La sposa cristiana

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LA SPOSA CRISTIANA

oppure CAMERA 337

Farsetta come una parabola

di CARLO TERRON

                                   

"Ad E. D. S. per scampato pericolo "

PERSONAGGI

NICOLA e LIDIA sposi

BERTO cameriere

Commedia formattata da

Tanto perché sia chiaro, è buio pesto. Ma, fuori, è una bellissima giornata. E' sempre una bellissima giornata. Fuori. Ciononostan­te, ci si vede a sufficienza. Dipende da due banali quanto fortuite circostanze: che la mattina solatia introduce le fulgenti dita nelle fessure delle tapparelle senza paura di farsi male; e la porta spalancata di un'al­tra stanza, dove stanno con le finestre aper­te, scarica un fiotto di luce che va a river­sarsi su un letto matrimoniale, ridotto peg­gio di un campo di battaglia. Il resto, in­torno, sa di comodo e di lusso con spreco alberghiero di campanelli, interruttori, te­lefono, altoparlanti e compagnia. Con la luce arriva anche rumor d'acqua corrente, calda e fredda, doccia e vasca ed altri impianti igienici a discrezione dello scenografo se il regista è d'accordo, ma lo sarà, basta che ci sia da spendere. Si tratta del bagno, via; dove qualcuno fa le proprie abluzioni seppur non si purifica e ritempra le energie dissi­pate durante la storica nottata. Il tempo di far bella figura con gli effetti di suono e luce e poi, vestito unicamente di uno spaz­zolino da denti fra le labbra - quando si dice la superiorità della narrativa sul tea­tro! Ad ogni modo, nell'attesa che il nudi­smo abbia libera circolazione in palcosce­nico, a chi avesse la malinconia di portare alla ribalta il dialogo che seguirà sarà forse il caso di consigliare l'aggiunta di un paio di slip - entra un aitante giovanotto: la giovinezza, la salute, l'energia, la sicurezza, l'allegria, l'ottimismo e l'entusiasmo, fin che dureranno. Va alla finestra, spalanca tutto quello che c'è da spalancare e arringa il mondo.

Nicola                           - Gente, ammirate un uomo felice! E non potete giudicare che dalla cintola in su.

~ Fra le macerie del giaciglio, mugola e si convelle qualche cosa che, in seguito identificata, si rivelerà una dolce, mite e cara fanciulla. Egli si mette a fischiettare. Natu­ralmente, dalle labbra, lo spazzolino da denti s'è trasferito alle mani. Anche perché è con esso che, fra le lenzuola, va a frugare il morbido tesoro che vi si cela. Quant'è bella giovinezza!...

Lidia                             - Oddio, il vampiro della laguna!

Nicola                           - No: lo spazzolino da denti.

Lidia                             - Che paura, amore. (Apre gli occhi e piom­ba nel terrore) Ma sei nudo! Che orrore!

Nicola                           - Il tuo antropoide ardente! Per la vita! Ormai, cara, consummatum est. Uno spiritus, una carne, e fin che dura è una pacchia.

Lidia                             - (pedante) In primo luogo, il fatto di es­sere diventati marito e moglie da ventiquattr'ore (così i moralisti tirano un sospiro di sollievo. Il prete e l'acqua santa mettono a posto tutto) non ti dà il diritto di metterti a parlarmi metà in latino e metà da carrettiere...

Nicola                           - Un corpo e un'anima sola fino a che morte intervenga.

Lidia                             - Lo so. Ho fatto il liceo e leggo Tertul­liano nell'originale... E, in secondo luogo, proprio ora che il nostro vincolo è stato consacrato, devi aver rispetto e non essere indecente.

Nicola                           - E quando mai, se, prima, non hai la­sciato nemmeno mai che ti toccassi?!

Lidia                             - Un anno di fidanzamento e dodici mesi di impuri desideri nei tuoi occhi madidi di lus­suria e sulla punta delle tue dita gocciolanti di lascivia.

Nicola                           - Un'agonia. Sì, sono di costituzione sen­suale e voluttuosa, angelo dei miei giorni e de­mone delle mie notti.

Lidia                             - Ora hai brutalmente soddisfatto le tue brame e devi farmi la cortesia di dimenticarti di essere un satiro e cercar di diventare una persona perbene.

Nicola                           - Ti trovo seria, stamattina. E sarai an­che stracca. Niente paura. E' la depressione che viene addosso dopo, a chi non ci è abituato.

Lidia                             - Tanto seria e tanto poco stracca che o ti metti addosso qualche cosa o non ti rispondo più.

Nicola                           - (spensierato) E va bene. Facciamo il torneo del pudore. Però è illogico mettersi ad­dosso roba per poi doversela di nuovo togliere fra cinque minuti.

~ Rientra nel bagno e, dopo che lei ha indos­sato un'accollata camicia da notte che la eso­nera dalla fatica di difendere la sua nudità col lenzuolo e, più tardi, le permetterà, se del caso, di alzarsi dal letto movimentando le sue indubbie capacità di prima attrice, torna rivestito d'un accappatoio scarlatto.

Lidia                             - Rosso!?

Nicola                           - Il colore della tauromachia, come il mio desiderio ed il mio amore.

Lidia                             - Dio del cielo, sei comunista!

Nicola                           - Son solo una fiamma di voglie riaccese.

Lidia                             - (costernatissima) Sei comunista e non me l'avevi detto. Ho sposato un comunista e non lo sapevo. Con tutte le informazioni che abbiamo domandato. E, per di più, un comunista libidi­noso che sono i più spietati. Che sarà di me, della mia famiglia? Non potremo più guardare in fac­cia la gente.

Nicola                           - Sono liberale, laburista, socialdemocra­tico, monarchico, fascista, democristiano... son come tu mi vuoi.

Lidia                             - Dimostramelo.

Nicola                           - Come mi vuoi?

Lidia                             - L'ultimo.

Nicola                           - Naturalmente. E sia, mia leoparda! Un momento. Ti rivedrò nell'estasi, raggiante di pal­lore.

~ Torna a celarsi in gabinetto e ricompare avvolto, da capo a piedi, in un asciugamano candido. Tutto a posto, adesso? Possiamo ricominciare, tuffandoci nei bianchi fiori delle lenzuola?

Lidia                             - Dicesti le tue preghiere?

Nicola                           - Quali?

Lidia                             - Le preghiere del mattino. Nicola - (a capo chino) No.

Lidia                             - E mi vieni vicino senza averle dette? Ma lo sai che se muori in questo momento vai all'inferno?

Nicola                           - E' dall'età di tredici anni che non le dico più e non m'è mai capitato niente.

Lidia                             - (tremando in ogni -fibra) Sei ateo!?

