La volpe azzurra

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LA VOLPE AZZURRA

Commedia in tre atti

di FERENC HERCZEG

PERSONAGGI

IL PROF. PAOLO

ILONA

TIBOR

LISI

IL BARONE VON TRILL

ATTO PRIMO

II salotto di una villa signorile nei dintorni di Budapest. Nel fondo una larga finestra, dal­la quale si vede una zona boschiva, e tetti di ville sparpagliate. A sinistra una vetrata da nell'ingresso, a destra un'altra immette nel re­tro dell'abitazione. Un caminetto con sopra uno specchio. Intorno al camino sedie e pol­trone, fra le quali risalta una grande, antica poltrona a braccioli. Su questa non siede nes­suno, all'infuori di Tibor. Un pianoforte. Ta­vola con sedie; sulla tavola una bomboniera. Eleganza solida e lieta. Il padrone di casa è ricco, ama le antichità, si intende di quadri, ha buon gusto un po' conservatore. Pomerig­gio d'estate. Nel giardino cantano gli uccelli.

Lisi                                - (non è bella, ma piacente; veste molto semplicemente, quasi poveramente però con gusto e impronta personale; ha quasi l'aspetto di una istitutrice. I suoi modi sono caldi, insi­nuanti, graziosi, molto femminili. Fa rilevare a ogni occasione la coscienza della sua posizio­ne inferiore. Entra da sinistra con cappello a parasole, recando un sacchetto da lavoro e, so­speso al mignolo, un pacchetto rosa delle di­mensioni di una cartolina, che contiene un pic­colo acquerello. Non vedendo nessuno saluta ad alta voce per richiamare l'attenzione) Buongiorno, cara zia Ilona! (Dopo una pausa, a voce più alta) Buon giorno, zio Paolo! (Nessuno si fa vivo. Lisi si avvicina in fretta al ta­volo, apre la bomboniera e ne toglie con de­strezza alcuni bonbons. Ne caccia uno in boc­ca, gli altri nel sacco. Ode la voce del profes­sore e si allontana in fretta dal tavolo).

Paolo                             - (appare sulla porta di destra, con in mano un piccolo acquerello, volge le spalle a Lisi e parla adirato con il signor Kutschera, che non si vede) Perdonate, signor Kutschera; pur essendo un professore, non è indispensabi­le che sia anche un idiota. Ci sono già stati dei professori che non erano idioti! Avete capito? (Entra, gli viene in mente qualche altra cosa da dire a Kutschera e torna indietro con aria di battaglia; però si domina, chiude la porta e ritorna di nuovo avanti del tutto tranquillo) Scusa, Ilona! (Riconosce Lisi; sembra pia­cevolmente sorpreso) Ah, siete voi Lisetta?

Lisi                                - Proprio io.

 Paolo                            - Credevo che fosse mia moglie.... «Ebbene» cosa fate di bello? Non vi si vede mai!

Lisi                                - Eccomi qua di nuovo male a propo­sito.

Paolo                      - Dì nuovo? Ma non siete mai ve­nuta male a proposito. E non potreste mai venire male a proposito, assolutamente.

Lisi                                - Voi siete così buono, così generoso, e con trattò questo vi fanno inquietare, zio.

Paolo                             - (arrabbiandosi di nuovo) Il signor Kutschera! Sempre Kutschera! Mi vengono i nervi al solo vederlo! Ma oggi gli ho detto il 1 fatto suo.

Lisi                                - E chi è questo signor Kutschera?

Paolo                             - Lui sostiene d'essere un pittore, Leonardo von Altofen... Mi si è offerto per illustrare il mio nuovo libro...

Lisi                                - (balza su) «Le idre d'acqua dolce dell'Ungheria e dei paesi vicini»?

Paolo                             - (un po' sorpreso) Già... le idre di acqua dolce dell'Ungheria... già... e dei paesi vicini... Oggi finalmente mi ha portato il pri­mo lavoro... Ecco, guardatelo un po'! (Le porge l'acquerello) Questa dovrebbe essere una idromedusa... (Borbottando) Pasticcione!

Lisi                                - (osserva la figura con aria d'intenditrice, tenendola lontana dagli occhi) Appena mediocre.

Paolo                             - Sostiene che un artista non può copiare pedestramente... Ha le sue vedute personali, lui, sulle idromeduse... Delle sensazio­ni... La sensazione lo trascina, dice lui, come; le ali fanno con. l'aquila... Kutschera è un'aquila, e perciò dipinge in viola quello che è grigio...

Lisi                                - (osserva la figura con aria di stimarla poco) Questa vorrebbe essere una « Habarnica grisea »?

Paolo                             - Quello che mi irrita a causa di Kutschera è che sarò di nuovo in ritardo... Ogni paese che si rispetti ha già trattato le sue; idre d'acqua dolce; noi soli, naturalmente, sia-; mo indietro... Sicuro, c'è quasi da vergognarsi, a farsi veder per Te strade... (Tornando indie­tro nel discorso) Ma Lisetta, cosa ne sai tifi che questa sia una Habarnica Grisea?

Lisi                                - Dio mio, bisogna ben conoscere le idre d'acqua dolce del proprio paese.

Paolo                             - Assolutamente... Però mi meravi­glia... Non sapevo che le ragazze da noi sta- ; diassero di queste cose...

Lisi                                - (rìde con affetto) E infatti non ne studiano! (Sincera) Io mi interesso della Habarnica solamente perché voi ci scrivete un libro.

Paolo                             - Perché io ci scrivo un libro? Il mo­tivo non è proprio scientifico... e neanche lo­gico... Ma e gentile... Siediti un po', dunque, Lisi... Cosa posso offrirti? Una sigaretta?

Lisi                        - (alzando gli occhi al cielo, con voluta comicità) Per carità!

Paolo                      - Ebbene, fondante?

Lisi                        - (seria) Grazie. Mai!

Paolo                      - Ma alle signorine piacciono, i dolci!

Lisi                        - Alle signorine; mia una povera ra­gazza non ci si deve abituare.

Paolo                             - Oh, qui hai assolutamente torto! Appunto i poveri non debbono rinunciarvi; debbono pur avere un compenso nella vita...

Lisi                        - Ebbene... uno solo! (Prende un fondant con la punta delle dita) Sapete perché so­no venuta? Signor tutore, ho l'onore di pre­sentarmi a voi quale professoressa di disegno.

Paolo                      - Ancora un altro diploma? Ma quanti ne hai già nel cassetto?

Lisi                        - (mostra le cinque dita) Cinque! Cin­que diplomi, e nemmeno un impiego.

Paolo                      - Vuoi a tutti i costi rendere infelici quei poveri ragazzi a scuola?

Lisi                        - Bisogna pur vivere... Sarei una buo­na maestra, io: adoro i bambini.

Paolo                             - Quando una signorina adora i bam­bini, non le resta che sposarsi. Un bambino è più di cento bambini.

Lisi                        - (ride pensierosa) Lo credo... ma le cose non sono così semplici... Chi sposa oggi una ragazza povera?

Paolo                      - Su, via, Lisi; non bisogna giudica­re tanto male gli uomini! Mia moglie non era forse anche lei una povera ragazza?

Lisi                        - (con calore affettato) Ilona. Già, Ilona! Ma lei è una natura privilegiata! Così bel­la, così fiera, così distinta. E' nata per risplen­dere, lei!

Paolo                      - La bellezza, nel matrimonio, non è proprio un requisito assolutamente indispen­sabile... Ci si fa l'abitudine e si finisce col non notarla quasi più... Cioè: la si fa notare. La bellezza è in certo qual modo un'arma carica in casa: bisogna tenerla sempre d'occhio...

Lisi                        - (apre il pacchetto) Ho portato il mio lavoro d'esame... Un piccolo acquerello... Vo­lete vederlo?

Paolo                      - Una natura morta? Un piatto di Dresda con delle pesche. Fai un po' vedere! (Osserva la figura) Santo Dio! Ma questa è una vìridis! (Raggiante) Si abbarbica a un Ceratòphilum! Oh sì, questa sì ch'è una illustra­zione! Quei tentacoli par proprio che vibrino e si contraggano... E quelle trasparenze di co­lori opalini! Kutschera è uno sporcaccione. (Commosso) Lo hai fatto tu, questo? Ma non sapevo proprio. (Deciso) Lisi, tu devi illu­strare il mio libro! Ma seriamente, bimba mia; dobbiamo metterci subito al lavoro! La mi­glior cosa sarebbe che tu venissi a star qui... Puoi traslocare domani?

Lisi                                - Domani sera... (In estasi) Ah, come lavorerò. Lavorerò tanto, e voi dovrete essere contento di me. Quando mi sento in vena, e mi ci metto con entusiasmo, faccio ancora di meglio! Oh, vedrete! (Un poco pensierosa) Ma la zia Ilona che cosa ne dirà?

Paolo                      - Non si interessa di scienze natu­rali, la zia!

Lisi                                - (con sentimento affettato) E' una natura superiore... E' nata...

Paolo                      - (completando) ... Sì, per risplendere; già. (Accende una sigaretta).

Lisi                        - (indagando) E' andata in città?

Paolo                      - (umoristicamente) Alla caccia del­la volpe! Vuole acquistare una guarnizione di volpe azzurra.

Lisi                                - Ancora, sempre? Ma è già da questa primavera che voleva...

Paolo                             - Sembra che la scelta di una volpe azzurra sia più difficile di quella di un marito. Con me ha fatto tarato più presto... Ora lei, o è dal pellicciaio, oppure è a casa, attaccata al telefono, a parlare col pellicciaio... Il problema. se debba essere un boa o una mantiglia, le procura delle notti insonni...

Lisi                        - Pregherò Iddio che mi guardi dalle volpi azzurro... Una bestia simile potrebbe far­mi Impazzire...

Paolo                      - La pazzia Ilona se la fa curare dal pellicciaio.. Due anni fa c'era la moda del bridge, l'anno scorso si giuocava al golf e quest'anno infierisca lo sport della caccia. Questa è la vita!

Lisi                        - (indagando) II barone Trill viene sempre spesso a trovarti?

Paolo                      - (turbato) Trill? Come ti viene in mente Trill adesso?

Lisi                        - (vede di essere stata imprudente) Così, a caso! Proprio a caso! L'ho incontrato oggi nella Turkenstrasse. Abita nella Turken­strasse, lui... Strano; l'eroe di moda passa l'estate a Budapest... (Ingenuamente) Del resto, anche voi e la zietta passate l'estate a Buda­pest!

Paolo                             - Quest'anno Ilona non ha voluto sa­perne di bagni... Bisogna godersi la propria villetta, ha detto...

Lisi                                - E ha proprio ragione. (Guardandosi intorno) Qui è tutto così bello, così comodo...

Paolo                             - E per ciò che riguarda l'aviatore, il barone Trill, quello non viene più da noi, assolutamente... (In confidenza) Pare che tra Ilona e lui sia accaduto qualcosa...

Lisi                                - (facendosi più vicina, curiosa) Ah sì?

Paolo                             - Ilona deve certo avergli fatto capi­re che la sua compagnia non le era gradita, deve avergli dato una lezioncina, con quel suo modo speciale. (Ride) Come solo lei sa!

Lisi                                - Già, deve certo esserci stato qualco­sa... (A sinistra suona il campanello elettrico. Un suono lungo, uno breve, e poi uno lungo, mantenuto).

Paolo                             - (salta su sorpreso, felice) Ma... Sen­ti, Lisi?

Lisi                                - Dio mio, ma questo è il modo di suo­nare del signor Tihor!

Paolo                             - (corre agitato alla porta) Strano! Se è in Svizzera! (Esce da sinistra).

Lisi                                - (rimasta sola, prende in fretta la siga­retta accesa che Paolo ha posato sul tavolo, ne aspira con visibile godimento due boccate, poi la rimette al suo posto).

Paolo e Tibor                          - (sì salutano ad alta voce nell'ingresso; si sente qualche frase: « Che sorpresa!». « Hai ricevuto la mia lettera? ». « Ma hai una cera meravigliosa!». « Entra, prego! »).

Tibor                             - (con Paolo da sinistra; è commosso e festante) Secondo il programma, dovrei essere ancora sul ghiacciaio del Rodano... ma tutto il panorama delle Alpi mi è diventato im­provvisamente insopportabile... (Si scuote) Di', quei ghiacciai! (Vede Lisi, le porge la mano ridendo) Le piacciono i ghiacciai, signorina Lisi?

Lisi                                - Di freddo non mi piace che il gelato di limone.

Paolo                             - Ti prego di rispettare questa signo­rina! Sai, ha cinque diplomi. (Mostra le cinque dita) Cinque! E dipinge come un angelo; e poi è capace di tutto.

Tibor                             - Tutto, eccetto una cosa.

Lisi                                - Si sbaglia; so anche far di cucina.

Tibor                             - Una signorina di città? (A Paolo) Ci credi?

Paolo                             - (categorico) Ci credo! Credo anche l'inverosimile.

 Lisi                               - (vede l'aria incredula di Tibor) Quale è il suo piatto preferito?

Tibor                             - Una volta, prima che quegli infami cuochi francesi guastassero la nostra cucina na­zionale, era lo storione del Danubio, lessato alla Kornorù.

Lisi                                - Conosco la ricetta!

Tibor                             - Signorina Lisi; con certe cose non è permesso scherzare.

Lisi                                - Lei avrà il suo storione lessato alla Kornorù!

Tibor                             - Quando? dove?

Paolo                             - Qui da noi, domani sera. Lisi darà domani il suo esame di storione a lesso.

Lisi                                - (fuori di sé, entusiasmata) Vado im­mediatamente a ordinare il pesce per domani... Per quante persone?

Paolo                             - Noi tre; basta!

Tibor                             - (con rimprovero) E Ilona?

Paolo                             - (riprendendosi vergognoso) Giusto, già... mia moglie! Allora quattro...

Lisi                                - Ad ogni modo vi telefonerò dal ne­gozio... Allora Ilona sarà certamente a casa... Può darsi che voglia invitare qualcun altro...

Tibor                             - Io sono un vecchio scapolo, signo­rina Lisi, ma se lo storione riesce bene... allo­ra... allora non garantisco più nulla!

Lisi                                - (con. grazia) Io sono una vecchia zi­tella, signor Tibor, e la prego di non prender­mi in giro! (Fa una riverenza, bambinescamen­te) Tanti saluti alla zia Ilona! (Via da sinistra).

Paolo                             - (le grida dietro) Non dimenticare domani colori e pennelli!

Tibor                             - Simpatica ragazza, proprio!

Paolo                             - (serio) E' più che simpatica. Una vera donna. Cento per cento di femminilità. E' come un pianeta. Risplenderà veramente, quan­do troverà il suo sole.

Tibor                             - Ecco, senti; non è proprio la stella che vedo e stimo in lei... bensì la monella ac­corta, che sa come si lessa uno storione e si cuoce un professore... (Si guarda intorno) Ilona non c'è?

Paolo                             - Tornerà da un momento all'altro... E' andata in città... Ma siediti... (con affetto) sulla tua poltrona.

