La danza su di un piede

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LA DANZA SU DI UN PIEDE

Commedia in quattro atti

di ROSSO DI SAN SECONDO

PERSONAGGI

ESTER MORINI

ELENA MORINT

Il Pittore PAOLO D'ARRIGHI

LUDOVICO RASOI

ALESSIO AURIGI

ANGELA

RAPIDI

Il Pittore CAPERÒ

Il primo atto in città

MICHELE RAPIDI

SUSANNA BENE

ALINE KALIMATOV

GEORGETTE DE FLEUREL

LIONELLO DANTUSO

ORIO TRAMANTI

Il Commissario di Polizia

Un cameriere — Un servo — Un soldato

Il maestro di musica — Il Tipografo — che non parlano

Il primo atto in città. Gli altri 3 in una villa presso Rimini.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 Vastissimo vano nel sottosuolo di un palazzo il cui pian terreno è occupato dalla casa d'arte e cabaret notturno « Rapi­di ». Il vano che la scena rappresenta, serve d'archivio, segrete­ria, laboratorio, magazzino della casa d'arte. Perciò vi si tro­vano le cose più diverse e più strane. Disegni, pitture, studi di scultura, mucchi di carte, manifesti, drappi di parato, arazzi, caricature; il tutto rischiarato da varie lampade pendenti dal soffitto e chiuse in lanterne dalla foggia più bizzarra. Una por­ticina in fondo mostra il piede di una scala a chiocciola che porta sopra. Un'altra apertura a sinistra, celata da una tenda, dà nel laboratorio. Una vecchia scrivania sul davanti a destra; una tavolacela larga con una panca a sinistra verso il fondo. Due larghe ottomane, sedie, panche, sgabelli. È sera.

 (All'alzarsi della tela sono in iscena da una parte, pres­so la tavola di destra, Rapidi, Michele, il Tipografo, il Maestro di musica. Dall'altra, alla tavola di sinistra, verso il fondo, il pittore Caperò che disegna e Susanna Bene che gli si è seduta accanto e lo molesta):

Rapidi                           - (in piedi presso la tavola dopo aver considerato un gran foglio di carta su cui Michele ha abbozzato un manifesto da affiggere sulle cantonate della città) Così, un gran Rapidi in testa, grossissimi caratteri, mi raccomando, senza alcuna denominazione, né Casa d'Arte, né teatro, né nulla. Rapidi è ormai una parola magica sia in Italia che all'Estero, scoppia, scatta, sprizza, scin­tilla, abbacina, affissa in manifesti sulle cantonate; si­gnifica pittura, scultura, musica, dramma, danza, sceno­grafia, nel più moderno senso della parola; significa luce, colore, suono, arte nella maniera più rabbrividente, sintetica, elettrica, fluida e imprevista... Significa...

Susanna Bene               - (che da un pezzo molesta il pittore Ca­però il quale, seduto alla tavola di sinistra, avanti ad una bottiglia di vino è immerso, matita in mano, in una cupa meditazione, interrompendo Rapidi) Sbornia... stordimen­to, indigestione, accapigliamento di cocottes... e tragedie di dame d'alto bordo, come quella di iersera!

Rapidi                           - (ridendo allegramente invece di pigliarsela) Sicu­ro... ah! ah! ah! È proprio così... Qui dentro, se mai l'umanità vi entri savia, ne esce pazza!... Ah! ah! ah! È questo lo scopo che si vuol raggiungere!... Però per te, Susannetta, non occorreva la permanenza qui. Pazza eri di già!... Oh! Oh!... la vedete?... Non è una bolsce­vica?... Ecco un'idea!... Cancella quel Bene; che signi­fica quel suo cognome, Bene? Niente Scrivi: balletti spa­smodici di Mademoiselle Dynatnite!

Michele                         - Devo far davvero così?

Rapidi                           - Così (mentre Michele corregge il manifesto, a Susanna:) Però non molestarmi Caperò. Altrimenti subito di là... Lasciamelo stare con la sua bottiglia e la sua matita... Egli è fatto in cotalmodo! ... Oh! .... Oh! ... S'incupisce piano piano... e comincia a vedere i suoi personaggi... Oh, per lui è naturalissimo!... Non è così, Caperò? ... Figure spaventose che non sembrano uscite da un cervello umano; lunghe teorie di questi strani fantasmi che hanno la forma non si sa se o di vasi allungati di terracotta, o d'imbuti, di lambicchi, di storte o d'altre diavolerie... I palazzi, le strade, le campagne diventano ai suoi occhi pezzi di giuocattoli infernali, te li fa ballare nel quadro come se tu stessi sognando un orribile sogno nero... Ti vien la voglia di scappare, gridando come un disperato... Ma lui... niente! .... per lui è naturalissimo! (rivolgendosi al Maestro di mu­sica) Maestro, sai com'è? ch'io e tu, e tutti questi al­tri, per lui abbiamo davvero la forma di storte, d'im­buti, di animali geometrici inverosimili... ci vede così... è naturalissimo per lui... Vedi, vedi come ci guarda?

Caperò                          - (che guarda d'una serietà assorta, lontana, Ra­pidi e gli altri, con voce cupa e lenta, aggrottando le ciglia) Vorrei... mangiare... un pane... con sottaceti... senape... mostarda inglese... (Tutti scoppiano a ridere, Caperò rimane impassibile).

Rapidi                           - Ve l'ho detto? Si ciba di sostanze spaventevoli!... Immaginate che fermentazione! (a Michele) ...Ma subi­to... Faglielo portar subito un panino imbottito di sot­taceti, senape, mostarda inglese, pepe di cajenna...

Michele                         - Bisognerà vedere s'è giunto il personale di cu­cina! ...

Rapidi                           - Come non è venuto?... Sono le nove!

Michele                         - Lo sai che ritardano e alle dieci talvolta non ci son tutti ancora! ... Sanno che prima di mezzanotte non        - si comincia a servire e ne approfittano!

 Rapidi                          - Ma tu che fai, mio caro? Bisogna metter multe! Multe su multe... Va, sbrigati! ...

Michele                         - (risale la scaletta dal fondo).

Susanna                         - (che non è riuscita a smuovere il pittore Ca­però, gli assesta un pizzico e si allontana con un gesto di disprezzo) Puah! ... Tanto...

Rapidi                           - (cogliendo l'atto, adirato) T'ò detto di non toc­carmi Caperò!

Susanna                         - (con una smorfia) Non è mica fatto di pasta frolla!... Non ha nemmeno sentito il pizzico!...

Rapidi                           - Pretendeva far sentire un pizzico a Caperò! ... (gridando come se Caperò fosse sordo) Caperò, le vuoi fare il ritratto?

Capèko                          - (con voce cupa come se si scotesse) Glielo fo.

Rapidi                           - E come glie lo fai?

Caperò                          - (guardando la donna) Viene... viene... esago­nale con una sfera in cima e tubiforme in giù...

Rapidi                           - (gongolando) Vien bene davvero! ...

Susanna                         - (facendo con le labbra l'atto di sputare) Ppù!

Rapidi                           - Maleducata! Te l'ho detto che qui questi atti non li devi fare.

Susanna                         - Lui sì, mi deve ritrattare tubiforme? (tutti ridono).

Rapidi                           - (agli altri) Sentite mò. (a Caperò) Caperò, quan­do abbracci tua moglie, che prima era cuoca, che cosa abbracci? ...

Caperò                          - (cupo) Un elissoide! ... (tutti ridono).

Rapidi                           - Così... Non scherza!... È tutta una geometria notturna, l'umanità per lui. Andiamo Serrante. Siamo intesi, dunque, per il manifesto (rileggendo) « Rapidi; nuovo programma. Saloni; grande esposizione del pit­tore sintetico, alchimista, ultrafisico, Federico Caperò. Convegno pomeridiano, tè poetici ultravioletti. Spetta­colo serale: teatro a scompartimenti a baleni magnetici. Si daranno le seguenti novità: La rana volante — l'a­more turchino — Un pipistrello nei capelli — Passa di qua, camaleonte — Spettacolo a notte lunga: Balletti spasmodici di Susanna Bene, ovverosia Mademoiselle Dynamite, ecc. Scomposizione allo jazz-band di Madame Aline Kalimatov ».

Aline                             - (ch'è comparsa in fondo con Georgette De Fletirei interrompendo con irritazione) Io vengo sempre pri­ma; mai dopo a nessuno! Sempre stampata al primo posto! Bisogna saperlo; io vengo prima. (Si siede di colpo, accavalla le gambe e le fa vibrare concitatamente).

Susanna                         - (con un inchino ed una smorfia ironica) Oh! viene prima lei! ...

Rapidi                           - (guarda Aline per un po' in silenzio, in uno stu­pore che man mano diventa irritazione, infine scara­venta violentemente il manifesto sulla tavola ed urla 🙂 Voi venite sempre dopo, dopo; infatti, giungete sem­pre tardi, come adesso... E venendo sempre più dopo, un bel giorno resterete alla porta, in coda, e non entre­rete più, ve lo dico io!... Ah, perbacco!... Queste donnettine da nulla che io traggo dall'oscurità e metto all'onor del mondo... appena ottengono due once di suc­cesso, s'ubbriacano, perdono la bussola! (breve pausa) Nei miei manifesti, non c'è me prima né dopo... ci sono io, io, io solo che posso gettarvi via come pianelle vec­chie quando mi pare... e restituirvi all'oscurità d'onde v'ho tratte!... (al Maestro e agli altri) Vedete qui co­me si perde il tempo? Così; questi abominevoli esseri felini danno più daffare che tutta la batteria di uomini impiegati nella mia casa d'arte... Con voi, mademoiselle Georgette, poi... dobbiamo fare i conti! ...

Michele                         - (ricomparendo dal fondo) Che c'è? Che è suc­cesso? Piano, Santo Dio, il pubblico comincia a entra­re, di urli si odono da su... (a Caperò) Un momenti­no di pazienza... vien subito con il panino e i sotta­ceti, (a Rapidi) Ma sei curioso stasera! Sbriga questi qui, che dobbiamo tirar fuori gli arazzetti e i fan­tocci... Intanto scendono Orio Tramani e Lionello Dantuso...

Rapidi                           - (tornando di buon'umore) Buoni questi! Con il maestro siamo intesi, l'orchestrina, lui lo sa, già ce l'ho ed ottima... Quest'altra che voglio mettere dovrebb'essere, dirò così, raffinata, non più fragorosa come quella che mi serve da mezzanotte alle tre... bensì de­licatissima, misteriosa, tenue, vanente... insomma, adat­ta allo stato sonnambolico di persone che hanno tra­scorso la notte tra la ebbrezza di un saba or classico, or romantico, ma sempre turbinoso... (interrompendosi ed additando tra le risa Caperò) Caperò mangia!... ah! ah!... ah!... senape, pepe di cajenna, sottaceti... mangia lui!... (tutti ridono, ridono, ridono poiché Caperò cupo più di prima addenta un panino recatogli da un came­riere in frak presentatosi durante l'ultimo discorso dì Rapidi. Anche Orio Tramani e Lionello Dantuso, com­parsi dal fondo, dopo un momento di stupore hanno co­minciato a ridere, osservando il pittore che continua come se non fosse il fatto suo). Lionello

Dantuso                        - (giovinetto di bella presenza, ele­gante, inesauribile lanciatore dì bombe con la più sno­bistica flemma:) Una volta a Smirne ne ho visto uno simile... sul serio! ... seduto sugli scalini d'una casa tur­ca... parola d'onore... Forse era lui stesso!... Caperò, ci sei stato a Smirne?

Rapidi                           - (che si torce dal ridere) Lascialo stare!... Sono giunti questi due, è finita... non si combina più nulla. Maestro, arrivederci... (al tipografo) A voi, il manife­sto... Siamo intesi... (li saluta e li congeda. Il maestro ed il tipografo escono. Rivolgendosi ai due sopraggiun­ti) V'ho detto che su, tra il pubblico, potete stare quan­to vi piace, ma quaggiù, nei gabinetti miracolosi, no! ...

Orio Tramani                 - Ma noi siamo iniziati!

Lionello Dantuso          - Tu vuoi venderla cara!... Fammi il piacere!... Che vuoi che mi impressioni questo retrobot­tega, se non ha nulla di misterioso! Quand'ero a Pra­ga figurati, in una casa dì fumatori d'oppio, il padrone, per rispetto, voleva far coricare me e la mia amica, in un giaciglio dove un inglese, avendo riveduto con gli occhi il desinare ingoiato un'ora prima, si trastullava con una meretrice... Figurati, dunque!

Orio Tramani                 - Lionello, è troppo grossa!

Lionello Dantuso          - Sul serio... Qua. la mano!... Parola d'onore!...

Rapidi                           - Che fanfarone!... Te l'ho già detto, se mi fai un numero di tali fanfaronate ti scritturo!

Lionello Dantuso          - No, non posso... Che c'entra?.!. Sono cose vere... Figurati che quando passai nella piccola Russia...

Rapidi                           - Insomma, che cosa volete?

Orio Tramani                 - Sto scrivendo un atto unico violentissi­mo, per il tuo teatro...

Lionello Dantuso          - Che fischi, parola d'onore!...

Rapidi                           - (come volendoli piantare in asso) Andiamo, Mi­chele, tiriamo fuori i fantocci...

Michele                         - Io vado, perché se aspetto te!... (esce).

Orio Tramani                 - (a Rapidi) Un minuto; dobbiamo parlare seriamente. Siamo venuti in veste ufficiale... a intervi­starti.

Rapidi                           - Su che cosa?

Orio Tramani                 - Diamine!... Sulla tragedia accaduta qui iersera!...

Rapidi                           - (col tono di uno che voglia seppellire un avveni­mento) Ma se è finita! se non se ne parla più!

Orio Tramani                 - Ne parla tutta la città!... Nei circoli mondano-intellettuali, la principessa Maurini fa le spe­se della giornata!...

Rapidi                           - Ma santo cielo, che cosa ci posso fare io, se in un locale come il mio, largo come un porto di mare.... una donna pazza... innamorata... si precipita e spara...

Orio Tramani                 - Ah, dunque spara?...

Rapidi                           - (che s'era contenuto un momento scoppia a ri­dere) Ma sì... spara., spara!... Ha sparato!

Aline                             - (con i denti stretti) Di queste cose gravi, ride lui, ride, capite, Georgette?...

Georgette                      - (si lancia alle spalle, di Tramani e gli mor­de la nuca).

Orio Tramani                 - (urlando) Ahi! Ahi!