Nicola                           - No, no. Cosa dici? Salvo gli ordini sacri, i sacramenti, ormai, li ho addosso tutti. Ho solo l'appendicite. E' stato quando cominciai a cor­rere in bicicletta.

Lidia                             - T'è venuta l'appendicite? Il sellino troppo duro, naturalmente.

Nicola                           - No. Ho smesso di dire le preghiere.

Lidia                             - Sicché corri anche in bicicletta.

Nicola                           - Correvo. Ma ho smesso.

Lidia                             - E allora, l'appendicite come t'è venuta?

Nicola                           - Da pedone.

Lidia                             - E perché, quando smettesti di correre in bicicletta, non ti sei rimesso a dire le preghiere?

Nicola                           - Mah!... Forse perché dovetti smetterla a causa che mi spezzai un femore a destra e un omero a sinistra.

Lidia                             - E altro?

Nicola                           - No, no, il resto tutto sano.

Lidia                             - E ti par naturale?

Nicola                           - E' capitato così.

Lidia                             - Naturale era che ti spezzassi tutto da una parte.

Nicola                           - Si sa come si cade ma non si sa come ci si rialza. E' la vita.

Lidia                             - Guarda che ti devi essere fratturato an­che la clavicola.

Nicola                           - Ti giuro di no.

Lidia                             - Cadendo dalla bicicletta, ci si frattura sempre una clavicola. Il resto è un di più.

Nicola                           - Io ho fatto eccezione.

Lidia                             - Sei così sbadato che magari non te ne sarai neanche accorto. Vieni un po' qua. Incauto, ci va. Lei gli agguanta una clavicola fra l'indice e il pollice e gliela torce come in una tenaglia.

Nicola                           - Ahi! Ahi!

Lidia                             - Lo vedi? S'è aggiustata male. Adesso do­vremo tornare a spezzartela per rimetterla in sesto.

Nicola                           - Macché, sei tu che hai le dita come una trancia.

Lidia                             - Un po' di sofferenza aiuta a salvar l'ani­ma. Mah, più ti conosco e più ti scopro diverso da come dovresti essere.

Nicola                           - Sono tutto da indovinare, gioia.

Lidia                             - Non capisco.

Nicola                           - Cosa?

Lidia                             - Perché dopo la caduta, una caduta molto strana, lo ammetterai, non ti sia rimesso a pre­gare. Non esiste una vera e propria incompatibi­lità fra le ossa rotte e le pratiche religiose. Al­meno, ringraziare la Provvidenza che non t'eri] rotto la clavicola.

Nicola                           - E' che, vedi, ingessato com'ero, non po­tevo mettere le mani giunte.

~ Tenta di dimostrarle com'era monumentato.

Lidia                             - Per pregare non occorre farlo a mani giunte.

Nicola                           - Ne sei sicura?

Lidia                             - Sì!

Nicola                           - Ti giuro che non lo sapevo. Non me lo avevano insegnato.

Lidia                             - Ma, insomma, che idea hai, della vita, tu? Di', su, che ti sto ad ascoltare.

Nicola                           - Chiuder gli occhi, la sera, come si trat­tasse dell'ultima notte del mondo; e riaprirli, la mattina, come si trattasse del primo giorno dell'umanità.

Lidia                             - Così e altro?

Nicola                           - Ma sempre con lo stesso stato d'animo di gratitudine e senza pensarci molto.

Lidia                             - Povero caro, tu hai avuto un'educazione religiosa molto insufficiente.

Nicola                           - Eravamo sfollati, tutto era razionato.

Lidia                             - Mah...! E poi, quando ti hanno tolto la gessatura?

Nicola                           - Ah, è stato un giorno bellissimo. Ho po­tuto ricominciare a muovermi.

Lidia                             - Dunque avevi le mani libere.

Nicola                           - Be', sì.

Lidia                             - E che uso ne hai fatto?

Nicola                           - Qua e là. Abbi pazienza, non sarà un delitto.

Lidia                             - Eppure, allora, le mani le avresti potute congiungere. Le avresti potute congiungere, sì o no?

Nicola                           - Altroché!

Lidia                             - E perché non hai ripreso a pregare?

Nicola                           - Non lo so. Forse le fratture mi avevano distratto.

Lidia                             - O non sarà stato il sedere della serva?

Nicola                           - (imprudente) Come fai a saperlo?

Lidia                             - In una casa di miscredenti, con un red­dito appena sufficiente, prima o dopo, il sedere di una serva affiora sempre.

~ E si mette a piangere, povera creatura.

Nicola                           - Lidia, dai, dodici anni fa. (Così veniamo a sapere che ne ha venticinque) C'è prescrizione anche per l'omicidio.

Lidia                             - (egli deve evidentemente aver tentato di met­terle le mani addosso, nel tentativo di superare la crisi) Non toccarmi. Nemmeno un atto di con­trizione in dodici anni. Sei impuro.

Nicola                           - Stanotte non la pensavi così.

Lidia                             - Stanotte non ti conoscevo ancora. Avevo il mio sacrificio di sposa da compiere, ho stretto i denti e l'ho compiuto.

Nicola                           - Sacrificio? Con me? Ma m'hai visto bene?... Colla collaborazione che mi hai dato, col gusto che ti ho fatto provare?

Lidia                             - Più ti conosco e più mi fai paura. Dalla loro unione, gli sposi non devono ricavar piacere.

Nicola                           - E cosa devono ricavare?

Lidia                             - Unicamente la soddisfazione di celebrare un sacramento, nel raccoglimento e nella speranza di aver la grazia di donare delle anime alla Chiesa. Si tratta di un atto morale e pio.

Nicola                           - Se penso a questo, buonanotte, mi cono­sco, non ce la faccio più. E' una fatica superiore alle mie forze.

Lidia                             - Eretico!

~ Meno male che non ha detto impotente!

Nicola                           - Be', una cosa non esclude l'altra, dopo­tutto.

Lidia                             - Forse per gente priva di timor di Dio come te,

Nicola                           - (insistendo con azioni carnali) Dai, ne parliamo in seguito, abbiamo tempo.

Lidia                             - Scostati!

Nicola                           - E allora cosa facciamo? A cinque centi­metri di distanza diventiamo inservibili entrambi.

Lidia                             - Potresti provare a pregare.

Nicola                           - Proprio in questo momento?

Lidia                             - Tutti i momenti sono buoni. Lassù ci vedono.

Nicola                           - Non sarebbe meglio, per qualche giorno, cercar di passare inosservati?

Lidia                             - Non bestemmiare.

Nicola                           - Ma adesso, qui... M'hai fatto venir ver­gogna.

Lidia                             - Adesso qui. Più tardi, andremo in cerca di un confessore per cominciare a farti restaurare internamente.

Nicola                           - Io non mi ricordo più nulla.

Lidia                             - Sul comò c'è il mio libro da messa.

