La bugiarda

Stampa questo copione

 


Commedia in tre atti

di Diego Fabbri

(Su IL DRAMMA n. 236 – Maggio 1956)

LE PERSONE

ISABELLA

ELVIRA, sua madre

ADRIANO

PAOLA, sua moglie

ALBINO

IL CAVALIERE, sarto

ACHILLE, garzone

BENIAMINO, domestico

ISIDORO, cameriere

Un sacerdote

Un infermiere

Una fioraia

È  una vicenda  che  si  svolge  a Roma all'epoca d'oro di Trilussa

La scena comprende tre ambienti.

*LA CASA DI ISABELLA, a sinistra (di chi guarda). Mobilio piccolo-borghese, quasi novecento, che contrasta con le linee dell'architettura (finestre a spicchi di volta, riquadri attorno alle porte...) e con due o tre affreschi di una certa rarità che si vedono nella parete di faccia, in alto. Dalla finestra si scorge, di taglio, il Colosseo.

* UN CAFFÈ, in mezzo. Ambiente riservato, vecchiotto, con camerieri attempati. Alle pareti stampe di Roma

* LA CASA DI ADRIANO, a destra. Qui, tutto è imbottito di scansie enormi, colme di libri gravi, di quadri piuttosto austeri per non dire addirittura di soggetto sacro, di diplomi e di onorificenze. Per terra, tappeti e tappetini. Di libero non c'è che il riquadro della finestra da cui si vede la cupola di S. Pietro. Sul davanti verso il proscenio, i personaggi dovranno passare da un ambiente all'altro come se camminassero per le strade.

(Queste indicazioni schematiche, di cui l'articolazione del racconto tiene conto, potranno essere risolte in sede scenografica nella maniera più libera e suggestiva).

ATTO PRIMO

LA CASA DI ISABELLA

Isabella è stesa sul sofà. Fuma, sbadiglia e legge un giornale illustrato. Ha la posizione abbandonata e naturalmente impudica delle donne che sanno di non essere viste da nessuno. Si è arrotolata le calze fin sotto il ginocchio perché non si smaglino. La radio trasmette delle canzonette. Dopo un po' si stira, lascia scivolare per terra il giornale e preoccupandosi visibilmente delle calze, scende dal sofà e va verso la finestra. Tira, circospetta, la tendina; si ferma alla finestra come se spiasse la presenza di qualcuno, sotto, e volesse seguirlo senza essere vista. Poi, sempre fumando e fischiettando Varia del ballabile che la radio trasmette, viene alla specchiera dell'armadio, che è quasi al proscenio, e vi si guarda provandosi varie acconciature dei capelli. Finalmente, come se prendesse una deci­sione finora differita, spegne la radio, va diretta al telefono e comincia a formare un numero; ma alla seconda o terza cifra si pente, rimane con il rice­vitore a mezz'aria e lo riattacca. Tira l'ultima boc­cata, butta per terra la cicca schiacciandola col piede, macchinalmente. Si sente del rumore, di là.

Isabella (con un tono più su del necessario)  Chi è? (Nessuno risponde, i rumori, anzi, si fanno più vicini. Allarmata) Chi èèèèè?

Elvira      (ancora fuori scena)   Ma sono io! Che hai da gridare!

Isabella  Puoi anche rispondere! Ti pigliasse un...! M'hai fatto una paura...

Elvira      (è una donna tra i quarantacinque e i cin­quanta, insignificante. Ha però uno sguardo cu­rioso, grigio, sfuggente, che quando punta, inti­morisce.

Ha delle determinazioni implacabili, av­viluppate, nascoste da atteggiamenti   apparentemente accomodanti. Entra).    Paura di che? Dei ladri?

Isabella E non poteva essere « lui »? Sono tre giorni che non mi vede, che faccio l'ammalata. Sarà in... ebollizione. Non l'hai mica incontrato lì sotto?

Elvira      Io non ho incontrato nessuno.

Isabella  (tornando alla finestra)    Ieri l'altro, invece, c'era, a quest'ora. L'ho visto io,

Elvira      Ma dove?

Isabella (indicando)   Lì, sul marciapiede di fronte.

Elvira      Sarà passato per caso.

Isabella   No.  Fermo.  Guardava su,  alla fi­nestra.

Elvira      E t'ha visto?

Isabella  No, per fortuna.

Elvira      (scuotendo la testa)   Non capisco. Un uomo come lui, fare quello che fanno i ragazzini. Non capisco proprio.

Isabella  Se non capisci... Ti dirò, invece, che a me piace di più proprio per questo. Sì! Proprio perché lui, da quell'uomo che è, fa quel che farebbe un ragazzino.

Elvira      Allora, se ti piace così, non scocciare! C'è, non c'è... Uff! Cos'è allora che non va?

Isabella  Non ha funzionato come speravo la storia della malattia. L'avevo inventata per stare qualche giorno in libertà e andare un po' in giro per le spese. M'ero già fatto il mio programma. Invece da quando l'ho visto, lì sotto, impalato - lo crederai? - m'è mancato il coraggio d'uscire. Se mi vedeva...

Elvira      Perché non sale invece di fare il pian­tone?

Isabella  Allora sì che ridiamo! Metti il caso che gli venga davvero l'idea di venire su e di pre­sentarsi all'improvviso?...

Elvira      Beh. Lo riceverò io. Lui, a me, mi co­nosce bene!

Isabella   Ma che ricevi tu! Tu. E l'altro? Se capitasse, dico, quando c'è l'altro? Sì, l'altro, qui seduto, spatriarcato, in piena funzione di fidanzato, che parla, che predica, o che batte i chiodi sulla scansia?... Pensa, tu, se fosse stato lui, prima, quando sei entrata! Poteva benissimo trovarci Al­bino, qui - è in ritardo stasera... - L'hai capita, adesso? Ohhh!

Elvira      (caparbia)   Ci vorrà molto a capirlo! Quello che allora non capisco - sarò scema, sarò... tarda - è il perché l'hai inventata questa malattia.

Isabella   Hai ragione.

Elvira      Meno male che una volta ho ragione.

Isabella   No, hai ragione di chiedermelo. Non avevo previsto un fatto.

Elvira      Che fatto?

Isabella   Non avevo previsto che fosse così... fremente, così innamorato... che non potesse fare a meno di me nemmeno un giorno...

Elvira      (sfottente)   Uuuh! Che tenerezza!

Isabella  E quasi quasi la faccio finita proprio stasera. Guarisco. È meglio così. Meno pericoloso, oltre tutto. Da domani riesco. (Avviandosi verso il sofà) Tu, piuttosto, le hai avute finalmente queste benedette notizie?

Elvira      (che è venuta al proscenio per togliersi quel che aveva addosso: soprabito e cappelletto scuro)  Eh! Che dici?

Isabella (ributtandosi sul sofà e raccattando il giornale illustrato)   T'ho chiesto se hai poi sa­puto niente. Sì, se posso far la signora dopo che mi sarò sposata. Almeno questo... (Silenzio) Acci­denti! Sei anche sorda?

Elvira      (fingendo di cadere un po' dalle nuvole)  Aaah! Non ho saputo ancora niente.

Isabella (scostando bruscamente il giornale)   E come mai?

Elvira      Non ho mica la polizia segreta, io!

Isabella  Ma che polizia? Non m'hai detto che andavi negli uffici... non so che uffici... a sentire? Sei stata fuori tutto il santo giorno senza cavare un ragno da un buco? (Balzando a sedere sul sofà) A che gioco giochiamo? Bada, che se mi vuoi tirar dentro soltanto con delle chiacchiere, ti sbagli! Te lo dico io che ti sbagli!

Elvira      Ma che tirar dentro! Il catasto è chiuso, nel pomeriggio - l'ufficiale delle ipoteche, anche... -vedi un po'!

Isabella  Io so soltanto che si va avanti da un mese con queste... informazioni, e ogni volta c'è una scusa! E allora, stammi bene a sentire: a costo di dir di « no » davanti al prete sull'altare, a costo di fare uno scandalo da metterlo sui giornali... io non me lo sposo se non conosco per filo e per segno la situazione finanziaria! (Sillabando) Non me lo sposo!

Elvira      Va là che te lo sposi! Uuuh! Te lo sposi, te lo sposi!

Isabella (furibonda, sguaiata, balzando in piedi) Ti pigliasse... Ho forse la sveglia a tracolla, io, da sposare uno che non mi piace e che non ha nemmeno...

Elvira      (dura, tenace)   I poderi con le case ci sono... Ti bastano?

Isabella Non so mica se mi bastano!

Elvira      Ma che vuoi? La banca d'Italia?

Isabella  Quanti sono questi poderi e queste case? Lo sai? Nooo! Quanti ne toccano a lui? Non lo sai! Ti sei già dimenticata che sono in tre:  lui e le due sorelle, e non contiamo la madre, che bi­sognerebbe invece contare!  Le  sorelle,  prima  di mollare un centesimo... le hai viste, no, che mano hanno! Hanno la mano doppia, quelle! E tu vor­resti che m'imbarcassi senza conoscer tutto per filo e per segno! Ma tu hai proprio capito male! Vorrei  vedere che oltre tutto non toccassi nemmeno la grana! Avrei fatto un bell'affare!

Elvira      Mi ringrazierai, dopo che l'avrai fatto! Mi dirai: mamma, avevi ragione tu.

Isabella  No-ò! No-ò! Non voglio ringraziar nes­suno, io! La vuoi capire che non avevo voglia di sposarmi... almeno con quello? Te lo vuoi mettere in testa che lo faccio per forza, che lo faccio per te?

Elvira      (soffocata, di gola)   Con quell'altro, in­vece, con quello che non può sposarti perché è già sposato...

Isabella  Si poteva liberare, si poteva...

Elvira      Ma va!

Isabella Ti dico che poteva, che può...

Elvira      Campa, campa cavallo, anche se può! Scema! Sempre così succede!

Isabella        Basta! Adesso basta! Non mi ci far nemmeno pensare! Perché, se ci penso, pianto tutto, e me ne vado via, e non mi trovate più! Qualcuno mi deve pur castigare per questo matrimonio!

Elvira      E per essere stata l'amica - sì, l'amica, non credere ch'io sia stupida - l'amica di quell'al­tro... per questo, non ti deve castigare nessuno? No, eh? Che cosa si deve sentir dire in faccia una madre da una figlia... senza sfinirla di botte! (E si mette a piagnucolare).

Isabella  Ecco come le rovinano le figlie, così! Aaah! Ma sì, tira anche fuori il fazzoletto per il piagnisteo. Crederai d'aver ragione perché piangi.

Elvira      (rimettendosi in tasca il fazzoletto)   Tante storie per niente. Ha, non ha... Adesso, quando ar­riva, glielo chiedi.

Isabella  A chi?

Elvira      Ad Albino.

Isabella  Sì! Brava!

Elvira      Perché? Non lo sposi, forse? E allora? Dovrai ben sapere com'è sistemato. Gli parli franco: devi sapere chi sposi, e perché lo sposi. Così. Netto.

Isabella (ironica, sfottente)   Ma si sa già perché lo sposo! Per amore. Oooh! Il grande amore! Mi sono ammalata... per amore! (Una risata) Ma sì: fagli venire anche il dubbio, adesso, sul perché lo sposo. Mi rompe già abbastanza l'anima per sapere se l'amo davvero, sospettoso com'è... faccio già i salti mortali per convincerlo... in tutti i modi - in rutti i modi - che il mio è amore buono, proprio di quello vero, e tu vorresti che alla vigilia del ma­trimonio, io scoprissi le batterie e gli domandassi, chiaro e tondo, notizie sul capitale? Quanto gli tocca, in che epoca, e come, e perché... Questo vorresti. Io dico se sei matta! Lo capisci che fare così vuol dire rovinare tutto, tutto! Vuoi, rovinare tutto? E allora fallo!

Elvira      Perché rovino tutto? Sentiamo.

Isabella  E lo chiedi? Se si deve, se proprio si deve farla questa finzione, facciamola almeno bene, fino in fondo, non a metà. Non mi piacciono le cose fatte a metà.

Elvira      (spazientita)   Sai che ti dico? Fai come ti pare. (E si avvia, ma poi si ferma) Purché ti sposi. Anche se non avesse un soldo, io ti direi egualmente: sposalo! Sposalo e sposalo!

Isabella (gridando)   No!

(Suonano alla porta. Isabella, ritraendosi istintivamente dice alla madre sottovoce)

Va' a vedere tu. E se è Albino, vieni subito a bussare alla mia porta... che mi lavo i denti, perché se si accorge che ho fumato... Mnn! Che strazio! (Esce) Almeno finisse presto... perché poi, a cose fatte, se ne riparla...

(Elviraintanto è andata all'ingresso. La si sente parlottare. Dopo un po' rientra con un gran mazzo di fiori. Lo annusa affondandovi quasi la faccia. Va alla stanza di Isabella)

 

Elvira      Non è. Non è. Ci sono dei fiori. Vieni! Esci!

Isabella (con un'espressione di ansia che contrasta con il tono e le parole volutamente noncuranti)  E di chi?

Elvira      (ruffianesca)    Di chi vuoi che siano i fiori!

Isabella  Uff! Che lagna! Gliel'avrò detto cento volte che non me ne frega proprio niente dei fiori, e quello insiste!

Elvira      (ironica)   L'aristocrazia, capirai!

(Isabella ha sfilato dal mazzo il biglietto e lo legge. Elvira curiosa si sporge per leggere)

Che dice?

Isabella (ritirando il biglietto dallo sguardo della madre)   Niente! Fa... gli auguri per la... ma­lattia...

Elvira      C'è la corona? Fa' un po' vedere.

Isabella  Perché non ha da esserci! È conte? E allora! (Fa per mettersi in tasca il biglietto).

Elvira      Che fai? Rompilo no! Che non si trovi, poi, in giro.

Isabella (allora, gli cambia posto: se lo infila nella scollatura)   Che in giro!... Stasera non mi faccio toccare dall'innamorato ufficiale...

Elvira      (alludendo ai fiori)   E questi, dove si mettono? In cucina? (Isabella la guarda perplessa) In cucina non viene mai...

Isabella (come scuotendosi)   Macché cucina! Se ci andasse? No, no! Via! Fuori! Dove vuoi. Marsc! buttali.

Elvira      Buttarli? Così belli?

Isabella  Lo so anch'io che sono belli! Ma se devi farla una cosa, non puoi mica guardare se sono belli o brutti! Vendili, allora. Vai sotto, e li vendi al fiorista d'angolo. Li compra, sai. Ma che qui non ci rimanga nemmeno l'odore!  (Elvira si avvia) Mamma, aspetta!

Elvira      Che vuoi?

Isabella  Uno. Ne prendo uno solo... ecco... per il pensiero... il resto... via! (Sfila un fiore dal mazzo e lo annusa, Elvira esce).

Elvira      (rientra, grave)   Li ho messi nel... gabi­netto, per ora.

Isabella   E se ci va?

Elvira      Poi li porto via.

Isabella  Oh, fa' un po' quel che ti pare! Dopo tutto chi ci tiene di più al matrimonio sei tu, non io!

Elvira      (dopo una pausa) E tu dici che l'altro non dubita di niente?

Isabella  Non è che dico: sono sicura. Di nien­te! Qui si dubita di tutto o di niente. Non si può mica dubitare a metà.

Elvira      Di niente!

Isabella  Ha fiducia.

Elvira      Quello allora è un po' scemo!

Isabella (difendendolo, come del resto farà spesso quando saranno gli altri ad attaccarlo)   Sono io che sono brava, non lui che è scemo! Anzi! Sono bravissima! Sono un prodigio! (Improvvisamente triste) Ma che fatica.

Elvira      A me lo dici! Che fatica arrivare a spo­sare una figlia! Te ne accorgerai un giorno anche tu! (Pausa).

Isabella (si stira; continua ad annusare la sua rosa; poi stendendosi tutta, canticchia ad occhi chiusi)  « Fiori d'arancio - miei pallidi fior...  ».Ti dirò che, a parte tutto, quest'emozione di sposarmi con il vestito bianco mi piace. È anzi la sola cosa che mi attira in questo matrimonio. Almeno mi sembrerà di es­sere un'altra! Mi sarebbe dispiaciuto non sapere quel che si prova in quei momenti... Ta-rararà... ta-rararà... (Marcia nuziale di Mendelssohn).

Elvira      E quando glielo dirai che ti sposi?

Isabella   A chi?

Elvira      A chi? Al conte. Dovrai pur dirglielo un giorno o l'altro: farla finita con le bugie e mettere tutto in chiaro.

Isabella  E perché dovrei dirglielo? Sei matta! Rovinerei ogni cosa!

Elvira      Ma come! Non vuoi dirglielo?

Isabella  Mai!

Elvira      Lo scoprirà da solo, e allora sarà peggio.

Isabella (che a questa sola idea si irrita)   Peg­gio o meglio: quel che sarà riguarda me, me sola! Tu devi piantarla d'intrometterti nelle mie fac­cende!

Elvira      Tue?

Isabella  Perché, non sono mie? Miei, mie! Private, privatissime!

Elvira      E non sono tua madre, io? Da quando è morto tuo padre, ricordatelo, io, io ho tutti i di­ritti! Oh!

Isabella  Ma sì, tienteli! Chi vuol portarteli via i tuoi diritti! Mi fai ridere! Non mi sposo forse con chi piace a te? E allora! Non sei ancora contenta? T'importava che arrivassi a sposarmi? Lo faccio. Hai la coscienza in pace? Basta così! Anzi, se vuoi che tutto vada proprio liscio, mi devi, come t'ho da dire, secondare... tenere un po' mano... in questi giorni. Io dovrò barcamenarmi, e tu devi aiutarmi senza far tante storie. Ci siamo capite, adesso? Aiutare! Perché, sia ben chiaro - scritto grosso così - io... il conte, non lo mollo. Siamo intesi.

Elvira      Non lo... molli?

Isabella   Neanche per sogno.

Elvira      Perché non puoi?

Isabella  Uff. Non credere, adesso, che ci sia di mezzo un figlio. Non c'è. Tu solo a quello puoi pensare... Ma è una storia così imbrogliata che è anche peggio, oh, molto peggio che se ci fosse, un figlio!

Elvira      Allora... vuoi continuare anche con lui.

Isabella  Già.

Elvira      Ma come vuoi fare, figlia mia?

Isabella   Farò... in qualche modo farò! È inu­tile che tu mi guardi con quegli occhi da maria-maddalena. Come farò? Lo tengo.

Elvira      Tutt'e due?

Isabella  Che c'entra « tutt'e due »? Sono due cose diverse!

Elvira      Non mi pare!

Isabella (scattando)   Ti pianto il matrimonio, piuttosto! Te lo pianto, che è vero Dio!

Elvira      Ssst! Non far scenate!

Isabella  Sei tu che me le fai fare!

Elvira      (improvvisamente calma)   Chiuso.

Isabella  Come chiuso?

Elvira      Chiuso. Ho capito. Piuttosto: noi, allora, come si resta?

Isabella  Come vuoi che si resti? Niente. Si va avanti.

Elvira      Senza... intese?

Isabella  E che intese vuoi fare?

Elvira      Ti avverto che sarà difficile reggere il gioco. Te lo avverto.

Isabella Che ne sai tu se sarà facile o difficile? Vedremo! Sarà quel che sarà. Qualcosa di nuovo dovrà succedere, e allora qualche santo aiuterà.

Elvira      Ma che santo ha da aiutare!

Isabella   Se non sarà un santo sarà un demonio, purché aiuti!

Elvira      Giusto un demonio ti può aiutare!

Isabella  Ma va, va! E poi mi piace così! Mi potrà piacere, no? (Motteggiando gli acrobati) Sempre più difficile, signori... sempre più difficile... Ole! Ooolè! (Scoppia in una risata un po' secca) Non avrò da annoiarmi!

Elvira      No di sicuro! Pazza! Chi avrebbe mai immaginato che avrei avuto una figlia così pazza! Ma di dove sei scappata?

Isabella  Mah!  

(Squilla il  telefono.  Le due donne restano interdette ed abbassano istintivamente il tono come se qualcuno, al telefono, potesse udirle. Ascoltando i trilli della soneria).

Elvira      Che sia... lui?

Isabella  Albino?

Elvira      No... (Avviandosi) Sento io...

Isabella  No, no, vado io... (E si avvia decisa).

Elvira      Ma se tu sei ammalata?...

Isabella  Si potrà anche guarire, no! Lasciami un po' fare... (Stacca il ricevitore). Pronto... Ah, sei tu, caro... L'immaginavo... sì, lo sentivo! Perché non hai chiamato prima? Non ti dico come stavo... la pena, per te, sicuro! Ma mi sarei alzata dal letto... anche con la febbre... come ho fatto adesso... Non si muore mica! così-così... anzi, maluccio... ma non ti devi impressionare... cala, cresce... secondo... La sera, naturalmente, cresce... Aspirina, per ora... Chiamare io? Ma io ho provato due volte... almeno due volte... Nessuno... non rispondeva nessuno... Adesso? Sto al­zata ancora un'oretta, e poi mi ributto giù... A letto! Dove potrei buttarmi? Si capisce... Ma sì... sempre... A chi vuoi che pensi? Se ti dico sempre! Alle volte mi prende una rabbia per dover restare qui inchio­data!

(Intervallo:  parla lui, dall'altra parte)

No, caro... non puoi... Immagina se non sarei contenta, felice... Ma no! Non dire sciocchezze... (Chiude il ricevitore con la mano e volgendo la testa verso la madre) Vuol venire... venire a trovarmi...

Elvira      E come si fa?

Isabella (riaprendo)   Come? Noo... Magari do­mani... facciamo domani... domattina... (Richiudendo con la mano) Vuol venire adesso... accidenti! (Ria­pre) Senti, Adriano... abbi la bontà di ragionare... come fai a venire adesso?

 

(Suonano alla porta. Isabella fa cenno alla madre di andar di là, ad aprire. Elvira si avvia)

 

Non è per me... ma devi anche te­ner conto di quelli di casa... sai che io sono... (sotto­voce) come prigioniera... lo sai, mio caro... E allora? (Con la voce tremante) Non accrescere il mio di­sagio... la mia tristezza... Pur di vederti, lo sai, io farei qualunque cosa...

(Sulla soglia appare il sarto con il garzone, un ragazzetto ancora in calzoni corti; dietro, Elvira)

Se insisti sai quel che faccio? Esco, e vengo io! Ma sì, faccio proprio così. Non c'è al­tro modo! Che vuoi che mi faccia! Forse mi fa bene... una boccata d'aria... pur di metterti tranquillo... Ecco, vedi come sei?

(Il sarto ha fatto deporre sul divano l'involto che il garzone portava, l'ha aperto e adesso sta spiegando per la prova un vestito bianco da sposa)

Io, io! Cinque minuti... dieci al massimo... che vuoi che sia! Un saluto... Perché non vuoi? Tanto è influenza, si sa! In questo mo­mento, no... non me la sento... ti giuro che non me la sento... sono fredda... Sono sotto l'effetto dell'aspi­rina... Ma sì! Dimmi dove. Di' tu. Va bene lì. Benis­simo! No, non è affatto lontano. Ti dico di no. Lì... Lì. Ecco. Mi aspetti lì. A momenti. Ciao. (E riat­tacca. Guarda la madre, occhiata d'intesa) Hai ca­pito?

