Il sottoscala

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IL SOTTOSCALA

Commedia in due atti

Di CHARLES DYER

PERSONAGGI

CHARLIE

HARRY

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Scena prima

È la storia di due uomini di mezza età. Quando si alza il sipario il piccolo giradischi di Harry suona lo "Hallelujah Chorus" di Haendel. Charlie è seduto sulla poltrona gire­vole, con un asciugamano intorno al collo, e Harry ha appena terminato di raderlo. Harry ha una gran fasciatura a mo' di turbante intorno al capo. Facendo volteggiare il rasoio, Harry da un ultimo colpo alla basetta di Charlie, poi va alla porta. Entra per un secondo nello sgabuzzino adiacente; emette un suono a bocca chiusa; ritorna, facendosi saltare da una mano all'altra una salvietta bollente che applica sul viso di Charlie. Ora Harry si toglie la giacchetta bianca, con "Harry" ricamato sul taschino, e l'appende all'attaccapanni. Indossa un pullover abbottonato davanti. Toglie l'asciugamano dal collo di Charlie, se lo inette sotto il mento. Poi siede sulla poltrona. Charlie butta la sua salvietta bollente nel lavandino, infila una giacchetta bianca con "Charles" sul taschino, va a prendere un'altra salvietta bollente, canterellando a bocca chiusa, e la depone sul viso di Harry. Spegne il giradischi lanciando un'occhiataccia a Harry. Per un po' la comprime, assestandole dei colpetti; quindi...

Charlie                          - Che strazio, la domenica. (Harry borbotta qual­cosa attraverso la salvietta) Quand'è che ci decidiamo a chiamare l'uomo del gas? Di là c'è puzza di gas. Dev'essere lo scaldabagno. Siamo due incoscienti. (Harry borbotta) Ba­sta aprire la porta dello stanzino, e la fiamma si spegne.

Harry                             - Casa, dolce casa.

Charlie                          - Sai le risate il giorno che troveranno i nostri cadaveri carbonizzati.

Harry                             - Ho un peticello qui, me lo strizzi?

Charlie                          - Che schifo. Zitto.

Harry                             - Che c'è?

Charlie                          - Eccola! (Va verso la scala. Harry si alza e lo segue. Stanno in ascolto come due piccoli gnomi)

Harry                             - Le nove! Spacca il secondo!

Charlie                          - Shhh! Eccola! (Sentiamo dei passi pesanti giù per la scala; Harry e Charlie li seguono con gli occhi) Ora recitano il pezzo dell'addio alla dattilografa. (Sentiamo una voce di uomo che dice forte)

Voce uomo                   - (da dentro) Grazie, signorina Ricard. Torno domani a ritirare le copie.

Harry                             - Chiusura della porta... (Sentiamo sbattere l'uscio)

Charlie                          - Uno, due, tre, quattro, cinque...

Harry                             - Shhh. La porta si riapre... (La porta d'ingresso scricchiola. Poi dei passi circospetti su per le scale. Di nuovo, Charlie e Harry seguono il rumore con gli occhi. Finiscono col collo torto verso il soffitto. Su di sopra, un lieve tonfo)

Charlie                          - La scarpa sinistra!

Harry                             - (torna in poltrona) Ah! Cara signorina Ricard, qui bisogna aumentare l'affitto. Lei paga per una camera sin­gola.

Charlie                          - Chiamala singola! Dove eravamo rimasti?

Harry                             - Al mio peti... al mio puntino nero.

Charlie                          - Ah, già. (Traffica intorno al viso di Harry con dei batuffoli d'ovatta)

Harry                             - Che schifo. Che schifo. Credi a me: la natura è tutta da riformare.

Charlie                          - La natura! La natura! Sta' a vedere che è colpa della natura, se la signorina Ricard se la fa con mezzo quar­tiere. Prenditela con la Rivoluzione Industriale semmai.

Harry                             - Faccio una questione generale. Mi disgusta il siste­ma, Charlie... mi disgusta la biologia.

Charlie                          - "Come riformare la biologia", a cura del dottor Harry Leeds.

Harry                             - Non mi parlare dei dottori! Con la gente che li tratta neanche fossero Gesù Cristo. Mentre loro trafficano con lo stetoscopio e ti parlano solenni delle tue funzioni naturali.

Charlie                          - Come la storiella della lesbica alla toilette.

Harry                             - Lascia stare gli scherzi. Ci sto anch'io all'occorren­za; ma sono del parere... Volevo dire...

Charlie                          - Dov'è l'alcool denaturato?

Harry                             - Aspetta ci ho allungato la lozione da barba... deve essere nel mio armadietto... (Charlie prende la bottiglia e spruzza il viso di Harry) ...insomma, dicevo, secondo me il sesso avrebbero potuto organizzarlo meglio... da tutti i punti di vista.

Charlie                          - Lo dici tu. Se ti sentisse un coniglio...

Harry                             - Che c'entrano i conigli. I conigli non ci pensano. Secondo me non ne parlano nemmeno; per loro il problema non esiste.

Charlie                          - Ma piantala! Che mi vuoi dare a bere ?

Harry                             - Non vorrai mica litigare per questo!

Charlie                          - Litigo sì. "Non ci pensano". Secondo me i coni­gli non pensano ad altroda mattina a sera. Figurati un po'.

Harry                             - Può darsi. Ma... io volevo dire un'altra cosa... in­somma, non si capisce perché non abbiano fatto gli esseri umani tutti uguali.

Charlie                          - Tutti uomini, eh? Qui ti volevo. Niente donne.

Harry                             - Non del tutto. Alcuni settori della comunità po­trebbero essere adibiti alla procreazione, all'allevamento...

Charlie                          - Ecco fatto. Ora il mio fiorellino mi diventa an­che comunista.

Harry                             - Secondo me la maggior parte dei guai dell'uomo dipende dal sistema di riproduzione imposto dalla natura. Ne sono convinto. Convintissimo. Tu ci ridi. Ma come dico io sarebbe più simpatico, più pulito, più bello. Niente di cosi viscido... di clandestino.

Charlie                          - Ha messo il ditino sulla piaga! Ma scusa, secon­do te, dove li dovremmo tenere, i nostri accessori? Sulla testa?

Harry                             - E perché no? Che male ci sarebbe, se avessimo... per esempio... un paio di antenne. Maschi e femmine. Tutti quanti. Nessuna differenza, nessuna morbosità. Un bel sor­riso; ti levi il cappello; porgi l'antenna...

Charlie                          - Ma che delizia! Che delizia! Proprio quello che mi ci vuole di prima mattina... un bel sorriso, e una stretta di antenne. (Rimette la bottiglia nell'armadio. Harry si alza e ripiega il suo asciugamano. Butta la salvietta nel cestino)

Harry                             - Più nulla da nascondere. Anzi! Sarebbe addirittu­ra... pittoresco. Se tutti avessero queste antenne. (Con un leg­gero tremito. del labbro) Se fosse stata una cosa semplice... simpatica, aperta, pulita... io non sarei quello che sono.

Charlie                          - Siamo al momento dei piagnistei? Eh? Al mo­mento dei piagnistei?

Harry                             - (con energia) Ma figurati!

Charlie                          - Meno male. (Siede sulla poltrona. Harry porta un piccolo tavolino e una sedia. Siede accanto a Charlie e comincia a fargli le mani) Le antenne! Adesso vuole le an­tenne.

Harry                             - Chiudi la bocca, che c'entrano le mosche.

Charlie                          - Nel tuo sistema sono inclusi anche i levrieri e i coccodrilli?

Harry                             - Tutte le creature del buon Dio.

Charlie                          - E al porcospino ci hai pensato? Poveraccio.

Harry                             - La verità è che tu degli altri te ne infischi.

Charlie                          - Comunque è un bel programma. Pensa all'ora di punta nella metropolitana! Chiedi "permesso?", ti levi il cappello... e ingravidi un plotone di dattilografe.

Harry                             - Neanche per sogno. Basterebbe ripiegare le antenne quando...

Charlie                          - Ah! Già pensi a ripiegarle! (Salta giù dalla pol­trona, allegro)'

Harry                             - Volevo dire...

Charlie                          - A ripiegarle! Hai detto proprio "ripiegarle"!

Harry                             - Sempre pronto a sfottere quanto c'è di nobile nei sentimenti degli altri.

Charlie                          - Chiamali nobili sentimenti. Il coccodrillo con le antenne! (Torna a sedere sulla poltrona. Harry continua a fargli le mani. Dopo un poco) Siamo al momento del broncino, eh? Il momento del broncino.

Harry                             - No.

Charlie                          - Dovresti fare i salti di gioia, caro mio. I veri guai tu non sai nemmeno dove stanno di casa.

Harry                             - Ah, no?

Charlie                          - Nossignore. Mettiti un attimo nei miei panni, compare... nei panni di uno che vive nel terrore di quello che gli può portare la posta.

Harry                             - Per oggi puoi stare tranquillo. Domani è Lunedì. E negli uffici il sabato fanno vacanza.

Charlie                          - E se me lo recapitano a mano?

Harry                             - Non avevi detto che ormai è troppo tardi?

Charlie                          - L'aveva detto Ronnie Unsworth. Non l'ho detto io. Ronnie dice che un ordine di comparizione si consegna entro le quarantott'ore.

Harry                             - Sono passati dodici giorni.

Charlie                          - Tredici. Ahi! attento alle pelli! (Ritira in fretta la mano. Harry si alza e va alla finestra)

Harry                             - Non capisco il senso di tutto ciò. Se mi propo­nessero di morire... pacificamente, e... e serenamente... cosi, ora... forse non direi di no... Che dici? Accendiamo la televi­sione, per un'oretta?

Charlie                          - Morte, maledizione e dannazione. No, grazie. (Harry preme il naso contro le tende verdi)

Harry                             - Fuori c'è come un fumo di legna; è una di quelle sere in cui i tacchi fanno "doppiti, clop" mordendo il sel­ciato. Le valli devono essere piene di nebbia, lo sento. Le pecore tossiscono. Le campane della chiesa sono disperata­mente sole.

Charlie                          - Pecore? Campane? Guarda che li davanti hai il mercato coperto di Brixton.

Harry                             - Pensavo a tanto tempo fa... quando con le mie sorelline... correvamo ridendo a bagnarci il viso nella rugiada di maggio.

Charlie                          - Le pecore con la tosse e la rugiada di maggio! È passato in fretta, l'inverno. Accidenti. (Si asciuga il viso) Se almeno dessero un segno di vita. Uno solo. Se mi dicessero che hanno archiviato tutto, eh? Dio santo, che festa sarebbe.

Harry                             - Senti. Ti va di fare un po' di giardinaggio?

Charlie                          - Nel cuore della notte? Ecco il momento della follia! E dove, di grazia?

Harry                             - In giardino.

Charlie                          - Chiamalo giardino!

Harry                             - Abbiamo i semi dì mammà; se accendiamo la luce nello stanzino ci vediamo benissimo...

Charlie                          - È pazza. Ci manca solo il giardinaggio! Per ritrovarsi con le unghie nere e le scarpe piene di vermi.

Harry                             - Vuoi che andiamo su?

Charlie                          - Vacci tu.

Harry                             - E tu che fai?

Charlie                          - Io resto qui a bottega. Si sta d'incanto. Lo adoro.

Harry                             - Ma non c'è niente da fare.

Charlie                          - Lo dici tu! Ci si può guardare allo specchio, fare la giostra sulle poltrone. Ci sono tutti quei preservativi da gonfiare come palloncini. Un incanto. (Gira in tondo sulla poltrona)

Harry                             - Ieri sera è avanzata un po' di torta al marzapane. Potrei fare una tazza di tè.

Charlie                          - Se ti va. (Estrae una lettera di tasca, legge. Harry traffica con un bollitore d'acqua elettrico, sul tavolino)

Harry                             - Stanotte ho sognato che salivo su una scala mo­bile. Avevo un pettine nei capelli e un sospensorio. Nient'altro. Pensa un po'.

Charlie                          - Siamo al momento dello strip-tease.

Harry                             - Forse perché abbiamo parlato di vacanze. Ti ricordi? Dicevamo: in questo momento vorrei camminare in slip lungo la spiaggia, tutto abbronzato, con la gente che mi guarda con invidia. Ma abbiamo trascurato un particolare: l'ho capito ieri sera quando mi sono visto nello specchio del bagno.

Charlie                          - (rileggendo la sua lettera) Secondo te Cassy si aspetta di trovarmi alla stazione, domani?

Harry                             - (aprendo il pacchetto della torta) Comunque, de­v'essere per questo che ho sognato il pettine e il sospen­sorio. Che strano! Sognavo e mi rendevo conto che non era vero... Non è più come quando mi svegliavo e cercavo i soldini sotto al guanciale. Come se fossi uscito dal sogno... mi guardavo mentre stavo su quella scala mobile. Che spetta­colo orrendo, Charlie. Ho visto un vecchio grasso, sfasciato, cadente. Ero floscio e ridicolo, e me ne rendevo conto. Con una pancia da maiale; sfigurato, orrendo...

Charlie                          - Se continui do di stomaco.

Harry                             - Tu te ne freghi, vipera! Bella forza: tu non sei cambiato. Ma io sono finito... anche se dentro sono sempre uguale. Si, dentro è come se avessi sempre il mio slippino, Charlie. E il mio cuore è ancora capace di ballare. Ma chi può indovinarlo? A chi può venire in mente di portarmi su una spiaggia?... Non si può cavar sangue da una rapa... da una vecchia rapa triste e marcia.

Charlie                          - Andiamo, un po' di dignità! Un po' di dignità! (Harry mette il tè nella teiera)

 

Harry                             - Lo so che da te non c'è da aspettarsi compren­sione.

Charlie                          - Ma con chi ce l'hai, con chi ce l'hai, eh? Siamo tutti nella parabola discendente, vecchia mia. Alle mie vene varicose non ci pensi? ...Ho le gambe incrostate come il tre­spolo di un pappagallino. Respiro a fatica; e sarà dal cinquantatre che non riesco a vedermi le rotule. (Salta giù dalla poltrona)

Harry                             - Ma visto da fuori sei sempre bello. (Charlie si esamina allo specchio)

Charlie                          - Oh... non saprei.

Harry                             - Ma si, Charlie. È questa la tua fortuna.

Charlie                          - Mi sono tenuto in forma... Mi balla un po' la mascella.

Harry                             - Non si vede. (Versa l'acqua bollente nella teiera)

Charlie                          - Che penserà Cassy, secondo te?

Harry                             - Dovrebbe essere molto fiera.

Charlie                          - Non capisci. Volevo dire... di noi.

Harry                             - (alza il capo) Non sono affari suoi, no?

Charlie                          - (annuisce) Domani si potrebbe chiudere un po' in anticipo.

Harry                             - Dici?

Charlie                          - Se non ti dispiace. Sai... non succede tutti i gior­ni, eh? ...Un padre che vede la figlia per la prima volta.

Harry                             - Dopo un quarto di secolo.

Charlie                          - Non esageriamo. Avrà ventuno anni, ventidue al massimo. Ah, la sporcacciona. Mi ha rubato la mia gioventù. Eh, si. Proprio cosi.

Harry                             - Chi, Cassy?

Charlie                          - No, sua madre: mi sposò con l'unico scopo di... di procreare, come si dice nella Bibbia.

Harry                             - Ed io metterò la discordia fra il tuo seme ed il suo.

Charlie                          - Ma che dici?

Harry                             - È scritto nella Genesi o nel Levitico. Ora non mi ricordo.

Charlie                          - Siamo al momento mistico, eh? Il momento mistico?

Harry                             - Continua: non volevo interromperti.

Charlie                          - Ho perso il filo.

Harry                             - ...Ti stavi lamentando perché ti è toccato di essere padre: fortuna negata a migliaia di noi.

Charlie                          - Bella fortuna davvero! Poveri noi! Nove mesi di nausea tutte le mattine, due tremende settimane alla ma­ternità... le portai delle dalie e le frullò nella padella... e poi, un'eternità di ululati; e la prima notte che riesco a chiu­dere occhio... trovo un biglietto appuntato alla testiera del letto. Piantato! Mi avevano piantato! (Harry versa il tè) Anche la luna di miele fu un... un olocausto: una notte di passione e tredici di mal di pancia. Aveva mangiato il pesce guasto. (Harry ridacchia) Me la sono proprio spassata. Dav­vero! Una delizia... la sposina ritrosa tutta tremante e coperta di pustole a battere i denti sotto l'ombrellone; fuori, acqua a catinelle... Fossi riuscito almeno a fare un bagno; nossi­gnore. C'era un'invasione di meduse. (Harry ride rumorosa­mente. Prende Charlie per il braccio e lo ricondurre verso la sedia)

Harry                             - Topino. Vieni a prendere il tè.

Charlie                          - (sedendosi) Calcola un po' quanto le ha reso. Cinquanta scellini di alimenti alla settimana, Harry. Cin­quanta scellini.

Harry                             - Un giudice carogna.

Charlie                          - Aveva la toga e tanto basta. Udienza di divor­zio, tocco e toga nera! (Con voce nasale) "Ah, lavoriamo nel­lo spettacolo, eh", mi fa. E a quei tempi avevo un nome importante, caro mio. Parti di protagonista. Mi sa che tu non te ne sei mai reso conto.

Harry                             - Ma si, certo.

Charlie                          - Chiedilo a Archy Selder. Fattelo dire da lui.

Harry                             - Lo so.

Charlie                          - Verità sacrosanta! Ma lo spettacolo è una pa­rolaccia, Harry. Una parolaccia. "Ah, lavoriamo nello spetta­colo, eh", disse. Sembrava che gli tornasse su il pranzo. Io ero giovane, capisci. Ero giovane. E pur di ottenere un effetto... un effetto, Harry, non c'era altro al mondo per me... "Lavoriamo?", dissi. "E lei, scusi, in quale balletto lavora?" gli dissi.