Nicola                           - Non lo vedo.

Lidia                             - Ci sta sopra il reggipetto.

Nicola                           - Ed ora cosa faccio?

Lidia                             - Inginocchiati e leggi dove c'è dentro la forcina.

Nicola                           - Mi metto qui, fra l'armadio e il termo­sifone, lontano dalle correnti d'aria. Tu non guar­darmi. Mi fa impressione.

Lidia                             - Come vuoi. Ma prima allungami la scatola dei cioccolatini.

Nicola                           - Tu, non preghi con me?

Lidia                             - Non ne sei ancora degno. Non è mai pru­dente mescolare il lupo con la pecorella.

Nicola                           - Posso mettere in bocca anch'io un cioc­colatino così mi aiuta a passare il tempo fin che leggo la filotea?

Lidia                             - Nicola, non essere sacrilego!

Nicola                           - Va bene, va bene, vita mia. Ho capito, vuoi mangiarteli tutti tu. Perderai la linea.

Lidia                             - Conservare la linea è peccato di vanità.

Nicola                           - E mangiar cioccolatini è peccato di gola. Fra i due, preferisco il primo. Le donne grasse non mi piacciono.

Lidia                             - Cuor del mio cuore, non puoi pretendere che mi riempia di peccati per i tuoi vizi.

Nicola                           - E' semplice senso estetico, amore. Guarda gli antichi greci.

Lidia                             - Per quel che ne so, il solo merito di quei pagani è di aver inventato le pieghe dei vestiti.

Nicola                           - Fin che eravamo fidanzati, ci tenevi a conservar la linea.

Lidia                             - Ora siamo sposati. Prega, tesoro, prega e lasciami coltivare la mia modestia.

Nicola                           - Però, tu non guardarmi. Ho vergogna.

Lidia                             - Nudo sì, orante no: tutto a rovescio!

Nicola                           - Sono timido.

Lidia                             - Sfacciato come sei?

Nicola                           - Sono sfacciato perché sono timido. Spe­gni la luce.

Lidia                             - E stanotte pretendevi di lasciarla accesa!

Nicola                           - Stanotte, quello che facevo era naturale.

Lidia                             - Ma non lo era per me. Per me è naturale quello che fai stamattina.

Nicola                           - Non vorrei allarmarti ma, da queste pic­cole divergenze di vedute, sorgono le cosiddette incompatibilità di carattere.

Lidia                             - Dipenderà da te, gioia.

Nicola                           - Per piacere, almeno chiudi gli occhi.

Lidia                             - Non voglio perderti di vista un momento.

Nicola                           - Ti piaccio dunque tanto?

Lidia                             - Non mi fido.

Nicola                           - Ti lasci voltare la schiena?

Lidia                             - L'uomo che prega è sempre più bello davanti.

Nicola                           - Veniamoci incontro al cinquanta per cento. Mi metto di tre quarti. (Lui prega, lei man­gia. Quadro) Psst... psst... anima mia... anima mia...

Lidia                             - Sì.

Nicola                           - Credi che basti, trattandosi della prima volta?

Lidia                             - Un altro momentino. Ancora un paio e poi son finiti, così sarà evitata anche questa tentazione.

~Pazienza, bisogna attendere che la scatola sia vuota.

Nicola                           - Posso?

Lidia                             - Cosa?

Nicola                           - Sono degno, ora che ti sei tirata su?

Lidia                             - Degni del tutto non lo si è mai. La via della perfezione dura tutta la vita.

Nicola                           - Sì, ma intanto che mi alleno... E, poi, tu sei la mia compagna, no?

Lidia                             - Hai detto compagna?! Vedi che sei co­munista?!

Nicola                           - E dai. Ma è una fissazione.

Lidia                             - Lo sei magari senza saperlo. Altrimenti non avresti usato quella parola marxistica. Oggi tutti sono comunisti senza saperlo.

Nicola                           - E democristiani senza volerlo.

Lidia                             - Nicola, non togliermi le ultime illusioni sul tuo conto.

Nicola                           - No cara. Se non sei la mia compagna che accidente sei?

Lidia                             - Quel che sei tu tesoro, solo un po' meno : indegni vermi che strisciano nel fango, nati a for­mar l'angelica farfalla. Dopo morti, se ci saremo comportati bene, beninteso.

Nicola                           - Lascia perdere questi discorsi. Mi ta­gliano le gambe e mi indeboliscono il carattere.

Lidia                             - Buon segno.

Nicola                           - Dopotutto, devo aver letto da qualche parte che il Signore si festeggia in letizia. Fin che sono ancora in tempo io lo prendo in parola.

~ E via, un tuffo sotto le coperte, dopo essersi liberato del lenzuolo. Quello che teneva ad­dosso, non quello del letto, sennò interviene la magistratura e li ferma qui se non li ha già fermati prima.

                                      - Cara! (E si mette a baciarla sulla bocca arden­temente ricambiato) Vedi che funziona?!... I para­disi sono due, uno di là e uno di qua, basta met­tersi dalla parte giusta.

Lidia                             - Nicola! Alt!

Nicola                           - Che c'è? Mi hai fatto paura. Senti come mi batte il cuore.

Lidia                             - Nicola, schiavo della carne, non mentire: tu ci stai provando piacere.

Nicola                           - Ti giuro che non capisco più niente. Le due cose mi si confondono nella testa.

Lidia                             - Non è nella testa che ti si confondono.

Nicola                           - Mi va tutto insieme. Va bene? In me, non c'è mai stata una netta divisione fra la testa e il resto del corpo.

Lidia                             - Ma dove ce l'hai lo spirito, tu?

Nicola                           - In qualche parte ci sarà. Prima o dopo, finiremo col metterci su le mani.

Lidia                             - Ah, questa carne maledetta!

Nicola                           - Insomma, sai che ti dico? Dimmi tu cosa devo sentire e cercherò d'accontentarti.

Lidia                             - Semplicemente una soddisfazione morale al posto di una sensazione fisica. Più facile di così!...

Nicola                           - Mia Dea, ma si tratta di cambiare tutti i riflessi.

Lidia                             - (paziente) Tesoro, non è colpa mia se tutti i tuoi riflessi sono sbagliati.

Nicola                           - Sei la prima che me lo dice.

Lidia                             - Sono anche l'unica che si preoccupa della tua salute morale.

Nicola                           - Devi aver pazienza. Col tempo, a forza di provare...

Lidia                             - Su, da bravo, ripeti con me.

Nicola                           - (l'uomo dell'equivoco) Volentieri. (E si mette a baciarla).

Lidia                             - Aspetta.

Nicola                           - Hai detto ripeti con me.

Lidia                             - Non questo.

Nicola                           - E cos'altro?