Elvira      Subito?

Isabella  E già.

Elvira      E come fai?

Isabella  Mi misuro e poi... Che ora è?

Elvira      Manca poco alle otto.

Isabella  Come mai stasera non si vede? Almeno tardasse ancora un po': arriverei ad andare a venire senza bisogno di dare spiegazioni. Sbrighiamoci... (E si rivolge al sarto) Grazie tante, cavaliere! Scusi se questa volta l'ho pregato di venire qui a casa... ma non potevo proprio muovermi... (Alludendo al vestito) Come va?

Il sarto    (che ha guardato gli affreschi)   Ammi­ravo...

Isabella        Le piace, eh?

Il Sarto         Pittura antica. Che toni!

Isabella  Ah, sì.

Il Sarto         (passando al vestito)   Credo che an­drà a pennello, stavolta... Dove proviamo?

Isabella  Qui, va bene?

Il Sarto         Per me, benissimo.

(Isabella comincia a spogliarsi. Il sarto col vestito in  mano guarda gli affreschi. Il garzone guarda, invece, Isabella: gli trema lo spillo che tiene tra le dita).

Elvira      (mentre Isabella si spoglia)   Si figuri che tutta quella parete lì... (e indica la parete di fondo) l'hanno dichiarata monumento nazionale...

Il Sarto   Oh!

Elvira      Lo dissero proprio chiaro e tondo quelli del Vaticano.

Isabella (che è restata in combinazione) Allora?

Il Sarto   (accorrendo) Pronti, signorina. (Infila il vestito a Isabella e comincia a puntarglielo qua e là, e intanto continua il discorso interrotto) Ah, per­ché questa casa... è sotto il Vaticano?

Elvira      Proprietà.

Il Sarto         Ma senti un po'!

(Svegliando il garzone che si distrae un po' troppo accanto a Isabella)

Dammi, Achille... (Il garzone gli porge uno spillo).

Elvira      Certo che... noi siamo sotto a loro...

Il Sarto         Vuol dire al Papa?

Elvira      Eh, già. Ha comprato lui tutto l'isolato subito dopo la guerra. Sono venuti, hanno guardato, hanno stimato la... la pittura... e poi: zan, zan... su­bito, sa, in contanti. Quella è gente!

Il Sarto         Ma s'era sempre detto anche all'estero... io, allora, stavo ancora in Francia... io, sa, provengo dalla scuola di taglio di Parigi...

Elvira      (fa  dei  cenni  di  ammirazione)     Che scuola...

Il Sarto         S'era sempre detto che il Vaticano aveva molta riserva aurea...

Elvira      Ma tanta, sa, tanta! Hanno pagato, e in più noi ci siamo riservati il diritto d'abitazione nel­l'appartamento vita natural durante... Non hanno battuto ciglio!

Il Sarto   Gran signori! I soli veri signori che ci siano rimasti in quest'epoca di generale decadenza. Anche in Francia, che crede? Gran polvere negli occhi, ormai... ma la nobiltà, me la saluta, lei!

Elvira      A dir la verità noi abbiamo avuto anche la fortuna d'avere una conoscenza... sì, insomma, un amico di Isabella... Sa, di quegli aristocratici... che vanno proprio nelle grandi cerimonie... quelli ve­stiti col costume, il sottogola e lo spadino...

Il Sarto         Ah, ah! Ho capito quali!

Elvira      Isabella conosce... il figlio... Il padre, poi, non le dico il padre... Il padre è uno dei capi. Una potenza!

Il Sarto         È forse quello...?

Elvira      No, l'altro... quello che ha in mano la parte... pratica... le compere, le vendite... Amicizie dappertutto... viaggi che non le dico... lei se l'im­magina, è gente che non sta mai ferma...

Il Sarto   (a Isabella)   E lei sarebbe... amica?...

Isabella  Sì, una buona amicizia...

Elvira      È una figlia troppo modesta! Lei dice così, un'amicizia... E invece... (Sospira) Se non ci fosse stato questo impedimento dell'aristocrazia... quella figlia lì, sa... ne avrebbe fatta di strada!...

Isabella  Mamma!

Elvira      Ma sì, ma sì! E invece... ci si deve ac­contentare del proprio ambiente... del nostro ceto... Mah! Sarà quel che Dio vuole...

Il Sarto         Eppure m'avevano detto che questo Papa era molto... democratico...

Elvira      Sì, sì, ma... i matrimoni sono un'altra cosa. E poi il Papa non può mica arrivare a tutto... gli tengono nascoste tante cose... e mia figlia non è il tipo di farsi avanti...

Il Sarto   Pensi un po'... che forse avrei potuto aiutarla anch'io... qualche anno fa. Perché io ho servito, sa, il povero cardinal Vecchiato. Fu lui che mi disse: « Questo nuovo Papa è democratico ». Che distinta persona! Sempre puntuale, alle prove, paziente, gentile... A settantadue anni aveva ancora un personale che non le dico! Vedesse! Eretto... e che camminata...

(È quasi in ginocchio a lavorare attorno a un orlo del vestito; si alza e si mette ad imitare l'incedere del cardinale. Ha lasciato il vestito ad Achille)

Così... così... a settantadue anni...

 

(Il garzone, un po' eccitato, preme forse inconsapevol­mente con la mano sul seno di Isabella).

Isabella (ridendo) Oh, ragazzo: ma tu mi pare che ci marci!

Elvira      (dandogli un colpetto sulla mano)   Im­pertinente!

Il Sarto   (accorrendo)   Achille!

(Il garzone lascia il vestito che cade giù da una parte).

Il Garzone   Ma io devo pur reggere, signori.

Isabella  E mi pare che reggi anche troppo bene! (Al sarto) Cavaliere, lasci un po' perdere il cardinale, e vediamo di concludere, qui, con questa prova!

Il Sarto   È presto fatto, signorina. (Si mette a lavorare febbrilmente come fanno i sarti in certi momenti di frenesia: sembra, allora, che vogliano dare una dimostrazione di bravura) Qui! Segna qui, Achille! La vita è a posto... l'orlo anche... Non esa­geriamo con lo strascico, è vero? Più lungo? Lo vuole più lungo? No, eh! Il modello « Margaret » è così, identico!... Si giri... adagio... adagio... ancora... Ferma! Lo alzerei di un filo... un centimetro ap­pena... due... al massimo due... ecco! Cammini... cammini pure...

(Isabella viene verso il pubblico se­guita a distanza dal sarto, da Elvira e, più indietro, dal garzone che è estasiato)

Si volti!

(Suonano alla porta).

Isabella (guarda la madre)   È lui. Apri.

Elvira      Lo faccio entrare?

Isabella  Si capisce. Fallo entrare. E parla poco. Lascia fare a me.

Elvira      D'accordo.

(Il sarto si è avvicinato a Isa­bella chinandosi di fronte a lei, che volge, adesso, le spalle al pubblico, e le aggiusta qualche piega alla vita. Anche il garzone è in linea).

Albino     (entra un po' sbuffando seguito da Elvira. È un giovanotto massiccio, di una trentina d'anni, con gli occhiali e i baffi abbastanza folti; ha una borsa sottobraccio. È trasandato nel vestito scuro. È d'animo semplice e generoso. Di modi un po' bruschi, è portato, nei ragionamenti, a tentare di persuadere gli altri con una dialettica un po' sem­plicistica che gli proviene dalla sua professione di maestro elementare. Ha l'aspirazione, ancora gio­vanile, di riuscire a modellare gli altri, specialmente Isabella, secondo certi suoi criteri o ideali. È un personaggio che anche quando risulterà in balìa delle due donne, mamma e figlia, e degli avveni­menti, continuerà a rimanere cordiale e simpatico).

Isabella (appena lo vede spuntare)   Albino! Mi vedi! (Gli lancia un bacio) Bello, eh! Ti piace?

Albino     (assolutamente sbalordito)   Bello... bello...

Il Sarto   (che volge le spalle ad Albino, si gira un po' e, chino come, quasi inginocchiato, saluta con un cenno del capo)   Riverisco...

Albino     (guardando severamente il sarto)   Buona sera. (Ad Elvira, sottovoce) Ma chi è?

Elvira      Come chi è? È il sarto.

Albino     Se avevate sempre detto « la sarta ».

Elvira      Ti sbagli. Avrai capito male. Sarto. Sem­pre detto il sarto.

Albino     (irritato)   Sarta. Sarta! « A »! Femminile!

Isabella (fingendo di non aver capito niente)  C'è qualcosa che non ti piace, Albino? Vedi qualche difetto? Dillo, sai, dillo pure... siamo ancora in tempo a correggere (rivolta al sarto) è vero, cavaliere?

Il Sarto         Certo! Dica pure... liberamente... L'oc­chio estraneo talvolta vede...

Isabella  Mi raccomando, però: sii moderno!

Albino     Io non parlo. Per me va benissimo. Oltre tutto non me n'intendo affatto, lo sai.

Il Sarto   Oh, capisco... Altre preoccupazioni ha lei... altre idee... si vede!

Albino     (allontanandosi e posando sul sofà la borsa, borbotta)   Proprio! Altre idee...

Il Sarto   (ad Isabella)   È libera, signorina! Pos­siamo togliere...

Isabella  Oh, grazie! Vieni, mammà!

Elvira      Eh? Che vuoi?

Isabella  Vieni a togliermi il vestito...

Il Sarto   (stupito)   Può farlo anche qui... signo­rina... è un minuto... (Accennando al fidanzato un po' furbesco) Lei può assistere alla spoliazione... è il fidanzato...

Isabella (pudica, quasi offesa)   Oh, no, no! Si figuri! Vado un momento di là con mammà...

Il Sarto   Vada... vada... (Sconcertato) Si acco­modi pure...

(Elvira ha preso il vestito di Isabella che giaceva su una sedia. Madre e figlia se ne vanno di là. Il sarto ad Albino che si è seduto, in attesa, sul sofà accanto alla sua borsa)

Ha visto che le ab­biamo poi fatto il modello « Margaret ». Non era facile...

Albino     Margaret?

Il Sarto   Sarebbe l'ultimo squillo dell'eleganza e della distinzione. Sarà contento anche lei!

Albino     Io?

Il Sarto         Dicevo... sarà contento... per quel che sta per accadere...

Albino     (più vivo)   Ah, sì, sì... mi auguro di essere contento... Non si sa mai, ma me lo auguro!

Il Sarto         Lei è un prudente... a quel che sento. Meglio così! Avrà meno delusioni!

(Albino non gli risponde. Apre la borsa e tira fuori uno o due libri)

E... e quando, esattamente?

Albino    Tra sei giorni, appena danno le vacanze...

Il Sarto         Quali vacanze?

Albino     Io insegno. Vacanze di scuola.

Il Sarto   Ah! Professore...

Albino     Maestro.

Il Sarto   Ah! Maestro... (E con la mano fa il gesto del direttore d'orchestra che dirige).

Albino     (un po' seccato da quell'interrogatorio)  No, no: maestro elementare. Le vacanze di Pasqua. Ecco.

Il Sarto   L'insegnamento, allora... il vero insegna­mento all'infanzia... ai fanciulli. Che soddisfazione! Immagino la soddisfazione... Io conoscevo, anni fa, un insegnante che mi diceva... sa, durante le prove si entra in una certa confidenza... mi diceva: « La mia vita sono i miei alunni»... Proprio così! Ed è bello. Una bella frase. « La mia vita... sono i miei alunni... ».

(Isabella irrompe vestita per uscire. Elvira la segue con l'abito bianco sul  braccio. Lo porge al garzone che si mette ad avvolgerlo)   

Isabella E adesso, Albino, io devo uscire un momentino con... lui.  (Indica il sarto, che ha una espressione di stupore subito mitigata da uno sguardo di Isabella) Scusami, caro... ma devo scegliermi il velo... Ormai non posso aspettare un'ora di più...

(Albino si alza, ed allora, per prevenirlo, Isabella gli va incontro e lo ferma)

E tu non puoi venire...

Albino     Ti accompagno.

Isabella (sorridendo, angelica)   No, no! T'ho detto: non puoi!

(Tutti hanno preso un'espressione sorridente: ironica, il sarto; ruffiana, la madre; e sinceramente divertita, il garzone).

Albino     (intimidito da quelle facce sorridenti)  Ma... non capisco...

Isabella (facendogli, col dito, il gesto di star zitto) Proibito, a te!

Albino     Da chi?

Isabella  È vero, mammà, che è proibito?

Elvira      Sicuro.

Albino     Ma si potrà sapere...?

Elvira      Guai se lo sposo sceglie il velo della sposa! Guai!

Albino     E che succede?

Elvira      Sentitelo! Che succede? Non si fa!

Albino     Superstizioni!

Elvira      Porta male, sicuro! Ed io ci tengo alla felicità di Isabella! Saranno superstizioni, chi dice di no, ma che ti costa rispettarle? Non si sa mai!

Albino     (fa un gesto rassegnato)    Niente... mi costa... niente...

Isabella  Allora! Non facciamo aspettare il ca­valiere. Io vado con lui... ma tu, mammà, mi vieni a prendere, poi!

Albino     (facendosi avanti)   A prenderti almeno... potrei venire io...

Isabella  Per carità!

Elvira      Ma sì, ma sì, verrò io! (Al sarto) Guardi com'è quella figlia:   non vuol più fare un passo da sola per strada! Capisco il pudore, ma questa è una esagerazione... con i tempi moderni! E tutto per... amore di quello lì, sa!

Isabella (facendo tacere la mamma)   Su, su! (Al sarto) Si va, cavaliere?

Il sarto    Sono pronto.

Isabella  Albino, tu aspetti. Lavori, eh?

Albino     Beh, vedrò. Comunque, aspetto.

Isabella  Bravo. (Minacciandolo con la mano mentre sta per uscire) Hai tardato stasera, eh... Ci hai fatto stare in una pena... Cominci presto a far l'indipendente...  sì, sì!  Poi ne parliamo... Ciao... (E sparisce; ricomparendo) Mammà, mi racco­mando!

Elvira      Ma sì, ma sì, non dubitare! Tra mez­z'ora!

(Isabella, il sarto e il garzone escono. Ad Albino)

È colpa tua... se è diventata così! Non vuol più veder nessuno... parlar con nessuno... Ha paura di te! (Albino zitto) Lo sai che fai paura?

Albino     (ha tirato fuori dalla borsa un succhiello con un cartoccetto di viti e di chiodi. Brandendo il succhiello)   M'avevate detto che era una sarta!

Elvira      Ricominci?!

Albino     Ricomincio, sicuro! Non ci tengo a pas­sare per... per sciocco! Non ci tengo! Mi farei piut­tosto...  Avevate  sempre  detto una  sarta.  E trovo invece un uomo... che la abbraccia.

Elvira      Geloso!

Albino     Per fortuna... tra poco... l'ordine lo metterò io... qui dentro!

Elvira      Ma sì! Ma sì! Vedremo il tuo ordine! La tua riforma. Vedremo!

(Albino esce dalla parte della cucina, e rientra con un mobile ancora rozzo, una scansia appena abbozzata, e con delle tavole. Ha anche un martello. Si siede sul sofà e comincia a lavorare attorno alla scansia. Elvira alludendo al lavoro di Albino)

Eccola là, intanto, la riforma della scuola!

(Isabella, il sarto e il garzone ritornano in scena venendo da sinistra. Hanno, cioè sceso le scale e adesso si trovano in strada. Sono al pro­scenio).

Il Sarto   (per congedarsi, guardando Isabella con ammirazione e con una punta di ironia)   Allora, signorina...   complimenti!   Ci telefoniamo dopodo­mani... Sarà già pronto.

Isabella  Complimenti?

Il Sarto   Lei... lei è una vera maestra, non il suo... mi scusi... Lei si merita ben altro, signorina, me lo lasci dire. Maestra, professoressa... sopraf­fina, lei! Buona sera.              

Isabella (con tono freddo, sostenuto)   Ma che dice, cavaliere? E dove va?

Il Sarto   (col sottinteso)   Io vado di qua. Il mio negozio è di qua. Non so lei...

Isabella  Come non lo sa! Io vengo con lei... a scegliere il velo.

Il Sarto   (senza capire)   Il velo... Ma io... io non ho nessun velo...

Isabella  Come mai non l'ha detto prima?

Il Sarto         Ma io credevo...

Isabella  Non doveva credere niente, lei! Co­munque andiamo!

Il Sarto         Altroché... (Col gesto della mano dice: « che lenza! »).

(Isabella, il sarto e il garzone escono di scena. Durante questo intermezzo Albino ha bat­tuto un chiodo o due sulla scansia, ed Elvira ha messo a posto le sedie).

La parte di scena relativa alla casa di Isabella si abbuia lentamente al ritmo dei colpi di martello battuti, in dissolvenza, da Albino; e si illumina invece il caffè che occupa il centro della scena. L'apparire del caffè è preannunciato dai « tlan-tlan » della cassa automatica e dagli sbuffi della macchina espresso, che però non si vedono. Quando il caffè è completamente illuminato i rumori si estinguono.

UN CAFFÈ

Ad un tavolo, verso il centro, è seduto Adriano. È un uomo sui trentacinque. Ha indosso un so­prabito grigio ferro. Camicia nitida e cravatta con perla. Appare un po' eccitato: guarda l'oro­logio. Si alza, si sfila il soprabito e lo appende all'attaccapanni. Ha un vestito blu con leggere righe chiare. Batte le mani per chiamare il came­riere; e arriva, infatti, un autorevole cameriere.

Adriano   Che mi dài?

Il Cameriere (guardando le consumazioni che Adriano ha già davanti)   Ancora?

Adriano   Sì.

Il Cameriere   Poi se ne va?

Adriano   No, aspetto.

Il Cameriere   Allora, niente.

Adriano   Come sarebbe a dire?! Portami un altro whisky, piccolo.

Il Cameriere   È inutile allora che mi chieda dei consigli, conte, se poi vuol fare di testa sua. (E si avvia).

Adriano   Sei arrabbiato? (Il cameriere non ri­sponde) Senti, Isidoro. (Il cameriere si volge) Aspet­ta prima di servirmi. Facciamo così: quando arriva... ne porti due. Va bene?

Il Cameriere   Due whiskies?

Adriano   Sì.

Il Cameriere   Ma la signorina non ha mai be­vuto whisky. Perché vogliamo farle prendere dei vizi?

Adriano   Stasera deve berlo! Le farà bene un whisky:  è influenzata.

Il Cameriere   Oooh! Un grog, allora. Molto meglio. Con due gocce...

Adriano   Gocce di che?...

Il Cameriere   Lasci fare, conte, lasci fare... (E sparisce sorridendo).

(Isabella spalanca la vetrina e viene rapida verso Adriano).

Adriano   (che l'ha subito vista, si alza, le va in­contro. Le prende le mani, gliele bacia) Sei calda... Bella!

Isabella (gli sfiora le tempie con le labbra)   È la reazione, ma non è niente...

Adriano   Sono stato tanto egoista, è vero? Per­donami!

Isabella   Ma perché?

Adriano   Ho tanto detto, ho tanto fatto che ti ho costretta ad uscire!

Isabella  Ma che dici! L'ho voluto io!

Adriano   Tu, sì, ma quando hai capito in che stato mi trovavo...

Isabella  E io no? Se tu conoscessi il mio stato di questi giorni! Oh, Adriano! Ero diventata insop­portabile... cattiva... ho perfino fatto piangere mia madre!

Adriano   (cingendole le spalle con il braccio e tiran­dola a sé)   Tu cattiva! Come puoi, tu, diven­tare cattiva?

Isabella  Oh, è perché non mi conosci!

Adriano   Ti conosco, ti conosco anche troppo bene...

Isabella  Ma no...

Adriano   Ssst!

Isabella  Perché ssst? Lasciami dire. Se ti ac­corgessi davvero che anch'io posso diventare cat­tiva...

Adriano        Come... cattiva?

Isabella  Come?  Cattiva!  Cattiva...  come le altre...

Adriano   (un po' scioccamente)    Credo che mi piacerebbe anche la tua... cattiveria! (Isabella lo fissa e scuote la testa con una espressione ambi­gua: di commiserazione e di tenerezza) Adesso, però, stammi a sentire. Abbiamo i minuti contati, non voglio che ti stanchi... e debbo comunque dirti qualcosa... d'importante.

Isabella  Adesso? Devi dirmelo proprio adesso?

Adriano   (un po' smontato)   Perché?

Isabella  Niente. Ogni tanto tu hai una cosa importante da dirmi... (Si tocca la fronte come se temesse di aver la febbre).

Adriano        Se stai male...

Isabella  No, no... Cose serie, scommetto, anche stavolta?

Adriano        Già. Cose serie.

Isabella  E non puoi dirmele un'altra volta?

Adriano   (con un certo accanimento)   No. Te le debbo... te le voglio dire adesso. Subito. È un momento. Sono poche parole.

Isabella  E dille.

Adriano   In questi giorni di lontananza mi sono reso conto che non si può continuare così... non si può aspettare... rimandare... Non si può. Io almeno non posso! Tu sì?

Isabella (gli prende una mano)   Non ti ca­pisco, caro...

Adriano   La mia giornata è... vuota... non ha scopo... Mi sono reso conto di quanto mi sei neces­saria. Ecco. Allora... Sento... che occorre prendere una decisione.

Isabella (con una certa apprensione)   Quale?

Adriano   Almeno una « prima » decisione.

Isabella  Sì, ho capito. Ma quale?

Adriano   Parlo a tua madre. Le parlo aperta­mente... le spiego la nostra... situazione... la mia... soprattutto la mia...

Isabella  Ma che vuoi parlare... che vuoi spie­gare a mia madre! Bisognerebbe che la preparassi io... lentamente... con prudenza... scegliendo i mo­menti opportuni... Perché mia madre, fino a questo momento, non immagina, non suppone nemmeno lontanamente che noi... niente!

Adriano   Proprio niente niente?

Isabella  Se ti dico niente!

Adriano   Ma come! Se tu m'hai detto che le hai parlato più di una volta di me, e l'hai trovata...

Isabella  Che discorsi! Certo che le ho parlato! Ma così... « Sai chi ho incontrato oggi? Quel conte che venne per la casa...». Ecco. E lei: «Ah, quello così gentile, così brava persona... ».Ci siamo fer­mate a questi discorsi. Tu, del resto, hai  visto come tratta. Ingenua, donna di casa, all'antica... Non potrebbe credere, non potrebbe immaginare, penso, neanche se glielo dicessi...

Adriano   Capisco, capisco: però quando glielo dirò io, chiaramente, tua madre immaginerà... si renderà conto... dovrà necessariamente rendersi conto...

Isabella  E si opporrà recisamente. Ti chiuderà la porta in faccia.

Adriano   Come!

Isabella   Faccio così per dire. La tua non è la strada buona... almeno con la gente come mia madre... come i miei parenti... altre mentalità... altro modo di pensare... che vuoi farci! (Una so­spensione) Se ci tieni proprio ad affrettare una... soluzione... a rompere il cerchio di casa mia... non c'è che una cosa da fare...

Adriano        Quale?

Isabella  Te l'ho detta un'altra volta... ma tu...

Adriano   (alterandosi)   Lasciare che tu ti sposi con un altro?...

