovevo piangere né gridare, né sentirmi male.

Tubbs                          - Linda!

Linda                          - È un lusso piuttosto egoistico confidarsi a qualcuno.

Tubbs                          - Non in questa occasione.

Linda                          - In tutti i casi... è un sollievo immenso. (Piange).

Tubbs                          - Povera piccola! Cara... Sì, piangete, sfogate­vi...  Non  vi  preoccupate:   faremo  qualche  cosa.

Linda                          - Oh Tubbs!  Vorrei esser morta.

Tubbs                          - Credo che in circostanze simili sia un desi­derio piuttosto comune.

Linda                          - Oh, non scherzate!

Tubbs                          - Linda, cara, ascoltatemi: non ho nessuna vo­glia di scherzare; ma se anch'io versassi delle lacrime, non sarebbe di nessuna utilità. (Linda continua) Smettete di piangere, vi prego... (Aspro) Linda!  Basta!

Linda                          - Non piango più.

Tubbs                          - Mi dispiace di aver dovuto usare questo tono, ma ho bisogno di parlarvi. Siete stata da un dottore, sta­mattina ?

Linda                          - Sì.

Tubbs                          - Gli avete detto chi eravate?

Linda                          - No. Mi sono fatta annunciare come la signora Smith.

Tubbs                          - Che cosa vi ha detto?

Linda                          - Che... sono tre mesi.

Tubbs                          - E poi?

Linda                          - Niente. Si è accorto che ero turbatissima. Non deve avermi creduto, quando gli ho detto che ero sposata.

Tubbs                          - Chi vi ha indicato quel dottore?

Linda                          - L'ho trovato nell'elenco dei telefoni, perciò sono andata a Leicester. Sapevo che non avrei incontrato nessun conoscente.

Tubbs                          - Ora... lasciatemi pensare. Io torno a Londra martedì. Potreste venire con me... Inventeremo una sto­ria qualunque per la zia... Resterete un paio di giorni con Mary Morton. Intanto io cercherò qualcuno... a cui affidarvi... Capite?

Linda                          - No, no, Tubbs! Questo no! Non posso nep­pure pensarci.

Tubbs                          - E allora, che cosa proponete?

Linda                          - Non lo so... Ma qualunque cosa piuttosto che quella. Non crediate che sia per paura... No, non posso neanche sopportarne l'idea...

Tubbs                          - Allora, preferite informare la signora Ester Warren che sta per diventare prozia... illegittima?

Linda                          - Potrei andar via di casa... Cercar lavoro...

Tubbs                          - E perché non raggiungere addirittura Minnie all'ospedale delle minorenni traviate?

Linda                          - Oh, non siate così cattivo!

Tubbs                          - Venite qui, cara. Lasciate che vi asciughi il nasino... (Eseguisce dolcemente) Va meglio?

Linda                          - Grazie.

Tubbs                          - Oh! è un piacere per me...

 

Linda                          - La cosa più terribile è che non ho denaro.

Tubbs                          - Proprio niente?

Linda                          - Neanche un centesimo. Oltre a qualche oggetto personale, abbastanza modesto, la sola cosa che posseggo al mondo,  sono i libri di Oliviero.

Tubbs                          - E non potreste avere un po' d'aiuto dall'al­tra parte?

Linda                          - Oh no, no!

Tubbs                          - Non ve lo ha offerto?

Linda                          - Non sa.

Tubbs                          - Allora, bisogna che sappia. Perché non glielo avete detto?

Linda                          - L'ho visto poco in questi ultimi tempi... E quando  ci  vediamo  siamo  talmente  tristi,..  Se  sapeste com'è sconvolto dopo... dopo...

Tubbs                          - La gran notte azzurra?

Linda                          - Sì. Non è strano che... l'aver fatto quello che abbiamo fatto, abbia potuto mutare due persone, che ei volevano moltissimo bene, in una coppia di estranei pieni di risentimento?

Tubbs                          - Credete di essere innamorata di lui?

Linda                          - Temo di sì.

Tubbs                          - Amica cara, bisogna che vi armiate di coraggio e che non coltiviate il vostro sentimento per Bob fino a farlo diventare una grande passione romantica... Sa­rebbe male per voi. Bob ama sinceramente Rosmunda... E perciò la sua infedeltà lo ha così profondamente scon­volto. Sono certo di essere nel vero.

Linda                          - Lo immaginavo.

Tubbs                          - Non dovete provare rancore verso Rosmunda. È una creatura deliziosa.

Linda                          - Preferisco non parlare di lei.

Tubbs                          - Pensare l'ironia  della  sorte!

Linda                          - Perché?

Tubbs                          - Come vi invidierebbe, se sapesse! Rosmunda farebbe qualunque cosa per avere un bimbo... Non ne avrà mai. E ne è disperata.

Linda                          - Tutto va sempre a rovescio, al mondo.

Tubbs                          - Figuratevi se lo sapesse Miss Dodd!

Linda                          - Siete stato molto buono con me Tubbs. Non vi vergognate di essermi amico?

Tubbs                          - E perché lo dovrei?

Linda                          - Perché mi sono condotta come Minnie, né più né meno...

Tubbs                          - E vorreste condannare Minnie? Essa ha gli stessi diritti sentimentali che avete voi.

Linda                          - Sentite, credo che ora la prenderei, una goc­cia  di  cognac.  Mi  sento un  po'  depressa.

Tubbs                          - Dov'è?

Linda                          - Nella credenza in sala da pranzo: c'è un arma­dietto  di liquori.

Tubbs                          - Un armadietto? Che gioia! (Esce. Linda si abbandona e chiude gli occhi. Di dentro) Dove sono i bicchieri ?

Linda                          - (sollevandosi) Nella credenzina d'angolo. È meglio che venga io.

Tubbs                          - No no. Ho trovato. (Rientra con la bottiglia e due bicchieri) Ecco qui, piccola ubriacona! (Versa) E ho avuto una magnifica idea.

Linda                          - A proposito di che?

Tubbs                          - Di voi. Può darsi che non sia tanto magnifica; ma vale la pena di tentare.

Linda                          - Beviamo alla sua riuscita.

Tubbs                          - Giusto! (Alzano i bicchieri) Alla mia magni­fica idea, con la benedizione di Dio!

Linda                          - Alla vostra magnifica idea, con la benedizione di Dio! (Bevono. Entra Ester).

Tubbs                          - (vedendola) Oh!

Linda                          - Che c'è?

Ester                           - Ah questa poi non me l'aspettavo!

Tubbs                          - Lo credo bene!

Ester                           - Le vostre abitudini non mi riguardano, signor Barrow. Ma confesso che sono sbalordita che mia nipote, a quest'ora, trangugi delle bevande inebrianti!

(Tubbs comincia a ridere).

Linda                          - Scusami, zia Ester; hai ragione. (A Tubbs) Finitela!

Ester                           - Pare che vi sia qualcosa che vi diverta, signor Barrow.

Tubbs                          - Trangugiare delle bevande inebrianti... è tal­mente enfatico...

Ester                           - Enfatico!

Tubbs                          - Sicuro. Per ascoltare frasi simili, occorre una certa preparazione...

Linda                          - Finitela, Tubbs, vi prego!

Ester                           - Debbo dedurre, signor Barrow, o che voi siete un giovane molto maleducato, oppure che questo non è il primo bicchiere di bevanda ineb... alcoolica che avete bevuto oggi.

Tubbs                          - Tutte e due le deduzioni sono  giuste!

Ester                           - E mi spiace dover aggiungere che vi considero un compagno assai poco desiderabile per Belinda.

Linda                          - Oh Tubbs! Come state complicando le cose...

Ttjbbs                          - Va bene. Me ne vado. Vi darò notizie.

Linda                          - Siete un tesoro.

Tubbs                          - (si avvicina a Ester) Buon giorno, signorina... Vi chiedo scusa, ma è più forte di me... Non posso fare a meno di ridere. (Esce. Linda lo accompagna fuori e torna subito).

Ester                           - Vorrei che quell'insopportabile giovanotto, non venisse più in casa, Belinda.

Linda                          - Veramente non si è condotto molto bene.

Ester                           - È stato di un'insolenza...

Linda                          - Forse non lo crederai, ma è un ragazzo sim­paticissimo.

Ester                           - Mi stupisce che sia ospite del castello; evi­dentemente ha altri modi di fare con gli amici importanti.

Linda                          - Non credo. È tutt'altro che snob.

Ester                           - È molto spiacevole quello che è accaduto... proprio molto spiacevole.

Linda                          - Perché?

Ester                           - Perché nella riunione di oggi, è stato pro­posto di dare un tè a beneficio dell'erigendo ospedale del villaggio; e sarebbe certamente un grande aiuto se Lady Farrington acconsentisse a venire.

Linda                          - E vuoi che Tubbs glielo chieda? Lo farà cer­tamente.

Ester                           - Già; ma non è dignitoso da parte mia dargli questo incarico... A proposito: vedo che oltre agli altri rinfreschi, avete preso anche il tè.

Linda                          - Si; spero che non ti dispiaccia. Devo farne preparare dell'altro? Questo dev'essere freddo...

Ester                           - No, grazie. È bevibile.

Linda                          - Dimmi ancora della riunione.

Ester                           - (prende una borsa da lavoro e lavora a maglia) Ecco: Alice Dodd ha stupidamente raccontato dì aver visto poco prima il signor Barrow qui da noi. Allora le altre signore hanno deciso che sarei venuta a casa per scrivere un biglietto a Lady Farrington e se il signor Bar­row non era ancora andato via...

Linda                          - Si sarebbe incaricato di portarlo, aggiungendo una parola di raccomandazione.

Ester                           - Proprio così. Ma ti pregherei di non interrom­permi mentre parlo.

Linda                          - Domani sarà ancora in tempo, immagino.

Ester                           - Dopo quanto è accaduto, non mi sogno affatto di chiedere un favore a quel giovanotto. Mi fai il piacere di suonare il campanello, cara? Rosa può sparecchiare. Una bella noia, però. Non so come fare a spiegare la fac­cenda al comitato. Come?... non hai neanche toccato i libri!

Linda                          - No, veramente...

Ester                           - E che diamine avete fatto tutto questo tempo?

Linda                          - Abbiamo chiacchierato.

Ester                           - Non ti ha detto nulla della signora Melford, il signor Barrow? La signora Prossett ha detto che la si­gnora Melford ha bisogno di molti riguardi a causa della sua condizione delicata.

Linda                          - Infatti è così.

Ester                           - No, cara; non è questo. Si tratta di... stato interessante. Capisci quello  che voglio dire?

Linda                          - Ah!  Sì,  capisco.

Ester                           - È vero che non bisogna credere a tutte le chiacchiere della  gente...

Linda                          - (nervosa e irritata) Sembra anche a me.

Ester                           - (con ritegno) ...ma la signora Prossett lo ha saputo... Non dovrei parlarti di queste cose, cara...

Linda                          - Perché no? Ne ho sentite dir tante della po­vera  Minnie...

Ester                           - Belinda!

Linda                          - ...con la differenza che il suo stato era ver­gognoso invece di essere interessante.

Ester                           - Ti prego di non pronunciare il nome di quella   disgraziata ragazza in  questa  casa...

Linda                          - (o un tratto come ricordando qualcosa) Oh che  piacere!

Ester                           - (che ha sussultato) Belinda!   Che modi!

Linda                          - Ti dispiace se telefono?

Ester                           - È una cosa importante?

Linda                          - Sì. (È già al telefono) Pixley 39, per favore.

Ester                           - È il numero del castello, no? Che dia­mine...?

Linda                          - (al telefono) È il castello... È tornato il si­gnor Barrow?... Appena viene, fatemi il favore di dirgli che è Giuditta O' Grady... Sì Giuditta, come quella che uccise Oloferne.

QUADRO SECONDO

La stessa scena. Sono circa le otto e tre quarti di sera del lunedì successivo. Le tende sono chiuse, la lampada accesa, un piccolo fuoco arde nel caminetto.

(Al levar del sipario sono in iscena Ester e Alice in abito da sera autunnale. Belinda in abito da pomeriggio mette in ordine i libri della cesta. Ester lavora a maglia).

Ester                           - Spero che finirai di mettere a posto quei libri, prima di andare a letto.

Linda                          - Sì;  questo è l'ultimo gruppo.

Ester                           - Mi raccomando. Sono rimasti in giro per casa tanti giorni... Sarei contenta di rivedere la stanza in ordine. Volete ancora un po' di caffè, Alice?

Alice                           - No, cara, grazie; temo che non mi faccia dormire.

Linda                          - Forse ne avreste bisogno, Miss Dodd.

Alice                           - Che intendete dire,  cara?

Linda                          - Per non addormentarvi durante la riunione...

Ester                           - Non credo  vi sia  questa probabilità.

Alice                           - Via, Ester! (A Linda) Vostra zia trova che è molto stupido da parte mia, essere così eccitata perché vado al castello. Ma non posso farne a meno. Sono eccitata.

Linda                          - Non ci siete mai andata?

Alice                           - Sono stata a passeggio nel parco, e una volta ho dato un'occhiata attraverso le finestre, mentre la fa­miglia era assente... Non vorrei sembrare ingrata; ma trovo che le nove di sera è un'ora molto strana per una  riunione.

Linda                          - Ma non è una riunione senza solennità... è quasi un piccolo ricevimento.

Alice                           - (frugando nella borsetta) Nell'invito c'è... debbo averlo...

Ester                           - Il mio è sul caminetto, Belinda.

Linda                          - (leggendo) « Lady Farrington sarà molto lieta di ricevere Miss Ester Warren al castello, la sera di lu­nedì 24 settembre 1928, alle nove, per discutere su] modo di raccogliere fondi per l'erigendo ospedale ». È assai  cortese.

Alice                           - Il mio è identico; soltanto dice « Alice Dodd ». È davvero gentilissima Lady Farrington, man­dando anche l'automobile a prenderci... Tutto merito vostro, Ester; se non fosse stato per voi, non sarebbe mai accaduto.

Linda                          - Tubbs ha certamente fatto ammenda onore­vole, vero?

Ester                           - Ti prego, Belinda; non ne parliamo.

Alice                           - Non dite che mi affanno inutilmente, Ester... ma non sarebbe meglio andare di sopra a metterci i mantelli?

Ester                           - Siete libera di fare quello che vi piace, Ali­ce; per conto mio, non mi preparerò prima delle nove meno un quarto.

Alice                           - Se è appunto a quell'ora che viene la mac­china!

Ester                           - Deve prima passare al Vicariato a prendere la  signora Prossett.

Linda                          - Però, zia Ester, sono proprio adesso le nove meno un quarto.

Alice                           - Dio mio!

Ester                           - Va bene, Alice; andate pure di sopra. Cono­scete la strada, vero? E sapete dove avete messo il man­tello?

Alice                           - Sì, grazie. So tutto. (Esce).

Ester                           - (ripiegando il lavoro) A proposito, Belinda: la signora Prossett mi ha detto che ti ha visto uscire dalla chiesa, oggi.

Linda                          - Ebbene? Non c'è nulla di male, credo?

Ester                           - No. Soltanto siccome non sono riuscita mai a persuaderti di venire in chiesa con me, ero curiosa di sapere che cosa c'eri andata a fare.

Linda                          - A dire due preghiere.

Ester                           - Davvero?...

Linda                          - Mi dispiace. Speravo che l'impulso fosse un segno della grazia.

Ester                           - Sempre il tuo modo di parlare. (Rumore di automobile) Fortuna  che  nessuno  ti sente.

Linda                          - Confesso  che non capisco.

Ester                           - Neanch'io!

Linda                          - Ho paura proprio che non vi sia nessuna spe­ranza. (Entra Rosa).

Rosa                            - Signorina, se vuol venire, l'automobile è alla porta.

Ester                           - Grazie. (Esce).

Rosa                            - Lei non va, signorina Linda?

Linda                          - No, non sono stata invitata.

Rosa                            - Oh  che peccato!

Linda                          - No, perché non desideravo andare. Non è neanche il  caso  di parlare di uva acerba.

Rosa                            - Uva acerba?

Linda                          - Forse non sapete questa storia? Un giorno « l'altro ve la racconterò.

