Il vizio del cielo

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IL VIZIO DEL CIELO

Dramma in un prologo e sette parti

di VALERIA MORETTI

PERSONAGGI

TERESA, la santa bambina

(«Sì, io annullerò la morte vivendo la vita come una morte»)

MADDALENA, l'innamorata

(«Ti amo, possiedimi; sono queste le uniche parole dell' amore»)

CATERINA, l'eretica

(«Se fossi un uomo ti somiglierei di più?»)

VERONICA, la visionaria

(«Fatevi una cella nella mente dalla quale non possiate più uscire»)

Prologo: Ingresso Teresa con gabbietta

Prima parte: Nella solitudine di una cella

Maddalena e vestizione - Veronica: elogio dell'ombra - Teresa: ascolta, suo­na la campana! - Veronica: il mio Dio è sottoterra - Caterina: il piacere dell'estasi.

Seconda parte: Ossessioni e fantasie

Veronica: voglio essere un rifiuto - Maddalena: dichiarazione d'amore al dio uomo –

Teresa: come si diventa una perfetta vittima - Veronica: elogio del nulla –

Caterina: lo scambio dei cuori.

Terza parte: Indizi terrestri (ovvero le confessioni)

Veronica - Caterina - Maddalena - Teresa - Veronica.

Quarta parte: La scommessa e la ribellione

Caterina: il sangue è caldo, non toccatelo!

Maddalena: tentazioni - Caterina: voglio essere Dio - Teresa: morire come una santa - Veronica: volo senza lu­ce - Maddalena: un bambino deve esserci dato!

Quinta parte: La morte (Teresa e la sua agonia)

Sesta parte: Lo scacco (dopo la morte)

Maddalena: in cielo sono tornata vergine - Veronica: non sogno più, altri mi stanno sognando - Caterina: sono una santa dimenticata - Teresa: un corpo per reliquia.

Settima parte: La visione del nulla (incontro tra le mistiche)

Finale: Il ritorno alla vita (Teresa sola conclude)

             

PROLOGO

Ingresso Teresa con una piccola gabbia con dentro un uccellino. In testa ha una corona­no dì fiori.

Teresa                            - Che giorno è oggi? Scommetto che fuori gli alberi sono già tutti in fiore... Dicono che sono una santa bambina o una bambina santa... non so... Dicono che il corpo di una santa va in estasi tra bagliori di luce fulgida... Dicono anche che da morto il corpo di una santa viene ritrovato intatto e sorriderà dagli altari proprio come quello della Madonna che ha il vestito azzurro con le stelline d'oro... (Posando la gabbietta a terra, ingi­nocchiandosi e parlando con l'uccellino) Hai fame? Hai sete? Ora ti pulisco la gabbia. Vuoi che ti racconti la fiaba dell'uccellino blu? Il principe Splendido era innamorato di Florina, una bellissima principessa, ma un incantesimo lo trasformò in un uccellino e lei fu rinchiusa in una torre... Però ogni giorno lui volava da lei... si posa­va sulla finestrella della torre e le parlava d'amore... È una bella storia... no? In questa fiaba si racconta anche di una gran­de montagna di specchio... tutte le donne vi accorrevano e ognuna vi si vedeva come vo­leva essere... la bruna vi appariva bionda, la vecchia giovane, la piccola alta... La montagna era chiamata con nomi diffe­renti ma nessuna era mai arrivata fino alla cima... Vuoi un po' d'insalata? Forse se si è piccoli, se si rimane piccoli nes­suno può farti del male... non è così? Da bambina, sai, avevo inventato un gioco... seppellivo gli uccellini che trovavo sotto gli alberi... qualche compagna volle aiutarmi... così il mio cimitero divenne graziosissimo... pieno di fiori e di rametti...

PARTE I

NELLA SOLITUDINE DI UNA CELLA

MADDALENA (l'innamorata): La vestizione

Maddalena                    - Due abiti un cordone un mantello Seppellirò il mio corpo in un abito scuro co­me sotto un sudario. Lo scapolare significa il gioco di Dio, la cin­tura la castità, il velo l'ubbidienza... 6 cuffie 6 veli 12 colletti E il mio corredo. Sono la tua Sposa. Ma tu chi preferisci fra noi? 12 stringitesta 2 corpetti di cotone 6 camicie da notte Sai, come so che io sono innamorata di te? Perché di sto aspettando. E chi aspetta è sempre l'innamorato. 24 fazzoletti da tasca 2 sottane nere 6 paia di calze di lana 4 paia di scarpe... Come potrò espugnare il tuo cuore? Come potrò conquistarti? Dovrò forse rapirti? Do­vrò catturarti? Ma allora è proprio vero che l'amore è guer­ra! Dov'è uno specchio? Non ci sono specchi, qui. Sarò mai vecchia? Avrò i capelli spezzati? Sarò una donna come tutte le donne? Chi offrirà un rifugio al mio cuore invec­chiato, a me che amerò solo una volta nell'impossibile? È, dunque, solo in te che dovrò specchiarmi d'ora in poi? Dove sei? Io sono abituata a vivere in ginocchio. Io non mi stanco di aspettare. Anzi, io credo nell'attesa. La sospensione ha un fascino che supera quello del piacere. Se le cose si possono attendere il loro possesso è prezio­so... L'attesa non delude mai. È un privilegio e un vizio. Dove sei? Non importa. Io so che ci sei. In fondo io non ho bisogno di vederti né di toccarti per credere in te, per sentire al mio fianco la tua presenza... L'amore io so già che è così... Sai? Anche gli uomini che ho conosciuto prima di te erano più o meno assenti! Tu sarai per me un sostegno? O un padrone? Mi consolerai dei mali che ho sofferto prima d'incontrarti? Capirai quando sono triste? Quando ti renderò felice, saprai dirmelo? E quando mi addormenterò tra le tue braccia resterai sveglio a guardarmi? I piaceri dell'amore ti renderanno... come? Non lo saprò mai. Potrò solo interpretare i tuoi desideri. Ma io cercherò di rendere elo­quente il tuo silenzio. E quando tu guarderai teneramente il mondo io crederò che stai guardando solo me.

VERONICA

(la visionaria): Elogio dell'ombra

(E avvolta in un grande mantello nero nel quale si avviluppa come un ragno)

Veronica                       - Lasciatemi annegare nell' ombra. Non accendete nessuna luce, vi pre­go. Fate che io mi apra da sola, al buio, come un fiore notturno. Anche gli oggetti quando sono esposti al so­le, bruciati dalla sua crudele luminosità, cambiano... perdendo ogni fascinazione... Ma osservateli in penombra, al tremolio pal­lido di una candela: essi non sono più oggetti ma esseri palpitanti che baluginano di vita propria, sfuggenti e impenetrabili... Chi conosce i segreti del buio sa che nell'ombra si possono tessere trame delizio­se... Al buio si può fantasticare... E, nel buio, ci si può nascondere. Perché il buio ripara e protegge. Nel buio puoi essere te stessa dato che nes­suna luce ti ferisce, nessuna verità ti annien­ta... Il buio ha la dolcezza delle illusioni... Il buio ha tante gradazioni diverse tante quante sono quelle che sento crescere dentro di me... Le donne che abitano nell'ombra non hanno bisogno di possedere un corpo. Possono con giungersi con la loro stessa ombra... Vorrei dipingermi anche il viso di nero, le mani, i piedi, i denti come le antiche donne giapponesi... No! Io non sono mai sola. Le tenebre mi ab­bracciano con mille tentacoli d'ombra. Si insinuano nella mia tunica, passano sotto le mie vesti, colmano ogni vuoto e ogni inter­stizio della mia pelle... lo so che presto diventerò un grande ragno nero... e secernerò dalla mia bocca densi ve­leni... Sì, il monastero è esattamente come me lo immaginavo: una distesa d'ombra.