Tibor                             - (con affetto) La mia poltrona! (Si siede) Vorrei un po' sapere chi è stato quel bri­gante che ha messo in testa all'umanità di viag­giare! Cosa deve importare a me dei ghiacciai? (Con un altro tono) E' già da molto tempo in città?

Paolo                             - Ilona? Da stamattina presto... (Con ironia) Alla caccia della volpe. .

Tibor                             - (ridendo) Sempre la volpe azzurra?

Paolo                             - Una bestia incredibilmente furba; non vuoi venire a tiro... E' sperabile che ora ti fermerai.

Tibor                             - Ma certamente! Non ridere; ma deb­bo dirtelo: soffrilo per la vostra mancanza.

Paolo                             - Ecco, siamo precisi: tu soffrivi per la mancanza di mia moglie... Non arrossire, ma ti dovresti essere innamorato, durante il viag­gio, di Ilona.

Tibor                             - (serio) Ilona non è la donna della quale ci si possa innamorare così, senz'altro... Vi sono delle cose che per il loro immenso va­lore sono, diciamo così, «fuori concorso»... Per esempio, la Madonna della Cappella Sistina, oppure, vediamo un po'... (F« un gesto come se volesse indicare una cosa grande). In-somma: le stelle, alle quali non si arriva! Però, in viaggio, ho pensato molto a voialtri... a te e a Ilona. La vostra amicizia rappresenta per me molto... molto... è certamente la miglior cosa della mia vita...

Paolo                             - Oh, caro mio, tu ci innalzi troppo, esageri... Per Ilona forse no, ma per me certo, assolutamente...

Tibor                             - Tutto ciò che v'è di buono e di pu­ro, in certo qual modo di nobile, nella mia vita, ' mi viene da voi. Se l'uomo non ha qualcosa che lo sostenga, intristisce e cade definitiva­mente... Nella vostra anticamera, io lascio in­sieme con il cappello tutti i miei pensieri impuri... (Tace commosso).

Paolo                             - (domina la sua commozione; con tono affettuoso) Un sigaro? ecco, dolce.

Tibor                             - (stesso tono) Grazie, non fumo che dopo cena.

Paolo                             - Resti qui, stasera, naturalmente?

Tibor                             - Mi rincresce proprio... è impossi­bile... (In confidenza) Sono impegnato...

Paolo                             - (in confidenza) La piccola Riki?

Tibor                             - (con un sorriso d'imbarazzo) Non ci vediamo da due mesi...

Paolo                             - (con lo stesso sorriso) Eh, già. L'uo­mo in fin dei conti non è di marmo... Ma a Ilona rincrescerà...

Tibor                             - Per carità, non dirle nulla! Lo sai che, così, scherzando...

Paolo                             - Di Riki? Ma come! So bene che le nostre donne non vogliono capirle certe cose... Non ammettono che l'uomo non è di marmo...

Tibor                             - (su un altro tono) Ma dove avrà fatto colazione, essendo sola in città?

Paolo                             - (scuote le spalle) La portinaia le avrà preparato qualcosa... Forse un bicchiere di latte... Le donne d'oggi non mangiano; spiluzzicano appena, come i canarini... (Con vivacità) Ma resterai sorpreso quando la vedrai!

Tibor                             - Com'è?

Paolo                             - Del lutto cambiata! Di tanto in tanto si cambia... Cambia pelle, come i serpenti in primavera.

Tibor                             - Una natura ricca!

Paolo                             - Quest'anno è intonata in bemolle, Così dolce e lieve.. .Parla in tono minore.

Tibor                             - (improvvisamente rabbuiato) Viene! ancora molto a trovarvi, Trill, l'aviatore?

Paolo                             - (buio) Trill? Come ti viene in mente?

Tibor                             - Così, a caso... L'ho visto oggi; cioè: volevo vederlo...

Paolo                             - Non viene più. Dal mese di maggio è sparito. (Piano) Credo che Ilona gli abbia dato una lezioncina, con quel suo modo speciale, come solo lei sa...

Tibor                             - (ride) Sì, dev'esser così! Ma mi fa piacere! Non era fatto per la mia, cioè, perla tua casa!

Paolo                             - Per la nostra casa!

Tibor                             - Non ha nulla, sia nel cuore che nel cervello... Voglio raccontartene una; è una cosa che lo dipinge bene... Sono andato oggi da lui1 abita nella Turkenstrasse... Prima che partissi mi offrì in vendita la sua automobile rossa.,. Vuole prendere in cambio una cento cavalli. (Borbotta) Che odioso!

Paolo                             - Già; quando uno non ha nulla da fare al mondo, ha proprio bisogno di una cento-cavalli!

Tibor                             - (approvando) Ben detto, benissimo! La macchina rossa è ancora come nuova. A Ilona piaceva tanto, e io così la volevo.

Paolo                             - Avete già concluso?

Tibor                             - A mezzogiorno sono andato da lui ma non ho potuto parlargli... «Sua Eccellen­za » era in casa, ma non mi fece entrare...

Paolo                             - Diavolo!

Tibor                             - Per le scale incontrai un cameriere del ristorante del club... Gli portava il pran­zo... Pasto per due... Dolce, frutta Chàteau Trac in ghiaccio...

Paolo                             - Ah, ah! Aveva certo una donna.., E' proprio un viveur irresistibile...

Tibor                             - Ma stai a sentire; ora viene il bello! Tornavo indietro a piedi. Nel Parco Elena ol­trepassai la sua macchina; riconobbi subito il rosso vivo dell'auto del barone. Era ferma nel viale dei castagni; lo chauffeur si infilava sotto le ruote; doveva esserci qualche guasto. Sotto la capote erano rannicchiate due figure. Nonvidi che le gambe. Due paia di scarpe angosciosamente strette l'ima all'altra. Un paio di americane massicce e due eleganti scarpette da donna: vernice, con guarnizione di antilope. Belle,ti dico!

Paolo                             - Quel birbante porta in giro la sua Dulcinea...

Tibor                             - (indignato) Ora, vedi; un uomo che va in giro di pieno giorno con delle cocottes, è giunto al limite dove cessa il barone e incomincia l'AIphonse.

Paolo                             - (ridendo) Tu esageri, Tibor! Del resto può darsi che non fosse una cocotte. Potrebbe anch'essere una signora.

Tiror                              - Ma sei pazzo? Trill con una signora! E' troppo asino!

Paolo                             - Più che giusto. Però un asino che sa volare. Un animale orecchiuto che traversa le nuvole. (Pettegolo) Sai chi sospetto, io? La moglie di Dietrich, il dottore. Abita là, dall'altra parte, al Lindenberg; ha degli occhi così (mostra i pugni) eun po' di baffi. Suo marito è conosciuto da tutti per un idiota.

Tibor                             - (si è seduto al piano e suona una canzone, di Grieg. Dopo una pausa) Sono felice di essere a casa. Però il pianoforte deve essere accordato...

Ilona                             - (entra da sinistra; scarpette di vernice con guarnizione dì antìlope; fa segno a Paolo di star zitto, va senza far rumore dietro Tibor e comincia a cantare la canzone con voce dolce e flebile).

Tibor                             - (felice, commosso) Ilona!

Ilona                             - Che novità in montagna? V'è sempre la libertà, lassù? (Offre la fronte a Paolo pel bacio consuetudinario) Buona sera, Paolo! Mi sono decisa. La volpe azzurra deve essere a mantella.

Paolo                             - (a Tibor) Ecco, ora puoi fare direttamente a lei la tua dichiarazione. (A Ilona) Mi ha fatto la corte appassionatamente.

Ilona                             - (si ferma davanti allo specchio del camino) Tibor? e «appassionatamente»? Ma se stava sonando una favola dei tempi preisto­rici! (Sì toglie dinanzi allo specchio cappello e velo) Perché non avete mandato un teledram­ma? Si è dato il caso di donne uccise da una gioia inattesa... . . .

Tibor                             - (fissa pallido e colpito le scarpe di Ilona).

Ilona                             - (sempre dinanzi allo specchio, in tono lesserò di scherzo) Ma la vostra gioia non si manifesta affatto tumultuosa... Sembra che la vostra amicizia in mezzo ai ghiacciai si sia pre­so un raffreddore... Avreste dovuto cercare qualche posto più caldo... Vedete, sul Danubio è così bello, in estate... Si vive in un forno d'oro... l'aria è rovente e dolce. Perfino la pol­vere ha uno splendore d'oro. E le nebbie, che alla notte rotolano dal monte! (Preme il fazzo­letto sulle labbra, come se avesse scoperto una piccola ferita).

Paolo                      - In Svizzera o qui, non importa. Ognuno porta dentro sé stesso la sua estate e il suo inverno.

Ilona                             - Molto ben detto. Devi scriverlo nell'album, di Lisi. (Si strofina le labbra).

Tibor                             - (la osserva. Sottovoce, cattivo) Nien­te paura, non si vede nulla!

Ilona                             - (si volge di scatto) Prego? Si vede... che cosa non si vede?

Tibor                             - Assolutamente nulla! (Si fissano entrambi acutamente).

Paolo                      - (erompe in una sonora risata. Indica le scarpe di Ilona) Guarda un po', Tibor; ma guarda! Scarpe di vernice con guarnizione di antilope!

Ilona                             - Ma cosa avete, insomma?

Paolo                             - (diventa serio) Amico, da onesta storia sì deve trarre tra insegnamento. Non si può credere nemmeno ai propri occhi... Se non fosse Ilona, ma un'altra donna - una donna qualsiasi         (scuote il capo) sarebbe certamen­te un caso dal quale ci sarebbe molto da im­parare!

Tlona                             - Ora cominciate, a farmi venire i ner­vi! Vuoi dirmi cosa c'è, una buona volta?

Paolo                             - Niente, bambina. Niente per te. Un caso molto buffo. Parlavamo, così, di scarpe da donna. (Pettegolo) Di' un po', la moglie del dottor Dietrich ne ha un paio simili?

Ilona                      - Cosa vuoi che ne sappia, io? Ma avete ragione: con un paio di scarpe simili non si dovrebbe più uscire. Tutte le cameriere ne hanno di eguali... (Dal guanto le cade un biglietto del treno).

Tibor                             - (che segue attentamente ogni suo mo­vimento, raccoglie il biglietto) Avete per­duto qualcosa.

Ilona                             - Ve lo regalo. Forse vi metterà di migliore umore.

Tibor                      - Un biglietto. Siete stata in tram?

Ilona                             - Certo. Dalla piazza Calvino fino a casa.

Tibor                             - Da piazza. Calvino? Ah! per voi fan­no dei prezzi speciali. Gli altri pagano 60 centesimi per questa corsa; e questo è un biglietto da 40.

Paolo                             - Forse il conducente è un suo muto adoratore.

Tibor                             - Probabilmente. E' però anche pos­sibile che la signora sia andata in auto fino al Parco Elena - con un taxi, per esempio - e che solo lì abbia preso il tram...

Ilona                      - (lo guarda sbigottita) Strano!

Tibor                      - Le donne passano volentieri per econome agli occhi del marito. Anche quelle che hanno le mani bucate.

Ilona                      - Mi ritenete una prodiga, Tibor?

Tibor                      - Quanto a danaro? No!

Ilona                             - Oggi siete insopportabile. (Leggermente, a Paolo) E' una cosa tanto stupida, ma io non mi ci troverò mai, coi biglietti del tram. Anche oggi ne ho staccato uno che non era giusto e poi ho dovuto pagare...

Paolo                      - (ridendo) Ecco le donne, come sono!

Tibor                             - (profondamente triste) Ecco le don­ne, come sono!

Paolo                             - (lo fissa stupefatto) Ma di' un po'; si può sapere cos'hai?

Tibor                             - Niente.

Paolo                      - A me non la dai a intendere; ci vedo bene... Cos'è successo?

Tibor                      - C'è una verità che mi tormenta... Talvolta si dimentica, ma poi torna di nuovo, mi afferra alla gola, mi strozza.

Paolo                      - Oh, oh, via! Che razza di verità può essere, così terribile?

Tibor                      - La vita è una sozzura. Eccola, la verità! Sporcizia, marciume! (Si riprende) Oh, perdonami! Sono proprio pazzo...

Paolo                      - (preoccupato) Pazzo, no di certo, ma nervoso sì... Questo pessimismo così nero, questo mutare improvviso, il tipico nevraste­nico! Hai consultato un dottore?

Tibor                             - (si prepara per andarsene) Voglio farlo subito…

Paolo                      - No, non puoi andartene così. Pri­ma devi calmarti un poco...

Ilona                      - Ma lascialo un po'. Lo aspetta il dottore: il dottor Riki.

Paolo                             - (sorpreso) Come, tu sai? (A Tibor) Sa di Riki!

Ilona                             - Per il suo malessere gli ordinerà champagne in ghiaccio.

Tibor                      - (cattivo) Chàteau Irac! (Grida) Chàteau Irac! (Si fissano a vicenda).

Paolo                      - Ma finitela un po' con questo spi­rito. Non Io trovo affatto divertente! Qui ti trovi fra buoni amici; dovresti essere sincero,,, Hai qualcosa che ti tormenta. Hai qualche di­spiacere... (Con voce premurosa) Ti avesse, alle volte, la piccola Riki fatto qualche torto?

Tibor                             - (nega, seccato).

Ilona                             - La piccola Riki non può mai essere abbastanza volgare. Non è pagata per questo, forse? Tibor è sempre uguale, in sostanza, con le varie specie di donne. Vi sono delle donne che devono essere oneste. Al mare e in città, eternamente oneste... Poi vi sono delle donne, dalle quali aspetta il contrario. Se la piccola Riki diventasse un giorno involontariamente onesta, Tibor ne sarebbe dolorosamente sorpreso.

Paolo                             - Lasciamo stare Riki. Ma qui c'è di mezzo una donna, certo.

Ilona                             - Sempre c'è di mezzo una donna, Però occorre essere discreti; può trattarsi di una signora.

Tibor                             - Precisamente. Ben detto! Si deve essere discreti anche se la signora guazza nel fango fino alle ginocchia.

Ilona                             - Fango? Che cosa intendete con que­sta abusatissima parola? Quello che voi chia­mate fango può essere ben altro per quella donna. (Pausa) Ditemi, vi prego, la amate, que-sta persona?

Tibor                      - La disprezzo.

Paolo                             - Benissimo! Allora sei proprio nel­la via giusta.

Ilona                             - Se la amaste, io vi darei un consiglio! Rovinate questa donna, schiacciatele la testa come a una mala bestia. Ma giacché non l'amate, vi chiedo: che cosa v'importa di tutta questa storia? Caro amico, voi vi volete pren­dere ciò che non vi riguarda! Tutto deve essere vostro, tutto deve servire al vostro magnifico godimento; a virtù, il peccato... Il peccato è il vostro champagne francese. (Con un sorriso cattivo) Chàteau Irac. Voi volete ogni tanto prendervi la vostra ubbriacatura. Ma anche la virtù deve darvi il ' suo tributo. La virtù è la chiara fonte nel bosco, fatta apposta perché voi possiate spegnervi l'ebbrezza che lo cham­pagne vi ha data... Sì, amico, ma sapete qual'è il destino ultimo delle sorgenti? Ognuna tende al mare.