Rosa                            - Grazie, signorina.

Linda                          - Sarà meglio che andiate in anticamera. A momenti scenderanno.

Rosa                            - Oh Dio, è vero... Scusi, signorina.

Ester                           - (di dentro) Avete portato fuori il cane, Rosa?

Rosa                            - Non ancora, signorina.

Ester                           - Portatelo appena avete finito di cenare. Per il viale. Mettetegli il guinzaglio quando attraversate la strada. Avete spento la luce, Alice?

Rosa                            - (esce).

(Belinda guarda fuori scostando un poco le tende. Dopo pochi secondi entra  Alice seguita da Ester).

Alice                           - No, non sono entrata di là. Bè, finalmente andiamo. Buona notte, Belinda. Avete l'aria un po' pa­tita, cara. Non credete che abbia bisogno di un ricosti­tuente,  Ester ?

Ester                           - Ah io non so davvero di che cosa abbia bi­sogno Belinda.

Linda                          - Buon divertimento, Miss Dodd.

Alice                           - Grazie, Linda. Dovete dire al signor Melford che ricominci a farvi fare delle passeggiate a cavallo, così torneranno le rose sul volto. Andiamo, Ester.

Ester                           - Buona notte, Belinda. E finisci di mettere a posto i libri. Sarò contenta quando non li vedrò più in giro. (Escono).

Linda                          - Buona notte. (Pausa. Si asciuga gli occhi) Non facciamo la sciocca! (Si domina vedendo entrare Rosa).

Rosa                            - Ha bisogno di qualche cosa, signorina?

Linda                          - Un bicchier d'acqua, per favore.

Rosa                            - Perché non un bel bicchiere di latte? Le fa­rebbe meglio...

Linda                          - No, acqua.

Rosa                            - Bene, signorina. (Esce. Linda rialza il viso.

Rosa rientra con un bicchiere d'acqua).

Linda                          - (prendendolo) Grazie. (Rosa aspetta che ab­bia bevuto) È andata bene la partenza?

Rosa                            - Benissimo, signorina. C'era anche un came­riere vicino all'autista.

Linda                          - Ah! (Breve pausa). Non occorre che rima­niate alzata, Rosa. La zia ha la chiave; ed io, probabil­mente, non vado a letto.

Rosa                            - Ma nemmeno io vado a letto, signorina. Non tono ancora le nove.

Linda                          - Rosa... vorreste farmi un piacere?

Rosa                            - Qualunque cosa per lei,  signorina Linda.

Linda                          - Aspetto qualcuno... una cosa privata... introdurrò io la persona. Desidero non essere disturbata, e ti prego, dopo, di dimenticare questo. Voglio dire...

Rosa                            - Stia tranquilla, signorina. Non direi mai una neanche se lei avesse cinquanta innamorati.

Linda                          - Veramente non è la stessa cosa...  Dio mio, in  la vi ringrazio, Rosa.

Rosa                            - Non lo dica neppure, signorina. Mi pare che stia venendo qualcuno. (Breve pausa).

Linda                          - Si. Tornate in  cucina.  Buonanotte,  Rosa.

Rosa                            - (mentre Linda la spinge via) Può essere com­pletamente tranquilla, signorina. Ma se avesse bisogno di me... (Escono entrambe. Linda rientra quasi subito con Tubbs. Questi è in smoking con un soprabito leggero).

Linda                          - Sono andate.

Tubbs                          - Lo so; le ho viste.

Linda                          - Dove eravate?

Tubbs                          - All'angolo; travestito da albero.

Linda                          - Idiota!... Sono straordinariamente contenta di vedervi mio caro. Perché non siete venuto prima? Datemi il soprabito.

Tubbs                          - Ho avuto molto da fare... Sopratutto per voi. No, non me lo tolgo il soprabito.

Linda                          - Perché? Fa freddo qui?

Tubbs                          - Perché mi trattengo solo un minuto.

Linda                          - Ma allora... a che scopo aspettare che tutti fossero andati via... volermi vedere a quattr'occhi, quando...

Tubbs                          - Se state tranquilla un momento, ve lo dico.

Linda                          - Non capisco. Credevo che...

Tubbs                          - Volete tacere un minuto e lasciare che vi spieghi?

Linda                          - Scusatemi.

Tubbs                          - Oh bene! Dunque: stasera io sono qui sol­tanto come una specie di introduttore. Ho condotto una persona che desidera vedervi.

Linda                          - Oh Tubbs... È forse?...

Tubbs                          - (crollando lievemente la testa in senso di di­niego) Mi dispiace, cara.

Linda                          - Capisco; non potrebbe essere lui.

Tubbs                          - Non sarei venuto affatto; ma volevo assicu­rarmi che la strada fosse libera. Rosa non entrerà, qui?

Linda                          - L'ho avvertita.

Tubbs                          - E non parlerà?

Linda                          - Mi ha detto di star tranquilla. Mi posso fi­dare.

 

Tubbs                          - Bene.

Linda                          - Non riesco a capire il perché di tanto mistero.

Tubbs                          - Lo capirete.

Linda                          - Chi deve venire? Ditemelo, ve ne prego.

Tubbs                          - Lasciatemi parlare un attimo senza interrom­permi...  Desidero  non farlo  aspettare.

Linda                          - Parlate.

Tubbs                          - Avrete una decisione da prendere... con una certa rapidità... e probabilmente la cosa vi sembrerà, al primo momento, fantastica e impossibile. Se foste capace di risparmiare il tempo che andrebbe sciupato in escla­mazioni di stupore, e considerare che è una soluzione straordinaria...

Linda                          - E lo è proprio?

Tubbs                          - Credo. Ho riflettuto molto, ed ho cercato di immaginare quale sarebbe stato il punto di vista di Oli­viero. Sapete benissimo che non vorrei faceste una scioc­chezza, non è vero?

Linda                          - Siete un tesoro.

Tubbs                          - E dovete credermi, se vi dice che potete fi­darvi di lui in modo assoluto... Ve ne renderete conto, appena lo vedrete; ma desidero convincervene prima, per risparmiar tempo. Mi promettete dunque di essere una  donnina  inverosimilmente  saggia?

Linda                          - Tenterò. Ma non posso fare a meno di sen­tirmi un po' sgomenta; non mi avete ancora detto chi è.

Tubbs                          - Non c'è ragione di essere sgomenta. Ora vado a cercarlo. Ah!  Quasi dimenticavo...

Linda                          - Che cosa?

Tubbs                          - Una cosa importantissima. (Cava di tasca una boccetta farmaceutica piuttosto grande) Versate questo nella bottiglia vuota che è accanto a quella del cognac nell'armadietto, e portatela qui con due bicchieri.

Linda                          - Che cos'è?

Tubbs                          - Porto. Meglio non offrirglielo subito. Si sarà intorbidato un po' portandolo in tasca. Svelta, figliuola! (Esce).

(Linda va nella sala da pranzo e torna subito con la bottiglia vuota che riempie con l'altra. Lascia poi questa sul caminetto. Aspetta nervosa fissando la porta. Tubbs rientra con lord Farrington. Un simpatico vecchio in abito da sera,  leggermente antiquato).

Tubbs                          - Edoardo, desidero farvi conoscere la mia amica Linda Warren...

Lord Farkington         - Ne sono felicissimo.

Linda                          - Anch'io, Lord Farrington.

Lobo Farrington         - Molto gentile da parte vostra per­mettermi di farvi questa visita così eccessivamente, così eccessivamente, dirò, confidenziale.

Linda                          - Oh, per carità... Siete voi invece... Io...

Tubbs                          - Sentite: Ora vi lascio soli. A che ora credete che potrà occorrervi l'automobile?

Lord Farrington          - Fate voi, caro Edoardo. È una vo­stra specialità regolarvi in modo da giungere al momento opportuno.

Tubbs                          - Grazie, Edoardo. A più tardi, Linda. E ri­cordatevi tutti e due quanto di bene ho detto a ciascuno a proposito dell'altro. (Esce).

Linda                          - Non avevo mai saputo che Tubbs si chiamasse Edoardo.

Lord Fareincton          - Dice che io sono il solo a chia­marlo così. Benché sia anche il mio nome, mi è sempre piaciuto; e quel nomignolo di Tubbs, non mi sembra adatto a lui.

Linda                          - Per me Tubbs... o Edoardo... o Dio... ora non so più come chiamarlo.

Lord Farrington          - Vogliamo fare un compromesso e  chiamarlo  « il nostro  comune  amico»?

Linda                          - Si; credo che sarà la miglior cosa. Volete sedere? Aggiungerò del carbone nella stufa. Mi pare che faccia un po' freddo qui.

Lord Farrington          - Permettete che lo metta io.

Linda                          - No, grazie.

Lord Farrington          - Il clima dell'Inghilterra sarà poco piacevole per voi, abituata a passare l'inverno nel mez­zogiorno.

Linda                          - Credo che rimpiangerò molto il sole meri­dionale. Sono infatti parecchi anni che non passo l'in­verno qui.

Lord Farrington          - L'anno scorso eravate in Italia, vero?

Linda                          - Si, a Sorrento.

Lord Farrington          - Meraviglioso  il  golfo  di  Napoli.

Linda                          - Divino. Strano. Tubbs aveva ragione.

Lord Farrington          - A proposito di che?

Linda                          - Dicendo che quello che fa soffrire è la paura di ricordare le cose. Io non potevo neanche pensare al golfo di Napoli... Mio padre è morto mentre lo contem­plavamo insieme. Tubbs, l'altro giorno, mi costrinse a parlarne... disse che così avrei scacciato il sortilegio... E infatti, ora che voi me lo avete nominato, ho risposto tranquillamente...

Lord Farrington          - Il nostro comune amico è un gio­vane  straordinariamente sensibile.

Linda                          - Oh! è quello che diceva mio padre.

Lord Farrington          - Credo che vostro padre ed io avremmo  avuto   molti  punti   di  contatto.

Linda                          - Lo credo anch'io... (Breve pausa) Forse vi sembrerò sciocca... ma non potete immaginare che con­solazione sia, per me, udirvi dire queste parole.

Lord Farrington          - In questo caso, mia cara, mi per­donerete se vi confesso che le ho dette espressamente.

Linda                          - Non vi capisco.

Lord Farrington          - Sono le stesse parole che avete detto al nostro comune amico. È evidente che gli hanno fatto molto piacere, perché me le ha riferite. Ed io, ora, le ho ripetute appunto nella speranza di far vibrare una corda simpatica. Il successo del mio stratagemma, mi fa sentire un po'  colpevole...  E perciò mi sono confessato.

Linda                          - Siete infinitamente buono.

Lord Farrington          - Grazie, cara. Considerando ciò che ho da dirvi, tengo a stabilire fra noi un'assoluta fran­chezza e comprensione.

Linda                          - Anch'io agirò con la stessa sincerità. Lord Farrington, posso offrirvi un bicchierino di porto che, ne  sono  sicura,  viene   da   casa  vostra?

Lord Farrington          - Come? Che cosa?

Linda                          - Il nostro comune amico lo ha portato in una bottiglia farmaceutica... Suppongo allo scopo di lubrifi­care l'intervista,  se non fosse andata liscia. Mi sembra che non ve ne sia bisogno; ma ne volete un poco ugualmente?

Lord Farrington          - Grazie cara. Mi interesserà assag­giarlo.

Linda                          - É stato un pensiero delicato. Non ho fatto male a scoprire questo altarino?

Lord Farrington          - Oh no! Mi diverte molto l'idea che Edoardo trafughi il mio porto per mio uso e con­sumo. Se è proprio il mio. (Beve un sorso) Sì, è il '96. Non volete assaggiarlo? È ottimo.

Linda                          - (si serve, assaggia) Squisito! Così soave, pro­fumato e spiritoso.

Lord Farrington          - Vedo che avete ereditato il gusto di vostro padre, per la scelta degli aggettivi.

Linda                          - Qualunque bella parola sarebbe adatta per questo vino... Non posso fare a meno di divertirmi all'idea che avrei dovuto cercare di farlo passare come proprietà di mia zia.

Lord Farrington          -  Ditemi, cara figliuola, siete stata sempre felice da quando vivete qui?

Linda                          - Qualche volta. Non credo che la felicità sia uno stato  cronico.

Lord Farrington          - Probabilmente è giusto... Hm... Mi scuserete se vi rivolgo qualche domanda indiscreta?

Linda                          - Certamente, vi pare?

Lord Farrington          - Avete altri parenti, oltre vostra zia?

Linda                          - Credo di avere dei cugini a New York; ma non li ho più visti da quando ero piccola.

Lord Farrington          - Davvero? Siete mai stata in Ame­rica ?

Linda                          - Vi sono nata. Mio padre aveva un'occupazio­ne a Harward. Ci siamo rimasti finché ho avuto quattro anni; poi mia madre morì e ci stabilimmo in Inghilterra.

Lord Farrington          - Vi piacerebbe tornarvi?

Linda                          - Sì... Credo... Ma probabilmente non vi andrò mai.

Lord Farrington          - Perché no?

Linda                          - Ma!... per difficoltà finanziarie...

Lord  Farrington         -  Si  potrebbero  superare.

Linda                          - Vorrei saper come...

Lord Farrington          - Avete mai pensato a lavorare?... a  guadagnarvi  da vivere?

Linda                          - Sì, ma in che modo? Non so far nulla; co­nosco solo qualche lingua e so cuocere le uova al tega­mino.

Lord Farrington          - Credo che agli americani, piac­ciano molto le uova al tegame... Edoardo mi ha detto che conoscete mio figlio.

Linda                          - Sì.

Lord Farrington          - Vorrei che ci avesse presentati prima...

Linda                          - Siete molto cortese.

Lord Farrington          - Mi sarebbe piaciuto che aveste conosciuto Rosmunda; ora temo che sia troppo tardi.

Linda                          - Vi prego...

Lord Farrington          - È una donna non comune. Sareste diventate amiche.

Linda                          - Mi dispiace che sia così malata.

Lord Farrington          - Vi dispiace davvero?

Linda                          - Senza dubbio.

 Lord

Lord Farrington          - Vorrei chiedervi di provarmelo. (Pausa).

Linda                          - Lord Farrington... Io...

Lobd Farrington         - Sì. Desidero che ve ne andiate di qua; possibilmente che vi rechiate a Londra, fino alla primavera. Suggerirei poi che in maggio vi imbarcaste per l'America; con le vostre qualità e qualche appoggio, troverete certamente modo di crearvi una posizione. Dal momento in cui lascerete questa casa, fino a quando non sarete a posto in modo sicuro, assumo io la responsabilità di tutto.

Linda                          - Basta, vi prego.

Lord Farrington          - Non volete permettermi di finire quello che devo dirvi?

Linda                          - Temo, Lord Farrington, che voi non sap­piate...

Lord Farrington          - So tutto, mia cara.

Linda                          - E allora, come potete essere così buono? E potrei io accettare tutto questo?

Lord Farrington          - Fino ad ora avete udito solo quello che propongo di fare « io » per « voi »».

Linda                          - E io, che potrei fare in contraccambio?

Lord Farrington          - Voi avete la possibilità di darmi quello che desidero di più al mondo...

Linda                          - Cioè?

Lord Farrington          - Un nipotino.

Linda                          - No. Oh no!

Lord Farrington          - Cara... non mi guardate così... Io...

Linda                          - Per carità, non me lo chiedete... Non potrei... Non vedete.,, sarebbe... Non potrei far questo... Non potrei... (Singhiozza).

Lord Farrington          - Mio padre aveva fantasia e fegato. Fondò una tradizione familiare basata sul carattere e l'iniziativa. Non credete che sia una tradizione della quale si può essere orgogliosi?... Anche se è relativa­mente recente?

Linda                          - Senza  dubbio.

Lord Farrington          - Allora comprenderete il mio de­siderio di assicurarmi della sua continuazione!

Linda                          - Ma... certamente.

Lord Farrington          - Se voi non mi aiutate... la cosa è impossibile.

Linda                          - Non so come potete esser sicuro...

Lord Farrington          - Purtroppo lo sono. Rosmunda può migliorare, ma non ci è consentito sperare di più.

