Il ventre

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IL VENTRE

IL VENTRE

di

ALBERTO BASSETTI

PERSONAGGI:

LA DONNA

LA GIOVANE, che non parla

PRIMA PARTE

Buio totale. Cinque tocchi di orologio a pendolo. Ora una luce, solo a proscenio, illumina una donna di quasi cinquant’anni, che passeggia avanti e indietro, agitata. Dietro di lei il buio.

LA DONNA: Dove sei?... (Si blocca. Riprende a camminare) Dove sei?... (Apre un’immaginaria porta a proscenio, guardando verso la platea) Dove sei?... (Pausa) Valentina!... Valentina, dove sei?... (Pausa. Guarda lontano. Urla) Valentina!!! (Aspetta, impaziente, tormentandosi le mani. Piano, come tra sé) Valentina... Di questi tempi... Ma... Come si può.... Come? ... Come si fa?...(Silenzio. Guarda) Ecco... Ah, finalmente...(Saluta con la mano. Sorride. Ad alta voce) Come mai... Ma com’é, non sentivi?... Lo sai che mi preoccupo se non so dove sei... (Allarmata) Attenta! .... Dio mio; ti dico sempre di guardar bene, prima di attraversare... Poi ti lamenti che sto in pensiero... Con tutto quello che si sente... (Pausa. Guarda con attenzione) Ma... Valentina... che cosa vogliono?... Chi sono, Valentina?... Li conosci?... Non dargli spago, Valentina, su vieni a casa.... E voi, cretini non avete mai visto una donna? (Tra sé) Una donna poi... (Sorride compiaciuta, guardando) Una bambina ... Valentina.....(Di nuovo allarmata, alza la voce) Forza, Valentina, a casa. Non devi parlare con quella gente... Figurati, ragazzacci dentro una macchina... (Ascolta, sorride con aria furba) Sì, l’ora ... proprio a te dovrebbero chiedere l’ora .... Non sono neanche intelligenti... Se c’è una scusa più cretina.... (Tra sé) Povera Valentina, così ingenua... Ma perché dai sempre confidenza....(Forte allarmata) Valentina! Cosa fai?.... Ma come mezz’ora, che significa mezz’ora . (Guarda. Pausa) Non ... Non salire... No... (Grida) Valentina!!! (Quasi senza forze) Potrebbero essere ... Magari ... Non sai chi sono, non li conosci... Perché... (Pausa. Riacquistando energia) O forse sì, li conosci... Li conosci?... Chi sono, Valentina?... Chi te li ha presentati, dove vai? Ma come.... Valentina....Valentina: torna a casa! (Come volesse lanciarsi fuori, si blocca) A che ora torni, Valentina? (Spostando la testa come a guardare qualcosa che si allontana) Torna presto, Valentina, ti ho fatto la torta alle fragole... (Urla) Valentina... Valentinaaa... (Si porta le mani ai capelli. Si lamenta piano, forse vorrebbe piangere).

La scena si illumina lasciando vedere una cucina. Sulla sinistra il lavandino e la macchina con i fornelli; al centro un tavolo con due sedie; a destra una grossa poltrona dove sta una giovane sui venticinque anni, seduta completamente immobile, lo sguardo fisso davanti a sè.

La Donna, dal sommesso lamento, passa progressivamente al riso; infine sorride. Guarda la Giovane sulla poltrona.

LA DONNA: Grazie a Dio sei qui.... (Pausa) Al sicuro. (Guarda per un po’ la Giovane, poi riprende a parlare) Che orribile sogno... Ma non era un sogno... Un pensiero, si... un brutto, bruttissimo, orribile pensiero cattivo... Te ne andavi, tre brutti ragazzi su una macchina ti portavano via ... Approfittavano della tua enorme ingenuità, ti rapivano.... (Sorride tra sé, quasi sforzandosi nello scacciare il brutto pensiero)  Beh, non era un rapimento vero e proprio, no... Approfittavano... Però non erano proprio tanto brutti... E la macchina era grande, bella... Doveva essere una macchina inglese, sì... Ma no, no: in realtà neanche ti rapivano, no .... Perché tu volevi andare con loro .... Sei salita, spontaneamente.... (Gira nervosamente la spalla alla Giovane, ma è un movimento quasi impercettibile) Che imprudenza, di questi tempi... Ma come.... (Quasi con rabbia)  Ma come si può essere così.... (Cerca la parola )  imprudenti, sì... Anzi no: incoscienti!... E non lo dico solo per te, sai? ... No, guarda un po’: lo dico anche per me! Certo! .... Devo pensare anche a me stessa, un po’, no? E non devo star sempre lì, preoccupata, a pensarci, a struggermi: “Chissà dove sarà, con chi; a che ora torna?”... Bisogna pensare anche agli altri , lo sai? ... Anche ai genitori, certo, e non solo quando vi serve qualcosa, no! Avete anche dei doveri, voi figli! (La fissa. Si calma)... Tanto più, vedi: era solo un brutto, bruttissimo pensiero (Piccola pausa)  cattivo.... Tu non potresti, lo so .... Non potresti , mai... Non potresti, perché non lo vuoi... E... SE veramente potessi? Se tu... Potessi? (La fissa, a lungo) Ma no, ma no.. (Le va vicino, accarezzandole il viso con ambedue le mani, curvandosi amorevolmente su di lei) Tu non mi lasceresti, vero? ..... Nemmeno se potessi farlo! ... Dove vorresti andare, meglio di qui? ... Con chi ti sa capire, apprezzare, volere bene... Tua madre... (Pausa) Che adesso ti dà una bella fetta di torta! (Va alla macchina, si inginocchia, controlla il forno) ... Alle fragole, la tua preferita... (La saggia con un coltello) Niente da are, ancora qualche minuto: ti piace cotta bene... Croccante... (Continua a guardarla restando accoccolata; poi si alza, va al proscenio , prende a guardare  da un’immaginaria finestra) Pioverà, sì... Mi sento che pioverà... Ma che ci importa, anzi, è più bello, per noi, no? (Ridacchia, ma come una bambina  che vorrebbe trattenersi) Sono così buffi , quando corrono, là fuori... Si riparano  sotto il loro ombrello, o magari sotto un giornale o... (Interrompendosi, allarmata) Mai sotto una pianta, però, mai! Gli alberi sono pericolosi durante i temporali... Mi fanno così paura, Dio! Stai attenta, attirano i fulmini, si sentono certe notizie! Ecco, ecco un insegnamento che avrei voluto darti! (Si gira verso la Giovane. Pausa) Ma lo vedo, sì, lo vedo che hai fame; ed io, stupida, sto qui a parlarti del tempo! Ora sarà pronta, lo so, ho capito. (Va alla macchina)  Sono così contenta quando vedo che hai fame! (Estrae la torta)  Cosa ci vuoi bere, assieme? ... Latte? Si, un bel bicchiere di latte, con un bel cucchiaio di gelato frullato, eh? Come piace a te! .... E ti fa bene! (Sta afferrando la torta. Prepara il piattino. Poi prende il latte da una brocca e lo versa in un bicchiere. Passa il contenuto del bicchiere nel frullatore e dal frigorifero estrae una vaschetta di gelato, da cui preleva due cucchiaiate che introduce nel frullatore, aggiungendovi dello zucchero. Durante queste operazioni, canta).

