La notte fatidica

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LA NOTTE FATIDICA

Commedia in un atto

DI LUCIANO FOLGORE

PERSONAGGI

IL NOTAIO GORIO di anni 58

IL DOTTORA NALVI di anni 32

LA SIGNORA NALVI di anni 27

LASIGNORINA MOSSI di anni 50

L’ARCHITETTO BUMI di anni 49

Studio del notaio. Ambiente moderno. Grande fine­stra nel fondo a destra. Mese di maggio. Le 7 pomeri­diane.

QUADRO PRIMO

Il Notaio                     - Veramente agli spiriti io non ci credo. Però...

L'Architetto                - ...non si sa mai. Anch'io, un tempo, ero scettico. Poi mi sono dovuto convincere che gli «pi­riti esistono. Fu durante una seduta medianica. Nel buio una mano...

Il Notaio                     - Ho capito. Il solito ceffone destinato agli increduli.

L'Architetto                - Niente ceffone, caro notaio. Una ca­rezza. Una dolcissima carezza.

Il Notaio                     - Meno male. Ad ogni modo, secondo voi, sempre una prova palmare.

L'Architetto                - Notate che si trattava di una mano femminile, morbida, fine. Nella stanza eravamo soltanto uomini.

Il Notaio                     - C'è tutta una letteratura intorno ai truc­chi dei medium.

L'Architetto                - La conosco. Ma riguarda i medium di professione. Invece tra noi niente altro che dilettanti. Allora, che scopo avremmo a ingannarci a vicenda? Sa­rebbe come se dicessimo delle bugie a noi stessi.

Il Notaio                     - Mentire a se stessi è una cosa abbastanza comune. Ve tanta di quella gente che sa d'illudersi e insiste nell'illusione!

L'Architetto                - Be', non entriamo nel campo della psicologia. Piuttosto facciamo una cosa. Alla prossima seduta spiritica che terremo, intervenite anche voi.

Il Notaio                     - No, grazie. Il buio non mi piace. Si resta sempre all'oscuro di qualche cosa. Senza contare che io sono dubitoso per natura. E un dubbio, sia pure vago e generico, sarebbe come un'offesa per quelli che ci cre­dono sul serio. Scusate, ma preferisco astenermi.

L'Architetto                - Quanto prima la penserete diversa­mente.

Il Notaio                     - Credete proprio?

 L'Architetto               - E non ci sarà bisogno di interventi medianici. La casa, questa casa stessa...

Il Notaio                     - Sì, lo so. Se me l'aveste avvisato non l'avrei comperata.

L'Architetto                - Quando eravamo in trattative non sapevo ancora nulla dei propositi dei due fidanzati.

Il Notaio                     - Sul serio?

L'Architetto                - Vi giuro. Fu soltanto tre mesi fa durante una seduta spiritica che ebbi la rivelazione.

Il Notaio                     - Avete sempre accennato a questa curiosa faccenda. Raccontatemi ora per esteso. Non ci credo, ma mi interessa.

L'Architetto                - Come ben ricordate, i due fidanzati sono periti in un disastro automobilistico. Erano giovani, belli e pazzamente innamorati l'uno dell'altro. Dovevano sposarsi a maggio. In questi giorni. (S'erano fatti co­struire questa casa. Un vero nido d'amore.

Il Notaio                     - Ricordo, ricordo.

L'Architetto                - Pensavano di viverci dentro una lun­ghissima stagione di felicità. La morte ha spezzato i loro sogni, i loro desideri. Però sembra che tutto non finisca. Come vi ho detto, tre mesi fa, durante una seduta medianica, gli spiriti dei due poveretti...

Il Notaio                     - Sono ricomparsi.

L'Architetto                - Precisamente. E hanno parlato.

Il Notaio                     - Sentiamo le testuali parole.

L'Architetto                - Hanno dichiarato che alla data sta­bilita avrebbero consumato il loro matrimonio comunque.

Il Notaio                     - Comunque?! E in che modo?

L'Architetto                - Servendosi magari di creature viventi.

Il Notaio                     - Ciò significa che gli attuali abitanti di questa casa dovrebbero essere gli strumenti realizza­tori di... Andiamo! Roba dell'altro mondo!

L'Architetto                - Ecco, adesso vi scandalizzate. Invece quando vi informai del pericolo, se pencolo può chia­marsi una cosa che spesso dà dei risultati deliziosi, voi rideste.

Il Notaio                     - Ho riso, è vero. Però tornandoci sopra...

L'Architetto                - Vi siete convinto.