Lidia                             - (didascalica) « Non lo fo per piacer mio, ma per dar dei figli a Dio ». Su, ripeti.

Nicola                           - Cos'è, il metodo Montessori?

Lidia                             - Ripeti.

Nicola                           - « Non lo fo per piacer mio... ». Ma è una bugia.

Lidia                             - Ripeti, ti dico.

Nicola                           - « Non lo fo per piacer mio... ». Non mi ricordo più il resto.

Lidia                             - « ... Ma per dar... ».

Nicola                           - « Dei figli a Dio ». Che bisogno ne ha?

Lidia                             - Bravo. Vedrai che lo impari. A casa lo troverai ricamato sulla piega delle lenzuola, sui pigiama e su tutti gli asciugamani.

Nicola                           - Sai che consolazione!

- Si riallacciano e stanno lì un bel po'. Occhi negli occhi, di un po' su, Lidia...

Lidia                             - Sì caro.

Nicola                           - Non vorrei sembrarti indelicato, ma mi par che, neanche a te, faccia dispiacere.

Lidia                             - Oh, per me... ci sono talmente abituata.

Nicola                           - (che ha sangue meridionale negli ascen­denti) Come sarebbe ci sei talmente abituata?

Lidia                             - A offrire tutto al cielo, voglio dire.

Nicola                           - E, durante il trasferimento, ti prendi qualche soddisfazione. Che male c'è?

Lidia                             - (dandosi dei pugni di penitenza sul petto, che la involuttuosiscono vieppiù) Carne infame, carne dannata!

Nicola                           - No, cara, lasciala fare. A me non mi dà disturbo. Anzi. Mi tira su e mi dà fiducia.

Lidia                             - Tu sei vissuto e continui a vivere in pec­cato mortale.

Nicola                           - Dà tempo al tempo. Imparo solo stamat­tina che far l'amore è un'opera pia.

~ Tornano ad abbracciarsi, ma non è che, nel frattempo, sia pure con diversi stati d'animo, avessero smesso di festeggiarsi Mi sento già un po' meglio. Nonostante le no­stre divergenze di vedute, sai cosa ti dico?: la vita è un giardino di rose, cintato da una siepe di nontiscordardimé!

Lidia                             - Me l'aspettavo. Ero stata messa in guardia.

Nicola                           - Cosa?

Lidia                             - Questo sciocco discorso da disperato. Che c'entra la floricoltura? Che vuol dire?

Nicola                           - Vuol dire il nostro amore timido e inno­cente, la quaresima di un anno; io e te qui soli, il nostro viaggio di nozze, la magnifica nottata che abbiamo fatta, prima che ti cascasse addosso la muraglia della morale; tutte quelle che ci aspet­tano quando ti libererai dalle sue macerie, questo letto amico e complice con una provvidenziale de­pressione in mezzo, questa magnifica camera d'al­bergo che costa un occhio della testa e non biso­gna perder tempo.

Lidia                             - Dio del cielo, sei sicuro che sia la 337?

Nicola                           - Numero più, numero meno, non me ne importa niente. Va benissimo così.

Lidia                             - Va a vedere. Guai se non fosse la 337!

Nicola                           - Dai!...

Lidia                             - Ti prego. Va a vedere. Ho fatto un voto. Nella 337 hanno celebrato la prima notte di nozze i miei genitori. Sennò, perché saremmo venuti in questa città piena di acqua morta e di pappataci vivi?

- Che sia Venezia? E allora, nel caso che il regista creda di averla identificata, ruffia­nata per ruffianata, potrebbe farci il piacere di far venire su dal canale sotto, la biondina in gondoleta; naturalmente non in persona, bensì cantata da qualche famulo o da qual­che gondoliere, e meglio ancora se sarà il povero fornaretto di Venezia, ma non si potrà avere, è sempre occupato con un film. Su. Va a vedere.

Nicola                           - Non mi azzardo. Sono mezzo nudo. Non mi sento più tanto sicuro. Si sa mai, i tuoi discorsi possono aver riempito i corridoi di carabinieri.

Lidia                             - (il dito verso il telefono) Domanda.

Nicola                           - (obbedisce) « Portiere?... portiere... Mi scuso del disturbo, sono un po' sperduto: è la 337 la cella in cui siamo rinchiusi?... Grazie, riferirò... E carabinieri, carabinieri in giro?... Grazie ». E' la 337. Bis.

Lidia                             - Che vuol dire bis?

Nicola                           - Una bellissima cosa, luce delle mie pu­pille. Ora te la mostro.

- Nuovo abbraccio, però è evidente che va per­dendo slancio.

Lidia                             - Momento. Prima dobbiamo terminare il discorso sulla vita.

Nicola                           - Ma è quello che stiamo facendo. Senza parole, lingua universale.

Lidia                             - No. E' un discorso che va fatto con le parole.

Nicola                           - Allora facciamo presto.

Lidia                             - La vita non è che la fugace sosta nell'an­ticamera fra due eternità, l'ardua ascensione verso una vetta inaccessibile, lungo un sentiero buio. Non dimenticarlo mai.

Nicola                           - Non mi capacito come possa essere, nel­lo stesso tempo, un riposo al chiuso, una passeg­giata al buio e la scalata a una parete di sesto grado.

Lidia                             - Consapevolezza della propria indegnità e speranza della grazia.

Nicola                           - Bada che, camminando di notte, in mon­tagna quelli che arrivano in cima vivi sono pochi. Tu non leggi i giornali.

Lidia                             - Ma non si deve arrivare vivi. Si è salvi solo quando si arriva morti.

Nicola                           - E se si smarrisce il sentiero?

Lidia                             - Una volta individuato, il sentiero non si può più smarrire. E' ben questo il miracolo.

Nicola                           - E da che lo si riconosce?

Lidia                             - Dall'umiltà, dalla rinuncia, dal sacrificio, dall'abnegazione, dal risparmio, dall'onestà dei sen­timenti, dalla carità di cuore, dalla mortificazione della carne, dall'obbedienza morale, dall'assistenza sociale, dall'amore di patria, dalla modestia dei costumi, dal vestirsi di scuro; dalla dedizione alla famiglia, dal rifiuto delle pompe mondane, dal sudore della fronte, dalla santificazione delle feste, dal non desiderare la donna d'altri, e, beninteso, dalla fedeltà, dalla confidenza, dalla sottomissione alla propria sposa, quando essa sia umilmente in grado di indicare la via a un consorte che procede nelle tenebre.

Nicola                           - Serva et domina, come dice il poeta, amen!

Lidia                             - Ti ho pregato di non parlar latino. Col latino tutto diventa remoto e sorpassato.

Nicola                           - Ma se eri iscritta all'Azione Cattolica, lo devi capire.

Lidia                             - Perché usi l'imperfetto?

Nicola                           - Ho usato l'imperfetto? Non l'ho fatto apposta.