Isabella (impassibile)   Già.

Adriano   Non dirlo nemmeno. No, no. Non fiatare! Non voglio sentirlo dire nemmeno per ischerzo dalla tua bocca!

Isabella        Tragico. Ecco che fa il  tragico! Si fa per parlare, no? (Con una specie di nodo alla gola) Non mi avrai chiamata qui... ancora con la febbre,  per turarmi la bocca... bell'accoglienza...

Adriano   Ma di'... di' pure...

Isabella  Ma va'... va'...! (E vorrebbe far finta di piangere) Io... mi sposerei...

Adriano   Ma chi? Chi sposeresti?

Isabella  Uno. Mi sposo, diciamo, uno qualun­que. Credi che non potrei trovare uno che mi sposi... così... a tambur battente...

Adriano   Come no! È possibile... è possibilissimo...

Isabella  Allora! Lo sposo. Ed esco di casa. Sta bene attento: esco di casa, fuori della tutela di mia madre, dei miei parenti...

Adriano   (che non sa contenersi)  Ma che vuol dire « mi sposo uno », che vuol dire praticamente, concretamente? Non ti senti ribellare al sol pen­siero di coinvolgere qualcuno... un povero uomo ignaro... magari sinceramente innamorato... in que­sto pasticcio?

Isabella  No. Perché mi dovrei sentire ribellare se lo faccio per noi, se lo faccio per amore? Mi sposo. Poi mi accorgo...

Adriano   Quando... poi?

Isabella  Subito, subito dopo... Mi accorgo che mi sono sbagliata... incompatibilità di caratteri... glielo dico... (Adriano fa un gesto di dispetto) Per­ché? Tu non ti sei sposato?

Adriano   Ma è diverso! Io l'ho fatto sinceramente!

Isabella  Peggio! Beh, insomma, si fa così per dire. Se mi sposassi diventerei subito libera, e potremmo decidere liberamente quel che ci piace di fare. Ecco quel che penso.

Adriano   Pazza... ma sì, pazza! Oltre tutto, se tu facessi questo io non potrei... più guardarti... sicuro, perché tu non saresti più tu, ai miei occhi... saresti un'altra... una specie di mostro...

Isabella  Già. Un mostro. Grazie tante. Sappi però che chi ama veramente... sembra sempre un po' un mostro.

Adriano   Perché, vorresti insinuare che io non ti amo veramente? Dillo, dillo!

Isabella  Ma io non insinuo niente...

(Arriva il cameriere Isidoro col vassoio).

Il Cameriere   Eccola qua... Bene arrivata, signorina...

Isabella (ad Adriano)   Avevi già ordinato tu?

Adriano   Sì.

Isabella (assaggiando la bevanda che Isidoro le ha messo davanti)   Ma... che è?

Il Cameriere    Beva, beva... (Guardandola) Gua­rirà subito... vedrà.

Isabella        Chi deve guarire?

Il Cameriere   Lei... (Sorridendo ambiguo)  Io sono un mago... (E si allontana).

Adriano  (dopo aver sorseggiato un  po' del suo whisky)   Senti, Isabella; lasciamo stare le fan­tasie... i romanzi. Parliamo seriamente. Io, lo sai, ho certi principi... certe convinzioni... anche religiose.

Isabella  Lo so.

Adriano        E desidero mantenervi fede. È una questione di coscienza. Per questo... anche per questo vorrei avere una spiegazione leale... con tua madre... o con chi vuoi tu... anche con quel tuo zio di cui mi hai detto... quel militare se non sbaglio...

Isabella  Oh! Lascialo stare dov'è! Tanto tra poco se ne va. È di passaggio, te l'ho detto.

Adriano        Meglio. Con tua madre, allora. Io la conosco... abbastanza. Sarà come tu dici una donna semplice, ingenua; comunque mi pare una donna sufficientemente esperimentata per comprendere queste cose.

Isabella  Come vuoi. Se proprio ci tieni. Certo che per lei sarà una... scossa... un vero dramma.

Adriano   Questo lo credo. E beh, che ci vuoi fare! Sarà, come dici tu, una scossa... un dramma... Soffrirà, ma è necessario. Bisogna avere il corag­gio, talvolta, anche di far soffrire le persone care.

Isabella  Oh, cara... dolce mamma mia!

Adriano        Credi che non sarà un altro dramma anche per mio padre?

Isabella  Oh!

Adriano   Eppure...

Isabella  Credi che il Vaticano... reagirà?

Adriano   Oh! Nessuno saprà niente finché tutto non sarà regolato, ma...

Isabella  E allora?

Adriano   È perché non conosci mio padre: la sua linea morale, il suo sistema di educazione... il suo cuore... la sua concezione della vita... Un esempio per tutti... Pensa un po' che lui avrebbe voluto che io mi fossi sacrificato... con mia moglie. Il matrimonio è un sacramento, è indissolubile, mi ha sempre detto. Eppure si rendeva ben conto, e me l'ha detto, che il nostro non era proprio riuscito sotto nessun aspetto...  Immaginati un po',  allora, quale   sarà   la   sua   istintiva  reazione.   Eppure  io devo... io non posso arrestarmi...

Isabella   Che vorresti dire a tuo padre?

Adriano   Annullamento.  Ecco. Sono deciso  a iniziare le pratiche per l'annullamento. Tutto rego­lare, naturalmente. La Chiesa lo ammette, lo con­sente. Diritto canonico. Noi, scusa, lì siamo un po' di casa... Eppure non credere che per questo siano disposti a chiudere un occhio! Anzi! Più severi sa­ranno con noi! Più severi!

Isabella   Con noi?...

Adriano   Noi. Dico noi: io e mia moglie. Tu ancora non c'entri!

Isabella   Credi che saranno tremendi?

Adriano   Lo siano pure! È loro dovere. Ma il nostro caso è chiaro, limpido. È uno di quei casi che esigono l'annullamento.

Isabella   Sicché credi proprio di ottenerlo? Cre­di che si possa?

Adriano   Come no! Se non lo credessi ferma­mente non sarei qui con te a parlare del nostro avvenire.

Isabella   Perché, se non si potesse, dove sa­resti?

Adriano        Che discorsi!

Isabella   Sono discorsi! Dimmi, dove saresti?

Adriano   (confuso)   Ma, non lo so...

Isabella   Vuoi dire, insomma, che se tu cre­dessi di non poter ottenere l'annullamento... avre­sti trovato... o troveresti la forza di allontanarti da me? È questo il senso del tuo discorso, no?

Adriano   Io non ho detto questo! Io non so se troverei la forza di... di...

Isabella  Ma sì! Ma sì! È questo, vedi, che mi offende  in  te!  Questo tuo mettere le regole, anche la morale, prima dell'amore; questo tuo voler essere innanzi tutto in ordine, a posto con tutti: con Dio, col Papa, con la Chiesa, con la società... Io no, invece!  Io non bado a niente quando c'è l'amore! Io non mi sono votata a te, per sempre. Te l'ho detto, è vero o no? Mi sposi, non mi sposi: chi se n'importa; ormai mi sono legata, e basta! Ho forse avuto un istante di esitazione perché eri sposato? Dillo, dillo!

Adriano        No... no...

Isabella   Ti ho forse amato meno per questo? Dillo!

Adriano        Ma chi ha detto niente...

Isabella Tu invece... a differenza di me...

Adriano   È vero,  a differenza di te io cerco una soluzione legale... regolare, perché il mio scopo è sposarti.

Isabella  Io no.

Adriano   Come tu no?

Isabella  Voglio dire, non è questo l'impor­tante. L'importante è che ci si ami... e si resti insieme... sempre... Ecco. Poi, sposiamoci pure. (Cambiando) Quando, secondo te, ci si potrebbe sposare?

Adriano   Quando?... Beh, non certo domani. Sono pratiche laboriose... lunghe... complesse...

Isabella   L'immagino. Tanto più che non sei tu solo a dover essere d'accordo. Dovrà essere d'ac­cordo anche tua moglie.

Adriano        Ma lei è già d'accordo.

Isabella  Guarda un po'! Come siamo diverse! Io, per esempio,  non  sarei d'accordo.

Adriano   E perché,  se ormai non c'è più nien­te... se non c'è mai stato...

Isabella   Così:  per dispetto!

Adriano   Bambina! Queste cose non si fanno per...  dispetto.

Isabella   Saremo diverse, che t'ho da dire!

Adriano   Le ho già parlato, e siamo già pie­namente d'accordo.

Isabella   Le hai detto che vuoi sposare un'al­tra, che vuoi sposare me?

Adriano   No.

Isabella   Ah, vedi! Prova a dirglielo e vedrai che non sarà più d'accordo.

Adriano   Perché dovrei dirglielo? Non è neces­sario. È d'accordo nel chiedere e nel cercare di ottenere l'annullamento. Basta. Ognuno poi ripren­derà la propria libertà. A quel momento tu, legal­mente, entri in scena. Ecco la procedura. Chiara, lineare: coscienza a posto. Non ti pare? Ho de­ciso di affrettare i tempi. Devo vedere mia moglie nei prossimi giorni per concretare, in pieno, pie­nissimo accordo la linea da seguire.

Isabella  Dove la vedrai?

Adriano   La inviterò a casa... a casa mia... (Isa­bella fa il muso) Che hai?

Isabella  Scusa, scusa. Io non sono fatta per queste cose. Io non so ragionare, non so padro­neggiarmi... Io sono istintiva... così... come sento: ecco... sono come sento! Che ci vuoi fare!

Adriano   Ma che hai? Che è successo di nuovo?

Isabella  Niente! Se ti dico niente! Sono io, io, che son fatta male! Io che sono... troppo sen­sibile... io... io!

Adriano   (le va più vicino)   Ho capito. Ti dà fastidio che incontri mia moglie a casa mia? Eh? Di' la verità.

Isabella  (scrollandosi un po')   Sono una scioc­ca, ecco quel che sono... una sciocca, gelosa, stu­pida... Mi dà fastidio, sì, che tu l'incontri... non so poi il perché... Non c'è nessun perché, lo so... eppure tu, lei, soli, in casa tua... va', va'!

Adriano   (abbracciandola)   Cara, cara! Musetto mio bello! Ma se è tutto finito... sepolto... Lo sai bene! Quasi tutto finito... prima ancora di inco­minciare... se no... l'annullamento... come potrei sperare?

Isabella   Ma sì! Vuoi che non lo capisca? Quando ragiono, capisco. È che mi lascio portare dal sentimento, io! (Pausa. Altro tono, occhi negli occhi) Non restare solo con lei... in casa tua... non voglio... sii buono... eh?

Adriano   Chiamerò anche l'avvocato... ti va?

Isabella (un po' allarmata)   Quale avvocato?

Adriano   Ci sono gli avvocati per gli annulla­menti   di  matrimonio!

Isabella   Ma come? Non è roba di preti? Non decidono tra di loro?

Adriano   Sei meravigliosa! Sei deliziosa... Sei fuori del... mondo, della... vita comune... Sei un'al­tra cosa! Tutt'un'altra cosa! Forse è proprio per questo che ti amo tanto!

Isabella  Ma che t'ho detto di tanto strano?

Adriano   Sicuro che ci sono gli avvocati. La Sacra Rota, che decide, appunto, gli annullamenti, è come un tribunale, un vero e proprio tribunale: le prove, i testimoni, gli articoli del codice, le sen­tenze... Tutto come in un tribunale... Né più né meno!

Isabella (che finora si è contenuta come tono e come linea di finzione, ha un momento di since­rità e sbotta)   Oh, Adrià, fa' un po' tu come te pare... A me poi che me ne...

(Adriano è come folgorato, e la guarda sbalordito. Isabella ripren­dendosi prontamente)

Perché? Vuoi sostenere che non sei testardo? Vuoi quel che vuoi?

(Adriano continua a guardarla attentamente come se volesse ritrovare un'immagine di lei che gli è apparsa trop­po fugacemente per poter essere fissata).

I pasticci... gli imbrogli... i processi mi dànno fastidio, ecco. Tu invece lo vuoi proprio fare? E fallo!

(Adriano continua a guardarla)

Tu mi vuoi proprio far diventare contessa? Eh?

(Adriano comincia a sorridere e annuisce lievemente)

 

Quanto sei buono!

Adriano        Ma che credi che sia diventar contessa?

Isabella   Ah, non lo so io! Lo saprai tu! Tu credi, comunque, che ci saprò fare?

Adriano        Che devi saper fare?

Isabella  Se ci penso... mi gira la testa! Brrr! I ricevimenti, le presentazioni... io in mezzo alle altre... alle contesse vere... e tuo padre... che deve essere severo... e quell'ambiente di persone serie... Dio! Dio! Ma tu vuoi proprio? Come faccio? (Lo guarda) Certo che se ci si riuscisse sarebbe bello... sarebbe troppo bello... Se tu non fossi stato spo­sato... se ci fossimo incontrati un po' prima... sia­mo stati sfortunati... tutt'e due... che ci vuoi fare?

Adriano   Adesso dovremo lottare un po' di più...

Isabella   Sì, lottare... Però, sappi, che se an­che non ci riesci è lo stesso...

Adriano   Come lo stesso?

Isabella   Io ti voglio bene lo stesso, dico... Ricordatelo!

Adriano   Ma lo so, questo!

Isabella  Lo sai! Bravo! Allora... Per adesso mi pare che ci sia  solo d-a aspettare...  l'annulla­mento...  (Si passa una mano sulla fronte) È ora che vada,  sai, se no s'impensieriscono...  e io mi stanco... ricomincio a sudare... senti... (Gli prende una mano e se la poggia sulla fronte).

Adriano   (che non deve avvertire quasi niente) Sì, un po'... un pochino...  appena appena...

Isabella  Comincia così quando mi ritorna la febbre... 

(La porta si apre ed appare Elvira che va verso Isabella fingendo sorpresa).

Elvira      Isabella! (Ad Adriano) Ma... è con lei?...

Adriano   (sialza e si inchina lievemente)   È con me, signora... Non si preoccupi...

Elvira      Mi ha detto che doveva uscire « asso­lutamente »per un incontro... ma non immaginavo mai e poi mai che si... trattava di lei, signor conte!

Adriano   Le dispiace?

Elvira      Oh, dispiacermi proprio... ma mi sor­prende! Questo sì! Visto che tardava, mi son preoccupata...

Isabella  Avevo detto a mamma dove andavo...

Elvira      Me l'ha detto sempre!

Adriano   Signora, potrei parlare un minuto, proprio un minuto?

Isabella  Adriano, vuoi proprio guastar tutto?

Elvira      (guardando gli stupori e le sorprese in ma­niera da rendere divertentissima la scena)   Ma! Che c'è tra voi?... Sento una certa confidenza, di­rei perfino una certa intimità... Eh, Isabella?

 

(Isabella china la testa fingendosi scoperta. Elvira si volge verso Adriano, seria)

 

Che cosa mi deve dire? Che cosa vuole?

(Adriano ha una reticenza)

       

Dica, dica. Non vorrà mica rovinarla questa figlia? Lei si è introdotto in casa nostra con la scusa degli affreschi,  e invece...

Adriano   Non dica che mi sono « introdotto », non mi piace... (Chinandosi verso Isabella) Isabella, è venuto il momento di parlare liberamente a tua madre...

Elvira      (mettendosi una mano sull'orecchio quasi per impedirsi di ascoltare)   Mi par già di sentire! Mi par... Oh, conte! Conte, conte! Non l'avrei proprio mai pensato di lei! Mai!  Di lei...  che è del Vaticano! Che colpo! Che scossa...

Adriano   (che ha cercato di interromperla)   Si­gnora... ma non vorrei che lei pensasse... Avrei vo­luto parlarle prima, sa... mi creda... parlarle subito...

Elvira      Dica adesso, almeno... dica subito!

Adriano   Signora, è semplice: le chiedo di con­sentire che Isabella sia... mia, anche se ancora non posso sposarla. Ecco.

Elvira      (come se le si svelasse un segreto)   Oh! Non può... perché è già sposato! Dovevo immagi­narlo! Che le debbo dire: lei non mi sembrava per niente un uomo sposato... Ma proprio per niente...

Adriano   Difatti io lo sono e non lo sono.

Elvira      Non imbrogli le carte in tavola, signor conte!

Adriano   Non  imbroglio, signora.  Le assicuro che non imbroglio. Di', tu, Isabella.

Isabella  No, no, di' tu, di' tu.

Adriano   Mia moglie non è più con me. Da oltre due anni non è più con me...

Elvira      Fuggita... scappata?

Adriano   (si affretta a precisare)   No! Divisi... separazione consensuale. Capisce? Poco dopo il matrimonio...

Elvira      Ah! Però lei non è ugualmente libero.

Adriano   No. Non lo sono.

Elvira      Dunque! Vede, io mi stupisco di star­mene qui a discutere, a parlare con lei... senza indi­gnarmi come dovrei, come vorrei...  Sono sorpresa di me stessa... Lei si permette...

Adriano   Perché poi dovrebbe indignarsi?

Elvira      E me lo chiede? Mi meraviglio! Con i suoi principi, con la nostra religione!  Lei in so­stanza mi ha domandato di permettere... di con­sentire che Isabella divenga... la sua amante?

Adriano   Ma no, signora...

Elvira      Ma sì,  ma  sì!  Questo ha detto!  An­diamo al sodo!  Questo ha detto!  A una madre! Perché, si ricordi bene, io sono sempre una ma­dre! Anche se continuo a parlare...  a discutere... Non sente anche lei com'è mostruoso?

Adriano   (più  vibrato) Ma chi le ha detto amante? Chi? Amante!

Elvira      Ah, no? Ma... allora... (verso Isabella) allora... che vuole?

Adriano   Io e Isabella ci siamo promessi...

Elvira      Promessi che?

Adriano   I sentimenti, signora, e la comprende, lei, la forza smisurata dei sentimenti? Sfidano tutto, sa, se sono messi alla prova! Tutto! Io... un giorno ol'altro, otterrò l'annullamento del mio matrimonio... l'otterrò... ma fino allora chiedo a lei - a lei, poiché Isabella è già pronta - di considerarmi come... come...

Elvira      Ho capito tutto, signor conte. Ho ca­pito tutto! Ecco uno di quei casi in cui dovrebbe essere permesso il divorzio!

Adriano   Non lo dica, signora! Il divorzio, mai!

Elvira      Oh, sì!

Adriano   Faremo tutto senza divorzio!

Elvira      È stato, sì, un colpo duro, ma meglio così! Adesso almeno vedo chiaro, so tutto! Mi può lasciar riflettere un po' di tempo?

Adriano   Ma si figuri.

Elvira      Isabella... non sta nemmeno bene... Adesso capisco quanto deve aver sofferto! Quando si sarà rimessa ho deciso di portarla fuori per qual­che giorno... una, due settimane. Cambiare aria. Le pare? Avremo modo anche di riflettere, di decidere.

Adriano   D'accordo. Io intanto affretterò le pra­tiche per l'annullamento.

Elvira      Faccia pure: però, da quel che mi hanno detto, credo siano cose lunghe. Eterne. No?

Adriano   Lunghe, sì, purtroppo. Ma non eterne.

Elvira      Isabella: tu non parli?

Isabella  Mi dev'essere tornata la febbre. È soltanto per questo.

Elvira      Questa povera figlia! Che amore com­battuto le doveva toccare proprio a lei! Mah! Si­gnor conte, noi andiamo.

Adriano   Come vuole. Isabella?

Isabella (dolceamara)   Ora sarai contento?

Adriano   E tu no?

Isabella  Oh, anch'io!

Adriano   (prende le mani di Isabella e gliele ba­cia)   Telefono?

Elvira      Certo che deve telefonare. Se Isabella fosse a letto risponderò io.

Adriano   Grazie. E auguri. (Bacia la mano an­che di Elvira).

(Isabella ed Elvira escono. Adriano si infila il soprabito. La luce si estingue nel caffè. Isabella ed Elvira ricompaiono dopo un momento da destra, al proscenio, e si dirigono verso casa loro, che è a sinistra. Nel tragitto, discorrono).

Isabella  Sei voluta proprio entrar dentro, eh! Non potevi resistere! T'avevo detto: « aspettami fuori »,ma tu no!

Elvira      Non  arrivavi mai.  Dico:   « Non  sarà mica successo qualcosa?... ».

Isabella  Ma che doveva essere successo?

Elvira      Lo sai che mi piace quel conte del Papa! Peccato che non ci sia proprio niente da fare!

Isabella   Perché niente? L'ha detto anche con te: annulla.

Elvira      Che vuoi che annulli! Se stesse in lui, preso a caldo, così com'è adesso, forse potrebbe anche annullare, ma con quelli là non ci sperare proprio. Innamorato è innamorato, questo sì!

Isabella  Sì, eh? (Due passi) Me lo spieghi tu perché io debbo piacer tanto a degli uomini come lui? Io? Proprio io?

Elvira      Perché? Che uomini  sono?

Isabella  Sì, dico: uomini seri, complicati, an­che religiosi!   Perché debbo  piacer  tanto proprio a loro? Mah! Si vede che sono il loro tipo! Che avrò mai?

Elvira      È perché non ti conoscono per quella che sei veramente.

Isabella  Perché tu mi conosci? Va', va'! Non mi conosco nemmeno io! M'hanno guastata, m'avete guastata un po' tutti! Non lo so nemmeno io quel che sono!

Elvira      Ti capisco, ti capisco... ma che ci vuoi fare!

Isabella  Sta' bona... sta' zitta almeno! Non me fa' venì il nervoso... No' me fa'...

Elvira      Ma se t'ho accomodato tutto...

Isabella  Che hai accomodato... che hai...

Elvira      La convalescenza... il viaggio, il cam­biamento d'aria... Adesso, se vuoi, ti puoi fare an­che il viaggetto di nozze...

Isabella   Tu non dovevi permetterti di por­tare in giro... l'amore mio... non dovevi!

Elvira      Così quando torni sei già sposata...

Isabella (esasperata)   T'ho detto di piantarla!

(Le due donne sono davanti a casa. Da qualche istante s'è già accesa la luce dentro e si vede Al­bino, che ha completato il fusto della scansia, men­tre sta guardando la squadratura dei legni dopo aver appoggiato il mobiletto al muro. È un po' scarruffato e in maniche di camicia. Sembra co­munque contento. Entrano Elvira e dietro Isabella).

LA CASA DI ISABELLA

Elvira      (falsamente gaia)   Qua si lavora! Si lavora!

Albino     È venuto bene, eh?

Elvira      Che bello!

(Isabella guarda di traverso il mobiletto e si sfila il soprabito).

Albino     Che hai, Isabella?

Isabella (nera) Scusa,  tesoro: devo avere la febbre...

Elvira      Isabè,  non ti sbagliare...

Isabella  Non mi sbaglio, non mi sbaglio... Va a finire che ho la febbre per davvero! Vado a misurarla... (Va verso la stanza).

Albino     Non ci mancherebbe altro!  Vedi un po' che rinviamo il matrimonio un'altra volta!

Elvira      Ma no! Che febbre!

Isabella (affacciandosi)   Mi sposo anche con la febbre a quaranta, stavolta! Sta' tranquillo! Pre­para pure i mobili, tesoro!

Albino     Che brava!

Elvira      (sospirando)   Questo sì che è amore!