Il Notaio                     - No, no. Mi è nato semplicemente qual­che dubbio. Giunti a una certa età, l'esperienza ci in­segna che non bisogna essere mai sicuri di nulla. Tanto meno di noi stessi. Ho preso le mie precauzioni. Scusate, quand'è che il fenomeno dovrebbe verificarsi?

L'Architetto                - Tra il dieci e il quindici maggio.

Il Notaio                     - Oggi ne abbiamo undici. Perbacco! Per tutto un giorno il pericolo incombeva e io non lo sa­pevo. Posso dunque ringraziare il Cielo...

L'Architetto                - Ancora no. Forse domenica. Ma sono certo che lo ringrazierete per qualche altra cosa.

Il Notaio                     - Architetto, non diciamo eresie! Ho cin­quantotto anni. Qui, in casa, non c'è che una zitellona che fa da vicemadre. L'avete vista? Contro tutte le ten­tazioni. Però, a scanso di equivoci, ho previsto e prov­veduto. Posso dormire tranquillo, anche se la prossima notte sarà quella delle fatidiche nozze.

L’Architetto               - Che diavolo avete architettato?

Il Notaio                     - Mistero. Vi basti sapere che ho archi­tettato qualcosa di più solido di ciò che architettate voi. Uscendo, fatemi il piacere di dare uno sguardo al vesti­bolo. Già, delle crepe. Domani mandatemi gli operai. Amico mio, buona sera. E che gli spiriti vi serbino sem­pre rivelazioni sorprendenti.

L’Architetto               - Tra poco la vostra ironia lascerà il posto a una seria convinzione.

Il Notaio                     - Co nvincermi?! Mai. In ogni caso, du­bitare sempre. Ciao, architetto.

L'Architetto                - Salute, notaio. E buona fortuna. (Esce).

Il Notaio                     - (va a sedersi alla scrivania) Diamo una occhiata a questi versi. Se i miei clienti sapessero che scrivo poesie! Che importa! Tra tanti atti di morte, qualche atto di vita non ci sta mica male! Ecco. (Ha trovato il foglio che cercava). Rime alla buona. All'antica. Come me. (Legge): « Nolte di maggio, palpito di cose buone, profonde e tutte quante in fiore, dovunque per ragioni misteriose si sente la presenza dell'amore. L'amore in questo buio seducente sta preparando l'attimo fuggente...». Manca la chiusa. L'attimo fuggente... L'attimo fuggente.... La felicità. Arrestati, sei bella!

La Signorina Mossi     - (che entra in silenzio) Dite a me, signor notaio?

Il Notaio                     - (volgendosi di scatto) Ci mancherebbe altro! Avete bisogno di qualche cosa, signorina?

La Signorina               - (scorbutica) L'architetto ha guardato il vestibolo. Ha promesso di provvedere d'urgenza. Spe­riamo bene.

Il Notaio                     - Mi pare che siate di pessimo umore stasera! Sentite, l'umor nero non va. Bisogna cambiarlo.

La Signorina               - E perche?

Il Notaio                     - Tra poco arriveranno degli ospiti.

La Signorina               - Quando?

Il Notaio                     - Ho detto (tra poco. Da un momento al­l'altro.

La Signorina               - Me lo avvertite così all'ultim'ora!?Senza lasciarmi il tempo per preparare...

Il Notaio                     - Quante difficoltà! Cosa c'è da preparare? Le camere dei forestieri sono sempre pronte. Per la cena avete tre quarti d'ora buoni davanti a voi. La casa è piena di provviste...

La Signorina               - Posso almeno sapere chi sono questi ospiti?

Il Notaio                     - Ma certo! Una coppia di sposi. Vera­mente, in procinto di separarsi. Però sono ancora marito e moglie. E giovani, beati loro!

La Signorina               - Ah, il segreto?

Il Notaio                     - Che segreto?

La Signorina               - Niente, niente.

Il Notaio                     - Ho capito; la vecchia abitudine di ascoltare dientro le porte. Sono venticinque anni che coltivate questo orribile vizio. Tutte le famiglie presso cui avete prestato servizio me lo hanno detto. Siete di una curiosità irrefrenabile.

La Signorina               - Signor Notaio!

Il Notaioq                   - Avete sorpreso il mio colloquio con l’architetto Bumi, non è vero? Siete al corrente della storia? Bene. A proposito, credete agli spiriti, signorina Mossi?

La Signorina               - Non posso prestar fede a simili turlupinerie.

Il Notaio                     - Turlupinerie è una parola che mi piace. Cosicché voi, al posto mio, che cosa avreste fatto?