Lidia                             - Sono sicura che hai usato l'imperfetto. Sulla coniugazione dei verbi nessuno mi può in­gannare.

Nicola                           - Non eri forse iscritta all'Azione Catto­lica quando mi facevi la corte?

Lidia                             - E lo sono ancora e lo sarò sempre. O credi, perché ho avuto l'imprudenza di diventar tua moglie, che debba dar le dimissioni?

Nicola                           - Figurati. Restaci pure. Io sono iscritto al R.A.C.I.

Lidia                             - Lo sospettavo.

Nicola                           - Be', il passato è passato. Quello che conta è il presente. Credi che abbiamo finito il discorso sulla vita?

Lidia                             - Povero caro, l'abbiamo appena incomin­ciato. Te lo insegnerò io. Affidati a me e verrà un giorno che capirai. Ma non devi più dire che la vita è un mazzo di fiori.

Nicola                           - La vita, penso, vorrà dire anche alle­gria di figli.

Lidia                             - Colpevole ottimista, qui si apre un altro capitolo di doveri e sacrifici senza limiti.

Nicola                           - E allora sai cosa ti dico?

Lidia                             - No. Ma da uno come te mi aspetto il peggio. Oddio, ora ti metti a bestemmiare, mi pic­chi, aiuto!

Nicola                           - E invece ti sbagli. Ti informo che sta­notte sono certo di averti fecondata, guarda un po'.

Lidia                             - Non mi è parso.

Nicola                           - Dubiti della mia energia virile? Guarda che quello è un punto d'onore sul quale non tran­sigo.

Lidia                             - Anzi, al contrario, l'ho in grande stima. E per questo ti dico che non l'ho ancora sentita.

Nicola                           - Tu non hai esperienza.

Lidia                             - Chi possiede la fede, possiede la verità.

Nicola                           - Naturalmente limitata all'ambito dello spirito.

Lidia                             - Ad ogni ambito, perché tutto, nello spi­rito, deve confluire.

Nicola                           - Dici?

Lidia                             - Sì, sconsigliato Nicola. Tu sbagli i verbi e non puoi saperlo. Oh, sarà un duro compito ri­portarti sul retto cammino!

Nicola                           - E allora, comincia subito con lo spie­garmi come fai ad intenderti così bene dell'energia virile, frigida come dimostri di essere.

Lidia                             - Ti scongiuro, per quel po' di amor colpe­vole che dici di portarmi, non usare termini inde­centi. Io non sono frigida.

Nicola                           - Meno male, mi allarghi il cuore.

Lidia                             - ...Sono casta, semplicemente, non frigida.

Nicola                           - E allora?

Lidia                             - Allora che?

Nicola                           - Come fai ad intenderti così bene della energia virile?

Lidia                             - Per sentito dire.

Nicola                           - Da chi?

Lidia                             - Da mia mamma.

Nicola                           - Una bella madre hai.

Lidia                             - Mamma!

Nicola                           - Non fa Io stesso?

Lidia                             - Mai più. Madre è termine concreto che investe il realismo riproduttivo, mamma è termine ideale che sposta tutto verso l'anima. Carne e spi­rito, il solco incolmabile che ci divide, in fondo, è tutto qui.

Nicola                           - Va bene, va bene, mi correggo; una bella mamma hai!

Lidia                             - Sta a vedere che vorresti anche dir male di mia mamma adesso!

Nicola                           - Scusa, parlarti di argomenti del genere...

Lidia                             - Ogni buona mamma, alla vigilia delle nozze, parla di certi argomenti alle figlie.

Nicola                           - E lei da chi lo aveva saputo?

Lidia                             - Dalla sua. Sua mamma che era mia nonna.

Nicola                           - Che memoria! Sempre per sentito dire, però.

Lidia                             - Poi perfezionò le sue cognizioni con mio papà. E non era né un pagano, né un satiro, né un libertino, né un miscredente, lui. Scusa se uso questi termini, ma si impongono.

Nicola                           - Solo con lui le perfezionò? Sai, cor­rono certe voci.

Lidia                             - Una parola ancora di questo discorso e mi costringerai a ricorrere alla Sacra Rota per far annullare il nostro matrimonio... Perché taci?

Nicola                           - Penso alla Sacra Rota che non deve es­sere niente male.

Lidia                             - No, caro, sono io che ci devo pensare. Ri­sparmiati la fatica. Tu sei fuori dalla religione, dalla morale, dalla decenza. Ti rendi conto che sei fuori da tutto?

Nicola                           - Se lo dici tu, gioia, perfetta come sei... E pensare che non mi ci trovavo niente male.

Lidia                             - Bene.

Nicola                           - Bene, l'hai detto. Mi ci trovavo proprio bene.

Lidia                             - Dicevo: bene, se non avrò la grazia di riportartici dentro, la Sacra Rota si renderà ine­vitabile.

Nicola                           - Appunto.

Lidia                             - Che significa questo avverbio? Questo equivoco membro del discorso che insidia la com­patta sicurezza del periodo?

Nicola                           - Non lo so.

Lidia                             - L'ho notato anche da fidanzati: tu hai una deplorevole tendenza verso gli avverbi, i ve­stiti chiari e i punti esclamativi. E, stanotte, ho anche scoperto che non porti la canottiera.

Nicola                           - Ero soprapensiero.

Lidia                             - Meno avverbi, e più canottiere, fra noi, Nicola.

Nicola                           - Scusami. M'è venuta un po' di malin­conia, mi comincio a sentir balordo. Sarà l'appe­tito. Faccio portar su la colazione e poi ritroverò il tono e perderò gli avverbi.

Lidia                             - No. Avevo anche notato che hai le mani bucate. Con quello che costa una famiglia!

Nicola                           - Ma, in venticinque anni di vita, io non ho mai saltato la colazione, nemmeno quando ave­vo l'influenza.

Lidia                             - Dissipatore, imprevidente, antigienico! Siamo qui a cercar di porre le vacillanti basi di una unione sconfortante che dovrà legarci fino alla tomba e tu pensi all'appetito, anche quando sei malato. A proposito, i tuoi possiedono una tomba di famiglia?

Nicola                           - Mai passato neanche nelle vicinanze del cervello. Noi siamo dei morti vagabondi. Uno qua, uno là. Sparpagliati, dove capita.

Lidia                             - Un'altra cosa che mi hai tenuta nascosta. Noi, invece, siamo dei morti sedentari. E la nostra è colma fino all'orlo. Ah, andiamo bene. Poca gioia avremo dell'urna. Averlo saputo, non ti avrei spo­sato. Non conosciamo nemmeno dove riposeremo le nostre ossa e i nostri figli non sapranno dove mormorare un requiem e gettare un fiore. Non lasceremo eredità di affetti. Bisognerà cominciare a risparmiare, subito, un tanto al mese per acqui­starne una, col pericolo di morir prima d'aver raccolto i fondi necessari. Le tombe un po' capaci costano un occhio della testa.