TERESA:

Ascolta! Suona la campana...

Teresa                            - (All'uccellino. Suono di campa­na) Ascolta! Ecco che suona la campana. Mi chiama. Mi ricorda ciò che devo fare. Qui ogni momento ha un suo ordine stabili­to e un suo significato. 11 tempo non esiste. Esistono solo dei minu­ti per lavarsi, per vestirsi... per camminare, per mangiare, per dormire, per meditare, per cantare, per pregare, per obbedire. Il tempo ha un ritmo e nel ripetersi continuo e incessante dei gesti quotidiani io mi sento tranquilla... protetta... Guarda! La città che ho scelto è una città ce­leste, una dimora eterna... sacra. Il pavimen­to è sacro, i muri, le lampade... i banchi... e anch'io lo sono. Laddove tutto è sacro non c'è più distanza tra noi e Dio. Non ti pare? E la morte che fonda la differenza tra sacro e profano, tra creatore e creato, tra potenza e impotenza, per questo bisogna trovar posto in un luogo riparato e se la morte ci incalza con la sua falce acuminata, non c'è che un mezzo: correrle incontro. Io non sono mai stata una donna e non sono mai stata una bambina! Le donne recitano. Le bambine piangono.

VERONICA:

11 mio Dio è sottoterra

Veronica                       - C'è un Dio-uomo che mi ap­pare nella tenebra, e c' è un Dio-uomo che mi appare nella luce. Il Dio-uomo della tenebra mi dice «Tu sei me io sono te». E con questo Dio-uomo della tenebra io sto molto di più che con quel Dio-uomo della luce. In questo Dio-uomo della tenebra l'anima è viva e nuota nella gioia. Il mio Dio è sottoterra. Tenere gli occhi bassi come vuole la regola non è un sacrificio... cosa c'è da guardare? Lo spettacolo del mondo non mi interessa. E se io guardo altrove Lui non guarda me... Ho imparato a vivere così tenendo gli occhi chiusi... Chiudere gli occhi è viaggiare. Nell'oscurità appaiono migliaia di punti lu­minosi; danzano in cielo... si allontanano... Mi sciamano intorno... Una lieve polvere d'arcobaleno si posa sulle cose... giardini mai visti sfilano davanti alla mia mente... Il letto balla al mareggiare dei sogni... Mi piace così tanto il silenzio! Il silenzio. Non l'interruzione del suono. C'è il silenzio dello spirito, il silenzio del cuore e il silenzio della lingua. Gli angeli non parlano. Sono muti. Io riconosco solo i rumori della mia mente e pochi altri... il fruscio delle vesti, il rintocco delle campane, il cigolìo della porta... Nel silenzio posso ascoltare la mia voce. Io non voglio né vedere né sentire nulla. Io voglio annegare in un deserto, in uno spa­zio vuoto senza immagini, né parole. Io voglio attraversare la vita protetta da un morbido silenzio. Ho lasciato al sonno il potere di ammaestra­re il mio corpo, all'inerzia il compito di do­marlo... il sonno è la più perfetta delle preghiere. Diventerò una santa dormendo. Che siete venuti a fare? Andate via. Lasciatemi dormire. Lasciatemi sognare. Non sono io che scelgo i miei sogni, sono lo­ro che vengono da me. Nei sogni ogni menzogna è possibile. I sogni chiudono a chiave le tue palpebre, ti impri­gionano. Ma al risveglio tu hai il diritto di di­menticarli e di abbandonarli per sempre e ri­cominciare... In ogni momento il sogno ti offre la possibi­lità di impazzire senza rumore.

CATERINA

(Alterna le parole a scoppi di risa, movimenti a rigidità): Il piacere dell'estasi

Caterina                        - Io non sono una donna inna­morata. Io non sono una sposa che ama. Io stessa sono l'Amore e sono felice. Ho vo­glia di saltare, di ballare, di correre, di grida­re, di ridere... Non esiste la gioia. Io stessa sono la gioia... Sì, io vedo e possiedo tutta la verità che è in cielo e in terra, nell'inferno e in ogni luogo e anche tutta la felicità che è in paradiso e in ogni cosa con tale verità e certezza che se an­che tutto il mondo mi dicesse il contrario non gli darei nessun ascolto. Dio stesso mi ha detto lascia perdere le pre­ghiere, i direttori spirituali, gli angeli e i van­geli. Solo il mio amore ti farà da guida! E così è stato. Io so cos'è l'estasi. La mia anima è stata rapita in estasi tante volte... Rapita in estasi e in estasi smarrita. Durante le mie estasi io sempre più spesso vedo l'amore venire dolcemente verso di me, vedo il principio ma non la fine come qualcosa di continuo. Sì io vedo, vedo l'amore ma non saprei de­scrivere il suo colore! So solo che quando questo amore mi abban­dona io resto così felice così angelica che amo i serpenti, i rospi, i topi e anche i demo­ni. E sento che se un cane mi divorasse non proverei dolore né soffrirei e... se anche ve­dessi commettere un peccato mortale non proverei alcun dispiacere!

PARTE II

OSSESSIONI E FANTASIE

VERONICA: Voglio essere un rifiuto

Veronica                       - Mi sento sporca. I miei abiti sono sporchi. Ma non farò niente per pulirli. Né li laverò. L'olfatto non deve più turbarmi... né il tatto, né la gola, né la vista, né i suoni... Depositerò i miei sensi sul cuscino... e li re­stituirò intatti ai sogni... Non mi laverò più i capelli né i piedi né le mani... Sarò sporca. Un letamaio... ha più forza di un bicchiere di cristallo! Io stessa voglio essere un rifiuto... E tra il putridume che LUI si nasconde...