L’aurora di bianco vestita

....

sei anche tu

Come il mattino

Dipingi il sole

Negli occhi miei

.....

(Accende il frullatore, il cui fastidioso ronzio accompagnerà questo suo monologo immerso nei ricordi, ovattandolo con il suo sottofondo). Come canto male: tuo padre si, aveva una voce... Quando stava di buon umore, certo, quando gli andava di cantare. (Si appoggia al tavolo, ripensa) Era così buono con me, affettuoso... Sempre un sorriso, una frase, un pensiero... Aveva sempre un pensiero gentile per me.... Si ricordava, sempre, di festeggiare: ogni occasione... Il nostro anniversario... il mio compleanno... l’onomastico... Natale... L’ultimo regalo che mi fece fu una splendida collana di coralli... Rosa... Con gli orecchini uguali... (Sorride) Non mi piace abbinare collana e orecchini... Però erano così belli... Li avrei portati, certo: una volta la collana un’altra gli orecchini... Che bel colore, dovevano essergli costati.... (Pausa) Veramente splendidi. (Pausa. Poi, con lo stesso tono) Glieli sbattei in faccia, proprio in faccia, sul serio, non è un modo di dire.... Ossia: gli orecchini, in faccia; la collana la spezzai e cadde in terra... Pallina dopo pallina... Porco... Quel vigliacco, credeva di comprarmi, dopo quello che aveva fatto... Era proprio un bel porco, tuo padre: un vero maiale... Avrebbe preso a pizzichi il didietro di qualsiasi ragazza, perfino per la strada. Se non fosse stato per le convenzioni: ci teneva lui; a certe cose... Tutta apparenza. Certe persone riescono veramente a sembrare per bene,  perché sanno fingere... E lui era un tale bugiardo, il tuo papà. (Torna a fissare la Giovane) Tua madre non ti ha mai mentito: una madre non mente ai propri figli, e lo sai .... E’ per questo che sei sempre qui con lei... Non ti fa mancare nulla. Lei, lo sai.... (Torna a parlare in tono pratico) Anche se a volte si perde in chiacchiere. (Spegne il frullatore, mette una fetta di torta nel piatto) Eccola, la tua bella torta. (Poggia il piatto sulle gambe di Lei. Prende un grosso tovagliolo mettendoglielo come bavaglio. Comincia ad imboccarla. La Giovane apre la bocca e morde, masticando piano, ritmicamente) Ti piace, è buona, eh, la torta della mamma. (Le fa dare un secondo morso, poi si alza per prendere il bicchiere) Bevi, bevi, ... (La giovane apre la bocca: l’altra inclina il bicchiere per farla bere) Così, tesoro... E’ vero che è buono? (Ma dalla bocca riesce una buona parte di liquido) Ma cosa c’è? Non è buono, non ti piace? .... Oppure vuoi fare solo i capricci, eh? .... Mi sa di sì, che è proprio così ecco, per farmi disperare! (Si alza, va a prendere una striscia di carta dal rotolo da cucina che è al muro. La pulisce, parlandole con dolcezza) Ma come, alla tua età, fai sempre così, sempre tutti questi capricci.... (Colta da un pensiero, si ferma. Prende il bicchiere ed assaggia il frullato: scuote la testa) No, no, macché! Mi hai fatto preoccupare: per un momento ho temuto che fosse poco zuccherato, o inacidito; invece no, va benissimo; è proprio come piace a te! Dai riprova! (Ora la giovane beve, diversi sorsi. La Donna è soddisfatta) Lo vedi, lo vedi che è buono? ... Ma come potrebbe la mamma farti qualcosa che non ti piace? Certo, chiunque altro potrebbe, chiunque, stanne certa... Non ti fidare!!!... Ma tua madre no: una madre, non può!... Solo, solo una madre può sapere, capire.... (Chiude gli occhi, li strizza forte) Non ci posso pensare, no... No, no!!!.... Quando io non ci sarò più, io, e... Tu, che farai?.... Cosa sarà... (Le accarezza i capelli) Chi pettinerà questi bei capelli... Chi ti aiuterà... Chi ti laverà, vestirà, (le tocca le spalle, quasi massagiandole) cucinerà... Tutto, tutto... chi?.... Tesorino mio! (La abbraccia, stringendola) La tua mamma, è sempre qui, con te... E tu, con lei... C’è, sì, c’è chi preferiva andarsene... In giro, sempre in giro; lasciarci sole, sole; noi, me: per le sue donnacce, per le sue amichette.... E poi quei regali... Per comprare: cosa?... Non sono una di quelle, io! Non mi lascio comprare!... E con te, dì: ci restava mai con te?.... Si, qualche volta uscivate, sì, e sempre soli, senza di me, perché lui doveva farsi grande, quelle volte, ti riempiva di regali, premure.... Serviva a qualcosa? Il denaro! Con il denaro, gli uomini, pensano di sistemare tutto.... Surrogare i nostri bisogni... Di amore... Dolcezza .... Comprensione... (Prende a carezzare forte i capelli della Giovane, poi a baciarle il capo, la fronte; le guance, tutto il viso) L’amore di una madre, l’amore di una donna.... E’ un’altra cosa: tenerezza, tepore, sicurezza... Gli uomini sanno solo usare, sfruttare, toccare, sporcare.... Ma te, nessun uomo di toccherà, no.... E perché dovrebbe toccare .... Queste tue braccia, queste spalle, questi seni... (Le tocca i seni, li soppesa, carica di emozione per ciò che sta dicendo, ma senza morbosità) La tua mamma può provvedere a tutto.... A tutto, per la sua bambina.... (Si alza, quasi di scatto) Però, tuo padre... Che schifoso! Sai, quante volte ha provato a farlo, proprio qui, su questa poltrona? Diceva che se in una cucina c’è una poltrona, deve senz’altro servire a quello scopo... Capisci... Io, che su quella poltrona ho lavorato a maglia per te, prima che nascessi... Ho letto, tante cose.... Sapevo tutto, sulla maternità... Guarda: ho voluto tenerli qui, in cucina, sempre vicini. (Trae da uno scaffale diversi libri, e li guarda, li sfoglia) Guarda, guarda com’è bella, la nascita.... Tutte queste mamme con le pance gonfie... Lì, proprio lì... (Si riaccosta alla poltrona) Proprio qui, su questa poltrona, ho contato i minuti, si... Le doglie, mi son cominciate proprio qui, e non mi sono mossa finché non è venuto tuo padre. Gli ho detto: “Senti qui, è ora, ci siamo!”. Lui era così agitato! Neanche ha messo la mano sulla mia pancia, no. Ha detto solo: “Qui ci vuole un dottore!” Ha telefonato, il dottore è venuto, con la levatrice... (Pausa. Si tocca il ventre) Dolore, che bel dolore, il dolore più bello che ho mai provato... Ma ... Un uomo che può saperne?.... Non è solo la pancia, no... Non è il seno... Ogni parte, ogni fibra... Acqua.... Latte... Il corpo è sbilanciato, non ha più equilibrio... Ti pulsa dentro, ti da i calci, si muove... Piacere, dolore, gioia, voglia di vomitare... (Pausa). Entrò che era tutto fatto. Ebbe il coraggio di dirmi: “Tutto bene?”. Capisci? “Tutto bene?... Dio, come sono stato in pena!”. Capisci, lui, era stato in pena! Povero! Voleva essere compatito... Uomini!.... E tuo padre, era un uomo.... (Cambia tono) Sia fulminato: dovunque ora sia! (Si riprende, si sistema il vestito, dandosi un contegno) Bene, su, basta: non parliamo più di queste cose... Lo sai che mi danno dispiacere... Che mi fanno star male... Molto male! E non fanno bene neppure a te: perciò basta, basta, basta, basta!!! (Si avvicina alla Giovane, le sorride ora amabilmente, le toglie il bavaglio) Non importa se non hai fame, adesso, non è il caso di preoccuparcene, per carità, non bisogna farne un dramma.... E’ scritto pure sui libri... Mangerai dopo, più tardi... Appena ti tornerà l’appetito.... (Sta rimettendo la torta nella credenza. Si ferma: ripoggia  sul tavolo la torta, che prende ad osservare). Già, ti ci vorrebbe proprio, per il tuo bene, sai.... Lasciarti senza cibo, perché no, ti farebbe bene. Molto bene.... Poi, dopo sì che ti verrebbe, l’appetito... E’ brutto essere viziati... Così impareresti a farmi cucinare! (Con voce un po’ alta, trattenendosi) Già: per chi l’ho fatta questa torta, io? (La guarda) Per te, lo sai!... E per chi, sennò, per tuo padre? Sei proprio il suo ritratto, più ti guardo.... Due gocce d’acqua.... Beh, ma questo si sa: la femmina prende dal padre... Avessi avuto il maschio, chissà, forse lui somiglierebbe a me: tutto sua madre!... In meglio, certo, sarebbe ancora più bello, perché avrebbe anche qualcosa del suo papà.... Era bello, lui... Ma io ho te, piccola bambina: te solo te, tenera.... Che però non mangia, la capricciosa, fa le smorfie, risputa il cibo che le dò.... (Urla) Che cosa sono: una serva, peggio, un animale da lavoro?... Sai solo farmi disperare! Basta!!! (Prende a camminare su e giù nervosamente) E sempre qui, io, chissà dov’altro, se non qui, io, a cucinare, preparare, pulire... Ma ora basta, però! Non ne posso più non ne posso più non ne posso più!... (Pausa. La guarda) Mi fate disperare, ecco, disperare, tutti quanti.... (Torna vicino alla torta) E’ così buona questa torta, vero? Guarda, guarda che strato di fragole... Gesù: è alto almeno un dito.... Che profumo... Mentre la sfoglia è fina, croccante.... E’ proprio venuta bene... (La assaggia, spezzandone un po’ con la mano) Mmmhhh.... è squisita, guarda... per mangiarla io... Lo sai che per i dolci, io... (Ne spezza un altro po’, mangia) E’ veramente buona.... (Fissa la Giovane. Non dice nulla, le si avvicina col piatto della torta in mano, ne spezza un boccone per la Giovane, che macchinalmente prende a masticare. Un altro pezzo, che la Giovane mangia. La cosa si ripete più volte) Aaahhhmmm.... Visto, che ti piace, che è buona?.... Tu, tu sei proprio come tuo padre... Goloso, anche lui... Sai... Lo sai cosa voleva fare una volta? (Smette di imboccarla. Poggia il piatto sul tavolo, sorride, pur cercando di trattenersi, poi ride più apertamente, sempre tenendo la mano davanti alla bocca, come per vergogna) No, no questo non  posso dirtelo... Che porco, però... Che tipo... Ne aveva di fantasia .... E per certe cose, poi... Per questo, era così difficile seguirlo... Un simile uomo, poteva affascinare chiunque.... Chiunque non fosse come me... Non avesse il mio senso morale! Certo, ne avrà trovate, di quelle: ma non me, no! Certo che no!... Anche se, a volte... Ma no, no: una madre, è una madre! Andasse pure con tutte le donne che vuole, che servono ai maiale come lui!... (Pausa confidenziale) Ma ti ricordi, ricordi quanto gli piaceva il miele, a lui, ricordi quando facevamo colazione?... Quelle fette di pane croccante che colavano, sbrodavano, sprizzavano miele... Esagerato, sempre, in tutto! Beh... Sai cosa voleva fare, una volta?... (Fa un giro su se stessa, quasi accennando un ballo. Mugugna due strofe di “La vie en rose”. Si blocca) Sai cosa voleva fare tuo padre? (La guarda a lungo, fissamente, ancora con un enigmatico sorriso sul volto) No, non te lo dico, povera piccola.... Cosa ne sai, tu, di certe cose? Per fortuna, forse: meglio così! Non proverai quello che ho passato io, e starai sempre qui, qui, qui, qui, qui, qui con la tua mamma che ti vuole bene, ti cura, ti accudisce, ti capisce. (Le è andata vicino, si è inginocchiata accanto alla poltrona, per abbracciare  la Giovane. La stringe, ancora accovacciata  in terra, a lungo, in silenzio).