Harry                             - Non me l'avevi mai raccontato.

 

Charlie                          - No? Beh, andò cosi, caro. Venne giù il teatro. Già, ma il giudice diventò paonazzo. Paonazzo. Dagli orec­chi gli uscirono due file di pipistrelli. Mi pare che raddop­piò gli alimenti. E assegnò la bambina a lei. Mi derubò della mia bambina. È stata la battuta più cara della mia vita.

Harry                             - Oh... non è possibile. Non posso crederci. (Scuote il capo, trattenendo il respiro)

Charlie                          - Cos'è che non credi?

Harry                             - Questa non è giustizia inglese.

Charlie                          - La giustizia! Perché tu credi nella giustizia, povero demente! Amore: la giustizia non esiste, e non ci sarà mai, fino al giorno in cui isseranno sulla pedana delle macchine calcolatrici. E anche allora, a me toccherà quella arrugginita. (Harry continua a scuotere il capo) E piantala di scuotere la testa! (Sembra stranamente irascibile) Che ho fatto di male? Sentiamo! Avanti, dillo.

Harry                             - Che devo dire?

Charlie                          - Ma mettiti un tappo! (Salta giù dalla poltrona e va verso lo specchio. Riprende la lettera e la rilegge, cam­minando verso destra) Dio santo, come faccio a fare entrare Cassy alla televisione? È impossibile.

Harry                             - Avrai qualcuno a cui presentarla.

Charlie                          - Chi? Il portiere? Tutto quello che ho fatto da dieci anni a questa parte è un muffo short pubblicitario per una casa di impermeabili. Quattro repliche, sedici ghinee. Dicevo soltanto: "Mollate il pappafico!".

Harry                             - Faceva un bell'effetto.

Charlie                          - Si: troppo! Infatti arrivò subito la prima let­tera della sporcacciona... tranne quella lurida cartolina la volta che tardai a pagare gli alimenti; ti ricordi, quando a mammà vennero le fitte di vomito... Come vado in onda con stivali di gomma, cappello da baleniere e brache blu marin, ecco che si rifanno vive! Mia figlia che cerca la fama.

Harry                             - (passandogli la torta) Un po' di torta?

Charlie                          - Da' qua. Proprio al momento giusto! Ho la polizia alle calcagna; e... Ma lo sai che mi è arrivata perfino una cartolina indirizzata all'Uomo del Montgomery? Chiede­vano soldi: "avete mai pensato a quanti marinai sono senza tetto..."? ...Di quella alla crema non ce n'è più?

Harry                             - L'hai finita tu ieri.

Charlie                          - Che faccia di bronzo!

Harry                             - Prego?

Charlie                          - Faccia di bronzo, ho detto. Hai sentito benissimo.

Harry                             - No, Charlie. L'hai finita proprio tu. mentre facevi gli occhi dolci a quel chitarrista.

Charlie                          - Ah. (Fa qualche passo, si siede sulla panca dei clienti) Allora siamo intesi... Tu esci.

Harry                             - Quando?

Charlie                          - Quando viene Cassy.

Harry                             - E perché dovrei uscire?

Charlie                          - (alza le spalle) Beh... è mia figlia.

Harry                             - E con ciò?

Charlie                          - Niente... niente. (Posa la sua torta sulla panca accanto a sé e prende una rivista) Ehm... posso prendere in prestito la macchina di Ronnie Unsworth quando voglio.

Harry                             - Davvero?

Charlie                          - Non è un'idea? Potremmo portare tua madre a fare un giretto.

Harry                             - Sì?

Charlie                          - Mm. Poverina, sempre rinchiusa su di sopra. Le farebbe bene... un po' d'aria.

Harry                             - Se ha l'artrite. Non si può muovere. (Gli scocca un'occhiata insospettita)

Charlie                          - Potremmo calarla giù per le scale; le facciamo una specie, ehm, di seggiolino.

Harry                             - Cos'è quest'energia, tutt'a un tratto? E questo inte­resse per la mamma? Saranno dieci anni che non la no­mini.

Charlie                          - Prego, prego, un momento! Chi le ha regalato quella pianta a Natale?

Harry                             - E chi l'ha dovuta issare al piano di sopra?

Charlie                          - Perché, sei paralitico anche tu?

Harry                             - Hai sempre detto che non potevi accostarti alla mamma. Che le puzzano le pantofole.

Charlie                          - Ehm, beh... Per questo dico che un po' d'aria le farebbe bene.

Harry                             - Mi prendi per stupido! Areare mammà!

Charlie                          - Per mia madre lo farei... se non fosse che lei è rinchiusa dove sia; e io la vado trovare, caro mio.

Harry                             - Quando?

Charlie                          - Ogni sabato.

Harry                             - No, quand'è che le toccherebbe questa boccata d'aria, a mia madre?

Charlie                          - Ehm...

Harry                             - Domani sera?

Charlie                          - Buona idea! Perfetto.

Harry                             - Ma viene Cassy.

Charlie                          - Viene Cassy? Ah già, è vero!

Harry                             - Già.

Charlie                          - Sai che ti dico allora? Portacela tu. Vedrai che Ronnie non avrà niente in contrario.

Harry                             - Ecco dove andavi a parare! Brutto sodomita im­broglione! Calare mammà giù per le scale... piuttosto le dare­sti fuoco alle mutande.

Charlie                          - Scusi tanto, reverendo!

Harry                             - Ti vergogni di far conoscere Harry a tua figlia? Beh, ti dico una cosa: questo è il mio negozio; è la mia vita. Se hai paura del... del... del dito accusatore di Cassy...! (Cammina in su e in giù) Per Dio! Che faccia tosta...! Se rinascessero i Dodici Apostoli, ne faresti un complesso pop.

Charlie                          - (offeso) Come sei suscettibile, stasera.

Harry                             - Mia madre non ha mai pronunciato una parola scortese sul tuo conto. Debole, malata, sofferente com'è, "Co­me sta Charlie?", chiede sempre.

Charlie                          - È inutile che ora mi sbatti in faccia tua madre...

Harry                             - Non lo chiederebbe, "come sta Charlie?", se s'im­maginasse che questa checca spietata voleva impacchettare la sua artrite in una macchina infernale! (Cammina qua e là, afferrando meccanicamente pettini e forbici, e posandoli di nuovo) Senti, spero proprio che i poliziotti ti acchiappino, caro mio! Che ti diano una lezione... brutto invertito! ... Per Dio! Si vergogna di presentarmi sua figlia.

Charlie                          - (quasi un sussurro) Non te la prendere. (Harry infila di nuovo la spina del bollitore elettrico)

Harry                             - Sei proprio sfasato, Charlie. Sei una pattumiera piena di incoerenze. (Questo umore di Harry ci insinua per la prima volta il sospetto che Charlie non sia sempre lui il "capo"... Charlie rimane mansueto per un po'. Fa passeg­giare le dita lungo la panca...)

Charlie                          - Ci andrei, alla stazione, ma, ehm... non abbiamo un segno di riconoscimento. Nessuno dei due saprebbe rico­nosce l'altro.

Harry                             - Caro! Puoi sempre metterti il tuo montgomery. Portati una copia di Playboy sotto braccio.

Charlie                          - Ah, ah, si. No. ehm, veramente preferirei... in­contrarla in privato. Da solo. Qui.

Harry                             - Dovevi pensarci prima, come diceva mia nonna.

Charlie                          - A cosa?

Harry                             - (alza le spalle) Tu ti sei sposato; tu hai fatto la figlia. Beh, ora hai me!

Charlie                          - Già. Come se non lo sapessi. (Va alla finestra, sconsolato)

Harry                             - Si! Hai me! Quel verme di Harry Leeds, che ti ha sfamato; che ti ha insegnato un mestiere quando hai chiuso col teatro.

Charlie                          - Prego! Prego! Ancora un paio di shorts pubbli­citari, e sarò di nuovo sulla cresta dell'onda.

Harry                             - Ma a chi lo racconti!

Charlie                          - Prego, carissimo! Dimentichi il piccolo partico­lare che Archy Selder mi sta preparando una serie! La mie serie!

Harry                             - Ma che mi dici! Allora appendi il rasoio al chiodo.

Charlie                          - Certo!

Harry                             - Ti trasferisci all'Hilton?

Charlie                          - Prenderò un appartamento.

Harry                             - (va alla porta) Benissimo! Te la sgombro io, la tua metà dell'armadio!

Charlie                          - Ma via! Aspetta almeno che il cadavere sia fred­do!

Harry                             - Non voglio tarparti le ali! Ti tiro giù la tua roba.

Charlie                          - È domenica, ed è notte fonda, stupidone.

Harry                             - E con ciò?

Charlie                          - Dove vuoi che vada?

Harry                             - Dritto all'Hilton. Potrai ricevere Cassy nell'appar­tamento imperiale.

Charlie                          - Ma al diavolo Cassy! Perché dobbiamo litigare?

 

Harry                             - Ti vergogni di me. Non sono all'altezza.

Charlie                          - Chiudi la porta e calmati! L'acqua bolle. (Harry chiude la porta e viene avanti. Versa l'acqua nella teiera)

Harry                             - Avrei dato i denti del giudizio per essere sposato.

Charlie                          - E chi vuoi che li pigli, i tuoi dentacci!

Harry                             - Mi mettevano in un tale imbarazzo... con quelle domande velenose...

Charlie                          - Quali domande?

Harry                             - "Lei ha famiglia, signor Leeds?"... "Vive con la mamma?"... "Chi era quel giovanotto con lei ieri sera?"

Charlie                          - Ma chi te le faceva? Eh? Chi?

Harry                             - Le madri; i genitori; quando avevo quel reparto di boy-scout.

Charlie                          - Oh.

Harry                             - E io prendevo fuoco; arrossivo, ogni volta. Me lo sentivo arrivare; mi fermavano per strada. Due minuti di preliminari, e poi giù il colpo basso: "È sposato?"... Con quel tono casuale, col sopracciglio alzato... "Purtroppo no..." "Oh-oh-oh-oh-, davvero!... Mm, beh, il piccolo Johnny ci racconta sempre tutto quello che gli succede, signor Leeds" ...E io con la faccia come il didietro di un babbuino.

Charlie                          - Eh, beh. Che importa. (Prende la sua torta. Har­ry riempie le tazze)

Harry                             - Ma come si permettono! Chi li autorizza!

Charlie                          - Che fai, ti ci arrabbi ora? Saranno passati venti anni, santo Dio.

Harry                             - Sono cose che lasciano il segno.

Charlie                          - Si; beh, non mi sarei fidato di te nemmeno io. Bel tipo eri, coi calzoni corti e quell'aria impacciata e sfuggente. Non ti avrei affidato nemmeno un gatto impa­gliato.

Harry                             - Non mi hai mai visto quando ero coi boy-scout.

Charlie                          - Non ti ho mai visto? Non ti ho mai visto! Quella gita... proprio la primissima gita che facemmo... quando an­dammo a Hampton Court... che tua madre ci preparò le tutine.

Harry                             - lo avevo la giacca nuova di camoscio...

Charlie                          - Tu eri in divisa da capo a piedi, bello mio. Non ti mancava nulla. Calzettoni, pugnaletto e alpenstock, tutto in regola. E mi vieni a raccontare che ti sentivi imbarazzato! (Harry ridacchia, timido)

Harry                             - Ho sempre avuto un complesso di colpa. Non lo so nemmeno io, perché venni in divisa.

Charlie                          - Ah, lo ammetti, ora.

Harry                             - Beh. Allora non ti conoscevo. Chissà. Mi faceva sentire importante; virile. Mi dava un certo stile, immagino.

Charlie                          - E dopo, in quella pasticceria! Quando ordinasti il tè in francese. Tu.

Harry                             - (ridacchia) Già, già. E naturalmente, arrossii.

Charlie                          - Finisti sotto il tavolo.

Harry                             - ...Feci finta che mi fosse cascato un cucchiaino.

Charlie                          - Si; sparisti per dieci minuti. Credevo che ti fosse venuto un colpo.

Harry                             - I miei rossori duravano più che la mostarda nella dispensa di un curato.

Charlie                          - Oh, questa è degna del Sunday Times! Ma che spiritoso! Bravo, tesoro.

Harry                             - E passato molto tempo dall'ultima volta che sono arrossito.

Charlie                          - E non è che te ne siano mancate le occasioni... con quell'affare avvoltolato intorno alla testa... (Accenna col capo alla fasciatura di Harry)

Harry                             - Oh, non cominciare, Charlie. Ti prego!

Charlie                          - Che vecchia pazza sei. (Con affetto) Che vec­chia pazza. (Charlie mastica la sua torta. Harry sorseggia il tè... poi, all'improvviso)

Harry                             - Una volta andai in un casino.

Charlie                          - Per piacere sto mangiando!

Harry                             - Dico per dire che ne ho viste di tutti i colorì.

Charlie                          - E come ti presentasti? in calzoni corti e cappel­lone?

Harry                             - No.

Charlie                          - Pugnale e alpenstock? Dopo ti avranno dato un altro distintivo, no?

Harry                             - Piantala, dai!

Charlie                          - . Non mi dire che non ti hanno dato il distintivo del casino! Da mettere sul braccio sinistro, fra quello del campeggio e quello della buona azione quotidiana. È un bel distintivo! Un paio di mutande che sventolano da un palo di tenda in campo azzurro.

Harry                             - Smetti di sfottere, cimice.

Charlie                          - Grazie, santità! Diventiamo cattivi! Scherzo, dico per ridere. E tu subito azzanni il polpaccio.

Harry                             - Si, per ridere! Credi che non lo sappia, quanto sei malvagio, in realtà? In superficie tutta una frivolezza, e sotto sotto, il fiele. E scava, rode, insinua. Ma va' al diavolo. (Una pausa) Ti stavo raccontando una storia interessante...

Charlie                          - ...L'ho già sentita. L'avrò sentita dieci volte, la storia del casino.

Harry                             - Non è vero.

Charlie                          - C'era uno seduto sulle scale che piangeva. Non è cosi?

Harry                             - È solo un particolare.

Charlie                          - Poi si è spalancata una porta.

Harry                             - Una tenda. Era una tenda.

Charlie                          - E una donna con la sigaretta in bocca ti ha pro­posto di ballare nudo mentre lei ti tirava della marmellata nell'ombelico... L'ho già sentita, compare. La so a memoria. Non hai più nulla che non abbia già visto e sentito mille volte... E il finale è sempre lo stesso.

Harry                             - Che finale?

Charlie                          - Il finale della tua storia del casino. È sempre lo stesso. Fai una pausa; prendi fiato, e dici: "Pensa, era Sabato Santo". (Scaraventa il suo pezzo di torta nel cestino) E se un'altra volta ti sento fare una pausa, prendere fiato, e dire "Pensa, era Sabato Santo", mi metto una mela in bocca e vado a farmi arrostire all'inferno! (Un'altra pausa)

Harry                             - Non ti capisco. Cambi da un momento all'altro... non so mai come prenderti.

Charlie                          - La varietà è il sale della vita.

Harry                             - Non hai mai pensato al mio nome, Charlie: Harry Leeds? Harry C. Leeds... Lo sapresti scrivere?

Charlie                          - Che fai, dai i numeri, adesso?

Harry                             - Come sai che sono qui? Che prove hai della mia esistenza? Come fai a sapere che non sono un prodotto della fantasia? (Suonano alla porta. Charlie e Harry si alzano. Rimangono fermi in silenzio. Dopo un poco, un altro squillo)

Harry                             - È domenica. Non è possibile che vengano di do­menica.

Charlie                          - (gli trema la voce) Sarà Ronnie Unsworth.

Harry                             - Vai ad aprire... (Un altro squillo) ... tanto non smet­tono.

Charlie                          - Vacci tu. Guarda dal buco della serratura. (Entrambi vanno verso la porta. Charlie apre e Harry passa nell'ingresso. Dopo un poco ritorna) Un uomo?

Harry                             - Si.

Charlie                          - Un poliziotto?

Harry                             - Non lo so. Sta proprio davanti al buco.

Charlie                          - Ma levati! (Spinge da parte Harry, poi va lui in ingresso. Charlie torna dopo un attimo, coprendosi la boc­ca con entrambe le mani)

Harry                             - È lui?

Charlie                          - (annuisce col capo) Un poliziotto. L'ho visto.

Harry                             - E che fa?

Charlie                          - Sta li. Sorride.

Harry                             - A chi?

Charlie                          - A me, idiota! (Chiude la porta) ...È li fuori, in agguato.

Harry                             - E ora?

Charlie                          - Bluffiamo. Spegni le luci.

Harry                             - Aspetta! sta aprendo la porta! (Vediamo un'ombra alta attraverso il vetro dell'uscio. Poco dopo sentiamo bus­sare)

Charlie                          - Dio protegga Oscar Wilde e tutti noi!

Voce                             - (da dentro) C'è nessuno?

Charlie                          - (forte) È chiuso; ripassi domani! (Spinge Harry verso il boccascena. Parlano sottovoce)

Voce                             - (c.s.) Aprite, per favore. (Charlie torna sui suoi passi, quasi strisciando. Piano piano, apre l'uscio di qualche cen­timetro) È in casa il signor Charles Dyer?

Charlie                          - Forse. Forse. Perché?

Voce                             - (c.s.) Per caso è lei il signor Charles Dyer?

Charlie                          - Io pago le tasse, brigadiere. Voglio dire, chi mi assicura che... Insomma, ho il diritto di vedere i suoi do­cumenti.

Voce                             - (c.s.) Certo. Per quanto sia del tutto superfluo. (Vediamo un braccio che indossa una divisa; la mano mo­stra un tesserino. Charlie lo guarda. Il braccio scompare di nuovo e Charlie chiude l'uscio)

Charlie                          - (sottovoce) Ha una tessera.

Harry                             - Di che?

Charlie                          - (senza più speranza) Non ho avuto la forza di guardare.