Georgette                      - (con accento francese) Non ti sei fatto più vedere! Sei un vero canaille!..

Lionello Dantuso ........ - Capperi, come giuoca questa! Nelle Filippine ne ho vista una simile!

Orio Tramani                 - (riuscendo a svincolarsi, e voltandosi a riconoscerla) Tu! Maledizione! Lasciami intervistare Rapidi! ...

Rapidi                           - Smettetela Georgette! O non vi fo più entrare! Ricordatevi del sifone di acqua di seltz!

Lionello Dantuso          - Che ha fatto con il sifone?

Rapidi                           - L'ha scaraventato da un tavolino all'altro, sere fa, ad un tavolo ch'ella pretende, le facesse una smor­fia! Un sifone, che se Dio liberi scoppiava, ne ammaz­zava cinque o sei... Un sifone se si spezza, è una bom­ba!... Altro che le revolverate della principessa Maurini!

Lionello Dantuso          - Vuoi paragonare!.. Una cosa è la principessa Maurini e un'altra è Georgette!...

Georgette                      - Pourquoi? Pourquoì? Anche tu sei un ca­naille! ... (sta per lanciarsi) Che cosa ha più di me que­sta principessa? Lionello

Dantuso                        - Ohe! Ohe! Non mi picchiare adesso!

Orio Tramani                 - Qui non si giunge mai a fare un discor­so filato!... Hai capito che vengo per il giornale? Dun­que, com'è andata la cosa? Paolo D'Arrighi si trovava qui, questo lo sanno tutti, ma stava con delle donne?

Caperò                          - (fa suono di disprezzo con le labbra; e atteggia il volto, ad una smorfia come se sentisse cattivo odore).

Rapidi                           - Vedi? Vedi? S'è svegliato un momento!..

Lionello

Dantuso                        - Che hai Caperò? Ti senti male?

Rapidi                           - Macché, non può sentire nominare Paolo D'Ar­righi, perché secondo lui, è un pittore oleografico e mondano! .. Ma adesso è finita, beve e non ti sente più!

Orio Tramani                 - (impazientemente) Mi vuoi dare ascolto? Paolo D'Arrighi, insomma, era con delle donne quando è entrata la principessa?

Michele                         - (il quale è ritornato su per la scaletta, dopo l'ac­cenno ai fantocci, ripresentandosi di corsa con un fan­toccio sotto il braccio) La principessa Maurini! ... All'erta, ragazzi! .. È qui!

Lionello Dantuso          - (fingendo di scappare) Si salvi chi può; spanai di nuovo! (non ha il tempo di ricomporsi che entra Elena Maurini, pallida, con gli occhi rossi, concitata, elettrica).

Elena                             - (che è scattata sino in mezzo alla stanza, si ferma, batte le ciglia, si guarda in torno; poi con voce di pazza) Dov'è?

Rapidi                           - (costernato e imbarazzato si volge intorno, poi:) Aline Kalimatov, su, che state più a fumare qui, sa-litevene a vestirvi, a spogliarvi, voglio dire, per la dan­za!... Anche voi, Susanna, via!...

Susanna                         - Piano, caro... Con garbo!... (esce risalendo la scaletta).

Aline                             - Avete ragione! Voi siete il gallo del pollaio! Se non vi tirano il collo!... (esce anche lei).

Un servo                       - (che indossa uno smoking dagli svolti tur­chini, si imbatte nella scaletta con Aline, ed entra con­citato, facendo dei segni d'intesa).

Rapidi                           - Un'altra? Che cosa c'è? Che c'è?

Il servo                          - C'è... Il commissario di polizia, vuole entrare a parlarle!

Rapidi                           - E perciò, questa tremarella?... per un commissa­rio! ... Fallo venire... Aspetta... (si gratta la testa, si avvicina ad Elena e piano:) Ma figliuola mia, amica mia, non ve l'ho detto?... Non vi fate vedere... parti­te... andatevene in campagna da vostra sorella... Ma come?... Io faccio di tutto per coprire la cosa... e voi!... State impazzendo, ve lo garantisco, avete perduta la testa! ...

Elena                             - Voglio vederlo per l'ultima volta! ... Devo ridar­gli le lettere!

Rapidi                           - Datele a me!...

Elena                             - Gli devo parlare... È qui. Lo so. È qui! ...

Rapidi                           - Ma non c'è! ...

Elena                             - C'è!

Rapidi                           - (fa un cenno a Michele che si accosti e lo trae in disparte) Come facciamo? Questa: qui lo vuol vedere!... È ancora nello stanzino cinese?

Michele                         - Sempre lì. Non s'è mosso da iersera! ... Sono entrato a domandargli se volesse un ristoro... ha bevuto un brodino, e poi... non so... s'è addormentato... insom­ma, buttato lì sempre, nel suo frak... non s'è tolto nemmeno il colletto!...

Rapidi                           - (al servo) Non ti muovere, Guatèla!

 Il servo                         - (scrolla le spalle come per dire « Sono qui »).

Rapidi                           - Intanto il commissario bisogna riceverlo!

Michele                         - S'intende!

Rapidi                           - E questa qui? (risolutamente) Sentite amica mia, siete venuta, peggio per voi! ... Ficcatevi qui den­tro nel laboratorio, e non vi muovete per ora! C'è il commissario e siete in trappola!...

Elena                             - Aspetterò! (passa e scompare a sinistra).

Rapidi                           - (al servo) Fa discendere il commissario (uscito il servo) E noi, amici miei, qui stiamo a divertirci e a chiacchierare... Naturalmente, voi due iersera, siete stati testimoni oculari di quel che dirò... E naturalmente quel che dirò, sarà anche la versione ufficiale per i vostri giornali. Siamo o non siamo amici?

Lionello Dantuso          - Non te ne curare. Bel tipo dev'es­sere questo co... (s'interrompe perché -il commissario si presenta).

Il commissario               - (giovane con pretese di eleganza, buf­fetti in su, bastone con il manico d'argento) Rispetta­bili signori... perdonatemi se sono importuno... Illustris­simo signor Rapidi...

Rapidi                           - Si accomodi, caro commissario... Ebbene, che c'è di nuovo? ...

Il commissario               - Mi dispiace d'entrare qui, nel tempio voglio dire dell'arte... in veste di...

Rapidi                           - (fingendo di non capire) Conosce Georgette?

Georgette                      - (si avanza pavoneggiandosi).

Il commissario               - (inchinandosi) Ho avuto già l'onore di apprezzare...

Georgette                      - Sa?... Io sono l'amie... l'amica... di Sua Ec­cellenza Bartini!

Il commissario               - (inchinandosi e sorridendo con compun­zione) So... so... (prendendo la mano dì Georgette e baciandogliela) Sempre ai suoi ordini!

Georgette                      - Vuos étes un trés gentil commissair de po­lke!... Approfitterò... Très joli gargon!...

Il commissario               - (confuso) Molto onore... onoratissimo! ... (ricomponendosi) Ecco... le assicuro, signor Rapidi... che m'incresce tanto di dovere, per un momento... tirar fuori...

Rapidi                           - (interrompendolo per prevenirlo) Bravo! ... Ho capito... Lei mi ha recati altri bei suoi versi per mu­sica... (additando Orio e Lionello) Conosce? Due gio­vani preti anch'essi, e giornalisti rinomati: Lionello Dantuso e Orio Tramani.

Il commissario               - (stringendo loro la mano con premura) Fortunatissimo... felicissimo... Ma, ecco signor Rapidi, mi perdoni... non si tratta di versi ed io intendevo... (tira fuori la fascia) ...del mio uffizio... nella mia qualità di commissario... Lei non può sapere quanto mi dispia­ce... Sono stato incaricato, ecc..

Rapidi                           - Ma sicuro!... Faccia... faccia... Di che si tratta di grazia? ...

Il commissario               - Di questa benedetta principessa Mau­rini... Che cosa mai l'è venuto in, mente di fare... ieri sera?

Rapidi                           - (con indifferenza) Oh, quell'incidente del revol­ver?... Una sciocchezza!... Ma s'immagini...

Il commissario               - Già... ma... vede... Circola la voce che la principessa abbia proprio tirato due colpi sul pittore Paolo D'Arrighi...

Rapidi                           - (ridendo) Ma nemmen per sogno!... Carlo, va a chiamarlo... a quest'ora è già in salone a divertirsi... (uscito Michele) Glie lo dirà lui stesso, è contento? ...

Il commissario               - Ma io, per me... Lei capisce, signor Rapidi...

Rapidi                           - Certo... certo... Ma la borghesia guarda la mia Casa d'Arte come la grotta del diavolo, si monta la te­sta, ne racconta di madornali... Iersera!... niente!... non so chi mostrava un revolverino tutto dorato che sem­brava un gingillo... la principessa lo prende tra le sue dita, e giuoca e rigiuoca... finisce con il far scattare il grilletto... Uno... un colpo solo... Sicuro... a momenti colpiva D'Arrighi...

Orio Tramani                 - Ma per fortuna...

Lionello Dantuso          - Proprio così... Diamine, c'eravamo noi...

Il commissario               - Ah, lor signori erano presenti? ...

Lionello Dantuso          - Come? Un momento prima l'avevo avuto io in mano quel grazioso revolver!...

Il commissario               - Allora, se è così...

Lionello Dantuso          - Così... Si figuri: un fatto simile m'è accaduto al Cairo...

Il commissario               - Ah, bene, benissimo... Per me, l'importante è, capiscono? di poter stendere un rapporto!...

Lionello Dantuso          - Lei stenda pure e ci metta i nostri nomi...

Il commissario               - Mi tolgono davvero un brutto peso... Perché, si mettano nei miei panni, se si trattasse di gente di mala vita... Ma con certi nomi, alle volte, un povero commissario, quando crede d'aver agito proprio bene, si sente dire che ha sbagliato... E lì... trasloco... magari punizione, e non si sa dove si va a finire... (scri­vendo nel taccuino) Dunque... dunque... signor... Lio­nello...

Lionello Dantuso          - Dantuso... poeta... e Orio Tramani, drammaturgo.

Il commissario               - (respirando) Bene, benissimo! Sono davvero felice e li ringrazio di tutto cuore!

Lionello Dantuso          - Niente, dovere... Quando vuole altri schiarimenti, passi da me, sempre a sua disposizione...

Il commissario               - Le manderò un volumetto...

Lionello Dantuso          - Bravo!... Mi farà piacere... Ne scri­verò in una rivista...

Rapidi                           - E allora, non occorre nemmeno che vediate Paolo D'Arrighi...

Il commissario               - No... se... Non importa...

Rapidi                           - Ma poiché è qui!... Eccolo... sano... vegeto... fresco.... incolume,..

Il commissario               - (andando incontro a Paolo il quale con U frak un po' in disordine e con l'aria imbambolata s'è presentato dal fondo) Mi congratulo sinceramente con lei, dello scampato pericolo! .. Quando si dice, alle volte, uno scherzo... Mi rallegro di cuore e la ossequio. A ri­vederli, signori, grazie ancora, grazie infinite. (Esce come, uno che si è tolto da un incubo).

Georgette                      - Adieu, mon petit chou!

Paolo                             - (con voce stanca e cupa) Chi è quel cretino?

 

Rapidi                           - Sta zitto che ci è andata bene. Il commissario.

Paolo                             - Me ne infischio.

Rapidi                           - (ridendo) Pover'uomo! Aveva più voglia di noi di rimediar la faccenda... Adesso andatevene, ragazzi... Se volete, vi metto a disposizione una tavola sopra, e una bottiglia...

Lionello Dantuso          - (a Orio) Ti va?

Orio Tramani                 - Perché no?

Rapidi                           - Bravo! Michele, accompagnali... Conducetevi Geor­gette. (prima che Michele esca) Dì un po', a che punto siamo su?

Michele                         - Si è alzato il sipario...

Rapidi                           - Pubblico?...

Michele                         - Così così...

Rapidi                           - Mi raccomando non troppo lungo l'intermezzo per attaccare i balletti... Ma poi salgo io! ... (Dantuso e Tramani sono usciti con Georgette; esce anche Mi­chele).

Rapidi                           - (a D'Arrighi) Scusami se ti ho fatto importuna­re... Mai certo non potevi stare ancora due giorni disteso suoi cuscini del mio salotto cinese... Non dico per me, bada. Esso è a tua disposizione fin che ti garba. Dico per te...

D'Arrighi                       - (si volge a Caperò come ad avvertire Rapidi della presenza di lui).

Rapidi                           - Non ascolta. Non ci sente nemmeno se lo picchia­mo, (breve pausa; riprendendo il discorso) Dunque, io, buon amico, ti consiglierei di riflettere seriamente ai casi tuoi... Tu capisci che così non può durare...

D'Arrighi                       - Lo so; ma il fatto che lo so non muta nulla...

Rapidi                           - Nossignori. Averle la coscienza della gravità d'una situazione è già qualcosa!

D'Arrighi                       - Macché! Da, un anno, e precisamente dal giorno in cui ella per me lasciò il marito dopo pochi mesi di matrimonio, io non ho cessato di avvertire alle mie spalle la sensazione oscura e minacciosa d'un tremendo pericolo, e pure ho corso, corso, corso con lei come verso una felicità che mi chiamasse dal fondo di un abisso! È difficile a spiegarsi... Il presentimento pauroso che ha ac­compagnato il rombo della paissiane durante tutto il tempo del nostro amore era cresciuto talmente in me, che ier­sera, nell'attimo concessomi per rendermi conto che l'og­getto lucente nella manina di lei era un revolver, fu per me, anzi che un attimo di sgomento, di sollievo, come se il timor vagò ed oscuro accumulato in fondo al mio ani­mo mi avesse preparato già e rassegnato ad una sven­tura maggiore...

Rapidi                           - Zitto, non dir più nulla... Bada a te, amico mio. Quando si è giunti al punto di trar un respiro di sollievo dinanzi ad un'arma puntata contro di noi perché ci si aspettava di peggio, non si può più prevedere dove si andrà a finire, (breve pausa) Guarda, io la chiamo, è qui... Discorriamo, discorrete... Vediamo di giungere ad una soluzione, anche momentanea... (chiamando a sinistra) Donna Elena... (continuando mentre Elena si presenta) ...Certamente non avete scelto e fissato come la migliore meta del vostro cammino il cimitero per l'uno e la galera per l'altra... Voglio sperare che qualcosa di meglio sorri­derà ancora alla vostra giovinezza!... Dunque, vogliamo esser ragionevoli?