La Signorina               - Non avrei invitato quei due signori.

Il Notaio                     - Giusto. Ma non avevo sotto mano niente di meglio. Veramente ci volevano soggetti più docili.

La Signorina               - Per che farne? Tanto gli spiriti non esistono.

Il Notaio                     - E se per una dannata ipotesi gli spiriti esistessero?

La Sicnorina               - Vi dico che non esistono.

Il Notaio                     - Poniamo il caso che esistano, che la loro minaccia possa tradursi in atto realmente!

La Signorina               - Che ci sarebbe di male in fondo?

Il Notaio                     - Che ci sarebbe di male!? (Severissimo) Signorina Mossi, voi accarezzate delle speranze, se non proprio delittuose, per lo meno ridicole. Avete bea considerato la mia pancia, le mie rughe, la mia età?

La Signorina               - Signor notaio, per me siete sempre giovane.

Il Notaio                     - Per voi... per voi! E voi, dite? E' molti anni che non vi guardate in uno specchio? Perbacco! Vi siete anche incipriata stasera? Sento nell'aria un vago odore... L'acqua di Colonia... La mia! Ma ci vor­rebbe ben altro profumo! Quello della gioventù!

La Signorina               - Eppure non sarebbe il primo caso.

Il Notaio                     - Certe cose si debbono fare soltanto quando si è ancora giovani. Più tardi è una stupidag­gine, anzi, una indecenza.

La Signorina               - (scandalizzata) Non vi riconosco più, signor notaio. Voi, così poeta, così compito, trattare in questo modo l'amore, il vero amore?!

Il Notaio                     - Mi accorgo che gli spiriti cominciano ad agire. Per lo meno su di voi. Non ci credete? Ma sa­reste pronta ad approfittarne! Zitta. Leggo ciò che vi passa ora nel cervello. Nel colmo della notte di maggio, inebriato dai profumi campestri, il signor notaio con la veste da camera e gli occhiali sul naso... Sì, con gli occhiali sul naso. Perchè, se me li levassi, urterei di sicuro contro qualche mobile. Ebbene, come dicevo, il signor notaio, nel cuore della notte, esce dalla sua stanza. In pantofole. Dove va? E' facile immaginarlo. A bussare alla porta della signorina. (Chi è? ». «Sono io ». Verreste ad aprire con quel camicione di tela ca­salinga. Sorpresa, trepidante. Che quadro! Si potrebbe intitolarlo: «Le nozze coi fichi secchi». Piangete adesso?

La Signorina               - Sì, di rabbia e di vergogna. Ma par­tirò da questa casa.

Il Notaio                     - Non partirete. Ci penserete su parecchie ore e vi convincerete che siete per me la più cara, la più affettuosa delle vicemadri. E che la vostra presenza qui è utile e necessaria. Signorina Mossi, hanno suonato. Andate ad aprire. Deve essere lui: il marito. Su, una faccia meno tragica.

(La signorina esce. Il notaio passeggia su e già per lo studio. Ogni tanto scoppia in una risatina).

Il Dottore                    - (giovialone, entrando di colpo) Buona sera, caro cugino. Sempre arzillo, eh?

Il Notaio                     - Non me lo dire per carità! Verso i ses-sant'anni sono cose pericolose. Perchè mi hai chiamato cugino?

Il Dottore                    - Tuo nonno non era forse zio di mia nonna?

Il Notaio                     - Che parentela complicata! Ad ogni modo sono proprio felice che tu sia venuto.

Il Dottore                    - Me lo immagino! Mi hai scritto una lettera così affettuosamente perentoria! Mi son detto: «Se non vado, chissà che dispiacere gli dò!».

Il Notaio                     - Hai indovinato. Proprio così.

Il Dottore                    - E allora eccomi qui. Speriamo che il motivo sia grave.

Il Notaio                     - Gravissimo. Scusa un po', vieni da Na­poli, tu?

Il Dottore                    - Certamente.

Il Notaio                     - Per ferrovia?

Il Dottore                    - No, con la macchina. Da quando non vivo più con mia moglie, nonostante le tremila lire al mese che le passo, ho realizzato delle grosse economie. E mi son presa l'automobile. A proposito, l'ho lasciata nel giardino. Nessun pericolo che se la portino via?

Il Notaio                     - Non c’è anima viva nei dintorni.

Il Dottore                    - Sai, tante volte qualche spirito ma­ligno!...

Il Notaio                     - Fammi il piacere, non parlare di spiriti! (Guarda l’orologio. Borbotta) Se quella non arriva, il pericolo sussiste sempre.

Il Dottore                    - Che dici?