Harry                             - Dio, che pappamolla sei. (Bussano ancora al vetro. Charlie apre lentamente la porta)

Voce                             - (c.s.) È lei il signor Dyer? (Charlie fa di si col capo, cupo)

Charlie                          - (con un fido di voce) Si.

Voce                             - (c.s.) Ah. Allora ecco qua. Buonanotte. (Il poliziot­to porge a Charlie una lunga busta gialla, quindi si allon­tana con passo pesante. Sentiamo la porta esterna che si ri­chiude. Charlie chiude la porta della bottega e viene avanti, senza meta)

Harry                             - (seguendolo) Non avrei mai creduto che arrivasse di domenica. (Dà dei colpetti sulla spalla di Charlie) Vedrai che non è niente.

Charlie                          - (con un fido di voce) No.

Harry                             - Ehm, che c'è scritto? (Con dita tremanti, Charlie apre la busta. Estrae un documento e cerca di leggerlo; poi lo porge a Harry)

Charlie                          - Leggi tu.

Harry                             - Oh, ehm, dici davvero?

Charlie                          - Ho una nebbia davanti agli occhi, Harry... una nebbia... che ci vedo triplo. Tieni...! (Porge il plico a Harry. Harry legge forte)

Harry                             - "Per Charles Dyer, presso Chez Harry..."

Charlie                          - Lascia perdere l'indirizzo.

Harry                             - Mmmm... "In data odierna è stato portato a cono­scenza di Rychard Lees, della Questura Centrale..."

Charlie                          - Si, si. Vai al sodo.

Harry                             - Mmm... Oh, Dio! Stai a sentire, Charlie: "...che nella Ripartizione suaccennata, in un circolo privato noto come il Pomo di Adamo, ella ha tenuta un contegno tale da turbare profondamente la pubblica quiete, mediante un'esi­bizione in abiti femminili..." Oh, Dio, Charlie!

Charlie                          - Leggi, Harry! Leggi!

Harry                             - "...unita ad atti intesi a... corrompere..." (Charlie sprofonda nella poltrona. Harry stesso è sul punto di scop­piare in pianto) Accidenti, Charlie. (Sottovoce) Accidenti.

Charlie                          - Ehhh... si... sono proprio calati sul Giordano... fra tuoni e fulmini, eh! Poveri noi... eh! (È vecchio, stanco, spaventato)

Harry                             - Oh, Charlie!

Charlie                          - E quando, lo dice?

Harry                             - "Pertanto si intima alla signoria vostra li compa­rire davanti alla Corte riunita in..."

Charlie                          - ...La data! Dimmi la data! Che m'importa di dove si riuniscono. Dimmi la data!

Harry                             - Un momento... bla-bla-bla... il ventitré di questo mese. (Charlie e Harry contano in silenzio)

Charlie                          - Fra dieci giorni.

Harry                             - Nove. No, dieci. Si.

Charlie                          - Se potessi andarci... stasera; levarmi il pensiero. Ho già passato quindici giorni di tortura. Rileggi un po'... (Con un gesto improvviso, cattivo, Harry straccia il foglio e lo butta in terra)

Harry                             - Accidenti a te, Charlie! (Charlie si alza e si ingi­nocchia a recuperare i pezzi)

Charlie                          - Ma che ti piglia... che ti piglia...

Harry                             - Non mi avevi detto nulla. "Un equivoco", dicevi. "Un sopruso"... tutti addosso al povero Charlie innocente.

Charlie                          - Mi vuoi morto? (Geme sulle carte stracciate) Che hai fatto? Sicuramente è proibito.

Harry                             - E il travestimento! Te n'eri scordato!

Charlie                          - Il travestimento? Che travestimento?

Harry                             - "Mediante un'esibizione in abiti femminili..."

Charlie                          - Il mio vecchio numero di varietà, tesoro. Ho dato una mancia alla ragazza delle sigarette perché mi imprestasse il grembiulino; ho preso un cappello e mi sono arrotolato i calzoni. (Si alza) Tutto qua il tuo travestimento! Lo giuro. Ah, e poi mi sono avvolto un plaid intorno alle gambe per fare la sottana. Chiamalo "travestimento". Ma fammi il pia­cere!

Harry                             - E dopo ti sei seduto sulle ginocchia di Ed Chry­sler...!

Charlie                          - Per corromperlo? Poveri noi! E sposato con cin­que figli! (Harry gli strappa il foglio di mano)

Harry                             - (in tono stanco) Da' qua che l'aggiusto. ( Durante il dialogo seguente, Harry apre cassetti e cerca negli scaffali il nastro adesivo)

Charlie                          - Guarda che Ed Chrysler è a postissimo. Ultrare­golare. Ha cinque figli. Cinque! A quest'ora magari ne ha già un altro.

Harry                             - Tuo?

Charlie                          - (fra i denti) E piantala! Ti dico che è sposato... Ha sposato quella culona che stava nella rivista... come si chiamava? Insomma. Una bella ragazza. Dice: scommetto cinque sterline che non sai più fare l'imitazione di Lady Muck madrina al varo della corazzata. (In falsetto) "Le spe­ranze riunite della nazione..." Lo sai, no, quel mio vecchio numero. Una stupidaggine. Una vera stupidaggine, caro; e quel cretino di poliziotto, un ragazzino... Un ragazzino, Harry, era solo un ragazzino... Eccolo qua, lo scotch.

Harry                             - Ah, si.

Charlie                          - È successo tutto in un attimo. In un attimo. Una frotta di poliziotti sbucavano dalle prese della luce, dalla cappa del camino. Qualcuno aveva fatto reclamo. Schiamazzi notturni. Il pizzicagnolo della porta accanto. Figlio di un cane! Non mi appiccica più di un cetriolo neanche se muo­re! ...Insomma, capisci, non succedeva niente; è questo il guaio. E siccome ai poliziotti non piace fare gite a vuoto... sprecare la benzina dello Stato... sono saltati addosso al povero Charlie! Si. Proprio cosi! Tutti addosso, caro mio... meglio di niente. (Rabbrividisce, si stropiccia le braccia) Qualcuno è passato sulla mia tomba. (Cerca di ridere) Sono li, in agguato... Oh, bravissimo, Harry. Un capolavoro. Si. Si. (Prende la comparizione riappiccicata. Harry annuisce col capo e va a sedersi sulla panca) Beh! (Cerca di reprimere un altro brivido) Tu mi credi, vero, Harry! Mmmmmi c-c-credi?

Harry                             - (annuisce col capo) Si; ma... allora perché ti hanno preso il nome?

Charlie                          - È stato quel ragazzino, Harry. ...Ero seduto in braccio a Ed Chrysler, e gli ho fatto una linguaccia e ho detto, "Cuccù! Arrestami un po'!"... o qualcosa del genere... E allora, sai che ha fatto? Mi ha arrestato davvero! Quel ragazzino. Mi spingeva; mi spingeva. Mi guardavano tutti. Mi sono sentito morire... "Ma ????, un momento!" ho detto. "Potrei essere suo padre, il suo babbo", ho detto. "Per favore", ho detto. "Per favore, figliolo..."      - (La voce gli diventa un mormorio. Ha le lacrime agli occhi) Sai che mi volevano mettere sul cellulare? ... Se non fosse stato per l'Ispettore... una persona gentile, anziana... mi ha guardato la patente; mi ha mandato a casa. (Si asciuga gli occhi; poi, con uno sforzo, passa al contrattacco) Ma, per Dio, gliela farò vedere! Ma insomma! "Col permesso di Vo­stro Onore! Sono uno stimato rappresentante dei professio­nisti dello spettacolo. Si! Sono un professionista, Vostro Onore! E un uomo sposato. Sissignore! Sposato."

Harry                             - È passato tanto tempo.

Charlie                          - E con questo? Sono stato sposato. Sissignore. Tutto in regola. Sono normale, io. Sono stato sposato e con tanto di figlia.

Harry                             - Che non vedi da vent'anni. È sicuro che viene domani?

Charlie                          - Angeli vendicatori! Vuoi farmi impiccare? Vuoi proprio farmi impiccare, tu? Di' un po', in fondo preferire­sti che fossi colpevole. Non è cosi?

Harry                             - Non dire scemenze.

Charlie                          - E allora perché non mi aiuti; perché non mi con­forti un pochino? Io sono innocente davvero, Harry. Era il mio vecchio numero di rivista; giuro... "Signore e signori del­la giuria..." Dai, Harry consigliami; se qualcosa non va, dim­melo. Continuerò a provare e riprovare fino a quel giorno. Gliela farò vedere. Gliela farò vedere io... "Signore e signori della giuria. Vostro Onore. Siete al cospetto di uno stimato rappresentante della categoria lavoratori dello spettacolo..."  Grazie a Dio, ho continuato a versare i contributi al sinda­cato... e sono in regola... "Vostro Onore, la mia specialità è la gustosa imitazione di certi personaggi femminili. Un'imita­zione di ottimo gusto. Sono imitazioni di otti... Scusi: pensi un momento ai grandi impersonatori femminili del pas­sato. Le parrebbe il caso di processare per omosessualità un Dan Leno? E Henry Ainley? E il grande W.S. Penning-ton? Pensi alla Zia di Carlo. Quanti nomi gloriosi! No, Vostro Onore. Solo cinque anni fa ho dato la mia serata d'addio; e come mi applaudirono. Si alzarono tutti in piedi a gridare: "Non ci lasciare, Charlie! Non ne hai il diritto!"... Ehm, magari saranno quindici anni... (Si ferma. Si pizzica il lab­bro) Harry, quando la feci quella macchietta a Streatham?

Harry                             - Prima della guerra?

Charlie                          - Santo Dio! ...Porco demonio! (Si copre la bocca con la mano. Parla con voce bassa, tranquilla) "Signore e signori della giuria, sono un povero diavolo, un barbiere da quattro soldi; e non so che mi è saltato in testa... era uno scherzo; tanto per fare due risate! ...Abbiate compassione. Vi prego". (Harry va verso di lui)

Harry                             - Hai lavorato tanto nel cinema; e poi hai fatto quello short pubblicitario.

Charlie                          - (lo allontana con un'alzata di spalle) Lo so, lo so... Ma quale short pubblicitario dici?

Harry                             - Quello del montgomery. Quello l'hanno visto tutti.

Charlie                          - Si, ma, ehm... per sostenere la mia tesi me ne servirebbe uno dove... beh, dove fossi vestito da donna... Sono passati trent'anni. Non posso mica dire che li ho passati provando, no? ...Accidenti, questa storia mi rovinerà la rentrée

Harry                             - Non ti agitare, Charlie. Andrà tutto bene.

Charlie                          - (eccitato) È inutile che cerchi di farmi coraggio. Non sono preoccupato. Mi difenderò da solo. Sono o non sono un attore? Eh? Glielo dirò io! Glielo dirò io, che sono un vecchio professionista. Dio santo, se il mio talento non serve neppure a... (Scuote il capo) ...Oh, Cristo, Harry ho una tale paura che... (Si affloscia ai piedi di Harry. Harry gli prende in grembo il capo, accarezzandolo e dondolandolo avanti e indietro)

Harry                             - Calmo, Charlie. Calmo. Vedremo. Vedremo, Charlie.

Charlie                          - Sono innocente. Innocente.

Harry                             - Su, Charlie... povera vecchia.

Charlie                          - Si. (Si rialza a sedere, in terra. Cerca di sorridere) Si sono mai visti due reprobi più mollaccioni di noi.

Harry                             - E poi non sarai solo al processo. Verrò con te.

Charlie                          - Tu! Dio santo, no. Se ti vedono mi danno l'er­gastolo.

Scena seconda

(Mezz'ora dopo. Charlie è accasciato su una sedia, con uno scialle sulle spalle, totalmente prostrato dal dolore. Ogni tanto emette un singhiozzo; ha gli occhi rossi. Rumore della porta d'ingresso che viene sbattuta. Poi entra Harry. Ha l'im­permeabile zuppo. Sul capo bendato indossa un cappello da baleniere. Rimane per un po' fermo sul fondo, battendo i piedi e soffiando via l'acqua dal viso; spazzandosi la pioggia dall'impermeabile. Poi viene avanti e porge a Charlie un tu­betto di aspirina)

Harry                             - Sono dovuto andare fino alla macchinetta sull'an­golo.

Charlie                          - Stupido. Ce l'avevano anche al bar.

Harry                             - (irrigidendosi) Ah, si?

Charlie                          - E dov'è il gin? Non mi dire che te lo sei scor­dato.

Harry                             - Senti, era chiuso. Il bar era chiuso.

Charlie                          - Potevi passare da dietro.

Harry                             - Non mi andava. Io... non sono il tipo che passa da dietro, Charlie. Vacci tu.

Charlie                          - Bella idea! ...Con questa sinusite che mi sembra di avere il fuoco nel naso... ho proprio voglia di sguazzare nell'alluvione alla ricerca del gin. Poveri noi. (Mastica due aspi­rine) Beh, fammi un po' di quella tua sbroscia per mandarle giù.

Harry                             - Subito. (Appende gli indumenti bagnati nel ripo-54 stigliò)

 Charhe                         - Li dentro c'è puzza di gas. Scommetto che il tubo perde un'altra volta.

Harry                             - No, stai tranquillo.

Charlie                          - L'odore è quello. Già quello sgabuzzino ha le dimensioni di una tomba.

Harry                             - Potrebbe fare comodo, cosi sottomano.

Charlie                          - Queste sono bestemmie, Harry. Sissignore. Piut­tosto cerchiamo dì far mettere a posto il tubo.

Harry                             - Hai gli occhi rossi.

Charlie                          - Non t'impicciare. (Charlie si volta dall'altra parte, ma Harry si piega in avanti per vedere) Ma pensa a te piuttosto! Che sembri una papera incinta. Ma ti sei visto i fianchi? Eh? Te li sei mai visti? ...Non sono fianchi da uomo... troppo larghi!. Un vero uomo dovrebbe avere le spal­le grandi, e il resto giù giù sempre più stretto, fino a due fianchi asciutti. Te, invece... Neanche una papera, sem­bri... Sono troppo carine... Un pellicano! Si! Sei un pellicano incinto. (Charlie dà un'altra occhiata a Harry. Indica la sua testa fasciata) E poi, esageri! Ora ci metti sopra addirittura il cappello da baleniere!

Harry                             - Mi sento più a mio agio... Che hai deciso, allora?

Charlie                          - Un accidente! Ci sono dentro fino al collo, caro mio. Non c'è via d'uscita. Sarebbe più facile riempire di paglia il marsupio di un canguro assetato... In ogni modo... perché dovrei preoccuparmi? Sono innocente. Oh, ma piantala di ricordarmelo ogni momento!

Harry                             - Oh... abbiamo finito il tè; a meno che mammà non ne abbia ancora un poco su nella credenza.

Charlie                          - No! Lascia perdere! Non stuzzichiamo... chi dorme. (Harry prende da uno scaffale una tavoletta di cioc­colata)

Harry                             - Che ne diresti di una tazza di cioccolata?

Charlie                          - Ma si. (Harry trotta verso l'angolo, con movi­menti infantili; infila la spina del bollitore, scarta la cioc­colata... e tutt'a un tratto) Non è il momento di aumentare l'affitto, Harry.

Harry                             - Che affitto? Mammà non ti fa pagare un centesimo.

Charlie                          - Sto parlando con te, e ti dico: non è il momento di aumentare l'affitto.

Harry                             - (stizzito) Non ti seguo. Spiegati meglio.

Charlie                          - Tutto questo sfoggio di comprensione e di com­passione è perfettamente inutile. Risparmiatelo. E soprattutto... soprattutto, non ti aspettare niente in cambio... nessuno scodinzolamento. Perché tanto... (La voce gli trema, ma si domina) ...io non ti darò niente dì niente. (Si alza e si stira) Ahi-ahi-ahi-ahi-ahi! Tra un po' è l'alba, direi. (Si avvicina a Harry che sta facendo a pezzettini la cioccolata in una taz­za) Ma che stai combinando? (Harry non risponde) Eh? Che diavolo fai?

Harry                             - Se avessi un briciolo di considerazione per chic­chessia; se soltanto...

Charlie                          - ...E va bene! Scusa. Scusa. Ma niente prediche, ti scongiuro! Mi dici che pasticcio stai combinando?

Harry                             - (dopo un profondo sospiro) Faccio a pezzettini questa tavoletta di cioccolata, come... come facevo una volta con le mei sorelline. Nel cuore della notte. Si sgattaiolava giù per le scale a prender l'acqua calda... che risate! (Charlie sorride a fior di labbra)

Charlie                          - Dio protegga Oscar Wilde e tutti noi. Vivo con una scolaretta... (A Harry) Ma guardala, la mia golosaccia! (Harry versa l'acqua calda nella pozione. Charlie lo osserva rabbrividendo) Puah, che porcheria! Sembra la bevanda che lo stregone dei Mumba Wumba fa bere ai guerrieri al mo­mento della circoncisione. (Harry si passa la lingua sulle lab­bra, a disagio. Charlie approfitta del suo momentaneo svan­taggio) E come se la gode! Ti piace, tesoro? ...Stai fresca, se speri di farmi bere quella roba! ...Harry, credi a me, sei proprio una svampita. Hai le mani di burro; le spalle di bur­ro; e i fianchi troppo larghi per un uomo.

Harry                             - E tu ti ripeti. Dici ogni cosa due volte.

Charlie                          - Chi l'ha detto? Chi l'ha detto?

Harry                             - Anche ora! L'hai detto due volte.

Charlie                          - E con ciò?

Harry                             - Secondo te ogni parola che dici è cosi straordi­naria che tutti... Dio compreso, dovrebbero stare in ginocchio a implorare il bis.

Charlie                          - (con sussiego) Ma no. Beh, tanto perché tu lo sappia, bel musetto, anche tu ripeti le parole, l'hai fatto anche in questo momento; per non parlare del tic che ti prende a tavola. Quello è esasperante.