Albino     E il velo? L'ha scelto?

Elvira      Macché! Non le piacciono quelli che ha visto... (Sottovoce, strizzando l'occhio) Altro che la febbre! Ha i nervi per il velo... Ssst! Mi raccomando.

Albino     (andando verso la porta di Isabella dice, forte, apposta)   Tutta bianca, come un angelo dev'essere... Tutta bianca...

LA CASA DI ADRIANO

La luce si abbassa. Quando si riaccende sono illu­minati due ambienti: La casa di Adriano e quella di Isabella. Attorno a Isabella ci sono sarto, garzone e mamma che stanno dando gli ultimi tocchi al vestito da sposa. Fiori e atmosfera nuziale. Dopo un po' ecco apparire Albino in grigioferro, tirato a lucido. Da Adriano, il cameriere sta aiutando il signor conte a indossare il costume di cerimonia. Adriano sta leggendo una lettera. È visibilmente soddisfatto. Il cameriere gli allaccia il gorgiera di pizzo bianco inamidato. Adriano abbassa la let­tera e emette qualche grido di gioia.

Adriano   Migliora... migliora...

(Il cameriere lo guarda e il conte gli da un amichevole colpetto)

Quando ritorna... vita nuova! Vita nuova!

(In lon­tananza marcia nuziale di Mendelssohn. Isabella e Albino seguiti da un immaginario corteo si son mossi da casa e sfilano, da sposi, per il palcosce­nico secondo l'itinerario che si riterrà più oppor­tuno. Dovranno passare comunque sotto la casa di Adriano ed uscire poi a destra. Quando il corteo passa di lì e la marcia nuziale è al sommo della sua intensità, Adriano, che è già vestito, si scuote e sembra prestare orecchio a qualcosa).

Adriano   (al cameriere)    Ma... tu non senti qualcosa?

Il Cameriere   Io no. Non sento niente, signor conte.

Adriano        Mi pareva... 

(Rapido il velario).


ATTO   SECONDO

All'alzarsi del sipario sono illuminati i due am­bienti di destra e di sinistra, cioè gli appartamenti di Adriano e di Isabella.

Adriano in veste da camera sta facendo degli esercizi di cosiddetta ginnastica svedese. Ogni tanto il cameriere entra ed esce per riordinare oggetti e indumenti. Adriano, che sembra piuttosto soddi­sfatto di sé e dell'elasticità acquistata dal suo corpo, conclude alcuni movimenti più difficili con le escla­mazioni abituali dei giocolieri e dei ginnasti da circo.

Adriano   Op! Là! Op-là! (Oltre tutto, sembra divertirsi).

Il Cameriere   Che poi non le faccia male, signor conte, questo improvviso buttarsi nello sport. Lei era stato sempre contro, si ricordi.

Adriano   Si  cambia, caro Beniamino... Cambiamo!

Il Cameriere    Lo vedo. Purché non le dia fastidio.

Adriano   Tutt'altro...   Vedi!   Soltanto i primi giorni mi sentivo un po' indolenzito...

Il Cameriere   Un po'? Se ha dovuto perfino mettersi a letto!

Adriano  Adesso, comunque, mi sento in for­ma... (Asciugandosi il sudore) Dalla ginnastica svedese passerò alla boxe... Allora, Beniamino, si vedranno cose da pazzi!

Il Cameriere (uscendo)   Staremo a vedere le cose da pazzi...

(Contemporaneamente Albino e Isabella svolgono la loro scena. Albino, piuttosto assonnato e con le idee ancora confuse, cerca di concludere affrettatamente la propria vestizione, aiutato, a tratti, da Isabella in vestaglia).

Albino     Va a finire che proprio stamattina è la volta che faccio tardi!

Isabella  E, se Dio vuole, il  modello degli insegnanti - la perla! - avrà finalmente una buona ripassata (Ride).

Albino     E sei contenta?

Isabella  Contenta?  Felice!

Albino     Lo sai che sei curiosa!

Isabella  La gente come te, sempre a posto su tutto, mi dà terribilmente fastidio.

Albino     (guarda ancora l'orologio)   Credo pro­prio d'aver finito... di essere a posto... come dici tu...  (Si agita di qua e di là, cerca libri e fasci di compiti, riempie la borsa) Quello che non ca­pisco è come mai una volta... una volta... mi sve­gliavo all'alba, puntuale... e adesso invece non rie­sco proprio... (Sbadiglia).

Isabella (furbetta)   Ah, non capisci?

Albino     (soprapensiero)   No...

Isabella (si mette a ridere, sottile, di gola)  Ah,  ah,  ah... Una volta! Quando Berta  filava... ah, ah...

Albino     (irritato)   Che c'è poi da ridere... io non io so...

Isabella  Ah, non lo sai?... Te lo dirò a mez­zogiorno... quando torni... se sarai buono...

Albino     Di'! Di'!...

Isabella   Va', va', adesso... spicciati...

(Gli porge la borsa. Albino fa per abbracciarla e baciarla. Fin­gendo di aver da fare)

Su, su, siamo seri... come dicevi tu prima di sposarmi. (Motteggiando) Siamo seri! Anzitutto il dovere! Va'... (Di lontano gli butta un bacio) Ciao...

(Albino esce. In quel mentre suona il telefono. Isabella corre, e stacca il rice­vitore. Con altro tono)

Ciao...

(Albino preso forse dal dubbio che possano chiamare lui, si riaffaccia alla porta. Isabella col gesto fa segno che cercano lei, che se ne vada pure).

Albino     Ah, scusa... (E riesce).

(Difatti cercano proprio lei; è Adriano che l'ha chiamata. Durante l'ultima parte del dialogo tra Isabella e il marito, Adriano ha indossato un completo « Principe di Galles » grigio e dopo aver consultato a varie ri­prese e con una certa gioiosa impazienza l'orolo­gio, s'è deciso a telefonare).

Adriano   (tra sé)   È giunta l'ora!

Assistiamo così, dalle due parti, alla telefonata Isabella - Adriano. Adriano durante il tempo in cui Isabella ha tenuto coperto il ricevitore ha continuato a dire.

Adriano   Pronto... Pronto!

Isabella (ora libera)   Pronto, caro.

Adriano   Che c'è?

Isabella   Non  so...  era disturbato...

Adriano   E adesso?

Isabella   Adesso più.

Adriano   Senti bene?

Isabella   Benissimo!

Adriano   Buongiorno!

Isabella  Giorno! Ma è da mo' che sono al­zata...  Non  m'hai  sentito?

Adriano   Come, sentito?

Isabella  Non hai sentito che ti sono stata sempre vicina. È da ieri che ti penso. Senza staccare.

Adriano   Sì... sì...

Isabella   A che ora è stato? Dimmi, a che ora t'ho pensato di più?

Adriano   Ma... veramente... io credo che m'hai pensato sempre...

Isabella   Ecco, vedi che allora non hai sentito.

Adriano   Ma  sì...  Saranno state le...  dieci  e mezzo... poco più, poco meno...

Isabella (fingendo)   Bravo! Come si trasmette il pensiero e il battito del cuore, in amore! Eppure c'è qualcuno che  non  ci  crede.  Che disgraziati! Che brutto amore dev'essere quello...

Adriano        Son cuori...   senza antenne...   senza sensibilità...

Isabella   Noi invece le abbiamo le antenne, Adrià, è vero?

Adriano   Oh, sì!

Isabella  Per quanto tempo m'hai sentita ieri sera?

Adriano   Beh, non per molto tempo... fin verso le undici...

Isabella  Oh, così poco! Perché così poco?

Adriano   Ero a casa di Monsignor Pasquazi... a cena con papà... non potevo star sempre distratto... M'ha anzi detto a un certo punto: « Che ha, che ha il nostro Adriano... ».

Isabella Ah,  beh...  se eri da monsignore  ti perdono... (Altro tono, dopo una pausa).

Adriano   Pronto! Pronto!

Isabella   Pronto, sì! che facciamo, allora?

Adriano   Ci vediamo, no?

Isabella   Sicuro che ci vediamo.

Adriano   C'è anche sorpresa...

Isabella (senza sbilanciarsi)   Sì?

Adriano        Aspetto da un momento all'altro la visita di mia moglie... qui.

Isabella  Ah!

Adriano   Con l'avvocato, s'intende... (Un si­lenzio) Non sei contenta? Che hai? Sento che non parli...

Isabella  E perché dovrei essere contenta! Pen­so... a questo annullamento...

Adriano   Annulliamo, sai, Isabella! Vedrai che annulliamo!

Isabella  Sarà...  (Poi, dolorante) Ma io, vedi, non so proprio come dirtelo senza essere, fraintesa, io, con te, sono già paga... paga così come stiamo, anche se dovessi... sacrificarmi tutta la vita...

Adriano   Non ho capito come hai detto: hai detto che sei...?

Isabella  Paga. Pa-ga!

Adriano   Paga?

Isabella   Sì. Non si dice così?

Adriano   Isabella, ma ti metti pure a parlare difficile!  Paga...  paga...  e fraintesa.  Non  l'avevi mai detta prima.

Isabella    È colpa tua.  Dici sempre che mi devo coltivare... e io mi sono coltivata...

Adriano   Sì, sì! Coltivati!

Isabella   Ecco che mi prendi in giro per una parola nuova...

Adriano   Ma no, scherzo! Si potrà ridere un po'?

Isabella   E come non si può! Si può sì! Quando scherzi ti dirò che mi piaci anche di più.

Adriano   Allora siamo a posto.

 

(Suonano)

 

Scusa... Hanno suonato, Isabella... Arriva... arrivano...

Isabella  Arrivano i nostri... sta' attento, Adrià! Ci si vede dopo, no?

Adriano   Certo. Le undici, va bene per te?

Isabella  Fino al tocco posso star fuori. Sempre lì?

Adriano   Lì, lì! (Ascoltando dei rumori di là) Sono... loro, stammi vicina...

Isabella  Come no! Non ti lascio un istante. Ciao.

Adriano   Ciao.

Isabella (gli manda due baci per telefono)   E tu?

Adriano   Te l'ho già detto, no? (Mente).

Isabella  Non ho sentito. Dammene un altro un po' più forte.

 

(Adriano, siccome è apparsa una signora con Beniamino, finge di doversi mettere un dito in bocca per giustificare lo schiocco; e abbassa subito il ricevitore. Isabella rimane col ricevitore in mano)

 

Ha chiuso lui per primo... st'impunito! Embè... Va a finire che si rivolta la biscia al ciarla­tano... mah!

(Canticchia una canzonetta in voga. Si accende una sigaretta. Fuma seduta, soprappensiero. Poi va nella stanza accanto e comincia a vestirsi per l'appuntamento. Di tanto in tanto rientra per cer­care qualcosa, o per pettinarsi al proscenio, per sce­gliere il vestito; finché alla fine della scena tra Adriano e Paola sarà pronta per uscire).

Adriano   (verso la signora)   Entra... entra pure, Paola... (Le prende le due mani) Come stai, Paoluccia?

Paola       (con un cert'occhio furbetto)   Un po' alla marinara...

Adriano   Perché poi alla marinara?...

Paola       Mah, così...

Adriano   Siediti... non avrai mica bisogno che t'inviti io... sembri un'estranea...   (Rivolgendosi al cameriere) Beniamino, porta di là il telefono e che non mi disturbino... di' che non ci sono...

Il Cameriere   Per tutti?

Adriano   Per tutti? (Ci pensa un istante) Sì, per tutti.

(Il cameriere sfila la spina del telefono e fa per portarlo via).

Paola       Beniamino, mi porti un bicchier d'acqua?

Adriano   Oh, scusa:  vuoi un caffè?

Paola        No, lo  sai; alla  mattina un bicchier d'acqua.

Adriano   Già, è vero.

Paola       Non dirai che te n'eri scordato, che non ci credo.

Adriano   No, scordato no, ma ero soprappensiero.

Il Cameriere  (allontanandosi)   Allora un bicchier d'acqua?

Paola       (si è seduta, e ha detto al cameriere)   Sì, Beniamino. Solo acqua.

(Paola è una donnina  pic­cola e minuta che zoppica con grazia. Sui trent'anni, ne dimostra meno per l'infantilità del personale e forse di più per una ciocca di capelli bianchi che spicca come una eccentricità sulla sua chioma neris-sima. Anche gli occhi sono brucianti e vivacissimi. Del resto tutto il personaggio ha continuamente qualcosa di rapido, di arguto e perfino di malizioso).

Adriano   Scusami, Paola:   avrei potuto passare io da te, in campagna, ma...

Paola       E perché?! Molto meglio qui. Siamo più liberi di parlare.

Adriano   Mammà me ne vuole sempre, eh?

Paola       No, non dicevo per questo. Mammà non te ne vuole affatto. Mammà non se lo spiega, non si può convincere che noi due si possa davvero...

Adriano   Non ci crede, insomma?

Paola       Press'a poco. Sai com'è mamma... (Guar­dando  Adriano)  E  invece  è  proprio  così.  Mah!

(Entra il cameriere col bicchiere d'acqua).

Adriano        Ssst!

Paola       (beve e rimette il bicchiere sul vassoio)  Grazie, Beniamino.

(Il cameriere se ne va).

Adriano   (concentrandosi)   Dunque, dicevamo...

Paola       (improvvisamente nervosa)   Senti, Adria­no, non prenderla tanto alla lontana. L'argomento del discorso si sa. E con me la diplomazia è spre­cata! La tua diplomazia, poi! Te la raccomando!

Adriano   Ce l'hai con la mia diplomazia?

Paola       Ma sì! Perché sei un ingenuo e tenti di fare il diplomatico. Ci vuol altro! A te riesce sol­tanto quel che prendi di fronte. Se vuoi fare il complicato, appunto il diplomatico, ti perdi in un bicchier d'acqua o ti fai mettere nel sacco, e nep­pure te n'accorgi. È così! Ed è inutile che tu mi guardi con quella faccia. Tanto noi due resteremo sempre buoni amici anche se ci diremo la ve­rità, no?

Adriano   Ma certo. Più che amici...

Paola       Beh, più o meno non lo so.  Diciamo buoni amici. Allora?

Adriano   Regolarizzare la nostra posizione: ecco il discorso. Ti va la... brevità?

Paola       Mi va. Prosegui.

Adriano   Mi sembrava brutto fartene parlare prima da un avvocato.

Paola       Sarebbe stato brutto, non che ti sem­brava. Me ne vuoi parlare tu. Bene. Che c'è di nuovo?

Adriano   Di nuovo nulla.

Paola       E allora?

Adriano   Vorrei però regolarizzare il vecchio.

Paola       Cioè?    

Adriano   Annullare.

Paola       (che non se l'aspettava)   Ah! Proprio annullare?

Adriano   È la sola cosa che ci resti da fare. Le posizioni equivoche che si protraggono troppo non mi piacciono, lo sai; non mi piacciono anche per i riflessi... morali che portano con sé... Ormai si sa quello che siamo l'uno per l'altro... Ognuno ha la propria libertà... dunque non vedo perché non dovremmo...

Paola       (irritata da questa specie di spiegazione). Per me, annulliamo pure! Ci pensi tu?

Adriano   Volentieri, se potessi; ma purtroppo ci si deve pensare insieme.

Paola       Dimmi quel che devo fare, alla svelta; io sono pronta. Dichiarazioni, testimonianze, giura­menti... di'. Immagino che dovrò dire un sacco di bugie, ma ci sto lo stesso.

Adriano   (disapprovando)   Nessuna bugia, nes­sunissima. La verità, al contrario, dovrai dire.

Paola       (ribellandosi)   Ah, no! La verità poi no! Chiedimi di dir tutto, ma non la verità! Vorresti che dicessi la « nostra » verità? Figurati! Preferisco mille volte dire le bugie, mille volte!

Adriano   (per chiudere)   Beh, come vuoi.

Paola       No, non come voglio io: come vuoi tu.

Adriano   Ragioniamo, Paola:  l'avvocato dice...

Paola       Ah, allora c'è già di mezzo un avvocato? Dillo!

Adriano   Mi pareva d'avertelo già detto...

Paola       Ti pareva!

Adriano   Scusa, ma non vedo...

Paola        Come corri! Allora che vuoi da me, se c'è già l'avvocato...

Adriano   Non capisco perché t'irrita tanto l'idea che un avvocato, uno specialista, abbia potuto darmi, in tutta segretezza, un parere! Non lo capisco!

Paola       Lo capirai! Va bene: c'è l'avvocato. Ne prendo atto. E l'avvocato dice?...

Adriano   Dice che occorre anzitutto scegliere di comune accordo il motivo... valido su cui impostare la causa presso la Sacra Rota.

Paola       E dobbiamo sceglierlo noi, questo motivo?

Adriano   E chi allora!

Paola       Perché, dico, non lo sceglie lui, l'avvo­cato, che se n'intende! (Leggermente) Incompati­bilità di carattere.

Adriano   Non è valido per la Chiesa.

Paola       Giustissimo. Quanto è saggia la Chiesa! Non è valido, eh! Allora s'andrà a finire nel solito vizio di consenso...

Adriano   Forse. Ma io vorrei qualcosa di più...

Paola       Di più...?

Adriano   Convincente... soprattutto di più ade­rente alla nostra situazione...

Paola       Capisco.  (A bruciapelo) Ti va l'impotenza?

Adriano   (con un sobbalzo)   Impotenza mia?

Paola       (adesso, ormai divertita)   Mia no di certo!

Adriano   Paola, Paola: non scherziamo con queste cose!

Paola       Che tono! Eppure se mettiamo da parte quell'impotenza, che ti ha già fatto diventar rosso come un gallo di orgoglio offeso - se la mettiamo da parte, che non c'entra, d'accordo - la nostra, la tua che cos'è se non una questione d'impotenza, impotenza ad amare, a volermi bene... che è molto di più dell'altra impotenza?

Adriano   (pavoneggiandosi un po')   Intanto io non ho mai negato di volerti bene, mai! Anzi...

Paola       Ssst! Ssst! Per carità! Non mettiamoci in questo discorso. Le notti intere, le stagioni ab­biamo passato per analizzare i motivi per cui non potevamo più vivere assieme. Basta, basta! So già tutto a memoria. Tu l'avrai già un'idea, se m'hai chiamata qui. Hai tanto insistito! Se l'hai, mettila fuori, e la finiamo. (Ambigua, con un sorrisino) Perché poi, voglio chiederti anch'io qualcosa.

Adriano   (quasi volesse prender tempo)   Chiedi, chiedi pure.

Paola       Ho detto « dopo ».

Adriano   Non l'ho un'idea mia! Dovrebbe nascere...

Paola       Non nasce niente! Senti: siamo pratici. Mi pare che per amore o per forza, dovremo ri­metterci al suggerimento del tuo avvocato. È inu­tile allora romperci la testa a cercare... Ma sì! È meglio! Tanto, io te l'ho detto: accetto tutto. Per me puoi stare tranquillo, tranquillissimo. Sottoscrivo. Mi porti le carte, e iofirmo. Ti va? Più buona di così!

Adriano   Il solito...

Paola       Angelo. No!

Adriano   (facendo lo scherzoso)   Allora no. Va bene? Ma che mi volevi dire tu?

Paola       (fingendo d'essersene dimenticata)   Io? Uuuh! Che curiosità! (Lascia passare un tempo. Adriano è impaziente) Ti volevo chiedere... un'inezia, sai...

Adriano   Mi volevi chiedere?

Paola       Perché vuoi arrivare all'annullamento? Tutto qui. A che ti serve? Me lo vuoi dire?

Adriano   A niente. È soltanto per regolarizzare. Sai, i miei scrupoli morali...

Paola       Bugiardo! So che non ne hai!

Adriano   Paola, non dir questo. Tu mi conosci abbastanza.

Paola       Proprio perché ti conosco. T'ho già detto: non fare il diplomatico, che non ti riesce. T'ho an­che detto: accetto tutto quel che mi proponi. Ma a un patto: che tu sia almeno sincero, schietto. Non parlarmi di scrupoli morali! Con me non attacca! Non sopporto che la gente mi parli... in costume. Ecco. (Ironica, ma leggermente) Non vorresti mica per caso risposarti?

Adriano   Figurati!

Paola       Sarebbe, bada bene, un desiderio legittimo...

Adriano   Ma se ti dico...

Paola       Non dir niente... (Poi scuote la testa e in silenzio si mette a compassionarlo) Povero Adria­no! Vorresti risposarti... lo so... ma non puoi! In che pasticcio ti sei cacciato... povero Adriano...

Adriano   Ma Paola! Che vai dicendo...

Paola       Dico. E quel che dico è vero. La ragazza...

Adriano   (alzando il tono)    Ma che ragazza d'Egitto!

Paola       (pacata, ferma)   Se ti dico, la ragazza...

(Adriano intimidito smette di protestare; sta muto a sentire. Paola sottovoce, seria)

Isabella...

Adriano   (regge il colpo, cerca anzi di passare al contrattacco)   Ah, siamo allo spionaggio! Hai fatto dello spionaggio?

Paola       (semplice)    No. Non è stato spionaggio. È stato interesse, semplicemente. Mio per te. Dico interesse, per non dire amore, che forse ti darebbe fastidio. Viviamo separati, ma non t'ho perso di vista. Questo non me lo puoi impedire. È tutto chiaro?

Adriano   Per carità. Perché poi dovrei impedire? Ti dirò anzi che questo tuo interesse mi... lusinga. Purché tu, col pretesto dell'interesse, non mi metta i bastoni tra le ruote.

Paola       Tutt'altro. Olio nelle ruote, ti metto.

Adriano   Olio?

Paola       Ti voglio aiutare. Sinceramente.

Adriano   Beh, proprio aiutare... Non esageriamo, adesso. So che finisci per essere sempre una donna superiore... ma... Conosci la... la fanciulla?

Paola       No, non la conosco. Ma so.

Adriano   Sai. È, in fondo, naturale, poiché quel che s'è fatto, s'è fatto,  dirò così,  pubblicamente, senza ricorrere a umilianti sotterfugi...

Paola       Necessariamente! Non si potevano fare sotterfugi! Per questo è ancora più strano che tu, proprio tu, non l'abbia saputo, che tu non lo sappia ancora, che tu non l'immagini nemmeno... lo vedo dalla tua faccia che sei lontano le mille miglia...

Adriano   (con una falsa sicurezza)   Ah! ah! Evidentemente, Paola, noi ci... riferiamo a due cose, a due... circostanze diverse...

Paola       Na! Na! Alla stessa, stessissima cosa ci riferiamo!

Adriano   Allora... non capisco...

Paola       Naturale che non capisci. (Brusca) Isabella è sposata.

Adriano   Come... Quella fanciulla sposata...

Paola       (fruga nella borsetta, e intanto dice a me­moria, conte se leggesse un certificato)   Sposata. Col velo. Con tutto. Sposata il... il... (ha trovato un foglietto di carta e legge) 23 di aprile... cioè esattamente tre mesi e otto giorni fa. Sposata nella chiesa di San Felice, col solito rito: « Vuole per legittima moglie la qui presente...? Sì. E lei vuole il qui...? Sì! ». Sposata con il signor (e cerca, si mette anche l'occhialino) aspetta, aspetta che voglio essere precisa... del resto ti lascerò poi il foglietto perché tu possa...