Il Notaio                     - Nulla, nulla. Senti, tu che sei scienziato, cosa ne pensi dei fenomeni medianici?

Il Dottore                    - Autosuggestione, nel migliore dei casi. Per il resto, trucchi. Volgarissimi trucchi. Apporti, ma­terializzazioni, ectoplasmi, spostamenti di oggetti : tutti giochi di bussolotto. Ti manderò un mio recente studio pubblicato sulla rivista di psichiatria. Capirai meglio. Ci sono delle prove provate.

Il Notaio                     - (guardando nel vuoto) La prova più convincente lo so io qual è! (Tira fuori di nuovo l'oro­logio).

Il Dottore                    - Ma cosa fai con quel benedetto oro­logio? Aspetti ancora qualcuno?

Il Notaio                     - Sì, ti confesso, aspetto lei.

Il Dottore                    - Ohi lei? Una graziosa donnina, forse?

Il Notaio                     - Certamente. Tua moglie.

Il Dottore                    - (scattando) Eh!? Mia moglie!? Hai invitato anche mia moglie?! .

Il Notaio                     - Ma sì...

Il Dottore                    - Allora è un tranello. Siete d'accordo?

li. Notaio                     - No, no. Lei non ne sa nulla.

Il Dottore                    - Proprio nulla?

Il Notaio                     - Credimi.

Il Dottore                    - Ad ogni modo penso che oggi non verrà.

Il Notaio                     - Perchè.

Il Dottore                    - La conosco bene, quella donna, io! E' specialista in ritardi. Sta' sicuro che arriverà dopodo­mani. E io sarò partito già da un pezzo.

Il Notaio                     - Ti dico che arriverà puntuale. E' que­stione di minuti. Mi ha mandato un telegramma prima di partire.

Il Dottore                    - Vedrai. All'ultimo momento le succede sempre qualche cosa.

Il Notaio                     - (preoccupato) Sarebbe una rovina se non venisse stasera.

Il Dottore                    - Quella donna è sempre una rovina. De] resto, non so spiegarmi che speri da lei e da me. Perchè quest'incontro?

Il Notaio                     - Ecco, ti dirò. Voglio fare un ultimo tentativo per riconciliarvi. In fondo, mi pare che non esistano colpe gravi da nessuna delle due parti.

Il Dottore                    - L'unica nostra colpa è quella di avere dei caratteri impossibili. Lei si crede superiore a me. Io mi ritengo, e non c'è dubbio, superiore a lei. Così, dal giorno del nostro matrimonio, abbiamo cercato sem­pre di sopraffarci a vicenda. Figurati che eravamo arri­vati agli insulti a freddo.

Il Notaio                     - Gli insulti a freddo!? Come sarebbe a dire?

Il Dottore                    - Ci insultavamo ogni cinque minuti con la massima compostezza. In società le ingiurie ce le scambiavamo a bassa voce, col sorriso sulle labbra, ma­gari tenendoci sotto braccio. Qualche imbecille nel ve­derci esclamava: «Come si vogliono bene dopo tanti anni di matrimonio! ». Se ci avesse sentiti! (Pausa). Ad ogni modo l'incontro con Teresa non m'impressiona. Che venga pure. Giudicherai da te. Capirai immedia­tamente che non c'è nulla da fare. Ti garantisco che il guaio è irrimediabile.

Il Notaio                     - Ne sei proprio certo?

Il Dottore                    - Matematicamente sicuro.

Il Notaio                     - Mio Dio! Speriamo che gli spiriti....

Il Dottore                    - Quali spiriti? A proposito, oggi ce l'hai con gli spiriti. Cosa ti è successo?

Il Notaio                     - Scusami; una divagazione tutta per­sonale.

Il Dottore                    - Non ti senti bene? Vuoi che ti faccia una visita?

Il Notaio                     - No, grazie. Sto bene. Anche troppo.

Il Dottore                    - (origliando) Zitto. Mi pare d'aver sen­tito il rumore d'una carrozza. Probabilmente è lei, Te­resa. Guarda, guarda! Una volta tanto ha voluto smen­tire la sua fama di ritardataria incorreggibile. Senti, io me la batto. Non aver paura, vado nella mia camera, a rinfrescarmi. Dov'è? A destra? Bene. Tu intanto pre­para mia moglie. Se mi vede così all'improvviso, è ca­pace di fare dietro front e di andarsene su due piedi. Due piedi per modo di dire, perchè meriterebbe di averne quattro, quella mula. A tra poco (Esce).