MADDALENA (Dichiarazione d'amore al Dio-uomo)

Maddalena                    - Ti amo. Possiedimi. Sono queste le uniche parole dell'amore. Io ti ho cercato e ti ho trovato. Tu chiedi solo amore. E io solo questo so fa­re: amarti. Amandoti consumerò la mia vita. Io so che l'amore si paga solo con l'amore. Per questo sono qui di fronte a te. Io ti desi­dero. Io ti voglio. E tu mi vuoi? Lo so... non tutto ti piace di me ma io diverrò come tu vorrai... vedrai... dammi tempo... Mi vuoi umile? Lo sarò. Mi vuoi fragile? Lo sono già. Calpestami se vuoi. Disprezzami. Però non lasciarmi sola. Ho bisogno di te. Se mi vorrai io ti amerò come bisogna ama­re: senza misura, con la follia, il trasporto e la disperazione di cui sono capace. Se mi dirai sì, il mio corpo si aprirà a misura della tua eternità e svaniranno le mie riserve fatte di veli, di teli, di ali, di voli... Io non dirò altro che sì al tuo tutto. Puoi stendere la mia vita sotto di te, puoi pie­garla, fissarla, allontanarla, riprenderla di nuovo... potrai ormeggiare in me o prendere il largo se la mia tempesta ti spaventa... Tu sei chiuso in un tabernacolo e io sono la custode del tuo carcere. Volevo un uomo nel chiuso di una stanza, nel chiuso di un letto, nel chiuso delle mie braccia. Con te finalmente ci sono riuscita! Ti amo sai, anche perché tu non dormi mai. I tuoi occhi sono sempre aperti. Nessuno ti ha mai visto dormire. Un dio non si addormenta mai. E se non dor­me non si allontana. E se non si allontana vi­gila su di te e se lo guardi ti restituisce lo sguardo e se lo ami, l'amore. No, tu non sarai mai il dio collerico, vendi­cativo, sacrificatore, indifferente di cui qualcuno parla. Tu sarai per me il Dio di cui io ho bisogno. Un uomo qualunque imprigionato da una donna innamorata finisce per spogliarsi del­la sua divinità. Ma a te questo non può capi­tare. Tu sei immutabile! Che felicità sapere che non potrai mai cambiare...! In fondo in ogni uomo io cercavo un dio. Ora che amo un dio è giusto che io vi cerchi l'uomo! Guarda, voglio essere orizzontale come il mare, come il deserto... è così che ti aspet­to... Non dovrai scalare nessuna montagna per me... io sono già qui immobile, ferma, diste­sa... pronta ad accoglierti... Se tu vuoi veramente che io sia la tua sposa metti il tuo capo sopra di me, metti i tuoi oc­chi sopra i miei, la bocca sopra la mia, e così le mani e i piedi e finalmente le altre tue membra così che io diventi una medesima cosa con te... E ora basta, anche se sei morto, vivi. Il mio fiato ti ha riscaldato i sensi.

TERESA:

Come si diventa una perfetta vittima

Teresa                            - (All'uccellino) Ti confiderò un segreto. Non sono eroica. I miei gesti d'amore e di penitenza sono semplici come è semplice la mia vita. Dopo compieta, per esempio, stavo cercan­do senza risultati la mia piccola lampada. Eravamo ormai entrate nel grande silenzio, impossibile dunque chiedere dove fosse... Conclusi che una sorella pensando di pren­dere la sua lampada aveva preso la mia... Invece di provare dispiacere sono stata mol­to contenta di non averla più. La vera po­vertà consiste nel vedersi privati non solo delle cose che fanno piacere ma anche di quelle indispensabili. Provare un vero amore per gli oggetti brutti non è difficile... Quando dalla mia cella han­no tolto anche la graziosa brocchetta che te­nevo sul comodino e al suo posto ne ho tro­vata una tutta ammaccata... ho riso di soddi­sfazione. Ti piacciono i fiori? I papaveri? Le violacciocche? Gli anemoni... i fiordalisi... i mughetti... le giunchiglie... i caprifogli? E le rose? Quando li guardo mi sembra di ascoltare un concerto perché i fiori hanno un suono oltre a un colore e un odore... sei d'accordo? E le mele, e gli aranci, e... le nuvole e la teie­ra azzurra, e le stelle, e le scatole di cipria... e le tendine che si gonfiano leggere al respi­ro del vento... ? B asta! Niente di questo è sta­to creato per me! Niente esiste. Al bucato, sono capitata di fronte ad una so­rella che mi schizzava sul volto acqua spor­ca tutte le volte che sollevava i fazzoletti dal lavatoio. Il mio primo impulso è stato quello di scan­sarmi e asciugarmi la faccia... Ma subito, ho pensato, che sarei stata vera­mente stupida a rifiutare dei tesori che mi erano offerti tanto generosamente... Così mi sono avvicinata di più, in modo da ricevere in faccia acqua sporca in abbondan­za. Sai? Questo nuovo tipo d'aspersione mi è piaciuta al punto che tornerò in quel posto fortunato ogni volta che potrò! Ho inventato anche un nuovo strumento di penitenza, ecco, vedi? L'ho chiamato smagliarino. Ho preso un sughero rotondo, l'ho incassato in una scatola di latta e ci ho conficcato degli aghi da cucire. Con questo mi batto forte, ap­pena posso, fino a sanguinare. No, io non sono una vittima. Ci si stupisce, forse, se qualcuno degli uomini che vanno in guerra non torna?

VERONICA:

Elogio del nulla

Veronica                       - Ho mal di testa, di testa, di te­sta, di testa, di testa, di testa. Volete che io mangi, vero? Tutti vogliono che io mangi. Altrimenti di­cono che morirò. Il semplice fatto di masticare mi provoca il vomito. Il cibo mi fa ammalare. Il cibo diventa duro nella mia bocca come ferro e mi brucia la go­la quando inghiottisco. Non voglio che niente entri a disturbare il mio corpo neppure una mollica di pane. Questo mondo è inabitabile. Ecco perché bi­sogna fuggire nell'altro. Ma la porta è chiu­sa. Quanto bisogna bussare prima che si apra! Ma per entrare davvero, per non resta­re sulla soglia, bisogna cessare di essere un animale sociale. Bisogna disfarsi del pro­prio corpo. Delle proprie mani, della bocca, degli occhi... Bisogna cercare altro cibo e altro nutrimen­to. Ridurrò il mio corpo ad un utensile, le mie emozioni a segni... Ci tengo ad essere disumana. Non avrò altro cibo che il mio desiderio. Ho visto il suo corpo, le sue braccia, i suoi occhi, la sua bocca, oggi. I suoi occhi si sono affacciati nell'ostia ed erano i più belli, i più piacevoli, i più grandi, i più neri che io abbia mai visto. Mi sono inginocchiata, ho aperto la bocca e li ho inghiottiti. Non riuscirò mai più ad essere così felice. Lo so che ci siete. Non guardatemi così... Cosa avete da guardare...? Odio il mio corpo. E detesto che abbia un pe­so. Lo vorrei senza forma e senza volume. Piat­to. Muto. Fermo. Non più un corpo ma un'immagine di corpo. Vorrei essere un cor­po morto da mantenere in vita... Solo dai miei turbamenti attingo meravi­gliose agonie... Fatevi una cella nella mente dalla quale non possiate mai uscire! Poiché desiderare qualcosa è impossibile. Bisogna desiderare niente. Il niente pesa molto più del tutto. Mi nutrirò di nulla. Mi sono rovesciata dell'acqua gelata sul corpo. Volevo renderlo freddo e immobile. Come una statua. Io voglio dimenticarmi. Mi vestirò di nudità. Seguirò nuda Cristo nudo.