Adriano   (impaziente, come se avesse un'ultima spe­ranza di sentire pronunciare il proprio nome) Col signor...?

Paola       Col signor Albino Fogliani, insegnante, attualmente, alla scuola « Fratelli Bandiera », qui in città. (Posa il foglietto).

Adriano   Ma io... non posso... capacitarmi...

Paola       Capacitati. Con calma. In silenzio. Non parlare. Diresti cose sciocche, adesso. Ssst. Prendi fiato.  (Battendo sul foglietto)  Io te lo lascio. Tu controlla. E vedrai che non è uno scherzo.

Adriano   (prende macchinalmente il foglietto e lo guarda assente)   Ma... Tu come l'hai avuto?

Paola       Come? Ma se è stato esposto non  so quante settimane sulla porta delle chiese... sull'albo del municipio! Tu solo, il promesso sposo numero due, tu solo non l'hai visto... perché tu eri intento ad... annullare... tu consultavi l'avvocato... per sce­gliere il motivo valido... Tu annullavi, e lei strin­geva un nuovo contratto! È così. No?

Adriano   Ma io... Io mi ribello!

Paola       Ribellati pure. Padronissimo. Soltanto ti prego di aspettare un istante. Non voglio assistere alla tua ribellione. Sono certa che sarebbe una cosa buffa... e penosa. Ciao. Sono sempre a disposizione, Adriano. Per tutto. Ricordalo.

Adriano   Paola!... Paola, bada che se tu l'avessi fatto  per  un   risentimento,   per  una  rivalsa   di... donna, anzi di moglie, bada che ti odierei per sem­pre! È proprio vero?

Paola       (non gli risponde)   Forse mi odierai lo stesso per il solo fatto che ti ho aperto gli occhi mentre sognavi; soltanto per questo. Ti saluto. (Ed esce).

Adriano   Paola, non andartene così...

 

(Ma lei se n'è andata. È improvvisamente abbattuto e un po' sperduto. Borbotta)

Vedete... mi lasciano solo...

 

(È apparso sulla porta interna Beniamino)

E tu che vuoi? Chi t'ha chiamato? Vattene...

(Il came­riere se la squaglia. Adriano si butta dentro una pol­trona mettendosi una palma sulla fronte)

Aaaah... aaaah... è la mazzata, la classica mazzata...

 

(Posa la testa sulla spalliera, in silenzio. Intanto Isabella nel suo appartamento dà gli ultimi tocchi all'abbiglia­mento. È quasi già pronta per uscire)

 

Eppure non mi sento furente come credevo... aspetto di sentirmi salire il sangue alla faccia... (E si tocca le guance) Ma non viene... Macché! Sono quasi freddo... E lucido. Direi che adesso vedo tutto chiaro, tutto... (Si prova a ridere) Ah, ah... ah, ah, ah... Ah, ah, ah, ah... In fondo l'ammiro...che meravigliosa giocatrice... (Pensoso) E poi chissà qual è il motivo segreto... sot­terraneo... poiché un motivo deve esserci... (Vinto da un intenerimento meditativo) Eh, il cuore umano... i misteri del cuore umano...

(Isabella, di là, è alla cipria e al rossetto. Adriano si rialza, va su e giù per la camera, prende il biglietto di Paola, lo guarda).

Benissimo!

(Il cameriere appare)

Il telefono qui.

(Il cameriere va e viene col telefono. Adriano forma un numero. La suoneria trilla nell'appartamento di Isabella).

LA CASA DI ISABELLA

Isabella (avviandosi per rispondere)   Ma chi è, adesso! (Stacca il ricevitore) Pronto.

Adriano   (alterando la voce)   Isabella... sono Albino...

Isabella (accigliandosi)   Come mai Bino? Eh? Pronto... Bino? Bino?...

(Adriano ha staccato il ri­cevitore dall'orecchio e tiene chiuso il microfono nel pugno, e intanto scuote la testa come per dire: « è proprio così ». Isabella ha detto ancora due volte)

Pronto... pronto... (Poi rimette giù) Che voce ave­va... che gli sarà pigliato...  (Chiama verso la cu­cina) Ma'... (Più forte) Màààà...?

Elvira      (appare)   Eh?

Isabella  Ha chiamato Albino.

Elvira      Ha dimenticato qualcosa?

Isabella  Non lo so. S'è subito interrotto.

Elvira      Embè. Richiamerà.

Isabella  Richiamerà... ma io devo scappà!

Elvira      E scappa. Tanto c'è la telefonista, se richiamasse.

Isabella (facendo un complimento alla madre)  Quant'è brava... lei!

Elvira      (schermendosi)   Sì, sì, e vah! E làsseme... E dove sei andata?

Isabella (rimane un istante soprappensiero)   A fa' spese.

Elvira      D'accordo: spese. Ti toccherà poi portà qualcosa...

Isabella   E porterò... qualcosa...

Elvira      (guardando il vestito della figlia)   Ti sta ch'è un amore quel quadrettino...

Isabella   È vero? (E si gira un po':  poi si tocca una calza tirando su e piegando la gamba).

Elvira      (in contemplazione della figlia)   Proprio un amore...

LA CASA DI ADRIANO

Adriano   (ha disposto delicatamente il ricevitore e ha mormorato)   Albino... Bi-no... Bino... si ca­pisce... (Ritorna al tavolo. Rilegge il foglietto. Ha un sorriso che smembra accompagnate un'idea. Chia­ma) Beniamino... Beniamino...?

Il Cameriere   M'ha chiamato?

Adriano   L'elenco telefonico.

Il Cameriere   Subito. (Va e viene con l'elenco) Le occorre altro?

Adriano   No.

(Il cameriere esce).

(Adriano rimasto solo, si sfila dal taschino il fazzoletto bianco, lo posa sul microfono del ricevitore: sfoglia l'elenco, forma un numero e aspetta)

Adriano   « Fratelli Bandiera »? L'insegnante Albino Fogliani. Parla il Provvedito­rato... C'è, sì o no? Beh, non importa: interrompa... (Più forte, autoritario) Sì, al telefono!

(Un silenzio. Appare il cameriere, che al vedere quel fazzoletto sul microfono si stupisce; Adriano lo scaccia col gesto del braccio teso e gli sibila)

E chiudi la porta...

 

(Il cameriere scappa. Attesa)

Pronto. L'insegnante Fogliani? È lei? È un amico... dal Provveditorato... sì, sì, ma è un amico... Voglio parlare di Isabella? Sì, precisamente, di sua moglie! (Pausa) Mi stia a sentire: le torno a dire che sono un amico... Perché non va dopo le undici al Caffè del Vecchio Im­pero... troverà sua moglie... le assicuro io che la troverà... Non posso dirglielo... Noi al Provvedito­rato sorvegliamo i nostri insegnanti e le loro fami­glie... Non le posso dire di più... Vada e vedrà! Come ha detto? Oh! Basta così!

(Si affretta a de­porre il ricevitore. È sfigurato come per una sovru­mana fatica. Si asciuga le mani sudate e il volto. Piega e ripone il fazzoletto. Isabella intanto è uscita. La vediamo per strada, poi entra nel caffè salutata da Isidoro, si siede, aspetta. Adriano ha borbottato)

« Non flectar»... mi spezzo ma non mi piego... Siamo in ballo, e balliamo! Mi ha dato del ma­scalzone, quel cornuto! Beh, veramente cornuti lo saremmo un po' tutt'e due... Ah, ah... (Guarda l'o­rologio).

LA CASA DI ISABELLA

(Ha trillato il telefono. Elvira è corsa a rispondere).

Elvira      Sei tu, Bino? È dovuta uscire a far spese... ha aspettato per sentire se richiamavi, ma poi è uscita... Come? Non hai chiamato tu? E chi era allora? Ma non capisco niente... Pronto... Al­bino! Pronto... (Depone il ricevitore) Ma che ha quello!                                                       

LA CASA DI ADRIANO

Adriano   Beniamino!

(Il cameriere appare)

Esco.

Il Cameriere   Ha bisogno di qualcosa, signor conte?

Adriano   No.

Il Cameriere   Torna per colazione?

Adriano   Forse

Il Cameriere   Vuole le compresse di vitamine, se non dovesse tornare?

Adriano   No. Basta con le. vitamine!

(Ed esce. I due ambienti laterali dove sono Elvira e Benia­mino si spengono. Si illumina in pieno la parte centrale della scena).

UN CAFFÈ

(Isabella è già seduta; Isidoro, il cameriere, chiacchiera con lei).

Isidoro     (con familiarità)   Tarda un po', oggi.

Isabella  Già. È la prima volta che succede. (Pausa) Isidò: da quanto lo conosci?

Isidoro     (che aveva fatto per allontanarsi, ritorna) Eeeh! Pensi, da quando veniva la domenica col vecchio, il padre. Era ancora un ragazzine.

Isabella  Com'è il vecchio?

Isidoro     Beh, che vuole, adesso è un po' giù. Capirà, gli anni so' anni, ma ai suoi tempi, qua a Roma, quello faceva il bono e il cattivo tempo. Un piede ce l'aveva in Vaticano, un altro nel comune, e pure coi Reali so che c'era qualcosa...  Ma lei proprio non l'ha mai visto?

Isabella  Mai. Nella mia posizione...

Isidoro     Una casa, vedesse, da sturbare...

Isabella  Uuuh!  Quanto me piacerebbe!  Al­meno vede la casa...

Isidoro     Eh, signori: non mi dica... A lei non je mancano   gli   argomenti   per   convincere   il  fijo... (Dà un'occhiata alla porta) Arriva...  eccolo qui...

(Entra Adriano) 

Siamo un  po' in ritardo,  signor conte...  la  signorina,  qui,  è  irrequieta...  Capirà...

Adriano        Non ci credo! Dev'essere una posa.

Isidoro     (allontanandosi)   Il solito?

Isabella   Sì.

Adriano   A me no.

(Isidoro si ferma).

Isabella  Com'è?

Adriano   Portami... una « Lacryma Christi ».

Isidoro     Lo stomaco che non va, signor conte?

Adriano   Beh, un po' in disordine...

Isabella (mettendogli una mano sulla sua)   Che hai? Bisticciato con... tua moglie?

Adriano   Bisticciato, no, ma... A un certo punto mettono fuori le unghie e tentano di graffiare... Buona, cara, tutto d'accordo, intesi, e poi... all'ul­timo momento...

Isabella  Ma che vuole, quella, da te, ormai? Che vuole?

Adriano   E dillo a lei! Se ne approfitta, ecco!

Isabella  E di che?

Adriano   Sa bene che io non posso assoluta­mente permettere che succeda lo scandalo... per il nome di papà, naturalmente... e allora esige.

Isabella (dopo essersi concentrata un momento)  Scusa, sai: vuole... soldi?

Adriano   No, no! Magari si trattasse di soldi! Ci si accomoda sempre in questi casi...

Isabella  E allora?

Adriano   (la guarda un po' prima di rispondere)  Ma è pazza! Ti dico che è diventata pazza! Sai che ti dico: Io non aspetto più. Non aspetto nemmeno l'annullamento. Creo il fatto compiuto. Li metto di fronte - tutti - al fatto compiuto!

Isabella (un po' sconcertata)   E come fai?

Adriano   Tu vieni con me. Già fatto! E poi... succeda pure lo scandalo! Succeda il finimondo... Sono disposto anche a partire da Roma!

Isidoro     (che sta arrivando con le ordinazioni e ha sentito l'ultima battuta)   E che, ci vuol lasciare signor conte? Ecco il Martini; (a Isabella) « Lacryma Christi » a lei...

Adriano   Beh, ancora non ho deciso. Dovrei par­tire al seguito del Cardinal Legato...

Isidoro     E ci pensa! Beato lei... (Si allontana).

(I due bevono un sorso).

Adriano   (guardandola,  sottovoce)     Tu saresti decisa a seguirmi?

Isabella  E come faccio, Adrià!

Adriano   Vieni. Partiamo. È tutto risolto.

Isabella  Ma... ragiona, Adriano... non essere impetuoso...

Adriano   (facendo invece l'impetuoso)   Io non ragiono più, lo vuoi sapere! Ecco! Ho ragionato abbastanza!

Isabella  Ma io non posso partire...

Adriano   (prendendole un polso) -  Perché non puoi? Dimmi, perché non puoi? (Isabella china la testa e si finge affranta)Tu non devi superare nemmeno quegli... scrupoli morali che mi hanno tenuto deciso fino ad oggi. Tu no! E allora? È per mammà?

Isabella  E chi lo dice che non devo superare...

Adriano        Me l'hai sempre detto tu...

Isabella  Eeeh... si dice, ma poi, al momento buono... E poi... se lo vuoi proprio sapere...

Adriano        Certo che  lo  voglio sapere.

Isabella  Non te lo dovrei dire perché poi te n'approfitti...

Adriano   Che c'è?

Isabella  Tu m'hai trasformata. Standoti vi­cina per tutti questi mesi... ho cominciato a sen­tire anch'io certe delicatezze... Come t'ho da dire? Tu come li chiami? Scrupoli morali, no? Bè, an­ch'io. Adesso li sento anch'io. Allora preferisco sa­crificarmi e soffrire fino al giorno... Mi capisci? Son disposta a consumarmi accanto a te, ma scap­pare di casa... non potrei. Prima, sì, è vero, ma adesso...

Adriano (insistendo)   E perché adesso no?

Isabella   Vedi, c'è stato un momento, in prin­cipio, che mi vedevo contessa... non so se capisci, e pur di cambiare la mia vita non avrei badato a niente... In fondo, allora, amavo più me stessa di te, più quelle cose esteriori che il sentimento vero... non ti pare? Adesso più. T'ho detto che mi son trasformata. Non sono più la stessa Isabella. Adesso amo te solo... mi sono donata interamente... io non conto più... non bado più a me... perfino mi tra­scuro... Il futuro? Sarà quel che Dio vuole! Non m'importa più di niente, non domando più niente... anche se vivessi sempre ritirata, chiusa in una casa... pur di sapere che tu... pur di sentire che tu... in­somma, farlo per te, tutto per te! Non c'è altro che conti nella mia vita! Vedi, se tu mi abbando­nassi io... farei una pazzia!

(Adriano la guarda a lungo, e ha un sorriso)

Mi stai solo a guardare... e non mi dici niente?

Adriano   Non ci si può quasi credere...

Isabella  Adriano? Non mi puoi credere?

Adriano   No, dico: non si può credere alla trasformazione che hai fatto... È troppo... è troppo...

Isabella  È vero? (E accarezza Adriano, sor­ridendogli teneramente) Se continuo così... va a finire che mi faccio monaca... (Ma ha appena po­sato la sua  mano sulla guancia di Adriano, che getta un piccolo grido e tenta di ritrarre la mano come se si fosse scottata) Ah!

(Sulla porta del caffè è apparso Albino).

Adriano   (fingendo di non rendersi conto di niente) Che hai? (E intanto ha preso la mano che Isa­bella voleva prontamente ritrarre e gliela tiene stretta nella sua quasi lottando con lei).

Isabella (rinunciando a liberare la mano, gli dice rapida, sottovoce)   Sta' buono... ti supplico... non protestare... poi ti spiego... ecco che arriva...

(Albinoè rimasto un momento sulla soglia, immo­bile, con la sua busta di pelle sottobraccio. Poi si decide ad avanzare lentamente verso i due. Ve­de la mano di Isabella abbandonata in quella di Adriano. S’avvicina al loro tavolo)

Albino      (un po' comicamente) Buon giorno! Penso di avervi davvero sorpresi... L'informazione era... esatta...

Adriano   (lo guarda, dal basso all'alto, poi a Isa­bella)   E chi è?

Albino     (alzando la voce)   Chiedo io, piuttosto, chi è... che si permette... (E dà uno schiaffetto alla mano di Adriano che ha continuato a stringere quella  di  Isabella). 

(Adriano  lascia finalmente  la mano detta ragazza, e si alza bruscamente rove­sciando la sedia. Isidoro è apparso di lato e osserva, distante, quel che sta succedendo).

Isabella Fermi, per carità... che sentono... La­sciate almeno che vi spieghi...  (Ad Albino) È il conte Adriano,  un amico di casa... Lo conosce anche mammà...

Albino     (acre)   Sì, mammà...

Isabella (ad Adriano)   E questo è... mio marito...

Adriano   (guardando Isabella, e fingendo alto stu­pore)   Tuo marito... Una incredibile sorpresa...

Isabella  Capisco. Non avevo ancora potuto spiegare. (Ad Albino) Il conte arriva adesso da un viaggio piuttosto lungo...                   

Adriano   (stando al gioco)   Già. Le Americhe.

Isabella  E non sapeva ancora del nostro ma­trimonio...

Albino     (fissando, sospettoso, Adriano)   Non lo sapeva?

Adriano   Parola. (Ad Albino) Non vuole acco­modarsi? Molto lieto di... (E gli tende la mano, ma Albino non se ne accorge).

Albino     Non lo sapeva, ma intanto qui... che cosa si stava facendo qui, mano nella mano? E la gente vedeva... e parlava... Sa che io sono stato avvertito...  dall'alto?

Isabella  Albino, non dire sciocchezze!

Albino     Non dico sciocchezze! Avvertito... dai miei superiori.

Adriano   (con un sorriso)   Mi spiace... ma lei deve  pensare  che io ero il fidanzato di prima. Ecco tutto spiegato... Scusi, sa.

Albino     (a Isabella)   Era il fidanzato... di prima?

Isabella (abbassando il capo)   Quasi...

Albino     E io non ho mai saputo niente...

Adriano   Nemmeno  io di  lei...  Noi  due,  in coscienza, non abbiamo proprio nulla da rimpro­verarci,  l'uno verso l'altro!

Albino     Mi pare! (A Isabella) Sei tu che dovevi... tu!

Isabella (fremente)   Io... io... tutto io... Adesso butterete tutte le colpe sulle mie spalle... (Ad Al­bino) Geloso! Che cosa credi d'aver fatto? Non le sopporto queste cose! Voglio essere creduta! Io vivo di fiducia... di fiducia! Egoisti! Egoisti! (Si alza) Me ne vado...

Albino     A casa. Va' a casa, che è meglio...

Isabella  Non so dove andrò... non lo so... (Ed esce impetuosamente).

(Pausa).

Adriano   (guardando Albino che è rimasto come imbambolato) La segua... Non vorrei che...

Albino     Dice che dovrei... non ci sono abituato a queste cose...  Teme che possa succedere qualcosa?

Adriano   Questo no!  Ma...

Albino     Lei esclude la disgrazia?

Adriano   La  escludo...

Albino     Allora, non mi muovo. 

Adriano   Come vuole.

Albino     La conosce abbastanza per... escludere?

Adriano   Non è che la conosca, ma mancano gli estremi, cioè i moventi per la disgrazia.

Albino   Già. Mancano. Tutto si riduce al fatto che noi due... entrambi, desideravamo... toccare il cuore di Isabella... ed io, tra noi due... (Si gonfia impercettibilmente) È la vita! Forse lei durante il lungo viaggio lasciò quel certo vuoto... eh, eh... Sembra una sciocchezza, ma nel vecchio prover­bio: « lontan dagli occhi, lontan dal cuore... », c'è sempre qualcosa di vero.

Adriano   (leggermente piccato) Beh, per l'esat­tezza, il viaggio non è stato poi eccessivamente lungo...

Albino     Comunque saranno stati mesi e mesi...

Adriano   Ssss...ì!  (Un tempo) Ci furono però le lettere a mantenere i contatti.

Albino     Ah, ci furono delle lettere...   Anche recentemente, scusi?

Adriano   Già.

Albino     Posso sedermi?

Adriano   Gliel'avevo già detto: si segga. (Albino siede) Prende qualcosa?

Albino     (Pausa)   No. Niente. Proprio niente. (Pausa) Dunque ci furono delle lettere... ma, evi­dentemente, senza risposta.

Adriano   Ultimamente,  per  la verità,  non  ci fu risposta. Io navigavo.

Albino     Ha sempre viaggiato per nave?

Adriano   Sì.  Per nave.

Albino     Deve essere stato appunto in quel pe­riodo che è maturato, diciamo così, il sentimento concreto di Isabella per me, la sua decisione... di unirsi in matrimonio...

Adriano   Forse.  Benché la cosa mi sorprenda un po'...

Albino     (adombrato)   Perché la sorprende?

Adriano   (reticente)   Non so se posso parlare... liberamente...

Albino     Liberissimamente.

Adriano   Da uomo a uomo? Cercando di dimenticare per un momento le nostre posizioni?...

Albino     Dimentichi. L'autorizzo a dimenticare!

Adriano   Vedo che lei è davvero un... carat­tere superiore.

Albino     Ma si figuri! Si deve guardare in fac­cia alla vita per quella che è, non bendarsi gli occhi! Dunque: perché la sorprende?

Adriano   Perché, anche recentemente, cioè an­che dopo il matrimonio... io ho incontrato Isabella, e non...

Albino     Lei ha incontrato Isabella anche dopo?

Adriano   Almeno, penso.

Albino     È un punto, questo, che va chiarito subito. Questa è o no la prima volta che lei vede Isabella dopo il suo ritorno dalle Americhe?

Adriano   Non è la prima volta. Anche ieri, an­che il giorno avanti...

Albino     Vi siete incontrati?

Adriano   Sì.

Albino     E Isabella non le ha mai detto?...

Adriano   Mai. (Mettendosi una mano sul cuore) Mi può credere.

Albino     Credo, credo... benché mi sembri incredibile...

Adriano   Se le dico che...

Albino     Le ripeto che credo! E lei, conte, che non sapeva, la trattava, evidentemente, come una... fidanzata?

Adriano   Appunto.

Albino     E Isabella si lasciava trattare...

Adriano   Appunto:  si lasciava trattare.

Albino     Ma... l'anello? Sì, l'anello da sposa al dito, non l'ha visto?

Adriano   Le assicuro che non vidi mai l'anello.

Albino     Non lo vide, o...?

Adriano   O...?

Albino     Voglio dire:  Isabella l'aveva sì o no?

Adriano   Forse, ma io non lo vidi.

Albino     Non pensa piuttosto che Isabella  se lo togliesse per venire da lei?

Adriano   Lei suppone forse... ah, ah...  (Ride) Può darsi!   Un po'  di quella necessaria  commedia...  ah,  ah...

Albino     Non rida,  per carità.  Diciamo pure commedia...   (Tormentandosi)  Ma perché poi  nasconderlo...  perché?  E continuare...

Adriano   Me lo chiedo anch'io questo perché. E non trovo una risposta che accontenti la ragion maschile. Non la trovo. Solo lei, Isabella, ce lo potrebbe dire. Solo lei. Chiediamoglielo. Andiamo a casa sua  (e indica Albino) e glielo chiediamo. (E si alza).

Albino     Dopo... dopo, magari. Ma adesso, mi scusi... Si segga, per favore... Continuiamo ancora noi due a discorrere, da uomoa uomo...

Adriano   Con piacere.  (Torna a sedersi).

Albino     Riepiloghiamo. Voi, dunque, eravate amici.

Adriano   Già l'ho detto: più che amici, fidanzati...

Albino     Fidanzati, in che senso?

Adriano   Ecco, ricominciamo! Lei sta sottilizzando!

Albino     Forse. Ma voglio dire:   la vostra era un'amicizia spirituale, o...? Mi spiego?