Linda                          - E come...?

Lord Farrington          - Credetemi: la cosa si può fare. Nessuno dovrà mai sapere che non è il figlio legìttimo di Bob.

Linda                          - Ma per sua moglie... sarà un'offesa...

Lord Farrington          - Rosmunda è una donna strana; molto saggia. La credo di vedute troppo larghe per per­dere tempo a offendersi.

Linda                          - Ma se sapesse che Bob aveva... che il bimbo è veramente suo?

Lord Farrington          - Non credete che questo le fareb­be desiderare... le darebbe una ragione di vivere... un incentivo per cercare dì guarire?

Linda                          - E dovrebbe sapere... di me?

Lord Farrington          - Vi dispiacerebbe molto?

Linda                          - Sì. Mi pare che non potrei sopportarlo... Tro­vate che è una cosa stupida?

Lord Farrington          - Niente affatto, mia cara. Credo che, conoscendo Rosmunda, le vostre idee muterebbero; ma poiché questo è fuori questione, cercherò di rispet­tare  il vostro  desiderio.

Linda                          - Che cosa le direte?

Lord Farrington          - Abbastanza per darle la sicurezza che le sareste piaciuta... Credo che sarà contenta.

Linda                          - (va verso il caminetto) Ora andate, vi prego. Mi addolora moltissimo di non poter fare quello che desiderate.

Lord Farrington          - Perché mi dite tutto a un tratto di andarmene?

Linda                          - Perché sono  così terribilmente  stanca...

Lord Farrington          - Volevo sapere se è perché comin­ciate a capire il mio punto di vista.

Linda                          - Lo capisco benissimo. E capisco anche quello di lei...

Lord Farrington          - E allora...

Linda                          - Ma il mio?

Lord Farrington          - Qual'è, precisamente, il vostro, Linda?

Linda                          - Non lo sapevo con chiarezza prima della vo­stra venuta. Forse, ero troppo sgomenta e preoccupata per poter riflettere... ed è appunto quando mi avete chiesto di darvi il mio piccino, che mi sono improvvi­samente resa conto che non si tratta soltanto di un im­piccio dal quale debbo uscire... ma di una responsabilità da assumere per iniziare una nuova vita con mio figlio.

Lord Farrington          - Nulla di più naturale, mia cara. Ma vi è un altro punto di vista che bisogna considerare... Quello del bimbo... Con tutta la migliore buona volontà, la sua entrata nel mondo sarà misera e furtiva... Non potete neanche offrirgli un nome.

Linda: -  Dio mio.

Lord Farrington          - Volete assumervi l'enorme respon­sabilità di una nuova vita? Anche al giorno d'oggi, l'es­sere figli illegittimi, è un « handicap »... non mi contraddite, Linda; sapete che quello che dico è vero... Vi rim­provererete tutta la vita, se rifiutate di ascoltarmi.

Linda                          - Che dovrei fare?

Lord Farrington          - Andar via come vi ho suggerito. Rinunziare a tutti i diritti sul bimbo e ricominciare ima nuova vita, dimenticando questo episodio.

Linda                          - Ne parlate come se fosse una cosa facile.

Lord Farrington          - E poi, vi è un'altra condizione.

Linda                          - Quale?

Lord Farrington          - Dovete darmi la vostra solenne parola d'onore, di non rivelare mai la cosa ad anima viva... Dalla nostra breve conoscenza, vi giudico capace dì mantenere una promessa.

Linda                          - Oh Dio!... Credo di conoscere già la mia de­cisione...  Ma sarò  più sicura domani mattina.

Lord Farrington          - Spero che sceglierete la migliore.

Linda                          - Lo  spero  anch'io. (Entra Tubbs).

Tubbs                          - Ebbene?

Lord Farrington          - Come sempre, Edoardo, arrivate al momento opportuno.

Tubbs                          - Non troppo presto?

Lord Farrington          - No. Ho detto tutto quello che avevo da dire. Miss Warren mi darà la sua risposta do­mattina.

Tubbs                          - (con ansia) Vi lasciate amici, non è vero?

Linda                          -  Oh  sì!   Certamente.

Lord Farrington          - (insieme con Linda) Senza dubbio!

Tubbs                          - Benissimo.

Lord Farrington          - (va verso la tavola per prendere il soprabito) Ora vado. Volete rimanere qualche minuto, Edoardo? Voi ci comprendete entrambi. Credo che po­trete essermi utile.

Tubbs                          - Certo, Edoardo. (Va verso il caminetto).

Lord Farrington          - (a Linda che lo aiuta a infilare il soprabito) Addio, cara. Spero che vi deciderete se­condo il mio desiderio; ma qualunque cosa accada, avrei caro di pensare che vi ricorderete di me come io sempre mi ricorderò di voi:  con piacere.

Linda                          - Oh! (Improvvisamente lo bacia).

Lord Farrington          - Grazie, Linda. È stato un gesto molto affettuoso. (A Tubbs) A più tardi, Edoardo. (Esce).

Tubbs                          - Dunque: volete dirmi perché non avete ac­cettato  subito?

Linda                          - (seduta sul pavimento con la testa sul divano) Non ho-potuto, Tubbs. Debbo prima pensarci... Sono rimasta   sconvolta.   La   cosa   è   talmente   sorprendente...

Tubbs                          - E credete che, pensandoci, apparirà meno sorprendente al vostro  piccolo  cervello?

Linda                          - Proprio cosi... Ho un cervello molto piccolo... Tutto questo, a voi, sembra chiaro e semplicissimo... Per me, invece, è troppo grande... Non riesco ad affer­rarlo .

Tubbs                          - (siede sul divano) Storie! Sentite: siete stata una stupida e vi trovate in un grave impiccio. Benissi­mo! Ma quando si presenta una via d'uscita, che non solo costituisce un aiuto per voi, ma vi mette anche in condizioni di riparare al vostro errore compiendo un gesto generoso e fuori dell'ordinario... e voi esitate... debbo dirvi, cara mia, che vi comportate come una gran­dissima sciocca. È chiaro?

Linda                          - (esausta) Mi pare di sì.

Tubbs                          - E non potete avere nessun dubbio su quello che  sarebbe il meglio  per... l'« infante ».

Linda                          - Tubbs, mi ha sfiorato un pensiero atroce!

Tubbs                          - Sarebbe?

Linda                          - Ammettiamo che io accetti... e che poi sia una bambina!

Tubbs                          - Da ora in poi, non dovete pensare ad altro che a maschietti. Cercherò un mio ritratto, coi calzon­cini corti e un'anatra in braccio... e lo terrete costante­mente dinnanzi agli occhi.

Linda                          - (ridendo) Per carità!

Tubbs                          - Dove volete abitare, a Londra? Bisognerà trovare un bell'appartamentino. Che ne direste di Highgate?

Linda                          - È carino?

Tubbs                          - Credo che ci sia aria buona. Verrò a trovar­vi ogni tanto, mettendomi una barba finta, così la geme crederà che io sia il signor Smith.

Linda                          - Il signor Smith?

Tubbs                          - Ma sì; vostro marito! Mi ricordo...

 

Linda                          - Non troveranno strano il fatto che non vi­vete  con me?

Tubbs                          - Avrò un impiego da viaggiatore, che non mi farà allontanare troppo, così potrò venire a vedere la mia mogliettina, ogni volta che ne avrò desiderio.

Linda                          - (ridendo) Che sciocco!,..Oh ma non dovrei ridere così!

Tubbs                          - Perché no?

Linda                          - Perché è una cosa spaventosamente seria. Non va bene riderne.

Tubbs                          - Sciocchezze! È la sola cosa che bisogna fare. Mi preoccupa solo quello che diremo a vostra zia. Non possiamo averla ogni tanto a Londra a vedere come state... Impossibile!

Linda                          - Il mio piccolo cervello è incapace di riflet­tere, adesso.

Tubbs                          -  Bè,  troveremo.   Ci  penserò.

Linda                          - Non siate in collera con me, caro amico; ma quando sono tanto stanca, non riesco più concentrarmi. Non cercate di farmi decidere adesso. Non so quello che dico.

Tubbs                          - Quello che dovete fare è andare a letto, dor­mire e svegliarvi domattina calma e ragionevole. Buona notte, cara. Buoni sogni! Non vi muovete. Verrò verso le dieci. (Si china su di lei a salutarla).

Linda                          - (abbracciandolo) Va bene. Buona notte, caro. Scusatemi  se  sono   così noiosa.

Tubbs                          - Non lo siete affatto. Almeno, non molto spesso.

Linda                          - (tenendolo sempre abbracciato) Non è colpa mia se ho un  cervello piccolo.

Tubbs                          - Mi pare che questa scoperta vi abbia fatto una profonda impressione.

Linda                          - (c. s.) Non è quello che volevate?

Tubbs                          - Vi dispiacerebbe lasciarmi raddrizzare? Ho la schiena che si sta spezzando in due o tre punti impor­tanti.

Linda                          - (lasciandolo) Non   è   quello   che  volevate?

Tubbs                          - Quello che volevo?

Linda                          - Che cos'era? Ah sì... Quello che avete detto del  mio cervello...

Tubbs                          - Ve lo dirò domattina, quando conoscerò la vostra decisione. (Si avvia alla porta. Prende un libro, legge il titolo) « Due su una torre » (Ne prende un altro) « Talismano »... (Un terzo) « Alice nel paese delle meraviglie »... Ecco, portatevi questo da leggere a letto. (Glielo mette vicino) Se avete ancora qualche dubbio... pensate ad Alice. Buona notte. (Esce).

Linda                          - Alice... (Si alza faticosamente) Dei dubbi... (Scuote la testa. Prende la bottiglia farmaceutica e i bicchieri. Prende il libro, lo guarda un momento. Im­provvisamente si comprende che ha preso una decisione. Si raddrizza con atteggiamento energico, spegne le luci ed esce con passo fermo dicendo): Nel paese delle me­raviglie...

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

L'appartamento di Jim Baker, nella Park Avenue a •fleto York. Una piacevole stanza di soggiorno, con scala tornita da colonne, che conduce alle camere da letto, i destra porta che mette in cucina. Arredamento di buon - (listo. Linda, che ha acquistato un aspetto molto elegante e il cui vestito esce evidentemente dal laboratorio di ima gran sorta, si sta facendo manicurare. È più bella... alquanto nevrotica. Clara è una simpatica manicure; fa farle del personale di un buon parrucchiere.

Tardo pomeriggio. Gennaio 1933.

Linda                          - (sul divano a destra, sul davanti) Ahi!

Clara                           - (su una sedia di faccia a lei) Le faccio male?

Linda                          - È un po' sensibile,  quel punto.

Clara                           - Andrò più adagio.

Linda                          - Mi duole proprio, Clara; forse sarà meglio mettere.

Clara                           - Se la signora mi lascia fare, passerà subito.

Linda                          - (guardando il giornale) Come va vostro ma­rito?

Clara                           - Bene, grazie.

Linda                          - Ha sempre il suo impiego?

Clara                           - Sì, tocchiamo legno. Se l'aspetta da un mo­mento all'altro di essere licenziato, ma finora ha avuto fortuna.

Linda                          - Attraversiamo un brutto periodo!

Clara                           - Sicuro! Specialmente quando si hanno tre bambini...

Linda                          - È vero.

Clara                           - Eppure, non vorrei non averne; sono tanto cari! Il piccolo ha quasi tre anni e...

Linda                          - (interrompendola) È il telefono?

Clara                           - Non ho sentito. (Linda sussulta) Le ho fatto male?

Linda                          - No... ho visto qualche cosa nel giornale. (Lo fetta via).

Clara                           - Non è una cattiva notizia, spero?

Linda                          - No.

Clara                           - Sembra sconvolta.

Linda                          - No... piuttosto sorpresa.

Clara                           - Oh, nei giornali c'è sempre qualcosa che sorprende. Che smalto  vuole  oggi:   quello  scuro?

Linda                          - Credo che mio marito chiederebbe il divorzio se mi facessi le unghie di quel colore. Non lo può soffrire.

Clara                           - Niente, allora. (Solleva una boccettina) Questo?

Linda                          - Mi pare che andrà bene. (Si sente chiudere ima porta).

Clara                           - Forse è il signore?

Linda                          - È un po' presto. Ma non saprei chi altri può essere.

Jim                              - (di dentro) Hello!

Linda                          - Hello! Come mai così presto!

 (Entra Jim. Circa 38 anni, aspetto virile e simpatico. È  molto  piacevole,  senza essere  brillante).

Jim                              - (mette i giornali sulla tavola a sinistra) Avevo qualcosa da sbrigare e allora, per una volta tanto, ho pensato di non andare in ufficio! (Si avvicina a Linda, dietro al divano).

Linda                          - Sapessi quanto mi fa piacere che sei tornato.

Jim                              - Davvero?

Linda                          - (tendendogli   le   braccia)  Caro.

Clara                           - Non è ancora asciutta quella mano, signora Baker.

Linda                          - (mentre Jim la bacia) Non ti ho telefonato in ufficio perché so che non vuoi; ma tu indovini che cosa avrei voluto dirti, non è vero?

Jim                              - Lo  so;  non ne parliamo.

Linda                          - Grazie, tesoro.

Clara                           - Mi dia solo un momento l'altra mano, e poi ho finito. (Linda le dà la mano).

Jim                              - Come va, Clara?

Clara                           - Grazie, signor Baker; bene.

Linda                          - Povera Clara, oggi ha dovuto esercitare la sua pazienza con me. Ero molto irrequieta, sussultavo per nulla e l'ho accusata di crudeltà.

Jim                              - Fa lo stesso anche con me, Clara.

Clara                           - Perché lei la vizia!

Linda                          - Credo che sia proprio così, signor Baker!

Jim                              - Bene; da oggi in poi le cose cambieranno.

Linda                          - Oh!

Jim                              - Sì. Oggi è un anniversario. /

Linda                          - Di cosa?

Jim                              - Del nostro matrimonio.

Linda                          - Niente affatto. Ci siamo sposati in febbraio.

Jim                              - Appunto. Sono due anni meno un mese.

Linda                          - Jim.  Ma  non  è un  anniversario!

Jim                              - Allora è meglio che non te la dia.

Linda                          -  Che  cosa?

Jim                              - Una cosa.

Linda                          - Dimmi, dimmi cos'è... voglio sapere!

Jim                              - Quando posso avere quella mano, Clara?

Clara                           - Un attimo, signor Baker. (Sventola le unghie e le lustra) Ecco fatto. (Comincia a metter via i suoi utensili. Va a prendere il cappello ecc.).

Linda                          - Oh Jim, mi hai portato ancora un regalo?

Jim                              - Non lo vuoi?

Linda                          - No no, dammelo subito!

Jim                              - (trae di tasca uno scatolina) Qua la mano..

Linda                          - Ma senza chiudere gli occhi! (Jim le infila un anello) Oh!

Jim                              - Ti piace?

Linda                          - Magnifico. Delizioso. Sono... sono assoluta­mente sbalordita.

Jim                              - Mi sembrava che somigliasse a te...

Linda                          - Oh  Jim!   Dopo  stamattina?

Jim                              - Ti ho detto di non pensarci più.

Linda                          - Come è possibile se tu sei così buono? (Lo abbraccia) Grazie per questo magnifico anello, perché sei così caro... e per tutto.

Jim                              - Vuoi farlo vedere a Clara?

Linda                          - Guardate, Clara! (Clara si avvicina e guarda).

Clara                           - Che bellezza! È una meraviglia! Però è vero: la pietra somiglia proprio a lei, signora.

Jim                              - Accidempoli!   Che ora  è?

Linda                          - Venti minuti alle cinque.

Jim                              - Forse lo pesco ancora. (Si avvia).

Linda                          - Aspetta! Prima di andartene lasciami un po'   di  denaro.

Jim                              - (gettandole il portafogli) Tieni. Non prender tutto. (Esce dal fondo).

Linda                          - (dando del denaro a Clara) Ecco, Clara. E grazie. Giovedì venturo alla stessa ora, se non vi tele­fono prima.

Clara                           - Ma  signora...  non deve  darmi tanto!