Il Notaio                     - (fra sé) Spiriti, soperchierie, autosug­gestioni, un bel pasticcio. Speriamo bene...  La signora Salvi (trentenne, carina, elegante) Oh, buona sera, caro cugino. Che cosa vi è successo? Nulla di grave, spero. La vostra lettera sembrava un disperato appello.

Il Notaio                     - Vi dirò...

La Signora                  - Non mi dite niente! La vostra cera mi rassicura. State benissimo. Che magnifica casa! Sem­bra un vero nido d'amore, ma per amanti.

Il Notaio                     - Ma perchè? Se fossero invece marito e moglie e si volessero bene sul serio? Se si compren­dessero?...

La Signora                  - Un marito comprendere la propria moglie!? Come si vede che non siete stato mai sposato!

Il Notaio                     - Nel qual caso non avrei potuto condi­videre la vostra opinione. Almeno come marito.

La Signora                  - Capisco. Gli uomini sono tutti uguali. Altezzosi. Presuntuosi. La donna per voi è una creatura frivola, leggera, incapace di avere un carattere. Un mol­lusco. Fatemi il piacere! Siete semplicemente ignoranti. Mio marito, poi, è l'asso di questa insopportabile genìa. Oh, a proposito, sapete che io e lui siamo divisi e che tra poco ci separeremo legalmente dinanzi al tribunale?

Il Notaio                     - Lo so. Per questo vi ho chiamata qui. Come vostro parente ho il dovere di tentare una ricon­ciliazione...

La Signora                  - Caro cugino, non perdete il vostro tempo. Figuratevi che io e mio marito siamo giunti...

Il Notaio                     - A insultarvi a freddo.

La Signora                  - Come lo sapete?

Il Notaio                     - Me lo ha detto lui.

La Signora                  - Quando?

Il Notaio                     - Cinque minuti fa.

La Signora                  - Strano! Per telefono?

Il Notaio                     - No, a viva voce. In questa stanza.

La Signora                  - Allora è qui!

Il Notaio                     - Mi sembra.

La Signora                  - Quindi tra poco dovrò vederlo!? Credo meglio di andarmene subito.

Il Notaio                     - Cara cugina, per carità non lo fate! La­sciatemi tentare. Mi esporrete i motivi, le ragioni, i ma­lintesi. Ci spiegheremo. Insomma, non ve ne andate, ve ne scongiuro.

La Signora                  - Se ci tenete a perdere il vostro tempo! Bene, resterò. Non voglio che si dica che sono fuggita dinanzi a quell'animale. E quando lo vedrò?

Il Notaio                     - Appena uscirà dalla sua camera. E' an­dato a mettersi in ordine. Ma non c'è fretta. Se anche voi desiderate rinfrescarvi.

La Signora                  - Buona idea. Vado anch'io.

Il Notaio                     - Aspettate, vi faccio accompagnare nella vostra camera dalla mia vicemadre. (Suona).

La Signora                  - Una vicemadre? Chi? Quella che è ve­nuta ad aprirmi?! Che faccia! Mi sembra anche spiritata.

Il Notaio                     - Santo cielo! Zitta. Eccola. (Appare la signorina). Signorina, accompagnate la signora nella sua stanza.

La Signora                  - Faccio prestissimo. Non ho neppure bisogno di cambiarmi di vestito. A che prò? In quanto al resto, sono fresca come una rosa. Non è vero, caro cugino? Fra cinque minuti. (Esce).

Il Notaio                     - (si asciuga il sudore e borbotta) Che ho fatto! Non potevo scegliere due soggetti più refrattari! Se gli spiriti esistono veramente, non so come andrà a finire.

Il Dottore                    - (entrando) Non mi sbagliavo, era pro­prio lei. Ho sentito la sua voce. Parla in continuazione. Un mulino a vento. Cugino mio, ti giuro che stasera ti divertirai.

Il Notaio                     - Non lo credo.

Il Dottore                    - Ti dico che ti divertirai. Niente scene. Colpi secchi. Frasi taglienti. Ingiurie a dieci gradi sotto zero.

Il Notaio                     - Non trovi che faccia piuttosto caldo?

 Il Dottore                   - No. Mi sembra anzi una sera tiepida, vellutata, carezzevole.

Il Notaio                     - Io ho la testa in fiamme. Me la consigli una buona doccia?

'Il Dottore                   - Altro che. E' un ottimo calmante.

Il Notaio                     - Allora vado. Ti lascio solo per qualche minuto.

Il Dottore                    - Vai, vai. Ti aspetto.

Il Notaio                     - Se nel frattempo t'incontri con Teresa, mi raccomando.