Nicola                           - Ci accontenteremo di una tomba piccola, una tombettina a due piazze da star vicini, io e te per farci compagnia.

Lidia                             - E i figli, le nuore, i generi, i nipotini? Li farai gettare nella fossa comune?

Nicola                           - A ognuno la sua tomba.

Lidia                             - E tutti quelli che moriranno prima di noi, o dopo, non avendo i mezzi?

Nicola                           - Va bene. L'acquisteremo bella larga, a rate. Sei contenta?

Lidia                             - Le tombe sono l'unico genere di prima ne­cessità che non si vendono a rate.

Nicola                           - Credi che basti una tomba per dodici?

Lidia                             - In una famiglia rispettabile, una tomba per dodici non serve nemmeno ad incominciare, Bisogna pigliarla almeno per ventiquattro.

Nicola                           - Diranno che facciamo i collezionisti di funerali.

Lidia                             - Tu sei imprevidente come la cicala, amor mio. Non pensi alle epidemie, ai bombardamenti, ai nubifragi, ai fulmini, ai terremoti, agli incidenti stradali, alla tubercolosi, ai cancri, agli infarti, ai funghi velenosi?...

Nicola                           - E va bene, crepi l'avarizia, compreremo un cimitero. Faremo dei sacrifici, ci rovineremo, ma potremo seppellire tranquillamente i nostri morti, in barba al carotombe.

Lidia                             - Vedi cosa vuol dire farsi una famiglia alla cieca, senza esser preparati alle responsabilità che essa comporta?! Comincerai col vendere l'automo­bile, metteremo da parte la tredicesima mensilità e faremo a meno della villeggiatura. E, prima di tutto, rinuncerai a fumare.

Nicola                           - Ma sì! Voglio vederti sorridere. Esci dalla nostra necropoli e giudica che ripresa pos­siedo io. Tutti i tuoi discorsi non riescono a sco­raggiarmi. Là!... Ti dico, sono certo, stanotte, d'a­verti fecondata.

Lidia                             - Lo dici per farmi dispetto.

Nicola                           - Lo dico per affermare la mia fiducia nell'avvenire; e, soprattutto, la mia autonomia, la mia indipendenza e la mia supremazia di maschio.

Lidia                             - (severa) Vuoi ripetere, per cortesia?

Nicola                           - La mia supremazia di maschio.

Lidia                             - Nicola!

Nicola                           - Che c'è?

Lidia                             - Si dice uomo.

Nicola                           - Va bene: per affermare la mia autono­mia, la mia indipendenza e la mia supremazia di uomo. Alla quale, abbi pazienza, non sono dispo­sto ad abdicare.

Lidia                             - Tu bestemmi. Tre peccati in una battuta di due righe: superbia, vanità e menzogna. Si­gnore, perdonagli perché non sa quello che si dice.

Nicola                           - (di slancio) Insisto nell'averti fecondata e mi devi della gratitudine.

Lidia                             - Ragazzo testardo. Come fai ad esserne così sicuro? Sentiamo.

Nicola                           - Argomento che taglia la testa al toro...

Lidia                             - Non nominare quel lussurioso animale.

Nicola                           - Accontentata. Argomento decisivo: ho udito suonare le arpe.

Lidia                             - Cos'è che hai udito?

Nicola                           - Suonare le arpe.

Lidia                             - Le arpe non si suonano più altro che alla Scala, in serate a beneficio della Croce Rossa, alla presenza del presidente della repubblica, ed ora è chiusa.

Nicola                           - E io le ho sentite.

Lidia                             - E io no.

Nicola                           - Non conta. Basta che le senta il maschio, volevo dire l'uomo quando fa il maschio.

Lidia                             - Questo, mia mamma non me l'ha detto.

Nicola                           - Te lo dico io.

Lidia                             - Sii ragionevole, lei è mia mamma, tu sei solo mio marito.

Nicola                           - Appunto.

Lidia                             - Ancora quell'avverbio ambiguo.

Nicola                           - Parola torna indietro.

Lidia                             - Devi capire: non posso credere più a mio marito che a mia mamma. Lei mi ha conce­pito, te ti ho trovato per la strada. Se fosse come tu dici, mi avrebbe avvertita.

Nicola                           - Io la cosa l'ho fatta, non raccontata. E le arpe le ho sentite, va bene?

Lidia                             - Perché insisti? In albergo non ci sono arpe. Lo hai potuto constatare personalmente. Solo pianoforte, sassofono, tromba, batteria, con­trabbasso e un negro mezzo nudo che canta in in­glese per non far capire le oscenità che dice.

Nicola                           - E io le ho sentite.

Lidia                             - Figurarsi se non ha drizzato le orecchie. Per le oscenità e per i negri tu hai sempre avuto un debole.

Nicola                           - No. Le arpe, ho sentito le arpe.

Lidia                             - (col maggior sarcasmo) Poeta!

Nicola                           - Lo dici con disprezzo.

Lidia                             - Vorrei anche vedere di no! Poesia vuol dire mollezza e corruzione. E musica peggio ancora.

Nicola                           - (gridando) Erano ventiquattro e suona­vano all'unisono. L'Ave Maria di Gounod.

Lidia                             - Anche sacrilego!

Nicola                           - Non so che farci, era l'Ave Maria di Gounod, anche se, personalmente, avrei preferito quella di Schubert che conosco meglio.

Lidia                             - Tu le Ave Marie non le conosci che in can­zonetta. Non può essersi trattato altro che di una allucinazione.

Nicola                           - Appunto, intendevo dire: sicuro. La mi­racolosa allucinazione quando due forze vitali, con­trarie e complementari, vengono a contatto e, alla faccia di tutte le tombe, nel grembo della sposa, lo sposo accende la favilla di una novella vita! Toh!

Lidia                             - Sembra che tu stia discorrendo dell'illu­minazione stradale.

Nicola                           - E invece sto discorrendo di mio figlio. Sono solo curioso di conoscere se sarà maschio o femmina.

Lidia                             - Che pazienza! Il grembo sarà mio, sì o no? Saprò bene io quel che vi succede dentro. Parli a vanvera come un liceale idealista che abbia letto Kant, scambiandolo per Modugno.

Nicola                           - Parlo di quel che conosco. Perché della verità è depositario l'uomo mentre la donna... la donna...

Lidia                             - Di che? Su finisci, di che è depositaria la donna?

Nicola                           - Non lo so.

Lidia                             - Succede sempre così quando uno ha un temperamento esclamativo come te, e fa della let­teratura.

Nicola                           - Succede cosa?