Linda                          - No, no, tenete pure, giacché c'è. (Mette il portafogli sulla tavola).

Clara                           - (avviandosi verso il fondo) Grazie ancora. Arrivederci  giovedì.

Linda                          - Addio, Clara. (Clara sale le scale ed esce a destra. Dentro si sentono le voci di Jim e di Clara. Lin­da accende una sigaretta, ammira l'anello. Rientra Jim).

Jim                              - Ho incaricato la signora Morrison di rintrac­ciarlo e dì farlo venire qui.

Linda                          - (È  andata verso  sinistra) Chi?

Jim                              - Un amico di Wolfe. È in un pasticcio per le tasse e gli ho detto che lo avrei aiutato a uscirne fuori.

Linda                          - E perché tanta fretta?

Jim                              - Perché parte.

Linda                          - Non poteva occuparsene un altro?

Jim                              - No, è un favore che faccio a Wolfe. Quando verrà lo riceverò in biblioteca. Non sarà una cosa lunga. Pare impossibile come dimentico gli appuntamenti... Si vede che ho qualche altra cosa in testa.

Linda                          - Me?

Jim                              - Non mi stupirebbe.

Linda                          - (avvicinandosi a lui) Jim, scusami se ne ri­parlo; ma mi dispiace tanto di essere stata così sgarbata stamattina.

Jim                              - Non fa nulla se sei sgarbata; quantunque pre­ferirei che non lo fossi... Ma non è questo che mi preoc­cupa.

Linda                          - Che cosa, allora?

Jim                              - (va verso la finestra a sinistra) Non so come spiegarlo. È piuttosto complicato.

Linda                          - Cerca. (Si appoggia a una colonna a sinistra)

Jim                              - Sei stata sempre contenta da quando ci siamo sposati, vero Bill?

Linda                          - Lo sai bene!

Jim                              - (voltandosi) Eppure vi sono dei momenti in cui mi sembri così infelice...

Linda                          - Tesoro, « la felicità non è uno stato cronico »; anche le persone più contente qualche volta sono de­presse.

Jim                              - (andando a lei) Sì; ma di solito hanno un mo­tivo.

Linda                          - Non ci pensare, caro; sai che sono una vec­chia maniaca.

Jim                              - E io un vecchio  brontolone!

Linda                          - Proprio così. (Lo bacia) Ah, ecco il tuo por­tafogli... con molti ringraziamenti!

Jim                              - Quanto mi hai lasciato?

 

Linda                          - Mah... ho paura che vi siano rimasti quattro o cinque dollari.

Jim                              - Eri in vena di  generosità oggi?

Linda                          - Poveretta... Clara ha tre bambini, tu mi ave­vi fatto questo regalo; così...

Jim                              - (serio) Tre... C'è gente che ha tutte le fortune!

Linda                          - A che alludi?

Jim                              - Non mi comprendi?

Linda                          - Sei pentito d'avermi sposato, Jim?

Jim                              - Che ti salta in testa? Come puoi pensarlo?

Linda                          - Francamente non lo so.

Jim                              - Mi credi uno di quegli uomini che dopo avere perseguitato  una  ragazza  come  io  ho  perseguitato te, e] aver usato ogni mezzo per convincerla a sposarlo, si pen­tono poi di quello che hanno fatto?

Linda                          - Non ti biasimerei per questo.

Jim                              - No. Ti ho amata, ti ho desiderata e mi sono messo in mente di averti.

Linda                          - E  ci  sei riuscito.

Jim                              - No.

Linda                          - Come?

Jim                              - Ti amo... più che mai... Siamo sposati, ma non ti ho come intendo io. Lo sai, Bill! A volte esci da te stessa... Chi sa dove vai... e non lasci che io ti richiami... credo quasi che mi odi, quando tento di farlo!

Linda                          - No, Jim! Non dire così... Come potrei... Oh!

Jim                              - In certi momenti non siamo neppure sullo stesso pianeta... siamo a milioni di chilometri di distanza.

Linda                          - Oh, che cosa terribile! No... Dio mio... (Piange).

Jim                              - No, amore, no... non piangere... (Linda conti­nua a piangere) Possibile che io sia così eloquente? (Cerca di confortarla).

Linda                          - Non posso pensare che ti rendo tanto infe­lice...

Jim                              - Ma è solo una volta ogni tanto; di solito sono beato  e contento.

Linda                          - Non ho mai creduto di essere cattiva con te...

Jim                              - Tesoro, sei sempre stata un amore... adorabile... perciò soffro quando ti allontani. Non allontanarti mai più... o altrimenti portami con te.

Linda                          - Come sei buono, Jim... troppo!

Jim                              - Che debbo fare? Cominciare a trattarti male?

Linda                          - Cerca di sopportarmi... e ricordati che ti amo tanto... e prenderò un ricostituente o qualcosa del genere, perché credo di essere un po' esaurita.

Jim                              - (andando vicino al divano a destra) Lo so io, quello  che ti ci vuole.

Linda                          - Olio di fegato di merluzzo?

Jim                              - No, un bel viaggio per mare. (Siede sul brac­ciolo).

Linda                          - Tesoro!  Ma soffro il mal di mare!

Jim                              - È proprio un peccato.

Linda                          - Perché? Non mi pare che tu possa muoverti adesso; e certamente senza di te, non andrei.

Jim                              - Invece sembra proprio che io debba fare un viaggetto.

Linda                          - (avvicinandosi a lui) Davvero? E quando?

Jim                              - Sabato a otto.

Linda                          - Oh!  Dove?

 

 Jim                             - In Inghilterra. Pensavo che potresti venire an­che tu... Non sarò continuamente occupato... prendere­mo un'automobile e tu mi faresti da cicerone... se la cosa non ti annoiasse.

Linda                          - Oh no, non mi annoierebbe di certo... sol­tanto...

Jim                              - Soltanto  che cosa?

Linda                          - Non è poco adatta la stagione?

Jim                              - Sì, può darsi che capiti una tempesta... ma ci imbarcheremo su uno di quei grandi transatlantici... ed io ti curerei... ti darei da mangiare, ti farei bere lo cham­pagne. Potresti resistere per quattro o cinque giorni, no? Non ci vuole di più, oggi.

Linda                          - Quanto ti tratterrai?

Jim                              - Circa un mese... Magari di più, se siamo insie­me e ci troviamo bene. Che ne dici?

Linda                          - Che, ad ogni modo, è molto carino da parte tua pensare a  condurre  anche me.   

Jim                              - Ma non tieni a venire?

Linda                          - Non è questo. Piuttosto...

Jim                              - (offeso si alza) Va bene, Bill. Ho capito. Non ti fa piacere.

Linda                          - Tesoro, « non » hai capito. Sarei contentissi­ma di venire  con te;  nulla  al  mondo   mi piacerebbe di più.

Jim                              - Ma...?

Linda                          - Se tu non andassi in Inghilterra.

Jim                              - Mi dispiace. Ma è proprio lì che debbo andare.

Linda                          - Sai che non desidero andare in Inghilterra. Te l'ho detto tanto tempo fa.

Jim                              - Non ti è ancora passata quest'idea?

Linda                          - Non mi passerà mai.

Jim                              - Non vorrai mai tornarci, neanche per una vi­sita?

Linda                          - (fa qualche passo) Desidero non vedere mai più quei luoghi. Neanche ricordarli.

Jim                              - (andando verso di lei) Non voglio tentare di persuaderti contro la tua volontà; ma non credi che sa­rebbe diverso ora che ci sono io? (La fa voltare in modo da guardarla in faccia).

Linda                          - Temo di no.

Jim                              - Dio mio, Bill... devi aver sofferto molto, laggiù.

Linda                          - Molto.

Jim                              - Ma oramai è tutto passato, non è vero?

Linda                          - (guardandolo) Caro, caro, non puoi capire...

Jim                              - Perché non mi spieghi?

Linda                          - Non posso... Avevi detto che il passato non ti importava; ed ora, invece, interroghi!

Jim                              -  Non  è   che  interrogo;   ma   forse  ti  farebbe bene...

Linda                          - Non ho niente, niente da dire...

Jim                              - (tenendola per le braccia) Se non hai una buo­na ragione per rifiutare,  puoi venire  benissimo.

Linda                          - Jim!

Jim                              - Certo. Hai bisogno di muoverti. Forse l'aria di mare dissiperà tutte queste sciocchezze.

Linda                          - Non sono sciocchezze.

Jim                              - Lo sono. Tutto il tuo malumore di questi ulti­mi tempi...

Linda                          - Chiunque può essere di malumore.

Jim                              - Sì, tesoro... ma non come te. Non so mai come li posso  trovare quando  torno a  casa.

Linda                          - Scusami.

Jim                              - E quest'insonnia... sono giorni e giorni che non dormi bene.

Linda                          - Dio mio, non so che farci...

Jim                              - Rimedierò io. Ti stai rovinando la salute. Que­sto viaggio ti farà bene.

Linda                          - Per carità, Jim... non continuare...

Jim                              - Dal momento che non puoi dirmi « una » ra­gione...

Linda                          - E tu puoi dirmi una ragione per...

Jim                              - Sì che posso. (Pausa. Linda sale la scala. Jim la segue. Sulla scala) Ascoltami Bill. Ti ho detto che non mi curavo del tuo misterioso passato; ma quello che mi interessa enormemente è il « nostro » futuro. E mi sem­bra che... Non credi che sarebbe meglio che tu mi dicessi quello che ti pesa sul cuore?

Linda                          - (tormentata e fredda) Non c'è proprio nulla da dire. Ti chiedo scusa di essere stata così sciocca. Verrò dove vuoi. Dopo tutto, non me ne importa nulla

Jim                              - Lo vedo. Ma avresti potuto dirmi addio (Scende).

Linda                          - Che dici?

Jim                              - Sì; prima di allontanarti nuovamente da me, (Si volta ed esce dal fondo).

Linda                          - Dio mio! (Via dal pianerottolo a destra).

(Suona il campanello della porta. Johnson, un dome­stico negro, attraversa la sala, va ad aprire ed introduce Fiorenza Cudahy e Tubbs. Fiorenza indossa un abito sem­plice, ben tagliato. È di buona famiglia; austera e bi­sbetica) .

Johnson                       - Erano qui or ora. Ho sentito le loro voci. Vogliono avere la bontà di attendere mentre vado a ve­dere? (Esce in anticamera,  poi a destra).

Tubbs                          - (alludendo  al negro) Grandioso!

Fiorenza                      - Fatto apposta per impressionare i visitatori d'oltremare. (Va verso sinistra).

Tubbs                          - Voi o io?

Fiorenza                      - lo veramente non mi posso chiamare una visitatrice.

Tubbs                          - Non mi sembrate neanche una parente.

Fiorenza                      - Direste piuttosto... una viaggiatrice di com­mercio ?

Tubbs                          - No, neanche questo.

Fiorenza                      - Cercate ancora di indovinare?

Tubbs                          - Un'amica  di famiglia?

Fiorenza                      - Una vecchissima amica.

Johnson                       - Scusi, signore, ho dimenticato di chiedere il nome.

Tubbs                          - Barrow. Ho appuntamento col signor Baker.

Johnson                       - Grazie.

Fiorenza                      - Dal momento che dobbiamo aspettare in­sieme, sarà meglio che ci presentiamo. Mi chiamo Fio­renza Cudahy.

Tubbs                          - Il mio nome lo avete sentito... Sono un con-tribuente che, a quanto pare, non ha pagato tutte le tas­se; perciò sono qui. (Gira attorno alla colonna).

Fiorenza                      - Siete uno dei tanti che hanno bisogno di  essere illuminati e aiutati a proposito della tassa patri­moniale?

Tubbs                          - Precisamente. E voi?

Fiorenza                      - Non vorrei dirvelo.

Johnson                       - (entra dal fondo) Il signor Baker la prega di   aspettare   qualche   minuto.   Viene   subito.

Tubbs                          - (a Fiorenza) Aspetterò solo a patto che ri­maniate con me...

Fiorenza                      - (a Johnson) Va bene, Johnson. Farò com­pagnia al signor Barrow.

Johnson                       - Grazie, Miss Cudahy. (Via).

Tubbs                          - Dunque: perché non mi volete dire che cosa fate?

Fiorenza                      - Perché probabilmente mi chiedereste di cominciare a farlo  subito  con voi.

Tubbs                          - Ma no!

Fiorenza                      - Generalmente, fanno tutti così.

Tubbs                          - Prometto di essere diverso dagli altri.

Fiorenza                      - Ebbene: mi occupo delle ossa.

Tubbs                          - Come?

Fiorenza                      - Sono diplomata in osteopatia. I medici cercano i mali nel cuore, nel fegato nella milza. Sbagliano. La sede dei nostri dolori è nelle ossa. Io giuoco con le ossa dei miei ammalati... ed essi guariscono. (Toglie dalla borsetta un camice, se lo mette).

Tubbs                          - Straordinario. E quali ossa vi sono state af­fidate qui dentro ?

Fiorenza                      - Quelle di Bill.

Tubbs                          - Bill? Ma non deve occuparsi delle mie tasse?

Fiorenza                      - Quello è Jim.

Tubbs                          - Ora capisco tutto. (Entra Jim in fretta. È un po' riscaldato e agitato) Hello Jim.

Jim                              - Hello Fiorenza. (Poi a Tubbs, stringendogli la mano) Scusate se vi ho fatto aspettare.

Tubbs                          - Non importa. Ho passato il tempo in modo piacevolissimo.

Jim                              - Vi conoscete?

Fiorenza                      - Ora sì. Dov'è il resto della famiglia? For­se preferisce che io vada su. (Va verso la scala).

Jim                              - Credo di no. Ha detto...

Fiorenza                      - (chiamando) Oh,  Bill!

Linda                          - (di dentro) Eccomi!

Fiorenza                      - Volete che salga?

Linda                          - No;  vengo  giù subito.

(Tubbs sentendo la voce, ha un sussulto, prima di usci­re guarda in giro come se cercasse qualcosa, poi senza farsi scorgere, lascia espressamente il suo portasigarette sul divano).

Jim                              - (andando verso il fondo) Vogliamo andare in biblioteca? Fiorenza ci scuserà. (Si volge verso Fiorenza).

Fiorenza                      - Vi pare!

Jim                              - (a Tubbs che si attarda vicino al divano) Andia­mo, signor Barrow?

Tubbs                          - (mentre escono dal fondo) Siete veramente molto gentile a prendervi tutto questo fastidio... (Esce con Jim).

Linda                          - (di dentro) Fiorenza?

Fiorenza                      - Sì!

Linda                          - Volete dire a Johnson di sistemare il lettino in salotto? La mia stanza è troppo in disordine.

 Fiorenza                     - Va bene. (Va alla porta in fondo e ferma Johnson mentre torna dalla biblioteca) Mi fate il pia­cere di portare qui la tavola, Johnson?

Johnson                       - Subito, signorina. (Esce e rientra portando una tavola osteopatica pieghevole. Entra Linda da sopra).

Linda                          - Perdonatemi, cara Fiorenza; vi domando mil­le scuse. (Scende).

Fiorenza                      - Siete una bimba cattiva. Mettetevi qui.

Linda                          - (si mette sulla tavola) Perdonato?

Fiorenza                      - Vi sentite comoda?

Linda                          - Sì.

Fiorenza                      - E come state?

Linda                          - Non troppo bene. (Fiorenza le sta massag­giando la testa).

Fiorenza                      - Vi sento molto rigida qui... Volete star ferma? A che serve che io vi faccia il massaggio delle vertebre, se vi rigirate come un serpente e tornate al punto  di prima?

Linda                          - Non mi sgridate, Fiorenza; non mi sento molto in forze.

Fiorenza                      - Come mai?

Linda                          - Non ho dormito.

Fiorenza                      - Male.

Linda                          - È una cosa che mi fa impazzire.

Fiorenza                      - E non fate nulla per combattere l'in­sonnia?

Linda                          - Ho provato tutto... bere il latte caldo... con­tare... i più vecchi sistemi. Una volta prendevo dei cal­manti, Jim ha la fobia di quella roba e mi ha fatto promettere  di  non  usarne  mai  più.

Fiorenza                      - Infatti non è una buona abitudine.