CATERINA:

Lo scambio dei cuori

Caterina                        - In estasi io l'ho visto. In estasi io l'ho toccato. In estasi io l'ho baciato. Tutto ha avuto inizio qualche tempo fa... meditavo sulla morte del figlio di Dio che si è fatto uomo e mi sforzavo di sgombrare la mente da ogni altra preoccupazione per ave­re l'anima tutta raccolta nella sua passione e nella sua morte... E mentre me ne stavo così, all'improvviso, ho udito una voce che mi diceva: «Non ti ho amata per caso». Io ho cominciato ad urlare, a gemere, a di­sperarmi perché temevo dì non essere capa­ce di corrispondere a quell'amore. Ma lui mi ha detto «sono più intimo all'anima tua di quanto la tua stessa anima non lo sia a te stessa». È stato allora che l'ho visto. Era disteso nel sepolcro. Io mi sono avvicinata e lentamen­te mi sono distesa accanto a lui... era morto ma sembrava dormire... Gli ho accarezzato i capelli... l'ho baciato sulla fronte, poi sul petto... ho accostato la mia guancia alla sua... in quel momento ho sentito la sua mano posarsi dolcemente sull'altra guancia e stringermi forte a sé... Da allora Lui viene spesso a trovarmi. L'altra notte mi ha aperto il costato dalla parte sinistra, ne ha estratto il cuore e se ne è andato. Il confessore mi ha fatto osservare che è im­possibile vivere senza cuore ma io gli ho ri­sposto che niente è impossibile al mio Si­gnore. Così ho passato un po' di tempo senza avere più cuore. Poi... in cappella, mentre le altre erano già uscite, e io... mi ero intrattenuta a pregare... Lui mi è apparso. Teneva tra le mani un cuo­re umano vermiglio e splendente. Mi ha aperto di nuovo il petto e vi ha introdotto il cuore che aveva in mano. Mi ha detto: «L'altro giorno ho preso il tuo cuore, ora ti dò il mio col quale sempre vi­vrai». Poi ha richiuso l'apertura e qui, nel se­no, dove lo scambio è avvenuto c'è solo una piccola cicatrice. Tutti possono vederla. Volete?

PARTE III

LE CONFESSIONI ovvero INDIZI TERRESTRI

Veronica                       - Fin da bambina lo amavo perché era il re della terra e sapevo che c'era lui a proteggermi e a tenermi per mano per sempre. Quando guardavo qualcosa: un filo d'erba, una stella, un sasso, io dicevo: «E lui che l'ha voluto e l'ha voluto per me». Il cuore mi si gonfiava pensando alla sua in­finita dolcezza. Chi avrebbe potuto amarmi ed occuparsi di me meglio di lui che mi aveva creata? Dov'è che io potevo andare in questa vita se non da Lui? Volevo solo stare con Lui ogni giorno, ogni momento, stringermi a Lui... Così io accarezzavo ogni filo d'erba, ogni sassolino e dentro di me pensavo: «Che stra­no! Perché non brucia anche lui d'amore co­me brucio io!». Io disegnavo allora con dei pastelli colorati e in ogni mio disegno c'era Lui, ma non aveva il mantello lungo e la barba folta e bianca e non si affacciava neppure con le braccia aperte da una nuvola. No! Il mio padre celeste era un uomo come gli altri ma più bello degli altri. Aveva gli occhi neri, obliqui e una piccola fossetta sul mento. Quando con la mamma e il papà si andava a passeggio per il corso, io guardavo ogni uo­mo per strada per vedere se qualcuno per ca­so gli somigliasse. Sì, perché io volevo assolutamente trovarlo ma lo cercavo sui marciapiedi e non in chie­sa sugli altari... Una volta, finalmente, lo incontrai. Era tale e quale al mio disegno. Gli occhi neri. Obli­qui. La fossetta sul mento. Gli corsi incontro. Gli afferrai la mano e gliela baciai. L'uomo si allontanò con stizza. Mia madre mi picchiò e mi indicò mio pa­dre. Mio padre aveva gli occhi stanchi e i capelli grigi. I più grigi che io abbia mai visto.

Caterina                        - A dieci anni ero già innamo­rata di Gesù, di Gesù che aveva il petto squarciato e il cuore bene in vista... Stava appeso sul mio letto... io vi salivo so­pra e, in punta di piedi, arrivavo a baciarlo sulla bocca... C'era Maria vicino a lui... molto vicina... troppo... e una schiera di santi... Un giorno ruppi il vetro e, con le forbici, lo tagliai... Nessuno l'avrebbe mai più trovato... A quel tempo adoravo e disprezzavo mia madre. Lei voleva da me solo cose banali! Lei non si curava del pensiero! Lei mi regalava vestiti, gioielli... e pensava che un marito bastasse per placare ogni mia inquietudine. Mi assillava con le sue premure. Era inesorabile e patetica. Avevo spesso la sensazione che mia madre volesse vivere la mia vita al posto mio. Si credeva indispensa­bile. Ma io non avevo affatto bisogno di lei e sapevo che, se non avessi combattuto con­tro di lei con tutte le mie forze, mi avrebbe divorato. Accadde poi che mia madre, che mi era sta­ta di grande impedimento nella mia vocazio­ne, morisse. A questa morte seguì quella di mio padre e, poi, quella dei miei fratelli... Poiché io sempre pregavo di essere liberata da ogni legame terreno, provai consolazione alla loro morte. Pensai che, per l'avvenire, avendo Dio con­cesso tali grazie, mi sarei più liberamente immedesimata in Lui.

Maddalena                    - Mia madre non voleva che io diventassi monaca. Così organizzò uno stupro. Quando quell' uomo mi prese urlai di dolore. Ma... quando fece per staccarsi lo tirai di nuovo a me. «Fammi godere ancora — gli ordinai — così saprò bene a cosa devo ri­nunciare». Mi feci monaca ugualmente. E a mia madre gridai: «Dio accetterà più volentieri la mia rinuncia!». Ho desiderato dormire tra due uomini come il monaco Robert d'Arbrissel nel deserto dormì tra due donne... Come lui... non li ho toccati. Io non voglio un amore qualunque, io voglio un amore perfetto.

Teresa                            - Non ho mai avuto una madre. Suppongo che una madre sia qualcuno da cui corri quando sei nei guai. Sì, la mia era una madre indifferente, estra­nea, lontana, anche se... la preferivo a nessu­na. Non sono mai stata in intimità con lei ma... miniere nello stesso terreno si incontrano at­traverso le gallerie e, da morta, pensavo, l'avrei rincontrata... Gli argini del cuore a volte sono stretti... Amavo molto mio padre e mi sentivo la sua piccola dea. Lui mi somigliava. Come me si fermava ad ascoltare il fruscio del vento tra le canne e a guardare i riflessi dei raggi del sole sulle pentole di rame in cucina. Era lui a cantarmi le canzoncine la sera e a darmi il bacio della buonanotte e, quando giocando cadevo, era lui a fasciarmi i ginocchi. Quando gli chiesi il permesso per farmi mo­naca e lui disse sì, il cuore mi scoppiò di rab­bia. Era contento di donarmi a Dio. Fu uno scambio tra padri. C'è stato un periodo in cui per penitenza lec­cavo insetti sui muri... Io non posso amare nessuno. Non devo. E con questo pensiero che mi sveglio ogni giorno. La mente si nutre del cuore come un qualun­que parassita. Ma io ho distrutto il mio cuo­re per non ascoltarlo più. Non voglio avere nessuna compassione per me stessa. Ho bruciato il materasso e dormo sulle travi di legno. A tavola aggiungo sale sul cibo per renderlo disgustoso. Ho una tale voglia di mettermi alla prova... Sì... le infermità, gli oltraggi, le sofferenze hanno un potere immenso su di me... Quando sono debole è allora che sono più forte. Tutto finisce. Tutto è amore semplicemente perché tutto è odio!