Il Dottore                    - Lascia fare a me. Sono calmissimo. La freddezza del domatore. (Il notaio esce. Il dottore ri­masto solo gira di qua e di là per la stanza. Prende un libro, guarda il titolo, lo rimette a posto. Curiosa sulla scrivania. Gli capita sotto gli occhi il foglio su cui il cugino ha scritto i suoi poveri versi. Legge:

«Notte di maggio, palpito di cose

buone, profonde e tutte quante in fiore »).

(La signora rientra. Si è tolto il cappello. Guarda il marito, sogghigna).

(Il dottore si volge, scorge la moglie. La saluta con un leggero cenno del capo. Assume un'aria indifferente. Prende un giornale e si sprofonda in una poltrona).

La Signora                  - (borbotta fra se) Solamente gli asini si sdraiano in presenza di una signora.

(Il dottore finge di non udirla).

(La signora tamburella con le dita lo scrittoio del no­taio. A un tratto si punge con qualche cosa ed emette un a ahi! » piuttosto esagerato).

borbotta) Solamente le iene urlano quando non si son fatto niente.

'(La signora finge anche lei di non udire l'imperti­nenza).

Il Notaio                     - (rientra) Cari cugini. Capisco la vostra situazione. Ci sono nella vita ostinazioni che sembrano irremovibili. Però con una certa dose di buona volontà...

La Signorina Mossi     - (entrando) Signor notaio, la cena è pronta. (Esce).

Il Notaio                     - (che è restato alquanto interdetto) Be', ne parleremo dopo della vostra faccenda. Andiamo a ta­vola, ragazzi. Faccio strada.

(Si ode un tonfo nell'anticamera. Un grido della si­gnorina che ricompare spaventata).

La Signorina               - Una disgrazia. L'amore in terracotta, quello che stava sul trespolo, è caduto in terra. Nessuno l'ha toccato.

Il Dottore                    - Se non si tratta che dell'amore in ter­racotta!...

La Signorina               - Signor notaio, fossero gli spiriti?...

Il Notaio                     - (allarmato) E tacete!

Il Dottore                    - Gli spiriti! Roba da i-idere.

La Signora                  - (calma) Idiota. Gli spiriti esistono. Te lo dico io.

Il Dottore                    - Stupida. Tu ti sbagli, come sempre.

La Signora                  - (calma) Superuomo da strapazzo!

Il Dottore                    - (calmo) Donnàccola.

Il Notaio                     - (intervenendo e prendendo entrambi sotto il braccio) Finitela. Vi guastate l'appetito. Sarebbe un vero peccato. La cena è ottima. Il vino squisito. E que­sto crepuscolo di maggio è così bello!

(Prima di uscire dalla porta di fondo si ode il rumore di una seggiola mossa).

Il Notaio                     - (si volta impaurito) Che avviene?

Il Dottore                    - (sorridendo) Ma niente, caro cugino! Sono stato io ohe, nel passare, ho urtato una sedia. Come sei impressionabile!

Il Notaio                     - Hai ragione. Stasera mi sembra che ci sia qualcosa di molto strano nell'aria. Non so...

QUADRO SECONDO

(Alcune ore dopo. Lo stesso ambiente. Soltanto la lunga finestra del fondo a sinistra che prima era in ombra, adesso è aperta sopra la notte di maggio stel­lata, profumata, misteriosa. La scena è buia. Entra il no­taio in veste da camera, papalina e pantofole. Procede a tentoni. Arriva allo scrittoio, accende la lampada da tavola).

Il Notaio                     - Mi era parso di sentir rumore. (A bassa voce) Chi è là? '(Si serve della lampada a mo' di pro­iettore e scorge in un angolo la signorina Mossi) Che fate qui a quest'ora? Tornate a letto. Se qualcuno vi ve­desse potrebbe pensare...

La Signorina               - Ma anche voi del resto...

Il Notaio                     - Io sono preoccupatissimo. L'agitazione mi dà l'insonnia. Ieri sera c'è 6tata una bella gara di in­sulti tra i miei cari e dannati cugini.

La Signorina               - Ho sentito quasi tutto.

Il Notaio                     - Avete origliato? Come al solito!

La Signorina               - Certo! Che c'è di male? Non potendo esser presente!... Però, lui, che calma!

Il INotaio                    - E lei, che freddezza! Non credevo che fossero arrivati a tal punto! Almeno si fossero riscaldati. La collera è uno sfogo.

La Sicnorina               - Mi è parso però che verso la fine della aerata si fossero un po' raddolciti.