Tibor                             - Ma giunge appena, di regola, fino alla pozzanghera, e le bestie vi bevono.

Ilona                             - (leggermente malinconica) Tanto meglio per le bestie! Che fortuna per le bestie!

Tibor                      - (improvvisamente) Addio, vado!

Paolo                             - Addio. Riposati. Quando ti si ri­vede?

Tibor                             - Non so. Domani parto.

Paolo                      - Parti? Domani?! Ma, e per dove?

Tibor                             - Torno in Svizzera. Debbo ammirare il ghiacciaio del Rodano.

Paolo                      - (irritato) Questa è pazzia bell'e buona! Ti si dovrà mettere la camicia di forza... Ti prego, Ilona, parlagli tu! Non devi la­sciarlo andar via!

Ilona                             - (posa la mano sul braccio di Tibor) Voi avete qualche dolore che vi tormenta. Una persona che stimavate si è mostrata indegna. Ma siete però sicuro di questo? Voi avete visto qualcosa; e ne avete dedotto una conclusione... Non credete di aver potuto sbagliare?

Tibor                             - (fa una smorfia di disprezzo, ma non risponda).

Ilona                             - (è un po' scoraggiata) Ad ogni mo­do vi consiglierei di parlare con questa per­sona... Chiaramente e sinceramente. Forse po­trà darvi delle spiegazioni...

Tibor                             - E' molto probabile; specie se le si lascia il tempo di inventare delle menzogne.

Ilona                             - Le donne non mentono sempre, ma soltanto quando non possono fare diversamen­te. (Vede l'espressione sarcastica di Tibor e si adira) Del resto, fate pure come più vi piace! (Sarcastica) Non siete da invidiare! Partirete, partirete; però vi porterete sempre i vostri dub­bi tormentosi. Ascoltate ciò che vi dico; voi non vedrete mai chiaro in questa faccenda! Mai! Sia la donna innocente o colpevole: an­che la più stupida ha tanto spirito da saper na­scondere i suoi segreti.

Tibor                             - Nell'acqua bassa si vede il fondo.

Ilona                             - Sì? E che cosa ci vedete, voi?

Tibor                             - Fango!

Ilona                             - (con un sorriso cattivo) Io vi riten­go un uomo intelligente... Però quella che si chiama una vista acuta non l'avete davvero. No, di vista acuta non lo siete proprio! Se io fossi vostra moglie e volessi ingannarvi, potrei farlo sette volte la settimana e voi mi riterreste invece un modello di virtù.

Tibor                      - Ingannare, m'ingannereste certo; ma solo una volta... E darmela a intendere? Neanche per cinque minuti!

Paolo                             - (con la superiorità dell'esperienza) Ecco un giudizio arrischiato! Molto arrischiato.

Ilona                             - Ebbene, mettiamo il caso ch'io sia realmente vostra moglie. Io ho passato la giornata di oggi in città.

Paolo                             - (ironico) A caccia della volpe!

 Ilona                      - (a Tibor) Non le trovate sospette, voi, queste frequenti gite a-caccia? Siete sicuro che sia azzurra, la volpe di cui vado a caccia? Guardate un po': ho tutto nuovo fiammante.

Paolo                             - (con un riso represso) Una cami­cetta abbottonata!

Ilona                             - Scarpe nuove, guanti nuovi!... Un fazzoletto di trina ben profumato... Odoratelo, prego! (Gli getta il fazzoletto. Tibor lo butta, senza odorarlo sul piano) Guardatemi le un­ghie... curate proprio oggi... Per la caccia alla volpe? Molto e molto sospetto!

Paolo                      - Ciò ch'è più sospetto è che la si­gnora si getti spontaneamente addosso l'appa­renza del sospetto

Ilona                      - (a Tibor) Tutto in me è sospetto. Ma dove è la certezza?

Tibor                      - Se fossi realmente vostro marito me la potrei procurare in due minuti la cer­tezza.

Ilona                      - Io vi investo di tutti i diritti di un marito. (Si riprende sorridendo) Di un marito che odia sua moglie.

Tibor                      - Volgilo farvi cascare in trappola con una domanda.

Paolo                      - In trappola? Non avrai mica pre­so mia moglie per un topo?!

Ilona                             - Domandate pure, caro Tibor.

Tibor                             - Voi cadrete nella trappola, sia men­tendo che dicendo la verità. (Si fissano un momento) Cosa facevate oggi nella Turkenstrasse?

Paolo                             - (dopo una pausa penosa, con voce mal­sicura) Nella Turkenstrasse? Ma là c'è... ma là abita...(Guarda ora Ilona, ora Tibor).

Ilona                             - Tutta qui è la trappola? (A Paolo) Ricordi come si chiama il mio pellicciaio?

Paolo                      - II tuo pellicciaio?

Ilona                             - (nervosa) Sì, ma sì, devi saperlo! Ricordati! Tu ne pronunci sempre il nome alla francese...

Paolo                             - (lieto, sollevato) Ah, ecco; Messinger! (Pronuncia alla francese).

Ilona                      - Messimger. (Pronuncia alla te­desca).

Paolo                      - (trionfante) Turkenstrasse 13! Sì, lì ha il laboratorio. (Inchinandosi sarcastica­mente dinanzi a Tibor) La parola adesso al ma­rito geloso.

Tibor                             - (chiuso e beffardo) Sembra che il rispondere alle domande sia proprio la vostra specialità.

Paolo                      - (a Tibor) Oggi non è una buona giornata, per te. (A destra suona il telefono) Questo è per me... la piccola Lisi che telefona per il pranzo di domani. (Va verso destra) Non è una buona giornata! (Esce da destra).

Ilona                             - (dopo un momento di silenzio, con improvviso impulso gli tende la manoin un gesto grazioso di preghiera).

Tibor                             - (rigido e freddo, indietreggia).

Ilona                             - (piano, con calore) Vi prego, datemi la mano!

Tibor                             - (si mette le mani in tasca, con serietà amara) Non posso, non posso, ora, signora.

Ilona                             - (lo guarda addolorata) Non più: Ilona?

Tibor                             - Non c'è più, Ilona... E' morta... La avete uccisa voi... (Pieno d'odio) Voi, un'altra donna, la avete uccisa e ne portate in giro la larva... Ma io non vi conosco, non voglio conoscervi...

Ilona                             - Cattivo, crudele, siete; come un bambino. Come un bimbo viziato. (Raddrizza il capo) E tutto questo perché avete un sospetto!

Tibor                             - Non è un sospetto, è una certezza. Voi stessa me l'avete data. Siete cascata nel tra­nello...

Ilona                             - (interdetta) Oh?

Tibor                             - Guardate, non sapevo affatto che oggi foste andata nella Turkenstrasse... So sol­tanto che là abita «un tale»... Ho pensato che se eravate stata da questo tale, certamente dove­vate esservi preparata una scusa, un alibi... per-che, furba, lo siete, certo! Le donne come voi hanno sempre, nella strada del loro amante, un dentista, una sarta, o un pellicciaio... Vedete: quando si vuoi essere troppo furbi, si finisce con l'essere stupidi. (Le afferra brutalmente il polso) Avete il coraggio di negare che siete sta­ta da Trill?

Ilona                             - (si libera, calma) Prego prego! Avete dei modi molto ordinari; e tuttavia non siamo marito e moglie... (Si strofina il polso, ridendo) Se ho il coraggio di negare? Caro ami­co, ho il coraggio di negare delle cose molto più verosimili... Ma vi prego, smettete di fare l'uo­mo feroce! Non vi va, e non c'è scopo. Se l'ho fatto non sono certo così sciocca da raccontarvelo. E se non l'ho fatto è inutile che neghi, non volete credermi! Così scelgo la via di mez­zo. Vi dichiaro che mi sento troppo fiera per difendermi. Ecco; e ora credete quello che volete... (Dopo una breve pausa; sincera) La no­stra amicizia ormai è morta, però la rimpian­go... E la rimpiangerò ancora da vecchia, coi capelli bianchi...

Paolo                             - (rientra da destra) Dunque, Ilona, domani sera viene Lisetta e ci prepara lo storione. Vorrebbe sapere in quanti saremo.

Ilona                             - (scuotendosi) Tre, Tibor e noi..,

Paolo                             - (con rimprovero) Già, e Lisi?!

Tibor                             - Io non posso venire; parto...

Paolo                                        - (con forza) Tu devi venire! Lo sto; rione vien fatto proprio in tuo onore alla Kanorù!

Ilona                             - (quasi supplichevole) Partirete, sta bene; ma un pranzo d'addio non potrete rifiutarlo.

Paolo                             - La compagnia è indicata quando il è malinconici. Lisi è un tipo allegro; e, se vuoi» porta con te qualcun altro... qualche vecchio ragazzo allegro, sai...

Tibor                             - (ha un'idea maligna) Ho liberai scelta?

Paolo                             - Certo ; chi fa piacere a te, farà pii-l cere anche a me.

Tibor                             - (a Ilona) Posso condurre chi voglio?

Ilona                             - (inquieta) Certo.

Tibor                             - Deciso. Vengo e condurrò un ospite. Il barone Trill.

Paolo                             - (col viso lungo) Trill? L'asino che vola? Strana idea. (Guarda Ilona. Pausa) Ehi Se ci tieni ad avere questo signore, (indicando Tibor) per me va bene... Può anche darsi chi finisca per farci divertire, col suo asino che vola... Allora, cinque! (Via da destra).

Ilona                             - Quell'uomo, quel signore non verrà,!

Tibor                             - Verrà. So come fare. Gli dirò che! tenendosi palesemente lontano da voi finirà col compromettervi ancora di più. E allora verrà. Malgrado tutto è un gentiluomo.

Ilona                             - Non verrà.

Tibor                             - Non verrà, se voi glielo ordinate; mai allora non verrò neanch'io.

Ilona                             - Tibor, cosa volete che sia?

Tibor                             - Quello che voi avete detto: il pranzo d'addio. Io invito un ospite raro:' la verità.!

Ilona                             - (triste) Amico mio, la donna e la verità non debbono mai sedere alla stessa tavola, Sarebbe il banchetto dei Nibelungi: intorno alla tavola scorrerebbe il sangue.

Tibor                             - La donna uccide la verità.

Ilona                             - O la verità la donna.

Tibor                             - Ad ogni modo, un pranzo interes­sante.

Ilona                             - Dove volete arrivare, insomma? Pre­tendete proprio saper tutto!

Tibor                             - Voglio convincere non me, ma voi stessa. Voglio convincervi che vi siete rovinata, gettata via. Mi capite? Gettata via! E pensare che vi ho venerata come una regina, una dea! Voi eravate tutto quello che vi è di più bello e di più buono al mondo! Che idiota sono stato! Avevo il sacco pieno di ciottoli e mi credevo mi­lionario... Non v'è fedeltà, non v'è virtù, non vi è proprio nulla, nulla... La regina, la dea, si copre il viso con un fitto velo e si precipita alla Turkenstrasse col cuore freddo e il sangue cal­do... Incredibile! Un brutto sogno! E' orri­bile.. spaventoso!

Ilona                             - (getta uno sguardo preoccupato versò destra) Tibor, vi prego!

Tibor                             - (come pazzo) E' questo che volevate? E sta bene. Però dovete continuare la comme­dia sino in fondo. E diventerà una tragedia ; me ne incarico io! Quando la virtù salta nel fuoco, bruci pure!

Ilona                             - (si accorge che Paolo sta entrando e da improvvisamente sulla voce a Tibor, con audacia e in tono lieto) Ingomma, domani sera verrete... molto gentile da parte vostra, Tibor!

Paolo                             - (da destra) Bravo! Allora siamo a posto!

Tibor                             - (che l'audacia di Ilona ha interdetto, si riprende, e seccamente) Buona aera! (Via da sinistra).

Paolo                             - (lo accompagna fino alla porta) Ri­posati! Domani devi essere di buon umore. (Al ritorno si avvicina a Ilona) Avete parlato concitati... Ha detto qualcosa?

Ilona                             - (ancora sempre immersa in pensieri) E' innamorato.

Paolo                             - Oh Dio! Innamorato? Questo non lo sapevo.

Ilona                      - Neanch'io. Neanch'io.

Paolo                      - E lei lo ha tradito?

Ilona                      - (lo guarda, scuote le spalle) Non si può mai sapere con precisione una cosa simile... e poi non ha importanza.

Paolo                      - Non ha importanza? Ma guarda un pò! E cosa è che importa, allora?

Ilona                             - Tibor si crede tradito, ecco l'essen­ziale.

Paolo                             - (indignato) Gli sta molto bene! Tro­vo proprio che gli sta bene! (Circonda col brac­cio la vita di Ilona e la conduce lentamente at­traverso la sala) La vita di uno scapolo è piena di piccole viltà... Perché non si sposa?

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Il giorno dopo. Il salotto del primo atto. Sera di estate. Attraverso la finestra si vede sul monte l'ultimo sole. La luce elettrica della hall sarà ac­cesa più tardi da Paolo, quando nella sala si farà scuro.

Ilona                      - (è rannicchiata nell'angolo del divano; è triste e sbadata; fuma una sigaretta).

Paolo                             - (passeggia per la stanza, l'orologio alla mano; parla sottovoce) Straordinario come la gente debba essere sempre in ritardo... (Il suo sguardo cade su Ilona; si ferma e chiede con voce tenera) Hai bisogno di qualcosa, Ilona?

Ilona                      - (scuote il capo).

Paolo                             - Emicrania? Non c'è da meravigliar­sene; non fai che fumare tutto il giorno, una sigaretta dopo l'altra... (Commosso) E ora piangi, anche!

Ilona                             - (unisce le mani e prega, in silenzio, di lasciarla tranquilla).

Paolo                             - Non fa certo piacere di annoiarti, ma in fin dei conti sono ben qualcosa, sono tuo ma­rito, no? Tu piangi e io non so il perché... Qui c'è qualcosa che non è in regola e di questo sono io responsabile...

Ilona                             - (trova la sua ingenuità quasi divertente).

Paolo                             - Sembra che anche la scienza possa portare l'uomo alle passioni, alle tristi, alle cat­tive passioni, come il giuoco, l'alcool... Effettivamente vi sono dei giorni in cui scappo a chiu­dermi nel mio studio come un bevitore nella bettola,.. Se qualcuno volesse fermarmi, potrei giungere ad ucciderlo a sangue freddo. E attrai verso ai miei sogni nuotano di tanto in tanta delle meduse di nuove specie, dai colori dell'arcobaleno, grandi come un ombrello da giardino... Sì, io corro dietro alle meduse e tu segui altre vie... E così con l'andar del tempo ci siamo allontanati, separati... Sei proprio sincera, Ilona: ti rendo molto infelice?

Ilona                             - Ti prego, tientelo per detto una volli per tutte: tu fai sempre ciò ch'io voglio. Ei corri dietro alle meduse, lo fai appunto per mia volontà. E se io non avessi voluto, allora le me­duse avrebbero potuto ben diventare gelose; a tu non ti saresti curato di loro. E di tutto quel che succede in casa, la responsabilità è soltanto mia.