PARTE IV

LA SCOMMESSA E LA RIBELLIONE

CATERINA:

Il sangue è caldo, non toccatelo!

Caterina                        - Ho sognato, ma forse non l'ho sognato, è accaduto veramente... che dal suo costato sgorgasse sangue come da una fonte e io lo bevevo ed esso sgorgava co­sì forte che mi travolgeva ubriacandomi. Ho visto una donna che dal cielo mi spiava. Ho capito che ne era gelosa. Ma, forse, sono ancora più gelose loro... Solo che a Lui non importa delle altre, di nessuna di loro... Infatti solo dal mio corpo in quaresima esce miracolosamente sangue. Da qui, da qui, da qui... Il sangue è caldo. Non toccatelo. Po­treste bruciarvi. I miei piedi e le mie mani hanno un foro al centro, come se qualcuno vi avesse piantato dei chiodi. C'è chi afferma di avermi osservata di na­scosto e di aver scoperto che io stessa, con un temperino, mi procuro i buchi. Ho chiesto allora a Dio di rendere questi se­gni invisibili così che nessuno osi parlarne. Invisibili come l'anello — questo — che lui mi ha dato.

MADDALENA:

La tentazione

Maddalena                    - Asmodeo Leviatano, Isa-caronne, Behemot, Balaam, Gresil, Aman... Demoni mi stanno tormentando. Tu mi hai consegnata nelle loro mani. Fanno rispuntare vizi che credevo scompar­si e ne fanno nascere altri che mai avevo avuto... Nulla di quello che turba o macchia il cuore degli uomini, mi è ignoto. E tanto più facile fare ciò che non si deve che ciò che si deve. Tanto più piacevole essere cattivi che buoni. Non mi meraviglia che i buoni angeli pian­gano e i cattivi angeli cantino canzoni. Un uomo mi guarda da dietro le sbarre, io abbasso gli occhi ma sento il suo sguardo av­volgermi come un mantello. Perché mai ti ho conosciuto se poi dovevo perderti? Vedi questo coltello affilato? Mi procurerò da sola una ferita sul naso e sulle labbra. Troppe anime sono state catturate dalla mia bellezza. Troppi sguardi si sono posati su di me. Vuoi che lo faccia veramente? Dimmelo. No, tu non lo vuoi. Perché anche tu sei Bel­lezza. Forse neppure i diavoli vanno scacciati ma amati, se tu li hai mandati da me! È notte fuori. Sento rumori nella mia stanza. Sento qual­cuno che si sta avvicinando. Sento una mano che non conosco. Mi sta toccando appena... «Chi sei? Voglio sapere, chi sei?» «E quanto hai desiderato per tutto il giorno — mi risponde una voce —. Tu puoi accon­tentarmi senza che nessuno lo sappia». Un animale infetto comincia a correre sul mio corpo... Tu mi hai abbandonata. Talvolta ho paura che le mie stesse preghie­re siano ispirate dal demonio. Ti chiedevo continuamente di farti vedere. Meditavo sulla trasfigurazione. Meditavo sui salmi. Meditavo sui peccati del mondo. E intanto morivo dalla voglia di vederti in faccia. Ti sei mostrato ma di spalle, mentre passavi da una cella all'altra. Forse a forza di cercarti ti ho reso banale e ti ho consumato...

CATERINA:

Come in una predica ai fedeli rivendica la propria divinità

Caterina                        - Sedetevi e ascoltate. Sono le donne Maria, Marta, Maria Madda­lena e non i discepoli i veri seguaci di Gesù. E Maria la chiave di volta di tutta la teologia. Senza madre di Dio non c'è Dio. La salvezza è giunta al mondo attraverso una donna, in lei ha preso corpo. Leggete bene la Bibbia. Ci sono due racconti sulla creazione. Uno dice: Dio addormentò Adamo e dalla sua co­stola trasse la donna. L'altro dice: Dio creò l'uomo e lo creò maschio e femmina. E dice ancora: «E Dio li creò a propria immagine». Dunque Dio era uomo e donna nello stesso tempo. Solo che gli uomini hanno fatto poi di Dio un uomo e di Eva una peccatrice perché questo li ha aiutati a definirsi come genere, a situar­si come finiti rispetto all'infinito. Sembra che non ci sia posto per le donne né in terra né in cielo eppure il cielo sembra fat­to apposta per noi... ci somiglia. Musiche... balli... colori... amore... Ho immaginato un Dio donna che mi allattava. Allora ho domandato a Dio: se fossi un uomo ti somiglierei di più? Io voglio rispettare il vero Dio, quello che era insieme uomo e donna. Non mi interessa più andare verso Dio ma andare dentro Dio. Il mio dialogo con Dio è una bestemmia... lo so... Solo il diavolo può succhiare fuori il diavo­lo. Ho vomitato spesso il demonio in questi giorni. Aveva la forma di un lombrico gelatinoso. Ma l'ho catturato e l'ho nascosto. Ora è qui, in questa scatola. Sì, è accaduto che il demonio mi abbia preso e sollevato con tanta violenza che mi è sem­brato di precipitare all'inferno. Ma io mi sono levata contro di lui, l'ho af­ferrato e l'ho gettato a terra. Ho posato il mio piede su di lui e l'ho schiacciato. Come Ma­ria. Più di Maria. Poi Dio mi ha detto «Tanto in me ti nascon­derò che non troverai più te stessa...». E così è stato. Il mio corpo è diventato rigido. Non sentivo nulla. Eppure stavo sentendo tutto. Io non distinguevo più quale era la mia ani­ma e quale il mio corpo... Io non sentivo al­tro che Lui... E quando Lui era dentro di me io sentivo che occupava tutta me stessa. Così io ho vissuto fuori di me non avendo più intelletto né me­moria né volontà. Mi è sembrato di non esi­stere più. Tanto che, quando io mi nominavo o gli altri mi nominavano, io non capivo il perché visto che non esistevo più. Io non volevo più avere un nome né un ri­cordo. Volevo essere Lui. Non volevo più nulla. Anzi non volevo neppure poter volere. E stato allora, che toccandomi mi sono ac­corta che una peluria mi cresceva sulla guancia... (Con la barba) Guardatemi! Dio si è fatto uomo perché l'uomo fosse Dio. Io stessa ora sono Dio. Come Dio è uomo in me. Dio è donna. Ha utero e latte. Non recitate più Pater nostro ma dite Mater nostra. Sento di possedere il creato e lo disprezzo. Le mie compagne mi temono perché io so tutto di loro. Cosa fanno e cosa pensano. Mi hanno eletto superiora. Le novizie confessano a me i loro peccati. E io sento che i loro peccati sono diventati i miei. Io stessa mi incarico delle punizioni. Esse devono flagellarsi tre volte al giorno: una volta per i loro peccati, una volta per la vita e una volta per la morte. Le più giovani le frusto io. Sono docili sotto le mie mani. Servo anche la Messa e dò la Comunione. Ma non mi interessa il gregge femminile. Di un popolo maschile voglio essere la beata! Davanti non c'è più niente da vedere. Dietro non c'è più niente da vedere. Inginocchiatevi e adoratemi: che aspettate?