Suonano sei rintocchi di orologio a pendolo. La giovane si alza e si avvia alla porta.

LA DONNA - (La guarda dal basso, ancora in terra) Davvero non vuoi fermarti ancora un minuto?

La Giovane, girandosi verso di lei, abbozza un sorriso; allunga una mano a sfiorare quella della donna, che sta compiendo lo stesso gesto. Esce. Si sente la porta di casa aprirsi e poi chiudersi. La Donna per un attimo resta appoggiata alla poltrona, poi va al tavolo; accenna a riordinare la cucina. Ma è come se volesse solo distrarsi. Lascia subito perdere, va all’immaginaria finestra, guarda fuori. Canta, piano, una canzoncina, una filastrocca di carattere atmosferico. Si tocca le braccia quasi avesse freddo. Poi si blocca, si gira, guarda la poltrona. Piano, si avvicina, la tocca; come a palparne il calore, coglierne l’odore, capirne i ricordi. Siede, immobile, le braccia sui braccioli, le ginocchia unite nella posizione che aveva la Giovane. La stessa espressione fissa.

FINE DELLA PRIMA PARTE

SECONDA PARTE

La Donna è al tavolo. Ascolta la radio accompagnandone il motivo con la sua voce, sommessamente. Probabilmente sta facendo le parole crociate. Squilla il telefono. Lei si blocca. Rimane immobile mentre il telefono squilla cinque, sei, sette volte. Allora si alza, va a rispondere.

LA DONNA - Pronto?... Ah, si, sei tu: ciao.... No, niente... No, figurati, per niente... (Pausa più lunga) Co... Cosa?... Ma come... Come sarebbe: non puoi?... “Parto?”... Vai via: dove? Dove vai, Valentina, dove? (Pausa. Con voce spenta) Più... Mai più.... (Si rianima) Davvero non ci vedremo più? Ma tu sei mia figlia! Verrò io a trovarti, e... “Federica”? Ma che mi interessa?... Federica: ma chi è questa Federica?.... Valentina, tesorino mio, ma che cosa c’entra, cosa vuol dire, non sono cose possibili... Gli oggetti si possono scambiare, le cose, non... Ma tu non puoi, no, assolutamente!... Cosa, cosa è deciso: niente è deciso! Senza neanche consultarmi! Ma tu non puoi farmelo! (Lunga pausa) Non mi importa, non le aprirò nemmeno... Non mi importa se è allo stesso orario! (Lunga pausa) Alle cinque?... Come sempre, sicuro?.... Beh, non so se le aprirò... Non credo... Può sempre provare.... Aspetta... Aspetta: noi... Io... Non ci vedremo più?... E’ davvero questo che vuoi?... (La voce lamentevole di sa, solo per un attimo, rabbiosa) Ingrata!.... Va bene, si, ma anche da lì, anche se

sei lontana, telefona, e scrivimi... Scrivi! Qualche volta... Sì, sì, ciao.... Addio, cara....