Elena                             - Egli desidera ch'io lo lasci libero... Ho ben udito, stando dietro la tenda, le sue parole... Sono un incubo per lui... Me n'era accorta anche prima.... perciò iersera la disperazione mi ha condotta a quel punto!... Siete tutti contro di me, lo so! ... Infatti, potevo ucciderlo senza ra­gione... è verissimo... Sono un mostro... la mia gelosia è folle... Ma nessuno ha avuto la generosità di riflettere sulle condizioni della mia sofferenza... Io mi chiamo Elena Maurini... e perché il mio orgoglio non m'impedisce di venir sin qui... per una scena che mi mettesse a paro con Georgette e con Fanny... vuol dire...

Rapidi                           - Ma no, niente affatto... voi restate sempre voi... amica mia... Qui dentro avete patrocinato con altre dame del vostro rango, feste d'arte, spettacoli teatrali, inizia­tive estetiche d'ogni genere, ed io, come gli altri, ho ap­prezzato e ammirato in ogni occasione il vostro buon gusto e la vostra sensibilità... Se il vostro amore fosse stato arido, come quello di molte dame del vostro mondo, non vi sareste innamorata d'un artista, sino al punto di perdere interamente la testa per lui... di commettere una sciocchezza pari a quella di iersera... Non c'è dunque nessuno che vi creda un mostro... Nemmeno lui, povero D'Arrighi, che a momenti mandavate all'altro mondo...

Elena                             - Gli ho portato le lettere... per dargli... per ridargli la libertà... poi che io... sono un ostacolo nella sua vita... un pericolo... una minaccia funesta... E di me... non so... sarà quel che sarà! ... (con improvviso impeto, alzando soltanto ora gli occhi su Paolo) Ma voglio che mi per­doni, che non rimanga pieno di rancore verso di me... perché se io l'uccidevo... se l'uccidevo... era per amore...

Rapidi                           - (trattenendosi a stento dal ridere) Sì... è veris­simo... sicuro... Che volete?... Però vien da ridere... (ri­dendo) perché, ammazzare un altro per troppo amore... Insomma, non c'è la consuetudine!...

Elena                             - Va bene... merito anche questa ironia... la ricevo per penitenza! ...

Rapidi                           - Ma no... ma no... che c'entra?... È l'amore amica mia, pieno d'incoscienza! ... Guardato di fuori fa ridere... ma certo, chi se ne sente bruciare!... Avrei tutta una mia teoria sull'argomento, ma lasciamola lì! ... La questione è questa, torno a dire. Vedete dove siete arrivati tutti e due? È possibile che continuiate?...

Elena                             - È giusto... È troppo giusto... Io... io... (scoppiando in singhiozzi e sciogliendosi in lacrime come una bimba) lo lascio libero... libero... lib... ero... Gli... gli... rido... tu... tutte... le... co... cose mie... E... resto... so... sola..', nel... mondo... per... perché... per me... non c'era... altro... che... mi... lui... Ecco... io pò... poso qui... le... le lettere.,, e va... vado... via... via...

Paolo                             - (si muove tossisce e prima che Elena abbia rag­giunto la porta di fondo, con voce di pianto) Elena!... Un momento... volevo dire...

Elena                             - (corre a prendergli le mani) Oh, si, perdonami pri­ma, mi voglio inginocchiare, domandarti perdono!...

Rapidi                           - E buona notte! (scappando via dal fondo) Ragazzi, quando avete finito mi fate chiamare... (Eletta singhiozza per lungo tratto sul petto di Paolo, il qua­le costernato, osserva di sul capo di lei il pittore Caperò, che però sembra come assonnato sul foglio di carta e solo a intervalli muove il braccio per disegnare una linea. Lunga pausa).

Paolo                             - Non ti ho trattenuta per farti pentire della tua decisione, né per un impeto egoistico del mio amore...

Elena                             - Sì... è vero... Non dobbiamo più... più.

Paolo                             - Credo.. Elena... Credo anch'io così... Ti amo troppo per non essere pronto a qualunque sacrificio pur di togliere a questa piccola mano bianca e adorata la possibilità di macchiarsi niente meno che di sangue.

Elena                             - Oh, bambino mio, tu non sai ancora, non puoi sa­pere che cosa accade dentro di me, appena mi s'affac­cia il pensiero che tu possa essere d'un'altra!... Ieri nel pomeriggio non fummo cortesi l'uno verso l'altra Quando mi lasciasti mi pareva che tu facessi quella mossa così comune e così orrenda dell'uomo che s'è stancato!.. Non capii più nulla... le cose cominciarono a ridarmi intorno... Ebbi la sensazione di rovinare in fondo a un pozzo... mi assalì una vampa d'odio pensan­do che tu eri qui, parlavi,., ridevi con altre donne... e il piccolo revolver che avevo tratto per me...

Paolo                             - Sì... zitta... lo so... ti so... Per amor mio divenivi assassina!

Elena                             - (piangendo) Paolo, come... come faremo?

Paolo                             - Dobbiamo guarire.

Elena                             - Lasciarci così d'un tratto! Per sempre?...

Paolo                             - Farei qualunque sacrificio per ridarti la pace. Non ho dimenticato nulla, Elena. Ricordo quel che e-ro e quel che sono divenuto per te... Ero ignoto come artista e tu mi hai fatto conoscere in un mondo ch'io non sognavo nemmeno... hai acceso nell'arte mia stessa una luce che prima non possedevo...

Elena                             - (ritraendosi) Oh, per questo...

Paolo                             - Non son cose da nulla, Elena!... E se non ci fos­se l'amore basterebbero da sé sole a legarmi per sempre di riconoscenza 'a te...

Elena                             - (agghiacciata) Basta, ti prego... Ora capisco ve­ramente... È finita, Paolo... Tu parli di riconoscenza!...

Paolo                             - Non devo parlar d'altro... Tu stessa... ora, non hai riconosciuto che mai... più mai? ..

Elena                             - Sì... è vero! ... (pausa, piange).

Paolo                             - Sono divenuto come una malattia per te; una malattia il cui tormento ti riempie d'un fascino deli­rante... e alla quale perciò sei legata... Ma io non pos­so, per il rispetto che nutro verso di te, e verso il no­stro amore, accettare quest'ultima, forma del tuo ardore, senza sentirmi umiliato, ed insieme colpevole... Ecco perché, se potessi distruggermi nel tuo cuore, per il tuo bene, lo farei...

                                      - Rimarrei vuota, senza più nulla... E invece tu solo puoi guidarmi, te solo posso ascoltare... Sì, bisogna guarire di questo male... Ma chi potrà farmi guarire se non tu stesso?

Paolo                             - Magari, Elena! Ma non mi par possibile... perché se io sono il tuo male, come posso essere a un tem­po il tuo medico?

Elena                             - Ora capisco quello che ho fatto. Per troppo amore, ho reso impossibile l'amore!... Ho compromesso il tuo avvenire, la tua vita stessi»!... Io non sono che una cattiva bambina! Ma abbi pietà, non la lasciare così d'un tratto... Abituala pian piano a considerarti come amico... a distaccarsi gradatamente da te... (come volen­doselo inchiodare in mente) Sì, sì, devo avere maggior rispetto di te, sentire che è ignobile la mia avidità di parassita aggrappata a te per nutrirsi di tutte le tue forze, quasi che tu non dovessi vivere anche per te e per la tua arte!... Ho capito. Soltanto ora ho capito: dobbia­mo diventare veri amici. Mia concedimi un po' di tempo ed il tuo aiuto .per questo... Nei momenti di maggiore an­goscia mi ha sempre sorriso vagamente la speranza che un giorno, vinto il tormento potremmo illuminarci l'anima in un sentimento fraterno. Proviamo, Paolo, proviamo.

Paolo                             - È difficile Elena, lasciamelo dire, non vorrei il­luderti, profittando della credulità d'un tuo momento di stanchezza dopo la crisi che ti ha spiantata e non ti fa avvertire il tuo corpo... domani...

Elena                             - No Paolo, ti supplico, non togliermi questa spe­ranza. Ti chiedo per tutto l'amore che malamente ti ho voluto, che non ci lasciamo bruscamente stasera, ecco! mi lascerai fra un mese, fra due, se non avrò saputo essere veramente e unicamente tua amica. Sei stato tanto paziente, sei stato così buono. Sialo ancora un poco, un poco soltanto! Non poterci stringere le mani, guardarci negli occhi, parlare, comunicare, senza più cattivi brividi, con anima chiara, con gioia franca... Quale felicità! Vedi, vedi adesso null'altro vive in me al di fuori di questa aspirazione: di tutti i miei torti, di tutta la mia febbre, di tutte le mie aberrazioni non c'è in me più ricordo... Sento di poter essere così come ti ho detto....

Paolo                             - Bada, Elena, bada tu t'illudi.

Elena                             - Non dirmelo! Non dirmelo, non mi togliere la forza!

Paolo                             - E va bene, Elena. Non vuoi che io dica nulla! E non dirò più nulla, non farò nemmeno un gesto che tenti d'indebolire la tua risoluzione. Sarà ancora una prova della devozione che ho per,te, va bene?

Elena                             - (con effusione) Grazie, Paolo grazie. Noi parti­remo. Andremo in Villa da mia sorella... È una donna forte... ci aiuterà...

Paolo                             - Come vorrai...

Elena                             - Ella saprà comprendere... perché ha appreso a vivere in solitudine senza debolezze, senza amore.

Paolo                             - Si., ricordo.. Non ha mai voluto amare...

Elena                             - Vedrai... vicino a lei, tutto sarà più semplice, più facile, lontani dalla città... da quest'aria malsana!... Tu porterai con te le tue tele i tuoi colori e lavorerai... e un'anima buona nuova nascerà dentro di noi... è vero, Paolo, dimmi di si... dimmi che sarà così!

Paolo                             - Si; si, farò come tu dici... farò quello che vor­rai... vedremo si... vedremo... Va ora, piccola va.... Non trattenerti più qui... Esci da sola... Ti raggiungerò... E stabiliremo il momento della partenza. Va bene?

Elena                             - Si; Paolo... grazie lo vedi?.. Ancora da te mi viene la vita!... (gli stringe forte la mano; fugge al fondo, si ferma un momento, saluta, sorride e scom­pare).

 


Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Ampia sala d'ingresso in una villa signorile, che dà per una veranda del fondo, nel giardino illuminato di un sole prima­verile.

Due porte, una a sinistra, un'altra a destra.

La sala è ammobiliata con gusto ed eleganza.

In fondo, presso la veranda, due tavole strette e lunghe!, rettangolari sopportano due gabbie di vetro della stessa lun­ghezza, che servono all'osservazione degli insetti e degli aracnidi. È mattina

Ester                              - (curva sul suo osservatorio di vetro, con l'occhio fermamente intento su qualcosa di molto sottile, sema voltarsi e senza muover palpebra 🙂 E perciò vuoi andar­tene?

Angela                          - (con gli occhi rossi di pianto e lo sguardo smar­rito) Non è per lei, signorina. Per lei, anzi, qui ci starei non so quanto ancora... Ma i luoghi... l'aria stessa...

Ester                              - (con una punta d'ironia) Già... ti ricordano il per­duto amore...

Angela                          - A lei pare che sia facile, Eccellenza...

Ester                              - Niente eccellenza...

Angela                          - (correggendosi) Signorina...

Ester                              - Non mi pare né facile, né difficile... mi sembra stupido. Ma, naturalmente, fa come ti pare...

Angela                          - Pareva cosi onesto, così seriamente disposto...

Ester                              - Vuol dire che l'aria di Francia l'ha indisposto...

Angela                          - Certamente. Se rimaneva qui non si mutava...

Ester                              - Che fa in Francia?

Angela                          - Quel che faceva qui all'aerodromo. Meccanico aviatore...

Ester                              - E ti ha scritto-?...

Angela                          - ...che ha riflettuto... che il suo mestiere non consente un legame come quello del matrimonio... e che perciò... dispiacente... mi lascia libera...

Ester                              - È chiaro!

Angela                          - Lei non vuole perdonarmi...

Ester                              - Io? Che c'entro io?

Angela                          - Se consentisse di buon grado, mi permetterei di chiederle soltanto un mese di licenza...

Ester                              - Per andare a Parigi?

Angela                          - No, signorina... Nemmen per sogno... Non lo cer­co più...

Ester                              - E allora?...

Angela                          - Vado a casa da mia madre, mi allontano un po' da qui, mi divago... Poi tornerei al suo servizio...

Ester                              - (come per finirla) Va bene, va bene... Ma non mi piace, te lo dico francamente... è ridicolo...

Angela                          - (rimane interdetta, piange silenziosamente).

Ester                              - (osservando la sua gabbia, come scoprendo qual­cosa:) Ecco, passeggiano... Una vera passeggiata...

Angela                          - Sicuro... si passeggiava la domenica... si fa tutte così quando si è fidanzate... e se poi ci si sposa, non c'è niente di male... Il male è...

Ester                              - Non dico a te... Dico che i miei scorpioni passeg­giano...

Angela                          - Ah!

Ester                              - (come a se stessa) Anche gli scorpioni, maschio e femmina, sì prendono graziosamente per le braccia e passeggiano... è anche presso di loro il preludio delle nozze...

Angela                          - Felice sua eccellenza che bada alle sue bestiole e non sa nulla di queste angustie...

Ester                              - (si volta, la guarda e ride) Ti sei fatta anche ardita!...

(Si presenta dal fondo Ludovico Rasci in costume aviatorio).

Ester                              - (senza insistere nel guardarlo, tornando alle sue osservazioni) Ah, siete di ritorno? E il vostro volo?

Ludovico                      - (seccato) Non se ne fa nulla. Non è ancora stata sostituita l'elica... A quell'aerodromo dormono tutti...

Ester                              - Buon sonno! Io m'aspettavo da un momento all'altro di udire il ronzio nell'aria... La giornata è splen­dida di sole; senza una bava di vento!...

Ludovico                      - È già primavera trionfante!...

Ester                              - (guardando nella gabbia) Lo vedo...

Ludovico                      - Lo vedete lì? In quell'orribile gabbia di arac­nidi?

Ester                              - Sicuro. I miei scorpioni passeggiano...

Ludovico                      - E quando passeggiano? ...

Ester                              - Si può giurare ch'è primavera... La primavera li innamora... Oh, quale dolcezza per gli scorpioni que­ste variazioni peripatetiche prima dell'amore!... Glie lo dicevo per l'appunto alla mia cameriera, che ha passeg­giato anche lei la domenica, ed ora., se ne trova male.