TERESA:

Morire come una santa

Teresa                            - (All'uccellino) Vuoi giocare? Sai, io mi sono offerta al Bambino Gesù per essere il suo piccolo giocattolo. Ma non un giocattolo di lusso che i bambini si accontentano di guardare senza avere il coraggio di prenderlo in mano, no, io mi so­no offerta a Lui come una pallina da nulla, che potesse gettare a terra, spingere con il piede, abbandonarla in un cantuccio, farla ruzzolare lontano. Lui ha forato presto il suo giocattolino... Voleva vedere ciò che c'era dentro... È stato un venerdì santo che Lui mi ha dato la speranza che sarei andata presto a trovar­lo in cielo. Dopo essermi fermata al Sepolcro fino a mezzanotte, sono rientrata nella cella, ma avevo appena posata la testa sul cuscino che ho sentito un fiotto salire, salire gorgoglian­do fino alle labbra. Non mi sono resa conto subito di cosa fosse, ma ho pensato che for­se stavo male e ne ero felice. Era buio e non avevo la lampada, dovevo dunque aspettare il mattino per assicurarmi della mia gioia. Il mattino non si è fatto attendere a lungo: svegliandomi mi sono detta che avevo qual­che cosa di bello da verificare. Avvicinan­domi alla finestra, ho potuto constatare che non mi ero affatto sbagliata... Oh, sì, era san­gue. Sangue! Gesù, nel giorno della sua morte, ha voluto farmi udire un suo primo ri­chiamo. Era come un dolce e lontano fruscio che m'annunciava l'arrivo dello Sposo... E arrivato e, giorno dopo giorno, io non ho avuto bisogno di trovarmi in una tomba per sapere come un corpo può trasformarsi in uno scheletro. Mi sta dissanguando come un vampiro. Ho la febbre alta, la tosse mi strozza e sul corpo si aprono piaghe... Sto male e ho freddo, ma indosso ugualmen­te i sandali di corda ai piedi. Sto male, ma salgo ugualmente le scale per andare in cappella anche se devo fermarmi ad ogni gradino per prendere fiato... Sto male, ma recito ugualmente i salmi in piedi perché nessuno mi autorizza a stare se­duta. Nessun medico è stato chiamato. Nessuna medicina mi viene data. Dicono che solo la preghiera può guarirmi. Io chiedo solo il necessario mai ciò che può darmi sollievo. Prima per esempio... c'era un bicchiere di acqua gelata sul vassoio... avevo bevuto da poco ma avevo ancora sete. Ne volete un po' ? — mi ha chiesto una con­sorella. No — ho risposto — non ho la lingua abba­stanza riarsa. Io soffro ma continuo a punirmi. Solo che... non è mai abbastanza per loro... Tutti intor­no a me (la madre superiora, il mio confes­sore, perfino la suora che sbuccia le patate in cucina...) tutti si aspettano da me qualcosa di più... E io non posso deluderli! Loro, prima ancora di me, hanno deciso che devo morire perché solo così potrò essere una vera santa. Si avvicendano intorno al mio letto spiando ogni mio gesto e ogni mia parola, e in un dia­rio trascrivono ogni particolare della mia malattia... per dopo... Intanto le sento chiedersi: «Morirà oggi? Ce la farà fino a domani? Chissà se ha paura... Guardate che aria serena ha il suo volto... si direbbe che non soffra neppure!». Se il mio è un suicidio. Di chi l'omicidio?

VERONICA

(la visionaria): Come un angelo notturno sospeso tra il pre­cipizio e l'aldilà

Veronica                       - Riuscirò a volare come San Nicola da Copertino che sfrecciava alto, lungo i soffitti, oltre i muri? Ma non tra distese di luce io voglio volare ma in eterne notti... Anche da bambina sognavo sempre di esse­re un angelo... Li avevo visti sui libri e nei quadri della chiesa... Sorridevano... Dove vivono gli Angeli? Forse in un posto che non esiste. Là volevo vivere anch'io. Come un angelo volevo lampeggiare e scomparire. Tremare appena. Essere un soffio leggero. Stenderò le braccia come un angelo in vo­lo... Attenderò così la visione dell'Invisibile. Specie suprema dell'amore è l'amore mor­to. Io l'ho amato di un amore ozioso, di un amo­re esercitativo, di un amore impaziente, di un amore ansioso, di un amore saziativo ma soprattutto l'ho amato di un amore morto. Ho una stigmate sulla fronte. E dentro la te­sta che Lui mi è entrato. Corro verso il mio destino. Precipito. Le lacrime scavano solchi sulle guance. Sì, agli angeli non è dato di tornare indietro. Non possono volgere le ali altrove. Gli an­geli sono condannati al cielo come i demoni all'inferno. Volerò e finalmente perderò la memoria di me, degli altri... di tutto... Che siete venuti a fare qui? Cosa volete sa­pere, ancora? Andate via! No, aspettate. Io non sarò mai più prigioniera di questa ter­ra. Io vogherò sull'onda di laghi senza riva, per­ ché l'infinito non ha confini, né fondo, né ar­gini... Sì... lo confesso, non è stato Dio a volerlo so­no stata io, no, neppure il diavolo, io, ho det­to, io stessa con queste mani mi sono tolta gli occhi, Li ho strappati via. Buttati. E con loro l'opprimente banalità del vero.

MADDALENA

(l'innamorata): Un bambino deve esserci dato!

Maddalena                    - Aspetto un figlio. Non so come è successo e non mi importa. Lo chiamerò Gesù e lo vestirò di bianco. Nascerà in una grotta e prima di metterlo al mondo cercherò in cielo la stella che mi gui­derà... Il Bambino viene prima dell'amore e viene prima dell'amante: era già dentro di me. Mi era già stato dato. E il suo desiderio di esistere che mi ha aper­to le braccia. L'impossibile non è resistere alla tentazione dell'uomo ma al bisogno del Bambino. Un avere innato che deve esserci dato: que­sto è, per ogni donna, un bambino.