Adriano   Beh, spirituale... Tutto, in questo campo dei sentimenti d'amore, tutto è spirituale!

Albino     Eh, no! Non mi dica! (Improvvisamente brusco) Voglio sapere se siete stati amanti. Ecco, non sottilizzo più, mi pare.

Adriano   Lo crede, ma sottilizza ancora.

Albino     Oooh!

Adriano   Amanti.  È  una parola, dopo  tutto. Che vuol dire essere  amanti?  Lei lo sa?  Esattamente?  Io, no.

Albino     Io, sì!

Adriano   Lei,  ho capito,  vuol forse alludere, nello speciale stato d'animo in cui si trova...

Albino     In che stato d'animo mi trovo, secondo lei?

Adriano   Stato d'animo di marito, capisco... capisco... Lei vuol forse alludere al fatto se fra noi ci furono quelle certe intimità che comune­mente fanno dire alla gente che due sono amanti. È così?

Albino     È così. Ci furono tra voi?

Adriano   (aspetta un po' prima di rispondere)  Credo di poterle dire che forse... non ci furono.

Albino     Ah! Bene.

Adriano   Ci fu però...

Albino     Che cosa?

Adriano  Quella particolare, come chiamarla? combustione, o meglio palpitazione - mi par d'aver proprio trovato il termine giusto: «palpitazione» - da una parte e dall'altra...

Albino     Ne è proprio sicuro? Anche dall'altra?

Adriano        Mi pare di sì.

Albino     Quella particolare palpitazione, diceva?

Adriano  Che apre la porta a tutti i sentimenti d'amore, e di conseguenza anche a tutti... le pare?

Albino     Dica, dica: a tutti?

Adriano        A tutti i gesti, a tutti gli  atti di amore... Se non avvennero...

Albino   Fu perché Isabella non acconsentì. Io la conosco.  So che non avrebbe mai permesso...

Adriano   No, no.

Albino     E come no!

Adriano        Le dico che non fu Isabella a non consentire.

Albino     Come non fu Isabella?

Adriano   Non fu lei.  Fui io che non volli approfittare...

Albino     (vivace)   Ma mi faccia il piacere!  Se lei ha proprio tutta l'aria del Dongiovanni!

Adriano   (offeso, perde la calma)   Ah, no! Que­sto non glielo lascio dire! Io non ho affatto l'aria del Dongiovanni!

Albino     Si fa così per dire... da uomo a uomo... liberamente!

Adriano   Lei, mi scusi, ha invece tutta l'aria di uno che si rifiuta di sapere la verità, e si benda gli occhi ostinatamente!

Albino     Al contrario! Io li spalanco!

Adriano   Non mi pare. Le piacerebbe eh, con­siderarmi un Dongiovanni e Isabella una candida vittima? L'innocente colomba tra gli artigli dello sparviero? Le piacerebbe! E invece le assicuro che non ho mai, dico mai, cercato di approfittare di quella certa palpitazione che era evidente in lei...

Albino     Evidente.

Adriano   Evidentissima! Eppure non cercai mai, con Isabella, in nessuna occasione, e ci furono molte, molte occasioni in cui avrei potuto... potrei parlar­gliene...  beh, mi  capisca...

Albino     E perché non cercò mai?

Adriano   Perché mi resi conto che...  « tutto » avrebbe potuto accadere..

Albino     Tutto...

Adriano   Eh, sì: tutto, tutto! Una donna, lo saprà anche lei, una donna è più debole in certe circostanze... forse è più diretta, è più sincera di noi uomini in certi momenti di abbandono, non dico di no... E difatti, Isabella non nascose mai, anzi manifestò...

Albino     Manifestò? In che modo manifestò?

Adriano   Ma mi capisca, santo Iddio! Non mi metta a disagio costringendomi a troppe spiega­zioni! Nemmeno in confessione si chiedono certe cose, certi dettagli!

Albino     È vero. Ma io vorrei che lei fosse un po' preciso, perché effettivamente sto sulle spine...

Adriano   Senta, voglio farle capire solo una cosa, e poi smetta a lei trame tutte le conseguenze: e cioè: dal momento di reciproco consenso, diciamo pure di affettuoso, di amoroso abbandono, noi po­temmo considerarci, a tutti gli effetti, come degli amanti.

Albino     Amanti.

Adriano   Amanti; due che si amano, sì! Che si possono amare senza più limiti, interamente, perdutamente... E se non avvennero quei gesti, quei certi atti...

Albino     Non avvennero! Lei, dunque, mi con­ferma che non avvennero?

Adriano   Non le sembra di attribuire una ecces­siva importanza a questo dettaglio pratico?

Albino     Beh, non lo chiami dettaglio pratico...

Adriano   Come se lo spiega lei il doppio com­portamento d'Isabella?

Albino     Non me lo spiego.

Adriano   Neanch'io. Ed è invece una spiega­zione che ci riguarda.

Albino     Entrambi. A me come marito, marito legittimo...   a  lei...

Adriano        Come amico affezionato.  È giunto il momento di chiederglielo. Albino   Insieme?

Adriano        Eh, sì!  Così non avrà la possibilità di mentire!

Albino      No. Non mi piace questo incontro a tre.

Adriano        Ha forse paura che salti fuori qual­che altra cosa?

Albino     Paura, io? Ma si figuri! Io vengo dal popolo, sa? Non ho paura di niente! È per una questione di principio!  Il marito sono io. L'inda­gine devo condurla io. Ecco.

Adriano   Rispetto questa linea.

Albino     Vado a casa. La faccio parlare, le fac­cio confessare la verità, intera. Vedrà!

Adriano   E poi?

Albino     Come?

Adriano   Noi. Io e lei?                                   

Albino     Noi dovremo restare in contatto, beninteso.                                                                   

Adriano   Ooooh! In contatto per controllare... punto per punto... Il giorno tale questa circostanza, il giorno talaltro... ciò che diceva a lei e ciò che diceva a me... insomma, ricostruire la verità. Quan­do vi siete sposati, scusi?

Albino     Perché?                                                

Adriano   Mi sorge un dubbio.                          

Albino     Ventitré aprile.                                      

Adriano   E poi siete partiti?

Albino     Naturalmente.  Il viaggetto di nozze.

Adriano   Per me, quella settimana, quei dieci giorni era una villeggiatura, per convalescenza.

Albino     Dove?                                                   

Adriano   Scauri.                                                

Albino     No. Fummo a Venezia.   (Pausa) Ma aspetti... a Scauri andò la madre, dai parenti...

Adriano   La madre! Ma io ricevetti cartoline e anche una lettera da Isabella, non dalla madre!

Albino     Quella ruffiana!                                 

Adriano   Chi?

Albino     La madre! Son sicuro che le teneva mano! Lo giurerei!

Adriano   La madre? Possibile! Se è una donna di casa!?

Albino     (impaziente di aggredire la suocera, si alza)  Io vado, sa... e mi butto subito sulla vecchia, il terzo grado le faccio...

Adriano   No, vada piano... Non usi la violenza...

Albino     Lasci fare a me...

Adriano   Poi mi faccio vivo io?

Albino     Sa il numero?

Adriano   Eh! Altro che! A memoria, lo so!

Albino     Eh, già: lo sa a memoria. (Si ferma, vorrebbe tornare indietro) Perché lei telefonava... spesso...

Adriano   Sempre.

Albino     Sempre?

Adriano   Almeno tre volte al giorno quando avevo da fare...

Albino     (avvicinandosi di qualche passo)   Ma... e io dov'ero?

Adriano        Non lo so...

Albino     (si passa la mano sulla fronte e fa ancora due passi verso Adriano)   No... non me la posso mica prendere con lei... con l'amante, come accade normalmente... Non vede che situazione buffa?

Adriano   La vedo, sì!

Albino     Con quelle due, me la devo pren­dere... e soprattutto con la vecchia!

Adriano   E vada, allora. Non perda più tempo. Vada a scoprire la verità. (Albino si avvia) Senta: il perché l'ha fatto? Dove voleva arrivare? Mi raccomando!

Albino     Va bene. A presto... (Poi ritorna a strin­gere la mano ad Adriano) Felicissimo...

Adriano   Oh, fortunatissimo... (Albino esce. Adriano si stira un po'. Chiama)  Isidoro? Isidoro?

Isidoro     Che c'è, signor conte?

Adriano   Un'altra « Lacryma Christi ».

Isidoro     Non le passa ancora, signor conte?

Adrian     Eh, no! Ancora non mi passa!

Isidoro     (si avvicina ad Adriano e gli dice sotto­voce)   Lo sa che la signorina... aspetta fuori... nel vicolo qui dietro... Si vede dalla finestra della cucina.

Adriano   Ma davvero? Dov'è?

(Isidoro, accen­nando la porta interna del caffè, lo guida da quella parte. I due spiano, curiosi, mezzo dentro e mezzo fuori. Isabella è entrata dall'ingresso principale: dapprincipio si stupisce vedendo vuoto il posto dove sedeva Adriano; poi si accorge dei due, e li guarda con pena).

Adriano   (ritraendosi, a Isidoro) Non la vedo.

Isidoro     (un po'  mortificato)   Non c'è più. Avrà seguito... l'altro...

(E si rivoltano. Si trovano invece di fronte ad Isabella. Isidoro ad Adriano)

Isidoro     Gliel'avevo detto io! La signorina ha voglia di giocare!

(Ma Isa­bella e anche Adriano lo guardano con occhi brutti).

Isabella Isidò, se non capisci, stattene bono, intesi!

Isidoro     Il guaio è che io capisco, signori.

Isabella  (acuta)   La vuoi piantà!  

(Isidoro se la squaglia).

 Isabella       (si rivolge ad Adriano, come con­tinuando un discorso) Non ti potevo mica lasciar così... senza darti una spiegazione a quattr'occhi... senza quell'altro che si  mette a fa' 'l   « pezzo »! (Scuotendo la testa e venendo avanti) Dico io, se devon capitare tutti a me! (Diretta, scrutando Adria­no) Che t'ha detto, poi. Ha scocciato pure te? Ci siete stati un'ora a confessarvi!

Adriano   (diplomatico)   No, no, è stata invece un'amichevole spiegazione... abbiamo chiarito il malinteso... da gentiluomini...

Isabella  Adriano, non prendere quel tono superiore...  ironico...  che me fa venir...

Adriano        Pure!

Isabella  Se vogliamo parlà, parliamo, ma senza pose e...  ipocrisie...

Adriano        Ma senti questa!

Isabella  Sì, perché non ti volevo lascia' con un'idea falsa di me. Oooh! Per questa so' tornata, unicamente... Ma poi... so quel che m'aspetta. Non credere che non lo sappia... Tu però devi cono­scere almeno la verità. Quella vera. Da me. E da nessun altro. Che la verità la so io sola!

Adriano        E dilla!

Isabella (montandosi, ma con qualcosa di sin­cero)   Perché io, qui, in quest'inguacchio, io, benché non sembri, io sono la vittima. Adrià, la vittima so' io! (E si mette a sedere, e piange silen­ziosamente).

Adriano        Eh, no, dolcezza: tu devi parlare, devi spiegare, non ti devi mettere a piangere.

Isabella  E chi piange... (E piange) Piango su quello che ho perduto, che credi! Non faccio la commedia... l'ho già fatta abbastanza... Adesso pago!

Adriano   Che cos'è che hai perduto?

Isabella  E va' che lo sai!

Adriano   Non lo so: dillo.

Isabella  Ti piace sentirlo dire da me,  eh? E diamogliela 'sta soddisfazione... Ho perduto te. E non è mica poco, per me. Eri tutto quel che avevo di pulito... di bello... quello a cui m'ero attac­cata, e adesso mi dirai ciao. Perché io t'ho fatto fesso? Io vi conosco voi uomini! Che sagome! Sì; è vero, io t'ho fatto fesso, ma te lo posso giurà, io non t'ho mai considerato fesso, mai... anche il giorno che offrivo, in giro, i confetti da sposa... anche allora non c'era proprio niente che mi fa­cesse ridere di te! Mi devi credere, Adriano!

Adriano   Ma anche l'altro, tuo marito... credeva...

Isabella  Anche l'altro, sì! Ma, vedi: di quello non m'importa! Anzi! Ma di te, sì, adesso. Io mi vergogno... mi vergogno davanti a te. E se non fosse stato l'amore a farmi tornar qui, io non mi sarei fatta più vedere. Sparita. E proprio per la vergogna. E invece, io ti leggo nel pensiero, tu mi consideri ormai una svergognata. Tu la pensi così, embè! Ci hai ragione pure tu!

Adriano   (un po' ironico)   Invece, m'hai detto, sei una vittima.

Isabella  Eh, già, proprio una vittima! E non c'è niente da sfottere. È che nessuno lo crede. Oltre tutto c'è anche questo: che nessuno lo crede.

Adriano   Come « oltre tutto »?

Isabella  Perché? Io sarei fortunata, adesso, secondo te? Vedi un po'! Con quello alle costole, sposata... con quell'altra, mi' madre, beh, lasciamo andare... e con te che trovi l'occasione bona, sta­volta, pe' fare 'l traggico... Me l'immagino già la tua decisione, me la son subito immaginata appena è comparso quello sulla porta, come poi avrà fatto a capitare qui è una cosa che mi piacerebbe tanto di sapere! Ho subito pensato: è fatta. Col brivido che corre giù per la schiena.

Adriano        Che hai immaginato?

Isabella  Ci vuol molto! Fosse un altro... Bè... Ma tu! Tu se’ di quelli - son rimasti in pochi, ormai! - ma tu se’ di quelli che partono davvero. Parton con la ferita al core e col ricordo amaro per tutta la vita. Oltre tutto ti piace! Embè... Al­meno non dirai che non c'è stato... movimento... (E ha una specie di sorriso).

(Adriano la guarda. Continua a guardarla. Lei capisce che nello sguardo di Adriano c'è anche della perplessità e della com­passione, e allora indugia in quell'atteggiamento. Mormora una canzonetta)

Isabella « Addio mia bella signora - lasciamoci così... senza... ».  Il ricordo... Eeeh!... io sono qui, adesso, solo pe' salvare il ricordo...

Adriano   Il tuo?

Isabella  E già, il mio. Il tuo, io l'ho già. E mi piace di conservarlo così com'è. (Sospiro) Non mi par vero d'averti perduto...  (E ripiange).

Adriano         Su... su... dammela questa spiega­zione,  che ci si faccia almeno un'idea...

Isabella  ... È che non ti puoi manco sognare la vita d'una casa come la mia: quel che succede, i discorsi che si fanno... come faccio a farti capì? Con quella, mi' madre, che da una certa mattina mi dice:  « Isabè, ce penserai, spero, a un matrimonio! ». A uno qualunque, per lei, purché ma­trimonio fosse. Da quel momento: e dài, e batti, la goccia d'acqua, una tortura. Io, che credi: sbotto, e quando sbotto te devi tura gli orecchi: « Aò, ma'; me vuoi lassà perdere sì o no? Il matrimonio, se proprio te piace tanto, te lo fai tu che sei ve­dova! ». Allora, giù le lacrime, i pianti! Che fija snaturata! Aaah! Eravamo così, tra pianti e litigate ogni du' giorni, che te presenti tu per stima la casa. Su, giù, discorsi... ti ricorderai?

Adriano   E come me ne ricordo!

Isabella  Bè, lei mi dice subito: « Bell'omo, eh, distinto!». « Distinto, sì », dico io, « mica è 'n burino! ». E fin qui so' chiacchiere da descri­zione. Ma una sera lei... se dichiara: « Allora, che vai tanto a cercà: quello! ». « Magari », je rispondo, perché m'eri piaciuto subito, « magari, ma quello manco mi vede! ». « Te vede, te vede, e come! Te vede, e poi torna anche a guardarti! Fidati dell'oc­chi de tu' madre! ». E aveva ragione la vecchia, poi, ma io, ti giuro, Adrià, io manco lo sognavo, di poter agganciare con te!

Adriano   (lusingato, divertito)   E perché?

Isabella (umile)   Ma perché... io mi conosco... e tu, invece, eri su un'altra sponda... stavi troppo su... Poi, invece, è successo che... ma perché tu me l'hai fatto proprio capire. E son stati giorni, mesi che non ti dico!

Adriano   Anche dopo che ti misi a parte della mia  situazione  familiare?

Isabella   Eh, sì! Che m'importava della situa­zione familiare!

Adriano   Eri felice?

Isabella  Non mi fa' ricordà, non mi torturare anche tu, adesso! (Abbassa gli occhi quasi volesse nascondere il  pianto,  poi  di  colpo,   li rialza  su Adriano) Beh, sì, felice! (Stacco) Una sera ch'ero stata con te, torno e trovo il carabiniere che mi guarda con altri occhi, severa: « Che c'è? ». « Cè che quello è sposato, e la devi piantà... ».

Adriano   Ti faceva la morale!

Isabella  Che morale! Mi faceva il discorso dell'interesse.

Adriano        Beh, morale e interesse vanno spesso d'accordo.

Isabella  « Quello non ti sposerà mai, perdi il tuo tempo, non t'inguaià ». Allora io ho fatto San­sone con tutti i filistei! Uuuh! Vedessi la  roba a volà! E lei, allora, s'è messa paura, e m'ha lasciato  fare.  Altri  mesi.  Mesi  che  passavano...  E qui un po' di colpa ce l'hai pure tu.

Adriano   Io?

Isabella   Eh, sì. Perché m'avevi detto: annullo, annullo, roba da ridere; poi, d'un tratto, ti sei mes­so bono bono, zitto, senza più ricordar niente. E io penso: forse avrà delle difficoltà, il purello, forse non si potrà annullà, non che m'importasse... Se non che « quella > mica s'era rassegnata!  Uhm! Mi tirava ogni tanto la botta:  la contessa qui, la contessa là... Voleva che mi facessi un marito vero. Così s'è presentato Albino...

Adriano   Come s'è presentato?

Isabella  Sì, s'è fatto sotto. Abitava giù, nel palazzo, a pensione. Sai com'è... mi vedeva... ma io manco lo guardavo veramente... Poi ho pensato: beh, se gli dò un po' di corda la vecchia mi la­scerà in pace. E gliene ho data un po'... È comin­ciata così... per essere più libera... Invece...

Adriano   Perché non l'hai detto a me, subito, francamente?

Isabella (alza le spalle)   No, non potevo.

Adriano        Non capisco.

Isabella  Lo so che non capisci! Mi piaceva troppo essere quella che tu mi credevi, non mi sarei cambiata per tutto l'oro del mondo. Se avessi parlato, se t'avessi detto la verità, come m'avresti giudicata?

Adriano   Beh...

Isabella  Che beh!... Male! Sarei crollata! Eh, sì! Allora ho preferito farmi martirizzare da quei due... Ho preferito sottomettermi allo sposalizio... a costo di schiattà!

Adriano   Ma le bugie, le menzogne... Non ti bruciavano, non  ti rodevano dentro?

Isabella   No.

Adriano   Ah, no?

Isabella  Al contrario! Io gli volevo bene alle bugie come volevo bene a te, erano il solo mezzo per conservarmi il tuo bene... non so se capisci...

Adriano   Conservarlo... artificiosamente fino al momento in cui sarebbe finito di colpo.

Isabella  Eh, lo so. E adesso ch'è finito: ciao. Del resto una sola cosa m'importava: farti toccare con mano che sono stata una vittima, una povera ragazza vittima de’ parenti... (Si alza e fa il gesto di  buttargli un  bacio)  Toh! Ciao.

Adriano  (tendendo il braccio,  senza alzarsi)  Aspetta...  Dove vai?

Isabella  E che vuoi?

Adriano   (la guarda, sembra voler dire qualcosa; poi crolla la testa)   E chi ti può credere più, chi?

Isabella   Eh già. Hai proprio ragione. Non mi si può più credere.

Adriano   Perfino le parole diverse ti studiavi...

Isabella   Mi trasformavo per te... e per amore...

Adriano   Vedi: ci vorrebbe un gesto...

Isabella   Dici a me?

Adriano   Sì, a te! Che tu facessi qualcosa su cui non potesse esistere più alcun dubbio...  appunto: un gesto che mi desse la sicurezza - ma assoluta! - che tu non menti più, perché rischi qualcosa, perché paghi di persona...

Isabella Che vuoi? Dillo! E io lo faccio! Pen­saci... Puoi sempre telefonare, Adriano!

                  (Esce. Isidoro si è affacciato guardingo alla porta interna e ha seguito l'uscita di Isabella).

Adriano   (dopo che Isabella ha chiuso la porta del caffè)   Isidoro?

(Isidoro silenzioso, senza far ru­more si avvicina e si inchina con una cerimonio­sità mai vista fino ad ora).

 

Isidoro, dimmi: tu ci credi  alle vittime?

Isidoro     (un po' perplesso)   Vittime della guerra?

Adriano   No, no. Vittime della vita, vittime dell'egoismo sociale, dell'avidità familiare...

Isidoro     Ah!

Adriano   Ci credi?

Isidoro     Io, ci credo... (Sospensione. Adriano lo guarda incoraggiato...) Ma lei, signor conte, dia retta a me, non ci deve credere...

(Adriano lo guar­da un po': la delusione gli si dipinge sul volto. Si alza lentamente, pensoso, e senza salutare si avvia all'uscita. Isidoro, piano)

Va a finire... che stavolta ce lo siamo proprio giocati...

La luce del caffè si è attenuata fino ad estinguersi quasi inte­ramente. Si è illuminata invece la casa di Isabella da cui si levano, subito, delle parole concitate.

LA CASA DI ISABELLA

Elvira      ...e bada che se è successo qualcosa a quella, bada che io ti ammazzo! Sì, perché la colpa è tua!

Albino     (gridando)   Ti dico che non è successo niente!

Elvira      E come lo sai?

Albino      (sempre gridando)   Lo so, lo so!

Elvira      E ha il coraggio pure d'alzà la voce! Invece di bacià la terra sotto i piedi dove passa per ringraziarla d'averlo sposato, si mette a fa' le scene, fa il geloso! Mo' caschi male, sa'! Oh, sì! Che credi? Che non ne avevamo dei meglio di te? Capirai, il gran matrimonio ch'a fatto! Per du' soldi, a babbo morto!  (Albino fa per risponderle, ma lei lo interrompe col gesto) Ssst! Non senti che arriva... (Sibilando minacciosa) E che non te pro­vassi...  

(Entra Isabella,  silenziosa, accigliata,  sde­gnata. Elvira la segue con lo sguardo, compassio­nandola)

 

Guarda lì... come l'ha stranita... sta figlia...

Albino     (cercando di prendere in mano la situazione)   Dove sei stata?

Elvira      Dove je pare.

Albino     Ti dico dove sei stata?

Isabella (senza guardarlo)   Mi meraviglio che mi rivolgi ancora la parola, tu!

Elvira      Ma che t'ha fatto... sto delinquente, che t'ha fatto?

Isabella (con i singhiozzi trattenuti a stento)  Ha potuto pensare che io avessi... una tresca col conte Adriano... un uomo già sposato... M'ha fatto pedinare... spiare...

Albino     Come... sposato?

Isabella  Sì, già sposato. Il conte è già sposato.

Albino     Ma io non lo sapevo ch'era...

Elvira      Non lo sapevi, eh!