Angela                          - (arrossendo e abbassando il capo) Eccellenza...

Ester                              - Va pure, va, cara. E se tra un mese il ricordo dei luoghi non ti dorrà ancora, potrai tornare...

Angela                          - (si inchina ed esce da sinistra).

Ludovico                      - Senza pietà davvero!...

Ester                              - Che costa intendete dire?

Ludovico                      - Vedete gli uomini alla stregua degli insetti!

Ester                              - È questo il bello!

Ludovico                      - Perché tremano tutti del vostro sarcasmo!

Ester                              - Benissimo. Studino anche loro anatomia nelle sale chirurgiche, come ho fatto io a diciott'anni, compiano le esperienze che ho compiute io, si mettano a contatto con la vita degli animali, e poi, se ne hanno ancora il desiderio... passeggino... Venite qui, amico mio, osser­vate...

Ludovico                      - (s'avvicina, si china, ha un piccolo moto di ribrezzo) Oh!

Ester                              - Diamine! Un uomo che ha visto i deserti!...

Ludovico                      - Non potete metterlo in dubbio...

Ester                              - Non ne ho l'intenzione... Guardate allora...

Ludovico                      - Una tigre non mi fa paura; anzi, mi aizza alla lotta... questi piccoli mostri mi riempiono di ri­brezzo...

Ester                              - Sensazioni da femminuccia. Guardate... Il ma­schio, il più esile, ha preso gentilmente la femmina per le tanaglie,. con le sue tenaglie... Si son fermati or ora... è una breve sosta amorosa, alzano le code, le ripiegano su sé stessi fino a toccarsele, possono rimanere così per mezza giornata... o per... No, riprendono la passeggia­ta... Vedete?... proprio a braccetto... ma disposti diver­samente degli uomini... perché il maschio deve necessa­riamente camminare a ritroso...

Ludovico                      - Fanno delle smorfie con le mandibole.

Ester                              - A loro modo si sorridono.

Ludovico                      - È orrido... E dove vanno?

Ester                              - Il maschio, con molto garbo, tenta di condirsela in quel buco... I buchi li ho preparati apposta... Se giungerà a persuaderla, può darsi che nel pomeriggio sarà l'amore... In tal caso, stasera mi convertirò e vi darò un bacio, se saprete ritrovarmi una sola briciola del maschio...

Ludovico                      - Come? Dove sarà finito?

Ester                              - L'amante se lo sarà mangiato!

Ludovico                      - Lei!

Ester                              - La scorpiona non transige. Dopo l'amore... si mangia l'amato!

Ludovico                      - È una canaglia!

Ester                              - Ha sulla femmina dell'uomo questo vantaggio, si ripaga così dell'onta subita. Vedete, per esempio, la mia cameriera, dal livore, dal rossore, dall'angoscia, non può star qui, perché il fidanzato, diciamo più chiaramente, l'amante, le ha scritto che non vuol più saperne... va a nascondersi per un mese... Se invece se lo fosse mangiato!...

Ludovico                      - Adesso volete farmi paura!

Ester                              - Nemmeno per idea! ...

Ludovico                      - Volete farmi capire che se non proprio man­giarmi... Insomma, mi uccidereste certamente! ...

Ester                              - Siete d'una vanità incommensurabile!... Potrete rimaner in casa mia un anno, e vi assicuro che... non passeggeremo mai!... Non c'è pericolo!

Ludovico                      - (con sussiego) Oh, tanto meglio! Le intem­perie ed i pericoli mi hanno vulcanizzato l'epidermide, la primavera non ha potere su me, come sugli scorpio­ni, (pausa) Permettete, vado a mutarmi.

Ester                              - Andate, andate.

Ludovico                      - (si ferma) Ah, volevo dirvi... (dopo una bre­ve pausa).

Ester                              - Dite...

Ludovico                      - Ecco: giacché non si vola... ho stabilito di partire per non approfittare oltre della vostra cortese ospitalità...

Ester                              - (ironica) Oh, via!... Volete proprio darmi un colpo al cuore!

Ludovico                      - No, lasciamo (andare!... Dico davvero!... Voi avete ora altri ospiti nella villa...

Ester                              - Senza complimenti, caro amico, se vi conviene di rimanere ancora rimanete quanto vi pare, perché non mi date nessun fastidio... C'è posto per tutti...

Ludovico                      - (si morde le labbra) Bene, se è così... Vostro cugino non si è ancora levato?

Ester                              - I debosciati conservano anche in campagna le abitudini di città, si levano al più presto a mezzogiorno...

Ludovico                      - Il (pittore D'Arrighi l'ho veduto (al poggio, già al lavoro, con il suo cavalletto e i suoi colori...

Ester                              - Non ho detto che anche luì sia un debosciato. Non posso dir nulla. Non lo conosco bene!

Ludovico                      - E vostra sorella?

Ester                              - Uhm!... Cercate compagnia? Ridiscendete, e chiacchiereremo. Mi parlerete del Congo...

Ludovico                      - Se non vi interesso!...

Ester                              - Chi ve l'ha detto?

Ludovico                      - Oh, ma... così! ...

Ester                              - Ah, naturale, caro... Così... da dalmerati... E come altrimenti? ... come gli scorpioni? ... No, non è da noi... son cose da scorpioni e da cameriere...

Ludovico                      - Tremenda... Disumana!...

Ester                              - Disumana, non è l'aggettivo! ... Disumana se di­sprezzassi qualità che sono soltanto degli uomini... ma quando son caratteristiche anche delle bestie! ...

Ludovico                      - (tappandosi le orecchie con le inani) Fero­ce!... (Fugge via da sinistra).

Ester                              - Ah! Ah! Ah! (scoppia in una risata argentina, squillante, tagliente,).

(Mentre Ester continua le sue osservazioni alla gabbia degli insetti, compare dal fondo Paolo D'Arrighi con il cavalletto e la tela sotto il braccio, e. la scatola dei colorì).

Ester                              - (tralascia le sue osservazioni).

Paolo                             - (depone gli oggetti e toltosi il cappello, si avvi­cina ad Ester tendendole la mano) Buon giorno, signo­rina Ester!

Ester                              - (stringendogli la mano) Buon giorno, signor D'Ar­righi. Come mai già di ritorno?

Paolo                             - Il sole è già alto. Spazza via quella leggera neb-biolina azzurra in cui il paesaggio acquista una levità evanescente di sogno... Volevo rendere tale impalpa­bile sensazione nel quadro, non posso lavorare più di un'ora e mezza al massimo... Poi il sole altera tutti i toni...

Ester                              - Già... mette in fuga il sogno...

Paolo                             - Perfettamente: denuncia niella maniera più vio­lenta la realtà! (breve pausa) Niente di male, del re­sto. Serve anche questa, specie quando si è acquistata la forza di guardarla in faccia.

Ester                              - E allora perché cullarsi nei mezzi toni, compia­cersi del vaporoso, dell'indistinto, del soffuso, del blan­do, quando si ha la certezza dell'inganno che vi si cela?

Paolo                             - La sua osservazione è giusta; ma riguarda la vita, non l'arte!

Ester                              - Mi pare la stessa cosa. Non esprime un artista quello che sente? E quello che si sente non è la vita?

Paolo                             - Non è propriamente così, almeno per me. Così avviene agli artisti romantici che cercano nell'arte uno scampo; perciò, quasi sempre, sono imperfetti. Quando invece un sentimento sofferto, patito realmente, giunge all'altezza d'ispirazione d'arte, come vita deve esser già finito, superato. Dev'essere cioè tutto arte, cioè fissato, se possibile, nell'eternità, staccato interamente dalla con­tingenza che lo ha prodotto.

Ester                              - Sì... sì... mi conviene. Sedetevi.

Paolo                             - (sedendo) Grazie (pausa).

Ester                              - Dipingete spesso il paesaggio?

Paolo                             - Mi attrae molto. Ma raramente ne trovo il tem­po, stando in città!

Ester                              - Perché state in città? !

Paolo                             - (la guarda con un moto di sorpresa) Già... il de­stino... dico... la necessità... Dapprima, quando si è sco­nosciuti, si deve lottare per farsi strada, per farsi co­noscere... Quando poi si riesce, diciamo la brutta parola, a farsi un nome... ci si trova legati peggio di prima...

Ester                              - In quale genere di legami?

Paolo                             - (dopo una breve esitazione) In legami... di tutti i generi...

Ester                              - (dopo una pausa, con risolutezza) Come mai, do­po così lungo tempo, non avete trovato fra voi e mia sorella il modo di vivere in pace?

Paolo                             - (si alza, fa qualche passo).

Ester                              - Scusatemi, la domanda è indiscreta. Ma amo le cose chiare; abituata all'osservazione delle bestie, posso essere anche brutale. Però, siete libero di non rispon­dermi.

Paolo                             - No. Perché non dovrei rispondere? Non c'è nulla di ambiguo, anzi è tutto così chiaro... (con voce rac­colta, quasi intima) Come ci può esser pace, quando c'è la passione?

Ester                              - Ah, bene, non ne parliamo più! A questo punto non capisco più nulla...

Paolo                             - Il male è che io invece capisco.

Ester                              - Non mi pare un male.

Paolo                             - Eh, no! Uno che sia cieco, è cieco... e va... e va... e se a un certo punto precipita, bene, precipita!... Chi invece non è interamente accecato e conserva sol­tanto la vista per vedere continuamente il pericolo...

Ester                              - (osservandolo freddamente) Dunque... l'ataate ancora!

Paolo                             - (solleva il capo e la guarda stupito) Come?

Ester                              - (dopo averlo fissato profondamente negli occhi) Sì... ci credo... se me lo dite!... (poi che Paolo continua a guardarla con uno stupore, che diventa sempre più se­vero) Ma sì, scusatemi, che cosa volete che vi dica?... Vi domando perdono... che (altro?... Anticipatamente ho dichiarato che di queste cose non m'intendo... non sono poi informata come occorrerebbe dei fatti vostri... Cre­devo, ve lo dico francamente, che foste stanco, che non l'amaste più! ...

Paolo                             - (pallido, con tino stupore sempre più severo) Oh, ma perché...

Ester                              - Perché... perché... Insomma, un uomo a quel che ne so, finisce per stancarsi quando una donna lo assilla, lo affatica, lo esaspera, con la gelosia, le smanie, le pre­tese eccessive... E siccome Elena stessa, da due giorni arrivata, non fa che confessarmi i suoi torti... non aven­do per voi che parole d'ammirazione...

Paolo                             - Questo stesso... se mai., dovrebbe dirvi quanto io sia legato a lei... e in una maniera superiore all'amore medesimo! ... Quanto più ella ha sofferto e soffre per me, tanto più s'accresce al disopra; del suo tormento... la mia devozione...

Ester                              - Sarà...

Paolo                             - (soffrendo) No... non dovete dir così! ...

Ester                              - Che cosa? Non ho detto nulla!

Paolo                             - (con angoscia a stento rattenuta) Ma... ma... perché volete dubitare di me?

Ester                              - (fredda) No... no... non dubito!

Paolo                             - (divenuto nervoso, tremando e quasi con ira) Ma sì... voi dubitate... E non v'è cosa che possa ferirmi di più della diffidènza degli altri e in ispecie di voi, la so­rella... Mentre io sono qua a soffrire le pene dell'inferno, a farmi rodere dal male lottando contro i miei più umani impeti, soggiogandoli, conculcandoli, alla scopo di rispettarla, svincolarla, rimetterla in uno stato di libertà..

Ester                              - Sì, sì... è così cavalleresco! ...

Paolo                             - (dopo una pausa di tensione, esasperata) Scusa­temi, signora, io non sono in guado di sostenere una discussione sull'argomento. Permettetemi che mi allon­tani...

Ester                              - Mi dispiace di avervi turbato, ma mi eravate ap­parso tanto sereno!

Paolo                             - Infatti, avete frantumato con violenza quella su­perficie di compostezza entro cui con grande sforzo riesco a contenermi...

Ester                              - È il frutto della .mia ignoranza... commetto degli errori, senza volerlo... Restiate, ve ne prego... Parleremo d'altro...

Paolo                             - Il male è che fingendo di parlar d'altro, conti­nueremo a pensare alla stessa cosa! ... Ecco qual'è il martirio... Non si vive che per metà!... Ma che dico per metà! .. Si vive una specie di stato sonnambolico per tutte le (altre cose che non siano quella! Non si è desti che .per quella cosa!... Le altre ci sfiorano appe­na... Per strapparci all'idea fissa, si compiono degli sforzi sovrumani cercando di aggrapparsi ad uno qua­lunque degli altri aspetti del mondo... Si brancica con le mani protese, si ha la sensazione di tendersi con tut­ta la potenza di cui il nostro essere può disporre da quest'altra banda, ma, come nei sogni tormentosi, non sì riesce a liberarsi dall'incubo, lo sforzo si rivela im­mane, ci accorgiamo che non siamo giunti nemmeno a spostare d'un millimetro l'asse della nostra esistenza rimasta lì inchiodata al suo tormento; il mondo, cui si è voluto aderire, verso cui abbiamo anelato come verso la tavola di salvezza, torna ad apparirci lontano, inaccessibile, inespugnabile nella sua impassibilità... Al­lora ci rassegniamo ad una specie di parossismo freddo, ad un automotismo teso, che dica agli altri l'impres­sione della normalità ed inganni noi stessi , ma in sostan­za, è la dichiarazione della nostra disfatta; in questo modo noi abbiamo rinunciato a lottare contro la passio­ne! ... Siamo in sua balìa.

Ester                              - Questo si chiamerebbe... l'amore?

Paolo                             - Dubitate ancora?

Ester                              - (con il freddo alla schiena) No... rabbrividisco...

Paolo                             - Vi rendete conto ora della quantità di sofferenza che deve sopportare un uomo quando un tale stato di disperazione gli sia rischiarato dalla coscienza, la quale invece d'affiochirsi, par che apposta s'incendi di una lu­ce tersa, e fredda e sempre di più risponde come at­tingendo il suo olio dal continuo macinare dello stesso martirio?

Ester                              - Certo... non serve che ai mostrare al soggetto stesso l'orrore del male, il suo continuo progresso, la sua ineluttabilità...

Paolo                             - E comprendere ora come un tal soggetto, per u-sar la vostra parola, possa accettare incondizionatamen­te la più disperata ed insensata proposta per tentare comunque di rompere il cerchio di ferro entro cui è co­stretto con un'altra creatura che vi chiede aiuto inva­ino, e per la quale tuttavia sareste disposto a versare il sangue, voi che per un ironico destino, siete proprio la ragione unica della sua agonia?