PARTE V

LA MORTE

TERESA:

Dimostrami che un cielo c'è

Teresa                            - (All'uccellino) Hai mai visto un condannato a morte? Durante una visita in carcere ne conobbi uno. Aveva rubato e ucciso... C'era rabbia nei suoi occhi e spavento... Negava i suoi delitti ma nello stesso tempo non si discolpava... Aveva orgoglio e di­gnità. Desiderai che fosse il «mio» peccatore. Dissi a Dio: «Dai a me quest'uomo. Conse­gnamelo. Ti offro la mia morte al posto del­la sua salvezza». Quando il cappellano gli porse il crocefisso per baciarlo, sputò per terra. I criminali come i santi hanno disgusto per la vita! Oggi l'aria è calda e gli alberi sono in fiore. Senti come suonano a festa le campane? E il giorno di Pasqua, vero? Tenete il mondo lontano da me. Lasciatelo fuori. Copritelo. Mettete una ten­da davanti alla finestra. Sono stufa di luci, di colori, di soli, di alberi e di stelle... di preghiere e di salmi. Sto morendo. È adesso che devi dimostrarmi la tua forza. Ora che io ti ho dimostrato la mia. Ora, tra questi lucignoli rotti, tra questi faz­zoletti sporchi, tra queste minestre stracot­te... Qui... tra tuniche ruvide e scarafaggi... e ca­tini pieni di sangue, qui in questa cella buia e spoglia. Ora, subito, ti ho detto, prima che muoia. Af­ferma qui — Dio — la tua grandezza. Dimostrami che un cielo c'è. Il cielo è chiu­so, vero? Ho la croce di Cristo piantata nel cuore. Gesù è venuto da me, ha preso il mio cuore lo ha baciato e ha detto: «Ecco un luogo so­lido dove io posso piantare la mia croce». Ha preso un martello e ha cominciato a battere... Dio, tu non sai amare se non attraverso vitti- me! (All'uccellino in gabbia) E tu? Tu che mi hai fatto compagnia. Tu che hai riempito con i tuoi canti i miei giorni... Tu che sei stato una tenera gioia per me... Ma io non posso permettermi nulla... nem­meno te... Per questo ti ho ucciso. «A colui che non ha sarà tolto anche quello che ha». Così c'è scritto nella Bibbia. (Copre con un velo nero la gabbia dell'uccellino) Ho creduto di essere in Paradiso solo nel momento in cui la vita mi ha chiuso addosso il suo coperchio di piombo. L'unico infinito che gli uomini possono co­noscere è il dolore. Un momento prima di morire... ho guardato verso il comodino... e ' era una rosa che sboc­ciava appena dentro un vasetto. Per lei fu il mio ultimo sguardo. I fiori sono così seducenti che a me viene il sospetto che siano un grande peccato, sì, proprio come bestemmiare e fornicare.

(Si strappa la coroncina dalla testa e annu­sa profondamente i fiori).

PARTE VI

LO SCACCO

MADDALENA (l'innamorata): «In cielo sono tornata vergine»

Maddalena                    - Non è certo una tomba il luogo del mio corpo! II mio corpo fu bruciato. Ancora oggi là dove è successo qualcuno mostra una grande pietra carbonizzata! Ma, guardando attentamente, vi si scoprono le mie impronte! La notte nessuno gira da queste parti... han­no paura di vedere l'ombra di una monaca che, furtiva, vi si nasconde sotto. Chi mi venera mi considera la santa dei tuo­ni e delle tempeste, degli incendi e dei terre­moti. Ma da un po' di tempo sono apparsi, poggiati alla pietra, foglietti con varie ri­chieste di grazie... C'è chi mi chiede la casa, chi il biglietto vin­cente della lotteria, chi la felicità, ma soprat­tutto mi chiedono l'amore. Mi piacerebbe distribuire grazie anche a co­loro che non le vogliono... essere la santa de­gli infedeli. Mi lusinga quando da me vengono i più di­sperati. Mi piace la loro forza. Sì, perché nella di­sperazione c'è qualcosa di grandioso e di bello... Forse essa viene prima di tutto, pri­ma di Dio, prima dell'universo. Non mi piacciono quelli che a testa bassa e mani giunte pregano sottovoce, mi piaccio­no quelli che con arroganza chiedono... im­plorano... esigono... Qualche volta io concedo una grazia ma lo­ro — bugiardi — non mantengono la pro­messa che mi hanno fatto... E, io, mi vendico: punendoli! E questo eccesso di potenza che piace ai miei devoti. E a me. Ieri sera si è rifugiata qui una ragazza incin­ta. Le farò da ostetrica e occulterò il suo pecca­to. In cielo io sono tornata vergine.

VERONICA:

«Non sogno più, altri mi stanno sognando»

Veronica                       - Di me non troverete che os­sa... Sono uno scheletro, ora. È così che mi piace. Sono in un sotterraneo dove non fa né fred­do né caldo, dove il sole non risplende né ca­de la pioggia né tira il vento... La morte vince sul piano della qualità. La morte è sommamente superiore alla vita. E sommamente inferiore. La fine di una cosa è meglio del suo inizio... E tradizione che i pipistrelli mi vengano ap­presso. Fu così anche quando, per la prima volta, en­trai in volo al monastero. Da allora, essi escono ogni anno di notte il venerdì della Passione e rientrano alla fine dell'estate. Vanno in refettorio dove io consumavo ap­pena i miei pasti piegata per terra come un cane... Poi volano verso la mia urna... La mia esistenza è stata senza importanza. Io ero semplicemente una reclusa come un'al­tra... Non ho fondato conventi, non ho attratto fe­deli, non ho scritto né dato ordini a vescovi e papi, nessun confessore ha udito o registrato i miei tormenti... Ma, da morta, l'esercito dei ciechi, dei muti e degli storpi si è messo in marcia verso di me... Moltitudini di occhi mi cercano, moltitudini di mani mi toccano, moltitudini di bocche mi implorano. Me! che del nulla avevo fatto il mio credo. Sugli altari i miei occhi sono di nuovo spariti. Li avete rubati voi. Li avete prosciugati a forza di baci e di carezze. E quando a colpi di lingua mi venerate leccandomi i piedi, ho il sospetto che vogliate assassinarmi facendo­mi rotolare giù dal piedistallo... Il silenzio se ne è andato per sempre, portan­do a riva le conchiglie e i sassi come un ma­re in burrasca... Non sogno più, altri mi stanno sognando. Lasciatemi annegare nell'ombra. Non ac­cendete nessuna luce, vi prego!