Paolo                             - Sì?

Ilona                      - Se io non dovessi esser più...

Paolo                      - Non esser più... cosa ti mente?

Ilona                             - Amico, non sole le meduse, ma anche le donne debbono morire un giorno... Se pi caso la mia ora dovesse suonare, al primo colpo di campanello nell'anticamera - attenzione! quella che entra sarà quella che mi dovrà sua cedere, poiché tu sei il marito nato, e un uomo così non lascia le donne disoccupate…(Suonano).

Paolo                             - (ascolta, tranquillo) Viene qualcuno Ti prego, lavati gli occhi, altrimenti la gente crederà che io ti abbia battuta.

(Ilona esce da destra).

Lisi                                - (entra da sinistra; ha un grosso storione nella rete a braccio e una scatola di colori e ta­volozza) Buona sera!

Paolo                             - Oh, finalmente! Che lungo viaggio»

Lisi                                - Vengo in compagnia (Gli mette il pesce sotto il naso) Simpatico, vero?

Paolo                             - (con aria di approvazione) Questo è uno storione! Questo sì, ch'è uno storione!

Lisi                        - Quel ladro di un pescivendolo ne voleva sette corone il chilo, ma gliene ho dette però. Costa sei e novanta. Hanno portato il mio baule?

Paolo                             - E' già un bel po' che ti sta aspettando nella camera. Allora domattina ci mettiamo al lavoro!

Lisi                                - (con slancio) Ah, fa così bene sapere che non si è inutili al mondo... Servire, è la più bella missione della donna! Servire!

Paolo                      - La donna non deve servire. La donna è nata regina, dice non so chi...

Lisi                        - Se serve un re.

Paolo                             - Ma è proprio strano: sono il tuo tutore eppure non abbiamo mai parlato ancora di certe cose... Dimmi un po', Lisi, non è mai avvenuta nel tuo cuore l'incoronazione di un re?

Lisi                                - (vergognandosi timida) Dio mio, che domanda mi fate...

Paolo                      - Ma sono il tuo tutore...

Lisi                                - (piano, poi sempre più accendendosi) ogni anima credente ha il suo re, il suo Dio, al quale si attacca in muta fedeltà... Egli procede per le vie luminose, è felice, non mi conosce, e io, io taccio e soffro... (Alza al cielo pesce e scatola di colori) Ma se la sfortuna dovesse cader su di lui, se egli fosse povero e abbando­nato, allora andrei da lui, allora parlerei. (Vede arrivare Ilona e continua imperturbabile) Ah, buon giorno, carissima zietta! (Le bacia la mano) Cosa ne dici della mia sfacciataggine: ficcar­mi così in casa tua?

Ilona                             - (stanca) Sei la benvenuta.

Lisi                                - Sono così felice di poterti esser vici­na... Lo sai, tu sei la mia passione, il mio ideale, più bella, la più fine, la più spiritosa... , (Si accorge che il suo cicaleccio da noia e si volge a Paolo) Ho visto il signor Tibor... Io ve­nivo in tram, e lui era in carrozza...

Ilona                             - (con interesse improvviso) Era solo?

Lisi                                - Solo, solo! (A Paolo) II pesce deve es­sere per cinque... (Indagando) Chi è il quinto?

Paolo                             - (secco) II barone Trill.

Lisi                                - (si volge a Ilona e la fissa) II barone Trill?

Paolo                             - (un po' impacciato) Già, Tibor ha voluto ad ogni costo...

Lisi                                - (fissa Paolo) Tibor ha voluto? (Sii ac­corge di sbagliare e con un tono bambinesco di comicità) Dio mio, purché il pesce mi riesca! Ho una paura... neanche al mio esame ho avuto tanta paura! (Capisce di seccare) Bene; porto il pesce in cucina... (Esce da destra).

Ilona                             - (irritata) Per quanto tempo starà qui la ragazza?

Paolo                             - (alla finestra) Lisi?

Ilona                             - (pentita della sua vivacità s'impone la calma) Del resto, può starci finché ti farà piacere...

Paolo                             - Eccolo! Ora volta il viale... Vi la­scio soli... Parlagli... Ma possibilmente non con la solita ironia, ma col cuore, con calore, come una sorella... Quel povero ragazzo pare proprio cascato nelle mani di una brutta bestia... (Esce da destra).

Ilona                             - (si scuote, corre incontro a Tibor, ma poi si pente e va alla finestra).

 Tibor                     - (entra in fretta da sinistra, oltrepassa Ilona senza vederla, guarda intorno cercando).

Ilona                             - Tibor!

Tibor                      - (si inchina orgoglioso).

Ilona                             - Grazie, Tibor!

Tibor                             - Di che cosa?

Ilona                             - D'essere venuto solo... Di non averlo condotto con voi... E' tanto più buono, più de­gno...

Tibor                             - Sbagliate! Trill mi segue alle calca­gna. Ho avuto la sua parola, e la sua parola lui la mantiene. Ve l'ho detto, malgrado tutto è sempre un gentiluomo. (Fa per andare a destra) Paolo è di là?

Ilona                      - Restate, vi prego, devo parlarvi... ma vi prego, vi supplico, basta con quel tono di ieri. Io... non sono né fiera, né in vena di lottare. Soltanto triste, profondamente triste... (Pausa) Dite, dite, Tibor, non potreste cancella­re dalla nostra vita la giornata di ieri?

Tibor                             - (ride amaramente) Che domanda de­liziosamente ingenua! Ieri è stato il terremoto... Tutto ciò ch'era in piedi è stato scaraventato nella polvere, infranto; il mondo intero non è che un campo di cadaveri, un deserto di rotta­mi... e voi volete cancellare tutto questo dalla nostra vita! Sapete, i miracoli non succedono più.

Ilona                             - Anche i miracoli succedono ancora, quando si ha fede.

Tibor                      - La fede cade proprio a puntino. Io non credo più a niente. Non credo neanche che la vostra umiltà sia sincera. Una donna orgoglio­so come voi. Se ora vi frenate, è perché avete paura!

Ilona                             - Non avete mai conosciuto delle don­ne orgogliose che si farebbero maltrattare, insul-tare volentieri, da « Uno »? (Si interrompe).

Tibor                      - (pungente) Siete stata maltrattata, là nella Turkenstrasse?

Ilona                      - La Turkenstrasse? Bene! Supponia­mo: io sono stata là. E con questo? Sono una cattiva moglie. Ma voi non siete né mio marito, né il mio amante. Né voleste mai esserlo. Voi non avete mai amato la donna in me ; ma soltanto una persona; voi eravate il mio amico. E io non vi ho ingannato, mai. La vostra amicizia l'ho portata fuori pura ed intatta, dalla Turkenstras­se; se realmente ci sono stata. Perché dunque mi respingete lontano da voi? Perché mi parlate il linguaggio dell'odio?

Tibor                      - Vedete; io non sono un santo. No, non lo sono proprio. Ho anch'io le mie debo­lezze e i miei peccati, come tutti. Ma per condurre ciononostante la vita degna di un uomo, per restare un po' in equilibrio, ricorro a certi sostegni morali. La terra gira e si sposta, ma in cielo devono esserci delle stelle fisse. Debbono! Una stella fissa era per me la virtù femminile. Voi eravate la mia stella. Voi eravate per me la donna e la virtù! Ed ora, sì, ora anche voi gira­te; la virtù, con un ghigno, fa un salto mortale. Tutto esce d'equilibrio e io, io ho la sensazione orribile di essere precipitato nel vuoto, nel nulla. E' spaventoso! Ora lo sapete perché vi re­spingo da me, perché vi disprezzo!

Ilona                             - (gli posa delicatamente la mono sul braccio) Se per voi è una necessità essere crudele, soffrirò volentieri. Ma vi prego di ascol­tarmi. Voi dite che avrei perduto tutto. Tutto, là nella Turkenstrasse... Ma cosa ne sapete, voi, di ciò che sia « tutto » per me! Posseggo in me abbastanza tesori per far ricco un uomo! E li offro a voi, così, lealmente e senza riserve, come finora mai un uomo ha donato al suo amico. Ie­ri non sapevo cosa fosse l'amicizia, cosa foste voi per me. Doveva venire il terremoto, tutte le muraglie dovevano cadere ; solo Ora vedo chia­ramente!

Tibor                             - Sentite, Ilona, quello che state fa­cendo ora, si chiama civetteria. Non è che comu-nissima civetteria. Certe donne credono di poter comperare tutti con la stessa moneta. Vi prego di convincervi, una volta per sempre, che io non sono di quegli uomini a così buon mercato.

Ilona                             - Che peccato, che gran peccato che voi uomini non ragionate mai con la vostra testa, ma sempre soltanto con quella di vostro nonno.

Tibor                             - Se voi aveste ragionato con la testa di vostra nonna, non sareste mai andata nella Turkenstrasse!

Ilona                             - (sorride stanca, con se stessa) Già, noi parliamo, parliamo, ma mi sembra che nes­suno dica ciò che si dovrebbe veramente dire. Voi non fate che ripetermi: « Virtù, Stelle, salto mortale ». Voi certo credete che il peso delle parole simili debba schiacciarmi... Ma io le tro­vo invece vuote e leggiere come piume... Voglio dirvi una cosa, Tibor! Io forse non sono stata nella Turkenstrasse, forse non ci sono stata... In certe condizioni però avrei potuto andarci... Di­pende soltanto da « chi » abita nella Turken­strasse... Credo che sarei capace di ben altre cose, in certe condizioni... Ma questo non ha im­portanza! Ciò che importa è solo che voi volete abbandonarmi. Ascoltatemi, Tibor! Noi siamo ora l'uno di fronte all'altro come forse mai un uomo e una donna sono stati di fronte. Questa è la nostra ora! Voi dovete guardarmi! Dovete ri­conoscermi! Possiamo lasciarci, noi?

Tibor                             - (prende di sul piano un fascicolo di una rivista illustrata che sfoglia distrattamente),

Ilona                             - (nervosa) Io mi sono umiliata di­nanzi a voi più di quanto una donna poteva umi­liarsi. Ma ora dovete rialzarmi voi. E' vostro dovere! Siete forte e intelligente; non potete abbandonarmi a me stessa!

Tibor                             - (ride sul fascicolo) Ah, ah! La gran­duchessa Xenia! (Mostra a Ilona una illustrazio­ne della rivista) Vi prego di ricordarvi il nome; granduchessa Xenia!

Ilona                             - (lo guarda stupita).

Tibor                             - Non abbiate paura, non sono pazzo.,. La granduchessa Xenia era la nipote di un im­peratore... La povera giovane principessa è morta (sfoglia il fascicolo, cercando) è morta sei anni fa... Vi prego, ricordatevi questo... Sei anni fa, è morta! La continuazione a più tardi! Ah ah! (Ride).

Paolo                             - (entra da destra e stringe la mano a Tibor) Mi sembri di ottimo umore, ne ho pro­prio piacere! (Va per la stanza e accende la luce elettrica e parla) Ora però, ragazzi, state buoni! E tu, degna padrona di casa, copriti il cuore tremante con la corazza della virtù, perché si avvicina, è già qui l'Icaro alato, il famoso con­quistatore e divoratore di donne... (Di fuori un lungo e armonioso segnale di automobile).

Tibor                             - (guarda Ilona) II cavaliere dell'oggi?

Paolo                             - II cavaliere dell'oggi?

Ilona                             - (fa un passo incerto, poi si volta im­provvisamente ed esce da destra).

Paolo                             - (confuso) Ma cos'ha?

Tibor                             - Vorrà farsi bella, indossare un abito nuovo... darsi un po' di cipria...

Paolo                             - (poco convinto) Per Trill? Allora la conosci male, Ilona! Ilona e Trill!

Trill                               - (è un bel giovane, elegante. Tipo di Ox­ford. Non è ridicolo, ne antipatico, ne affatto stupido. Il suo male è che le donne lo hanno completamente guastato. Quando si parla di donne e la sua vanità entra in gioco, allora perde ogni controllo di se. Dinanzi a Paolo egli si mo­stra di una cortesia aperta, franca, quasi affet­tuosa. Tratta invece Tibor, nel quale sente il ne­mico e il rivale, con la condiscendenza propria degli aristocratici, benché gli dia del tu. Dinan­zi a Ilona è dì una discrezione cavalleresca che ha una punta di investigazione) Vi ringrazio per il vostro gentile invito... E' un vero onore per me. E sono felice, veramente felice di po­tervi vedere, professore... (Cerca Ilona, si avvicina a Tibor, stretta di mano confidenziale) Sal­ve, Tibor!

Tibor                             - Come va, barone Icaro dalle ali di aquila?

Trill                               - (modesto) Già, ecco, ali d'aquila! Sto appena fra i piccoli volatili, professore... Diciama ali di gazza, ali di cornacchia... (Cerca Ilona).

Paolo                             - Di tanto in tanto si legge che voi volate a qualche migliaio di metri sulle nostre teste...

Tibor                             - Ma non c'è da seccarsi lassù, al di sopra dei comignoli?

Trill                               - Niente affatto, ti incontrano meno colleghi di club!

Paolo                             - (ride).

Trill                               - II volo è divertente e noioso, come qualsiasi giuoco d'azzardo...

Paolo                             - ... Che ha per posta l'osso del collo di un gentiluomo.

Trill                               - (sorride felice) Molto ben detto! L'osso del collo d'un gentiluomo. Voglio tener­lo a niente.

Paolo                             - E se la domanda non è indiscreta, avrete già fatto girar la testa a chissà quanti an­geli, lassù?

Trill                               - (modesto) Noi uomini comuni an­che lassù non troviamo che aria, aria libera... (Si inchina a Paolo) I grandi geni invece sco­prono anche nelle pozzanghere della terra me­raviglie radiose... A certe altezze spirituali non possiamo salire mai, noi, noi poveri aviatori; no, non ci è possibile, questo; ma abbiamo il diritto di essere fieri dei nostri compatrioti la cui fama corre il mondo... (Si avvicina alla porta di destra, cercando Ilona).

Tibor                             - (a Paolo) Capito? E' fiero di te, come di un compatriota la cui fama corre il mondo.

Paolo                             - E' stato un bel brindisi!

Trill                               - (con vivacità) Ebbene, signori, cosa c'è di nuovo in; società?

Paolo e Tibor                - (si guardano sorpresi).

Tibor                             - Oh! guarda, proprio tu, l'uomo del giorno e il re dei re, lo chiedi a noi? !

Trill                               - Sto così poco a Budapest, ora... Viaggio molto in provincia... Anche nelle grandi città di provincia devono aver luogo delle gare aviatorie... Proprio ora sono stato tre giorni a Klansemburg... (Con molta effi­cacia). Tre giorni assente da Budapest... Tor­nato soltanto stamattina...

Paolo                             - Ieri eravate ancora a Pressburgo?

Trill                               - Sì, cioè, a Klansembuorg.

Paolo                      - Allora vi consiglierei di mettere a posto il vostro domestico.