 

Ester                              - Comprendo... comprendo...

Paolo                             - Dunque, non c'è da dubitare della sincerità della mia intenzione?

Ester                              - Quella di divenir l'amico, il fratello.

Paolo                             - ...e nemmeno ch'essa significhi stanchezza... o... sazietà! ...

Ester                              - Nemmeno! ... (pausa tormentosa) Come mai siete riuscito ad amarla così fortemente?...

Paolo                             - (stupito) Avete ancora voglia d'ironie?

Ester                              - No. Dico davvero.

Paolo                             - Ma una domanda simile non è umana!

Ester                              - Perché?

Paolo                             - Perché ad amare fortemente non ci si riesce, come dite voi, .non ci si giunge di proposito... con una terribile fatalità piuttosto!

Ester                              - Già., ma so io quel che intendo!

Paolo                             - Che intendete?

Ester                              - Che preferivo scoprire fosse tutta una men­zogna ...

Paolo                             - Ma che cosa?

Ester                              - Il vostro amore!

Paolo                             - Oh, avete proprio creduto ch'io venissi qui a re­citare una commedia?

Ester                              - Già. Tanto per contentare quella piccola sventata.

Paolo                             - E ora invece...

Ester                              - Mi disturba... già... mi disturba...

Paolo                             - Sapere che due esseri vicino a voi sanguinano... spasimano... vivono in delirio? ...

Ester                              - Anche gli scorpioni spasimano!

Paolo                             - No!... Tacete!

Ester                              - Si, si, è appunto questo che mi dà noia.... che mentre tutti gli altri... casi di amori umani osservati ho potuto ridurli alle proporzioni identiche delle mie be­stiole dagli insetti ai serpenti che ho disopra... il vo­stro caso... già... come potrei dire?... contiene degli e-lementi... un non so che... di superiore...

Paolo                             - ...di propriamente untano... che... che... che non riuscite ad avvilire nel vostro orgoglio a porre allo stesso livello animale...

Ester                              - (con rabbia) Insomma, non voglio occuparmene!

Paolo                             - (dolorosamente) Rinunziate a classificarci nella vostra... storia naturale... O, piuttosto, avete paura...

Ester                              - (con un tremito) Paura di che cosa? ...

Paolo                             - Paura di divenire umana anche voi, di sentirvi della stessa sostanza di cui sono fatti i soggetti della vostra osservazione!...

Ester                              - Eh, mio caro, ormai! ... (breve pausa ansiosa) Prima, a ogni modo, mi ricorderei di essere fatta di quella stessa materia animale... e quindi... come posso, con le pinze, prendere uno di quegli esserini, lasciarlo cadere e distruggerlo con la suola...

Paolo                             - Allo stesso modo...

Ester                              - ...oh, non con la suola della scarpa! una puntura!

Paolo                             - Pur di non rassegnarsi ad essere umana...

Ester                              - (lo guarda intensamente, lo scruta quasi con rab­bia, poi scoppia in una risata) Ah! Ah! Ah!...

Elena                             - (entrando da destra a piccoli passi leggeri, ve­stita d'una veste primaverile acconciata più da fanciul­la che da signora, con modo e gesti che vogliono essere d'ima vaghezza verginea tradita tuttavia, a quando a quando da tremiti della voce e della persona, che rive­lano la nascosta angoscia, precipitandosi su Tester che non ha smesso di ridere') Ester, sorellina, come ridi fresco e argentino! Ne risuonan tutte le cose! (la ba­cia) Ridi come il pesco carico di fiori, sotto il sole! ... L'ho guardato dalla! finestra!... Hai conservato i tuoi gorgheggi di fanciulla, tu!... Ti ricordi a Rimini quan­to si rise prima che partissi per i tuoi studi all'Uni­versità? Quella stagione, ti ricordi? Eravamo ebbre di mare folli di gioia!... Quanto si rise! Quanto... (bre­vissima pausa) Sai? Ho avuto il coraggio di salire, appena levata, nel tuo stanzino dei serpenti... Mi son fatta condurre da Angelina, la tua cameriera che se ne va stasera, per dispiaceri d'amore... Hai ragione tu! ... Vinto il ribrezzo, si scopre tutta la, bellezza di quelle che son pur esse creature fatte da Dio. Ma io credo che sia prudente osservarle alla luce della mattina, sotto il sole... Di notte, sotto le lampade, credo che apparireb­bero sinistre. Invece ho fatto spalancare tutte e due le finestre della torretta: da una parte i riflessi del cielo azzurro, dall'altra un'ondata di sole.... quali colori su quei dorsi mobili... marezzi di seta cangiante... luccichii innumerevoli delle più preziose pietre... rubini, smeral­di, topazi, ametiste... (volgendosi improvvisamente a Paolo che non aveva osato guardare sin'ora) Paolo... il bacio del mattino! (indicando una gota e l'altra) Qui... e qui... non siete nostro fratello? (vinto il tremito che lì prende Paolo ed Elena si baciano sulle gote osten­tando una soavità fraterna) Dovete dipingere i serpenti; non mi dite di no... Dipingerli come li ho veduti io sta­mane con occhi ingenui... ,con occhi freschi.

Ester                              - Brava!... Hai capito!

Elena                             - È vero? È vero che ho capito?

Ester                              - D'Arrighi deve dipingere un groviglio di ser­penti come se dipingesse un mazzo di fiori! ...

Elena                             - Oh, no, non chiamarlo D'Arrighi... Dì Paolo!

Ludovico                      - (entrando da sinistra seguito da Alessio) Qua­le cicaleggio! ... E pure non è ancora il buon tempo del­le cicale!...

Elena                             - Chi l'ha detto? ... Ma non ci disturbate... Stiamo per concludere!

Ludovico                      - Ci è vietato ascoltare?

Elena                             - Ascoltate, ascoltate... Paolo dipingerà un grovi­glio di bei serpenti come un mazzo di fiori!

Ludovico                      - Ah, non dubito della valentìa del pittore!... Però nessuno vorrà accostare il naso ad un tal bouquet!

Elena                             - Non capisce niente. È vero Ester? Tu capisci, Alessio?

Alessio                          - (timidissimo) Io... no... scusatemi! ...

Ester                              - Però non si è pronunziato nemmeno D'Arrighi!

Elena                             - Ma chiamalo Paolo!

Ester                              - Ebbene Paolo?

Paolo                             - Ho capito, ho capito... Ma non è facile, ve lo assicuro... come posso impegnarmi?

 

Ester                              - Perché sarà difficile? Sentiamo! Perché avete la coscienza del male!... Proprio per la stessa ragione per la quale Lerza non accosterebbe il naso ad un tal bouquet...

Paolo                             - Come si fa a cancellare dalla coscienza l'idea che accompagna quella del serpente? ...

Ester                              - Guardandolo e vedendolo nella sua bellezza na­turale!... Tutto colori... una luminosità cangiante... un continuo trillo di innumerevoli faccette... una ridda di riflessi... molto più ricco, più vario, più inatteso di un fiore... Un bimbo che non sa il male, dinnanzi allo sno­darsi repentino di tutta una gamma colorata, dinnan­zi allo sviluppo fluido e musicale di tutta l'iride d'un serpente bello, che cosa fa? ... Tende la manina! ...

Ludovico                      - Ed è spacciato, povero bimbo!

Ester                              - Grazie tante!... Ma il pittore dovrebbe vederlo, il serpente, come lo vede il bimbo, con l'ingenuità avi­da della bellezza, senza partigianeria, ignorando perfettamente che il serpente morde ed uccide... Dovrebbe in­namorarsi ed allora la sua tela potrebbe essere un pro­digio di tenerezza, di vaghezza, di gioia...

Paolo                             - Con piacere! ... Ma... ecco... prendere con le mani i propri serpenti dal proprio cuore... e baciarli come petali di rosa! ... Bisognerebbe giungere a questo prima!

Elena                             - Paolo, Paolo! ... Bisogna giungervi... giungervi... N,on son tornata fanciulla?... Non sono leggera?... non sono tutta di fiori di pesco? ... non sono felice? ... non rido?... non rido?... (scoppia in singhiozzi e si butta tra le braccia della sorella). (1 tre uomini abbassano il capo. Paolo si torce le mani).

Ludovico                      - (borbottando) Il serpente finisce col pungere! È inutile volerlo negare!...

Ester                              - La gioia fa sovente di questi scherzi! ... Non è niente! È vero, Elena?

Elena                             - (risollevandosi) Non è niente!

Ester                              - Tu e Alessio, discesi tardi, non avete fatto an­cora colazione. Ve la faccio .servir qui. (suona un cam­panello) Alessio, carissimo e nobilissimo cugino, parla­teci un po' di tutta la insigne schiatta dei parenti di Torino. La contessa Aurigi con le figliuole... la prin­cipessa Debrani, dal salotto intellettuale... (interrom­pendosi, al senso che si è presentato) Servite qui la co­lazione alla principessa e al conte... (il servo esce. Ester continuando, rivolta ad Alessio) Smettetela con cotesta aria timida, arredata e diplomatica... Dunque, che cosa dicono i nobili campioni dia! nostro gran sangue bleu? (ad Elena) È vero che ti diverte sentirne parlare?...

Alessio                          - (a Ester) Ho per te, cugina, la massima am­mirazione e il più devoto rispetto...

Ester                              - È vero che tu non brilli per troppa intelligenza?

Alessio                          - È verissimo, e non ne faccio un mistero!

Ester                              - Perciò ho un debole per te. Perché sei candido. E ti ospito sempre volentieri. Ma la tua ammirazione per me rassomiglia un po' a quella dell'analfabeta per colui che sa il latinorum!

Alessio                          - Vedi? Mi metti in soggezione ed io non oso più parlarti dai parenti!

Ester                              - (ride e con lei ridono anche Ludovico, Elena con gli occhi umidi di lacrime, e Paolo con una smorfia dolorosa).

Alessio                          - Invece di essermi grato!...

Ester                              - Di che cosa?

Alessio                          - Ti conduco sempre degli uomini interessanti...

Ludovico                      - Parla di me!

Ester                              - Questo è vero. Ma Rasci ha accettato la tua pro­posta, perché l'aerodromo è vicino a casa mia, per sua comodità!...

Ludovico                      - Infatti, non ho ancora volato.

Alessio                          - Vedi, Ester? ... E dire ch'io sono innamorato di te!

Ester                              - Alessio, non farti ardito!

Il servo                          - (entra con il grande vassoio della colazione e lo depone sul tavolinetto del fondo. Ad un cenno dì Ester esce).

Ester                              - Sedetevi dunque da bravi, tutti e due, l'uno di fronte all'altra... (prende per la mano Elena e Alessio e li fa sedere di fronte, come due bimbi, al tavolino) Devo anche legarvi al collo il tovagliuolo, come si fa con i bambini? Siete davvero due bambini per diversa ragione. L'uno per la decrepitezza della razza... — le razze a un certo punto rimbambiscono — ....

Elena                             - Ed io perché Ester?

Ester                              - Perché... perché... Qui, il burro, la conserva... Ti preparo io le fette?

Elena                             - Fammi ancora da mammina... come quando era­vamo fanciulle... Ma eri spesso imperiosa e anche cru­dele... Non esserlo più adesso., ti supplico!

Alessio                          - Bene! Imperiosa e crudele! Sono le parole e-satte! Posso parlare perché ci siete presenti voi tutti. Se sono solo con lei, tremo, mi s'incolla la lingua... È possibile in tali condizioni, darle notizia dei parenti?... I parenti tremano anch'essi, solo a sentirla nominare!... Hanno provato tutti la sferza della sua ironia! Non ne ha risparmiato mai uno!...

Ester                              - Tremano, perché hanno tutti qualcosa da na­scondere!

Ludovico                      - I vostri detti di romita campestre, fanno il giro dei salotti. Tornato dall'Africa ho appreso le vo­stre ironie, dal bisbiglio cauto e anche scandalizzato del­le dame...

Ester                              - Oh, le dame! Quale mucchietto d'impicci inutili!

Ludovico                      - Preciso! Descritte, bollate, con una frase! Volando a grandi altezze ho provato anch'io tale sen­sazione verso tutto il piccolo mondo cittadino... Ma non ho saputo esprimerla!...

Ester                              - (a Elena che biascica stentatamente il cibo pre­parato dalla sorella e tratto tratto ha il singidto istin­tivo del singhiozzo dopo il pianto) Un po' di latte... e un po' di caffè... Ancora?... Ancora i singhiozzi?... Bevi un sorso... Così!... adesso è un singulto nervoso... nien­te altro! ... Guarda... guardia fuori... che bel cielo! ... Che tenerezza di verde!... Abbandonati al piacere della vi­ta... mentre mangi...

Alessio                          - Che cosa devo far io?... Mi ricordo che la bonne, se piangevo a tavola e tossivo forte, m'invitava a guardare il soffitto, una grossa ape di S. Nicola... che non riuscivo a veder mai... perché non c'era!...

Elena                             - Ester fa lo stesso con me. Ma ha ragione...

Ester                              - Bisogna abituarsi a non piangere, senza l'aiuto dell'ape di S. Nicola.

 Elena                            - Rasci, chi di noi due sorelle credereste ragazza ancora, se non sapeste la nostra vita?

Ludovico                      - (dopo breve riflessione) Tutte e due.

Ester                              - Tutt'e due ragazze?

Elena                             - Non credereste piuttosto che la ragazza sia io?... Non vedete com'è sicura lei?... Come m'insegna ogni momento?

Ludovico                      - Già... Ma non è la sicurezza che nasce dalla esperienza!... È sempre la sicurezza d'una ragazza! Fat­ta di violenza e di fierezza!

Ester                              - Andate fuori al largo... Andate a passeggiare. Non siete gran che come psicologo...

Alessio                          - (alzandosi) Scendiamo al mare?... Vi consi­glio di scendere con me al mare. Ci farà bene. Po­tremo anche passare dall'hangar dell'aerodromo.

Ester                              - Bravi! Andate tutti insieme!

Elena                             - Paolo, andiamo?

Paolo                             - Verrei volentieri... Ma quel po' di sole preso stando a lavorare, mi ha stordito... Ho bisogno di ripo­sare una mezz'ora!

Elena                             - (si turba) Ti senti proprio male?

Ester                              - Via!... Via!... Son mali da nulla... Però ciascuno dev'essere libero di far come meglio gli convenga... Non è vero, Elena?