La Donna va a sedere nella poltrona, dopo aver alzato il volume della radio. Lunghi secondi. Continua a sentirsi il suono della radio. Le luci sfumano. Buio totale. Silenzio. Cinque tocchi di orologio a pendolo. Ora una luce, solo a proscenio, illumina la Donna.

LA DONNA - (Come aprendo un’immaginaria finestra. Piano, tra sé) Federica, Federica... Eppure, le cinque sono passate! (Guarda dietro di sé). Si, si, sono passate... Federica, ma dove sei?) (Passeggia nervosamente) Federica, non farmi stare in pena... (Di nuovo affacciandosi) Ecco, ecco! (Chiama forte, guardando in giù) Federica: presto, dai, vieni su, ti stavo aspettando! (Fa cenno con la mano, ma si blocca, assumendo un’espressione preoccupata. Urla) Attenta! (Ora piano, con ansietà) Quante volte, quante volte devo dirtelo, guardala lì, in mezzo alla strada, si ferma, a fare ciao con la mano, a salutare... (Dolce) Sei sempre la stessa.... (Più forte) Viene subito su, e stai attenta quando attraversi, quante volte devo ripeterlo? Devi guardare: prima da un lato, poi dall’altro... E guarda bene per terra! (Riprende a parlare piano, tra se) Quando cammini, non guardi mai dove metti i piedi... Male: si può scivolare, inciampare, cadere, rovinarsi per tutta la vita...

Si gira verso l’interno del palcoscenico, che ora viene illuminato, lasciando vedere la scena del primo atto. La Giovane, la stessa, è lì, immobile sulla poltrona, lo sguardo fisso.

LA DONNA - (Guardandola, ancora da lontano) Ma tu non hai di questi problemi, no... E’ un male, certo, ma è anche un bene... Tu sei qui, sempre qui, con la tua mamma... Federica... (Le si accosta, accarezzandola per un attimo. Poi le va dietro, e le massaggia le spalle) Senti, senti qui come sei magra! Non ci resterà più niente... Devi mangiare, mangiare! Sempre tutte quelle storie: ma stavolta no, stavolta non potrai dire proprio nulla! Sono scesa in centro, dal miglior macellaio della città: ho preso della vitella, il pezzo migliore, e poi ho detto di tritarmela... Ha sgranato gli occhi: “Ma come, signora, queste belle fettine?” Io: “Si, proprio quelle!” “Ma se vuole, abbiamo dell’ottima carne per il macinato e...”. Si è interrotto, l’ho incenerito con il mio sguardo. Per chi mi aveva presa? Posso permettermelo, io!... Perché di tuo padre, almeno in questo, non posso dire proprio nulla! Non ci ha mai fatto mancare niente, anzi... (Va al frigorifero, estrae il pacchetto della carne, accende uno dei fornelli elettrici, rimodella un po’ la carne, attende, poi la piazza sulla piastra. Facendo queste operazioni, canta).