Harry                             - Sciocchezze...

Charlie                          - Sciocchezze? Sono vent'anni che mi ritrovo davanti a quella voragine che hai in mezzo alla faccia! E ogni volta che ci avvicini una forchetta ti metti a tirare su col naso e a girare la testa verso sinistra... (Lo imita) Così! Te lo faccio vedere un'altra volta. Questa è la forchetta... (Lo ripete due o tre volte) Tiri su; giri; ingoi! Tiri su, giri, ingoi! Un vero rictus, caro. Anzi! Un principio di paralisi! Finirai per diventare una massa di gelatina tremolante che tira su, gira, ingoia. Vedi di starci attento, caro mio: a forza di vibrazioni rischi di perdere i pezzi. (Fa girare la poltrona, ridendo)

Harry                             - Almeno, io non mi taglio le unghie dei piedi in cucina.

Charlie                          - Una volta! Una volta sola in tutta la vita!

Harry                             - Basta e avanza.

Charlie                          - E chi è che non vuota mai la teiera?

Harry                             - E chi è la sudiciona che lascia sempre il lavandino lurido e non pulisce mai il suo rasoio?

Charlie                          - (grida) Non ha tempo, poveretta! ...Ci sei sempre tu al cesso, chiuso a chiave a lisciarti! Dio del cielo! ...Se mai andrò in paradiso, avrò due bagni.

Harry                             - E se ci vado io li pulirà qualcun altro.

Charlie                          - In Paradiso! Tu Ah! ...Ripensandoci, si; ti ci vedo proprio! Ti metteranno nel reparto gentiluomini. Starete li beati in mezzo a una rosea nube di culetti di cherubini, linguette e mignoli rampanti a vellicarvi la peluria... E per l'inferno, Harry se ci arrivo anch'io... vi sdraio tutti con un rutto! (Fa girare la poltrona più volte, fregandosi le mani con gioia maligna)

Harry                             - (secco) Per chi ti conosce non sarà una sorpresa. (Charlie ferma la poltrona e esamina Harry)

Charlie                          - Mmm. Siamo al momento della rispettabilità, eh? Siamo al piccolo moto di autocompiacimento?

Harry                             - Direi che è il tuo stile, piuttosto.

Charlie                          - Diabolico sodomita. E anche enigmatico... si, ecco la parola: enigmatico... A volte sembra che una parolaccia ti faccia star male... Poi diventi insaziabile come un satiro. Mi tieni per il pelo. Ora me ne rendo conto.

Harry                             - Insomma, è tutta colpa mia.

Charlie                          - Esatto. Ci hai azzeccato in pieno. Sono vent'anni che mi tieni per i riccioli. Io stavo benone. Tutto filava a gonfie vele. Avevo già il terzo nome sui manifesti... quando arrivi tu e mi seduci in una pasticceria... perché mi hai sedotto, Harry! ...col tuo pugnaletto e l'alpcnstock.

Harry                             - (con compassione) Oh, no, Charlie. No.

Charlie                          - Mi hai sedotto, eccome! E poi mi hai assunto alla gloria di un barbierato a Brixton.

Harry                             - Ero sceso per darti una mano. Ma vedo che è inutile... (Si avvia verso la porta)

Charlie                          - Macché! Sei venuto a godertela! a strofinarti le mani, a leccarti i baffi; a assaporarti tutta la paura e la vergogna senza correre il minimo rischio. Aaahhh, va in tribunale, lo processano; processano Charlie! ..."Vengo con te, Charlie", dice! "Non sarai solo!" Sarò la checca più sola dell'universo (Si preme un pugno contro la bocca e si ferma per dominarsi) Tu sarai lì... mia figlia sarà li... ci sarà anche la sporcacciona; e io sarò il più solitario Terzo Nome che mai sia apparso su un cartellone. Poveri noi! (Colpisce con forza il bracciolo della poltrona) E sono innocente. Sono innocente]

Harry                             - (va verso di lui) Charlie...

Charlie                          - Va' via! Vattene! Tornatene nel tuo loculo. Lo spettacolo è finito. Finito! Chiuso. (Harry si avvia verso la porta. Charlie gli grida a dietro) E le unghie dei piedi ce l'hanno tutte le creature del Signore, nessuna esclusa! È una specie di sottile pellicola cornea, fornita dall'Onnipotente per la protezione delle nostre dita. Non c'è niente di vol­gare, niente di disgustoso! Ce le aveva la Regina Vittoria; ce le hai tu; e ce le hanno tutte le dame del coro della tua chie­sa presbiteriana... tranne quella virago che fa la solista, che ha gli zoccoli (Harry viene avanti verso di lui)

Harry                             - Cerchi di vendicarti, tutto qui. Non ascolti; non vuoi farti aiutare; hai sempre ragione tu. E se cadi in una fogna ti tiri dietro tutti quanti.

Charlie                          - Questo è il tuo autoritratto!

 

Harry                             - Hai cominciato tu con la teiera.

Charlie                          - Prego, prego! Tu hai detto che mi ripeto.

Harry                             - E tu hai detto che ho un tic.

Charlie                          - E le unghie dei piedi dove le metti?

Harry                             - E lo ripeto. Finché la cucina e le pulizie le faccio io...

Charlie                          - ...Che meraviglia! Eccoci alla solfa della lava­piatti! Casalinghe, ascoltate!

Harry                             - ...Finché sarò io quello che cucina e fa le pulizie al posto tuo, Charlie, ti sarò grato se terrai i tuo spezzoni di unghia lontani dai miei fornelli. Punto e a capo! (Si dirige verso la porta) Scommetto che la Regina Vittoria non si tagliava le unghie dei piedi in cucina. (Harry esce, sbat­tendo la porta della bottega. Charlie gli corre appresso, spa­lanca la porta e gli urla dietro, su per la scala)

Charlie                          - No! ...se le tagliava nella Sala del Trono! (Sbatte la porta. Poi la riapre e grida) Harry! ...HARRY!

Harry                             - (torna indietro) Che c'è?

Charlie                          - (indicando la bottega) C'è... un tale silenzio; viene voglio di pensare. Ehm, tutto sommato preferisco rischiare la vita ingoiando un po' di quella tua... poltiglia nerastra.

Harry                             - Non vorrei che ti sacrificassi, tesoro. (Segue un si­lenzio. Harry traffica. Aggiunge un po' d'acqua calda al suo intruglio, per ravvivarlo; quindi ne riempie due tazze e ne porge una a Charlie)

Charlie                          - E lo zucchero? (Harry emette un sospiro. Torna al tavolino con le tazze; mette un po' di zucchero in entram­be, quindi torna da Charlie. Charlie afferra la sua. Entrambi lasciano passare un po' di tempo prima di assaggiare la bevanda... e poi il viso di Harry si illumina di gioia. È buona! Ma Charlie si limita a grugnire; e dopo due o tre sorsi, accenna col capo verso le bende di Harry) Allora, quando ce la togliamo?

Harry                             - Me la tolgo, Charlie. Ehm...

Charlie                          - Quando? Quando? Eh?

Harry                             - (scuote il capo) Non subito, Charlie. È che mi sento più tranquillo cosi. Se fossi senza in questo momento mi sentirei nudo... sporco... imbarazzato. (Profondo sospiro di Charlie. Charlie si guarda intorno)

Charlie                          - Che meravigliosi progetti avevamo, eh?

Harry                             - Si.

Charlie                          - Che meravigliosi progetti. Avevamo.

Harry                             - (annuisce) Poltrone a sospensione idraulica; lavan­dini a conchiglia...

Charlie                          - Insegna al neon.

Harry                             - Specchi colorati; le pareti affrescate da quel ra­gazzo con le braccia pelose.

Charlie                          - Salon pour dames al piano di sopra. Tè e pa­sticcini sotto il casco.

Harry                             - Profumi; boutique.

Charlie                          - Succursale a Bond Street...

Harry                             - A Muswell Hill...

Charlie                          - A Muswell Hill?! Ma sei impazzito?

Harry                             - Nossignore. Tutte le grosse ditte hanno succursali in periferia. È li che si fanno i soldi veri.

Charlie                          - Giusto. Muswell Hill.

Harry                             - Parigi. Bruxelles.

Charlie                          - Amsterdam. New York!

Harry                             - ...E invece, ecco che ti divento calvo! Che iettatura! (Siedono, scuotendo il capo. Dopo una pausa)

Charlie                          - Lo dicevo a tua madre... "In una notte sola, signora", dicevo. "Tutti li sul tuo cuscino." Che impressione! "Harry", ho gridato, "i tuoi capelli! Guardali, tutti sul cuscino!" Poveri noi! Tu sei diventato terreo. Lo sai che sei diventato terreo e ti sei messo a urlare?

Harry                             - (annuisce) Come se ci avessi trovato un occhio. È il solo paragone che riesco a trovare per rendere quella sensazione a uno che ha ancora i capelli come te. Pensa a cosa proveresti, se tutt'a un tratto ti trovassi con un tuo occhio che ti fissa sul letto, accanto a te, e un gran buco nero in faccia.

Charlie                          - Puah. Che schifoso sei! Che roba. Non hai mai avuto un po' di misura, un po' di educazione.

Harry                             - È per farti capire...

Charlie                          - Ho capito. Non c'è bisogno di evocare delle or­bite vuote. Ti ho svegliato io quella mattina, no?

Harry                             - (annuisce) Fu orribile.

Charlie                          - Pensa che lì per li li avevo presi per un gattino. "E dove l'ha trovalo, questo micetto?" ho pensato. Stavo per fargli una carezza. Una carezza, pensa! (Fa il gesto, ritrae la mano con orrore) Oh Dio mio! Beh, hai sempre avuto una testa un po' curiosa. Voglio dire, anche in passato, caro: ma senza più un capello! Era liscia come il ginocchio di una lavandaia.

Harry                             - La vuoi smettere? Checca senza cuore! E dici di essere un amico! ...ma lo sai che ci soffro? (Charlie alza gli occhi al cielo, mormora)

Charlie                          - Siamo giunti al solenne momento del martirio.

Harry                             - Fosti tu a dirmelo... appena comparve la prima chiazza. Ti ricordi? Dicesti subito "Ahhh, stai diventando calvo, te n'eri accorto?" ...Certo che me n'ero accorto, male­dizione! Ma volevo dimenticarlo, non sentirmelo martellare nella testa. (Porta la sua tazza al lavandino e la sciacqua) La gente non si rende conto che è una malattia come un'altra.

Charlie                          - Ah, sì? ...Perché, fa male perdere i capelli? Chissà che male... quando cadono.

Harry                             - Fa male qui e qui! (Si batte sul cuore e sulla testa) Un minimo di comprensione. Non ti chiedo altro. Hai mai visto uno che vada da uno zoppo e gli dica: "Ma lo sa che dei ha una gamba sola?" Si cerca di essere gentili; si dice, "Ma davvero? Ha una gamba di legno, gli occhi storti, la gobba? Non me n'ero mai accorto". Invece appena si presenta un poveraccio calvo, tutti si ritengono di diritto di sghi­gnazzare. "Si va in piazza!" ..."Ciao, ricciolone!" ..."Una lustrata alla zucca per tre soldi?" ...La calvizie è un tor­mento. Un tormento vero, profondo.

Charlie                          - A chi lo dici? ...Tormenta te, me, gli affari, tutto.

Harry                             - Era meglio se dicevo che avevo avuto un incidente di macchina, che ero stato aggredito da un rapinatore col ran­dello... tutto meno la storia assurda che mi hai fatto raccon­tare. Un trave che mi casca sulla testa.

Charlie                          - Lo sanno tutti i nostri denti che questa è una casa vecchia. Niente di più naturale che le termiti abbiano minato la cantina. Certo non potrai restare bendato come una mummia fino alla fine dei tuoi giorni.

Harry                             - Sono solo sette settimane.

Charlie                          - Solo? ...Lo sai che ha detto ieri Ronnie Uns-worth? "Sono io che vedo doppio", ha detto, "o la fasciatura di Harry cresce ogni giorno che passa?"

Harry                             - Cosi ha detto? No!

Charlie                          - Ma è vero, Harry! Aggiungi un nuovo strato ogni mattina. Altro che termiti... Pare che ti sia passata sopra una mandria di bisonti! E pensare che hai una bellissima parrucca che ti ostini a non voler mettere. (Accenna col capo in direzione del ripostiglio)

Harry                             - Non funziona, Charlie. Me la sono provata.

Charlie                          - Sei peggio di Mimi col suo primo reggipetto!

Harry                             - Manca l'attacco, capisci? La sfumatura. Sotto ho il collo nudo.

Charlie                          - Bastano due segnetti ai bordi con una matita da occhi... Un barbiere che non sa disegnare dei capelli! Vieni qua. Te li faccio io.

Harry                             - No. Ehm, magari domani, Domani mi tolgo la fa­sciatura, e...

Charlie                          - Dio! Sembri "La luce che si spense"... un relitto umano.

Harry                             - Ti ho detto che domani ci provo...

Charlie                          - Sono vent'anni che mi sciroppo i tuoi lamenti; e per una volta che darei qualunque cosa per sentirti dire in tono allegro "Domani me la tolgo, Charlie!" ...Darei qua­lunque cosa! E invece riesci solo a biascicare un si con un filo di voce. Fa' come ti pare.

Harry                             - (grida) E va bene! Domani me la tolgo!

Charlie                          - (grida) Grazie, mummia!

Harry                             - Ma non mi devi prendere in giro... Come il fo­runcolo di Lunedì.

Charlie                          - Come cosa?

Harry                             - Lunedì scorso, quando mi era venuto quel punto nero sulla faccia. E dicesti che sembravo una tetta di Cleo­patra.

Charlie                          - Oh! (Pausa) Ah, si.

Harry                             - Che hai da ridere ora?

Charlie                          - Non ridevo. (Pausa) Il Foruncolo di Lunedì! ...Credevo che avessi creato una nuova serie televisiva... "Il Foruncolo del Lunedì", con Sherry Clade e... 

Harry                             - Smettila! Te l'ho chiesto per favore. Non sfottere

 

Charlie                          - (con calma deliberata) Come vuoi, caro. Come vuoi. Basta che mi risparmi il momento del Maragià. (Pausa)

Harry                             - Lo so. Cerchi di prendere il toro per le corna. Vuoi mettermi di fronte alla realtà nel modo più brutale.

Charlie                          - Lascia perdere. Lascia perdere. Non fa niente.

Harry                             - E invece fa. Bisogna pure che mi convinca che il Mondo mi guarda negli occhi e non sulla testa... E va bene! Affronterò la realtà. Prenderò pettine, forbici e rasoio...

Charlie                          - Come, come! Prego, un momento, carissimo! Tu non ci metti piede, in questa bottega. Un parrucchiere calvo! Tu hai il cranio vuoto anche dentro! Staremmo freschi!

Harry                             - E dove vuoi che vada?

Charlie                          - Su di sopra. Al cesso. Entra nella tazza e tira la catena. Vai dove ti pare! Ma ti proibisco di farti vedere in negozio con quell'orrenda menomazione.

Harry                             - Sei un mostro! Sei un disumano; spietato.

Charlie                          - Ci mancherebbe altro! Con che coraggio dovrei proporre uno shampoo o una frizione, secondo te? ..."Porco demonio", diranno, "l'avrà fatto anche a lui?"

Harry                             - Va' al diavolo. Sei un aguzzino.

Charlie                          - Poveri noi! Abbiamo la cantina piena di lozione a dieci scellini la bottiglia, contagocce compreso; e tu gli vuoi fare reclame con la tua palla da biliardo? Tanto vale accenderci il fuoco quest'inverno!

Harry                             - Oh, Dio!

Charlie                          - Hai chiuso, bello mio; le puoi mettere via, le

forbici.

Harry                             - Ho voglia di morire,

Charlie                          - E mi tiri fuori gli zoppi! Con tutta la gentilezza del mondo, non mi verrai a raccontare che ce ne sono molti nei corpi di ballo.

Harry                             - Vado nello sgabuzzino. Mi attacco al tubo del gas e aspiro finché non cado morto.

Charlie                          - Prima rispondi. Nel corpo di ballo del Covent-Garden ci sono degli zoppi?

Harry                             - (grida) No. No. No.

Charlie                          - E allora sei a posto, tesoro. Sei a posto. La nostra ditta ha uno splendido avvenire. Un socio trascinato in catene davanti ai giudici e l'altro pelato come una zucca. (Harry scoppia a piangere e si getta a terra, singhiozzando amaramente. Charlie si lascia cadere nella sua poltrona) Voglio scrivere un romanzo. (Annuisce col capo) Si, voglio scrivere un romanzo. Intitolato "I due orfanelli".

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(Qualche ora dopo. Fuori, i lampioni sono ancora accesi, ma sta sorgendo il sole; in un punto, una luce al neon che manda i suoi lampi intermittenti; un camion solitario arranca su per una salita, in lontananza. Rumore di passi sulle scale Si apre la porta della bottega. Harry entra in vestaglia e pi­giama. Accende la luce e viene avanti, con gli occhi semi­chiusi e sbadigliando, verso Charlie... che è seduto in terra, appoggiato contro la sua poltrona. Ha addosso il pigiama con uno scialle intorno alle spalle. Harry porge a Charlie la vestaglia che gli ha portato)

Harry                             - Torna a letto. Ti prenderai un raffreddore a star seduto per terra. Ti verranno le emorroidi.

Charlie                          - Sai che ti dico? Dovresti scrivere versetti per i cartoncini di auguri. Hai una tale delicatezza di toni! Potre­sti recare un notevole contributo alla letteratura contempora­nea: "Cara nonnina dal viso sereno, spero che le emorroidi ti prudano meno".

Harry                             - È ancora presto. Ma l'alba è passata da un pezzo. Hai pianto ancora?