Elena                             - Sì... sì... Dicevo così... credevo...

Ester                              - Hai la compagnia di due prodi cavalieri...

Ludovico                      - Voi non venite?

Ester                              - Non ci mancherebbe altro! ... Ho tanto da fare in capa!

Alessio                          - (ch'è già fuori) Cugina, non vado più via da qui!... È urna delizia!... Un paradiso...

Ester                              - (spingendo dolcemente Elena fuor della porta a vetri e rispondendo ad Alessio) Bravo! Bravo! Se non senti più il bisogno del salotto di tua zia Aurigi è se­gno cominci a svegliarti! ... (Ludovico esce con Ester ed Elena. Ester si ferma sotto il sole con una mano a riparo degli occhi, seguendo per un tratto ì tre che si allontanano. Poi rientra e trova Paolo che passeggia te­so, vibrante, per la stanza, come uno che essendosi trat­tenuto a stento, stia per prorompere).

Ester                              - (con una punta di stizza) Che cosa, avete D'Ar­righi?

Paolo                             - (prorompendo) È assurdo, è insensato, è pazzo!... È da struggersi... da morire!...

Ester                              - Dovrei mostrare anche ai voi l'ape di S. Nicola adesso?

Paolo                             - No! no!... Devo dirvelo francamente!... Voi cre­dete di capir tutto e di far bene con il vostro tono con lei, con me! E invece non capite, non potete capire, e, credendo di far bene, fate male a lei, e a me!... Perché non avete mai sofferto... non sapete che cos'è... non avete la più lontana idea di quel che si patisce!...

Ester                              - Sarà come dite! Ma se io non capisco o capisco, non c'entra! Voi stesso singhiozzate ch'è insensata e pazza la situazione che avete creata... Che colpa ne ho io?

Paolo                             - (scoppiando in singhiozzi) Sì, sì, è vero... è ve­rissimo! ... Non si può cimentarsi impunemente a que­sti prodigi di equilibrio... quando si ha l'anima piena di una donna, quando si porta nel sangue l'aroma del suo, quando una folata del suo profumo suscita nelle narici il ricordo di tante ore passate, di tanti partico­lari dell'amore bruciato, quando un suo gesto, il moto detta, sua veste, ci fa sobbalzare contro gli occhi, con­tro tutta l'epidermide, altre cento visioni di lei in altri luoghi, in altre circostanze, ci comunica con un fruscio mille altri brividi... Non si può... non si può giuocare all'amore puro, essendo intessuti del piacere di tanti giorni... prendersi le vene e le arterie avvelenate, strap­parsele, aggrovigliarsele tra le dita come le vostre ser­pi e pretendere che divengano gigli d'un tratto!..

Ester                              - (pallida, irrigidita, in un tremito diaccio) Tor­nate come prima! Paolo     - Non conosce limiti! Diventa una pazza!... Mi uccide... si uccide... rovina in un precipizio!... Io l'amo troppo per volere la sua sciagura!

Ester                              - (sferzante) Se non sapete voi stesso come rego­larvi, non rimproverate me! ... (agitandosi d'un tratto) E sopratutto... abbiate più rispetto... Non mi turbate!... Io non voglio esser turbata!... Io non voglio saper nulla dei particolari dei vostri amori... Con voi due è en­trata in questa casa un'inquietudine che mi appanna la chiarezza delle cose...

Paolo                             - Sì, sì... ancora avete ragione!... Voi potete scac­ciarci... Sicuro!... Parto subito, è la miglior cosa... Se m'inseguirà torneremo come prima... Vuol dire ch'è il nostro destino! ... Sì, sì, facciamo a questo modo... senza perder tempo, mentre è fuori... Fatemi preparare la macchina, vi prego... Salgo a prender le mie cose! ...

Ester                              - Un momento, D'Arrighi! ... Partite, se lo credete giusto, ma non perché io vi ho confessata la mia debo­lezza! ...

Paolo                             - (quasi con ira) Ma no, Dio santo!... Mi avevate già dato la forza e me la ritogliete di nuovo!

Ester                              - Siete forse un fuscellino in balìa del vento?

Paolo                             - (c. s.) Ma certo... un fuscellino... e che credete che sia di più un uomo che non può più dormire, re­spirare, vivere, per una danna! ... Non è più niente... un soffio! ...

Ester                              - (agitata, vibrante) D'Arrighi, non più! Vi dico, non più

Paolo                             - (c. s.) Ma sì non più! Non più!... Quando la passione dei poveri sofferenti urta contro l'impassibilità egoistica degli altri! ... Contro la insensibilità di quelli che non vogliono parteciparvi nemmeno per assumervi una briciola di responsabilità! ...

Ester                              - Non sapete più quel che dite!

Paolo                             - Ècosì! ... Non lo nego... Ma la vostra freddezza quasi acre e stizzosa, non è d'un animo pietoso, buono, capace di comprendere... no! no!...- Si tratta di vostra ] sorella...

Ester                              - (quasi scagliandosi contro dì lui, con le mani sul viso di lui, con gli occhi negli occhi) Che cosa vorreste? Ditemelo!... Che cosa dovrei fare?... Carezzarvi l'uno e l'altra?... tuffarmi nella vostra malattia?... Perdere il senno anch'io? Avvelenarmi? ...

Paolo                             - (istintivamente tende le mani verso di lei) Aiu­tateci, Ester... Aiutatemi... Non ci abbandonate! (le prende le mani).

Ester                              - Via... via! ...

Paolo                             - Voi!... La vostra forza!... Ester, soffochiamo!

Ester                              - (tentando svincolarsi) Siete veramente pazzo!... Lasciatemi! Urlo!...

Paolo                             - (stringendola per lo vita e scoppiando in singhioz­zi sul petto di lei) Ester, non ci credete!... Non ci credete!

Ester                              - (si ribella e si svincola nel momento in cui dal fondo compare Blena).

Elena                             - (che reca in mano una lettera si ferma sulla so­glia e per poco non vacilla dalla vertigine).

Ester                              - (riassestandosi i capelli con una ripresa violenta di se stessa) Perché sei tornata, Elena?... Saresti forse] gelosa?!... Niente equivoci, mia cara; il tuo amico ha j avuto una crisi, e non c'è altro!

Elena                             - (balbettando, tremando, sfinendo) Ester... no­no... ma io... ho detto forse... io... Al cancello... il postino... ecco... Una lettera... Siccome l'ho riconosciuta di un nostro amico... Rapidi... perciò... per questo sol­tanto... sono tornata... Ma io... io non ho detto... (cor­rendo d'un tratto e gettandosi in pianto al collo della sorella) No, Ester!.... No!... Che hai detto!... che hai detto! ...

Ester                              - Ma non ho detto nulla. Mi soffocate! Ecco!...

 

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena dell'atto precedente, al tramonto. Il giar­dino, lentamente si copre di ombre.

(Sono in iscena Ludovico ed Alessio).

Ludovico                      - Che cosa vuoi che ti dica? Da qualche giorno fella desta nel mio animo un sentimento angustioso, che, con rammarico, riconosco molto simile alla pietà. Non ho più lo spirito di mostrarmi verso di lei aggressivo ed ironico, sia pure con lealtà... Lai sua fierezza d'amazzone schiva e sdegnosa che, traverso le parole del mondo cittadino, m'incuriosì e mi spinse ad accettare il tuo invito, l'ho veduta fa poco a poco, nei giorni che siamo qui, crollare; o se non crollare, perdere la sua combattività rivelando la fralezza che si celava dietro l'ostentazione... Insomma, mi pare che non sia più né gustoso né cavalleresco continuare con lei la scherma­glia di un duello nel quale ella già dimostra di tro­varsi in condizioni molto inferiori... alle mie...

Alessio                          - Secondo te, dunque, avresti già vinto!

Ludovico                      - No, mio caro Alessio, non sono così vani­toso. Certamente, venendo qui, in casa di lei con te, che continuavi a parlarmi della inespugnabilità di que­sta tua cugina dal carattere indipendente e bizzarro, il mio spirito avventuroso mi spingeva, dirò così, a mistirarmi; e non nego che un segreto desiderio di ridurre a discrezione la ribelle mi aizzava e sollecitava all'a­morosa impresa... Ora sono scontento e quasi provo rimorso per quel po' che ho tentato; sebbene sia stato sempre con l'aria della celia e senza malignità!...

Alessio                          - Strano combattente sei tu! Smetti quando l'av­versario mostra di voler capitolare!...

Ludovico                      - Eh, no! Non è così! .

Alessio                          - Ho capito. Adesso temi che le cose prendano una china troppo seria!

Ludovico                      - Ecco, cominci a indovinare...

Alessio                          - Ebbene, che c'è di male? (dopo una esitazio­ne) Potresti... sposarla!

Ludovico                      - (con un sorriso amaro) No. (breve pausa) Perché non mi vorrebbe.

Alessio                          - Di nuovo non capisco più!... (breve pausa).

Ludovico                      - Non ti sei accorto che da parecchi giorni non è più lei? ... Non ha più quella vivacità aspra e squillante quelle improvvise scappate piene di humor e di genialità, quei modi disinvolti e franchi di dominatrice! ...

Alessio                          - Sì, sì, è verissimo... Appunto per questo credevo che il momento della tua vittoria fosse per giungere!...

Ludovico                      - È giunto, invece, il momento della mia parten­za. L'aviatore coloniale, l'esploratore Ludovico Rasci, co­mincia... ad aver paura! ...

Alessio                          - Di farle del male?

Ludovico                      - Più che a lei... a sé stesso!

Alessio                          - Ti sei innamorato?!...

Ludovico                      - Può darsi, caro Alessio...

Alessio                          - E fuggi? ... (breve pausa) E dunque sei tu a non volere stringere il nodo?

Ludovico                      - No, ti ripeto. No!

Alessio                          - Vuoi che io formalmente le chieda...

Ludovico                      - Oh, Dio, Alessio, credi proprio che non sa­prei farlo da me? Ma risponde di no! Un «no» grosso così! È garantito! (pausa) È turbata. Sua sorella e D'Ar­righi con la loro impressionante passione, che tanto più scoppia e raccapriccia, quanto più la voglion celare, cal­pestare, distruggere, l'hanno quasi sconvolta... In queste condizioni, ogni parola la trova indifesa... Ella non sa più rintuzzarla... sento che geme come una povera be­stiola aggiogata allorché vien punta dal punteruolo... non si ribella più... e mi fa pena... pena... Non per questo, però, ama me! ...

Alessio                          - Chi, allora?

Ludovico                      - (titubante, dubbioso) Non... so... Non voglio sa­perlo... Forse nessuno... (guardando fuori) Vedi?... Giuo-ca a tennis con la sorella. Fingono tutte e due.. Non cre­dere che giuochino per il piacere di giuocare... Vogliono illudersi... d'essere due fanciulle senza tormento, smemo­rate... svagate... T'assicuro che, se dovessero esser since­re, si girerebbero per terra a piangere disperatamente. Hai assistito mai a uno spettacolo più angoscioso di quello di stamane, quando tua cugina Elena giuocava con la bambola tratta fuori chi sa da quale angolo della sua fanciullezza, e il pittore la fissava con gli occhi di un pazzo? (egli si volge e rimane a guardar fuori. Alessio toglie la bambola dalla poltrona;, l'adagia sul tappeto, e si siede nascondendosi il viso tra le mani. Lunga pausa. Ludovico toma a voltarsi) T'ho comunicata la mia ma­linconia, povero Alessio. E dire che tu sei abituato a sgusciare con disinvoltura tra le avventure del mondo galante! ...

Alessio                          - (con un tono nuovo, improvvisamente doloroso e intimo) Dal tempo che fummo ufficiali insieme, benché mia cugina Ester mi giudichi inetto e insensibile, a mio modo, ho potuto anch'io... Ti confesso che per una pic­cola grisette da nulla, incontrata una sera di stanchezza, ho passato giorni funesti... Né si può dire che tra le don­ne del nostro mando mi fossero mancati dispiaceri; ma al paragone essi divennero nulla... Una grisette: niente altro! Da rimanere avviliti e mortificati tutta la vita!...

Ludovico                      - Bene! L'hai avuta anche tu!...

Alessio                          - E non è passata!...

Ludovico                      - Meglio! Povero Alessio! Una grisette eh? Che importa! Urtai donna! (pausa) La verità è che in un modo o nell'altro non si scappa! ... E più si è orgogliosi, peg­gio si capita... (pausa; volto fuori) Continuano a cor­rere... saltano... balzano... Ester insegne la palla sfug­gita alla racchetta... Sono ansanti... accaldate... (pausa) Partirò per quest'ultimo volo stasera... la notte sarà se­rena... vi sarà una gran luna... in due ore avrò traversato l'Adriatico... domani sera sarò di ritorno... Riconsegno l'apparecchio e filo...

Alessio                          - Veramente?

Ludovico                      - Sì, amico mio, filo... E... passerà... Diamine, ne abbiamo viste di peggio! ... (pausa).

Alessio                          - Dov'è il pittore?

Ludovico                      - Uhm! Chi lo sa? ... Si va nascondendo, povero uomo!

Paolo                             - (appare da sinistra, imbambolato come uno che ab­bia dormito) Oh! ... credevo foste tutti fuori! ...

Ludovico                      - No, si stava così... a scambiar due parole... Avete dormito? ...

Paolo                             - Leggevo... chiuso lì in quello studiolo... Già... sono un po' imbambolato... (con sorpresa) A momenti è sera...

Ludovico                      - Sicuro... La campagna si popola di ombre, di fantasmi, tra una sottile nébbiolina azzurrognola... Guar­date; per voi dev'essere interessante...

Paolo                             - (senza guardare) Già...

Alessio                          - (a Ludovico) Continuano a giuocare?

Paolo                             - (scuotendosi) Ah, giuocano! Giuocano?

Ludovico                      - Eccole! Sembrano che si disputino accanita mente la vittoria della partita... come se attribuissero alla posta un valore nascosto, che non hanno dichiarato ma che è nel pensiero di ciascuna!...

Paolo                             - (allarmato) Come?.... Che cosa volete dire?

Ludovico                      - Nulla. Una sciocchezza!... Tante volte tentia­mo l'avvenire scommettendo mentalmente con noi stessi... Io dico dall'alto del mio apparecchio: « Se riesco ad at­terrare proprio accanto a quella pietra, quella tal cosa mi accadrà favorevolmente... », così nell'accanimento delle due sorelle al tennis, mi pareva di scorgere una scom­messa intenzionale, superiore al valore del giuoco stes­so! ».. Non vi sarete mica turbato per il mio scherzo?...