Il Notaio                     - Raddolciti!? Tutt'altro.

La Signorina               - Ricordate? Lei gli ha dato sempli­cemente dell'anguria. Mi sembra che anguria non sia un titolo tanto offensivo!

Il Notaio                     - Ah no! Ve lo spiego io. Si tratta, come dicono loro, di una ingiuria metafisica.

La Signorina               - Ingiuria metafisica!?.

Il Notaio                     - Sì, la moglie del dottore ha un avver­sione fisica per l'anguria. Soltanto a nominarla, le viene il voltastomaco. Il dottore lo sa. Per questo ha risposto per le rime alla signora chiamandola CO".

La Signorina               - Che sarebbe?

Il Notaio                     - La formula dell'acido carbonico. L'acido carbonico è una delle cose più asfissianti che esistano in natura. Che guaio! Che guaio! Gli spiriti, se ci sono, perderanno il loro tempo. Non riusciranno mai a conci­liare quei due.

La Signorina               - E allora?

Il Notaio                     - Allora fate il piacere di scostarvi da me. Dove avete preso questa camicia rossa?

La Signorina               - Preso! L'ho confezionata con le mie mani, in segreto.

Il Notaio                     - Ah, speravate in una notte di nozze? Vi lusingate che gli spiriti si servano di voi e, orrore!, di me, per realizzare il loro voto. Via subito. Nella vostra camera.

La Signorina               - Ma perchè?

Il Notaio                     - Perchè... perchè... Ho udito lo scricchiolìo di un uscio che s'apre. Presto. (Spinge la signorina o. destra. Spegne la lampada. Poi scompare a sua volta dalla comune).

(La signora in vestaglia entra da sinistra. Va verso la finestra. Si siede sopra uno sgabello).

La Signora                  - Che notte! Un po' d'aria! Strano feno­meno! Non riesco a chiudere occhio. E dire che non ho mai sofferto d'insonnia! Non basta. Pare che qua dentro tutto si agiti, persino l'ombra.

(Il dottore in pigiama entra anche lui in scena la­sciando la porta aperta della sua camera. Dall'uscio pe­netra un raggio di luce che rompe il buio dell'ambiente).

Il Dottore                    - (borbotta fra se) Vorrei sapere chi ha messo quella bottiglietta di bromuro sul mio comodino. (La signora scoppia in una risatina ironica. Il dottore, un po' sorpreso) Ah, sei qui? Scommetto che l'affare del calmante è una tua trovata. Ma i miei nervi sono com­pletamente a posto. Soltanto un'oca come te non riesce ad accorgersene.

La Signora                  - (imperturbabile) Cretino finito. Cosa vuoi che m'importi di te e del tuo sistema nervoso?

Il Dottore                    - Lascia andare. Sei capace di tutto. Scor­pione ambulante.

La Signora                  - Immagini che finirò per avvelenarmi da me stessa? Levatelo dalla testa. Io soprawiverò e voglio vederti vecchio, calvo, sdentato, malato di fegato.

Il Dottore                    - Sì, ma sempre in forze per venire a tro­varti in quella casa di salute che presto' ti ospiterà. Per­chè sei qui? Speri forse che anche il caro cugino soffra d'insonnia?

La Signora                  - Posso darti un'indicazione utile.

Il Dottore                    - Utile? Ah! ah!

La Signora                  - Guarda, la stanza della vicemadre è la prima a destra nell'anticamera. E' proprio il tipo che ti ci vuole, gorilla in mutande.

Il Dottore                    - Rettifico, in pigiama. Ma già sei stata sempre una talpa e non hai visto mai al di là del tuo naso, che è molto corto e brutto.

La Signora                  - Perchè tu t'immagini d'essere una lince, eh!, tasso barbasso?! Ti consiglio di andartene a dor­mire.

Il Dottore                    - Questa è proprio la stagione in cui i tassi barbassi si risvegliano dal letargo. Invece le tac­chine a un'ora simile dovrebbero essere a nanna da un pezzo.

La Signora                  - Tu vorresti farmi arrabbiare. Ma non ci riuscirai. Sono cinque anni che ti ci provi e sempre invano. Che seccatore! Senza la tua presenza la notte sarebbe così bella!

Il Dottore                    - Bene, bene! Se ti secco vuol dire che incominci a perdere la tua magnifica calma, il bel sangue freddo di vipera.

La Signora                  - Come non capisci niente! E' la tua na­tura. Purtroppo me ne sono accorta dopo che ti ho spo­sato. Non ti preoccupi che di te stesso. Non vedi altro che te stesso. Non ami che il tuo « io » concentrato nel vuoto. Ma, grazie al Cielo, la legge mi libererà tra breve di questo fastidio permanente. E mi rifarò la vita. Potrò conoscere una buona volta il vero amore, il grande amore.