Trill                               - Ha fatto qualcosa?

Paolo                             - Ha bevuto in casa vostra dello Chàteau Irac e ha portato in giro, con la vostra macchina rosso-fuoco qualche servetta...

Trill                               - (senza scomporsi) Ah sì? bene, se è così lo metterò alla porta... lui e lo chauffeur... La sfacciataggine della servitù, oggi, addirittura non ha più limiti... (A Tibor) Noni hai tu alle volte qualche domestico fidato da indicarmi?

Ilona                             - (entra da destra; saluta Trill con un inchino del capo, poi sì siede vicino a Tibor come se cercasse protezione in lui).

Trill                               - (all'entrare di Ilona) Oh, oh, si­gnora, voi a Budapest? Voi a casa? (Si siede nella grande poltrona di Tibor. Tibor e Paolo la guardano ostilmente. Trill continua a par­lare senza interruzione) Ma è proprio una sor­presa, una immensa sorpresa! Credevo che foste da un mese negli alti Tatra. Mi avevano det­to – una signora di mia conoscenza mi aveva detto - di avervi vista sui Tatra... ad AltSchmecks, mi pare, oppure a Neu-Schmecks? Vi avrà scambiata con qualche altra signora... Esistono nella vita delle somiglianze così stra­ordinarie... Già, ma se avessi saputo che voi eravate a casa, in certo qual modo a Bu­dapest, sarei già da tempo venuto a pre­sentarvi i miei omaggi... Pensavo si , trat­tasse, oggi, di un pranzo di un vedovo tem­poraneo.. (Minaccia Tibor col dito) Hai vo­luto tenermi nascosta la signora! In certo modo sottrarmela. (Non reagendo nessuno, resta con­fuso, tace; poi prende di nuovo lo slancio) Ma voi avete un aspetto veramente incantevole," signora... Dacché ho il piacere di conoscervi non avete mai avuto tanto splendore... (Agli uomini) Voi non potete notare la differenza, si­gnori miei, perché vedete la signora tutti i giorni... Ma io non la vedevo da molto tempo... Proprio da molto, no... Un mese... Aspettate un po'... dev'essere di più! L'ultima volta l'ho vista al tiro al piccione all'isola Margherita... Vale a dire?... è stato il 17 maggio... Oggi ne abbiamo... Dio mio, è un mese e mezzo che non vedevo la signora! E' già quasi più di un mese e mezzo, ormai! Come passa il tempo! Mi è passato anzi molto lecitamente... (Si ferma di nuovo, si vede senza aiuto; poi riprende lo slancio) Ma voi, egregio professore, state an­che voi splendidamente... (A Tibor) Vero che sta splendidamente bene? Ed. è naturale: l'aria pura, la bella veduta, qui, l'armonia, la pace dell'anima... (Si asciuga la fronte) Si vede dall'ambiente che qui deve regnare la pace... C'è qui, nella casa, qualcosa di puro, qualcosa di buono... sì, certo, qualcosa di amore, e, nello stesso tempo, di salito; c'è qui nella casa... ecco….. (Non riesce a continuare).

Tibor                             - (dopo una piccola pausa) Sei spa­rito per un mese e mezzo? Allora certo sei stato in sogno, ai piedi di una bella donna... (A Ilona) Non potete immaginare che fortuna abbia con le donne... Favolosa! E non già coni le sartine e le commesse. Neanche per sogno! Con le signore della miglior società... Voi na­turalmente non potreste neanche pensarlo.

Paolo                             - Certe volte gli invadono l'antica­mera, e un domestico deve dare il numero, come alla Banca... « Non spingete, signore; ognuna viene a suo turno! ».

Trill                               - (bonariamente) Mi sento ormai per­fettamente maturo per la caricatura. Posso fumare?

Tibor                             - (gli dà il fuoco) Vecchia volpe, ti fa comodo, eh? quando la cosa va a finire nello scherzo? (A Ilona) In fondo però lo in­vidiamo tutti, noi uomini... Ma niente da dire: merita la sua fortuna... E' l'uomo più discreto che io conosca... Ne ho conosciuti molti nella vita, di uomini discreti, ma fino a questo punto nessuno...

Paolo                             - Una signora come si deve non può mettere la sua riputazione in mani migliori di quelle del barone Trill!

Trill                               - (sorride leggermente a Paolo, poi pun­gente a Tibor) Se una bella donna ti sorride, tu lo fai mettere sui giornali?

Tibor                             - Oh, le donne hanno perso l'abitu­dine di sorridermi...(Vivacemente e deciso) Ma di', è già molto tempo che non vedo la tua raccolta di ciocche di capelli. Hai acquistato qualche altro bell'esemplare??

Ilona                              - (alle parole « ciocche di capelli » ha una mossa di spavento appena percettibile).

Trill                               - (evidentemente irritato) Ma senti, non vorrai mica... (Guarda Ilona tace d'un tratto; dopo un breve silenzio mormora) Mi pa­re che non sia il caso qui...

Tibor                             - (candidamente) Ma non farmi l'in­genuo. Che male c'è, del resto?... E la signora Ilona non si scandalizza... Uno fa raccolta di cartoline, un altro di capelli... Lo trovo: pieno di poesia... «L'amore passa, la ciocca ri­mane »... «Ciocche brune, rosse, bionde, nella scatola odorosa »... (Spiega con sicurezza) Le ciocche ricevono un numero d'ordine; i nomi delle donatrici sono raccolti in un catalogo; il libro naturalmente è segreto… (A Ilona, che con mano malsicura ha preso una sigaretta, ma strofina il fiammifero alla rovescia) Siete un; po' nervosa, oggi. (Le porge il fuoco).

Trill                               - (che stava già per interrompere Tibor) Scusate, mia non è vero affatto... il no­stro amico Tibor lavora di fantasia; ha proprio la fantasia d'un poeta... Klopstock addi­rittura. (Con gravità) Può anche darsi che molti anni fa, quando ero un giovanotto, accogliessi dei ricordi simili... Si è giovani una volta sola, non è vero? E il giuoco e gli altri eccessi del gemere non li ho mai potuti soffrire. Ma oggi non faccio più nessuna raccolta... quelle cose sono lontane da me, ora; molto lontane, dac­ché ho imparato a conoscere la serietà della vita... (Con sentimento) E se oggi una signora volesse onorarmi di un ricordo, (secco) e del resto è assolutamente escluso, parlo» solo per ipotesi! (di nuovo con sentimento) se una si­gnora oggi dovesse! farmi un dono, lo custodi­rei ben solo, assolutamente solo. Per me, come un tesoro, come una sacra reliquia... (Fa un profondo sospiro; a Tibor, con astio) Perché devi tirar fuori queste storie, è inconcepibile!

Tibor                             - (fingendo di non sentire a Ilona) Lo crediate o no, io credo che nella sua rac­colta si trovi anche la ciocca di una testa co­ronata.

Trill                               - (lo guarda sbalordito) Credo che sia il caso di telefonare subito alla Croce Verde!

TIbor                             - Un nome, dico» soltanto un nome, e tu dovrai tacere: Xenia!

Trill                               - Xenia? Mai sentita!

Tibor                             - (lo guarda suggestivamente) La granduchessa Xenia!

Trill                               - Granduchessa? (Il titolo gli si im­pone).

Tibor                             - L'estate scorsa l'amico etra a Scheweningeini. Nello stesso tempo vi comparve anche la granduchessa Xenia. Nessuno sospettò che potesse esservi una coincidenza.

Trill                               - Strano, una coincidenza dove die­cimila persone villeggiano!

Tibor                             - Io non c'ero, ma al club se ne parla ancora adesso...

Trill                               - Di che cosa?

Tibor                             - (sempre a Ilona, il cui viso è an­cora duro, impenetrabile) In pubblico face­vano finta di non conoscersi, la granduchessa e lui... Poi una volta vi fu una grande tempesta... A notte alta fu vista una coppia stri­sciare per le dune. Si godevano il muggito del mare e l'accavallarsi delle nubi. Vi fu chi tenne d'occhio la coppia. Il cavaliere era il 'baronie Trill, questo si potè ben accertare... La dama... circa la dama le opinioni erano di­verse. Alcuni sostenevano» che fosse una com­messa di negozio.

Trill                               - (rabbioso) Puri pettegolezzi di Bu­dapest!

Tibor                             - Altri invece facevano allusioni più in alto, molto più in alto... Dicono' che una principessina quella sera abbia (preso una le­zione di volo, senza motore e senza elica.. Io però sono convinto che la famosa raccolta si sia arricchita d'una ciocca bionda di Russia...

Trill                               - (che la storia lusinga oltre ogni dire) Questo lo nego assolutamente! Devi pro­varlo, se puoi!

Tibor                             - Avresti anche il coraggio di negare che hai conosciuto la granduchessa?

Trill                               - (sorpreso, dopo un breve silenzio) Conoscersi e regalare, delle ciocche di capelli...

Paolo                             - Concedere! Una principessa non regala; concede!

Trill                               - Conoscersi e concedere delle cioc­che di capelli non è la stessa cosa! Ammesso anche che Sua Altezza mi abbia concesso l'o­nore di esserle presentato, non vi è affatto mo­tivo, assolutamente alcun motivo, per trarne delle conclusioni maligne. E io non le avrei tollerate!

Tibor                             - Sembra però che Sua Altezza abbia concesso al signor barone l'onore di accompa­gnarla di notte, nella nebbia su le dune... Op­pure si trattava della commessa di negozio?

Trill                               - (lealmente) Una giovane principessa che si sente superiore al giudizio della molti­tudine può ben permettersi simili innocenti stravaganze... Qualsiasi gentiluomo deve capirlo!

Tibor                             - Allora confessi la passeggiata not­turna?

Trill                               - Una passeggiata con tutti i riguardi, ebbene, perché dovrei negarlo?

Lisi                                - (entra da destra, agitata; ha un grande grembiule da cucina; in una mano un mestolo, nell'altra il libro dei cuochi) Zio, scusami. {Vede Trill) Ah, chiedo scusa...

Paolo                             - (presenta) Il barone Trill.

Lisi                                - (con una riverenza) Il famoso avia­tore?

Paolo                             - Aviatore segreto granducale.

Tibor                             - Il principe dell'oggi.

Lisi                                - Zio, scusate, che cosa ne dite voi: i funghi devono essere fatti a pezzetti? La de­scrizione del libro non è chiara... (Gli mostra il libro).

Tibor                             - I funghi a pezzetti? (A Paolo) Vai a vedere se c'è ancora da salvare qualcosa del­lo storione!

Paolo                             - (guarda nel libro) La cosa prende una brutta piega... (A Lisi) Andiamo uni po' a vedere...

Lisi                                - (intimidita) Sì, vi prego, venite. Ho una paura... una... (Si interrompe, spalanca gli occhi su Trill) paura... (Via da destra con Paolo).

TtBOR                          - (prende il fascicolo con l'illustrazione di Xenia e lo porge in silenzio a Ilona).

 Ilona                             - (lascia cadere il fascicolo a terra).

Trill                               - (si precipita premurosamente, lo rac­coglie, getta uno sguardo alla figura, intuisce una gaffe, si guarda intorno turbato).

Tibor                             - Povera buona granduchessa Xenia! Ti era riservata una sorte ben tragica. Dovevi morire cinque anni prima della tua passeggiata notturna sulle dune!

Trill                               - Come, scusa? (Si riprende subito, con sfacciataggine unica) Ah ah! te l'ho fatta proprio bella! Ci sei cascato.... (Si avvicina a Ilona) Voglio spiegarvi lo scherzo...

Ilona                              - (con voce spenta) Io - io non vo­glio offendervi - non sono affatto cattiva, io, ma vi prego»: andatevene! Non state lì a guar­darmi così. Vi prego, andate!

Trill                               - Ma, cara signora, non capisco proprio...

Ilona                              - (furiosa) Non. m'importa nulla! nulla!

Tìbor                             - (a Trill) Un momento di nervi... Ed io ch'ero convinto che tu potessi soddisfare ogni desiderio della signora!

Trill                               - (in collera) Un desiderio ben strano! Un desiderio che offende! Ce n'è più che abbastanza...

Tibor                             - Bah! Può una bella signora offen­dere un gentiluomo?

Trill                               - (guarda Ilona, scuote le spalle) Berne. Me ne vado. Ma cosa penserà il profes­sore! (Mordace) Del resto, pensi pure quello che vuole! Buffo! Veramente buffo! (Si inca­stra nell'occhio il monocolo, che non ha mai adoperato finora, ed esce a destra).

Tibok                            - (accende una sigaretta) Di quell'uomo non conoscevate l'animo, ora io vi ho presentato l'animo. Un essere simile non può certo considerarsi della specie dell'Homo sapiens... Non è che una bestia... Nato per por­tare le corna... Corna lunghe dei metri... Ma che un tipo simile voglia far portare le corna agli altri, è una vera rivoluzione zoologica. Nelle vene gli scorre della vanità al posto del sangue. La bellezza della donna lo lascia fred­do; egli non vuole appagato che il suo or­goglio. (Si sente la tromba dell'automobile).

Ilona                             - La vita è urna cosa ben vile...

Tibor                             - Trovate anche voi? Allora giacché ve ne siete ormai accorta, il mio compito è fi­nito. Buon divertimento, signora. (Fa per an­dare).

Ilona                             - (lo guarda con gli occhi sbarrati) Mi abbandonate?

Tibor                             - Ma certo! Non devo andare ad am­mirare i ghiacciai del Rodano?

Ilona                      - E cosa sarà di me? Cosa debbo fare? Cosa dire a mio marito?

Tibor                             - A vostro marito? Non avete ancora trovato? Via, signora mia, non abbiate paura; potete guardare l'avvenire con piemia fiducia, poiché alla fine saprete ben trarvi d'impiccio e trovare la via... Come, non so proprio; ma troverete bene il modo di uscirne! Ho osser­vato che i matrimoni fra un uomo molto ricco e una donna povera del tutto, sono di regola incredibilmente duraturi... Voi siete legata a Paolo a doppio giro: le calze di seta a cento corone il paio, la volpe azzurra! Pensate alla volpe azzurra; vi darà la forza di lottare per la vostra felicità coniugale.

Paolo                             - (entra da destra) Pazienza, ra­gazzi; si va subito a tavola... Ma dov'è Trill?

Tibor                             - Volato.

Paolo                             - Eh?

Tibor                             - La signora Uosa ti «piagherà. Ti spiegherà tutto

Paolo                             - (sbalordito) E' successo qualcosa? (Nervoso) Ebbene?

Tibor                             - (poiché Ilona tace ostinata) Niente di grave, è stato chiamato al telefono; deve an­dar subito in città. Affari gravi! Fra noi: credo che lo chiamasse la granduchessa Xenia.

 Paolo                            - Che razza di bestia! Se ne va cinque minuti prima del pranzo... Per me, poco importa. In quattro staremo meglio.

Tibor                             - In tre meglio ancora... Vado via anch'io.

Paolo                             - (incollerito) Tu? Ti ripiglia un altro attacco di pazzia?