CATERINA

(l'eretica): «Sono una santa dimenticata»

Caterina                        - La mia vita avrebbe dovuto veramente cominciare solo adesso dopo la mia morte. E il torrente dei prodigi a prolungare all'in­finito la vita di un santo. Ma la mia tomba non ha visto fiorire nessun miracolo. Volevo per me un altare. Volevo che ceri mi illuminassero sempre di notte e di giorno. Volevo profumi di incensi e tappeti di fiori. Purtroppo si è santi agli occhi degli altri. Non è Dio a giudicarti ma gli uomini. Che grande perfidia! Gli eletti da Dio non valgono che per l'as­senso dei loro simili! E a beatificarti sono uomini mediocri... Questioni religiose e politiche fanno il re­sto... Come eretica chissà... forse avrei avuto più fortuna e più seguaci! Di santi il cielo è pieno. Essi mi detestano. Mi spingono a gomitate. Mi prendono a cal­ci. Sanno che sono la più grande di tutti. Ognuno dei Folli di Dio trova in cielo qual­cuno più Folle di Lui ma nessuno uguaglia la Follia della Croce... Io mi sono crocefissa, ma non è bastato. Le mie mani e i miei piedi sono bucati e san­guinano acqua. E quest'acqua è vuota di ogni sostanza. Compresa l'acqua. Sono un vetro nel palazzo di vetro. Mi sono persa. Ma dov'è la realtà? Ditemi? Come potevo essere «ragionevole» in Sua presenza. Sarebbe stata un'assurda contrad­dizione. Lo capite, vero? Il mio grido non è stato di quelli che hanno sapore di denti e saliva, di palato e di lingua. Il mio grido è stato più forte. Così forte da rendere sordo perfino Dio. Potete sempre tentare di darmi un nome. Ma tanto vale dire la verità. Voi non potrete mai darmi un nome poiché al culmine dell'as­senza io sono assente. Non è che io dissimuli. Ma tutto mi dissimula. Credo che mi piacerebbe chiamarmi la ra­gazza che voleva essere Dio.

TERESA (la vittima): Un corpo per reliquia

Teresa                            - Quando io morii il mio santo cor­po emanava un odore così soave che la stan­za nella quale era stato adagiato non sembra­va più la stanza di un malato o di un defunto ma un negozio pieno di spezie. A tre anni dalla mia morte le mie spoglie so­no state riesumate. Il legno della bara era marcio e muffito. An­che i miei abiti erano marci e muffiti. Ma il mio corpo, no. Esso apparve a tutti sano e integro come fos­se stato sepolto il giorno prima. La madre e le mie consorelle più grandi lo li­berarono dagli ultimi brandelli delle vesti e lo detersero da ogni impurità, mentre i padri si allontanavano, perché dovevano sottrarsi alla vista di un corpo femminile nudo. Ora vengo coperta da un lenzuolo bianco. E pu­lito e odora di lavanda. Il suo tocco sulla pel­ le mi rinfresca. Uno dei padri si riavvicina. Alza appena il lenzuolo. Tocca i miei seni. Sono dritti e tur­gidi. Non corruttibili — vedo che scrive nel suo taccuino rosso. Poi ha inizio la spartizione. Non sento nulla ma so quello che stanno fa­cendo. La mia mano sinistra viene amputata e av­volta in un foglio di carta. Poco dopo, da questa stessa mano, viene re­ciso il mignolo. Due giorni dopo una lama affilata recide per intero il mio braccio che si stacca di netto, come una fetta di formaggio. Altre parti vengono staccate nei giorni se­guenti e destinate ai luoghi di culto. 11 mio cuore è conservato intero e messo in un reliquiario. Così la mia lingua. Due mo­nasteri se ne contendono il possesso: quello dove ho fatto il noviziato e quello dove sono morta. Io volevo morire come una santa. Sì, perché era l'unica cosa che credevo di sa­per fare e facendola credevo di durare in eterno. Poiché io sempre dicevo «Tengo Gesù Cro­cifisso nel mio cuore». Il mio cuore fu sezio­nato alcuni mesi dopo... Vi trovarono la figura della Croce formata di carne. Alcuni gridarono di gioia. Altri di spavento. Altri, per lo stupore, si inginocchiarono e ri­masero attoniti. Per mezzo del mio corpo molti miracoli si sono operati: usando pezzetti di stoffa intin­ti nel mio sangue, i miei capelli, le solette dei miei sandali... Mi ripugna essere un oggetto di filantropia. Tutto sommato mi lusinga di più essere sta­ta un oggetto di persecuzione.

PARTE VII

LA VISIONE DEL NULLA

(Incontro tra le mistiche)

Veronica                       - La morte è il luogo cui tende l'essere per diventare ciò che essenzialmen­te è: musica, profumo, passione volo. Morire è come una notte selvaggia e una nuova strada...

Maddalena                    - Sì... la vita è passata. E la morte stessa passerà e allora noi gioiremo della vita non per secoli ma milioni di anni passeranno per noi come un giorno...

Teresa                            - Perché il cielo non cade azzurro su di me e la vita non torna a me come fossi io la sua unica padrona?

Caterina                        - Se il tempo non è che un'im­magine dell'eternità, se la mancanza di fini­tezza del tempo umano non è che un sem­biante dell'infinità dell'eterno, se la vita non è che la prolusione ad un'altra, l'esistenza umana non ha senso. Dio è un gran ladro. Si è preso il sempre e a noi ha dato solo il tempo. Io volevo garantirmi solo una vita oltre la vi­ta.

 

Veronica                       - Io non ho fatto nulla per di­ventare una santa. Proprio nulla. Chi riconoscerà la tragicità di questo nulla?

Teresa                            - Non è stata la morte a ferirmi ma la vita. Ma Dio non può darci nulla se non questa miseria che brucia... Anche Dio è povero. Il paradiso è solo un misero villaggio. Dov'è il mio peccatore? Dov'è l'uomo che con la mia morte ho salvato?

Caterina                        - La verità è che il paradiso non esiste e neppure l'inferno esiste. Dio è troppo misericordioso per voler puni­re qualcuno. Non siamo noi ad essere innamorati di lui ma è lui ad essere perdutamente innamorato di noi. Ho capito che l'anima in sé è niente, l'uomo un niente incarnato, un niente che Dio ha amato, un niente attraverso cui Dio si è ama­to. Dio non ha bisogno di nulla, neppure di esi­stere. Il nostro viaggio è stato inutile!

Maddalena                    - Lui è ancora lontano ed è questa infinita lontananza a rendere ancora il mio amore per lui infinito. Lui là, io qui. Fra noi solo porte socchiuse che sono oceani. Vedete? Il mio desiderio è sempre qui: ar­dente, eterno. Ma Lui è sempre più in alto. Io alzo le brac­cia ma le braccia levate non lo raggiungono. Sì, essere santi è una perversione. Un vizio del cielo. Siamo le Spose di un Assente. Le nostre nozze sono eternamente in gioco. Sempre, e mai vergini. Sotto il velo non c'è che il velo! Eppure avrei bisogno di un Dio anche ora. E se dietro questa parola Lui non ci fosse, quella parola io continuerei a pronunciare.

Veronica                       - Io l'ho riconosciuto e la mia attesa è finita. Il desiderio è dietro le spalle come uno stra­scico. Dovrò rinunciare ad immaginarlo, ora? Ho scoperto che Lui è solo. L'essere più so­lo che esista.

FINALE

IL RITORNO ALLA VITA

Teresa                            - (Sola conclude) Il sole mi scalda dolcemente in primavera e vedo fiorire sopra di me gli alberi di sambu­co, quando i petali bianchi cadono lenti l'aria si profuma di un odore pungente... Sento la neve cadere d'inverno, posarsi sul­le punte di ferro del cancelletto del cimitero, sulle croci delle lapidi, sulle lastre di pietra... L'ascolto cadere... e mi sembra a volte che la neve copra tutto l'universo scivolando leggermente sui corpi dei vivi e dei morti. Un passerotto si è posato sulla mia tomba... oggi, come fosse casa sua!

FINE