Isabella  Discutevo con lui gli affari della casa... te l'avevo detto, mamma, uscendo... se lo trovo gli parlo...

Elvira      È il conte, sai, che ci ha comprato la casa.  Questa!

Albino     Ma io non immaginavo...

Isabella (ormai all'attacco)   E se non la sapevi, perché sei entrato a quel modo... con quella vio­lenza? Bruto!   Sei un bruto!  Ecco che cosa sei!

Elvira      Un bruto! E chiedeje perdono subbito a questa  fija!   Subbito,  delinquente che  non  sei artro!

(Albino è annientato. Squilla il telefono. Nell'appartamento di Adriano, il conte ha chiamato).

Isabella (pronta, alza il ricevitore)   Pronto?

Adriano        Albino?

Isabella   No. Qui parla la signora. Vuol dire a me?

Adriano   C'è suo marito?

Isabella   Vuole che glielo chiamo?

Adriano   Sì, per favore.

Isabella   Chi parla?

Adriano   Un amico. Lui capisce.

Isabella (ad Albino)   Vogliono te. Misteri.

Albino     Chi è?

Isabella  Mah! Un... amico.

Albino     (di malumore)   Pronto. Che c'è?

Adriano   Sono Adriano. Ci vediamo?

Albino     Perché così presto? Novità?

Adriano   Forse.

Albino     E quando?

Adriano   Stasera dopo cena... se è libero...

Albino     Sì, sono libero...

Adriano   Al solito posto, le va bene?

Albino     Quale solito posto?

Adriano   Già! Voglio dire: quello di oggi.

Albino     Sì.

Adriano   E silenzio in casa! Che siamo forti!

Albino     Ah, io... stia tranquillo!

Adriano   A più tardi.

Albino     (imbarazzato)   Ciao.

(Depone il ricevi­tore. Le due donne lo guardano, fisse. Allora Albino viene lentamente in mezzo alla stanza, si siede, ha un sorriso quasi di sfida).

E adesso... avete voluto ballare? E balliamo! Avanti!


ATTO   TERZO

LA CASA DI ADRIANO

Adriano in veste da camera, piluccando un grappolo d'uva entra in scena, va verso il telefono e fa un numero.

LA CASA DI ISABELLA

Il telefono suona in casa dì Isabella ancora avvolta nella penombra.  Un'ombra stesa sul sofà si agita e accende la luce. Si tratta di Albino in pigiama che, evidentemente, ha dormito lì.

Albino     (assonnato va al telefono)   Pronto.

Adriano   Sono io.

Albino     Chi è? Ah! Scusi... È tardi?

Adriano   Ma... ti ho svegliato?

Albino     Beh, quasi.

Adriano   Scusami? Sono le otto.

Albino     Le otto?  Ma... lei si alza sempre a quest'ora?

Adriano   Eh, no! Così non va, mio caro. No, no! Abbiamo ben deciso di darci del tu! E allora?

Albino     Già... Scusi... scusa... Non riesco an­cora ad abituarmi... Ti svegli sempre a quest'ora « tu »?

Adriano        No. Ma stamattina esco presto, e te­mevo di non trovarti, poi, in casa. Ho servizio.

Albino     Ah. Avvenimenti?

Adriano   Gli ambasciatori fanno gli auguri; e io sono di turno.

Albino     Vuoi dire che oggi non ci vediamo.

Adriano        Come non ci vediamo! Alla solita ora, lì. Come sempre.

Albino     Ah, credevo. Benissimo. Allora...

Adriano        Novità?

Albino     Solito.

Adriano   Che fa, adesso?

Albino     Dorme.

Adriano        Dorme... sempre di là?

Albino     Naturalmente.

Adriano   Bene.

Albino           Posizioni nette.

Adriano   E ancora non protesta?

Albino     Si provi!

(Si sente battere a una porta interna tre o quattro colpi).

Voce di Isabella (dall'interno)   Apri! Aprite! Apriii!

Adriano        Che è questo... rumore?

Albino     Si sente fin da te?

Adriano   Eh, sì.

Albino     È lei. S'è svegliata. Batte...

Adriano   Perché batte?

Albino     Vuole che le apra. Io chiudo a chiave.

Adriano   Aprile, allora. Non farla aspettare. Se­verità, sì, ma cavalleria, sempre! Io ti saluto.

Albino     Allora ti saluto anch'io. A più tardi.

Adriano   Ciao.

Albino     (andando verso la porta interna)   Vengo, vengo. (Apre la porta interna).

Isabella (entra. È in vestaglia. È fremente di collera, ma si domina. Si mette a sedere di traverso su una sedia, guarda Albino, poi dice fredda, gelida)   Mi sono stufata.

(Albino la guarda anche lui, accenna con la testa d'aver capito, ma non apre bocca)

  

Hai capito che mi sono stufata?

Albino     Stufata di che? Riposi.

Isabella  Senti:  il gioco è bello quando dura poco; e questo invece dura già da troppo per il mio carattere. Capito? E che vorrebbe essere, poi? Una punizione? Tu allora sei proprio di quelli che per far dispetto alla moglie... Mnn!

Albino           Isabella!

Isabella  Eh, sì. Io vi sono stata a guardare per un po', te e l'altro vi ho perfino ammirato: « Guarda, guarda che lenze... ». Ma adesso ab­biamo capito, adesso la dovete piantà. Tu almeno, tu, l'hai da piantà! Perché, se dura, tu, un giorno o l'altro, non mi trovi più. Capito?

Albino      (calmo)   Capito. Abbandono del tetto coniugale. E... dove andresti?

Isabella  Questo non t'ha da interessare.

Albino     Vorrei tanto saperlo! Perché,  prima, c'era lui che poteva accoglierti, a braccia aperte, lui che non sapendo, avrebbe... ma adesso?...

Isabella   Uuuh! Figurati! D'uomini ce ne son tanti e poi tanti...

Albino     Allora che aspetti? Accomodati. Io sto a vedere.

Isabella  Bello, eh! E chi t'ha insegnato a dir così?

Albino     Perché?  Ti sarebbe piaciuto  di  più ch'io facessi il diavolo a quattro? Le scenate di gelosia, gli schiaffoni, eh? Ti sarebbe piaciuto? Eh, lo so. Qualche scenata,  e poi tutto  tornava come prima. No. No. No! Preferisco così:  io qua, tu là, e in silenzio. Del resto io sono irreprensi­bile.  Puoi rimproverarmi forse di qualcosa?  Non credo! Nulla! Soltanto che... di là io non ci vengo.

Isabella  Non ci verrai... più?

Albino     Più? Questo, veramente, non lo so.

Isabella  Ah. Cominciamo a ragionare.

Albino      Non ci verrò  più... almeno  fino  al giorno in cui...

Isabella  In cui?...

Albino     ... In cui non mi darai una prova nuo­va... solenne... una prova indiscutibile della tua  sincerità.

Isabella  Pappagallo.

 Albino     Ti brucia, eh!

Isabella  Pappagallo!

Albino     E dài! Ma non mi tocchi!

Isabella  Anche l'altro,  sai,  vuole la prova! Vuol che rischi qualcosa, che paghi di persona...

Albino     Eh già! Vedi che le capisci, le cose! Soltanto vai educata. E io ti educo.

Isabella  Alla mia età...

Albino     Sei ancora una bambina.

Isabella  Come no! Mettimi un dito in bocca che vediamo.  

(Entra Elvira con  la sporta della spesa).

Elvira      (ad Albino ancora in pigiama)   Stai an­cora così? Bada che fai tardi...

Albino     Calma, calma... Ho avuto cose più im­portanti da dire a tua figlia... Ora vado...  (E si avvia).

Elvira      Se suonano che si risponde?

Albino     Non suoneranno.

Isabella  Hanno già suonato.

Elvira      C'è già stato il bollettino...? Dico io se...

Albino     Sono nel... bagno a vestirmi... (Esce e dopo un istante si mette a cantare).

Elvira      (scuote la testa)   Adesso canta, anche!

Isabella  E lascia che canti...

Elvira      Canta canta... Ma... non canta per amor, canta per rabbia...

Isabella   E smettila anche tu, co' 'sti pro­verbi!

(Silenzio. Si sente soltanto il canto di Al­bino. Poi riprende Isabella con altro tono: un po' rauco)

A che ora è tornato stanotte?

Elvira      Al solito. Dopo il tocco. Non l'hai sentito?

Isabella  Io no. Perché dovrei sentirlo, se dor­mo? (Pausa) L'avresti mai creduto, tu, che quei due finivano per allearsi? Eh? Io, mai! Anzi! Qui succede un macello, pensavo. Invece... Vatti un po' a fidare... (E continua a pensare. Le viene da ri­dere).

Elvira      Ridi, tu? Ridi pure!

Isabella  E che devo fare, piangere? (Cambia, chiama con la mano la madre; più sottovoce) Lo sai che si danno già del tu?

Elvira      Chi?

Isabella (indicando Albino)   Loro. Gran confidenza!

Elvira      (meravigliata e curiosa)   Dev'essere stato nell'incontro di stanotte,  perché fino a  ieri mat­tina si davano ancora del lei. Ma sei sicura?

Isabella  Con queste orecchie. Vedi: sempre progressi!

Elvira      (ammonitrice)   Stacci attenta, Isabè. Non prenderla tanto alla leggera... Perché dopo un colpo così, gli potrebbe anche venì il... disprezzo per la donna... Che credi! S'è già visto altre volte... e in altri tempi!

Isabella   Embè? Che gli venga il disprezzo per la donna! Che vuoi da me! Che me ne frega!

Elvira      Ah, non te ne frega?

Isabella   No.

Elvira      E... se prendessero un'altra piega, quei due?

Isabella   Un'altra piega? Che... piega?

Elvira      (perentoria)   Sì, un'altra piega!  Con i tempi che corrono! Dài oggi, dài domani - cicicì, cicicì - ogni giorno a parlà con le donne, ci vorrà molto saltare il fosso! E allora, bada bene, me li saluti proprio...  (Guarda la figlia che sta pensie­rosa) Tu devi smettere di fa'... l'apatica.

Isabella   E che devo fare? Me lo dici, tu?

Elvira      Sicuro che te lo dico. Devi attaccare.

Isabella   E chi attacco?

Elvira      (sottovoce, indicando Albino che ogni tanto da segni di vita dal cesso)   Quello, attacchi.

Isabella (alza le spalle)   M'importa assai di quello! Quello l'ho già attaccato: è sposato. Più attaccato di così! È l'altro che vorrei attaccare. Solo che volevo aspettare ancora un po'. Ero sicura che si sarebbe fatto vivo lui, in questa settimana: in un modo o nell'altro, magari con un lettera di rimproveri o... d'insulti. Invece...: tutto tace: Re­siste. Mah!

Elvira      E lascialo perdere, l'altro. Per averne due, rischi di rimanere senza marito!

Isabella  Quello c'è sempre. Da noi il matri­monio è indissolubile!

Elvira      E chi ti dice che non pensi d'annullare?

Isabella Chi? Bino?

Elvira      Perché no? Lui, forse, i motivi ce li avrebbe!

Isabella (un pochino intimorita)   Ma no!

Elvira      Ma no? Ma sì! Con l'altro che gli fa da maestro...

Isabella (agrodolce)   Così io resto a piedi... libera...

Elvira      Eh, già.

Isabella (un po' torva)   E la colpa di chi sarebbe?

Elvira      Di chi?

Isabella  Tua! Sì, tua! Perché io mi volevo di­vertire ancora un po'... E tu, invece, dàj, ogni giorno: sposa qui, sposa lì, e qui ci sono i soldi, e la c'è la buona posizione, e con quell'altro c'è la pensione dell'impiegato statale... (Elvira vorrebbe protestare) Ma vari! Tu, tu! Proprio... tu... (E si mette a piangere che fa un po' pena).

Albino     (rientra, interamente vestito. Vede la scena del pianto)   Ma... qui si piange. Che è successo?

Elvira      È successo che se stanotte tu non vai a letto con tu' moglie... io ti faccio un par d'occhi così!

Albino     A questo siamo!? Io posso andare, e posso anche restare.

Elvira      Scostumato!

Albino     No. Scostumato, no. È consentito.

Elvira      Da chi?

Albino     (misterioso)   Bisogna aver studiato, mie care...

Isabella  Ma che studiato! Te l'avrà detto Adriano!

Elvira      Ma che gli può aver detto?! Che tu puoi trascurare la moglie? Non ci posso credere! Altrimenti io mi scancello dalla religione, mi scancello ch'è vero Dio!

Albino     Eppure è ammesso, è consentito.  In questo caso io posso... « In questo caso ».

Elvira      Puoi. Puoi star così?...

Isabella (gridando,  isterica)   Basta!  Bastaaaa! Che mi fate schifo tutt'e due! Schifo! Il vomito con 'sti discorsi!

Albino     Io?

Isabella  Anche tu! Tutti! Lei, l'altro! Tutti! E mi avete stufata. Stu-fa-ta! E se non vuoi venir più a casa, buona sera. Ciao! Albino   No. Io ci vengo.

Isabella  E allora vieni. Vuoi annullare? An­nulla. Ti piace l'altro, la compagnia dell'altro? Ti piace più della mia? E va! Chi ti tiene! Chi te vede!

Albino     Buon giorno. È l'ora. (E si avvia)

Isabella (prendendolo per un braccio)   Sì, è l'ora! Ma bada...

Albino     Minacce?

Isabella  Bada, che un gesto te lo faccio dav­vero! Tu m'hai detto che vuoi un gesto, e io t'accontento! Bada!

Albino     Ci baderò. (Saluta con la mano. Esce).

(Pausa).

Elvira      Ma lo sai che tu' marito è un dritto. Non sembrava, ma con le donne ci sa proprio fare.

Isabella  Ma perché non te lo prendi tu, e io vado con l'altro!

Elvira      Stupida!

Isabella  Stupida?  Sta un po' a vedere che la faccio davvero la pazzia, il gesto! (Va al telefono e forma un numero. Il campanello trilla da Adriano).

 

Adriano   (durante la scena precedente si è vestito degli abiti di cerimonia con l'aiuto di Beniamino. Ora si aggiusta lo spadino. Va a rispondere al ri­chiamo telefonico).   Pronto.

Isabella (con gravità)   Sono io. Isabella.

Adriano   (illuminandosi)   Ah! Qual voce!

Isabella   Sempre quella, no.

Adriano   Certo.  Ma...  più grave, direi... più matura...

Isabella   Adriano, non gliela faccio più...

Adriano   Ah.

Isabella   Vedi che ho telefonato io...

Adriano   Ho sentito.

Isabella   Voglio parlarti. Oggi. Subito...

Adriano   Come... come si fa...

Isabella Vengo dove vuoi, quando vuoi...

Adriano   No... no... Non posso... Esco.

Isabella   Non uscire.

Adriano   Sto già uscendo. Ho già il... costume. Udienza diplomatica. Tutti gli ambasciatori che m'aspettano... come si fa!

Isabella (smontata dalla immaginaria presenza del corpo diplomatico)   Allora... dopo, subito dopo?

Adriano   (facendola cadere un poi dall'alto)   For­se... dopo...  ecco...  Ma...

Isabella  Che c'è ancora?

Adriano   Penso che non è... nobile da parte mia che ti veda senza...

Isabella   Come non è nobile?

Adriano   Non è nobile verso l'amico Albino! Vederti senza che lui lo sappia... Dovrei almeno avvertirlo.

Isabella  Eh, no! Allora guasti tutto. Io ho bi­sogno di vedere te.  Da solo.  Sarà l'ultima volta che ci vediamo da soli... te lo giuro... l'ultima!

Adriano   (che ha una gran voglia di rivederla)  Mi prometti che sarà proprio l'ultima?

Isabella  Te lo giuro.

Adriano   Allora facciamo al mio ritorno.

Isabella  Dove? Al caffè?

Adriano   No. Al caffè mai più! Tempi passati. Ti va casa mia?

Isabella  Mi va tutto. D'accordo: casa tua. E grazie, Adriano.

Adriano   Non ringraziare. Ciao. (Depone il ri­cevitore. È contento) Beniamino!

(Beniamino appare)

 

Un altro grappolo d'uva. Piccolo.

Beniamino   Dell'altra uva?

Adriano   Perché?

Beniamino   Per me... ma stia attento a non sporcarsi il costume... (Esce).

Isabella (dopo un istante in cui rimane assorta) Ma' E la valigia più buona... quella dello sposalizio?

Elvira      Che ne vuoi fare?

Isabella  Dammela, e non t'impicciare. Dammela, su!

Adriano   (gira per la stanza fermandosi di tanto in tanto davanti ai ritratti degli antenati. Canticchia in falsetto, accennando a gesti tenorili). M'ama -sì m'ama - Il core mel dice... rarà - rararà...

(Rientra Beniamino con l'uva. Adriano la prende e si mette a beccarla alternando l'uva al canto. Beniamino è uscito)

M'ama... (Chicco d'uva) Sì, m'ama... (Altro chicco) ...Il core mel dice... (Uva)  Rarà - rararà -rarà!

(Isabella intanto ha aperto la valigia e ha incominciato a riempirla sotto gli occhi della madre: un po' di biancheria, vestiti, un paio di scarpe. Spiega, ripiega, ripone. Tutto questo lentamente. Ogni tanto Elvira dà una mano).

Beniamino (in soprabito nero, compitissimo, rientra e dice piuttosto fermamente)   Conte, ora basta. Dobbiamo andare.

AdrianoAndiamo pure. (Depone l'uva, si mette a posto, è pronto per l'uscita).

(Il cameriere gli apre la porta. Adriano esce. Beniamino lo segue. Scen­dono in istrada, svoltano dietro la casa. Una musica marziale in sordina accompagna l'uscita di Adriano. La musica continuerà fino alla ricomparsa di Adriano e culminerà in crescendo quando Adriano rien­trerà in casa sua).

Isabella (quando Adriano è scomparso dietro la casa, ha terminato di riempire la sua valigia. La chiude, si aggiusta un po' anche lei è pronta per uscire. Si volge alla madre che la guarda afflitta e le dice)    Io ci provo. Come la va la va. (Poi si avvicina ad Elvira e l'abbraccia).

Elvira      (lacrima all'occhio)   Ma dove... dove vuoi andare?

Isabella  Sta' tranquilla... Non succederà nien­te... di grave. E se dovessi star fuori tre o quattro giorni... non ti preoccupare...

Elvira      Ma... Albino?

Isabella  Gli farà bene, in ogni caso. Una scossa, gli farà bene. (Getta un bacio) Ciao. (Elvira scuote la testa, piange) Scema! Che piangi! (Ed esce).

(Adriano sempre accompagnato dalla musica marziale riappare donde è uscito sempre seguito da Beniamino. Beniamino stenta un po' a tener dietro al passo del conte che cammina affrettato e un po' impettito; però, giunti al centro della scena, Beniamino riesce a raggiungerlo e a farsi ascoltare. Adriano si ferma).

Beniamino   Ma signor conte! Badi che l'amba­sciatore di Gran Bretagna non si muove se lei non lo va a prendere.

Adriano   Oh, già. (Una reticenza) Però non devi preoccuparti troppo, Beniamino. Quella è gente pa­ziente. Io li conosco. Comunque... potresti andare tu a porgere le mie scuse. Apprezzerà il pensiero.

Beniamino   Lei allora proprio non vuole...

Adriano   Non è che non voglia: non posso.

Beniamino   Non può?!

Adriano   Un dovere più grave mi chiama. La sorte, l'avvenire... di una creatura... Non farmi dir di più Beniamino.

Beniamino   E chi parla. Ma all'ambasciatore mo' che gli dico? Vuole che ci diamo ammalati?

Adriano   Mai! Ammalati mai!

Beniamino   E allora?

Adriano   Un grave... impedimento. Improvviso. Senza spiegare troppo. Quella, poi, è gente che non chiede.

Beniamino     Insomma, una bugia. Per me...

Adriano   Perché dici così, Beniamino! Bugia? È semplicemente una restrizione mentale. Capito? E non dimenticare che, in questo caso, io esercito le mie funzioni... diplomatiche!

Beniamino   Effettivamente... già... dimenticavo... Allora?

Adriano        Va', va'!

(Beniamino si volta e riper­corre la strada già fatta. Adriano invece si avvia verso casa sua. Nello stesso momento in cui Adriano si è incamminato, è apparsa, dal lato opposto del boccascena, Isabella con valigia alla mano che cam­mina nella stessa direzione di Adriano. Beniamino viene così a trovarsi, per un momento, tra Adriano e Isabella. Quando incrocia Isabella, la guarda con una smorfia di corposa ammirazione e sembra dirle: « buttala via » o addirittura « è buona assai », ma dopo averla seguita per un istante con l'occhio, prosegue sollecito verso il luogo dove dovrebbe aspettarlo, paziente, l'ambasciatore di Gran Bretagna. Adriano intanto è giunto a casa, è entrato nel suo appartamento, ha acceso la luce elettrica. Mette a posto le poltrone mosso da un discreto orgasmo. Isabella da parte sua ha guadagnato ter­reno: adesso è sotto la casa di Adriano; guarda su, e si decide ad entrare. Dopo un istante, infatti, si sente suonare alla porta. Adriano che si è messo un po' in posizione sotto il gran quadro dell'ante­nato, non si muove).

Adriano   Avanti! (Più forte) Avanti!

(La porta si apre timidamente. Appare Isabella, sempre con valigia. Adriano le sorride, e col gesto la invita ad entrare).

Scusa. In questo momento, il valletto non è in casa. Siamo soli. Ma... avanza. E siedi. E posa la valigia...

Isabella  Dove la metto?

Adriano   Ma dove la signora vuole.

(Isabella posa la valigia vicino alla parete. Adriano con una sfumatura di curiosità e d'ironia)

 

Siamo forse di... partenza?

Isabella (ambigua e vaga)   Forse. Ma ancora non si sa... (E lo guarda così vestito) Non t'avevo mai visto, così! Mi sembri il... corsaro nero!

Adriano   Già! E ti dà un po' di soggezione? Apparenza, soltanto apparenza! Sono io, come sem­pre io! Lo stesso. Solo che non ho avuto proprio il tempo di cambiarmi. Figurati che per non farti aspettare ho piantato li l'ambasciatore di Gran Bretagna...

Isabella  E dàj, dàj! Vorresti farmi credere che valgo più io dell'ambasciatore di...

Adriano   Non ho detto questo!

Isabella  Di?

Adriano   Gran Bretagna.

Isabella  Che sarebbe poi sempre l'Inghilterra?

Adriano   Esattamente.

Isabella  Quasi quasi mi facevi confondere... È la casa, sei tu così bardato! Perché non ti togli al­meno la giacca? Parlerei con più disinvoltura...

Adriano   Non si può; è tutt'un pezzo.

Isabella  Mi dice proprio male!

Adriano  (le fa il gesto di sedere)   Ti sto a sentire.

Isabella (dopo una reticenza)   Come si dice? Hai vinto tu. Ecco.

Adriano   Che ho vinto?

Isabella  Sì. Lo faccio. Ho deciso che lo faccio. Insomma, la prova, il gesto. Lo faccio! Hai capito?

Adriano   Cioè?

(Isabella allunga un braccio verso la valigia e vi posa su la mano. Adriano guarda anche lui la valigia).