Tibor                             - La signora Ilona avrà la bontà di spiegarti tutto.

Paolo                             - (grida) Ormai ne ho più che abba­stanza dei vostri enigmi! Che cosa succede, insomma?

Ilona                             - (prende una sigaretta) Cosa suc­cede? Ti ho tradito!

Paolo                             - (impaurito) Che cos'hai, bimba mia?

Ilona                             - (getta via la sigaretta, grida) Tra-di-to!

Paolo                             - (dopo un breve silenzio; pallido) Mi hai... tradito!

Ilona                             - (indica Tibor) Ecco l'accusatore!

Tibor                             - (tentando di uscire) Non crederle.., è ancora eccitata...

Ilona                             - (lo afferra per il braccio) La virtù è saltata nel fuoco... Volevate una tragedia.., L'avrete!

Paolo                             - (a Ilona) E' vero?

Ilona                             - Chiedilo a lui.

Tibor                             - Chiedilo a lei.

Ilona                             - No, caro signore! Io vi ho fatto il piacere di mettere la testa sul ceppo, ma ta­gliarla da me non posso davvero! Per questo occorre il carnefice. Io sono pronta. (A Tibor, con ironica gravita) Fate il vostro dovere! (Via da destra).

Tibor                             - (va su e giù agitato) Crede che io non possa farle del male... Perché poi dovrei sen­tirmi le mani legate? Quali scrupoli ho da di­fendere? La moglie ruba al marito l'onore, e io, il gentiluomo, devo intanto sviare la sua attenzione... « Fare un muro », si dice nel lin­guaggio dei ladri... Ora, a questa specie di complicità io non mi ci adatto! Non faccio nes­sun muro, io! Se debbo scegliere fra l'onore e il disonore, io scelgo l'onore in gonnella o in calzoni che sia. (Afferra Paolo per la giacca) Ebbene, ecco! Tua moglie ti ha tradito! Ti ha tradito! Tradito!

Paolo                             - (calmo) Con chi?

Tibor                             - Con quella specie di barone, quell'asino con le ali...

Paolo                             - (atterrito) Trill? Ma come! Trill? Oh, Dio mio! Dio mio! (Pausa) Povera Ilona!

Tibor                             - (furioso) Come, la compiangi anche? Di', lo capirci? Ilona è una donna perduta!

Paolo                             - Appunto per ciò la compiango… Una donna simile avrebbe meritato una fine migliore! (Andando sulle furie) Ma è colpa tua! Tu, tu avresti dovuto vigilarla meglio!

Tibor                             - Io? Io? Sei pazzo? Ma sono io o »ei tu, il marito?

Paolo                             - Io, lo sono... ma appunto per que­sto... Può forse vigilare la propria moglie, il marito? Quello che succede in casa nostra noi lo sappiamo sempre per ultimi, se lo sap­piamo... Ma tu... eri il suo amico, tu! Tu avevi un ascendente su di lei. In te aveva fidu­cia... Ti sei mostrato ben sciocco di fronte a lei... pietosamente sciocco!

Tibor                             - Fenomenale! Adesso finirò con l'es­sere io la causa di tutto.

Paolo                             - E chi, allora?

Tibor                             - Cosa pensi di fare, adesso?

Paolo                             - Questo me lo vedrò con Ilona.

Tibor                             - Ti racconterà qualche frottola.

Paolo                             - Con me è sincera. Sono un marito in, così buona fede che il darmele a bere non le da nessuna soddisfazione.

Tibor                             - Fuori di casa, devi cacciarla! Devi divorziare! Lo devi per il tuo nome e per i tuoi amici.

Paolo                             - Sembra che i miei amici siano diventati dei creditori impazienti!

Tibor                             - Paolo, non avrai forse l'intenzione di perdonarle?

Paolo                             - Quello che penso è proprio una cosa secondaria. Non si fa ciò che si pensa, ma ciò che si deve.

Tibor                             - E per quanto riguarda Trill, quella sporca canaglia...

Paolo                             - Per questo deve essere una ca­naglia?

Tibor                             - Ma guarda un po'! Non ti ha se­dotta tua moglie?

 Paolo                            - Questo non lo so; io non e'ero. E probabilmente neanche tu! So soltanto che quando un giovanotto capita vicino a una donna come Ilona, dovrebbe proprio essere un ram­mollito, via! (Fa un cenno di concessione con la mano).

Tibor                             - Hai dei principi straordinari!

Paolo                             - Quando si tratta di donne non ho proprio nessun principio... mi ricordo però quando eravamo giovarti noi, e specialmente tu, via! (Cenno come sopra).

Tibor                             - Chiederai soddisfazione a quel...

Paolo                             - (sogghigna) Io chiederò?

Tibor                      - (sorpreso) Paolo, non hai mica p aura?

Paolo                             - Ma certo... E molta paura! Ci sono cento cose di cui avrei paura. Ma la morte, guarda combinazione, non la temo. Ma se co­mincio a riflettere ai giudizi del prossimo, al­lora tremo. Mi batterò, così, contro la mia con­vinzione, per pura vigliaccheria. Scusa, vuoi essere tu il mio « secondo »? Credo che nel vostro linguaggio del club si dica così.

Tibor                             - Quel mascalzone domani si troverà davanti alla tua pistola.

Paolo                             - (ghigna) Alla pistola dev'essere?

Tibor                             - Certo!

Paolo                             - Come lo odii, quel disgraziato!

Tibor                             - Sei un enigma, per me! Non ca­pisco proprio questa tua flemma e questa tua indecisione.

Paolo                             - Posso spiegarti tutto molto sem­plicemente. Vedi, il nostro non era affatto un matrimonio; era un malinteso, sanzionato dal sindaco... Se Ilona aveva le sue idee espansive, per le quali il matrimonio era troppo angusto, anch'io però avevo le mie idee. La mia coscienza non è linda; come posso darle la croce addosso? La compiango. E' già molto tempo che la osservo, dal mio tavolo da lavoro, e che la compiango.

Tibor                      - Non c'è niente da compiangere! E' una donna furba! un'intrigante.

Paolo                      - Certo ch'è furba! Ma con dimen­ticare che intrigava per piacere a noi uomini! Mi ricorda, alle volte, la bestia misteriosa dal serico pelo che eccita tanto la sua fantasia: la volpe azzurra! Con le sue zampine trottare­ quieta per le nevi polari, sotto il sole di mez­zanotte, sguscia via da un iceberg all'altro, sempre cercando, senza tregua... Sì, la bestiola è astuta. Ma credo che tutta questa astuzia non le serva che a procacciarsi un posticino al caldo... (Pausa). Sapevo anche che prima o poi Ilona mi avrebbe ingannato; solamente, cre­devo che tutto questo avvenisse ben diversa­ mente, proprio diversamente (Semplice­mente) Ero convinto che fosse con te!

Tibor                      - Con me? Sei pazzo?

Paolo                      - Certamente, con te; e tutti pensa­vano la stessa cosa.

Tibor                             - Con me!? Ecco, permetti, non so davvero. E precisi la cosa così, come se niente fosse? Non ci avresti trovato nulla da ridire?

Paolo                             - Dio- mio, giacché doveva succedere, meglio te che un altro! Tu sei una persona per bene, sei mio amico: non avresti messo in ri­dicolo il mio nome. E poi sei ricco, avresti po­tuto sposare Ilona, e lei avrebbe guadagnato nel cambio. Ecco, ora sai perché sono così freddo. E ora voglio anche dirti perché tu, invece, te la prendi tanto!

' Tibor                    - Ciò che v'è di buono e di puro nella mia vita, io lo trovavo qui, in casa tua.

Paolo                             - (voltandogli le spalle) Non decla­mare, ti prego! Tu hai detto una cosa vera­mente giusta, quando hai chiamato Trill il «cavaliere dell'oggi ». C'era uno che se ne andava diritto e nero per il viale dei castagni. Venne però una sbuffante automobile rosso-fuoco, che lo scaraventò a terra e gli passò sopra... Ora è là al suolo, quel tale... quello nell'automobile è il cavaliere dell'oggi; quello a terra è il povero cavaliere dell'ieri... Il cavaliere del­ l'ieri sei tu! Anche tu fosti, una volta, un cavaliere dell'oggi, amico; avresti potuto diven­tare il re di domani. Ma non hai creduto alla tua ricchezza. Ora sei morto.

Tibor                      - (ridendo beffardo) Sono morto, io?

Paolo                      - Io sono del parere che chi è morto deve restarsene tranquillo e beato. Un cadavere bene educato, non fa, soprattutto, nessuno scandalo.

Ilona                      - (entra da destra, in cappello e man­tello da estate). Allora, Paolo, addio!

Paolo                      - (breve pausa) Vai via?

Ilona                      - Vado via.

Paolo                             - Ma dove?

Ilona                      - In città, dalla zia.

Paolo                      - E' proprio necessario?

Ilona                             - Sì.

Paolo                      - E sia! E poi?

Ilona                      - Poi procederemo alla separazione legale, Paolo. La nostra unione... (Fa un caratteristico con la mano).

Paolo                      - Eh, sì! (Ripete il gesto di lei) E il motivo del divorzio?

Ilona                             - Questo avrà la compiacenza di trovarcelo il signor Tibor. Io mi sottometto a qualsiasi vostra decisione.

Paolo                      - No. Il mio avvocato troverà per lo meno un motivo decoroso... Ma giacché ormai è finita, giacché ormai è così, desidererei tanto sapere se Tibor ha ragione.

Tibor                      - Dubiti ancora?

Ilona                             - (accomoda at Paolo la cravatta scom­posta) Vedi, mio vecchio Paolo, ora che ci lasciamo e non importa affatto ciò che pensiamo l'uno dell'altro... Voi due invece restate insieme, perciò dovete andare d'accordo; quin­di la cosa migliore è che tu creda in tutto a Tibor. E ora, addio.

Paolo                             - (guarda l'orologio) Come fai ad an­dare in città? Manca ancora molto all'ultimo tram... (A Tibor) Hai una vettura?

Tibor                      - (s'inchina muto).

Ilona                             - Quando una donna lascia per sem­pre la sua casa dev'essere accompagnata da un amico- fidato. Non si deve poter dire che è stata cacciata di casa... Io l'ho, un amico fidato. (A Paolo) Scusa, mi vuoi condurre dalla zia Erna?

Paolo                      - (un po' commosso) Volentieri, bambina, prendo il cappello... (Via da destra).

Ilona e Tibor                 - (mentre Paolo è fuori stanno entrambi in silenzio, immobili).

Ilona                             - (con voce spenta) Avete colpito con malvagità. Sono ferita, ma delle mie ferite san­guinerete voi!

Paolo                      - (viene da destra in soprabito e cap­pello. A Ilona5 con leggera commozione) Giacché dev'essere... (Le offre il braccio. Si guarda attorno come se fosse lui quello che deve lasciare la casa) Dopotutto, abbiamo pas­sato delle belle ore qui, in questa camera!

Ilona                             - (via da sinistra con Paolo) Peccato!

Tibor                             - (sopraffatto dal dolore si accascia nella grande poltrona vicino al camino).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Un anno dopo. Il salotto del secondo atto. Attraverso la finestra si vede il rosso ruggine autunnale del fogliame del bosco. Un limpido pomeriggio d'autunno. La sala è tappezzata a nuovo. I mobili sono gli stessi, ma sono disposti diversamente. Di nuovo si notai una pelle di tigre o di orso bianco dinanzi al camino, alcuni cuscini di seta colorata, un gran quadro di un nudo femminile, manierato. Molti fiori. La poltrona di Tibor è sempre al vecchio posto. I cambiamenti devono dare l'impressione che una personalità giovane ed esuberante abbia cercato di adattarsi al vecchio ambiente.

Paolo                       - (siede al tavolo, leggendo le bozze del suo libro, e fa di tanto in tanto correzioni a matita. Ha una elegante giacca da camera colorata. Lisi sgrida la servitù, fuori della scena, a destra. La porta di destra è aperta).

La voce di Lisi           - Credo anche che faccia i versacci, quella lì! Oh, ma questo non lo tollero proprio! In casa mia comando io, e chi non è contento non ha che da prendere i suoi fagotti e andarsene... Rinuncio agli otto giorni... se ne può andare su due piedi. Ma far delle storie, con me, non va. (Entra irritata; ha un kimono giapponese di seta a colori vivi; collo e braccia scoperti. Ha i capelli raccolti in un fazzoletto di seta civettuolo, all'uso delle lavandaie viennesi. II fazzoletto ha gli stessi colori del kimono. Lisi è di cattivo umore).

 Paolo                            - (senza alzare gli occhi dal lavoro, con calma stoica)Che cosa c'è ancora, che non va, cara?

Lisi                         - La porta di dietro era aperta! E quando chiedo chi è stato, allora diventano tutte marmotte e fanno a chi dice più bugie... Ah, ma come mentisce Mademoiselle, poi! Quella batte tutti i records!

Paolo                       - (come sopra)Ebbene, cara, am­messo che la porta di dietro sia aperta, è poi ima disgrazia tanto grande?

Lisi                         - (in battaglia)Una disgrazia non è, ma può portarla, caro! Tutta la casa del resto è una vera gabbia da uccelli; il vento' entra e gira per le camere come gli pare. E del resto è ben naturale! E' fatta per l'estate, è una villa; e si può abitare in estate; ora siamo in ottobre! ...

Paolo                       - Nella villa vicina la gente ci sta anche d'inverno.

Lisi                         - (amara)Certo,.anche in Groenlandia c'è della gente che ci sta in inverno e che trova la cosa naturalissima... ma sono degli esquimesi!

Paolo                             - (arrabbiato) I vicini non sono degli esquimesi, ma dei commercianti in filati!

Lisi                         - (gli si siede d'un tratto su un ginocchio, affettuosa) E chi è questo tiranno che sgrida così la sua mogliettina?

Paolo                        - (calmissimo) Ma io non grido affatto...

Lisi                                 - (gli si serra contro; pregando con fave bambinesco) Quando ce ne andremo in città una buona volta, caro?

Paolo                        - (rassegnato) Ah, sto così bene qui, in inverno! Il giardino coperto di neve, la pace della collina... Dovresti vedere coni'è bello! E quanti merli... Io potrei finalmente terminare il mio' libro « Le idre d'acqua dolce dell'Un­gheria », e tu potresti illustrarlo...

Lisi                          -Io? Oli, ti sbagli, ma di grosso, caro. Non mi sono proprio sposata per dipingere di quelle bestie lì! Te le farà il tuo Kutschera; e te le farà meglio.

Paolo                             - Kutschera non vuole più saperne, di me... Mi saluta appena...

Lisi                                - Perché tu gridi sempre così con la gente. Sai, convincerò io Kutschera... Vado da lui allo studio, lo chiamo caro Maestro e vedrai; ne faccio quel che voglio.

Paolo                       - (rallegrato) Lo farai proprio, cara?

Lisi                                - Ma volentieri! Anche tu però devi farmi un piacere: far ritorno in città!

Paolo                             - Peccato, peccato, che tu non sia amica della natura.