Solo per te, Lucia

Va la canzone, mia

Come in un sogno di passion

Tu sei l’eterna mia vision

una vision, d’amore

Che mi tormenta, il cuore

Come in un sogno vivo per te

Sol per te, Lucia

“Solo per te, Lucia”. Bel coraggio, il bellimbusto! Me la cantava proprio qui, qui, sotto il naso... Non so per chi mi avesse preso, non lo so... Smise di cantarla quella volta che ero qui, dove sto ora, questo stesso fornello, lo ricordo come fosse ieri: presi la pentola e gli tirai l’acqua addosso. Non gli feci granché, capirai, l’acqua non bolliva, l’avevo appena messa su: ma lui certo non lo sapeva... Si prese proprio un bello spavento... Gli stava bene... La smise di cantare quella canzone... Ed anche con Lucia, la finì... Capì, che io sapevo... Un altro rospo da ingoiare: un’altra delle sue... Certo, da giovane era proprio bello... Così alto, magro, sempre elegantissimo... Lo tenevo come un damerino... Bah, era proprio un maiale... Una volta l’aveva portata qui, capisci? Io non c’ero quel giorno, e tuo padre... Va bene che per lui, chissà... Chissà, cosa non gli sarebbe passato per il cervello! Cosa avrebbe escogitato, lui.... Se fosse rientrata in tempo... Chissà.... Forse, avrebbe desiderato una moglie pronta a soddisfare tutte le sue voglie, le sue... Perversioni, sì, proprio... Ma ha fatto male i conti... Sono una per bene, mica una di quelle... Quelle che si divertono, io, no... Io, non mi sono rifatta una vita, no! Per restare con te! ... Ne avevo di uomini attorno, figurati!... Ossia, ne avrei avuti: se lo avessi voluto, se fossi uscita!... Non sono da buttare via.... (Si tocca il seno. Alza la gonna a guardarsi le gambe. Si ricompone. Ripensa) Avrei dovuto arrostirlo, ecco, attendere che l’acqua bollisse, certo, e poi dirgli: “Ecco: per la tua Lucia!” (Annusa) Dio, la carne! (Prende una paletta, gira la carne) Me n’ero scordata, per colpa di quel... Tanto ti piace ben cotta, no?... Anche se un po’ di sostanza se ne va... Un po’ più cruda ti farebbe meglio... (Si blocca. Poi spegne la piastra. Con la mano afferra la carne, ovviamente ancora caldissima e con rabbia la sbatte per terra. Come fuori di sé, si rigira verso la Giovane) Basta! basta, basta, basta, con questa pagliacciata!... Ma che facciamo... Da quanti giorni, eh, da quanti mesi? Quanto tempo... Ho perso il conto... E se fossero anni? Eh, si, magari sono proprio anni, anni che facciamo la stessa commedia, questa recita senza pubblico, senza essere attrici, senza essere pagate... Per chi, per cosa? (Pausa) Ma veramente ti serve tutto questo? E a me, a me: serve? Possibile che veramente tu, io, ... Ma basta! Lo so: tutti abbiamo bisogno di qualcosa. Tutti abbiamo dei gusti, magari strani... Eh, pensa a tuo padre, per esempio: ne ha, lui, ne ha! ... ma questo tuo bisogno... Ma è davvero un bisogno, poi? Ogni giorno, ogni giorno.... (Le va vicino, si pone in ginocchio davanti alla Giovane) Senti, mia cara: davvero non sei stufa, eh? Dai. Non posso credere che veramente tu abbia bisogno di tutto questo... No... Non può essere, ma d’altra parte, che ne so? .... Io, non so nulla di te: neanche il tuo vero nome... Tutto cominciò per caso in quell’ospedale... Ti manca proprio così tanto? Eh, certo, la madre... Ma davvero non sei stufa eh? Devi farti forza: ma cos’hai di diverso da tutte le altre? A tutti succede, prima o poi: è il corso della vita... Ma ridursi... Ridurre te, e me, a compiere tutto questo, tutt’i giorni... Cos’è per te? Un rito? Una recita? Una seduta psicanalitica, eh? Analisi: è questo, è così che la intendi? Dai, basta, su, rispondimi: per la mia parte non ci sto più! (attende) Ecco come sei! Ma io non sono più disposta, ecco: punto e basta! I dottori! Ci sono i dottori, per questo! Ospedali, cliniche, manicomi !!!! (Si rialza, prende a camminare pensando, nervosamente, toccandosi le mani, ma parlando chiaramente, ben convinta delle sue parole. Si ferma, la guarda) Ecco: punto e basta! (Si rende bene conto di ciò che ha detto. Lo ripete, quasi fiera del suo coraggio) Punto ....E ... Basta! Dio, era così semplice. (Più forte, in tono recitativo) Punto e basta! Punto, e basta: basta, punto! Basta, e punto! (Ora seria, riflette. Poi sorride felice, parlando piano) Punto e basta, basta un punto, punto e basta. Era così facile, ed ora è finita... E’ finito... Questo momento: viscerale, profondo, così forte, duro, violento... Tu volevi, sì: ma anche io, si, è vero, sono prontissima ad ammetterlo... Certo, perché negarlo: anch’io ero sottomessa a questi gio... Gioco? Gioco? O necessità, istinto.... La madre, sì, la Grande madre; a una figlia, una figlia che stesse sempre con lei, che ne avesse tanto bisogno, e che stesse sempre con lei, e che non volesse mai andar via, mai, mai via... Neanche se avesse voluto... Ah, ah... (Ride, nervosa) E come avrebbe potuto? Non avrebbe potuto, mai! .... Era un gioco.... No... Era molto di più: ma ora è finito. Il pomeriggio, alle cinque, non starò più ad aspettarti, no, ogni giorno, ogni giorno, no, che noia. Dio da non farcela più! Ora, invece, sarò... Libera! Libera! Libera! Libera! Me ne andrò tutti i pomeriggi al cinema; no, a teatro, la sera: e al circo sì, perfino lì: voglio vedere se mi fa ancora paura, come quando ero piccola! La domenica al circo e a pranzo fuori, si, e la sera a cena, ed anche nei locali, a ballare: ballerò, ballerò, si, ballerò! (Mima una danza tipo valzer)... E magari lì incontrerò un uomo, un vero uomo, proprio come lui... O magari ci troverò proprio lui, figurati, un porco simile, figurati se non sarà lì, lui, a fare il maiale con qualche donnaccia! Ma gliela farò vedere io stavolta.... Non sono già da buttare... Ma non sono più una bambina, ingenua, no, non si illuda.... Cosa vuoi fare? l’amore? ... Subito? Voglio dire: qui, nel locale? Magari nei gabinetti, si, ne sarebbe capace, lui, schifoso! Ma va bene!... Oppure in piedi, dietro una tenda? Una di quelle pesanti tende di velluto, ed io mi ci aggrapperei, sì, e le morderei, per non urlare di piacere, cercando di trattenermi, di non urlare tutto il mio... (Si blocca come per gustare la parola che sta per pronunciare) Godimento... Sì, godimento... (Pausa. Solo per un attimo, è come imbarazzata. Forse per questo guarda la Giovane con rabbia) Allora, hai capito?... Hai capito, o no?... Te ne devi andare, via, vattene, vattene, sciò! .... Ma ti vuoi alzare?.... Hai capito o no che la “mamma” non ci sta più a farti da balia, eh? Forza, meno storie, sei grandicella abbastanza ormai: vattene via! (Le si avvicina) Ti ci vuole qualche sberla, eh, come da piccola? (Alza la mano) Guarda che no scherzo! Alzati: vattene!  Alzati e vattene altrimenti... (Le dà un sonoro ceffone sul viso) Non ti basta? (Ancora due schiaffi) Te lo avevo detto, no?... (Attende) Non vuoi che io perda la pazienza come una vecchia isterica, no... Non puoi dirlo questo, di me!... Dai, alzati... (Urla) Vuoi alzarti?!? Senti: mi hai proprio stufata! Non ne posso più di te; non ne posso proprio più! (Prende un canovaccio da cucina) Allora, signorina, ci alziamo? (Sorride all’impassibilità dell’altra. Arrotola il canovaccio. Lo passa sotto il rubinetto dell’acqua, bagnandolo. Lo tiene con ambedue le mani) Allora? (La guarda con sfida. Attende un paio di secondi, poi sferra un colpo sulle gambe della Giovane) Hai visto? Credevi che non l’avrei fatto, eh? E perché? Eh, dimmelo tu perché non dovrei farlo: perché, perché? (In crescendo sempre più forte, finché non prende a colpire ripetutamente, con grande violenza, le gambe della Giovane; poi il corpo, le braccia, ancora, ancora, fino ad un terribile colpo al volto. Giunta al parossismo si ferma, fissandola. Attende una reazione. Silenzio. Poi, a voce bassa)  Scusa, ti ho fatto male, non volevo... Sono solo un po’ nervosa, lo sai.... Lui, sempre lui, quel mascalzone... (Le se inginocchia nuovamente davanti, la prende per le spalle, la scuote forte). Su, piccola mia, gioia mia, tesoro, su, ora basta.... Veramente, basta, su .... Dai.... Via, smettiamola, per una volta, almeno per oggi, su... Su, non mi sento bene: d’accordo così? Oggi niente recita, colpa mia! Io sto male: per oggi sospendiamo. Colpa mia, eh... Da domani va bene, riprendiamo: ma oggi no, ti prego, proprio no! (Attende) Alzati, dai, o almeno... Non ce la faccio, non ce la faccio proprio. Parlami, dimmi qualcosa: e alzati! (Fa un passo indietro e attende. Pausa).

La Giovane punta le braccia sui braccioli della poltrona. Con enorme pesantezza, sforzo, insicurezza, si solleva. Resta in piedi lì, lo sguardo sempre fisso, davanti a sé.

LA DONNA - (Con un sorriso quasi di trionfo) Finalmente!

La Giovane non si muove, se non per un leggero tremolio, un fremito delle gambe che sembrano non reggere il peso del corpo, facendola vacillare. Ancora, ancora. Poi cade di botto in avanti, come un sacco pieno. Tutto senza un urlo, un gemito. La Donna, invece, ha un sussulto, ma il grido le resta in gola. Si inginocchia terrorizzata a guardare la Giovane, controllarla, rigirandola, scrutandole il viso.