Il Dottore                    - Sii cauta, scioccona. I grandi amori sono finiti tutti male. Paolo e Francesca, Abelardo e Eloisa, Paris e Vienna, Iacopo Ortis e una donna che si chiamava come te, Teresa. Che disdetta! Ma è inutile continuare. (Si allarga il colletto del pigiama).

La Signora                  - Come si vede che il caldo ti dà al cer­vello.

II Dottore                   - Il caldo!? E' quest'odore di rose che viene dal giardino. Non so come si possa vivere in mezzo a simili emanazioni floreali.

La Signora                  - Già, tu non ti inebri che di emanazioni farmaceutiche. Lascia in pace i profumi della natura e occupati d'i acido fenico, di lisoformio. A proposito, quel pigiama chi te Pha regalato?

Il Dottore                    - Non sono cose che ti riguardano. Se tu fossi meno coriacea e stupida ti domanderei se anche tu non senti che qua dentro c'è un non so che di strano e di sconcertante.

La Signora                  - Ci hai messo tanto tempo per accor­gertene? Dunque, chi è il più stupido e il più coriaceo fra noi due, pachiderma notturno?

Il Dottore                    - Ti suggerisco una cosa, e tu subito cer­chi di approfittarne, bietolona.

La Signora                  - Le bietole non erano forse il tuo con­torno preferito?

Il Dottore                    - Erano. Come del resto questo profumo che porti addosso. L'unico che mi piacesse.

La Signora                  - Potrebbe piacere anche ad altri.

Il Dottore                    - Altri! Altri. Vorrei vedere un uomo ca­pace di resistere con te più di mezza giornata.

La Signora                  - Ah! ah! ah! Quanto sei citrullo.

Il Dottore                    - (irritandosi) Finiamola. Questo dannato notaio...

La Signora                  - Pst. Se ti sente!

Il Dottore                    - (alza le spalle) Mi ha invitato qui per farmi perdere la mia serenità olimpica. All'inferno lui e...

La Signora                  - ... e io, naturalmente. Ma non ci andrò. Per paura di trovarmi di nuovo con te. Del resto, il no­taio è tuo cugino. Soltanto uno della tua razza poteva combinare un incontro odioso come questo. Non ti amo, non ti amo! Vattene, se no ti cavo gli occhi. Vi­gliacco! Vigliacco! Vigliacco. (Va con le mani avanti).

Il Dottore                    - (afferrandola per i polsi) Basta. Non vedi che sono al limite della pazienza? Smettila, se no...

La Signora                  - (divincolandosi) Che vorresti fare, mostro?

Il Dottore                    - Prenderti di peso, portarti nella mia ca­mera. Chiuderci dentro a chiave. Altro che bromuro.

La Signora                  - (abbandonandosi) Giorgio...

Il Dottore                    - Teresa... (La trasporta verso la propria camera. Lei ha abbandonato la testa sidla spalla di lui. L'uscio si richiude. Si sente il rumore della chiave che gira nella serratura).

La Signorina Mossi     - (che è entrata non vista, assiste agli ultimi particolari della scena. Cade di peso sopra una poltrona e mormora) Ahimè, non c'è più speranza. Vicemadre per tutta la vita!

Il Notaio                     - (compare guardingo. Traversa la scena. Ori­glia. Rassicurato dal silenzio, va ad accendere la lampada dello scrittoio. Poi si reca a guardare dalla parte della camera di Teresa) La stanza è vuota! La luce accesa. La porta del giardino chiusa. Ma allora!? Silenzio. (Torna allegro alla scrivania. Ode un sospiro. Si volge. Scorge la signorina Mossi accasciala sulla poltrona). Ma santo Dio, sempre fra i piedi voi! Però, adesso è inutile. Gli spiriti, la notte di maggio, l'odore dei fiori, la gio­ventù... Signorina Mossi, ho trovato la chiusa della mia poesia. Non bella come quella là (accenna la camera dove stanno i due sposi riconciliati), ma in certo qual modo interessante. Almeno per me. Sentite. (Prende il foglio e declama):

« Notte di maggio, palpito di cose

buone, profonde e tutte quante in fiore,

dovunque per ragioni misteriose

si sente la presenza dell'amore.

L'amore in questo buio seducente

sta preparando l'attimo fuggente...

Combini pure matrimoni o guai

per conto mio sono al sicuro ormai ».

FINE