Linda                          - Avrei bisogno di un cane che mi tenesse compagnia!

Fiorenza                      - Perché non lo prendete, Bill? Verrò per un paio di sere a farvi una buona fregagione. Vedrete che dormirete.

Linda                          - Siete un tesoro... ma non è tanto semplice. Ho paura  di  dormire.

Fiorenza                      - Paura?

Linda                          - Sì. Perché faccio dei sogni orribili.

Fiorenza                      - Che specie di sogni?

Linda                          - Incubi.

Fiorenza                      - Ve li ricordate?

Linda                          - (mentendo)No.

Fiorenza                      - I sogni non sono materia mia; dovreste parlarne con un psicoanalista. Vi caverebbe fuori ogni cosa!

Linda                          - (rizzandosi a sedere) No. Nulla potrebbe in­durmi a far questo. Ma... sono un po' in pensiero per Jim.

Fiorenza                      - Jim. Perché?

Linda                          - Non sono stata molto carina con lui negli ultimi tempi. Vorrei non essere sgarbata con lui... è così buono... sono i nervi, credo.

Fiorenza                      - C'è qualche cosa che non va? Vi ho sem­pre visti felici.

Linda                          - Ma lo siamo! Almeno lo siamo stati finché non è cominciata questa terribile insonnia. E lui non capisce.

Fiorenza                      - Che cosa?

 

Linda                          - Com'è terribile. Stamattina si è offeso moltis­simo perché gli ho detto che finche non starò bene, do­vrebbe dormire in un'altra camera.

Fiorenza                      - E vi sorprende?

Linda                          - Ma io pensavo solo a lui. Quando ho quegli incubi, grido, dico non so che... Mi sveglio urlando e due volte ho disturbato il suo sonno.

Fiorenza                      - Non dovete preoccupacene; se lui non se ne lamenta...

Linda                          - Mi preoccupa moltissimo, invece. È atroce sapere che si è cattivi con qualcuno a cui si vuol vera­mente bene e si fanno cose che rendono infelici entram­bi, senza potersene spiegare la ragione. Stamattina, per esempio, sono stata perfida e insopportabile con Jim, soltanto perché lui era allegro, contento e in buona sa­lute, mentre io mi sentivo a un passo dalla follia.

Fiorenza                      - Gli avete spiegato che era soltanto invidia delle sue condizioni fisiche migliori  delle vostre?

Linda                          - Non mi pare.

Fiorenza                      - E gli avete lasciato credere che era pura e semplice cattiveria?

Linda                          - Sì... Oh, Fiorenza, che debbo fare? Mi sem­bra di sprofondare nelle sabbie mobili...

Fiorenza                      - Rimettetevi giù, Bill; non ho ancora fi­nito. (Linda eseguisce. È bocconi, coi piedi al pubblico. Fiorenza le- massaggia la nuca) Vorrei che mi diceste qualcosa  di  più  intorno   ai  vostri   sogni.

Linda                          - Non posso. È un pasticcio ossessionante.

Fiorenza                      - Io  so  che cosa  vi  ci vorrebbe.

Linda                          - Per piacere,  Fiorenza!   Ditemelo!

Fiorenza                      - Un bimbo. Credo che sarebbe un'ottima idea.

Linda                          - Capisco.

Fiorenza                      - Sapevo che vi sareste irritata.

Linda                          - No, no, affatto.

Fiorenza                      - L'ho sentito... vi siete irrigidita.

Linda                          -  Davvero?  Scusatemi.

Fiorenza                      - Rilassate i vostri muscoli, adesso, e non ri pensate. Cercheremo un rimedio più semplice e più immediato.  (Entra Tubbs dal fondo).

Tubbs                          - Oh scusatemi! Non sapevo che stavate la­vorando!

Fiorenza                      - (molto professionale) Che c'è? Non si può entrare ora... (Va verso di lui per trattenerlo).

Tubbs                          - Perdonate. Ho lasciato qui il mio portasi­garette...

Linda                          - Chi è?

Tubbs                          - Eccolo lì! (Lo indica. In questo momento i due si vedono in faccia) Linda!!!

Linda                          - (sollevandosi a sedere) Tubbs!!!... Impossi­bile!

Tubbs                          - Linda!

Linda                          - (corre a lui) Tubbs caro! (Si abbracciano) Come siete entrato?

Tubbs                          - Dalla porla.

Fiorenza                      - È entrato con me.

Linda                          - Oh, allora vi  conoscete?

Tubbs                          - (a Fiorenza) Dunque, questa è Bill?

Fiorenza                      - Per l'appunto!

Linda                          - Sì, caro; perché...

 

Tubbs                          - Capisco. Avete pensato di cambiare addirit­tura tutto, giacché vi trovavate... e immagino che abbiate sposato quel simpatico amico che sta cercando di farmi risparmiare qualche  centinaio  di dollari.

Linda                          - Jim? Sì. Ah, siete voi il signore delle tasse! Straordinario!

Tubbs                          - È veramente incredibile che vi ritrovi attra­verso  l'ufficio  del registro.

Fiorenza                      -  L'avete cercata un pezzo?

Tubbs                          - Due anni. (A Linda) Perché non avete più scritto?

Linda                          - C'era troppo da dire.

Tubbs                          -  Cominciate dal principio. Permettete, signo­rina Ossetti? (Siede accanto a Linda, davanti a Fiorenza) Ditemi tutto.

Linda                          - Ecco. Ero una specie di governante delle so­relline di Fiorenza...

Tubbs                          - (a Fiorenza) Stanno tutte bene?

Fiorenza                      - Non posso lamentarmi,  grazie!

Linda                          - La sua famiglia era infinitamente buona con me... Jim venne loro ospite, nel Connecticut... così lo conobbi.

Tubbs                          - Molto romantico. Edoardo sarebbe tanto con­tento.

Linda                          - Glielo racconterete?

Tubbs                          - A Edoardo? Non sapete?...

Linda                          - Cosa? Non è...?

Tubbs                          - È morto nell'agosto scorso. Il cuore... Non posso  dirvi  quanto  ne  sento  la  mancanza.

Linda                          - Oh;  come mi dispiace!

Tubbs                          - Credevo che lo sapeste. La notizia era in tutti  i   giornali.

Linda                          - Eravamo nei boschi, in agosto; non leggevo quasi mai i  giornali. Ma...

Tubbs                          - Che cosa?

Linda                          - Niente... Dicevo...

Fiorenza                      - (passa dietro alla tavola, va verso il fondo) Meglio smettere, Bill. Tanto, quello che facciamo og­gi, non giova a nulla.

Tubbs                          - Domando scusa. Tutta colpa mia.

Fiorenza                      - Proprio. Volete far penitenza?

Tubbs                          - Come?

Fiorenza                      - Datemi cinque dollari.

Tubbs                          - (eseguisce, sorpreso) Oh bella! Avevo sen­tito tanto parlare delle aggressioni che avvengono a Nuova York, ma è la prima volta che mi capita...

Fiorenza                      - Spiegategli voi, Bill. Io debbo andare in cucina.

Linda                          - A far che?

Fiorenza                      - (va verso il centro) Non lo so ancora. Ve lo dirò quando torno. (Esce dal fondo).

Tubbs                          - Un tipo unico!

Linda                          - Davvero. Ed è un tesoro. Il denaro è per la sua clinica dei bambini paralitici. Lavora come un de­monio.

Tubbs                          - Hm... (Pausa) Che stavate per dire quando           - (indica la porta)  ha avuto  la  delicatezza  di  andarsene?

Linda                          - Ma., ho letto or ora nel Times che lord e lady  Farrington  sono  qui,  al  Plaza.

Tubbs                          - Ebbene?

Linda                          - Ebbene, se lord Farrington è...

Tubbs                          - I titoli nobiliari, come forse ricorderete, passano di padre in figlio. Bob e Rosmunda alloggiano al Plaza; sono qui per dare un'occhiata alle proprietà ame­ricane di Bob che in questi ultimi tempi, sono andate piuttosto maluccio.

Linda                          -  Oh... e si trattengono molto?

Tubbs                          - Partono con me sabato. Rosmunda è molto più forte di un tempo. (Sì alza e va alla finestra a sinistra)

Linda                          - Per favore, non parlate di loro qui. Vi di­spiace?

Tubbs                          - Perché? Nessuno sa nulla... credo... (Accen­nando verso le altre stanze).

Linda                          - No. Ma preferirei.

Tubbs                          - Credevo che vi fossero una o due coserelle sulle quali desideravate avere notizie... specialmente una.

Linda                          - No, grazie... proprio nulla.

Tubbs                          - (la guarda) Neanche della cara zia? Forse siete in  corrispondenza?

Linda                          - No.

Tubbs                          - Nemmeno gli auguri per Natale le mandate?

Linda                          - Non più.

Tubbs                          - Non vi pare di dar prova di una certa insen­sibilità eliminando con tanta disinvoltura le persone dalla vostra vita?

Linda                          - Perché? Zia Ester ed io non ci siamo mai voluto  bene.

Tubbs                          - E voi, ed io? Mi pare che fra noi vi fosse molta cordialità.

Linda                          - Senza dubbio. Voi siete stato un tesoro.

Tubbs                          - E allora perché mi avete escluso?

Linda                          - Al principio del mio arrivo in America fui molto contenta. Era un tale sollievo essersi liberata di tutto... Press'a poco nell'epoca in cui conobbi Jim, co­minciai ad essere tormentata dal pensiero...

Tubbs                          - Orrore del passato?

Linda                          - Sentivo che avevo commesso una cattiva azio­ne. Un peccato contro lo Spirito Santo... o contro na­tura... non saprei spiegare. Ma non è possibile fare quello che ho fatto, liberarsi così di tutto, dei propri doveri, dei propri oggetti e poi ridiventare tranquilla e felice. Per molto tempo rifiutai di sposare Jim, appunto per questo. Mi dicevano che ero pazza. Naturalmente non potevo spiegare a nessuno...

Tubbs                          - Si capisce...

Linda                          - Infine cominciai ad accennare a Jim che pri­ma di lui... mi disse che non gliene importava nulla... Lo assicurai che ogni cosa era passata e dimenticata. E quando mi decisi a sposarlo, ero convinta di poter ri­cominciare la vita da capo... ecco tutto.

Tubbs                          - Siete la regina degli struzzi; ecco quello che siete. È una partita sbagliata.

Linda                          - Non parliamo più di me. (Voltandosi) Dite­mi di voi. Perché siete qui?

Tubbs                          - Per vedere degli editori e trattare per una commedia.

Linda                          - Benone!  E poi? Ditemi.

Tubbs                          - Debbo dirvi quello che in fondo desiderate sapere?

Linda                          - (volgendogli nuovamente le spalle. Aspra) No!  Non desidero saper nulla.

Tubbs                          - Bugiarda! Morite dalla voglia di chiedermi di lui... perché non lo fate?

Linda                          - Non so che cosa volete dire! Tacete, vi prego!

Tubbs                          - Perché non mi domandate?

Linda                          - (si alza) Io.. Tubbs, per l'amor di Dio (Fa due passi).

Tubbs                          - Perché? (Si china in avanti sulla tavola).

Linda                          - Non oso!

Tubbs                          - Questo è già meglio. Perché non osate?

Linda                          - Perché ho cominciato una nuova vita qui... con un uomo che amo... voglio farlo felice e non vi riu-scirò mai se altri pensieri cominciano a insinuarsi nel mio cervello...

Tubbs                          - Come potete allontanarli?

Linda                          - Scacciando « tutto » dalla mia mente. Questo è ciò  che « debbo » fare. (Siede a destra della tavola),

Tubbs                          -  Non mi  sembra  la migliore delle  idee.

Linda                          -  È l'unico mezzo. Ne sono sicura.

Tubbs                          - (viene lentamente a destra della tavola. Ten­dendole un tranello) Sì; può essere che sia un mezzo, dal momento che non vi importa nulla del piccolo Edoardo...

Linda                          - Non me ne importa?! Dio mio! Ma non ca­pite che cosa può essere sentire che c'è una parte di voi di cui non sapete nulla? Non immaginate quanto anelo di vederlo, di sapere di lui... com'è alto... che cosa mangia... se mi assomiglia... (Piange).

Tubbs                          - Abbastanza. Gli occhi, mi pare. ((Siede ac­canto a lei).

Linda                          - Non me lo  dite. Non resisto.

Tubbs                          - Calmatevi, cara. Avevate proprio bisogno di me, adesso, perché vi aiutassi a mutar pensiero. Siete di nuovo fuori strada. State cercando di sotterrare dei fantasmi: non è questa la via buona.

Linda                          - Che altro posso fare?

Tubbs                          - Metterveli dinanzi agli occhi e guardarli in faccia; vedrete che impiccioliranno fino a raggiungere una statura tale da permettervi di trattare con loro. A seppellirli mentre sono vivi, non si ottiene altro risul­tato che di farli saltar fuori dalle loro tombe per lan­ciarsi contro di voi! Vi consiglio di passare qualche ora con me domani. Vi racconterò tutto. Farete un bel pianto e poi vi sentirete molto meglio.

Linda                          -  No... Mi   dispiace...  è  impossibile.

Tubbs                          - Perché?

Linda                          - Non resisterei. Tubbs, non vi rendete conto... ammettiamo che non mi senta meglio... che al contrario, io cada in uno stato di depressione anche peggiore. È di questo che ho paura. Non vedete che sarebbe la mia rovina?

Tubbs                          - Voi avete bisogno, mia cara, di una valvola di sicurezza. Fidatevi di me. Vi ricordate come avevo ragione quella volta a proposito del golfo di Napoli?

Linda                          - Oh, ma era ben diverso.

Tubbs                          - Non mi pare. Vi prego, Linda: eono sicuro che è la cosa migliore.

Linda                          - (si alza e va verso il fondo) Perdonatemi, Tubbs. E grazie per tutta la pena che vi prendete di me.

Tubbs                          - Non c'è di che... Siete sicura che... non cam-bierete idea?

Linda                          - Sicurissima.

Tubbs                          - (leggermente minaccioso) E va bene. (Pausa) Vi consiglio  di andarvi a  guardare nello  specchio.

Linda                          - Si vede molto?

Tubbs                          - Un disastro! Come il mio vestito: potrei avere una spazzola?

Linda                          - Vado a prenderla. (Si avvia per la scala. Dal tondo entra Fiorenza).

Tubbs                          - Linda!

Linda                          - (voltandosi) Che c'è?

Tubbs                          - Vedo che non è cambiato.

Linda                          - Che cosa?

Tubbs                          - Il vostro piccolo cervello. (Linda esce in fretta. Tubbs va verso il divano dov'è il suo portasiga­rette).

Linda                          - (sulla scala, con la spazzola) Prendete! Oh, Fiorenza, mi fate il favore di occuparvi un momento di lui?

Tubbs                          - Oh sì, occupatevi di me! (Fiorenza gli dà un'occhiata).

Linda                          - Andate via prima che io torni giù o vi rivedo?

Tubbs                          - Mi rivedete. Sbrigatevi a rifarvi il viso.

Linda                          - Subito. (Via).

Tubbs                          - (o Fiorenza che gli sta spazzolando il vestito) Non avete  ancora  finito?

Fiorenza                      - Siete un bell'impertinente, sapete! Te­nete! (Gli dà la spazzola).

Tubbs                          - (dandole una mancia) Grazie. (Entra Jim. Tubbs lo vede e tace).

Jim                              - Ora non occorre altro che la vostra firma. (Vie­ne sul davanti).

Tubbs                          - Dio mio!  Sono il più gran maleducato del mondo! Dovete scusarmi!

Jim                              - Non vi biasimo affatto se preferite Fiorenza a me e a queste cifre. Avete trovato il portasigarette?

Tubbs                          - Sì, grazie. Ed ho anche trovato una vecchia amica...

Jim                              - Chi, Fiorenza?

Tubbs                          - No, vostra moglie.

Jim                              - Oh guarda!   .

Tubbs                          - La conoscevo quando era vivo suo padre. Abbiamo  trascorso  molto tempo insieme in Italia.