Lidia                             - Succede che finisce coi puntini. Si lancia in frasi retoriche senza senso e poi non sa come concluderle. Gli uomini sono tutti uguali.

Nicola                           - Come puoi dire che gli uomini sono tutti eguali, tu che non conosci che me e non sei né poetessa né musicista? Sei solo incinta.

Lidia                             - Generalizzo.

Nicola                           - Escluso! La donna non ha la facoltà di generalizzare.

Lidia                             - E ce l'avrebbe l'uomo, naturalmente.

Nicola                           - L'uomo, sì! Questa è la gran differenza.

Lidia                             - Si vede o che tu non conosci la donna, oppure che io ce l'ho. Io generalizzo benissimo. Quanto mi pare. Anche per delle giornate di fila.

Nicola                           - Come fai ad avercela, sentiamo.

Lidia                             - Ce l'ho. E' il mio forte. La virtù di gene­ralizzare mi esalta, mi travolge. Non dormo la notte per generalizzare.

Nicola                           - Allora non sei una donna.

Lidia                             - E cosa sarei? Parla.

Nicola                           - Che ti devo dire, sarai un uomo vestito da donna. Uno di quelli operati che si usano adesso, che cominciano sergenti e finiscono soubrettes. Questo spiegherebbe anche l'impossibilità di fecondarti.

Lidia                             - E se fossi tu, invece, una donna vestita da uomo, una di quelle che cominciano bambi­naie e finiscono pugilatori? La tua superficialità morale e la tua volubilità lo farebbero sospettare.

Nicola                           - Domanda più facile e diretta: come fai a sapere che gli uomini sono tutti eguali?

Lidia                             - Me l'ha detto chi sa.

Nicola                           - Tua mamma, naturalmente.

Lidia                             - Sempre il veleno dell'avverbio in coda.

Nicola                           - Eppure tua mamma è una donna onesta.

Lidia                             - Mettilo in dubbio e mi butto dalla finestra.

Nicola                           - E allora, se è una donna onesta, come fa a sapere che gli uomini sono tutti eguali? E' una profetessa, una maga, una sibilla?

Lidia                             - Glielo disse sua mamma. Mia nonna.

Nicola                           - Donna d'onore anche lei. E, a tua nonna chi glielo aveva detto?

Lidia                             - Sua mamma. E, alla mia bisnonna, pure: la mamma di sua mamma, di sua mamma, di sua mamma e così via, sempre. Noi siamo una fami­glia numerosa e molto unita.

Nicola                           - (trionfante) Ma la prima? Come faceva a saperlo, la prima?

Lidia                             - Da sua mamma, te l'ho detto.

Nicola                           - E quella prima di lei? Lidia (implacabile) Sempre da sua mamma,

Nicola                           - Nessuna donna orfana nella vostra fa­miglia?!

Lidia                             - Nessuna di madre, tutte di padre.

Nicola                           - Va bene. Eppure, una, la prima prima, per averlo saputo, deve averlo provato personal­mente. O siete andate avanti dei secoli per sen­tito dire?

Lidia                             - Provato cosa?

Nicola                           - Che gli uomini sono tutti eguali. Dun­que c'è stata una madre, nella vostra sterminata prosapia, almeno una, che non fu fedele a suo marito e non era donna d'onore.

Lidia                             - Qui ti volevo. Quella lo aveva letto.

Nicola                           - Così a occhio, dobbiamo essere retro­cessi almeno al tremila avanti Cristo. Più o meno, l'epoca di Semiramide. Non era ancora stata inven­tata la stampa.

Lidia                             - Stava scolpito su un obelisco!

Nicola                           - Naturalmente, sarà andato perso.

Lidia                             - Puoi metterti a cercarlo nei musei, se non mi credi.

Nicola                           - Ti prendo in parola: ci vado e non mi rivedrai prima di averlo trovato.

Ha già la mano sulla maniglia dell'uscio.

Lidia                             - Ci vai subito, senza bere un caffè?

Nicola                           - Lo prenderò giù, al bar.

Lidia                             - Ti avventuri per gli intestini dell'albergo in quello stato? Non arriverai in fondo al cor­ridoio.

Nicola                           - Io posseggo un senso dell'orientamento da far impallidire un piccione viaggiatore.

Lidia                             - Evidentemente, ti assale quando viaggi senza pantaloni?

Nicola                           - Va bene, me li metto.

~ Con atti che manifestano un evidente stato di incoordinazione, cerca di mettersi addosso qualche cosa ed è, di nuovo, con la mano sulla maniglia.

Lidia                             - La canottiera che non c'è. (Nicola cercai lo stesso) Le scarpe. (Nicola le cerca e non le trova) Sono fuori dell'uscio. (Nicola fa per andare a prenderle, si ferma).

Nicola                           - Perché hai detto che non arrivo in fondo al corridoio?

Lidia                             - Un'intuizione.

Nicola                           - Era un modo di avvisarmi che potrei incontrare i carabinieri?

Lidia                             - Niente di meno improbabile.

Nicola                           - Ma lo sai, lo sai di sicuro che, fuori, ci sono i carabinieri?

Lidia                             - Io non posso dire se ci sono o non ci sono. Posso dire solo che, in una società sana, pre­vidente e bene organizzata, si incontrano e si de­vono incontrare carabinieri dappertutto e ad ogni ora. I carabinieri sono la difesa della collettività, l'usbergo della fede e la garanzia delle famiglie.

Nicola                           - Ma perché mi è saltata addosso questa paura dei carabinieri?

Lidia                             - Dovresti ringraziare la Provvidenza.

Nicola                           - Mi sono sprecato troppo stanotte, deve essermi venuta la febbre. Mi si chiudono gli occhi, ho smarrito la baldanza, ho perso il mio entusia­smo, arrosisco di tutto e mi ritrovo pieno di f complessi.

Lidia                             - Può essere il principio della tua rinascita, amore. Forse, in fondo non sei malvagio come pare.

Nicola                           - Quella doccia fredda mi ha certo fatto male. Mi gira la testa e non riesco più a staile in piedi.

Lidia                             - Appoggiati sulle mani, tesoro. Sarà la prima volta che le userai utilmente. A quattro gambe ti sentirai meglio.

Nicola                           - Lasciami venire un po' sul letto, vicino a te. Farò una dormita e mi passerà.

Lidia                             - Imprudente. Ti tornerebbero le tentazioni e poi staresti peggio.

Nicola                           - (vaneggiando) E' dà tanto che non ho più tentazioni...! Fin dalla nostra lontana notte di nozze in un albergo di Venezia. La camera se ben ricordo, era la 337. Vecchie storie...

Lidia                             - Cose che si dicono. Abbi fiducia in me, accucciati lì sul tappeto... E' più prudente... Prova... su, da bravo. E' solo questione di cominciare.