LA DONNA - Ecco, guarda, sangue... Ti esce il sangue dal naso, lo hai battuto... Dio, ma cosa è successo? Ed io, cretina, che stavo qui ad un passo, a meno di un metro, e non ho capito... Non ho fatto in tempo: deficiente, deficiente, deficiente! (Con sforzo la tira su, la rimette in poltrona; la Giovane ha le braccia giù, e anche il viso pende in avanti) Aspetta, aspetta, prendo l’aceto... (Va alla cucina, prende una boccetta d’aceto che le fa annusare, bagnandovi il canovaccio, pulendole il sangue dal viso) Ecco, ecco, stai così, tieni  su la testa, su, su. (Poggia la roba sul tavolo). Ma ora parla, su, dì qualcosa alla tua mamma.... (Pausa) Presto su... (Da supplichevole il tono si fa per un attimo tagliente) Devo chiamare il dottore?... Lo sai che lui, poi, ti ordina subito le iniezioni... (Torna al tono agitato. Le accarezza il viso, le muove leggermente le spalle) Ma... perché non.... Su... Perché non parli?... Non può essere... Ma tu, perché, perché... Cos’hai? (Stacca le proprie mani dalle spalle di lei, la guarda con espressione ormai attonita)  Cos’hai, tesorino mio, amore, piccola mia? ... (Le passa la mano davanti agli occhi, poi le dà leggerissimi colpetti sulle guance) Oh, piccolina mia... Ti ho colpito troppo forte? Veramente? Oh, mio Dio, ma potevi dirmelo, gridare, urlare, fermarmi... (Pausa) E’ terribile. (Si alza in piedi, prende a tormentarsi le mani) O forse è qualcosa che hai mangiato? Si, che ti ho dato io... Fammi pensare... (pausa) Tesorino mio, cuore di mamma, ti racconterò di tuo padre... No, vedrai, una cosa bella stavolta, davvero!

La pendola suona sei colpi.

La Giovane si alza, prende la borsa e va verso la porta, come nella prima parte.

LA DONNA - Aspetta! (Pausa)

La giovane si gira. Lei va al tavolo, apre il cassetto, estrae una busta. La dà alla ragazza che la prende con un sorriso e la mette nella borsa, senza neanche guardarla. La Giovane esce. La Donna va a richiudere il cassetto, siede, riprende a fare il cruciverba. Ma subito si alza, per andare ad accendere la radio. C’è una canzone allegra, ritmata, forse un “reggae”. Lei mette al massimo il volume, sempre con le spalle girate, accennando movimenti del corpo, quasi ballando. D’improvviso si ferma, spegne, guarda la poltrona, con voglia. Lentamente la raggiunge, si siede, assumendo l’atteggiamento immobile, impassibile, come nel finale della prima parte. Poi, dando una leggera spinta coi piedi, fa dondolare la poltrona.

FINE DELLA SECONDA PARTE

TERZA PARTE

Cinque colpi di pendola.

Entra la Giovane. Il tavolo ed il proscenio sono pieni di balocchi: giochi, pupazzi e bambole di ogni tipo, giocattoli meccanici. Lei è subito attratta da essi; neanche guarda la poltrona che è comunque in penombra e girata di centottanta gradi rispetto alla posizione precedente (guarda perciò verso l’angolo tra fondale e quinte di destra). Sul tavolo, la scatola di un medicinale, forse sciroppo, con un cucchiaio che ne spunta. La Giovane attiva alcuni giocattoli automatici, ne tocca altri meccanici, accarezza le bambole. Luce sulla poltrona, che si sposta; ossia lo schienale scende mentre l’appoggio per le gambe si solleva. La Donna compare dunque guardando la Giovane (ed il pubblico) da sotto in su, in posizione anomala.

LA DONNA - Ti piacciono? ... Sono tutti i tuoi giochi di bambina... Più altri nuovi che ti ho preso. Sei contenta? Spero di sì! Devi giocare, distrarti: sto per andarmene, morire.

La Giovane dà sguardi quasi distratti alla Donna. Continua  ad occuparsi dei giochi; un senso di pudore, ritegno, è forse subentrato all’infantile entusiasmo iniziale: li osserva, li sfiora.

LA DONNA - Solo una medicina può tenermi in vita, ma devo prenderla ogni ora, sempre. Questo sarà molto difficile per me, che sono sola e non posso muovermi. Perciò, so che presto scomparirò. Ma prima, prima voglio dirti, dirti tutto... Prima di scomparire... Di me, di te, di tuo padre... Spiegarti la vita. (Lunga pausa. La Donna cerca di sistemarsi meglio sulla poltrona, il cui schienale va però ancora più giù mentre le gambe si sollevano, acuendo il senso di inferiorità che la posizione ostenta) Ho saputo... Stavolta è vero... vuoi partire... (Pausa) Stai per partire: è così? E proprio adesso... Proprio adesso che sono in queste condizioni, malata... Ma si sa, è così... Si spende una vita, a dedicarsi... E chi si dedicherà, a noi, quando servirà?... Vai (con ironica enfasi che non cela l’amarezza) in America. L’America... Come: tutti dicono che l’America è qua! Ma è un po’ poco, per giudicare. Quale America? Non quella del Sud, spero! Con quello che si sente, con quello che succede... La gente scompare, non se ne sa più niente... Nulla! Neanche se sono morti! .... Ma tu no, tu sei intelligente... In America sì, ma del Nord, vero?... Non in Canada, però: tu non hai idea di quanto possa far freddo, lì!... Che ne sai, tu, mica hai provato... E non ridere di quello che dico! Lo so cosa pensi: che neanche io ho provato, ma che c’entra? Io sono tua madre, ho il doppio della tua età, ne saprò più di te! Vedrai cosa ti faranno mangiare lì, ah! (Ride, di scherno, ma non senza preoccupazione) Il filetto di vitella... Le crostatine... Patate al forno senza un filo d’olio di troppo: scordatelo! Scorda tutto questo: va pure ad ingozzarti di quella roba lì, quei paninacci grassi, unti, che colano salse plastificate, come diavolo li chiamano! (Pausa) Poi tornerai, e la mamma ti farà mangiare leggero, ma sostanzioso... Se la ritroverai... (Detto con leggerezza. Poi riprende) In bianco, solo per qualche giorno: il tempo di rimetterti , riambientarti... In questo nostro mondo che non sarà il migliore, non sarà perfetto: ma è il nostro! Di tua madre... Tuo padre... Tuo... (Pausa). Vedrai, prenderai qualche brutto malanno. Dio: prego di no! Ma ho come un presentimento... Stanotte, per esempio, ho fatto un sogno... Ero in un posto sperduto, lontano: quasi un deserto. Mi giro, mi giro intorno più volte, su me stessa: infine, là, ecco un bosco... Ho un po’ di timore, ma anche gioia, a vedere quel verde: vegetazione viva, vera, viscosa... Entro. Arriva poca luce, ma questo non mi spaventa, anzi: i raggi che filtrano sono bianchi, puliti... Strano: sento come un suono d’organo, lontano... E’ bello, si, è bello... Comincio a correre, a correre, e a chiamare... “Mamma, mamma”, grido... Ora ho paura, tanta paura... Come ritroverò la strada... Persa... Uscire.. La strada.... Tornare... E proprio allora cominciano a spuntare  dal terreno come... Funghi... E’ così umido... Ma non sono veramente funghi... Sembrano, ma... Sono pezzi, parti... Di te... Sì, come (risolino) tanti funghi.. Ma ciascuno è un po’ te... Sono felice, non sono più sola, non ho paura: raccolgo un pezzo... Lo mangio: comincio a sentirmi più bella, più giovane.. Un altro ancora, e un altro, un altro... Sempre, sempre più forte, più giovane... Mi sento così... Ma poi, vedo... Oh, è brutto raccontartelo... Ma... Non posso... Eri un po’ come... Marcia... Muffa... No, devo dirtelo: avevi i vermi! Si: vermi! Io vorrei liberarmi, vomitare ma... Non posso: non voglio privarmi di quel... Cibo... Però sento che mi sto ammalando, che sto peggiorando... Cosa fare? Arrivo ad uno stagno, voglio bere. Mi specchio nell’acqua: sono vecchia, vecchia... Sto male.. Per colpa tua... Del cibo... Sento ancora quel suono: forte forte... L’organo... (Porta le mani alle orecchie. Pausa. Ora in tono tranquillo, razionale) Quel cibo che fa tanto male e che tu, lo so, mangerai laggiù... (Pausa) Ho chi me le ha raccontate, queste cose, per esperienza diretta! E poi, la radio la ascolto, io! So! Sono informata. (Poi, dolce) E ascolto tanta musica... (Cambia tono) Musica: bella musica sentirai. Laggiù... Qui, qui da noi c’è la bella musica... Sì, anche lì ci provano, ma la vera tradizione... Tuo padre mi portava, sai, ai concerti. Sapessi come mi facevo bella... Per lui, tutto per lui... Anche perché... Quella musica... mi piace. Sì, ma lui era scontento lo stesso. Diceva che mi addormentavo, che tutti intorno mi guardavano, e lui ci faceva una figuraccia. Figurati se può essere vero. Magari, era un attimo che tenevo gli occhi chiusi, per concentrarmi. E poi, perché la gente avrebbe dovuto guardare me? Guardassero lo spettacolo!... Ognuno ha i suoi gusti sapessi quanta gente si addormenta, all’Opera! E non ne avrei avuto il diritto io, che tutto il giorno badavo alla casa, e a te, una figlia che... Beh, non mi hai reso la vita facile, inutile nasconderselo. (Pausa) Sei stata tanto, tanto malata... Anche se ora stai bene... Almeno, così sembra.... Tanto bene che vuoi partire, andartene, lasciarmi sola... E che sarà di me? Questi oggetti, questa casa, questa poltrona... Tutto per te... Quel che ho messo da parte ... Che tuo padre... Che i miei mi lasciarono... Perfino i miei giochi sono lì, tra i tuoi... ho speso poco, per me. Forse anche troppo, poco. Ma non ho rimpianti, non ho mai amato troppo le cose... Te, te sì che ti ho amata.... Perciò sono contenta che ora tutto questo sia per te. Tutto per te... Sì, lo so cosa pensi... Che sono ancora giovane, che ho ancora il mio fascino... Potrei rifarmi una vita, no? E’ questo che pensi?... Non ci sarebbe nulla di strano: né a pensarlo; né tanto meno a farlo.... Dimentichi però un piccolo particolare, mia cara: sto morendo... Muoio... Se ero io a pesarti, puoi fare a meno di andartene... Se invece ti piaceva stare con me, con tua madre, ora sarà tutto più bello.... Potrai stare sempre qui, nella nostra casa... Toccare i miei oggetti, usarli... Rivenderli, magari... Ne saresti anche capace, chissà! ... Sentiresti ancora la mia presenza, ma certo non potrei più annoiarti con le mie chiacchiere, perciò vedi? Tutti vantaggi, nessuno svantaggio: perché partire? .... E poi, ovunque vai, non puoi dimenticarmi: più sarai lontana, più sarò dentro di te.... E’ naturale, perché, un giorno, tu sei stata dentro di me.... (Prende a cantare con un filo di voce lenta)