Jim                              - Che bellezza! Dev'essere stata una gioia per Bill vedere un amico inglese. Credo che siate il primo tbe è venuto a galla da quando siamo  sposati.

Fiorenza                      - Venuto a galla è proprio la giusta espres­sione.

Jim                              - Peccato che partiate così presto. Perché non rimanete a pranzo  con noi?

Tubbs                          - Con molto  piacere;  ma  stasera non posso.

Jim                              - Allora domani? So che è la vostra ultima sera; ma non potreste  dedicarci un paio  d'ore?

Tubbs                          - Siete molto gentile. Veramente avrei un im­pegno; ma è soltanto con gli amici insieme ai quali sono qui.

 

Jim                              - Perché non conducete anche loro? Saremo fe­licissimi.  Se credete che vogliano venire...

Tubbs                          - Certo sarebbe un piacere per loro; ma non posso abusare...

Jim                              - Perché no? Verrà anche Fiorenza; vero, cara?

Fiorenza                      - (è andata verso il divano) Me lo dite con tanta tenerezza che non so come potrei rifiutare... se il mio abito da sera  è ancora presentabile.

Tubbs                          - Quando venite in Inghilterra?

Jim                              - È strano che me lo domandiate, perché debbo veramente venire fra una settimana  o due.

Tubbs                          - Che bellezza!

Fiorenza                      - Davvero, Jim?

Jim                              - Sì, per affari. (Siede sulla sedia accanto al di­vano).

Fiorenza                      - Certamente conducete anche Bill.

Jim                              - No...

Fiorenza                      - Vorrei che la conduceste, Jim. Credo che le farebbe bene.

Jim                              - Mah... soffre il mare ed io sarò molto impe­gnato... Non credo che si divertirebbe.

Fiorenza                      - Eppure, sarebbe il vero rimedio per i suoi mali. Ha bisogno di cambiamento. Perché non la condu­cete?

Tubbs                          - Le farò io compagnia a Londra.

Jim                              - Per esser sincero, mi farebbe molto piacere; ma lei non vuole.

Tubbs                          - Perché? A parte il mal di mare...

Jim                              - Non desidera andare in Inghilterra. Pare che la vita con sua zia non sia stata felice... voi la conosce­vate allora, vero? Quindi probabilmente sapete tutto. (Si allontana e gira per la scena).

Tubbs                          - Conosco sua zia più di quanto mi faccia piacere.

Fiorenza                      - Ci vorrebbe ben altro che una zia insop­portabile per impedirmi di andare in Inghilterra quando avessi Jim per proteggermi!

Jim                              - Ci dev'essere qualcos'altro.

Tubbs                          - Linda ha sempre avuto una certa ripugnanza per i luoghi dove ha sofferto. Ma naturalmente ci sareste voi...

Jim                              - Vorrei trovar modo di farle superare questa fissazione. Mi addolora molto sapere che ha in testa qualcosa dalla quale io non sono capace di liberarla.

Tubbs                          - (a un tratto) Sentite, per il pranzo di do­ mani sera...

Jim                              - Verrete?

Tubbs                          - Mi farebbe gran piacere; e se veramente in­vitate anche i miei amici, io accetto senz'altro per loro. Sono sicuro che tutto si risolverà per il meglio.

Jim                              - Benissimo! (Si alza, posa le carte sul tavolino in mezzo) Ed io mi occuperò di questa faccenda domat­tina, così domani sera troverete tutto pronto. (Linda è comparsa sulla scala; ha cambiato vestito. Jim va verso la scala.  Tubbs si alza).

Linda                          - Che cos'è che va benissimo?

Jim                              - (va verso Tubbs) Il signor Barrow viene a pran­zo   domani  sera.

Linda                          - Che piacere!

Fiorenza                      - Vengo anch'io.

Linda                          - (a Tubbs) Siete molto gentile a dedicarci la vostra ultima sera. Non rinuncerete a qualche cosa di piacevole per noi?

Tubbs                          -  Vostro   marito   ha  risolto  il  problema.

JlM                              - (va verso la tavola, posa la sigaretta) Il signor Barrow aveva un impegno per il pranzo; ma crede che i suoi amici potranno venire  qui  con lui.

Linda                          - Magnifico!

Jim                              - Sapevo che saresti stata contenta. (Linda guarda Tubbs. Ha un sospetto).

Fiorenza                      - Sarà un vero banchetto!

Linda                          - Quanti amici  condurrete?

Tubbs                          - Soltanto  due.

Linda                          - Oh!

Tubbs                          - Sì!

Linda                          - (venendo sul davanti) Mi dispiace... ma non sono sicura se sarà possibile...

Jim                              - (interrompendola) Bill! (Va verso il centro, poi verso Tubbs. Trae di tasca un taccuino) Se mi dite il nome dei vostri amici e dove stanno, Bill manderà loro un biglietto domattina.

Tubbs                          - Stanno al Plaza... Lord e lady Farrington. (Si volta a guardare Linda).

(Tubbs e Fiorenza vanno verso Linda mentre cala il sipario).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO    PRIMO

La stessa scena dell'atto  precedente. l'indomani sera alle 7,30.

(Jim è in abito da sera; soltanto ha ancora, sopra al panciotto, la vestaglia di seta. Cerca di leggere il giorna­le, ma si capisce che ha la mente altrove. Il campanello iella porta suona. Johnson passa, esce e torna con una scatoletta di fiori).

Johnson                       - Fiori per la signora. Debbo portarglieli di sopra?

Jim                              - No, lasciateli qui e preparateci un cocktail.

Johnson                       - Subito,  signore. (Esce).

Jim                              - (chiamando verso l'alto) Bill! (Pausa) Oh Bill! (Si sente aprire una porta. Appare una cameriera).

Cameriera                   - Ha chiamato, signore?

Jim                              - È pronta la signora?

Cameriera                   - Non ha ancora messo il vestito.

Jim                              - Ditele se può scendere un momento, per fa­vore; o se lo preferisce, vengo io su da lei.

Cameriera                   - Va bene, signore. (Esce).

(Breve pausa. Poi appare Linda in vestaglia. È eviden­temente pronta, ad eccezione del vestito. Ha le unghie smaltate scurissime. Jim non se ne accorge subito. Linda ha un’aria di sfida e qualche cosa di innaturale nello sforzo di nascondere la sua agitazione).

Linda                          - Che c'è, Jim?

Jim                              - Scendi un momento.

Linda                          - Non posso. Mi sto vestendo.

Jim                              - Ti prego. Non ti trattengo molto.

Linda                          - (scendendo)  Che  diamine vuoi?

Jim                              - Vederti! Sono stato in pensiero per te tutto il giorno; mi figuravo che stessi poco bene e di malumore. È un gran peso che mi cade dal cuore vedendoti così bella.

Linda                          - Beh; ora che sei rassicurato sul mio aspetto, di dispiace se vado a cercare di renderlo anche migliore?

Jim                              - Un attimo. È tutto il giorno che mi sei lon­tana. Hai ancora tanto di quel tempo...

Linda                          - Veramente... (Entra Johnson col vassoio).

Jim                              - Vuoi un cocktail?

Linda                          - Sicuro. Perché non ci ho pensato prima? (Prende un bicchiere e beve d'un fiato. Lo tende di nuo­vo) Un altro, per favore, Johnson.

Jim                              - (ridendo) Bada poi a reggerti sulle gambe!

Linda                          - Hai paura che diventi brilla e scandalizzi i tuoi ospiti aristocratici?

Jim                              - Sai bene di no.

Linda                          - Dopo tutto, è una bellissima idea. (Beve il secondo).

Jim                              - Lasciate pure il resto, Johnson. (Johnson esce). Ci sono dei fiori per te.

Linda                          - Ti ringrazio.

Jim                              - No, no, non sono i miei. Li hanno portati.

 

Linda                          - (tira fuori dalla scatola un bel mazzo da appun­tare) Très élégant, n'est-ce pas?

Jim                              -  Belli.  Chi  è l'adoratore?

Linda                          - Ora vediamo. (Legge il biglietto e diventa furibonda.  Lo strappa a pezzettini).

Jim                              - (sorridendo) Ad ogni modo, i fiori sono belli.

Linda                          - Non ridere. Sono furente.

Jim                              - Tesoro, hai l'aria così adirata, che non posso fare a meno di pensare che cosa poteva esserci in quel biglietto.

Linda                          - Vuoi i pezzetti per fare un gioco di pa­zienza?

Jim                              - (serio) No grazie, Bill. Non è il mio genere.

Linda                          - (venendo sul davanti) Hai avuto una buona giornata?

Jim                              - Ottima. (Breve pausa. Guardandola) H mio viaggio in Inghilterra è deciso.

Linda                          - Ah, davvero? (Va verso il fondo).

Jim                              - Partirò la settimana prossima con l'« Aquitania ».

Linda                          - Dicono che è una bella nave.

Jim                              - Sono passato oggi all'Ufficio Viaggi; pare che vi sia moltissimo posto. E molte combinazioni per i viaggi di prima classe. (Pausa) Mah, credo che sia inu­tile proporti l'acquisto di un biglietto...

Linda                          - (col dorso alla tavola) Non mi pare il mo­mento migliore.

Jim                              - È un momento come un altro. (Si alza e si av­vicina a lei) Ascoltami, Bill... se non vuoi venire con me, desidero che durante la mia assenza tu rifletta se­riamente.

Linda                          - (accanto alla tavola) Su che cosa?

Jim                              - Su noi due. C'è qualche «osa di grave fra noi... e tu sola sai che cos'è. Ora devi ponderare bene e ve­dere se è cosa che si può aggiustare; altrimenti...

Linda                          - Per carità, non ne parliamo adesso! (Ai piedi della scala) Oh, mi pare che tutti facciano il possibile per farmi irritare!

Jim                              - Includi anche me?

Linda                          - Sì, anche te!

Jim                              - Che ho fatto? (Va verso di lei) Devi dirmelo, BUI.

Linda                          - Hai insistito per avere questa gente a pran­zo... devi pure aver visto che non li desideravo.

Jim                              - (ai piedi della scala) Non potevo fare diversa­mente. Li avevo già invitati. Il signor Barrow mi è sembrato un simpatico giovine e quando ho saputo che era un tuo amico, naturalmente ho creduto che fare una cortesia agli amici suoi, ti avrebbe fatto piacere. Non immaginavo che la cosa ti avrebbe dato tanta noia.

Linda                          - Non potevi immaginarlo; ma quando lo hai capito, avresti dovuto mandare a monte l'invito.

Jim                              - Era troppo tardi; del resto non me ne sono neanche reso conto subito. Hai cominciato ad essere di umore bizzarro anche prima di sapere chi erano. Non puoi avere una buona ragione per non volerli in casa.

Linda                          - Ah no, non posso? Questa è bella!

Jim                              - E allora perché non me lo hai detto, invece di rinchiuderti come un'ostrica?

Linda                          - Te lo  dirò adesso!  Sicuro!  Almeno passeremo una gran bella serata! (Si è appoggiata a un mobile; l'estremità delle sue dita è molto  in vista).

Jim                              - Sentiamo! (Si sente suonare il campanello della porta; improvvisamente, gridando) Dio!  Le tue unghie!

Linda                          - Jim! ! !

Jim                              - Le hai tinte con quella schifosa roba rossa!

Linda                          - Non è schifosa;  è molto chic!

Jim                              - Accidenti allo chic! Non credere di venire a tavola con quelle unghie!

Linda                          - E allora non ci assisterò al tuo pranzo! (Johnson passa per andare ad aprire. Linda e Jim non se ne accorgono neppure).

Jim                              - Togliti subito quella porcheria!

Linda                          - Non se ne va,  con l'acqua!

Jim                              - (l'afferra per un braccio e la spinge su per la scala) Levatela in qualunque modo... Non voglio che in casa mia tu abbia l'aria di una donna... di una donna qua­lunque!

Linda                          - Oh!!!

Jim                              - (mentre scompaiono) Te la leverai, dovessi ra­schiarti le unghie con un coltello. (Escono).

(Rientra Johnson, un po' nervosamente, seguito da Fiorenza e da Tubbs vestiti da sera, Johnson ai piedi della scala, esita).

Fiorenza                      - Lasciate stare, Johnson. Aspetteremo. (Johnson prende il vassoio ed esce in fretta, come solle­vato) Non credete anche voi che aspetteremo?

Tubbs                          - Ne sono sicuro. E magari per un bel pezzo.

Fiorenza                      - Avete sentito?

Tubbs                          - (venendo accanto alla colonna) Mi è sem­brato.

Fiorenza                      - Ditemi... perché siete venuto a prendermi?

Tubbs                          - Per puro spirito cavalleresco.

Fiorenza                      - Esiste ancora? Credevo che fosse morto e seppellito.  Come mai siete venuto  cosi presto?

Tubbs                          - Jim ed io dobbiamo parlare un po', prima che arrivino gli altri invitati... almeno questo era il pro­gramma. Ma da quanto abbiamo sentito, arrivando, cre­do che bisognerà aspettare. (Entra Johnson).

Johnson                       - Vado ad annunziare i signori.

Fiorenza                      - L'appetito è buono, eh?

Tubbs                          - Ottimo.

Fiorenza                      - Dormite bene?

Tubbs                          - Magnificamente.

Fiorenza                      - Volevo chiedervi: come va la vostra co­scienza?

Tubbs                          - Limpida come un ruscello. (Johnson ridi­scende e va in cucina).

Tubbs                          - Potrei sapere la ragione di questo interro­gatorio ?

Fiorenza                      - Ho l'impressione che siate un vero de­monio. Uno di quei diavoli maliziosi e beffardi che si divertono dei guai altrui.

Tubbs                          - A volte,  sono  proprio  così.

Fiorenza                      - E stasera fate conto di divertirvi?

Tubbs                          - Perché dite questo?

Fiorenza                      - Per ragioni che ignoro, Bill non deside­rava dare questo pranzo; e voi le avete reso impossibile esimersi. È sconvolta, non so per che cosa; ma vi assi­curo che il mio gran cuore materno ne è commosso.

 

Tubbs                          - Cara Ossetti! Non vi preoccupate; la mia insistenza è stata per il bene di Linda... a scopo puramente terapeutico. (Jim appare  in  allo)   Hello!   Buona  sera. (Si alza e gli va incontro.  Jim discende).

Jim                              - Buona sera a tutti! Scusatemi se ho tardato a scendere...

Fiorenza                      - Ma no; siamo noi che abbiamo anticipai».

Jim                              - Non avete avuto un aperitivo? (Suona il cam­panello).

Fiorenza                      - Io non bevo; e il signor Barrow è già stato a un ricevimento a base di cocktails.

Tubbs                          - (sospirando) Ecco: andatevi a fidare degli amici!

Jim                              - Ne prenderà un altro con me, non è vero?

Tubbs                          -  Sicuro:  mille  grazie.

(Entra Johnson).

Jim                              - (andando verso la tavola) Bill scende subito. Un piccolo incidente.

Tubbs                          - Niente di serio, spero?

Jim                              - No, no... non so, qualcosa con lo smalto delle unghie... quella robaccia! (Passeggia avanti e indietro) Credo che ormai avrà finito. (// campanello della porta) Saranno i vostri amici... Dio, vorrei che Bill si sbri­gasse.

Tubbs                          - (alzandosi e andando verso Jim) Oh, poco male... (Johnson va ad aprire) Posso parlare con voi più tardi per quel noiosissimo affare?

Jim                              - Ma sicuro! Abbiate pazienza; me n'ero di­menticato.   Stasera   sono   molto   stordito.

Johnson                       - (annunzia) Lord e lady Farrington.

(Entra Rosmunda. Graziosa, elegante, sulla trentina, abito semplice ma di gran sarta. Estremamente dolce, ma ha una dignità che fornisce alla sua personalità la forza occorrente. È seguita da Bob, tipo di gentiluomo inglese. È alto, ha qualche anno più di lei. Distinto e sicuro. Magari capace di dire quello che non bisogna dire).

Tubbs                          - (andando incontro) Hello, cara! Ecco il vo­stro ospite, mister Baker... Lady Farrington. (Strette di mano, convenevoli) E questa è miss Cudahy, una delle persone più simpatiche che siano in America. (Conve­nevoli a soggetto. Presentazione di Bob) Dopo tutte que­ste presentazioni sono esaurito. (Entra Johnson coi cocktails).