Paolo                             - (turbato) Io? No!... (per divagare) Di che cosa parlavate, se non sono importuno...

Ludovico                      - Oh, di nulla!... Alessio mi narrava d'un suo amore infelice... con una grisette, figuratevi...

Paolo                             - (con una smorfia amara di sorriso) Oh... oh! una grisette... Scusatemi... esco dall'altra parte, a far due pas­si... Lasciatele giuocare... non esco di qui., per non di­sturbarle... (esce da destra).

Angela                          - (che si è presentata da destra, un momento pri­ma che Paolo ne uscisse, appena uscito questi rivolgen­dosi a Ludovico:) Signore, c'è qui un soldato dell'han­gar che cerca di lei!

Ludovico                      - Dov'è? Lo faccia passare... (come ricordandosi e ravvisando Angela) Oh, brava!... Lei è tornata!...

Angela                          - (tace, imbarazzata; poi, alludendo al soldato). Lo faccio girare da questa parte?

Ludovico                      - Sì...

Angela                          - (esce).

Ludovico                      - Anche quella cameriera sai? Con il mal d'a­more proprio come te!

Alessio                          - E perché non come te?

Ludovico                      - E vada... anche come me!

Ester                              - (entra d'improvviso, correndo con la racchetta in mano).

Elena                             - (di fuori chiamandola quasi con strazio) Ester! ... Ester!... No... giuochiamo ancora!

Ester                              - (si abbandona a sedere ansante, con gli occhi lu­centi, nell'ombra crepuscolare che ha invaso la stanza. Con la voce rotta a Ludovico ed Alessio) Che fate qui? ... Come fantasmi! ... Che cosa state a parlottare... a congiu­rare?...

Elena                             - (entrando anch'ella di corsa con la racchetta, in uno stato di orgasmo e gettandosi sui cuscini ai piedi del­la sorella, prendendole le mani, forzandola a chinare il viso sul suo viso) Ho vinto per caso... soltanto per ca­so!... Non l'ho fatto apposta!... Non volevo vincere!... Perdonami, piccola!... Perdonami, bella!...

Ester                              - Ma non è nulla! Che cos'è? Non è nulla!

Elena                             - Te ne sei scappata subito, appena ho fatto il punto. Senza guardarmi! ... L'ho sentito! ... Hai avuto paura che ti leggessi negli occhi l'astio... Sei fuggita! ... Volevi vincermi! ... T'eri impegnata con superstizione!... L'ho sentito!... Qualcosa come una corda che ti si è spezzata dentro, perdendo! ... Oh, piccola! ... Non l'ho fatto apposta... non l'ho fatto apposta! Volevo che vin­cessi tu!... (le singhiozza in grembo).

Ester                              - Basta; Elena. M,i dispiace di prendere con te che soffri un tono aspro... ma mi costringi; ti avverto, anzi, che se ti ostini a non vedere nella mia condiscendenza verso di te, lo sforzo che compio, non solo non riuscirai a risolvere il tuo tormento, ma farai del male anche a me!... Rischi, così, di non trovare più in me il sostegno che mi hai cercato! ...

Elena                             - (stupita) Che cosa ho fatto?

Ester                              - Tu lo sai... lo senti non si può illudersi con una finzione di trasformarsi realmente. E quando si è cre­sciuti non si è più bambini... anche se continuiamo a cavar fuori le bambole ed a giocare al tennis con un trasporto... ostentato. Ti ho secondata, sperando di vederti alla fine cambiar modo e spirito per dirmi una parola risolutiva... e invece continui a dibatterti, lecco... e ti fai male... e mi fai male!... Non deve essere più così... o sarò costretta io... a lasciarti... a lasciarvi...

Elena                             - Sì... lo so... però credimi... quando ci si trova in certe condizioni, ogni mezzo può essere buono... per giungere allo scopo... Umiliarsi... avvilirsi... trattarsi da debole... può anche servire a logorarsi sino al punto di sentirsi stanchi... sazi e di sé stessi e della propria de­bolezza... Si può, anche così, riuscirle a vincere; sebbene sia una vittoria... assai malinconica, assai triste...

Ester                              - (con commozione) Elena... perdonami... non dir più nulla.

Elena                             - No, ora devo dire. Tu sei forte per temperamento, per un dono della sorte... ma puoi rimproverare me di non disporre di simile forza? Non ho colga se mi man­ca... Ho giocato? Ho finto?... no Ester, non del tutto!... Quesito gioco mi è servito per lasciare al mio dolore il tempo di alzare il capo e comandarmi senza più esita­zioni... Ho cercato, come vedi, a mio modo, la mia for­za... Ora, procurerò di non renderti più inquieta! ...

Ester                              - Sì, sarà bene... Così allontanerai da me la tenta­zione di giudicare di sofferenze che non ho il diritto di giudicare... che anzi sarebbe da parte mia una vera presunzione voler giudicare... e poi... non è giusto nem­meno, né saggio, coniare troppo sulla propria resi­stenza... Posso sapere io stessa fino a che punto que­sta mia forza può sostenermi?

Elena                             - Ester, tu dubiti di te?

Ester                              - Non fraintendere...

Elena                             - No, Ester, taci.

Ester                              - (guardando fuori) Chi è?

Ludovico                      - (al soldato) Avanti... venite avanti... Che co­sa dovete dirmi?

Il soldato                       - (venuto sulla soglia) ilsignor capitano... la prega, se può, d'anticipare d'un'oretta... Le dirà le ra­gioni... L'apparecchio è pronto! ...

Ludovico                      - Bene, dite che sì...

Il soldato                       - Riverisco (scompare).

Elena                             - Volate davvero... tutta la notte... sul mare...

Ester                              - (con voce opaca) Volare!... Anche i miei inset­ti... volano!...

Ludovico                      - Questione di dimensioni! ...

Ester                              - (c. s.) Non dico per sarcasmo... pensavo...

Ludovico                      - Che cosa?

Ester                              - Nulla... A qualunque volo manca la libertà...

Ludovico                      - Qualche volta... mi son sentito libero vera­mente...

Ester                              - In alto?

Ludovico                      - Si.

Ester                              - Ma è stata un'illusione!

Ludovico                      - Perché?... Non del tutto...

Ester                              - Meglio per voi... Cosi... tra un'ora... per voi sarà lo stesso che noi fossimo morti da cent'anni... Infatti... su... su... nell'aria... il ricordo di quattro mura... di quat­tro pareti... è naturale!... tombe... nient’altro che pic­cole tombe!...

Ludovico                      - Permettetemi... Devo salire... prepararmi...

Ester                              - Rasci!

Ludovico                      - Eh?

Ester                              - Nulla. Volete andar su proprio adesso?

Ludovico                      - Se devo volare... è necessario...

Ester                              - Bene... se è necessario...

Ludovico                      - (dopo una pausa di esitazione) Non so poi... Se aveste bisogno di me?...

Ester                              - No... no... quale bisogno? (s'ode un fruscio sulla ghiaia) Che cos'è?...

Ludovico                      - (affacciandosi alla porta del fondo) Un'au­tomobile... Oh, ecco... il pittore... con un altro...

Elena                             - (corre a guardare) Rapidi!... È giunto Rapidi!...

(scompare).

Ludovico                      - Quel Rapidi nella cui Casa d'Arte... avvenne...

Alessio                          - Credo...

Ludovico                      - Ridiscenderò a salutarvi... (esce da sinistra).

Ester                              - (si acconcia i capelli) Alessio, è buio...

Alessio                          - Accendo?...

Ester                              - La lampada d'angolo, Alessio. Non fair tanta lu­ce, mi dà noia...

Paolo                             - (entrando con Rapidi ed Elena) Ester, al cancello ho trovato Rapidi che giungeva; ve lo presento...

Rapidi                           - Ben felice, principessa... Da molto tempo ero in cerca di una donna superiore... Ma ancora non l'a­vevo incontrata!...

Ester                              - Grazie!

Rapidi                           - (a Paolo) Mi piace il suo modo sintetico di con­fermare senza retorica il mio giudizio su lei: « Gra­zie ».

Ester                              - Sedetevi.

Rapidi                           - Non posso. Da quando mi levo a quando mi corico le ginocchia non mi si vogliono piegare.

Ester                              - State in piedi!

Paolo                             - (presentando Alessio) Il cugino Alessio. (Rapidi stringe la mano ad Alessio) Rapidi, in un giardino ve­neziano, ha dato una danza...

Ester                              - Com'è questa danza?

Rapidi                           - Ridicola!

Ester                              - Perché?...

Rapidi                           - Perché, prima di tutto, è stata ideata da Ca­però... Un uomo di genio... Il genio è ridicolo...

Ester                              - È mostruoso...

Rapidi                           - Bravo!... Dunque, sono degli esseri di forma in­qualificabile, rossi che bruciano e danzano su di un piede...

Elena                             - Su d'un piede?...

Ester                              - Per spasimo...

Rapidi                           - Brava!

Ester                              - Sono morsicati dalla tarantola!

Elena                             - Come lo sai, Ester?

Ester                              - Lo indovino.

 

Rapidi                           - Avete anche le tarantole tra i vostri ragni?

Ester                              - Sicuro.

Rapidi                           - Nessuno, meglio di voi, potrà comprendere que­sta danza!

Paolo                             - E invece tutti, meno che lei, dovrebbero com­prenderla! Rapidi rifarà la danza a Rimini, tra pochi giorni. Pensa, nel frattempo, di eseguirla qui una sera, per amicizia.

Rapidi                           - Per amicizia, s'intende. Ho adocchiato di già una vasca!

Elena                             - Ci. vuole dell'acqua?

Rapidi                           - Grandi getti, ch'io coloro dalla sorgente stessa con fasci luminosi. La danza su d'un piede è sotto l'acqua... Eppure quegli esseri lì continuano a brucia­re non si spengano. È questo il bello!

Paolo                             - Il brutto!

Rapidi                           - Ma via! Non t'accorgi che Caperò ha ragione? Se danziamo tutti su di un piede!

Ester                              - Mi piace. V'accompagno ad esaminare la vasca.

Alessio                          - Vi accompagno?

Rapidi                           - Benissimo!

Elena                             - (mentre Rapidi, Ester, e( Alessio si avviano ad uscire, saltellando su di un piede) Così!... Così... Co­sì!... Ah! Ah! Ah!

Rapidi                           - (già fuori con Ester e Alessio, volgendosi) Bra­va!... Brava!... Così!... Così!... (scompare con gli altri due).

Paolo                             - (afferrando d'improvviso per la vita Elena e stringendola a sé fortemente, disperatamente) Piccola, a costo di morire, di lasciarti la vita nelle mani, an­cora come prima, ancora... fuggiamo subito! ...

Elena                             - (come svenendo) Oh! oh! Paolo! Paolo!

Paolo                             - Elena! Elena!

Elena                             - (riprendendosi) No... Non ami più me... t'ucci­derei...

Paolo                             - Ti amo! Ti amo!

Elena                             - No. Ancora un poco, e dentro mi si sarà spez­zato... Lo sento che si spezza!...

Ester                              - (rientra dal fondo; fingendo di non essersi accor­ta di nulla) La mia lanterna. Non si vede più (cercan­do) Dev'essere qui! (la trova).

Elena                             - Vengo con te. Andiamo Paolo.

Ludovico                      - (comparendo da sinistra) Anch'io vado!

Elena                             - Oh, più lontano di noi! ...

Ester                              - (come se si ricordasse) Svagata!... Dovevo dir­vi!... Sicuro!... Paolo, Elena, da bravi, recate voi la lanternina, a Rapidi perché osservi le prese d'acqua!...

Elena                             - Ma certo! (a Paolo) Su, su... bambinello mio! ...

(lo prende per mano e scompaiono dal fondo).

Ester                              - (si abbandona a sedere spossata).

Ludovico                      - (attende in piedi con il capo chino, rispettan­do il silenzio di lei. Infine pacatamente, dolcemente) Vo­levate dirmi? ...

Ester                              - Nulla... scusatemi... Volevo salutarvi...

Ludovico                      - Soltanto?

Ester                              - Soltanto.

Ludovico                      - (non si muove. Attende) Siete stanca.

Ester                              - Si, assai.

Ludovico                      - Eppure, qualcosa vorreste dire...

Ester                              - No...

Ludovico                      - Non a me, come me, può darsi... Ma ad un'a­nima umana... Non si può vivere sempre barricati den­tro se stessi come vivete voi! ... Bisogna essere umili a un certo punto, per forza... riconoscere la orooria po­vera umanità... (breve pausa) Vi giuro che se sapessi di farvi bene... prima di partire... prima di tentare cioè un'altra volta il destino., vorrei inginocchiarmi., baciare cento volte la polvere delle vostre scarpette...

Ester                              - (con spasimo) No!... (silenzio).

Ludovico                      - V'infastidisce vedermi come me stesso... come persona... (smorza la lampada d'angolo. La scena resta rischiarata dall'ultima luce del crepuscolo e dalle stelle).

 

Ester                              - (come riposandosi) Ah! ... Come comprendete voi!... Grazie... grazie... Me ne ricorderò sempre... Ora non abbiamo volto né voi né io... E voi siete tanto più bello di me, così, senza volto... sospeso già, come sulle ali... tra la terra e il cielo...

Ludovico                      - (le si avvicina. Le prende una mano. Glie la bacia) Questo volo... lo chiamerò speranza...

Ester                              - Andate, ora... Andate...

Ludovico                      - (si stacca. Rimane per un po' immobile poi si avvicina al fondo).

Ester                              - (d'un tratto, angosciosamente) Rimanete, Ludo­vico!

Ludovico                      - (pronto) Rimango.

Ester                              - (ripiegando) No... no... è stata una piccola, stu­pida paura per voi...

Ludovico                      - Oh, se per questo! ... Nessuna paura... Do­mani sera, qui... vicino a voi... (scompare).

 

Fine del quarto atto

ATTO QUARTO

 Ricca e lussuosa sala, in un piano superiore della villa Mo­rirli, che guarda per u'n balcone aperto del fondo in una ter­razza.

Al centro su di una tavola un vassoio con numerose coppe di champagne colme; secchie con bottiglie dello stesso vino, ai lati della tavola su sgabelli.

Tappezzerie ricche e gravi. Una porta sola a sinistra con tendaggio. Una dormeuse all'angolo di sinistra con un lume dall'ampio abat-jour.