Ancora, ancora

insieme, insieme...

Balla, dai, balla un po’... Per tua madre, come quand’eri piccola... Fammi veder come ci si muove, tu che puoi muoverti. Lascia un attimo quei giochi. (Riprende a cantare. L’altra si muove, ballando, un po’ sconnessa, timida e forse controvoglia)

Dovunque vai/ sarò con te...

Dovunque andrò/ sarai con me...

Perché lasciarsi/ non si può...

L’amore non/ si spegne, no...

La Donna smette di cantare. La Giovane si ferma, vicino alla poltrona.

LA DONNA - Per sempre (Pausa) Senti? Neanche ho più voce... Poi, stare in questa posizione... Vuoi provare?... Giusto a tuo padre, chissà, sarebbe piaciuto trovarmi così.... (Risolino) Posizione orizzontale, pronta per l’uso... Ma lui non aveva bisogno di nessuna posizione particolare: tutte, le avrebbe provate... in macchina, in pieno centro, capisci? C’eravamo fermati, troppa pioggia, non si vedeva nulla... Perché quei temporali così improvvisi, violenti, pazzi?... Come una scarica... Gli piacevano: come una liberazione erotica, questo pensava... Ma come possono venire in mente certi accostamenti? Avrebbe voluto approfittarne: mi toccò, i vetri erano appannati e oscurati dagli schizzi di pioggia... Me ne infischiai dell’acqua che cadeva, me ne infischiai della vergogna, dell’umiliazione che dovetti provare. Lì, dal giornalaio di fronte presi in mano la più oscena delle pubblicazioni che teneva esposta, gli dissi: ”Questa!”. L’avrei anche pagata, ma tuo padre mi aveva raggiunta, si preoccupava che stessi bagnandomi... Il giornalaio rientrava la roba esposta: che faccia fece. Quella rivista già zuppa di pioggia, la aprii... Un’immagine disgustosa di un accoppiamento mi balenò solo un attimo davanti agli occhi: giù, giù, giù, sul viso del maiale, e poi sul petto; e poi, poi, la gettai a terra, ai suoi piedi, e gli dissi: “ E ora, soddisfatti con questa. Ma prima, riportami a casa: da nostra figlia!”... Pagò, dovette pagarla, quella rivista che ormai era carta bagnata, in terra, finalmente sudicia come sudicio era il suo contenuto... Quelle donne, quelle sì, che ci sarebbero state, a fare qualsiasi porcheria, anche in macchina, sì, tanto meglio, lì, con la gente che ti passa vicino.... (Pausa) Ed ora, questa madre, la lasci sola. Di nuovo, ancora come tuo padre... L’ultima volta che lo facemmo.... Fu su questa poltrona: alla fine volli accontentarlo.... Non so, ma lui ci teneva.... invece se ne andò... Aveva ottenuto ciò che voleva... mi aveva piegata... Pronta per dargli di più, molto di più... Ciò che gli avevo sempre negato: volevo essere veramente sua, lo avrei strappato alle sue  (lieve pausa) donnacce... Io ero sua moglie, legittima. Ma ora, ora che con me .... Ma sì: uomini! Non si accontentano mai: bestie, bestie in calore, sempre in agguato... Noi, siamo diverse, donne... Tu, sempre bambina... Ma devi imparare, sapere.... (Attira la giovane a sé) Tuo padre si sdraiò su di me, così... in fondo, cosa cambiava?.... Qui, è comodo come un letto... (La giovane si inginocchia accanto alla poltrona. La abbraccia e la tocca, come scrutandola. La donna ha un risolino) Cosa?... Dove... Lì? Sì. La pancia, la pancia di tua madre.... Sì, sì mamma ti capisce... Sembra proprio quel giorno... il lettino della sala parto... E tu eri ancora qui, dentro, sì: dentro di me, nella mia pancia. (Risolino) Però è buffo, a pensarci... (Pausa) Che strano.... Le sole persone che mi sono state dentro: tu, e tuo padre! (Ora ride) Lui, per darmi te, che sei venuta da lui, e, da me.... Sembra un ciclo, un cerchio, perfetto: ma non lo è.... Ciò che è perfetto, è eterno... Non si separa, come ha fatto lui, come fai tu.... Sempre, sempre con me, dentro di me... Lui, per darmi piacere: tu, dolore.... Ma il dolore che mi davi tu dentro era più bello del piacere che mi dava lui... Glielo leggevo negli occhi.... Stava con me pensando solo a finire, andarsene, via.... (Pausa) Si  è così uniti, una cosa sola, poi... Sembra impossibile.... Lontano.... Ti guardo.... E’ successo veramente? No, è troppo distante! Tu  eri qui, qui... (Fa sdraiare la Giovane su di sé, stringendola forte) E non volevi uscire, volevi restare ancora attaccata.... Spingevano, hanno dovuto spingere, da sopra, per staccarci... Ed anche io dovetti spingere, forte... Per allontanarti da me, mentre ora vorrei fermarti, perché sei tu che vuoi andare: dove? Io resto sola, sola come allora.... Tu via, di là, non c’eri più, io ero vuota, tutto era vuoto... Tutto tornerà vuoto... via... Via... (Raccontando, sempre più coinvolta, ha avvinghiato a sé la Giovane, baciandola sul viso e sui capelli, con gran calore. Sospiri di sofferenza e godimento si mescolano nel ricordo, creando un’atmosfera carica di sottile ambiguità) Sai, la prima cosa che mi disse, poi? Che per un po’ non avremmo potuto far l’amore, e avremmo potuto giocare colla fantasia.... Capisci? Ero già madre, e lui pensava a godere nuovamente di me.... che ora avevo te, così tenera quando ti appoggiarono a me e mi stringevi forte forte forte, qui... (Si scopre il seno).