~- Ormai gli viene naturale farlo.

Nicola                           - Ma poi se mi addormento, tu non mi lascerai qui, solo, alla mercé delle forze dell'or­dine?

Lidia                             - No di certo, anima mia. Io veglierò sem­pre sulla tua pace.

Nicola                           - Anche se sono stato cattivo con te?

Lidia                             - E' passato tanto tempo, ormai.

Nicola                           - Dimenticato?

Lidia                             - La mia memoria di ferro mi impedisce di dimenticare. E non sarebbe nemmeno utile. Ma ho fatto di meglio: ho perdonato.

Nicola                           - Giuramelo.

Lidia                             - Giurare è peccato.

Nicola                           - ...Ti piaccio così?

Lidia                             - Tanto! Fai venir voglia di accarezzarti.

Nicola                           - Accarezzami.

Lidia                             - Più tardi, se sarai stato buono. Abbiamo tutta la vita. Saresti così bravo, se volessi.

Nicola                           - E' da anni che non mi accarezzi.

Lidia                             - Bugiardo. E' solo dal 1969. (Sbadiglia, si stira le belle membra, lo contempla) Ah, m'è ve­nuto appetito. (Prende il telefono) « Una colazione al 337... S'intende, completa... Latte, tè, burro, miele, marmellata, brioches, due uova sode e una birra scura... ».

Nicola                           - Per me basta un toast. Non ho più l'ap­petito di una volta. All'antico vampiro si son ca­riati i denti.

Lidia                             - Tu hai solo bisogno di riposare, gioia. Rilassati. (Ancora col telefono) Ah, senta: e anche un guinzaglio.

Nicola                           - Ma non abbiamo ancora un cane, gioia.

Lidia                             - E' per te, amore. Dovevo pur far portare su qualcosa anche per te. Non sono così egoista. Chissà cosa penserebbero.

Nicola                           - Avrei preferito un panino.

Lidia                             - Per ingannare i carabinieri, tesoro, nel caso che entrino nella camera. Ti vedono già al guinzaglio e rinunciano a tirar fuori le manette. Diplomazia.

Nicola                           - Ah già...! Tu pensi a tutto. Sei una dritta, tu... Bù... bù... bù... bù! Lo faccio bene?

Lidia                             - Per uno che comincia, può passare.

Nicola                           - Diventerò bravo, vedrai.

Lidia                             - Devi cercare, se ti riesce, di prenderlo anche come un atto di umiltà. Ti sarà conteggiato in punto di morte.

Nicola                           - Eh già, affarucci che si fanno. Che brava!... (Suona il telefono) Cosa vogliono ora al telefono?

Lidia                             - Vuoi rispondere tu, caro?

Nicola                           - No no, io ho paura. Io non saprei. Tu sai come si fa. Pensaci tu; io non voglio più saper niente. Ormai sono vecchio.

Lidia                             - Faccio tutto e solo per togliere ogni spina dal tuo cammino.

Nicola                           - Lo so e ti ringrazio. Tu sei il mio angelo custode. Che sarei io senza di te? Al principio non l'avevo capito. La vita è la cima del Kilimangiaro, dall'ascesa seminata di burroni e infestata di be­stie feroci. E io sono un ricordo.

Lidia                             - (col ricevitore all'orecchio) ... « Mamma! che piacere!... Sì... tutto bene... secondo il tuo con­siglio... Ma certo: la 337. Avevi ragione, proprio una bella camera... Dove stava?... Sopra il comò?... No, il ritratto di papa Sarto non c'è più... Al suo posto, ora c'è una stampa di San Giovanni decol­lato... Tutto il resto è uguale... Sì; uguale... Arrive­derci... Un bacio alla nonna... ».

Nicola                           - Anche per me.

Lidia                             - « ... Anche per parte di lui... Lui. Ram­menti?... Non importa... Lui, insomma... ». La mamma ti ringrazia. Hanno bussato all'uscio e, senza attendere che dicano avanti, superiore alla mischia come un Arcangelo in trasferta, entra un avvenente cameriere: Berto, detto confiden­zialmente il Sodoma. Regge un gran vassoio e viene accolto da un abbaiamento furioso.

Nicola                           - Bau, bau, bau!...

Lidia                             - Buono Nick!... Nessun timore, abbaia sol­tanto.

Berto                             - Per carità, ci siamo abituati, signora.

Nicola                           - Bau, bau!

Lidia                             - Zitto, Nick! A cuccia, o chiamo i cara­binieri.

Berto                             - La signora è servita. Questa è per lei. (Le mette sulle ginocchia la guantiera e lei si darà da fare subito a mangiare a quattro palmenti) E questo, per il suo affascinante consorte. (Prende, dalla medesima guantiera, un mazzo di guinzagli) Scelga. Trattandosi di un genere di prima neces­sità, a largo consumo, l'albergo non ne è mai sprov­visto. La direzione ne fornisce di ogni tipo, colore e robustezza.

Lidia                             - Niente vanità e niente pompe mondane.

Berto                             - Si adornano anche le are, signora.

Lidia                             - Uno economico, purché sia solido.

Berto                             - Facciamo color pervinca, foderato in blu. Sapesse quanto piacciono anche a me questi bei cuccioloni!... Li adoro.

Lidia                             - Non lo accarezzi troppo. Si vizia.

Berto                             - Mater et magistra. E' la regola del 337. Se ha bisogno anche di una frusta non ha che da suonare.

Lidia                             - (a bocca piena) Si vedrà.

Berto                             - Ma, di solito, non è necessaria. Si am­maestrano meglio con la dolcezza. (Nicola s'è messo a ringhiare) Animo, Nick. Ti rimane sem­pre la risorsa di mordere e, se sarai fortunato, di diventar idrofobo... Anche quando crede di farlo portar fuori per le sue cosette, disponga pure. Lo affidi a me, sarà un vero piacere. Generalmente, finiscono coll'adattarsi con gusto.

Lidia                             - Dica un po', lei che mi sembra bravo, discreto, timorato di Dio e robusto: non potrebbe venirmi a fare un po' di compagnia durante le mie preghiere?

Berto                             - A ognuno il suo compito signora. Le man­derò su Beppe. L'incaricato di queste funzioni è lui. Vedrà che resterà contenta. Io mi occupo dei cuccioli e ho già abbastanza da fare.

Lidia                             - Aspetto Beppe.

Berto                             - E' bravo e biondo. Non avrà da lamen­tarsene. Comunque, nel caso, una chiamata e si cambia. Sempre agli ordini. Noi ci vediamo, Nick.

~ E se ne va come è venuto, aspettando la sua ora. Lei mangia, lui guaisce. Può darsi che essa gli getti anche qualche pezzetto di cibo ma non lo si può sapere essendo già sceso il sipario.

FINE