Lisi                                - Io voglio essere soltanto la piccola amica tua. (Gli da un bacio sonoro su ogni guancia) Dunque è deciso!

Paolo                             - (si alza improvvisamente, guarda l'oro­logio) Santo ciclo, avevo proprio dimen­ticato. Di', mi ha scritto!

Lisi                                - Chi? lei! (Rabbuiata con forza) Lei?

Paolo                             - (annuisce).

Lisi                                - Che cosa vuole ancora, insomma?

Paolo                             - E' per la rendita che le ho asse­gnata... C'è ancora qualcosa da stabilire, e così mi scrive che il modo più semplice sarebbe che venisse qui.

Lisi                                - Già, proprio; ma è impazzita? Qui, vuoi venire, in casa mia? Ma tu le hai scritto che non è possibile?

Paolo                             - Certo che gliel'ho scritto. (Sottovoce) Soltanto, non le ho potuto spedire la lettera; non conosco il suo indirizzo di Budapest.

Lisi                                - Benissimo! Allora Mademoiselle l'a­spetterà in giardino e le dirà che non si riceve.

Paolo                             - No, no, questo non va! Ho un espe­diente; parlerà con lei Tibor

Lisi                        - Tibor? Ma è a Budapest?

Paolo                             - Da una settimana.

Lisi                        - A Budapest da una settimana e non è ancora venuto a trovarmi? Ma lo trovo ben strano, questo.

Paolo                             - Timidezza! Noni sa quale acco­glienza tu gli faresti.

Lisi                                - Un'ottima accoglienza. Al tempo della catastrofe si è mostrato uomo integro e amico fedele. (Minacciandolo) Tu invece fosti, allora, incerto e debole.

Paolo                             - Ti prego, lascia un po' stare le cose vecchie!

Lisi                                - E di che cosa dovete parlare?

Paolo                             - Di quella rendita...

Lisi                                - Hai sempre intenzione, allora, di dar del danaro alla signora?

Paolo                             - Così non se ne parlerà più. E poi ho promesso. E' una cosa ormai stabilita.

Lisi                                - Ah, voi uomini! (Lo bacia con im­peto) Poverino, come ti ha fatto soffrire!

Paolo                             - Questo non potrei dirlo. Soffrire non mi ha fatto davvero.

Lisi                                - (perentoria) Ti ha fatto soffrire! So­lamente, tu non te ne sei accorto...Già, tu sei così, te ne intendi tanto poco! Quello che più mi fece felice, allora, fu l'idea che io ti avrei compensato di tutte le sofferenze,

Paolo                             - Eppure allora non eri che una bambina.

Lisi                                - Una bambina, ero; però rodevo bene che la vostra unione ora destinata a infrangerà, (Nell'anticamera risuona un lungo trillo di campanello, poi uno corto, poi uno lunghissimo).

Lisi                                - Oh Dio, eccolo, è lui proprio! Vado e vestirmi. (Scappa per la porta di destra).

"Tibor                            - (entra da sinistra. E' un po' dimagrito, nervoso e stanco) Buon giorno!

Paolo                             - Benvenuto, caro! Per riuscire a vederti bisogna proprio bombardarti, è la parola, a suono di lettere espresse. Mi sembri proprio il « Vascello fantasma »: sempre in giro, sempre in treno...

Tibor                             - (osserva la sala) Il « Vascello fantasma » girava in ferrovia?

Paolo                             - Siediti, via! Il mio matrimonio ti avrà certamente sorpreso!

Tibor                             - Sorpreso? No, affatto... Me lo immaginavo che tu avresti sposato Li... la signora,

Paolo                             - (meravigliato) Immaginavi? Stia­no: anche Lisi se lo era immaginato... Soltanto io... (Cambia) Come stai?

Tibor                             - Bene, grazie.

Paolo                             - Hai una bella cera... bellissima.., Un po' dimagrito., no? Sei stato ammalato?

Tibor                             - (seccato) No.

Paolo                             - E ora ti ferini a Budapest?

Tibor                             - In qualche posto devo pur fermar­mi... Però a Budapest mi urta... La gente qui è così... strana.

Paolo                             - E negli altri posti com'è, la gente?

Tibor                             - Strana lo stesso...

Paolo                             - Lo sai di che cosa hai bisogno? Di una occupazione, hai bisogno tu.

Tibor                             - Sì... Soltanto non c'è nulla che mi interessi, proprio niente...

Paolo                             - Niente niente, affatto?

Tibor                                        - Affatto... (Guarda fisso innanzi a se; si rinfranca) Be', lasciamo stare! Qual'è questa te questione vitale » che io devo di nuovo risolvere?

Paolo                             - Figurati, è ricomparsa di nuovo!

Tibor                             - (lo guarda con gli occhi sbarrati).

Paolo                             - (seriamente) Nell'ora della catastrofe mi fosti vicino ed ebbi in te un uomo e un amico... Io allora fui debole, ma tu mi indi­casti la via del dovere e dell'onore...

Tibor                             - Dovere! Onore! Eccone un altro che ragiona con la testa di suo nonno... Ma di' un po', hai almeno la certezza che ti abbia real­mente tradito?

Paolo                             - Su questo non può esserci più alcun dubbio.

Tibor                             - E di dove ti viene la certezza?

Paolo                             - (riflette) Dio mio, da te! Tu mi hai convinto completamente (Improvvisamente tur­bato) Tibor! Non ti sarai forse pentito del mio divorzio?

Tibor                                        - (nega, stanco) Lasciamo queste cose! Dunque che cosa c'è di nuovo, ora?

Paolo                             - Figurati; mi scrive che oggi alle quattro sarà qui.

Tibor                             - Qui? Ilona? Alle quat...? (Guarda l'orologio) Quattro e mezzo... Vado via... non la voglio più vedere...

Paolo                             - Ma se ti ho fatto venire apposta per questo! Devi parlarle in nome mio... Solo una volta ancora, per l'ultima volta! (Estrae di ta­sca un documento) Lei deve firmare qui sotto, e allora io darò corso alla sua rendita mensile...

Tibor                             - (scuote la testa) Non lo faccio. Ne ho già abbastanza di queste storie.

Paolo                             - Non vuoi? E' un vero peccato! Lisi la farà rimandare dalla servitù...

Tibor                             - Dalla servitù? (Pausa) Dai qui!

Paolo                             - (gli da la carta) Ecco; lo sapevo bene che non l'avresti permesso! Per me sarebbe stato troppo penoso rivederla...

Lisi                                - (entra da destra. Si è vestita. Ha un abito molto originale, assai fine ed elegante. Non ha il cappello, ma calza un paio di guanti bian­chi e fuma una sigaretta. E' pettinata alla moda. Il suo contegno è di una calma serena è supe­riore. 'Nelle sue movenze e nel suo modo di parlare si nota un leggero tono aristocratico che piace) Oh, buon giorno, Tibor... E' molto gentile, da parte vostra, venirci a tro­vare... (Si siede con grazia sul bracciolo della poltrona di Paolo, appoggiandosi sulla spalla di Paolo e guarda ridente Tibor in viso) E' tanto tempo che desideravo vedervi. Dovete sa­pere, qui è tutto cambiato, ora; soltanto la vo­stra poltrona è ancora al suo vecchio posto... E' tanto tempo che vi aspetta. Sedetevi, prego... (Tibor prende un'altra poltrona) Io mi sono abituata a vedere il mondo con gli occhi di mio marito; quello che piace a lui, piace anche a me; e a voi Paolo vuoi tanto bene...

Paolo                             - (commosso) Cara!

Lisi                                - Se voi poteste un giorno dedicarmi una mezz'ora, si potrebbe parlare di diverse cose. Ho i miei progetti per l'inverno e mi fa­rebbe piacere se voi voleste aiutarmi...

Paolo                             - (impensierito) Scusa, che progetti hai?

Lisi                                - (tenera) Tu devi vivere un po' nel mondo, caro; quello studio continuo ti danneg­gia la salute... (A Tibor) Neanch'io posso vedere le riunioni rumorose; adorerei un circolo intimo di amici... Ho l'idea di organizzare un piccolo «dotto intellettuale... Artisti, letterati, studiosi qualche uomo politico e qualche ari­stocratico. In tutto, al massimo, venti,, trenta, quaranta persone...

Paolo                             - (nervoso) Al salotto intellettuale ci penseremo poi. Vieni, cara, vieni; da un mo­mento all'altro può arrivare...

Lisi                                - Tra un'oretta saremo di ritorno... Restate a cena con noi, vero? (Civettuola) C'è lo storione lesso alla Kornorù.

Paolo                             - (la trascina via) Usciamo dalla porta di dietro, se no vi potreste incontrare. Dio ce ne guardi.. (A Tibor) A più tardi. (Via con Lisi da destra).

Tibor                             - (resta solo. Va qua e là per la sala. Guarda l'orologio. Trova un fazzoletto sul pia­noforte e lo porta avidamente alle narici; ma sente un profumo sconosciuto e lo getta via. Guarda di nuovo l'ora. Si siede al piano e suona l'aria di Grieg del primo atto).

Ilona                             - (elegantissima, entra inosservata da si­nistra. Porta una volpe azzurra. Vede Tibor, resta stupita, commossa, poi va fino a lui senza rumore, si china sulla sua spalla e canta a mezza voce la canzone).

Tibor                             - (si alza e la osserva commosso).

Ilona                             - E' per voi un impiego fisso quello di amico di famiglia?

Tibor                             - (la fissa, burbero) E' oggi la prima volta che vengo qui; precisamente come voi...

Ilona                             - Gentile da parte vostra osservare l'anno di lutto... Sapete cosa ho provato, pri­ma... Venivo per il giardino, in mezzo alle mie povere dalie, quando riconobbi il vostro tocco, al piano... E' stato come se fossi un anno più giovane, come se non fosse successo niente... come se fossi rimasta un po' in città.

Tìbor                             - (pungente) Alla ricerca della volpe nella Turkenstrasse...

Ilona                             - (cade dalle nuvole) Oh, di quello non rimane che il ricordo. E' già suonato l'Hailali. Ecco la preda... (Tocca la pelliccia) Par­liamo di affari. (Si guarda intorno) II padrone di casa?

Tibor                             - Paolo è fuori. Ha incaricato me di parlare con voi.

Ilona                             - (ride) Bene, bene! Vi si tiene a portata di mano contro di me, come l'aspirina per l'emicrania.

Tibor                             - Paolo vi prega di voler firmare qui. (Le porge il documento).

Ilona                             - (col foglio in mano) Dio mio, Cos'è diventato il mio nido? Guardate, i miei poveri mobili non vogliono più riconoscermi... A fu­ria di batterli hanno preso un'aria istupidita.

Tibor                             - Scusate, volete firmare?

Ilona                             - Certo, giacché avete tanta fretta. (Si toglie il guanto destro, raggiante) Ecco; dunque, coni'è il ghiacciaio del Rodano?

Tibor                             - Non ricordo.

Ilona                             - Ma eravate là, in settembre.

Tibor                             - Come lo sapete?

Ilona                             - II mondo è piccolo. Così piccolo, che l'inverno scorso ci siamo quasi incontrati all'hotel Majola... Io partii il 10 gennaio...

Tibor                             - (dimenticandosi) Il 20...

Ilona                             - (sorpresa sorride) Sembra proprio che il mondo sia molto piccolo...

Tibor                             - Volete aver la bontà... (Le avvi­cina il foglio).

Ilona                             - (prende la penna) Trovate che sono dimagrita?

Tibor                             - (alza le spalle) Non so davvero.

Ilona                             - (allegra) Figuratevi, sono diminuita di due chili... I dolori di cuore mi accomodano sempre la figura. Ancora un altro dispiacere come questo ed avrò la sagoma di una man­nequin... (Osserva l'impazienza di Tibor) Be­ne, bene! Allora cosa dice questo pezzo di car­ta? (Si curva sul foglio).

Tibor                             - Se lo firmate avrete del denaro.

Ilona                             - (legge) « La sottoscritta perde ogni diritto all'assegno, se cori un contegno immo­rale e scandaloso... ». (Parla) Guardate un po'! Che una donna sia pagata per essere immorale, si capisce; ma essere onesta per danaro, questo lo trovo grottesco!

Tibor                             - Però sono sicuro che firmerete lo stesso.

Ilona                             - Ma certo! Il signore veste gratis sol. tanto i gigli dei campi, purtroppo; noi donne dobbiamo pagarcele da noi, le nostre toilettes. (Firma il documento) Che ora è?

Tibor                             - Le quattro e mezzo...

Ilona                             - (fa per mettere il guanto) Dio; e ho un appuntamento alle quattro in pasticceria. Allora, addio! Spero, se avrò ancora degli affari con Paolo, di rivedervi... (Sulla porta) Buon giorno!

Tibor                             - Buon giorno!

Ilona                             - (esce da sinistra; la porta rimane aperta. Tibor resta un momento solo. E' in piedi, col capo chino, e guarda fisso dinanzi a m, tetro. Poi trova il guanto che Ilona ha di­menticato e lo porta avidamente alle narici. Ilona riappare sulla porta, non vista da lui. Poi si avvicina) Tibor, scusate, il guanto!

Tibor                             - (confuso) Il vostro guanto? (Cerca per la sala).

Ilona                             - (con dolcezza) Lo avete nella mane,

Tibor                      - Ah, già!

Ilona                             - (calza il guanto, dopo una pausa) Tibor, scusate, datemi quella carta!

Tibor                             - La carta? (Cerca sulla tavola).

Ilona                             - L'avete nella tasca della giacca… (Getta uno sguardo allo scritto, poi guarda verso Tibor e strappa lentamente il foglio inpezzi).

Tibor                             - Ma cosa fate? Il vostro assegno vitalizio!...

Ilona                             - Non. so che farne!

Tibor                             - Non è una cosa che mi riguarda ma dovreste considerare... i vostri mezzi so modesti...

Ilona                             - Già, i miei beni sono l'unica modesta che io abbia...

Tibor                             - Come vedete ora il vostro avvenire

Ilona                             - II mio avvenire me lo son proprio buttato dietro le spalle...

Tibor                             - (mordace) E le calze di seta? volpe azzurra?

Ilona                             - Non datevi pensiero' per questo! Il destino può anche riservarmi qualche altra sor­presa; ma una cosa non potrà mai vedere, il destino: che io porti del castoro. E perché non possiate avere nessuna preoccupazione per me vi partecipo che ho deciso di maritarmi.

Tibor                             - Proprio ora, in questo momento, vi è venuta questa bella idea?

Ilona                             - No, già di là nell'anticamera. Se volete seguirmi fino alla pasticceria, conoscerete quell'uomo fortunato.

Tibor                             - Ecco, così curioso non lo sono davvero. (Pausa) Naturalmente!, è ricco?

Ilona                             - Naturalmente!

Tibor                             - Non sono indiscreto, però vi rivol­gerei volentieri una domanda.

Ilona                                         - Ma io vi rispondo anche senza che domandiate! Sì, il mio futuro sposo conosce la storia della Turkenstrasse. Dovrò anzi ringra­ziare precisamente la Turkenstrasse se mi vorrà sposare.