Charlie                          - Ma stai zitto! Che fai? Invecchiando diventi necrofilo. Mi pare di essere una mosca in una bottiglia di latte: non posso affacciarmi alla superficie per respirare senza trovarti li che gorgogli... Sono nei guai, e un tantinello giù di corda. Mi sembra naturale, no?

Harry                             - Oh, si.

Charlie                          - Sei il barometro della mia anima. Sempre a con­trollare se sono umido o secco.

Harry                             - Scusa.

Charlie                          - E piantala. (Pausa) Sai che ti dico? Sono un po' preoccupato. Perché non conta quello che fai, ma come lo descrivono. Capisci? Per esempio, ti ricordi cosa non ti dicevano dietro quando avevi quei boy-scout? Solo a pensarci mi sento gelare.

Harry                             - Oh, beh, in fondo si limitavano a chiedermi se ero sposato...

Charlie                          - Proprio questo voglio dire. Pensa al mio passato artistico...! Cerca di immaginarti il giudice dall'alto della sua cattedra. Mi crocifiggeranno, te lo dico io.

Harry                             - Forse no.

Charlie                          - Ci vuole poco a far sembrare tremenda qua­lunque cosa.

Harry                             - Ma i fatti sono fatti.

Charlie                          - Non c'è bisogno di cambiare i fatti. Basterà che dicano "mezzo pieno" invece che "mezzo vuoto". Ti ricor­di quando mi tolsero la patente? Eh? Ti ricordi? Sto par­lando della mia patente.

Harry                             - Eccome.

Charlie                          - "Intralcio al traffico"... ero in sosta davanti a un cimitero. "Vettura sul marciapiedi"... c'era solo il paraurti; "Minaccia dell'incolumità pubblica"... "non ottemperava all'articolo 241", e "infrangeva il codice stradale del I960"... tutto questo perché avevo spento le luci. "Tentativo di ade­scamento"... perché cercavo un vespasiano. Gli dissi, "per­ché non mi lascia in pace?" e mi processarono per resistenza alla forza pubblica! ...E tutto perché avevo preso in prestito la macchina di Ronnie Unsworth!

Harry                             - Si. Eh, si; ti conciarono per benino.

Charlie                          - Se tanto mi dà tanto, pensa a com'è facile gonfiare quest'altra faccenda! Ci si butteranno a corpo morto. Harry. A corpo morto. Un poliziotto sbarbatello al suo primo arre­sto. Tutti immacolati tranne il vecchio Charlie. Ci puoi met­tere la mano sul fuoco. Da come la racconterà quel moccioso, crederanno che a dir poco gli ho chiesto un bacio... E sono innocente, Harry. Dio mi è testimone: volevo solo fare due risate.

Harry                             - Ma con questa nuova legge... che fra adulti con­senzienti, o qualcosa del genere...

Charlie                          - Dio protegga Oscar Wilde e tutti noi! Ero sulle ginocchia di Ed Chrysler. Un mandrillo da niente! In confron­to a lui King Kong è una mammola. Altro che adulti consen­zienti.

Harry                             - Già. A proposito... Ed Chrysler non è un testimonio a tuo favore?

Charlie                          - Non vogliono fastidi. Gli ho telefonato almeno tre volte; appena sentono la mia voce, riattaccano. Vive con Sherry Clade. Bella ragazza. Ho fatto la rivista con lei.

Harry                             - Vai a trovarli a casa.

Charlie                          - Ci sono stato. Ma c'è uno spioncino nella porta. "Oh, Cristo, è lui", sento dire. "Macché Cristo! Sono Charles Dyer!", mi sono messo a gridare. Niente da fare. Niente.

Harry                             - Ma se li chiamano in tribunale dovranno presentarsi per forza.

Charlie                          - Mmm, chiederò consiglio a Archy Selder. Vedrai che Archy mi darà una mano. Non per nulla è il mio agente.

Harry                             - Da vent'anni.

Charlie                          - Si.

Harry                             - (cambiando discorso) Beh, in fondo hai mille ra­gioni per essere grato alla vita.

Charlie                          - Certo! Come no? Sei formidabile. Se cascassi in un rovo a faccia avanti saresti capace di dire che in fondo sono fortunato perché non mi sono sporcato le scarpe.

Harry                             - No, volevo dire, hai fatto una bella vita, e...

Charlie                          - Che ti s'è sciolto? Mi pigli in giro? Mi stai pigliando in giro, di' un po'?

Harry                             - No... no; ti ammiro perché hai veramente vissuto, ecco tutto.

Charlie                          - Ho fatto tutto da solo, compare. A me non mi ha mai aiutato nessuno.

Harry                             - Forse no... Sai, per esempio, tu m'insegni che una vasca di pesci rossi...

Charlie                          - Pesci rossi? Pesci rossi? Che ti insegno io sui pesci rossi? Mai nominati i pesci rossi in vita mia.

Harry                             - Fammi finire...

Charlie                          - Che c'è, stai architettando un nuovo feticcio? Eh? Un nuovo feticcio?

Harry                             - Come vuoi... fa' pure lo spiritoso. (Prende un gior­nale ripiegato in modo da mostrare le parole incrociate)

Charlie                          - Allora? Il mio sarcasmo ti ha annientato. Eh? Il momento dell'annientamento?

Harry                             - (vagamente malinconico) No... (Borbotta) Up... up...

Charlie                          - Che bofonchi ora?

Harry                             - Sono le prime due lettere di una parola. (Fruga sotto gli armadi, sotto i lavandini) Non hai mica visto il mio dizionario?

Charlie                          - Quella reliquia dei bei tempi della scuola?

Harry                             - Era di mia sorella Margherita.

Charlie                          - Ecco perché non ci sono parolacce. Controllavo ieri... Ehi, giù le mani da quella scatola! (Charlie in fretta prende una scatola che Harry stava togliendo dall'armadio. È una scatola piena di ricordi) È piena di ricordi di mia madre. Storia! È storia, questa            - (Posa la scatola in terra)

Harry                             - Ah! (Scopre il suo dizionarietto tascabile dietro l'armadio; e poi) Ma qui c'è una bottiglia. (Esibisce una bot­tiglia di gin)

Charlie                          - Porca miseria! (Afferra la bottiglia)

Harry                             - Ti ricordi? Me l'ha mandata Ronnie Unsworth per il mio compleanno.

Charlie                          - Cento di questi giorni! Prendi i bicchieri! (Harry va a prendere i bicchieri)

Harry                             - Bevi pure! £ più tua che mia... con tutti i soldi che hai speso per lui.

Charlie                          - Uffa, anche geloso ora! (Charlie versa due razioni di gin, mentre Harry tiene i bicchieri)

Harry                             - (brindando) Charlie: auguri. Fortuna, amore, spe­ranza. E che tutto vada a finire bene. (Ma Charlie porge il bicchiere al brindisi senza fargli attenzione. Harry alza le spalle fra sé e sé, e beve. Poi prende il dizionario) Dunque... Una parola di origine greca che comincia con up... qui ci dovrebbe essere... Ubbia... Um... Un... Up... Upupa.

Charlie                          - Upupa! E che roba è l'upupa, in nome di Dio?

Harry                             - (legge) Mm... Upupa. Uccello sudamerino con piume variopinte e ampia cresta erettile.

Charlie                          - Che porco! (Afferra il dizionario, lo butta da parte e riempie il bicchiere di Harry)

Harry                             - Aspetta! Non ho visto se viene dal greco.

Charlie                          - Lascia stare e accontentati cosi. Ti sta a pen­nello. Ecco che cosa sei: un uccello dalle piume variopinte. L'upupa erettile della mia vita. (Si accovaccia accanto afta sua scatola) Qui dentro ci sono tutti i piccoli tesori di mia madre. Guarda! (Mostra un libro aperto, con dentro un fiore schiacciato) C'è una rosa secca nel suo Libro d'Oro. Una rosa secca dal Passato, leggera come una piuma.

Harry                             - Non mi ha mai potuto soffrire... tua madre.

Charlie                          - (brandendo il libro) Nel milleottocento-chissa-quando ella mise in serbo un fragile fiore. (Rimette a posto la rosa) Era fresca, graziosa, spensierata; e guardala ora! Novant'anni! Povera vecchia mummia. Se le disossassero il cranio resterebbe una prugna secca. (Porge il suo bicchiere a Harry) Tieni! ...C'è solo questo di buono! Non deve più preoccuparsi degli ormoni maschili, femminili, e neutri. (Har­ry dà a Charlie il suo bicchiere di gin)

Harry                             - Gli aborigeni le fanno cosi.

Charlie                          - Che cosa?

Harry                             - Quelle testine disseccate. Prima tolgono le ossa e poi le riempiono di sassolini roventi che infilano dagli orec­chi.

Charlie                          - Puah! Anche sadico ora!

Harry                             - Ragazzi di talento, quegli aborigeni.

Charlie                          - Gli aborigeni! Stiamo parlando di mia madre, se non ti dispiace! Pediatra! ...Dio mio se penso che quella vecchia zampogna grigiastra fu una volta una garrula ninfa dal cui grembo sodo e puro io... (Gli trema il labbro) Oh, Harry...!

Harry                             - Com'è doloroso, cercare nel tempo le orme lasciate da una fanciulla che una volta schiacciò trepidante una rosa nel suo libro di poesie.

Charlie                          - Che cosa bella hai detto, Harry. Che cosa bella.

Harry                             - Si. Mi dispiace solo che tua madre non mi abbia mai capito.

Charlie                          - Ormai è troppo tardi... Le ossa scricchiolano; i tessuti sono marciti; il cervello è svanito. L'ultima volta che ci sono andato non mi ha riconosciuto.

Harry                             - (annuisce) Brutta cosa... la vecchiaia.

Charlie                          - "Ciao, mamma", dico. "Ciao!" ma lei, niente; biascicava, e zitta. La saliva le colava giù sul mento, con un pezzetto di dolce. Le labbra tutte gonfie e spaccate come una salsiccia al tegamino. (Ingoia il gin e si asciuga gli occhi con la manica) Questo gin mi aiuta per la scesa. (Tira in su col naso) Sarà passata mezz'ora; e poi tutt'a un tratto alza la testa e mi domanda: "Lei chi è?" Hai capito? "Lei chi è?" E io: "Che diavolo, sono tuo figlio, mammina", dico. E poi: "Vecchia scema". E lei, niente. Gli occhi sperduti nel vuoto. L'arteriosclerosi(Ricomincia a piangere) Se sapessi come mi odia...

Harry                             - È lei che ti ha messo al mondo. Non dimenticarlo.

Charlie                          - Si! Sì! e come le ho dimostrato la mia gratitu­dine? Seppellendola in quella Casa di Riposo per Pipistrelli. Tutti i guai che ho me li sono meritati. È Dio che mi pu­nisce.

Harry                             - Forse punisce tua madre.

Charlie                          - Beh, non potevo fare altrimenti, Mi costava un occhio della testa. Già ero a terra per gli alimenti della sporcacciona; in. più dovevo contribuire alla retta scolastica di mia figlia. Me l'hanno aggiunta come extra, quella. (Guarda l'orologio) Pensa che viene qui! Mancano quattro ore! (Pas­sa il suo bicchiere a Harry) Oh, aiutami a sbronzarmi.

Harry                             - Si. Cerca di non pensare a niente.

Charlie                          - Mi costava un sacco di sterline alla settimana, sai. Un sacco e una sporta. È stata dura. Durissima! Voglio dire, se mi fosse rimasto qualcosa per me, chissà, avrei po­tuto risposarmi.

Harry                             - Andiamo, ragiona.

Charlie                          - Come sarebbe a dire, ragiona? Eh? come ti permetti! Sì, come ti permetti! lo sai quante donne avrei potuto avere? Tante! Non sono mica come te... con le tue antenne e l'alpcnstock! Avrei potuto averne a centinaia.

Harry                             - (gli dà il gin) Beh, hai avuto tua madre.

Charlie                          - Eccome, se l'ho avuta! Oh, Harry... tu non sai l'orrore di quel posto. La direttrice farebbe scappare il fantasma di Edgar Allan Poe. Ho paura ad andarci dopo il tramonto. Sul serio. Le scale scricchiolano e gemono come anime dannate; gli spifferi fanno tintinnare le armature co­me se ci fosse dentro qualcuno. E hai presente quell'avvol­toio in ingresso? ...sotto una campana di vetro. Beh, non è mica morto, sai; ne sono sicuro. Per andare al cesso devi passare sotto due alabarde incrociate. L'ultima volta che ci sono stato, non ho combinato niente... troppo sinistro. Li tiri la catena e ti ritrovi nella fossa dei serpenti.

Harry                             - Si. Dovrebbero dare una mano di rosa caldo alle pareti. Io la camera di mammà l'ho ridipinta da cima a fondo. E le ho fatto con le mie mani le tendine, le federe e la sopraccoperta. E poi le ho comperato quella scrivania nuova.

Charlie                          - Che fai, giri il coltello nella piaga? È il mo­mento del trionfo?

Harry                             - No, facevo per dire...

Charlie                          - Beh, alla mia le hanno dato una branda, una sedia di vimini e due metri cubi di spazio per tirare le cuoia. Sta aspettando la morte in due metri cubi, mia ma­dre. Mia madre... che una volta mise una rosa in un libro. (Delicatamente, apre il libro di poesie) "Rosata e calda sboccia l'aurora Ma la tenera notte indugia ancora..." Figlia d'un cane! (Scaraventa il libro in terra e lo calpe­sta) Accidenti alla rosa! Accidenti al vaso di Pandora! Non ci potrò più andare, a farle visita. Che le racconto? "Ma lo sai, mamma? Dicono che sono un invertito! Pensa un po'!"

Harry                             - Te la caverai con una multa.

Charlie                          - Tu credi? Lo credi davvero?

Harry                             - Male che vada.

Charlie                          - Si. (annuisce) Certo. (£ poi) Una multai Ma senti che faccia tosta: sono innocente! Oh, che Dio pro­tegga Oscar Wilde e tutti noi.

Harry                             - (dopo una pausa) A volte mi domando cosa si dicono... sai, al piano di sopra... quando mia sorella viene a trovare mia madre.

Charlie                          - Ancora dieci giorni!

Harry                             - Mi pare di sentirla, Maggie, che trilla: "Quanti anni ha Harry adesso, mamma?"; e mammà: "Non lo so. Perché, quanti anni ha?"

Charlie                          - Conversazione senza sbocco.

Harry                             - Si; e Maggie dice, "Strano che non si sia ancora 58 sposato." E poi magari aggiunge... mi pare di sentirla: "Mamma, secondo te non sarà mica un... un..."    - (Si morde il labbro e si aggrappa ai braccioli della poltrona. Rimane un po' se­duto scuotendo il capo)

Charlie                          - Ehi, bellezza! Chi è sotto processo, io o te? Eh? Eh? Guarda che il funerale lo stiamo facendo a me, mica a te!

Harry                             - Affronterei dieci processi pur di avere i tuoi capelli.

Charlie                          - E io mi farei rapare a zero pur di non mettere piede in tribunale. Già! Da queste cose si vede la saggezza di Dio.

Harry                             - L'ultima volta che andai da Maggie, l'anno scorso...

Charlie                          - Ci risiamo?

Harry                             - No, sta' a sentire: mi capitò, beh, una esperienza penosa. Avevo preso in braccio il mio nipotino e me lo face­vo saltare sulle ginocchia. Avrà tre anni, vedessi com'è vispo e grassottelle. A un certo punto mi butta le braccia al collo, e mi ficca quel suo nasino di burro nell'orecchio. È stato più forte di me, Charlie. Non ho potuto fare a meno di ab­bracciarlo e di stringerlo. "Caro, caro, tesoro", gli dicevo. E poi...

Charlie                          - E poi? Che è successo?

Harry                             - Il bambino... si è messo a strillare. Non la smette­va più. Allora è piombato Dick come un fulmine... con una faccia stralunata...! "Che gli hai fatto?" dice. "Che gli hai fatto?"... Con un tono di accusa... gli occhi che mandavano lampi. (Emette un profondo sospiro) Come fai a spiegare a un omaccione come quello che volevi soltanto un esserino da stringerti al petto; una cosa da amare?

Charlie                          - I bambini! Si, per un po' te li affidano; fino a quattordici anni; poi li infilano nei calzoni più aderenti che trovano, gli mettono bene in mostra tutta la loro robetta, e ti accusano di turbare la loro innocenza!

Harry                             - Ah! Avere un bambino...

Charlie                          - Stai delirando. Hai già gli occhi che galleggiano nel gin... fra un po' ti verrà la schiuma alla bocca.

Harry                             - Ma pensaci un momento, Charlie: se tu ed io... si, pensa se avessimo potuto avere un bambino nostro. Un bambino tutto per noi. Lo avremmo allevato...

Charlie                          - I bambini! Sai perché ci piacciono tanto? Perché sono le sole creature viventi più stupide di noi.

Harry                             - Comunque, non ce lo permetterebbero mai. Che peccato! Figurati se affiderebbero un bambino a gente come noi.

Charlie                          - Parla per te, compare! Io ne ho avuto uno, se permetti. E adesso ho te! Sempre se permetti! Senza contare quell'altra bambina di novant'anni, all'ospizio... povero vec­chio rottame. Che però è stata una dritta ai suoi tempi! (Versa due gin; poi si inginocchia accanto alla scatola dei ricordi della madre) Era una testa dura, sai. Organizzava marce, raccoglieva firme. È stata una grande sostenitrice del controllo delle nascite, e in un'epoca in cui erano argomenti tabù. Eh! Ha passato anni fra i pigmei; e andava a visitare i reietti di Hackney... E questo cos'è? (Trova qualcosa nella scatola) Una ciocca di cappelli! Dio santo, è mia! Una ciocca dei miei capelli di quand'ero bambino! (// labbro gli trema) Oh-oh Harry! Dove sono quei giorni felici? Ho lo stomaco pieno di vermi che strisciano... (Sbatte giù il coperchio della scatola) Figlia d'un cane! Come la odio, mia madre! L'ho sempre odiata!