È notte. Luci sanguigne di bengala si riverberano nella stanza dal balcone aperto.

Un'orchestra composta di modernissimi strumenti con il flutt-jazz, il banjo, il cellofono, si udranno or si or no per tutto l'atto.

(All'alzarsi della tela Alessio e Georgette soltanto so­no in iscena. Accanto ad essi, su uno sgabello un vas­soio con due coppe di champagne. Una secchia con una bottiglia in terra).

Alessio                          - (sulla dormeuse, accanto a Georgette De Pleurel con un parlare che indichi il suo stato di ebbrezza) Fammi vedere.

Georgette                      - Voici. (mostra una cicatrice sul braccio).

Alessio                          - Sì. È una cicatrice. Non si può negare...

Georgette                      - (con il suo solito accento francese) Nega­re?... Non può nessuno... Chi ha scritto l'histoire... la storia della cattiveria loro su me, sur mon corp?... L,eur rnemes... loro stessi... celui la è un perfetto gentiluo­mo... un perfetto amante? Non, monsieur, non mada­me, voi vi sbagliate! Voici (mostra di nuovo la cica­trice del braccio) È questo... un documento!

Alessio                          - Perché ti hanno fatto male?

Georgette                      - Non so...

Alessio                          - Come li hai provocati?

Georgette                      - Non so...

 

Alessio                          - Non è possibile che abbiano voluto ucciderti per capriccio... per nulla!...

Georgette                      - Non riesco mai a ricordarmi la ragione...

Alessio                          - Vuol dire che diventi una pazza... In quel mo­mento... Che hai dentro di te?...

Georgette                      - Il diavolo... peut-ètre!...

Alessio                          - Oh, dev'essere così... proprio così... Tre uomi­ni diversi... Tutti e tre....

Georgette                      - Hanno voluto uccidermi... l'histoire è scrit­ta... qui...

Alessio                          - E come t'hanno ferita proprio lì?

Georgette                      - Non capito ancora?...

Alessio                          - (porgendole la coppa dello champagne) Bevi...

Georgette                      - (beve, poi straluna gli occhi:) Non mi far dire più... Non voglio!...

Alessio                          - Non ho capito! ... Mostrami i tuoi piedini fe­riti.

Georgette                      - Non ora...

Alessio                          - Te lo dico all'orecchio... (con voce soffocata) Voglio baciarteli.

Georgette                      - E poi?... Volermi uccidere ancora?...

Alessio                          - No, non sono capace...

Georgette                      - Non sei capace?... Vuoi tenermi con te?... Hai una villa come questa della cugina?... Sei molto ricco?...

Alessio                          - Cerco una donna come te... ne ho bisogno...

Georgette                      - Sì?... Perché?...

Alessio                          - Perché sì...

Georgette                      - Vuoi ricordarti un altro amore...

Alessio                          - No... no... come lo sai?

Georgette                      - Lo so... perché anch'io ho fatto così...

Alessio                          - Perciò si sono scagliati come belve su di te!... Davvero devi essere diabolica.

Georgette                      - Non ti dico più nulla!

Alessio                          - I tuoi piedini... Mostrameli. Com'è stato?

Georgette                      - Ero nel mio letto... non lo vedi? Lui tirava uno, due, tre colpi da presso il tavolo di toilette... su me, senza nemmeno la difesa d'una coperta... nuda! (ridendo acremente) Agitai, eh! eh! le mie gambe... si­curo... i piedini come fossero le mani, 'ali riparo dei colpi, così fui colpita, ma non nel seno, nel ventre come egli voleva... ma nelle gambe, nei piedi! ... Non sono vi­va? viva... ma non lui...

Alessio                          - Si uccise?

Georgette                      - Subito.

Alessio                          - Ne sei contenta?

Georgette                      - Molto, (offrendogli la coppa) Bevi.

Alessio                          - (Beve).

Ester                              - (sì ritrae dalla terrazza del fondo e compare pal­lida sulla soglia; si appoggia allo stipite come per non soggiacere alla vertigine).

Alessio                          - Ester, che hai? Gli occhi profondi le gote affilate, sei tanto pallida, benché ti illumini la luce ros­sa!... Lo spettacolo della danza ti ha fatto male? Anche a me!... Anche questa musica perturba. Ma non im­porta!... Vuoi starci a pensare? È inutile... Bevi anche tu; io sono già un po' ubriaco.

Ester                              - (si appressa alla tavola strascicando i passi e beve).

Alessio                          - Così! ... Staremo sempre a danzare su di un . piede?... No, davvero!... Lo champagne scaccia via il veleno della tarantola... vieni qui... Ascolta questa mia piccola amica... Ella ti saprà dire che cosa faceva, men­tre tu studiavi gli insetti... È vero che oggi hai dato la libertà agli insetti?... Brava! Hai fatto bene!... Ma perché non buttar via anche le serpi? ... Perché te le conservi quelle?... Non vuoi rispondermi? Bevi anco­ra! .. Bevi.. Ma bada.. io non voglio più la responsabili­tà! ... Ti ho detto di bere, ma una coppa soltanto... Se tu...

Georgette                      - (mettendogli la mano sulla bocca) Taci! ... Co­me chiacchieri piccolino... Non disturbare! ...

Alessio                          - Io non ,posso più vedere occhi di febbre... Non c'è uno che guardi con occhi limpidi questa sera!... È veramente una sciagura... una sciagura... vien da piangere! ...

Georgette                      - (mettendogli di nuovo la mano sulla bocca) Zitto! Zitto! Non senti che sei davvero ubriaco?...

Alessio                          - Che buon profumo la tua mano! Lasciamela vicino alle labbra... Odoravi così quando ti colpivano?... Vieni a sentire, Ester... vieni qui. Ha la sua storia scritta sulla carne, dice lei... Ed è vero!... Tutta cicatrici!... Sta a sentire. Dov'è il pittore ed Elena? Perché non vengono a sentire? Ancora sulla terrazza?... Ma se la danza è finita!

Ester                              - (si avvicina lentamente all'ottomana, si mette a sedere su di una sedia ai piedi di essa. È stravolta. I suoi occhi nuotano nel vuoto) Chi vi ha scritto la sto­ria sulla carne?

Georgette                      - Gli uomini.

 

Alessio                          - Gli amanti. Oh, è orrendo!... Anche ridicolo se vogliamo... Con i piedini si è difesa... Li ha bu­cati... E pure danza come se non li avesse bucati!.... L'hai veduta danzare?

Ester                              - (si alza in preda ad una angosciosa smania. Si allontana).

Alessio                          - Te ne sei già andata? Non hai pazienza. Peggio per te!... Bisogna essere pazienti... Aspettare... sop­portare!

Ester                              - (quasi con ira) Chi ti fa dire delle cose serie, stasera, Alessio?

Alessio                          - Ah! ah! lo champagne!... Tu hai sempre cre­duto che nella mia testa ci fosse un po' di crusca sol­tanto! Ed hai sbagliato!... Proprio sbagliato!... Perché nessuno, te lo giuro, ha della crusca in testa... special­mente in certe condizioni... Un ignorante, uno stupido diventai così scaltro s'è innamorato!... Io, che sono un povero stupido, ti dico, cugina Ester, che ci vuole pa­zienza... pazienza! ...

Ester                              - Non occorre per me!... Che cosa ho io da sopportare?

Alessio                          - Vedi Georgette, senti? Mia cugina per troppo orgoglio finirà per farsi male... Non vuole confessare... E, invece, che cosa ci sarebbe di strano? Potrebbe se­dersi di nuovo qui, e raccontarci delle sue ferite, come te... da buoni amici, così... e noi due la sapremmo inten­dere... È vero?

Ester                              - Basta, Alessio... io non ho ferite...

Alessio                          - Va bene... non dico più nulla... io bevo... que­sto sì. (beve) Ma perché non aspettare il mio amico Rasci, per la festa? Non si poteva rimandare a do­mani sera? È anche questa un'osservazione da stupido?

Ester                              - (che s'era seduta presso la parete destra si alza come se le parole di Alessio l'avessero cacciata dal suo posto. Cercando di dominare il suo tumulto:) Non ti ricordi nemmeno che egli avrebbe dovuto già essere qui... nel pomeriggio... così s'era rimasti... e si prevedeva...

Alessio                          - Prevedere è una cosa... e altro è che una cosa accada... Come si può prevedere poi, quando si via per i le vie dell'aria?

Ester                              - Sicuro!... È tardi!...

Alessio                          - Lo so ch'è tardi perché non venga ancora... o forse è qui! ...

Ester                              - (ha un sussulto e si volge verso sinistra).

Rapidi                           - (compare da sinistra).

Alessio                          - No. È il signor Rapidi.

Rapidi                           - (ad Ester) Piaciuto? Piaciuto?

Alessio                          - (alzandosi con sforzo) Signor Rapidi, i miei complimenti!... Una creazione!... Una meraviglia!.... (andando alla terrazza a chiamare) Elena... D'Arrighi... il vostro amico... è qui... (ritraendosi) Stavano ancora estatici a guardare i grandi getti d'acqua luminosi! .j Un prodigio!...

Ester                              - (a Rapidi, porgendo una coppa dì champagne) Sì. accomodi...

Rapidi                           - (con strane smorfie del viso) Non posso... devo ridiscendere...

Elena                             - (entrando dal fondo a piccoli salti con un con­vulso) Rapidi, Rapidi, quali brividi!! Una danza di brividi... (lo prende per le mani) Quando danzerò anch'io nel vostro teatro?

Paolo                             - (che è confuso, disfatto) Elena! Elena!

Rapidi                           - Via, non mi tenete.

Elena                             - Che avete? Che avete? Tutti si aspetta qual­cosa!... Ester, che cosa si (aspetta? Anche voi, Rapidi?

Rapidi                           - (a Ester) Io principessa, si aspetta... che io sono una specie di domatore... che sta sempre sul « chi vive »... Avete mandata troppa champagne alle mie bal­lerine, a Susanna Bene, ad Aline Kalimatov... sono sem­pre in istato d'orgasmo e non hanno bisogno d'altri stimolanti!... Si sono cambiate... salgono a salutarvi... ma un minuto... un minuto solo per l'amor di Dio!... (si volge a sinistra come a invitare chi sale).

Aline Kalimatov           - (si presenta da destra altezzosa, im­periosa, dà uno sguardo di disprezzo a Susanna Bene che la segue entrando. Si inchina con un inchino arti­ficioso e, rapido dì ballerina: e, stendendo la mano ver­so le coppe di champagne) Posso bere, principessa?

Rapidi                           - È una selvaggia. Deve ancora imparare le re­gole della buona creanza.

Aline Kalimatov           - (lancia, scattando, la coppa che ave­va ghermito di sulla tavola, contro Rapidi, urlando) Prendi, si chiama selvaggia esser pestata sotto i piedi, selvaggia! ...

Rapidi                           - (ridendo, convulso/ pallido) Lo avevo predet­to!...

Aline Kalimatov           - Tresca con quella, sotto i miei oc­chi, dopo avermi abbrutita! abbrutita, (principessa! ...

Susanna Bene               - (fuggendo e scomparendo da sinistra) È ignobile!... È una tigre!...

Rapidi                           - Via... via anche voi... Non siede presentabile!...

Aline Kalimatov           - È vero. Mi ha ridotta così lui... Ma la morderò... vedrai! ... (fugge da sinistra).

Rapidi                           - Domando scusa, umilmente.

Paolo                             - Rapidi, che cosa soffrono queste povere donne?

Rapidi                           - Quello che soffrono anche gli uomini, sapendo contenersi!

Paolo                             - Quando sanno contenersi!

Sapidi                            - S'intende.

Paolo                             - (affranta) E quando non si sa più?

Rapidi                           - Male... Bisogna...

Elena                             - Rapidi, voi lo sapete come si fa? .

Rapidi                           - Per conto mio sì. Ma non può essere una re­gola generale... Perdonatemi: ma confessando mi giu­stifico dell'accaduto. Esse non lo sanno, e invece, a me costa molto di passare dall'una all'altra... È tuttavia, l'unica maniera per resistere, per non soccombere... per rimanere sulla breccia... Una sola... ti ammazza.. (Bre­ve pausa) Georgette, vi prego, discendete, date un'oc­chiata...

Georgette;                     - (esce, con Alessio aggrappato alle vesti). (Lungo silenzio).

Rapidi                           - Mi dispiace di aver procurato anche questo spettacolo. Del resto, è bene in tono con. la danza ese­guita. Quel Caperò vi ha condensato la quinta essenza della verità (esce). (Un lungo silenzio).

Elena                             - (si è seduta presso la parete di fronte; d'un tratto:) La quinta essenza della verità!... Tutti corro­no, tutti fuggono incalzati dalla stessa pena, dallo stes­so martirio! ... Danzano tutti su dì un piede... morsi­cati dalla tarantola... Ester, sorellina, perché non mi guardi più in viso, perché tanto rancore verso di me?... Paolo, dille una parola, io non posso... Può darsi che ella attenda da te una parola.

Ester                              - Io non attendo nulla. È finita. L'alito perverso è entrato nella casa.

Elena                             - Ester, sorellina, perdonami. È vero... Eri così felice tutta sola!

Ester                              - Sono sempre sola! ma senza più forze!

Elena                             - Non temere... Non temere... Forse saprai amare meglio di me... che non ho saputo!... Tra poco avrò finito persino di soffrire... Lo sento... E se tu... se Pao­lo... Non vi potrò rimproverare!... Io stessa l'avrò voluto! ...

Paolo                             - Elena!

Ester                              - Taci... Non sai più quello che dici.

Alessio                          - (presentandosi ancor ebbro, ma pallido e an­sante) . Ester, cugina Ester... Io non oso dirlo... Non dovrei dirlo... perché sono ancora ebbro... e questo non mi permette di piangere con animo puro... ma è acca­duto: è una verità... E dunque tanto vale che io lo dica... Ludovico, il mio caro compagno... Non torna più... non può più tornare... Sono venuti dall'hangar... Sono venuti ad annunziarlo... Caduto in mare... Scom­parso... Finito... Egli ti amava... ti amava... te lo giuro, te ne dò certezza, e non badare se sono ubriaco...

Elena                             - Paolo, non mi tenere! Stringila a te, non mentire più.

Paolo                             - Ester, gridate la verità, e liberate anche me da questa tortura.

Ester                              - Nessuno... Nessuno... nemmeno il morto ho ama­to!... ma mi avete uccisa, con l'amore...

 

FINE