Rosmunda                  - Ecco qualche cosa per ravvivare i vostri spiriti stanchi!

(Jim offre i cocktails. Tutti accettano. Bob è in fondo a sinistra. Jim dietro alla tavola. Fiorenza alla sua destra. Rosmunda in mezzo con Tubbs).

Jim                              - Mia moglie scenderà a momenti.

Rosmunda                  -  Fa  un  freddo   terribile stasera.

Bob                             - Non mi pare. È un fresco piacevole.

Rosmunda                  - Oh, tu hai una resistenza speciale!

(Fiorenza siede sul divano a destra. Rosmunda accan­to a lei).

Tubbs                          - (va a destra) Non vorreste sedere accanto alla finestra,  Bob?  C'è una corrente d'aria  deliziosa.

Bob                             - Sto  bene  qui,   grazie.

Rosmunda                  - Siate serio, Tubbs!

Bob                             - (sul davanti, a Jim) Riscaldate troppo le case; perciò poi sentite il freddo.

Jim                              - (prendendo la scatola delle sigarette) Il termosifone vi dà noia?

Bob                             - Terribilmente. Appena posso, chiudo i radiatori.

Tubbs                          - E Rosmunda li riapre, vero, cara?

Rosmunda                  - Ssst!

Tubbs                          - In questa stagione a New York non vi sono che due possibilità:  soffocare o morir di freddo!

Rosmunda                  - E in Inghilterra ve n'è una sola: morir ii freddo! (Ridono  tutti).

Jim                              - (offrendo le sigarette a Rosrmmda e poi a Fiorenza) È la prima volta che venite in America, lady Farrington?

Rosmunda                  - Sì.

Fiorenza                      - Naturalmente non posso fare a meno di chiedervi - grazie

Jim                              - la vostra impressione su New York.

Rosmunda                  - Semplicissima: mi piace.

(Jim offre sigarette a Bob; rimangono a sinistra di­scorrendo).

Fiorenza                      - Davvero?

Rosmunda                  - Anzitutto è talmente bello... Prima di venirci, non se ne ha l'idea, vero Tubbs?

Tubbs                          - Lo racconterò a tutto il mondo nel mio pros­simo libro.

Jim                              - A voi, che cosa è piaciuto di più, lord Farrington?

Bob                             - Ho sentito della musica meravigliosa.

Jim                              - Sì; abbiamo delle buone orchestre. Chi preferite?

udito

Bob                             - Toscanini.  Un  miracolo.   Non  ho  mai nulla di simile. Domenica credevo di impazzire.

Tubbs                          - Che cosa ha diretto?

Rosmunda                  - Cesar Frank.  Bob è  giustificato. (Linda appare e comincia a scendere).

Tubbs                          - (vedendo Linda) Ah, eccola!

(Bob è il primo a vederla, posa in fretta il bicchiere e w a sinistra. Linda ha un abito elegantissimo. Ha ritro­vato il suo equilibrio. Lo smalto scuro è scomparso. Va verso Rosmunda).

Linda                          - Volete scusarmi?

Rosmunda                  - Senza dubbio!  (Stretta di mano. Jim posa il bicchiere. Rosmunda va verso Bob) Mio marito.

Linda                          - Credo che ci siamo conosciuti molto tem­po fa.

Bob                             - (sbalordito e sgomento) Oh hm... sì. Come state?

Linda                          - Benissimo, grazie. (Si volge altrove) Cara Fiorenza. (Bob va alla tavola e riprende il bicchiere).

Fiorenza                      - Buona sera, Bill.

Tubbs                          - (o Linda che lo saluta) Come va? Siete bel­lissima stasera.

Linda                          - Mi rincresce di non aver potuto mettere i vostri fiori.   Non   andavano   d'accordo   con  l'abito.

Tubbs                          - Vi è piaciuto il biglietto?

Linda                          - Lo farò mettere in cornice.

Rosmunda                  - (andando verso Linda) Non ci siamo già conosciute, noi?

Linda                          - No, non credo.

 Rosmunda                 - Curioso; il vostro viso non mi è nuo­vo... Forse mi ricordate qualcuno.

Linda                          - Può darsi.

Rosmunda                  - (avvicinandosi alla tavola) Non so, qual­cosa  nella  fronte...  Non saprei  chi...

Tubbs                          -  Chiunque,  mia  cara.

Jim                              - Non riesco a capire perché vi chiamino Tubbs. Vuol dire botte; e non mi pare...

Tubbs                          - Forse perché da piccolo ero piuttosto roton­do. Già, vorrei sapere perché i bambini sono sempre grassi.

(Bob va a destra).

Rosmunda                  - Edoardo non è  grasso.

Tubbs                          - Ma lo era, quando era più piccino.

Rosmunda                  - Ora certamente non lo è.

Tubbs                          - Tutti avrete compreso, da questo atteggia­mento di tigre irritata, che Edoardo è l'erede dei Farrington.

(Bob guarda Linda).

Jim                              - Ah sì? Ed è qui con voi?

Rosmunda                  - (di faccia alla tavola) No, lo abbiamo lasciato a casa.

Bob                             - (venendo verso il davanti a destra) Non fa bene ai bambini piccoli andare in giro per il mondo.

Linda                          - Dovrete essere  ansiosa  di rivederlo.

Rosmunda                  - Oh sì!

Fiorenza                      - Quanti anni ha?

Rosmunda                  - Ne  compirà  quattro in marzo.

Jim                              - Oh, è un giovinotto!

Tubbs                          - Avanti, cara; tirate fuori la cipria. (Entra Johnson).

Bob                             - No, Rosmunda; non è il caso.

Fiorenza                      - (avvicinandosi a Rosmunda) Perché la cipria?  Che cos'è? (Anche Jim si avvicina).

Tubbs                          - Una versione moderna dell'antico meda­glione.

Bob                             - No,  Rosmunda;  lascia andare.

Rosmunda                  - È una cosa veramente graziosa. Me l'ha fatta fare Bob. (Tira fuori una scatola da cipria per bor­setta. Tonda, piuttosto grande, di ottimo gusto) Vedete, di qua è lo specchio... (Mostra)... e dall'altra parte c'è un ritratto. (Johnson esce).

Linda                          - (va improvvisamente verso il pianoforte) Un'ottima idea.

Bob                             - (si avvicina al gruppo) Rosmunda, ti ho detto di no.

Rosmunda                  - Perché no? È un bel regalo, e Edoardo, non è un bimbo  di cui ci si debba vergognare, vero?

Jim                              - Fatemi vedere il ritratto.

Rosmunda                  - Quando non sono soddisfatta del mio viso, faccio così... (Eseguisce) ... ed ecco Edoardo che mi sorride.

Jim                              - Che bel bambino!  Guardate che occhioni...

Rosmunda                  - È somigliantissimo.

Jim                              - Se permettete, lo faccio vedere a mia moglie. Ve lo riporto  subito.

(Bob sta lottando col proprio imbarazzo. Tubbs osser­va di soppiatto Linda che è combattuta tra un folle de­siderio di vedere il ritratto e il terrore di doverlo guardare. La sola persona che si deve accorgere della sua emozione è Tubbs).

Rosmunda                  - (a Jim) Prego! (A Linda) Se vi fa pia­cere vederlo...

Linda                          - Oh sì... grazie.

Jim                              - (andando verso di lei con l'astuccio) È un bim­bo delizioso! (Pausa) Non ti pare?

(Linda fa un passo avanti e prende la scatola dalle mani di Jim. Si volta, quasi a cercare una luce migliore. Tubbs le scivola accanto. Le persone che sono sulla sce­na non devono poter vedere il viso di Linda. Questa non guarda il ritratto da principio, ma solo il pubblico deve accorgersene).

Linda                          - (senza guardare) Graziosissimo!   Un amore!

Jim                              - (voltandosi verso gli ospiti) Un altro cocktail»?

Tubbs                          - (accanto a Linda) Attenta alla cipria!

Linda                          - (guarda finalmente e vede il ritratto. Dolce­mente) Oh! (Ha un lievissimo moto del corpo come se vacillasse).

Tubbs                          - (le mette una mano sotto al gomito per sorreg­gerla)  Attenta!   Badate! (Entra  Johnson).

Johnson                       - Il pranzo è servito. (La tensione si rallenta).

Jim                              - (guardando quasi inavvertitamente l'orologio. Pia­no) Proprio al momento giusto. (Prende l'astuccio e lo riporta a Rosmunda. La conversazione diventa gene­rale, mentre si avviano alla sala da pranzo. A Rosmunda) Vogliamo andare?

Rosmunda                  - (prende il suo braccio. Si avviano) Mi pare impossibile che si debba partire domani. Il tempo è volato... mi sembra di essere appena arrivata! (Escono. Appena Tubbs l'ha lasciata, Linda va alla finestra per aprirla. Bob le si avvicina. Quando Tubbs e Fiorenza escono, Linda e Bob sono immediatamente dietro a loro).

Bob                             - (volendo aprire) Faccio io, se permettete.

Linda                          - Grazie. Fa tanto  caldo  qui  dentro...

Bob                             - Sapete... Sono veramente addolorato... non avrei mai  potuto  immaginare... voglio  dire...

Linda                          - (riprendendosi) Alludete alla scatola della cipria? Molto bella. Vogliamo andare? (Prende il suo braccio. Escono).

QUADRO    SECONDO

(Due ore dopo. Bob, Rosmunda, Tubbs e Linda, gio­cano a bridge in fondo. Le voci inerenti al gioco si sen­tono a quando a quando, ma abbastanza lontane per far comprendere che i giocatori non possono udire quanto accade sul davanti. Jim e Fiorenza sono agli ultimi colpi di una partita di tric-trac sul divano a destra).

Fiorenza                      - Trentacinque dollaretti. Una buona setti­mana per i miei bambini!

Jim                              - Allora arrotonderemo a  cinquanta.

Fiorenza                      - Siete un gran bravo figliolo, Jim. Grazie mille. Se non servissero a scopo benefico, non avrei co­raggio di portarvi via dei quattrini stasera.

Jim                              - Si vede che non sono tranquillo?

Fiorenza                      - Diamine! Se ne accorgerebbe chiunque...

Jim                              - Sono in pensiero per Bill. Non so che cos'ha, da un po' di tempo a questa parte.

Fiorenza                      - Mi pare che questo pranzo lo abbia dato malvolentieri.

Jim                              - Ma è aspra anche con me. Non riesco a capirne il motivo. Stasera abbiamo litigato. Dio, come sono stato cattivo!

Fiorenza                      - Non vi credo.

Jim                              - Vi assicuro di sì. Non ero più padrone di me. Avevo perso ogni  controllo.  Vedete,  Fiorenza,  io...

Fiorenza                      - Voi le volete un bene pazzo; lo so.

Jim                              - Eravamo così felici. Non so il perché di tutto questo.

Fiorenza                      - Ascoltatemi, Jim. Penso che le cose stiano per accomodarsi.  Posso  dirvi la parola  della saggezza?

Jim                              - Dite.

Fiorenza                      - Abbiate ancora un po' di pazienza. E quando Bill sarà tornata normale,... dimenticate tutto... non chiedetele più nulla.

Jim                              - Tornasse presto ad essere quella di prima! Vi giuro che non ne posso più.

(La partita di bridge ha raggiunto un punto definitivo. Linda si alza).

Linda                          - Dovete  scusarmi,  Tubbs.

Tubbs                          - Oh, non è il caso!

Linda                          - Jim!

Jim                              - Vengo,  (Si alza).

Linda                          - Vuoi farmi il piacere di prendere il mio posto? Sto giuocando in modo orribile e rischio di ro­vinare una partita  che potrebbe andare a meraviglia.

Jim                              - Sono pronto! ,(Si avvicina alla tavola).

Rosmunda                  - Sa giocare miss Cudahy?

Fiorenza                      - Sì.

Jim                              - E gioca benissimo.

Rosmunda                  - Allora, se vuol prendere il mio posto (a Linda) noi potremo fare due chiacchiere, se non vi dispiace?

Linda                          - Molto volentieri. Volete giocare, Fiorenza? (È ora vicino a Jim. Lo guarda).

Fiorenza                      - (si alza. Si avvia, torna a prendere la borsetta, quindi va alla tavola) Sicuro. Con piacere.

Rosmunda                  - Grazie mille. (Si alza).

Tubbs                          - Ho l'impressione che madamigella Ossetti sia molto forte.

Fiorenza                      - Non immaginate quanto!

Rosmunda                  - Spero che Bob non faccia brutta figura! (Durante queste battute Rosmunda e Linda si sono se­dute sul divano, volgendo la schiena ai giocatori. Rosmunda è all'estremità sinistra del divano).

Linda                          - (va alla tavola a destra, poi gira intorno al di­vano e siede) Una sigaretta? (Le prende dalla tavola).

Rosmunda                  - Grazie, non posso fumare.

Linda                          - Non vi dà noia se gli altri fumano?

Rosmunda                  - No, no, per nulla.

Linda                          - Mi dispiace di aver fatto così brutta figura. Di solito non gioco tanto male.

Rosmunda                  - Lo immagino.

Linda                          - Povero Tubbs. Doveva essere spiacevole per lui... non ero in forma.

Rosmunda                  - Oh, se ne sarà reso conto...

Linda                          - Speriamo... (Guarda verso i giocatori).

Rosmunda                  - (avvicinandosi a lei) Vorrei... vorrei dir­vi come sono felice di avervi conosciuta.

Linda                          - Molto gentile... Anche per me è stata una vera fortuna.

 Rosmunda                 - Per me molto di più...

Linda                          - Davvero?

Rosmunda                  - Conoscere voi è stato proprio un vero sollievo... la fine di tutte le mie  congetture.

Linda                          - Non capisco.

Rosmunda                  - Perdonatemi. La mia convinzione è così ferma e precisa che ho creduto di poter fare a meno dei preliminari. Non mi pare sia il caso di perder tempo inutilmente, no?

Linda                          - Ma... io...

Rosmunda                  - Forse è meglio che io vi rivolga alcune domande. Dal mio punto di vista non sarebbe necessario, ma vi daranno la possibilità... di farmi tacere, se lo de­siderate. (Breve pausa) «. Siete voi », non è vero? (Linda la guarda. Breve pausa. Poi Linda accenna di sì).

Linda                          - Vi dispiace?

Rosmunda                  - Dispiacermi? Cara! Ma io vi adoro... (Da questo momento Linda è schietta e senza inutile ri­serbo) Se sapeste quante volte ho pensato a voi... mi sono chiesta che cosa era avvenuto, dove eravate andata... Mi sentivo tanto colpevole...

Linda                          - Voi? Perché?

Rosmunda                  - Perché sono stata così felice in questi quattro anni! Ho avuto la salute, e Bob... e il piccolo Edoardo; a volte ho pensato che tutto questo era forse a vostro danno. È stato quindi un gran sollievo trovarvi... così... (Si guarda intorno).

Linda                          - Come avete capito...?

Rosmunda                  - La somiglianza: e una o due altre cose. L'imbarazzo di Bob nell'incontrarvi, la vostra emozione dinanzi al ritratto... vi farebbe piacere vederlo un'altra volta, immagino?

Linda                          - Sono molto sciocca; ma ho quasi paura di guardarlo.

Rosmunda                  - Credo che al vostro posto proverei lo stesso sentimento. (Le porge il ritratto. Voci dalla ta­vola di bridge).

Linda                          - (molto commossa) È molto alto per la sua età, non è vero?

Rosmunda                  - Forse fa quest'effetto perché è vestito per cavalcare.

Linda                          - È piccino, no?, per andare a cavallo. Sup­pongo che avrà un piccolo pony, molto tranquillo.

Rosmunda                  - Oh sì, non temete. Del resto, non ha paura.

Linda                          - È coraggioso?

Rosmunda                  - Mi sembra di sì, per moltissime cose. Però non può sopportare lo strepito; non credo che de­sidererà fare il soldato.

Linda                          - Mi fa piacere. E a voi?