Harry                             - Su, su. Un altro goccio di gin. (Riempie i bicchieri ancora una volta)

Charlie                          - Una stanza in facciata costava troppo, e cosi l'hanno schiaffata sul retro, su un cortile... con i trogoli dei maiali, le mosche, e uno strano capanno nero. Credo che sia li che le bruciano.

Harry                             - Le mosche?

Charlie                          - No. le vecchie! ...quando è il momento. È molto strano, Harry; hai presente quel corridoio buio sulla destra, quando si entra nell'ospizio?

Harry                             - Non me lo ricordo più.

Charlie                          - Beh, c'è un corridoio buio. E ogni volta che vado a trovare la mamma mi pare di vedere un buffo tipo di vegliardo che se la squaglia lungo questo corridoio. Come arrivo li, sbircio verso destra, e immancabilmente... c'è un vecchio culaccio risecchito che svanisce nel nulla. Ma mai lo stesso, Harry. Molto strano. Quarantanove visite ho fatto... contando la settimana che andai due volte, quando mamma ebbe quelle fitte di vomito, e...

Harry                             - Non vorrai dire che hai visto quarantanove...

Charlie                          - ...Ti dico che ho visto quarantanove deretani de­crepiti, e mai due volte lo stesso! (A questo punto sono en­trambi un po' brilli per via del gin. Charlie riempie ancora i bicchieri... la bottiglia è quasi vuota) Stai attento. Cerca di afferrare. ...Non durano mai fino alla mia visita successiva. È quella faccia di merda della direttrice che li crema in quel capanno per mettersi in tasca le rette! Quella al posto delle scarpe ha due stivaletti malesi, te lo dico io. {Manda giù un sorso) Che faccio? Io non ci vado più. Non posso. Salto una settimana; vedo come si mette il processo. È una tale tortura. Quando esco da quel posto ho sempre paura di voltarmi indietro... mi pare che ci siano i vampiri pronti a beccarmi gli occhi. Singhiozzo come un bambino fino a casa... È troppo lugubre. Fra la vista di quell'adunata di vec­chioni cadenti... e quella ex-caporalessa di Mathausen che li infila nel forno! Dio, come la detesto, quella direttrice! Arpia sadomasochista!

Harry                             - Beh, prendi una decisione.

Charlie                          - Io la porto via. Oggi. Oggi stesso! La riporto a casa. Non voglio vedere mia madre coperta di mosche.

Harry                             - Dove la riporti?

Charlie                          - Qui. A casa, dov'è il suo posto.

Harry                             - A casa mia?

Charlie                          - Non ti darà fastidio. La sistemo su di sopra.

Harry                             - Su di sopra è già sistemata mia madre.

Charlie                          - Si. Perfetto. Perfetto. Le mettiamo insieme. Per­fetto.

Harry                             - Ah. Ma senti che lenza! L'hai architettata bene, eh! Il vaso di Pandora; le lacrime di coccodrillo; mi spezzi il cuore, mi riempi di gin; e appena mi volto dall'altra parte mi rifili tua madre.

Charlie                          - Bevi un altro goccio...

Harry                             - Non voglio vecchie zampogne in casa mia.

Charlie                          - Bene! Me lo sentivo. Ci siamo. Ci siamo! È arri­vato il momento della pugnalata alle spalle. Non è cosi? Il momento della pugnalata alle spalle!

Harry                             - Hai paura di dover dire alla direttrice che dovrai sospendere le visite per tre mesi.

Charlie                          - Ah! Se dipendesse da te, sarei già dentro! Caro­gna! Tu andresti a offrire un paio di occhiali a un cieco.

Harry                             - A me quella direttrice è sembrata una persona molto ammodo.

Charlie                          - Dio li fa e poi li accoppia.

Harry                             - Stammi a sentire, ora! (Afferra Charlie per un braccio. Charlie si libera con uno strattone)

Charlie                          - Neanche per sogno. Giù le mani!

Harry                             - Mai che avessi il coraggio di parlar chiaro! Verme schifoso! Il coraggio di ammettere la verità... (Charlie canta a gola spiegata... sull'aria dell' "Alleluia")

Charlie                          - Alopecia! Alopecia! Alopecia! Alopecia! A-lo-o-pecia! (Harry si siede, con un'espressione di disinteresse. Char­lie gli saltella intorno, col dito puntato sulle sue bende) Alo­pecia! Alopecia! Alopecia! Alopecia. Oh, a-lo-o-pecia. Ecc. (Crolla ridendo su una sedia)

Harry                             - Un goccio di gin, e parti per la luna. Mah!

Charlie                          - Dio! ...per una parata di cigni in un lago di diamanti! ...invece di una barchetta di carta in un secchio d'acqua sporca... Lo sai, Harry, che non ho un solo ricordo. Lo sapevi? ...non un solo ricordo. Niente. ...Il mio unico barlume di vita è un giorno a scuola: c'era un ragazzo... un vero torello... che aveva una sorella. La chiamavamo la muc­ca Carolina, perché aveva un petto cosi... aveva sei anni... Beh, la mucca Carolina mi rubò la ranocchia.

Harry                             - Che ti rubo?

Charlie                          - La mia ranocchia, caro. Ce l'hai presente, una ranocchia? Io quella rana l'adoravo. Scommetto che fru­gando bene potrebbe venir fuori un significato psicologico che spiegherebbe molte cose.

Harry                             - Te ne potrei dare tanti io, di ricordi; ma tu non ascolti mai.

Charlie                          - Sassolini verdi e mota misteriosa; segreti orrendi che si muovono sotto la ghiaia.

Harry                             - Scusa?

Charlie                          - Un vaso di pesci rossi! Un vaso di pesci rossi, hai detto. Che bugiardo! ...Non ho mai parlato di pesci rossi, io.

Harry                             - No, ma dicevi che ti pareva di essere una mosca in una bottiglia di latte. E quella volta...

Charlie                          - Non ci sono movimenti segreti nelle bottiglie di latte. Almeno, non capita spesso.

Harry                             - Avevo fatto un po' di confusione. Volevo dire che io mi sentivo come una mosca sopra un vaso di pesci rossi, Capisci? ...Cioè come fuori dal mondo. Anzi, peggio! Io sto peggio. Perché probabilmente una mosca lo sa che tanto lei i piedi non se li può bagnare, e si gode la passeggiata. Men­tre io muoio dalla voglia di bagnarmi i piedi, e non ho il fegato di tuffarmi nel vaso!

Charlie                          - (colpito) Zitto zitto ogni tanto porti a galla delle schifezze non prive di interesse. (Va allo specchio)

Harry                             - Grazie tante... Eh si, sono sempre stato il tipo stra­no, io. Da bambino ero infelice. Sai, le solite storie sulla diffe­renza dei sessi... Mi ricordo da ragazzo, in piscina... le donne, coi loro corpi, tutte per conto loro, da una parte; e gli uo­mini dall'altra. Mi pareva una cosa strana. Io chiuso nella mia cabina, a guardare il mio corpo; e pensavo, dietro la parete c'è una donna che fa lo stesso. Capisci, non potevo fare a meno di crogiolarmi in quei pensieri torbidi.

Charlie                          - E se mi tingessi i capelli? Per addolcirmi un po' i lineamenti, al processo.

Harry                             - La vita! Due grandi cataste divise. Devi saltare dall'una all'altra; e se Dio ti darà l'elasticità necessaria, sei a posto. Se no... sei fregato! Io ci ho provato,, sai. E come. Una volta mi mettevo degli sciarponi ruvidi, mi fregavo le mani quando qualcuno proponeva una birra, prendevo un atteggiamento virile se mi domandavano: "Ce l'hai, la ragaz­za?" Sono andato avanti cosi fino a trentacinque anni; poi mi sono cominciati i mal di testa... Ci sono solo quelle due cataste; e in mezzo, niente.

Charlie                          - (sempre allo specchio) In fondo ho una faccia abbastanza bonaria. Abbastanza bonaria. Non possono pren­dermi per il tipo che combina dei gui.

Harry                             - Una volta andai a parlare con un pastore: a chie­dergli consiglio. Un sant'uomo... ma era più imbarazzato di me. Fece del suo meglio, Dio lo benedica. Ma alla fine aveva una faccia come se avesse scoperto che il curato aveva le corna. Allora gli dissi che ero uno scrittore in cerca di mate­riale. E lui mi offri una tazza di tè e si mise a parlarmi dei suoi otto bambini. Otto, ne aveva!

Charlie                          - Tipico! Ti dicono di affidarti a Dio, e poi trot­tano a casa a rotolarsi nel brago! (Si accarezza le rughe in­torno agli occhi; quindi si esamina) Non mi starebbe male un grigio fumo ecclesiastico. Si, meglio andare sul sicuro. Grigio ecclesiastico, cravatta sobria, colletto tondo... un'aria molto sposata, anzi, il tipo con la moglie prepotente. Diavolo! Potrei portare Cassy. (Esegue un dietro front) "Questa è mia figlia, signori della giuria... Vostro Onore! Milord! Ho l'onore di presentarvi mia figlia."        - (Poi il suo umore trionfale svanisce) Ma a lei chi glielo dice? Già sarà un'agonia dirle "ciao, co­me stai". Figurati se dovessi addentrarmi in un discorso sul­l'omosessualità o quello che è.

Harry                             - Che seccatura, questa storia. Non puoi credere quanto mi dispiace.

Charlie                          - D'altra parte, pensa se venisse fuori che è uno schianto. Capisci, compare: una bambola di prim'ordine. Po­ter dire: Questa è mia! Sono io che l'ho fatta!

Harry                             - Sarebbe magnifico. Davvero magnifico.

Charlie                          - Ah...! Ma figurati se avrò questa fortuna! Figu­rati! Mi pare già di vederla: sarà tutta uno spigolo, avrà la faccia di can bassotto e il petto come due monocoli su una panca di sacrestia. (Si lascia cadere sulla sua poltrona. Harry gli viene vicino e rimane ritto dietro di lui, dandogli dei col­petti sulle spalle)

Harry                             - Se ti può essere di conforto ti dirò... che ho paura anch'io.

Charlie                          - Grazie. (Poi, ripensandoci) Alla grazia del con­forto! Bel conforto davvero... viscido insetto!

Harry                             - Io almeno la mia testa nuda la posso nascondere; ma tu i tuoi guai non puoi fasciarli con la garza.

Charlie                          - (annuisce) E ci sguazzeranno dentro. Ci sguaz­zeranno dentro, vedrai... i poliziotti, l'usciere, lo scrivano; e il giudice, col suo rutto in pelle in pelle dopo il salmone affumicato... sono tutti li che si leccano i baffi alla prospettiva del mio supplizio! (Scuote il capo, poi lo china) Se... Se non fosse successo. Se non fosse succeso niente. Poter fissare un punto qualunque... e astrarmi... e poi ritrovarmi in un mo­mento diverso, al sicuro... (Per diversi secondi Charlie si fis­sa le scarpe. Harry continua a dargli colpetti sulle spalle. Mormora) Non è successo niente... non è successo niente... non sono qui... (Poi alza gli occhi; ma la situazione non è cambiata! Si comprime lo stomaco con i pugni e geme)

Harry                             - Non possono condannarti se sei innocente, Charlie. E tu sei innocente... non è vero?

Charlie                          - Devo prosternarmi anche ai tuoi piedi? Devo umiliarmi anche qui?

Harry                             - No. No. Ce la caveremo, in qualche modo.

Charlie                          - Lo spero proprio. (Allunga una mano e dà dei colpetti su quella di Harry) Per Dio, lo spero.

Harry                             - Da che dipende... Oh, è deprimente, se ci pensi! Cos'è che fa un violinista... un genio... un grande amatore! ...Pare che siano gli ormoni. Se sapessi come lo detesto, tutto quel maledetto sistema! ...Sai... (Versa due gin; nella botti­glia non rimane più che una goccia) ...ho visto un film... in uno di quei programmi scientifici alla televisione... davano un film in cui si vedeva l'intero ciclo di riproduzione di un fu­retto.

Charlie                          - E magari sull'altro canale c'erano i Beatles.

Harry                             - Ah, ah... no, era affascinante, davvero. Tutto visto al microscopio, con le immagini che si muovevano... E il fu­retto... o era un cavallo?

Charlie                          - Certo è facile confonderli.

Harry                             - No, era un cavallo, un cavallo; dunque, a quanto pare, Charlie, le cavalle hanno le trombe di Falloppio.

Charlie                          - E io che credevo che fossero in Grecia.

Harry                             - (gli dà un gin) Uffa, piantala! ...No, è quel posto dove le uova restano fino al momento della fertilizzazione... ed è li, Charlie, che si creano le caratteristiche dell'intero ci­clo vitale di ciascun cavallo. Li, in quell'attimo! Il seme di un cavallo maschio non è altro che una specie di girino...

Charlie                          - In un vaso di pesci rossi. (Si alza, allunga il suo gin con un po' d'acqua).

Harry                             - No, stai zitto un momento! ...Era fantastico: pensa, vedere queste migliaia di cose brulicanti, in cerca di vita su per le trombe di...

Charlie                          - Puah! Che schifo!

Harry                             - Ma è cosi...

Charlie                          - Beh, tanto peggio per i cavalli.

Harry                             - Ma anche gli uomini, Charlie! Anche dentro di noi... ci sono questi girini... anche dentro di te!

Charlie                          - Dentro di me no, caro! Io non ne voglio sapere! Non ne voglio sapere!

Harry                             - Ma è in quell'attimo che la natura decide in quale direzione orientare quei girini bruii... (A questo Charlie esplo­de)

Charlie                          - Ma insomma piantala! Piantala! ...Proctologo de­generato! Sto cercando di dimenticarci Ho la testa piena di cannoni che sparano. Ho già abbastanza preoccupazioni di fuori senza che tu mi metta in subbuglio anche... (Si ferma. Poi lentamente, preoccupato) Harry... non penserai mica... voglio dire... mi è capitato di leggere sul giornale: "Rinviato a giudizio in attesa di perizia medica". (Gli trema la voce) Harry, non penserai che mi rinviino per... per fare una cosa simile? (Harry gli viene vicino)

Harry                             - No, Charlie. No, no, no, tesoro.

Charlie                          - Rinviato per perizia medica.

Harry                             - Oh, sono situazioni diverse... (Charlie è piccolo, vecchio e patetico ora)

Charlie                          - ..Charlie Dyer, parrucchiere nonché ex filodram­matico di Clapham, questa mattina è stato rin... (Si copre la bocca. Ora Harry si raschia la gola e assume un'aria effi­ciente)

Harry                             - Ti lascerò solo, quando... (Ma prima che possa terminare la frase, Charlie gli è vicino e lo afferra ansioso per il braccio)

Charlie                          - ...No! Per amor di Dio, no! Non mi lasciare.

Harry                             - Quando viene Cassy, volevo dire.

Charlie                          - Ah! Si... grazie.

Harry                             - E se vuoi un parere: dai retta. Dille tutta la verità. E chiedile se è disposta a accompagnarti in tribunale. È la tua carta migliore.

Charlie                          - Si. Si, hai ragione. Si. E magari potresti prestarmi la tua vestaglia col dragone... quella che portasti da Saigon... Forse mi crede ancora un grande attore.

Harry                             - La tirerò fuori.

Charlie                          - E forse potremmo mettere qua e là un po' dei soprammobili di tua madre: anche qui a bottega. Un po' dap­pertutto, insomma.

Harry                             - I soprammobili di mammà?

Charlie                          - Non posso andare dalla mia, se no mi farei im­prestare i suoi.

Harry                             - No, prendi pure quelli di mammà.

Charlie                          - Bene. Bene. Grazie, tesoro. (Torna a guardarsi nello specchio) Potrei farmi crescere i baffi per mercoledì prossimo...

Harry                             - Senti, Charlie.

Charlie                          - Mm?

Harry                             - Perché vuoi i soprammobili di mammà?

Charlie                          - Ehm... (Alza le spalle) ...un tocco teatrale. Non ne parlerò mica; né lo farà lei. Ma, ehm... eh, tu non t'in­tendi di queste cose. Un tocco teatrale.

Harry                             - Spiegati meglio.

Charlie                          - Beh, potrebbe pensare... che vivo con una donna invece che... (Si ferma)

Harry                             - Invece che con me.

Charlie                          - È meglio lasciarlo nel vago, no? Oh... ma che importa.

Harry                             - Importa a me! Importa a me, perdio! Mi fai di­ventare un... fantasma schifoso. Devo anche cancellare il mio nome dalla vetrina?

Charlie                          - Ma perché ti scaldi?

Harry                             - Sono stufo di restare nascosto e spronfondare nel­l'ombra appena ti fa comodo!

Charlie                          - Non te la prendere, per amor di Dio.

Harry                             - L'unica persona al mondo che mi piacerebbe co­noscere è Cassy. È l'unica cosa vera, l'unica cosa vera della tua vita.

Charlie                          - L'hai proposto tu. Hai detto che saresti uscito.

Harry                             - Per farti un piacere! ...Accidenti. Ho passato la vita ad aiutarti; ti sfamo; piango con te e mi preoccupo per te. E ora, maledizione, ti vergogni di presentarmi tua figlia... in casa mia. Ma quando hai fatto qualcosa per me, tu? Mai! Mai un incoraggiamento, un complimento. Mai una volta che tu abbia detto "Bravo, Harry, bel lavoro."

Charlie                          - Lunedì scorso ho detto che il caffellatte era buo­no... Me lo ricordo benissimo: "Cristo, Harry", ho detto, "squisito queto caffellatte".

Harry                             - Il caffellatte! Quando mai mi hai fatto sentire im­portante?

Charlie                          - Forse non sei importante, amico! Forse non lo sei! (Se ne pente subito) Scherzavo, caro.