Isabella (si alza, sempre un po' china, va verso Adriano e gli dice sottovoce)   Non mi far vergognare! Su, cerca di capire... (Sbottando) Vengo via con te! Adesso. Subito. Dove vuoi. Così come sono. Non torno più a casa. So' pronta. Andiamo! Avanti! Ti pare un gesto? È questo che cercavi, no? E dàj, via! Allora t'avevo detto, no; adesso dico: andiamo!

(Adriano la guarda fissamente, indeciso)

C'è poco da guardare! Non ci credi? Se dico sul serio lo vedrai alla stazione...

Adriano   Che c'entra la stazione!

Isabella  Perché, non vorresti partire? Vorresti restà a Roma? Io, per me, è lo stesso. Lo dico per te. Per le chiacchiere che può far la gente, per tuo padre, per il...

Adriano   Che c'entra! No, Isabella. No. Non posso. Adesso, sono io che non posso.

Isabella   Sentiamo perché non puoi?

Adriano   Perché c'è Albino. Tuo marito. Prima, per me, non esisteva; ora io lo conosco. Siamo amici.

Isabella  E che t'importa! Chi lo conosce!

Adriano   Isabella, basta! Devi rispettarlo, almeno di fronte a me. È basso, è meschino quello che dici, quello che pensi. Io non faccio delle... vittime sul mio cammino. Ricordatelo!

Isabella  Ma perché, Adriano, sei così rigido? Io non capisco!

Adriano  (pavoneggiandosi un po')   È costitu­zione, è formazione... è anche educazione.

Isabella  Ci risiamo con l'educazione!

Adriano   (piccato)   Se sei venuta per dirmi que­sto, puoi anche andare.

Isabella  No. Non vado. E chi ti lascia così! In questo stato! Tu l'hai saputo quanto t'amo... e com'è fatto il mio cuore... Qualche volta l'hai saputo... non fingere di esserti dimenticato... Allora non c'è stato bisogno di chiacchierare Adriano... Ne abbiamo fatte abbastanza di chiacchiere, adesso...! Ssst! Non fiatare... (Gli mette le braccia al collo) Tutto il resto non conta... poi me ne andrò per sempre... ma intanto... Ci siamo solo noi in casa...

Adriano   Già.

Isabella (strizzandogli l'occhio)   Va là che l'avevi fatto apposta! L'ho capito subito: « oggi non c'è il valletto »...

Adriano   Isabella! Non imparerai dunque mai a conoscermi?!

Isabella  Voglio imparare... a conoscerti bene...

Adriano   Non insistere, Isabella... perché, oltre un certo limite, la carne è debole... ed io non vorrei per nessuna cosa al mondo cedere con questa divisa addosso... Sarebbe imperdonabile! Me lo rim­provererei per tutta la vita! Ho anche le decora­zioni... Le vedi? Sono simboli, questi! Sono anni di fedeltà e di devozione... Sono il mio vanto! Non avvilirmi, Isabella... non indurmi...

Isabella  Ma perché, allora, non ti togli la di­visa e le decorazioni!

Adriano   No. Non posso mescolare il sacro col profano! (La guarda, lotta, sì gira per non vederla) Va'!

Isabella   Mi mandi proprio via?

Adriano   (volgendole quasi le spalle)   Raggiungi tuo marito, ritorna nella tua casa. Hai voluto di­struggere tutto con le tue mani, cerca almeno, con le stesse mani, di ricostruire un focolare!

Isabella  Amen.

Adriano   (sivolge in collera)   E sappi che non era questo il gesto che mi aspettavo da te.

Isabella  Ah, no? Non era questo? (Minac­ciosa, scatenata) Te lo farò vedere io, allora... Te io  farò vedere io! 

(Si riprende la sua valigia, ed esce. Attraversa la scena, va verso casa).

Adriano   (è rimasto immobile, attonito; va alla porta, la apre quasi temendo e forse sperando che Isa­bella sia ancora lì dietro; poi rientra in scena, va sotto  il ritratto  dell'antenato, lo  guarda,  e  dice con un certo astio)   Eh? Non ti potrai lamen­tare! Però... queste sono battaglie che si vincono una volta sola... Intesi.

LA CASA DI ISABELLA

Si illumina. Isabella entra, butta la valigia sulla tavola con un certo fracasso.

Elvira      (richiamata dal rumore, si affaccia)   Ma sei ancora qui?

Isabella  Niente da fare. Non marcia. (Si stira il braccio indolenzito, se lo sfrega) Pesava come un accidente...!

Elvira      Perché poi metterci tanta roba? Come se dovessi partire sul serio!

Isabella (si butta a sedere, vinta; querula)   Non parto più... non parto più... (E si mette a piangere).

Elvira      Che fai? Piangi? Stupida! Non sarai mica innamorata di tutt'e due? (Isabella si soffia il naso e scuote la testa dicendo di no) E allora?

Isabella  È perché m'hanno fregata... quei due... Di rabbia... piango di rabbia... di rabbia... (E battendo i pugni sulla tavola si mette a gridare).

Elvira      Ecco... ecco... così... Sfogati, figlia mia brava... sfogati pure... Poi vedrai che ci verrà un'idea... una bella idea...

Isabella  Sì... sì... un'idea luminosa...

Elvira      Luminosa... proprio luminosa... Dàj, dàj... vedrai che viene... (Isabella adesso ha smesso; quasi sorride) Hai finito?

Isabella  Ancora no... ma... (E continua per un po' a ridacchiare e ad asciugarsi il vaso. Poi len­tamente il riso decresce, si calma).

(Adesso le due donne sono silenziose, una di fronte all'altra. Si guardano, accostano le sedie alla tavola come se dovessero cominciare una partita a carte).

La luce si abbassa da Isabella; è già accesa nel caffè.

Albino     (è seduto al tavolino, al solito tavolino già caro alle conversazioni d'amore di Adriano e Isa­bella. Sta correggendo compiti di scuola, ma con la coda dell'occhio segue Isidoro che attraversa il fondo della scena con un vassoio di consumazioni. Ap­pena Isidoro ricompare Albino lo chiama)   Isidoro.

Isidoro     Comandi.

Albino     È dall'altra sera che mi devi una risposta.

Isidoro     Mi scusi, ma non... quale risposta?

Albino     Se l'avevi vista altre volte, qui... quella signora...

Isidoro     Ah! Vista col conte?

Albino     Col conte, e senza conte...

Isidoro     (finge di pensare)   Non mi pare. Quel­la volta soltanto... Però non si fidi della mia me­moria, l'avverto! Non sono per niente fisionomista.

Albino     Allora, con chi veniva il conte?

Isidoro     Amici. Come fa adesso con lei. Diplomatici.

Albino     E la moglie.

Isidoro     Quale moglie?

Albino     Il conte ha una moglie.

Isidoro     Una contessa? Non lo so.

Albino     Vorresti dire che non  è mai venuto con donne?

Isidoro     E chi lo dice! È venuto, sì... ma quasi sempre con la stessa.

Albino     Vedi! Era la moglie.

Isidoro     No. Quella che dico io non  era la moglie.

Albino     Come lo sai che non era?

Isidoro     Eh, si sa!  Lo faccio da quarant'anni questo mestiere... se non sapessi queste cose...

Albino:    E chi era?

Isidoro     (gesto vago)   Mah!

Albino     (più forte)   E non era nemmeno l'altra signora?... Lo escludi?

Isidoro     Se gliel'ho già detto: non son fisiono­mista. Le facce non me le ricordo. Mi arrangio coi colori, i colori dei vestiti.

Albino     E che colori aveva la... donna del conte?

Isidoro     Vediamo  un  po'...   Eravamo sui pa­stelli...  Sa, quei colori incerti, un po' sfumati...

Albino     (si concentra) Sui pastelli...  (Medita) Pastelli, pastelli.  Tinte unite, insomma?

Isidoro     Unite. Le gonne, invece, qualche volta...

Albino     Che avevano le gonne?

Isidoro     Un po' più di fantasia... direi, quadret­tate... Sa, quelle stoffe che noi chiamiamo di tipo scozzese.

Albino     Tipo scozzese...

(Adriano apre la vetrina del caffè).

Isidoro     Ma ecco il conte! Perché non lo chiede a lui? Ha una memoria di ferro, il conte!

Albino     Ssst! Non sarebbe delicato...

Isidoro     Riverisco, conte.

Adriano         (in abito  borghese,  solita  eleganza)    Ciao.

(Isidoro si allontana. Ad Albino)

Come va?

Albino     Benone.

Adriano        Novità?

Albino     Nulla. E tu? (Adriano ha un gesto, e sorride) Ci sono novità?

Adriano   (sottovoce)   Ha telefonato.

Albino     A te?  (Adriano annuisce) Lei a  te?

Adriano   Certo: lei a me.

Albino     E tu hai... interrotto?

Adriano   Sì, alla fine... ho chiuso...

Albino     Ma... hai comunque parlato...

Adriano   Poche parole...

Albino     Che voleva?

Adriano   Chiedeva udienza.

Albino     A chi?

Adriano   A chi? A me!

Albino     Hai detto udienza! Credevo al Papa! E tu hai detto?...

Adriano   Impossibile, signora.

Albino     Hai tagliato così?

Adriano   Netto.

Albino     E lei?

Adriano   Singhiozzo.

Albino     Al telefono?

Adriano   Al telefono. Si sente il singhiozzo... (fa finta d'avere il ricevitore e di scoppiare in un singulto)  Sai...  quando non  ci si  può frenare... anche al telefono... si scoppia!

Albino     Soffriva?

Adriano   Eh, mi par di sì.

Albino     Molto?

Adriano   Abbastanza...

Albino     Abbiamo  trovato  una  punizione tre­menda, bisogna dirlo!

Adriano   Punizione? Devi dire tortura!

Albino     (dopo aver riflettuto un istante)   Quella telefonata deve essere stata la conseguenza di sta­mattina. Dopo che tu m'hai chiamato... C'è stata, tra me lei, una specie di scena...

Adriano   E non mi dici niente!

Albino     Dico scena... ma niente grida, niente scompiglio. La nostra amicizia le ha messe fuori dei gangheri!

Adriano   E tu?

Albino     Io zitto.

Adriano   Ah, tu zitto. Allora le teniamo? Che bellezza! Ah, ah, ah!

Albino     Però... io penso che a un certo mo­mento non si dovrebbe infierire troppo sul vinto.

Adriano   E chi sarebbe il vinto?

Albino     Lei. Loro.

Adriano   Ne sei proprio sicuro?

Albino     Finora, almeno, è lei che... soccombe.

Adriano   Uhm!

Albino     Non vorrei però che, insistendo troppo, la situazione mutasse e finisse per volgere a suo favore. Ecco.

Adriano   Ma come può mutare la situazione... se noi resistiamo?

Albino     Resistiamo? È una parola! Tu mi devi capire. La tua posizione è diversa: tu non la vedi, tu non le vivi accanto, tu... tu non dormi sotto lo stesso tetto... ma io...

Adriano   Esteriorità, in fondo!

Albino     Mica vero! Altro che esteriorità... tant'è vero che io, talvolta... sento.

Adriano   Che senti?

Albino     Sì, sento!

Adriano   Ho capito. È umano. Eppure, a pen­sarci bene, tu non dovresti sentire.

Albino      (inalberandosi)   E perché non dovrei sentire?

Adriano   Perché l'abbiamo conosciuta per quello che è, scoperta, sbugiardata...

Albino     E la stiamo anche castigando, d'accordo! Ma altro è dare un giudizio, altro è infliggerle un castigo... altro è non sentire più, non amare più. Lì c'entra la testa; qui c'entra... c'entra... Insomma: io sento! Tu no! Siamo freschi! Tu non senti?

Adriano   Io, finora, reagisco! Forse, se fossi nella tua posizione, guardala oggi, guardala domani, forse anch'io... sentirei... Anzi, sentirei senz'altro.

Albino     (gli tende la mano)   Bravo! E che faresti?

Adriano   Che farei? (Pausa) Io mi domando come mai due uomini come noi, due uomini, pos­siamo dirlo, eccezionali o per lo meno fuori del comune, come due uomini così, possano trovarsi sotto l'influenza... amorosa di una donna come lei... di una donna... così?

Albino     Così?

Adriano   Così! L'abbiamo vista com'è. Che cos'ha? Che cos'ha questa donna? Non è bella.

Albino     Beh, questo non si può dire.

Adriano   Insomma, non è una Venere greca. Dicevo in questo senso.

Albino     D'accordo. Benché gli occhi...

Adriano   (proseguendo)   Quel tanto di ingenuo, di semplice che sembra avere e che, indubbiamente, affascina,  in  sostanza,  non  l'ha.  È  un  inganno. L'abbiamo visto. Perché, anzi, lei è doppia, astuta, bugiarda...

Albino     Ogni donna, per questo...

Adriano        No, no! Non siamo ciechi! Lei ha qualcosa di particolare!  Una specie di vocazione alla mistificazione!

Albino     Oh, oh! Proprio una vocazione...

Adriano   Doti intellettuali?  Intelligenza inso­lita, forse? Cultura?

Albino     Cultura no, nessuna, convengo.

Adriano   Benché io debba riconoscere che, sotto questo  aspetto,  la  troverò  piacevole:   era  diretta, immediata...  senza diaframmi...

Albino     Già.  Perché tu  la  vedevi  un'ora  al giorno, e una volta tanto; ma io... Alla lunga, que­sta assoluta mancanza d'istruzione si sente, pesa...

Adriano   Ah, sì, eh? E allora?

Albino     Ho tentato d'insegnarle qualcosa... ulti­mamente...

Adriano   Allora era il frutto del tuo... lavoro! (Scuote la testa).

Albino     Come?

Adriano   Voglio dire che avevo notato anch'io un cambiamento...

Albino     Ah, sì? Comunque rimaneva sempre una ragazza... limitata...

Adriano   Certo! Ma forse!... Forse, sai che ti dico? Forse è stato proprio questo miscuglio di limitatezza, questo sembrare una cosa ed essere, invece, un'altra... è stato forse proprio questo a rendercela affascinante! Questa specie di angelo... un po' vizioso: accontentava le nostre velleità di idealizzare e nello stesso tempo soddisfaceva un nostro inconfessato bisogno di sensazioni più ambi­gue, più torbide... vado a tentoni, sai, non son mica sicuro... cerco di spiegarmi...

Albino     Ma è vero, è giusto! Hai intuito giusto!

Adriano   Credi?

Albino     Perché poi tu non conosci certi... slanci segreti. Se li conoscessi...

Adriano   Come non li conosco?

Albino     No. Tu non li puoi conoscere.

Adriano   Già. Ma...  avrei potuto conoscerli...

Albino     E allora avresti forse capito interamente...

Adriano   Il perché si cade nella trappola, per­ché si rimane nella trappola! Eh? È questo che vuoi dire?

Albino     Appunto.

Adriano   Ho perduto molto, lo riconosco! Capi­sco, adesso, l'importanza di quegli... slanci segreti! Mah!  Però, ho almeno la  soddisfazione  di non potermi, oggi, considerare tradito.

Albino     Come no? Tu come me.

Adriano   Tradito nel senso che i francesi danno alla parola « cocu », capisci? Io, sono fuori.

Albino     Eh, no:  tu sei dentro, e come! Anzi! Se qualcuno tra noi due deve considerarsi  un « cocu », mi pare che questo sia proprio...

Adriano        Tu!

Albino     Eh, no:  tu!

Adriano   Scusa: il marito legale, vero, sei o non sei tu? E allora!

Albino     Ma mentre ti faceva promesse e giu­ramenti, pensava concretamente a me, decideva liberamente di sposare me! In una parola, tradiva te! Il tradito sei tu!

Adriano   (vorrebbe scattare e vuotare il sacco, ma si frena)   Vogliamo proprio bisticciare per que­ste cose? Bada bene che la nostra è una discus­sione... del tutto accademica! Diciamo piuttosto che siamo stati insieme traditi. Ti va bene? Contento?

Albino     Contentissimo! Insieme! Sì, insieme!

Adriano   Per questo, oggi, insieme puniamo!

Albino     Giudici. Solidali! È incredibile! Se il nostro caso si sapesse, si conoscesse fuori...

Adriano   Ma si saprà!

Albino     No, no: dico, pubblicamente,  penso che ne parlerebbero i giornali!

Adriano   Ma certo! Perché è storia! Storia del costume nostro, storia della donna, della famiglia...

Albino     E dell'uomo, anche...

Adriano   Come no! Anche dell'uomo! Diciamo la verità, è storia patria, a voler trasferire il nostro caso singolo su un piano generale.

Albino     È storia patria?... Devi dire che è storia universale!

(Sono così abbandonati a questo singo­lare entusiasmo quando dalla porta a vetri irrompe Elvira. La donna li guarda, poi dopo un attimo di esitazione si precipita verso di loro, ha reazione di Albino e Adriano è di parare istintivamente un pericolo).

Elvira      Aiuto... Correte... Salvatela, voi! S'è avvelenata! 

(I due si guardano e hanno un momento di indecisione)

 

Correte... Cerca voi... L'ha fatto per voi... Siete voi i responsabili... Siete voi gli assassini... Venite!

(E si avvia).

(Adriano e Albino si precipitano fuori con Elvira).

Isidoro     (è comparso sulla porta interna)   Mah!

(I tre sono sulla strada, e corrono verso casa).

Albino     E l'hai lasciata... sola?

Elvira      Vuole voi due... prima di morire...

Adriano   Che ha preso?

Elvira      E chi lo sa! È il suo segreto... Io non ero in casa...

Albino     Te l'ho sempre detto: non abbandonar la casa, tienila d'occhio...

(Entrano in casa).

Elvira      Ssst! (E accompagna il sibilo col gesto).

Isabella (è abbandonata sulla poltrona con qual­cosa di lana sulle ginocchia).

Elvira      (le va vicino)   Sono qui... li ho trovati... Li ho portati con me...

Isabella (lamentosa, senza esagerare)   Dove sono? Venite qui... qui... che vi veda...

(I due uomini si avvicinano. Isabella li tocca con le brac­cia tese)

Oh, ecco... ecco! Perdono! Perdono per questo che ho fatto... non dovevo, lo so... ma non potevo più vivere senza che voi, senza il vostro... affetto...

Albino     Non parlare... non stancarti... Ma il dottore?

Isabella  No... non importa... non voglio nes­sun dottore... Non lo voglio! Adriano... l'anima mia è bella, sai... tu chissà che avrai creduto... ma io, vedi, non ho paura del giudizio... supremo...

Adriano   Lo credo, Isabella... Tu sei sempre stata... chiara... trasparente...

Isabella  Portatemi vicino alla finestra... Vo­glio un po' d'aria.

(I due uomini trasportano la poltrona vicino alla finestra)

No... no... non andate via... state qui con me tutt'e due... e tu, mamma, sei testimone... Mi dovete perdonare... Me lo dovete dire...

Albino     Ma sono io che ti chiedo perdono... in ginocchio...

Isabella  No, in ginocchio... no...

Adriano   Io,  t'ho torturata... l'ho inventata io questa tortura...

Isabella  L'ho immaginato... ma ti perdono lo stesso...  Era l'amore... la gelosia...  Io perdono tutto, adesso! Anche voi?

Albino     Tutto! Tutto!

Adriano   Isabella, non te n'andare! Resta con noi!

Isabella  E come faccio! Quello ch'è fatto è fatto, ormai!  Dovevamo pensarci prima...  Datemi le  mani... tutte  qui,  tra  le  mie,  strette  strette... Giuriamo... Giurate! Dite giuro!

Adriano   Giuro!

Albino     Giuro! Giuro!

Isabella  Mai più divisi... mai più! E se do­vessi morire, non si sa mai... come pure se dovessi guarire... un  miracolo può sempre arrivare... in ogni caso, noi tre, sempre uniti... Avete giurato, eh!

Adriano   Sì,  sì...

Isabella  Oh, brucio...

Adriano   Ma ci vuole un dottore!

Isabella  E anche un...

Adriano   Un sacerdote!

Isabella  Ecco... Adesso son paga... sono in pace...

Adriano   (ad Albino)   Non perdiamo un mi­nuto... Tu vai al pronto soccorso... Io cerco il prete.... (A Elvira) Le dia subito acqua calda... e latte caldo... ma subito!

Elvira      Sì... sì... (E si avvia verso la cucina).

(I due uomini si sono precipitati fuori allontanandosi verso i lati opposti del palcoscenico. Le due donne restano sole).

Elvira      (dopo una pausa) Non ti viene mica tropp'aria da quella finestra?

Isabella  Eh, sì! Vedi d'accostarla un po'...

Elvira      Pare che sia andata bene, no!

Isabella   Speriamo. E che dovevo fà! Adesso gliel'ho data  la prova!

Elvira      E che prova gli hai dato?

Isabella  Ahó! E che mi resta da fare ancora? Avvelenarmi per davvero. Tutto il resto l'ho fatto, no?

Elvira      Ma sai che sei curiosa. Quasi quasi...

Isabella  A ma': non t'abbioccare in chiac­chiere, adesso. Va' sotto, e li aspetti. Che non salis­sero! Vediamo se sei brava... (Elvira si avvia) Ma'!

Elvira      Eh?

Isabella  Accendi un po' la radio... (Elvira l'accende) Piano, eh... no, cambia stazione... ecco... così... Basta. E adesso, va'.

(Musica. Elvira esce fin sulla strada. Aspetta davanti la casa).

Isabella (s'è tirata su, cerca nella borsa, che ha vicino, una sigaretta: la trova. Come parlasse a qualcuno che la rimprovera) Embè: mi va! (Accende. Fuma).

(Dai due lati della scena arrivano quasi contempora­neamente Albino con un infermiere del pronto soc­corso: calotta e camice bianchi: e Adriano con un prete. Elvira li vede arrivare, e prima che si accostino troppo fa segni di fermarsi e di far piano).

Albino     Che c'è?

Elvira      Ha già... dato di stomaco... e s'è asso­pita un po'... non voglio che adesso la svegliate la creatura mia...

Albino     Ma... qui... ci sono...

Adriano   Se ci fosse un pericolo... non vorrei poi che s'arrivasse troppo tardi...

Elvira      Il pericolo grosso dovrebb'essere pas­sato... Il cuore d'una madre le sente queste cose... (La ragione pare convincente:  tutti annuiscono e dicono quasi in coro: Eh, sì... il cuore d'una madre...)

 

(Isabella in poltrona fuma la sua sigaretta. Alla radio continua il ballabile che inneggia, casual­mente, all'amore materno. Sul quadro, dei vari per­sonaggi diversamente atteggiati, cala il velario).

F  I  N  E

Alla prima rappresentazione di questa commedia, da parte della Compagnia De Lullo-Falk-Guarnieri-Valli, al Teatro di via Manzoni di Milano, il 21 gennaio 1956, le parti furono così distribuite: Isabella (Rossella Falk); Elvira (Italia Marchesini); Adriano (Romolo Valli); Paola (Annamaria Guarnieri); Albino (Mario Maranzana); Il cavaliere (Ferruccio De Ceresa); Achille (Enrico Luche­rini); Beniamino (Gino Pernice); Isidoro (Giuseppe Man­cini). Regia di  Giorgio De Lullo.

* Copyright  by Diego  Fabbri.