La pendola batte sei colpi.

La Giovane si stacca: guarda la donna senza espressione, si gira; si avvia ad uscire.

LA DONNA - ... Alessandra, non stai andando veramente no?... O almeno, lo sai... E’ l’ora: bisogna essere precisi... Sono tanto malata. Indica la scatola di sciroppo sul tavolo! Là...

La Giovane va al tavolo, prende lo sciroppo, si accosta alla poltrona, comincia a versare il contenuto. Guarda la Donna. Pur avendo sollevato il cucchiaio, lascia che il liquido coli in terra, lentamente: colorato, viscoso, denso. La Donna osserva, con dolore. Ma lo stupore, o l’orgoglio, le impedisce di parlare. Dopo avere scolato anche l’ultima goccia, la Giovane lascia cadere in terra flacone e cucchiaio. Sta per uscire, ma si blocca.

LA DONNA - Lo sapevo.... (Senza guardarla, restando nella stessa posizione, ma esprimendo soddisfazione , gioia, speranza: canticchia con voce fievole)

Ballerinetta va a ballar

Con le scarpette rosa...

La Giovane, senza guardarla, va a raggiungere i giocattoli a proscenio. Si china: senza esitare, raccoglie un bambolotto, lo stringe al petto. Resta così, inginocchiata lo sguardo fisso in avanti.

La donna muove la leva laterale: la poltrona ha uno scatto e torna in posizione normale. Comincia a dondolare. Si accende la luce della radio-sveglia, che prende a diffondere una frenetica musica di violini magiari: sempre più veloce, sempre più assordante. Ora anche la poltrona oscilla velocissima, mischiando il suo ritmico cigolio alla musica.

SIPARIO

IL VENTRE

di

Alberto Bassetti

UN DISCORSO AMOROSO CHE MASCHERA LA VOLONTA’ DI DOMINARE L’ALTRO

Il “Ventre” vede in scena, in una cucina insolitamente dominata da una grossa poltrona, una Donna ed una Giovane, divise per età da un salto generazionale. Ipotizza un inquietante ‘monologo a due’ , su diverse componenti del ‘discorso amoroso’. Dominante, ma non esclusiva, è la relazione genitore-figlio. Un amore che tutto dà, ma che proprio in quell’assoluto immette una forte componente di egoismo, di esclusività che fa giungere addirittura la protagonista a concepire questa immagine di figlia immobile, impossibilitata a gestirsi e dunque per sempre costretta a provocare-recepire-subire un rapporto di dipendenza che, seppure accentuato con toni quasi espressionisti, può essere interpretato sottolineandone il risvolto drammatico, oppure quello grottesco, o addirittura esibendo un ironico distacco dalla forte materia. Una partitura flessibile da adattare alla sensibilità dell’interprete.

La Donna utilizza la Giovane quale oggetto sensibile, proiettando su di esso le proprie emozioni, in una sorta di immedesimazione che è l’equivalente del tedesco einfuhlung (partecipazione emotiva o empatia), concetto estetico derivato dalla psicologia. Sensazioni organiche scaturiscono verso e mediante l’oggetto. La Giovane è dunque una creazione artistica della Donna, ma anche la sua necessità.

Anche perché la realtà non è quella del malessere descritto nel monologo della Donna. La sua immobile e muta interlocutrice ha tutta l’effettiva capacità di essere ‘altro’. Purché sia passata l’ora scandita dalla pendola. Perché? E’ lo scadere dell’ora di una seduta psicanalitica? E’ la fine di un patto mercenario concordato tra le due? E se anche fosse? Chi è il paziente? Chi il terapeuta? Tutto si confonde senza giungere ad una effettiva chiarificazione. Anche perché ogni tentativo di spiegazione sarebbe falso, didascalico e pretestuoso. Come voler spiegare oggettivamente le tortuose, inafferrabilmente liquide latomie del nostro inconscio, delle relazioni soprattutto con noi stessi, poi con gli altri.

Difatti, anche nella scena finale, laddove il legame si ribalta e la Giovane sembra essere sul punto di conquistare una sua indipendenza, il richiamo del passato la porta a desistere. Ma per quell’ora, solo per quell’ora. Poi?

PROGETTO DI ALLESTIMENTO.

La commedia vede in scena due personaggi: una Donna matura e una Giovane. La Donna potrebbe essere interpretata da una delle seguenti attrici, che già conoscono ed hanno apprezzato il testo: Anna Maria Guarnieri, Paola Gassmann, Francesca Benedetti. Nel caso di un'interprete più giovane, si è pensato a Caterina Vertova. Per la Giovane si può prevedere un'attrice, anche debuttante, ma ricca di magnetismo.

La regia sarà affidata a Marco Maltauro.

Il costo dell'allestimento, che richiede una scenografia e dei costumi non naturalistici, luci di particolare clima e una ricerca musicale approfondita (uno o più musicisti in scena?), è previsto intorno a lire 90.000.000 (novanta milioni). Si richiede pertanto a codesto Ente, per la coproduzione in Prima Nazionale, un contributo del 50%.

La produzione è di EUROPA DUEMILA.

Distinti saluti

                                                                                                          L'organizzatore

                                                                                                          Fabrizio Calvini

Associazione culturale

Europa Duemila

Via Antonio Ceriani 1

00165 Roma

TEL/FAX 06.630849