Harry                             - (piano) Non scherzavi. Questo è il punto. In fondo in fondo, tu ti ritieni superiore... Non è cosi? ...Rispondi.

Charlie                          - Beh... io sono un artista. Che ci posso fare? Ai sentimenti non si comanda.

Harry                             - E allora va' al diavolo! Tu e tutti gli attori. Ma chi vi credete di essere? Vi va male, e per tirarvi su vi sen­tite in diritto di sfottere il prossimo. Ecco perché mi punzec­chi con le tue risposte sempre pronte: per te sono una spe­cie di scala mobile fra un fiasco e l'altro.

Charlie                          - Vacci tu, al diavolo, invece, tu e le tu prediche di fratellanza! Sei bravo solo a parlare. Ma non ti rendi conto che stai facendo proprio quello di cui mi accusi? Sono vent'anni che mi maciulli.

Harry                             - Questo non me lo devi dire!

Charlie                          - Non te lo devo dire! Non te lo devo dire! È cosV.

Harry                             - Ah si... beh... e a te chi te l'ha detto che sei tanto importante? Che hai fatto di tanto straordinario? E in ogni modo, come lo sai che è tua?

Charlie                          - Come so? ...che cosa? ...che è mia? ...chi? (Ora è Harry che si pente)

Harry                             - Niente. M'è scappato.

Charlie                          - Ti è scappato, eh? Come se non ti conoscessi. Tu alludevi a Cassy.

Harry                             - Lascia perdere.

Charlie                          - Certo! Semplicissimo! Tanto ormai ci ho fatto il callo. Un'altra ditata nell'occhio da parte del mio amore­volissimo amico. Qui è come stare appollaiato sulla gruccia di un vampiro.

Harry                             - Charlie...

Charlie                          -  È mia; mia, hai capito? bastardo!

Harry                             - Si. Certo che è tua.

Charlie                          - Ti ha scritto la sporcacciona, per caso? È arri­vato il momento della penna intinta nel veleno?

Harry                             - No. No, no.

Charlie                          - Sei formidabile. Come sai insinuare l'ombra del dubbio, cucinata a puntino... Perché resti li a covare.

Harry                             - Stammi a sentire. Ora non voglio dire una catti­veria. Lo giuro. Ma... forse sarebbe meglio non portarla in tribunale, dopotutto. Hai visto mai che... (Si ferma)

Charlie                          - Dillo! Avanti. Hai visto mai che cosa?

Harry                             - Beh, a tua moglie non farà piacere che tu metta di mezzo Cassy. Sarebbe capace di dire che...

Charlie                          - Sarebbe una menzogna! Una menzogna!

Harry                             - (accalorandosi) Certo; ma io non vorrei vedere mia figlia trascinata nel fango per fornire un alibi alla... vita amorosa di suo padre. Piuttosto direi... "No grazie. Lui non c'entra. Non è sua! L'ho sposato solo per convenienza. Ra­gion per cui. vada al diavolo e la lasci in pace!" Direi qua­lunque bugia, se fossi la madre di Cassy.

Charlie                          - (grida) Ma non lo sei, dannazione! Ti piacerebbe, eh? (Harry alza le spalle. Charlie dardeggia sguardi di fuoco per qualche secondo, poi si pizzica il labbro, pensoso) Sa­rebbe diffamazione. La proposta la feci io. Io Ero uno schianto in quei giorni, uno schianto. Sissignore. Ero bello da far male agli occhi.

Harry                             - Si, Charlie...

Charlie                          - ...Lei era una ballerina di fila...

Harry                             - Si, lo so.

Charlie                          - ...Schioccavo le dita. Schioccavo le dita, e vedes­si come scattavano...

Harry                             - Charlie! Cassy è nata in anticipo... Basta che ci si metta di mezzo un avvocato per dimostrare...

Charlie                          - Un avvocato! Un avvocato! ...E dove mi proces­sano, alla Camera dei Lord? È un caso da quattro soldi, santo Iddio. Sul banco ci sarà il macellaio del quartiere; cosa cre­di, che aggiornerà la seduta per ordinare un sopralluogo nei saloni del castello...? Cassy è mia. Mia. Ha i miei... i miei occhi... il mio... E in ogni modo, io e la sporcacciona abbiamo fatto cose da pazzi per anni! Per anni, caro mio!

Harry                             - (piano) Non è vero. Non è vero.

Charlie                          - Senti, relitto umano...! (Ma la tirata di Charlie, che è partita come se dovesse essere lunga e scoppiettante, si ferma di colpo. Le parole lo soffocano. Si copre il viso; e con voce bassa, vicina alle lacrime) Dovevi proprio parlarne? Non potevi farne a meno? ...N-non avrei mai coinvolto mia figlia, mai e poi mai; l'ho detto così, tanto per dire. Tanto per tirare avanti ancora un poco. (Rialza il viso; occhi chiusi, mani serrate) Se ne fossi stato sicuro, tanti anni fa. Se solo ne fossi stato sicuro, forse non avrei mai... Oh, se non fosse successo. (Poi, ferocemente, a Harry) Senti un po', tu! ...Spero che ti cadano anche i capezzoli! ...Attenti al ca­ne? Attenti alla iena! Per mezzo chilo di merda di cavallo tu segheresti la cinghia della sella di un fantino.

Harry                             - Ma si! Un'altra delle tue uscite assurde. Non si­gnifica niente! Non vuol dire niente.

Charlie                          - Dio, che capolavoro di sabotaggio hai fatto in questi anni. Piano piano... ora me ne rendo conto! Pur di ridurmi al tuo livello... Mi pare di sentirti quando preghi, la notte: ..."Dio, ti supplico, fallo diventare piccolo come me!"           - (Questa uscita offende Harry, che si tocca la testa e si mette a sedere)

Harry                             - Oh... mi gira un po' la testa.

Charlie                          - Evviva! Ci siamo! È il momento del "mi sento svenire"; il momento del "sono agli sgoccioli"! ...Chieditelo onestamente: sei contento si o no quando non ricevo posta e non ci sono offerte di lavoro alla televisione quando ho le tasche vuote e non ho dove andare tranne questa topaia che puzza di brillantina?! ...Eh?

Harry                             - (appoggia il capo all'indietro) Qualche volta sarò stato geloso, ma...

Charlie                          - Sentila! Lo ammette! (Va verso la finestra, si vol­ta) Ti rendi conto di quanto mi imiti, spero? Scoppi di in­vidia; non fai che imitarmi.

Harry                             - Quando si vive sempre a contatto con qualcuno, è quasi inevitabile.

Charlie                          - Io non ti imito, compare mio! Ci mancherebbe! Ma a volte quando parli è come se io stessi parlando da solo... Dico una cosa; e il giorno dopo me la sento ripetere... da te! E sei cosi schifoso da darmi del fallito! (Harry so­spira. C'è una pausa) Perché non rispondi? Che fai, zitto zitto? È il momento dei pallori evanescenti, eh?

Harry                             - Ti sei mai domandato se io esisto realmente?

Charlie                          - Oh, Signore! ...È la seconda volta, oggi! Esisti e come! Purtroppo.!

Harry                             - Come il tuo agente, Archy Selder?

Charlie                          - Che hai detto?

Harry                             - Tu non hai nessun agente, Charlie.

Charlie                          - Ah... (Furibondo) Buona questa! Ma senti...

Harry                             - Archy... con la ypsilon, i solito di scrive A-r-c-h-i-e... Non è vero? (Charlie è immobile, in apprensione. Non dice niente. Harry si toglie di tasca un pezzo di carta) E ti ricordi quelle cartoline che mi mandavi quando eri fuori? ... a in­terpretare quella grande rivista... al fianco della tua partner Sherry Clade?

Charlie                          - Una voce d'angelo! Sherry Clade arrivava al si bemolle come se...

Harry                             - E il tuo famoso impresario D'Arcy Relshe; e quel­la signora che aveva un debole per te, Sherly Drace? E Chard Seerly, e cosi via...?

Charlie                          - Che fai ora, la mia biografìa? Eh? La mia bio­grafia?

Harry                             - Ho scritto tutti questi nomi su un pezzo di carta. Mi era venuta in mente una cosa. Che strani nomi, pensavo... Chard Seerly; e Archy Selder, con la ypsilon; e D'Arcy Rel­she! (Si alza, fronteggia Charlie) Vengono tutti da "Charles Dyer". Sei sempre tu, Charlie! Non hai mai pronunciato un nome che non fosse un anagramma di Charles Dyer. (Charlie si siede e gira la poltrona in modo da avere di fronte lo spec­chio. Harry gli butta davanti il foglio)

Charlie                          - (Si raschia la gola) Sei un po' lento di riflessi, eh. Ce ne hai messo, del tempo!

Harry                             - Lo so da molti anni.

Charlie                          - Una volta cominciai a scrivere una commedia. Non l'ho mai finita... Mi era parsa una trovata dare il mio nome a tutti i personaggi.

Harry                             - (annuisce) Passavo in rassegna tutte le riviste tea­trali per cercare qualcosa sullo spettacolo che stavi interpre­tando. Due anni! E tutte quelle cartoline!

Charlie                          - Hai scelto una bella nottata per farmi a pezzi.

Harry                             - Senti Charlie... ho sempre avuto paura a chieder­telo... ma che cosa hai fatto... durante quei due anni?

Charlie                          - Ehm... uhm... ho venduto enciclopedie. (Harry tira il fiato, sollevato)

Harry                             - Tutto qua?

Charlie                          - Io ho bisogno di vivere; ho bisogno di un po' di movimento, di un po' di tono. In un certo senso tu hai più fegato di me: tu lo sopporti, l'anonimato, Harry. Io in­vece lo odio. Dopo aver scritto quella commedia... cioè, dopo averla cominciata, mi misi a adoperare i nomi dei personag­gi, quando avevo bisogno di un po' di lustro. Mi pareva un tocco elegante. Avrei sempre potuto dimostrare che scher­zavo. Perché era tutto qui, solo uno scherzo... che non faceva male a nessuno.

Harry                             - (cercando di inchiodarlo) Allora, quei due anni...

Charlie                          - Oh, un periodo che appartiene alla preistoria...

Harry                             - Si... dieci anni fa; ma ora voglio sapere. Ci fu nient'altro?

Charlie                          - Ehm... ero rimasto solo, capisci. Tu mi avevi but­tato fuori e...

Harry                             - Te ne volesti andare tu.

Charlie                          - ...Beh, insomma, a un certo punto approdai in una certa pensione... Sapessi in che posti ho dormito. Non è che le mie enciclopedie andassero a ruba; e per risparmiare frequentavo certi cimiciai! Finché un giorno mi dissi... "Beh, non sarebbe poi tanto diverso, se mi trovassi in... (Spinge que­ste parole attraverso il suo orgoglio) ...galera." Ah, ah!

Harry                             - Oh Dio mio!

Charlie                          - Sono contento che sia venuta fuori. È da quan­do è arrivata quella comparizione che ce l'ho qui nel gozzo. Dovevo pur dirlo a qualcuno.

Harry                             - (stancamente) Hai la fedina penale sporca.

Charlie                          - (con un lampo di vivacità) Grazie tante! Bella novità! Perché credi che abbia passato la notte a darmi i pugni in testa?

 

Harry                             - Con che imputazione?

Charlie                          - Mi dettero trenta giorni...

Harry                             - Con che imputazione:

Charlie                          - Non avevo fatto niente. Ero in un bar vicino a un campo di aviazione... pieno di giovanotti che marcia­vano a petto in fuori... e io dormivo in uno scantinato a quattro scellini a notte... fra i rutti degli ubriachi di alcool metilico. Tu sai quanto sia importante per me un minimo di comodità... insomma... chiesi a un ragazzo se... quando tor­nava al campo... mi portava con sé. (Le braccia incrociate, Harry si colpisce le spalle a palme aperte... più e più volte. È un gesto di disperazione. Ha gli occhi fissi al soffitto) lo non faccio mai nulla, tu lo sai. Harry. Davanti a Dio: io non faccio mai nulla. Solo che mi piacciono le persone pulite, fresche... giovani. Mi piace sentirmele vicine. (Ora ci ren­diamo conto, gradualmente, che della coppia il più forte è Harry. Charlie è il più debole)

Harry                             - Lo hai avvicinato in un bar...

Charlie                          - Si. Beh, li facevo ridere. Li facevo sbellicare con le mie storie. Vent'anni di palcoscenico... Certe mie canzoni non le avevano mai sentite. Ma... al momento della chiusura, restavo completamente solo.

Harry                             - (alzandosi) Questo è il colpo di grazia!

Charlie                          - Ma... è roba di dieci anni fa.

Harry                             - Avevi promesso. Promesso. Avevi detto che non avresti più toccato un bicchiere altro che a casa. Lo avevi giurato sulla Bibbia di mia madre.

Charlie                          - Ma avevamo litigato! La tua Bibbia non vale an­che per quei due anni.

Harry                             - E così centinaia di poliziotti circondarono il campo di aviazione e rintronarono il povero giudice con le loro frot­tole.

Charlie                          - (annuisce) Tre mesi... per non avere fatto nulla.

Harry                             - Ti hanno dato due anni, Charlie, vero? Due anni.

Charlie                          - (annuisce) Poco meno... poco meno. Ti fanno uscire prima, sai. Buona condotta.

Harry                             - (avvampando d'ira) Ma non pensi mai agli altri? Non ci pensi mai, alla mia vergogna? ...che sto qui con te! Con la gente che ci segna a dito... i due eccentrici, Harry e Charlie. Ma io sono perfettamente a posto. Perfettamente a posto, e mi tocca sopportare quello che sopporto per colpa tua.

Charlie                          - Ma che mi racconti? Lascia perdere, anche tu! Non sei mica Gengis Khan, tesoro mio! Perciò è inutile che alzi tanto le penne! (Harry appoggia il capo alla parete)

Harry                             - Oh, sono distrutto. Fra te, il gin, la notte in bianco. Dio mio, Dio mio. Ti avevo avvertito. Te l'avevo detto e ridetto. È la fine. La fine! (C'è una pausa)

Charlie                          - E pensare che mio padre era parroco! ...Per quanto dicono che fosse un tipo un po' strano anche lui. Piantò in asso mia madre... scrisse sul suo colletto "metti­telo tu" e lo buttò in mezzo all'ingresso... Però era un uomo molto religioso. Molto religioso. Avventista di Muswell Hill o qualcosa del genere... (Preso da un pensiero improvviso. Harry prende un foglietto. Ci scrive sopra)

Harry                             - (sottovoce) Ed Chrysler... (Ora controlla le lettere; poi alza il capo) Ti saresti seduto in braccio a Ed Chry­sler per fare uno scherzo!

Charlie                          - Lo so. Lo so. Anche Ed Chrysler è un anagram­ma del mio nome. (In fretta, prima che Harry faccia in tempo a fare altre domande) È inutile farmi domande. Harry. Non mi ricordo più nulla. Ero sbronzo. Sbronzo. Quando sono tornato in me mi stavano trascinando fuori dal circolo; dicevano che ero travestito... travestito da d-don-na... C'era un poliziotto giovane, che mi sorreggeva. Sono caduto in ginocchio, si; mi sono graffiato. Gli ho abbrac­ciato le gambe; mi guardavano tutti. "Ti prego, ti prego", ho detto, "non mi rovinare, figliolo"... Mi avrebbero messo sul cellulare, se non fosse stato per l'ispettore. "Rialzati, pa­pà", disse... mi chiamò "papà". Ma al poliziotto giovane gli disse... Si! "Non vedi che questo è un gentiluomo". Cosi gli disse.

Harry                             - Ma a chi lo racconti?

Charlie                          - (una pausa) ...Beh. disse una cosa carina.

Harry                             - Si?... cosa?

Charlie                          - (pausa) Gli disse... "Non essere ingordo. Man­dalo a casa, povero finocchio."   - (Siede, facendo di si col 62 capo per un momento o due, in silenzio) E il giovane: "Magari si ammazza o fa qualche altra sciocchezza", disse E l'ispettore: "Sarebbe tempo risparmiato". ...Si. Ne ho conosciuti tre che sono finiti cosi, Harry. Eh, è un pro­blema. Un problema grosso... In fondo anche il mio ma­trimonio è andato all'aria per questo.

Harry                             - Ma no.

Charlie                          - (alza le spalle) Tanto vale prendere in consi­derazione tutte le accuse possibili... Signori e signore della giuria. In fondo la sporcacciona era una brava ragazza. Poveraccia, anche lei. Se avessi avuto un minimo di tatto... Macché! Ho meno tatto del didietro di uno stallone.

Harry                             - E sono ancora più brutto.

Charlie                          - Lei voleva tanto... Fu il mio corpo! La mia salute, la mia bellezza... Ma ehm, vorrei essere ancora li con lei. (Scuote il capo) Vorrei che non mi avesse buttato fuori.

Harry                             - Ma no! Ma davvero! ...Andiamo bene. (Si dà da fare. Va alla finestra e guarda fuori. È mattina inoltrata... potrebbero essere le otto o anche più tardi. Abbassa un grosso interruttore elettrico un'insegna al neon, o forse un allarme contro i ladri. E durante il dialogo seguente è per lo più indaffarato nei suoi traffici... raccoglie asciugamani sporchi e li mette in una scatola di cartone... e cosi via) Una volta mammà aveva bisogno di una retina da capelli. Andai dal farmacista all'angolo e... sai... non mi ha fatto piacere chiederla.

Charlie                          - Lo credo! ...Un barbiere che va a comprare una retina da capelli dal farmacista! Sembra il principio di una barzelletta.

Harry                             - Beh, le avevamo finite. Comunque, dissi che era per mia moglie. E da allora continuarono a chiedere "Come sta la signora?" Mi faceva piacere. Mi faceva piacere l'idea di avere una moglie. (Sentiamo fuori il richiamo del lattaio; il tintinnio delle bottiglie sullo scalino) Voleva dire sen­tirsi parte della comunità; come un parroco in costume da bagno che si senta affibbiare una pacca sulla schiena.