Rosmunda                  - Anche a me. Ama la musica... la musica dolce. Protesta se la radio suona troppo forte.

Linda                          - Pienamente d'accordo.

Rosmunda                  - Anch'io.

Linda                          - Dal ritratto, mi sembra adorabile.

Rosmunda                  - Lo so. Ma non dovete figurarvi che è in tutto e per tutto un angioletto.

Linda                          - Che volete  dire?

Rosmunda                  - Spesso fa dei capricci e anche nei momenti più inopportuni. Poi è di natura ingordo; e per appagare questo suo istinto, diventa ladruncolo. L'ulti­ma volta che è stato a una riunione di bimbi ha morso una bambina.

Linda                          - Davvero ?!   Che  orrore!

Rosmunda                  - Da un certo punto di vista lo capisco; la piccola aveva le guance che sembravano due belle mele rosse. (Linda ride un. po' istericamente. Rosmunda ride anche lei, in parte per render naturale la risata dell'altra) Mi viene in mente una cosa. Il padre di Bob ha lasciato una quantità di libri al piccolo Edoardo. Non so perché, immagino che abbiano qualche rapporto con voi.

Linda                          - Debbono essere i libri di mio padre. Com'è stato buono lord Farrington a pensare a questo...

Rosmunda                  - Era un uomo straordinario... tutti ne sentiamo la mancanza in un modo indicibile.

Linda                          - Mi è tanto dispiaciuto quando Tubbs mi ha detto... Non sapevo.

Rosmunda                  - Forse desiderate averne qualcuno di quei libri?

Linda                          - No, è meglio che li abbia lui.

Rosmunda                  - Siete certa che non ve n'è nessuno che abbia uno  speciale valore  sentimentale per voi?

Linda                          - Ce n'è uno che mi piacerebbe di riavere...

Rosmunda                  - Ditemi il titolo. Ve lo manderò.

Linda                          - È « Alice nel paese delle meraviglie ». Mio padre me lo leggeva sempre quando ero ammalata. « Ali­ce » mi ha aiutata a superare il morbillo e la scarlattina e anche a superare qualcosa di peggio, quando ero più vecchia... Sarà un grande fastidio per voi?

Rosmunda                  - Neppure per sogno. Hm... Piuttosto pen­savo che potreste mandarmene un'altra copia per sosti­tuirlo... Sarebbe un bel regalino per il quarto complean­no, non vi pare?

Linda                          - Oh,  come siete buona! (Piange piano).

Rosmunda                  - Posso scrivervi qualche volta? O vi da­rebbe dolore?

Linda                          - Oh, no, no... anzi, ve ne prego.

Rosmunda                  - Dovranno essere delle lettere molto... da leggere « fra le righe »...

Linda                          - Non importa.

Rosmunda                  - Mi piacerebbe che fossimo amiche... che ci vedessimo spesso. È curioso che proprio il grande le­game che esiste fra noi lo renda impossibile.

Linda                          - Non potrò mai ringraziarvi abbastanza della vostra bontà verso di me. Forse non lo crederete; ma sono più felice di quanto lo sia stata da anni ed anni, (Piange) È come se mi fosse stata tolta una montagna dal cuore o dal cervello o non so da dove. Davvero, non so dirvi quanto vi sono riconoscente.

Rosmunda                  - Bisogna ringraziare Tubbs. È stato lui a combinare questo pranzo, no?

Linda                          - Sì, quella canaglia.

Rosmunda                  - Anch'io gli sono gratissima. (Brevissima pausa) Vorrei chiedervi qualcosa.

Linda                          - Qualunque cosa. Ditemi...

Rosmunda                  - Non potete farlo subito. Ma fra qualche anno... per esempio, vorrei che mi mandaste una vostra fotografia in atto di leggere ad alta voce « Alice » a qualcuno... (Fa un gesto con la mano come per indicare un bambino) ... come faceva Oliviero con voi, ma senza morbillo né scarlattina. Lo farete?

Linda                          - Forse.

Rosmunda                  - È una domanda egoistica. Ma credo che finalmente mi libererei da questo penoso senso di col­pevolezza. (Il bridge accenna a finire).

Tubbs                          - (a Fiorenza) Cara compagna, possiamo essere orgogliosi!

Rosmtjnda                  - (a Linda) Posso salire in camera vostra? Credo che tra poco ce ne dobbiamo andare.

Linda                          - Certamente. Si vede molto che ho pianto?

Rosmtjnda                  - No, ma è meglio che andiate subito su. Io trattengo un momento  gli altri.

Linda                          - Grazie anche di questo. (Si alzano. Linda sale la scala ed esce).

Bob                             - Non ricordo che mi sia mai successa una cosa simile.

Rosmtjnda                  - Avete già finito?

(Fiorenza prende una sigaretta).

Bob                             - Figurati, Rosmunda, che hanno dichiarato due slams.

Rosmunda                  -  E li hanno vinti?

Jim                              - Sicuro!

Rosmtjnda                  - Povero Bob, avrai perso anche la ca­micia!

Tubbs                          - Non temete, cara; penserò io a farvi tornare in   Inghilterra!

Rosmunda                  - Sono desolata di lasciare questa simpa­tica compagnia; ma dobbiamo andare. (Si avvia per la scala) Voi ci raggiungerete più tardi dai Martin, Tubbs?

(Bob viene sul davanti a sinistra).

Tubbs                          - Sì... ma per pochi minuti. Devo ancora par­lare di affari col signor Baker; quindi è meglio che voi e  Bob  andiate  avanti.

Rosmunda                  - Va bene; ridiscendo subito. (Scompare).

Jim                              - Un liquore?  Un wisky?

Tubbs                          - No,  grazie.

Bob                             - (risalendo) Una  goccia.

Jim                              - Bourbon?  Vi piace?

Bob                             - Ottimo.

Jim                              - Ne ho una bottiglia nel mio studio che è asso­lutamente... Vado a prenderla, se permettete un mezzo minuto.

Bob                             - Vengo con voi. (Escono).

Tubbs                          - Benone. Ossetti mi farà compagnia.

Fiorenza                      - (tornando verso il davanti) Beh, siete sod­disfatto, dei risultati della vostra serata?

Tubbs                          - Come giocatore di bridge, sono contentis­simo.

Fiorenza                      - E come medico?

Tubbs                          -  Non  sono  ancora  completamente  sicuro.

Fiorenza                      - Preoccupato per la mia inalata?

Tubbs                          - La vostra malata! Voi non vi interessate che delle sue ossa. Io invece ho compiuto qualche cosa che credo  avrà  un'enorme influenza  sul suo animo.

Fiorenza                      - Speriamo bene. Perché se l'esperimento non riesce, so io quello che accadrà.

Tubbs                          - (serio) Eli! lo so anch'io... Qualche cosa di molto spiacevole, certo.

 Fiorenza                     - Vi torcerò il collo, caro giovinetto. (Fa un gesto con le mani) E tenete presente che so come si fa! (Via in cucina. Bob entra. Rosmunda appare. Bob sta per uscire).

Rosmunda                  - Oh Bob!

Bob                             - (voltandosi)  Che vuoi?

Rosmunda                  - (ha indossato il mantello da sera) Senti un po'.

Tubbs                          - (capisce che Rosmunda vuol parlare con Bob, e gli toglie la bottiglia dalle mani) Date qua, la porto io. (Esce).

Bob                             - (ai piedi della scala, accanto alla colonna) È successo qualche cosa?

Rosmunda                  - No, caro. Volevo dirti soltanto che la signora Baker mi ha incaricato di salutarti. Si sta fa­cendo dare un punto all'abito. Le ho detto che noi dove­vamo andare e l'ho assicurata  che tu avresti  compreso.

Bob                             - Certamente. Come mai si è strappato il vestito?

Rosmunda                  - Sono stata io.

Bob                             - (spaventato) Tu?

Rosmunda                  - (sorridendo) Sì. Ci ho messo su un piede, per sbadataggine.

Bob                             - (sollevato) Ah! Senti, Rosmunda, vuoi proprio andare a  questo  ricevimento?

Rosmunda                  - Ma sì... Tu no?

Bob                             - Ho paura che ti stanchi.

Rosmunda                  -  Come  sei  premuroso!

Bob                             - Ti senti proprio bene?

Rosmunda                  - Caro il mio Bob... Sei tornato indietro di tre o quattro anni, vero?

Bob                             - (piano) Veramente, sono tornato indietro an­che di più.

Jim                              - Dov'è Bill?

Rosmunda                  - Scende subito. Ci siamo già salutate. Bi­sogna proprio che andiamo.

Bob                             - (a Tubbs) Vieni con noi?

Rosmunda                  - Deve ancora parlare di affari.

Jim                              -  Oramai siamo  già  d'accordo.

Tubbs                          - Rimango ugualmente qualche minuto, se non vi dispiace.

Jim                              - Sarei ben felice se rimaneste tutti... (Conversa­zione generale,  mentre i Farrington escono).

Rosmunda                  - Farebbe piacere anche a noi. È stata una serata deliziosa. La ricorderò sempre.

Jim                              - Siete ben gentile. Peccato che partiate così pre­sto. (Convenevoli a soggetto. Escono parlando. Tubbs è rimasto. Quasi subito Rosmunda torna indietro sola).

Rosmunda                  - (sulla soglia) Tubbs!

Tubbs                          - Eccomi! (Si avicina a lei).

Rosmunda                  - (lo bacia) Volevo soltanto ringraziarvi. (Esce. Suono di voci in anticamera. Fiorenza entra men­tre Rosmunda esce).

Fiokenza                     - Come sono simpatici. È strano che abbiate degli amici così.

Tubbs                          - (in fretta) Ascoltatemi, Ossetti. Linda ora scende, ed io « debbo » vederla sola. Volete essere uà tesoro e trattenere Jim per qualche  minuto?

Fiorenza                      - Temo di non avere il fascino occorrente. Come debbo fare?

 

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 Tuebs                         - Ditegli che volete assaggiare il suo Bourbon, poi chiedetegli dove lo compra... Basterà.

Fiorenza                      - Bourbon! E io che sono astemia!

Tuebs                          - (spingendola verso la porta) Siate buona vi riaccompagnerò a casa. (Jim appare sulla soglia).

Fiorenza                      - Stasera bevo anch'io. Ho sentito tanto par­lare di un vostro  Bourbon...

Jim                              - Benissimo: vado a prenderlo.

Fiorenza                      - Vengo con voi. (Segue Jim. Sulla soglia si volta. A Tubbs) Ho pensato a un regalo per voi, come dono di partenza.

Tubbs                          - Che cosa?

Fiorenza                      - Un serpente vivo.

Tubbs                          - Non saprei immaginare un dono più squi­sito! (Fiorenza esce. Tubbs si avvia in fretta per la scala. linda entra quando Tubbs è a metà. Ha la calma e l'equilibrio che risultano dall'aver superato una tremenda esperienza).

Linda                          - Venivate a cercare qualche cosa?

Tubbs                          - Voi.

Linda                          - Se non voltete altro, scendiamo. (Scendono. Tubbs ha l'aria soddisfatta).

Linda                          - Sono andati tutti via?

Tubbs                          - Fiorenza e Jim  sono  in biblioteca.

Linda                          - (scherzosa) Non so come abbiate il coraggio di guardarmi in faccia.

Tubbs                          - Oh, non è poi tanto brutta la vostra faccia...

Linda                          - Tubbs, canaglia... ho bisogno di ringraziarvi per avermi salvato la  ragione.

Tubbs                          -  Linda! (L'abbraccia).

Linda                          - Sono perfino pronta a perdonarvi di godere del vostro piccolo intrigo.

Tubbs                          - E i fantasmi?

Linda                          - Spariti:  sono  diventati visioni piacevoli.

Tubbs                          -  Come il golfo  di Napoli.

Linda                          - Tubbs, volete farmi un favore quando siete a Londra? Andate dal libraio di Oxford Street e com­prate una copia di « Alice nel paese delle meraviglie » illustrata da Tenniel, e il 19 marzo mandatela a sir Edoardo Melford.

Tubbs                          - Sarà fatto. Senza una parola?

Linda                          - No.  Rosmunda  sa. (Suono di voci).

Tubbs                          - Perché non la mandate voi stessa?

Linda                          - È più sicuro farla recapitare da Londra. (En­trano Fiorenza e Jim).

Fiorenza                      - (avanzandosi) Voi, lottatore giapponese, volete accompagnarmi a casa? Ricordatevi che sono una donna che lavora. (Baciando Linda) Buona notte, Bill.

Linda                          - Buona notte,  Fiorenza.

Fiorenza                      - Sperate  di  dormire  stanotte?

Linda                          - Ne sono sicura. (Fiorenza si avvicina a Jim. Tubbs a Linda).

Tubbs                          - Addio, cara. Ci rivedremo presto.

Linda                          - Vi sono infinitamente grata!

Tubbs                          - Vi prego,  non dite altro. (La bacia).

Fiorenza                      - Buona notte, Jim. E ricordatevi quello che vi ho detto. (Fa un gesto a significare fermezza).

Jim                              - Ah! Ah si, sì!

Tubbs                          - Vi ringrazio di tutto quello che avete fatto per me. E a rivederci fra  quindici  giorni,  a  meno  che una tempesta non vi porti via! Andiamo, signorina Os-setti... (Escono tutti e tre. Linda si mette sul divano a destra.  Jim rientra).

Jim                              - Come ti senti?

Linda                          - Benissimo.  E  di ottimo  umore.

Jim                              - Davvero?

Linda                          - Sì.

Jim                              - (mangiando un sandwich; con finta severità) Ti sei comportata in un certo modo... tutta la sera... Non mi sono  mai vergognato  tanto in vita mia.

Linda                          - (un po' mortificata) Oh Jim!

Jim                              - Che avranno pensato i Farrington?

Linda                          - (scherzosa) Mah... chi sa quante cose.

Jim                              - Oh, lo credo! Hai cominciato con venire giù tardi...

Linda                          - Di chi è stata la colpa?

Jim                              - E poi... Non hai preso un boccone a tavola.

Linda                          - No. Dammi un sandwich.

Jim                              - (glielo porta) E poi li hai lasciati soli. Davvero, Bill...  Beh,  speriamo  che  sia  tutto  finito.

Linda                          - Sì, grazie a Dio!

Jim                              - Ma che avevi?

Linda                          - Sciocchezze... tutta la mia cattiveria... sfu­mata... Non sarò mai più così, Jim.

Jim                              - (mangiando) E come vuoi che ti creda?

Linda                          - Prometto.

Jim                              - Ma come puoi cambiare così... improvvisa­mente...

Linda                          - (mangiando) Non hai visto mai quando il «ole attraversa una nuvola?

Jim                              - (in fondo alla scena) Bill!

Linda                          - (seduta sul divano col piatto) Così è stato per me... Se almeno non soffrissi il mal di mare...

Jim                              - (voltandosi) Che cosa?

Linda                          - Dici che il piroscafo sarà già completo?

Jim                              - Bill, non riesco a credere... (Le va vicino).

Linda                          - Se non c'è posto, mi toccherà raggiungerti col seguente.

Jim                              - Tu... in Inghilterra? Giuri che parli sul strio?

Linda                          - Giuro. Chi sa s'è avanzata un po' di aragosta?

Jim                              - E i tuoi incubi, tesoro?

Linda                          - Mai più. Vai a vedere, caro; muoio di fame!

Jim                              - Mi pare di impazzire! E sarai sempre così? Non ti troverò  diversa,  domattina?

Linda                          - Non mi troverai affatto, domattina, se non mi dai qualche cosa da mangiare.

Jim                              -  Sei  proprio  certa...

Linda                          - Sì,  caro.

Jim                              - Non ti allontanerai più da me...

Linda                          - No, amore; ti ho detto... (Gli fa cenno con la mano di andare).

Jim                              - Bada che al primo accenno di qualche scioc­chezza... (Si avanza verso di lei).

Linda                          - Finiscila, Jim... sei buffo... (Ride).

Jim                              - Voglio  solo  avvertirti  che  se...

Linda                          - No, smettila! Non resisto più, tesoro... (Jim le ha preso la mano. Linda si volta; si abbracciano)

FINE