Charlie                          - Altro che contorto. Tu sei labirintico. (Harry spegne la luce della stanza)

Harry                             - Mi ero inventato una donna molto piacevole. Nessun impiccio. Un'invalida. Avevo trasferito su di lei tutte le caratteristiche di mia madre, capisci, è stato sem­plice... finché la moglie del farmacista non fece la torta, e la portò! Le sbattei la porta in faccia.

Charlie                          - Cretino! Le potevi dire...

Harry                             - Lo so. Lo so. Sono un professore in materia! Ma ero terrorizzato, capisci. Ero terrorizzato che quella tornas­se a casa e dicesse: "Non c'è nessuna moglie; c'è solo un altro vecchio". (Va alla porta del ripostiglio) E cosi non sono più nessuno, come prima. (Si volta) Hai mai pensato al mio nome, Charlie?

Charlie                          - Porco demonio! Cos'è questo nuovo supplizio? è arrivato il momento della psicanalisi? Guarda che tiro fuori gli artigli: divento un'arpia! Un'arpia! ...Ti chiami Harry Leeds, bambolino. Hai proprio un bel nome.

Harry                             - È un anagramma di Charles Dyer. (Harry esce nel ripostiglio. Charlie rimane seduto e immobile per un secondo circa. Poi si precipita a prendere un foglio e scrive, mormorando)

Charlie                          - H-A-R-R-Y... Harry L-E-E-D-S... (Avendo scritto il nome, cancella le lettere una dopo l'altra. Harry rientra)

Harry                             - Incredibile, vero?

Charlie                          - Manca la C!

Harry                             - Chris, il mio secondo nome. Lo sai che mi firmo sempre Harry C. Leeds.

Charlie                          - Beh, stai scherzando (Indietreggia) Vorresti dire che ti ho inventato io. Mi vuoi prendere in giro!

Harry                             - Però è strano, eh? (Di nuovo Charlie indietreggia, allontanandosi da lui)

Charlie                          - Me ne vado! Me ne vado, compare! Per Dio, hai ragione tu! Siamo finiti. Me ne vado prima di vedere gli gnomi che mi corrono su per il braccio. (Afferra una valigia e passa lungo la panca, spazzandoci dentro le sue cose: pettini, spazzole, forbici, macchinetta, ecc.) Danna­zione! Mi chiudo in convento! (Poi vuota nella valigia la scatola dei ricordi della madre) Io invento soltanto bella gente. Bella gente. A me piacciono le cose fresche, odorose. Sissignore! ...Tu sei sfatto e volgare. Mi accusi di averti creato! Questo ci mancava! Non sono mica un pittore cubista. Mi sarei fatto un bel ricciolone bruno. Poveri noi. (Si ferma, senza fiato) Perché stai zitto? Non hai niente da dire? Guarda che me ne vado, sai. Quella è la porta.

Harry                             - (un sorriso mesto) E fra due secondi Iddio ti avrà già fornito una nuova ondata di sogni per tirare avanti. Fra due secondi starai già fischiettando; e il ricordo di venti anni sarà svanito. (Harry va incontro a Charlie e gli tende la mano. Ottusamente, Charlie alza la sua. Si stringono la mano) In fondo, se devo insegnare il mestiere a un nuovo aiutante, tanto vale cominciare subito, piuttosto che fra ven­ti giorni.

Charlie                          - Mi ci misere anche l'ultima volta, nel reparto barbieri. Escogitano delle torture spaventose. (Harry va verso la porta del ripostiglio)

Harry                             - Che cosa terribile, terribile... non suscitare il mini­mo affetto; non riuscire nemmeno ad essere necessari. Se improvvisamente fossi risucchiato nell'oblio, non un orologio si fermerebbe.

Charlie                          - Devi farci il callo; devi infischiartene, come faccio io.

Harry                             - Credo che dopo morti si cominci a sognare... e questo è il Paradiso. Sognare che tutti ti dicono cose ca­rine... che ti dicono che sei bello e virile e che hai dei capelli meravigliosi. Ma sono sicuro che anche cosi saprei tutto il tempo che è un sogno. Passerei l'eternità sapendo che sono bugie. Dio mio, sarebbe l'inferno.

Charlie                          - No. L'inferno è quando ti arriva la tua serie televisiva il giorno dopo che è morta la persona che ti ripe­teva che non te l'avrebbero data mai.

Harry                             - Quelli come noi restano sempre soli. È cosi. I tuoi amici se ne vanno; e ti rimane una stanza vuota.

Charlie                          - Io con te ci sono rimasto vent'anni.

Harry                             - Non ti ho fatto mancare nulla. Avevi perfino una stampella dove appendere i tuoi guai. (Charlie sbatte giù il -coperchio della valigia) E ti ho insegnato un mestiere.

Charlie                          - Ah, lo metterò sull'Araldo dello Spettacolo. At­tore disponibile per parti da protagonista. Esperienza sha­kespeariana. Patente d'auto... specialità, taglio peli del naso. (Spinge la valigia sul pavimento, con un tonfo) Non l'hai mai visto, il mio Shylock. Non l'hai mai visto.

Harry                             - L'ho visto e come: al teatro del dopolavoro di Criddlington.

Charlie                          - Volevo dire quello dei bei tempi... molto prima di te; molto prima di te. Ero uno Shylock formidabile, caro mio. Non avresti avuto il coraggio di insultarmi, allora... con i tuoi diplomi di scultura al rasoio!

Harry                             - Si, ti ho offeso, capisco. Sono troppo volgare. Avresti preferito meno comodità pur di dividerle con qual­cuno dalla personalità più, ehm, più artistica... vero?

Charlie                          - Oh, hai fatto del tuo meglio, compare mio. Hai fatto del tuo meglio.

Harry                             - Non sto tirando l'acqua al mio mulino. Perché io ho bisogno di qualcuno che sia tutto per me. E in fondo in te non ce lo vedo, un piccolo "me stesso", Charlie. Non ti ho visto crescere con gli anni. È un peccato: avremmo potuto affrontare la vita insieme. La colpa è di tutti e due, immagino. (Harry esce nel ripostiglio. Dopo un secondo, Charlie va alla porta del ripostiglio. Chiama piano)

Charlie                          - Harry! ...Harry? ...Allora non mi aspetterai? Non me lo tieni un posto al caldo? ...Harry? ...Ih, fa' co­me ti pare! (Nessuna risposta. Charlie sferra un calcio con­tro la porta e va a prendere la bottiglia di gin. È vuota) Vuota come il pitale di un cammello! (Getta la bottiglia nel cestino; poi si guarda intorno, grattandosi il collo e leccandosi le labbra) La lozione per capelli! Ecco che mi bevo. (Grida in direzione del ripostiglio) E magari ci resto secco: allora piangerai! (Fruga in un armadietto ed estrae una bottiglia di lozione... che travasa nella bottiglia del gin. Grida) Sto per bere la lozione! Hai sentito? Vecchia pazza scatenata! (Fra sé e sé) Macché, il guaio è che è un tipo ordinario e tranquillo, invece. (Digrigna i denti) Dio santo, potessi farmi forza e parlargli chiaro: potessi dirgli: "in fondo mi sei simpatico, Harry, vecchio mio" ... Perché non, ci riesco? Perché non riesco a dirgli: "Ti prego, Harry, tieni­mi la stanza calda per quando uscirò di prigione"? (Si volta verso la porta del ripostiglio. Con fermezza chiama) Harry! Harry, senti... (Ma non riesce a costringersi a finire la frase. Invece, si porta alle labbra la bottiglia e inghiotte la lozione... che immediatamente sputa nel lavandino) Pua-a-h! Vuol dire che morirò quest'altra settimana. (Per un po' rimane appoggiato al lavabo, guardandosi nello specchio) Harry C Leeds. Harry C Leeds. Fantastico! Questo non l'avevo messo in programma. Non mi venire a dire ora che ho le allucinazioni! (Gira sui tacchi e grida) Certo che ci sei! Un fantasma sconocchiato come te non riuscirei mai a in­ventarlo! (Fra sé) Oh, no! Inventerei qualcuno con i capelli neri e i fianchi stretti. Invece, ecco qua. Ecco la sua pol­trona! (Le tira un calcio) I suoi occhiali! (Prende in mano la custodia con gli occhiali) Avanti! Sparisci se puoi, checcone! (La rimette giù) Ah! C'è, e come! (Grida) Ci sei, compare mio! Sei di una concretezza implacabile! (Va alla porta del ripostiglio; la colpisce) Mi senti? ...Harry? ...Harry! (Prova la maniglia. Sembra chiusa a chiave) Harry, si può sapere che stai facendo? (Colpisce la porta con i pugni) Pezzo di idiota! ...Ha chiuso a chiave. Harry! Ti senti bene, Harry? Harry! ...Harry, che hai fatto? (Le grida e i colpi di Charlie diventano frenetici. Si butta contro la porta, la spinge. La porta comincia a aprirsi... lentamente, come se dall'altra parte ci fosse qualcosa di molto pesante. Final­mente, Charlie riesce ad aprire. Flarry giace in terra, esa­nime. Charlie entrando inciampa nel suo corpo, e esce di scena. Lo sentiamo tossire... poi, il rumore di un vetro sfondato. Charlie in lacrime torna in scena trascinando Har­ry nella bottega) Stupido! Che stupido, accidenti. (Gli pra­tica la respirazione artificiale) Non lasciarmi solo, Harry. Non lasciarmi. Non lasciarmi solo... non lasciarmi solo... non lasciarmi solo, Harry. (Lo ausculta, poi riprende i tentativi con rinnovellata speranza) Accidenti a te. Non può essere cosi terribile! Che aspetti, la respirazione bocca a bocca? Stai fresco... Su, su, su! Torna indietro! Su, Harry, torna indietro, tesoro! (Harry tossisce. Spinge da parte Charlie e si alza a sedere)

Harry                             - Ehi... ma... che stai facendo?

Charlie                          - (anche lui si rialza a sedere, col fiato grosso) Carino! Come sei gentile! Mi sono fatto venire un mezzo in­farto per salvarti. Bel ringraziamento. Quasi quasi...

Harry                             - Aah, mi sento meglio.

Charlie                          - - Brutta squinzia, volevi abbandonarmi, eh? Que­sta non te la perdonerò finché campi. Mai e poi mai. Per­ché lo hai fatto?

Harry                             - Non ho fatto niente.

Charlie                          - Ora dovrò passare la vita a sorvegliarti.

Harry                             - Ho visto... ho visto come una nuvola rossa. E dopo... sono caduto come un sacco. Lo sai che ho sentito il tonfo? (Charlie si alza e si dirige al ripostiglio)

Charlie                          - Si, chiacchiera, chiacchiera. Stavo per chiamare i pompieri. I pompieri!

Harry                             - I pompieri?

Charlie                          - (chiudendo la porta del ripostiglio) I pompie­ri...! (Si ferma colpito da una riflessione improvvisa, Ria­prendo la porta, annusa l'aria)

Harry                             - Che annusi? È inutile. L'ho controllata, la fiamma.

Charlie                          - È accesa (In tono di accusa) La fiamma è an­cora accesa.

Harry                             - Naturale. (Si alza, si riassetta)

Charlie                          - Ma... ma io ho sfondato il vetro della finestra.

Harry                             - Bravo stupido! Che strano, però. Scommetto che è stata la pressione. Mi è già successo una volta, ti ricordi? (Harry va verso lo stanzino. Frattanto Charlie è andato alla sua poltrona, dove si appoggia per sorreggersi) Ora sto bene. Tutto a posto... (Quindi si accorge di Charlie) Ehi! che c'è, caro? (Si precipita)

Charlie                          - Lo choc, compare mio! Lo choc. Bah! (Scivola in ginocchio)

Harry                             - (comprendendo) Charlie! Hai creduto che... dia­volo!

Charlie                          - Si... credevo proprio che fossi andato a trovar­lo... ora sono un po' deluso.

Harry                             - (si inginocchia accanto a lui) Hai avuto una bella scossa, eh?

Charlie                          - (annuisce) Ho creduto, ehm... ho creduto di es­sere rimasto solo. E in fondo tu mi sei... (Prova ancora) In fondo, tu mi sei... (Un sussurro) ...tu mi sei simpatico, caro Harry. (Ma Harry non ha sentito)

Harry                             - Come hai detto? ...Non ho capito... 63

 

Charlie                          - Ma piantala, dai, scansati, che non posso respi­rare. (Scansa Harry con un gesto)

Harry                             - (alzandosi) E va bene. Te la pigli comoda, eh? Che facciamo, restiamo chiusi, oggi?

Charlie                          - Perché no?

Harry                             - Si fa vacanza?

Charlie                          - Mm. (Annuisce)

Harry                             - Giusto. (Corre alla porta dello sgabuzzino; poi si volta) Ehi, non mi starai mica combinando uno scherzo, eh? Sei solo un po' brillo, vero?

Charlie                          - Mm. Si, un po' brillo.

Harry                             - Meglio cosi (Esce)

Charlie                          - (fra sé) Non sono mica più un ragazzino... Dio santo, e che avrei potuto fare? Dove sarei andato... E lui, poveraccio? Certo! (Guarda verso l'alto) Ho pensato a lui. Si, Signore Iddio, è a lui che ho pensato. (Chiude gli occhi) Oh, Dio, fa' che non me ne dimentichi. Per favore, dammi una mano in tribunale, anche li; e ti giuro che... non avrò mai più cattivi pensieri. E starò attento alla dieta di Harry, e lo manderò dal dottore... Che la mamma ci resti secca, che tutti mi abbandonino, se mi scordo di questa lezione. Ti prego. Signore, non farmi mai dimenticare quanto è brutto essere soli... i piccoli storpi, i ciechini. Amen. (Si siede. Entra Harry con in testa un parrucchino da quattro soldi. Rimane ritto, impacciato, per diversi secondi... senza che Charlie lo noti. E poi)

Harry                             - Charlie!

Charlie                          - Si?

Harry                             - Non essere cattivo.

Charlie                          - Ma che dici? (Si volta e vede Harry con la par­rucca. Si alza, gli va incontro. Charlie ci prova con tutte le forze... ma non riesce a fingere. Viene avanti mansueto... sottomesso) Ah! Carina. Molto carina.

Harry                             - Non dire che non ti avevo avvertito.

Charlie                          - No! È proprio carinissima. È solo un po'... è l'unico colore che avevano?

Harry                             - lo avevo i capelli neri. Neri e ricci. Certi riccio-Ioni neri.

Charlie                          - Oh, si. Si, lo so. Lo so.

Harry                             - Non ti piace. Lo sapevo. E te l'avevo detto.

 

Charlie                          - Ma si che mi piace. Davvero.

Harry                             - Oh, ti odio quando fai cosi... tutto dolce e man­sueto. Hai intenzione di continuare cosi per sempre?

Charlie                          - Beh... (Alza le spalle)

Harry                             - Preferisco ancora le tue stilettate. Avanti, Char­lie. Sputa il rospo.

Charlie                          - Va benissimo, la tua parrucca. Va benissimo. (Fa per allontanarsi)

Harry                             - (seguendolo, tenendolo per il braccio) Charlie, Charlie, non m'importa. Dimmi la verità. Sii te stesso! (Charlie si ferma e si volta a metà, guardando il cranio di Harry)

Charlie                          - Dove...

Harry                             - Non ti fermare! Avanti!

Charlie                          - Dove la tieni, la notte., in una gabbia?

Harry                             - Si. Ora ti riconosco! Ecco il mio vecchio Charlie. Avanti! Continua! Ancora.

Charlie                          - Sembri un uovo sodo intinto nell'inchiostro. (Ma questo è troppo per Harry)

Harry                             - Oh, che bastardo sei! Malvagio e crudele.

Charlie                          - Me l'hai chiesto tu! Me l'hai chiesto tu!

Harry                             - Accidenti a te e ai tuoi boccoli! Spero che con­tinuino a crescere e crescere fino a diventare una cascata! Finché la bottega non sarà come un'immensa fontana di pelo, e tu starai li in mezzo, annaspando con le unghie per non restare soffocato! Coi capelli che ti escono dagli occhi, dagli orecchi, dal naso, dal culo! (Si accascia nella sua poltrona. Charlie gli viene vicino)

Charlie                          - Te la metterai quando viene Cassy?

Harry                             - Quando viene chi?

Charlie                          - Perché no. Tanto... Qualunque cosa pur di stare in pace. (Cammina intorno a Harry, esaminando la par­rucca) Potrebbe essere peggio... In fondo, sono piacevol­mente sorpreso... in un certo senso basta farci l'occhio... Ti chiedo scusa. (Charlie si passa la mano sul mento, sente la barba che è ricresciuta. Si guarda allo specchio; si siede sulla poltrona in attesa. E Harry riaccende il grammofono col suo amato "Hallelujah Chorus"; prende la sua bacinella, il sapone, e comincia a fare la schiuma...)

 

NOTA DELL'AUTORE

Durante la composizione del lavoro mi sembra di aver cominciato a "sentire" che Charlie è solo. Non c'è nessun altro. Neanche Harry. Charlie è solo, in una squallida botteguccia di barbiere. Forse an­che il Processo, l'Incidente, esistono solo nella mente di Charlie e infatti anche il nome del questu­rino che invia il mandato di comparizione è un anagramma!

Per questa ragione, se in realtà Harry è un'ombra, egli uscirà nello sgabuzzino alla fine della sua bat­tuta che incomincia "Tu e i tuoi boccoli!". Dopodiché Charlie dirà le sue ultime battute indirizzan­dole a un personaggio che non c'è. Finalmente potrebbe aggiungere, per esempio:

Charlie            - Vuoi ballare, Charlie? Perché no, Harry! Grazie, Charlie. L'uomo lo faccio io. E ballare da solo il valzer mentre cala il Sipario.

 

FINE