Tibor                             - (pieno di disprezzo) Ci sono uomini di tale1 sensibilità morale?

Ilona                             - Gli uomini sono sempre diversi da quello che si credono di essere. Anche le donne sono così. Voi vi figurate certamente che la buona società sia chiusa per noi divorziate? Sono stolte opinioni diffuse dai romanzi francesi da strapazzo; idee superate! Nella vita è tutto diverso. Non v'è nulla che interessi la so­cietà come urna bella donna la cui fama - co­me posso dire? la cui fama diffonde il pro­fumo del peccato. Vedete, prima non c'era un cane che mi girasse intorno ; io non ero che una donna come si deve, per nulla interessante. Dopo la storia - la storia della Turkenstrasse - le mie azioni sono salite! Tutti i giovanotti, e anche certi signori di mezza età, sentono il dovere di venire a cercare da naie la loro gioia. Sono il caviale degli intellettuali! I più freddi vicino a me si infuocano; i giovani più cretini credono di esser furbi. E quando fanno fiasco, allora pensano: « L'affare della Turkenstrasse dev'essere una frottola, una calunnia! », e certe volte si mettono perfino in testa di sposarmi. Molto spesso, vogliono sposarmi. Veramente, compiango le mogli per bene. Le poverette con­tinuano a pascolare nella magra steppa del ma­trimonio. E come mi invidiano! Ma non ve lo nascondo: mi minaccia un pericolo! La mia cattiva fama comincia già a impallidire. Mi si comincia a calcolare di nuovo fra le donne oneste, E questo mi preoccupa! Non mi resterà al­tro da fare: ravvivare la mia aureola con un al­tro scandalo.

Tibor                             - (amaro) Con questi principi dovete certo essere felice!

Ilona                             - Felice? Sì, amico; ma chi può es­sere felice? Voi siete felice? A me non la date a intendere, vi conosco, io; soltanto io! Voi, oggi, siete uno degli uomini più infelici del mondo! Comprendo bene il vostro silenzio!

Tibor                             - (ride sarcastico).

Ilona                                         - Anche il vostro riso beffardo com­prendo! Questo non è,il riso di un uomo vivo; è il riso di un fantasma. Sì, voi siete morto, amico, i!.orto. (Batte sul bracciolo della grande polirono) Eccolo, il trono della vostra vita: io vi ho cacciato e ora siete morto. Ma fatevi animo! Vi ridarò la vita. Sentite; io mi spo­serò e voi sarete di nuovo- il mio amico di fa­miglia... Non sono una donna di buon cuore?

Tibor                             - (furibondo) Ilona, questa è una mal­vagità troppo spudorata!

Ilona                             - Ora scappo in fretta alla pasticceria. Non so proprio che scusa trovare al mio fidan­zalo... (Sulla soglia piena di cattiveria spa­valda) Quando leggerete l'annunzio del mio matrimonio, potrete farvi vedere... Gli amici di casa potranno venire tutti i giorni dalle 6 alle 8!

Tibor                                        - Strega!

 Ilona                            - (si rannicchia, come se temesse d'es­sere picchiata. La corda si spezza d'un tratto; la tensione dell'anima cede. La donna è stupita, rasserenata, commossa. Ritorna, si avvicina umile a Tibor e lo guarda sorridente).

Tibor                             - (si vergogna della sua brutalità; mor­mora confuso) Ma voi provocate, voi fate d'un uomo!... C'è da impazzire!

Ilona                             - (un po' commossa; sincera e con dol­cezza) Noi ci tormentiamo l'un l'altro; e ne soffriamo. E' proprio una cosa insensata. Al­meno nella morte si dovrebbe andare d'ac­cordo. Debbo confessarvelo: anch'io sono già morta, non sono più che il mio fantasma... L'incontrarsi nei vecchi luoghi già cari è ter­ribilmente triste... Non ci mancano che le scar-pette di antilope bianca... Di che cosa parlano i fantasmi quando si trovano all'ora degli spi­riti? Certo della vita; qual'è stata, quale avrebbe potuto essere... (Afferra a un tratto un'idea) Vi prego, sedetevi! Là, nella vostra poltrona! (Tibor è in piedi vicino alla pol­trona; non si siede, ma fissa Ilona, che è ani­mata, e si toglie il cappello) Fino al canto del gallo siamo liberi; faremo come se vivessimo ancora; è il giuoco prediletto degli spiriti. Io sono la padrona di casa e voi - voi         - siete il mio amico... Paolo si è chiuso nella biblioteca; fino all'ora di cena è invisibile... Scusate, da­temi una di quelle vostre sigarette egiziane-.. (Tibor le da la sigaretta e gliela accende) Noi chiacchieriamo... Possiamo permetterci d'es­sere sinceri come non siamo mai stati in vita... Io, almeno, sento in me il bisogno di una sin­cerità mostruosa... Voi ora potreste sapere tutto da me, perfino le cose che una donna non ha mai rivelate nemmeno a se stessa. Però prima una domanda: a che punto è la relazione con la vostra piccola Riki? (Pausa) Non volete rispondere? Bene. (Ride) So già tutto lo stesso. Si è sposata. Le avete comperato un marito. Quella brava ragazza mi era tanto- simpatica. Già, perché mi somigliava tanto... (Tibor ha un moto di sorpresa) Vi stupisce che io- sappia di questa somiglianzà? Già; noi donne ne sap­piamo sempre di più di quanto voi non cre­diate... Molto di più, ne sappiamo... Riki mi somigliava e coltivava questa somiglianza... Si faceva persino vestire dalla mia sarta...

Tibor                             - (si siede; è un po' impacciato) Si tratterà al massimo di una vaghissima rassomiglianza... anche il cigno e l'oca si rassomi­gliano, in fin dei conti...

Ilona                             - (piacevolmente sorpresa) Ah? Grazie per il cigno! Ad ogni modo il mio candido manto da cigno l'ho mal conciato.., «Il cigno nel carbone ». Ma perché la povera Riki è ca­duta in disgrazia? Quella era certo un'oca in­censurabile.

Tibor                             - Vi prego, lasciate andare...

Ilona                             - (soffia il fumo verso il soffitto) Sen­tite: non bisognerebbe mai trattare con un uomo che ha un'amante...

Tibor                             - (con ironia velata) Dio, questa mo­ralità intransigente!

Ilona                             - No, caro amico; qui non si tratta di morale... ma di tutt'altro... Noi giochiamo con probabilità ineguali. Voi siete tutti falsi giocatori! Noi donne mettiamo sulle carte il cuore, il sangue, i nervi... La nostra ignoranza della vita, il nostro prepotente bisogno di vi­vere... tutto è in gioco! Voi uomini invece gio­cate solo col cervello. La partita è troppo ine­guale... Non è proprio da meravigliarsi se poi voi ci depredate a vostro agio... Se Riki, che mi somiglia tanto, non fosse stato « d'atout » nel falso gioco, allora... allora... (Esita, poi de­cisa) Sì, allora mi avreste sposata.

Tibor                             - (molto sbalordito) Cosa avrei fatto?

Ilona                             - Sposata, mi avreste.

Tibor                             - Sposata... io... voi? Permettete... quando vi conobbi... eravate bene... sì, allora eravate già fidanzata al mio più caro amico!

Ilona                             - (annuisce, come in sogno) Sei anni fa, è stato, una sera di estate, 23 luglio, all'I­sola Margherita... Paolo vi aveva dato appunta­mento alle rovine del convento, per presentarvi a me... Io ero una ragazza di vent'anni... Avevo un abito bianco... Ah, voi non saprete mai che palpito, che gioia, sotto la mia blouse di fou­lard! Quando ci lasciammo, là al ponticello, avreste potuto dirmi soltanto (sussurrando ar­dentemente); « Vieni via! », e io, ve lo giuro, avrei lasciato Paolo a sedere e la zia Caterina in piedi, e vi avrei seguito.

Tibor                             - Seguito... Sì, e dove?

Ilona                             - Questo non ve lo avrei chiesto dav­vero! Incredibile, vero? A un primo incontro non è mai successa urla cosa simile... Ma sa­pete anche perché? Soltanto perché nessun uomo ha ancora avuto il coraggio di dire a una ragazza di famiglia: «Vieni con me! ». Voi uomini siete proprio tanto vili. Il vostro coraggio... già, il vostro coraggio, anche quello lo lasciate da Riki... Ebbene, voi non mi chia­maste, ma io vi seguii lo stesso e divenni vo­stra moglie.

Tibor                             - Cosa diventaste?

 Ilona                            - Vostra moglie! Non vi accorgeste affatto d'essere voi mio marito? Me l'aspettavo. Per cinque anni, sono stata vostra, fedele. Tutto ciò ch'era mio, era in vostro possesso. Tutto ciò che v'era in me, buono e cattivo... Soltanto la mia bellezza, no... Voi vi contentaste della copia. Riki! Può essere stato più comodo, questo; però siate un po' sincero! Onesto non lo era! Voi venivate ogni sera... ricordate ancora lenostre serate?

Tibor                             - (accenna di sì commosso).

Ilona                             - Passavo delle ore dinanzi allo specchio. Volevo essere bella (Ride) Ricordate le nostre battaglie?

Tibor                             - (accenna di sì).

Ilona                             - La vostra flemma mi rendeva furiosa... Vi ricoprivo di sarcasmi ed ero così felice quando potevo colpirvi con una frecciata cattiva! Alle undici ve ne andavate... Noi vi accompagnavamo al cancello... E quando tornavamo indietro, Paolo e io, nella casa illuminata, vuota, allora mi sentivo- il cuore strettoi e mi pareva così strano! Mio marito se t'era andato e il mio amico Paolo era rimasto! (In tono diverso) Ecco, vedete? Io ho il coraggio di dir tutto.

Tibor                                        - Giacché avete questo coraggio, dite, allora perché avete tradito Paolo?

Ilona                             - Paolo? Ma cosa c'entra quel brav'uomo in tutto questo? Se io avessi tradito qualcuno, quello sareste voi. E se qualcuno lo avesse meritato, voi lo avreste meritato. (lo guarda in pieno viso, erompe in una risata; ride per nascondere le lacrime; alla fine si asciuga gli occhi col fazzoletto).

Tibor                             - (molto irritato con voce calda, oppressa) Perché ridete? Perché ridete?

Ilona                             - Perdonatemi, non è colpa mia. (Fra le lacrime) Ma gli uomini sono così strani.,! così strani... (Piange amaramente. Pausa).

Tibor                             - (come sopra) Perché piangete? Do­vete dirlo, non dovete vergognarvi; non siamo che ombre!

Ilona                                         - Penso. No! Anche le ombre non potrebbero che sussurrarselo piano, molto piano, all'orecchio.

Tibor                             - (le si avvicina) Sussurratemelo al- i l'orecchio!

Ilona                                         - (gli prende la mano) Più vicino! (Piano) Voi mi parlate come se veramente fossi l'ombra della vostra bisnonna... E non ho che ventisei anni, io! Ventisei anni! E se voi nonio sapete, io debbo confessarvelo: nelle mie vene pulsa la vita e il cuore palpita...

Tibor                             - (le cade dinanzi in ginocchio, l'ab­braccia, insieme con la sedia su cui ella è se­duto).

Ilona                      - ...credo che palpiti forte.. (Attira il capo di lui sul suo petto, a sinistra) Sentite?

Tibor                             - (piano, con voce tremante) Batte forte...

Ilona                             - (gli posa la mono sulla bocca. Parla sommesso, a tratti, come a un bambino) Ora taci. Io so già quello che pensi.. So anche cosa vuoi... Me, vuoi! Non è vero? (Pausa) Ma amico adorato, non c'è nulla di più semplice! Quando ero ancora una signora per bene, era il mio sogno più fiero, diventare la tua amante... E dovrei aver degli scrupoli ora, che non ho più nulla da perdere? (Con tenerezza) Sentite, Tibor, mi viene in mente una piccola idea gra­ziosa! Quattordici mesi fa voi mi deste un pranzo d'addio... Invitaste come ospite la ve­rità. Fu un peccato! Questa sera vi darò io un pranzo di rivincita. Volete? Anch'io invito un ospite; non la verità, no: la vita! La vita, in un manto dorato!

Tibor                             - Tu sei la vita, tu sei tutto, tu sola! (Lo vuoi baciare a forza sulla bocca).

Ilona                             - (gli si sottrae; parla con leggera iro­nia) Dacché la piccola Riki non è più pre­sente, amico, voi giocate senza cervello! Se volessi, potrei ora vincervi tutto, anche la vita. Ma io sono una giocatrice leale; non gioco con la gente ebbra, non giuoco, io! (Si alza).

Tiboe                             - (deluso) Ma cos'avete?

Ilona                      - Anche voi dovete uscire dall'e­brezza! (Incrocia le braccia, guarda in aria) Trilli Barone Trill! Trilli! Trilli

Tibor                             - (pesta il piede a terra, in furia) Che vuoi dire?

Ilona                             - H mezzo è efficace? Tibor, non posso cenare con voi... Né oggi, ne più tardi... Trill si presenterebbe, terzo non chiamato... Lo co­nosco; è un compagno indiscreto. E allora sa­rebbe di nuovo un banchetto dei Nibelungi: intorno alla tavola scorrerebbe il sangue.

Tibor                             - Ma cosa dite? E' lontano, in Ame­rica...

Ilona                             - (con stupore mal simulato) Cosa dite?

Tiboh                            - Ha sposato la vedova Jacquette, la vedova di quel grosso fabbricante di rasoi... Ora anche lui fabbrica rasoi, credo a Boston. Non sapevate?

Ilona                             - Lo sapevo perfettamente. Ma non è del Trill che sta a Boston che ho paura; bensì dell'altro barone che vive nella vostra testa... Non voglio più incontrarmi, con quello. Vi sono delle cose che non ei possono sopportare una seconda volta.

Tibor                             - (dopo una breve lotta interna) Ecco, Ilona, non lo credo!

Ilona                             - (spalanca gli occhi) Che cosa, non credete?.

Tibok                            - Tutta l'assurda storia con Trill... No, non ci credo... Una donna come voi e quella zucca vuota? Inammissibile! E poi non c'è assolutamente nessuna prova! Il biglietto del tram,, Chàteau Trac? Sciocchezze! Sogni malati di un pazzo: geloso! Ili vostro pellicciaio sta nella Turkenstrasse, si chiama Messinger. Voi in quel giorno siete andata da lui... Ecco! E le scarpe con la guarnizione di antilope? Sì, certo, una donna nell'automobile c'era; ma chi fosse...

Ilona                             - (lo interrompe con dolcezza) Io, ero, amico!

Tibor                             - (con rabbia) Questa è una men­zogna!

Ilona                             - Non siate scortese, Tibor! Ma per­ché dovrei accusarmi di una cosa simile, senza esserne colpevole?

Tibor                             - Chi può comprendervi? Voi eravate irritata con me, e Paolo vi dava fastidio... Vi sono state delle donne che per piccole cose si sono gettate nel Danubio'. Forse anche voi avete voluto finirla in qualche modo. Chi lo sa? E perché oggi continuate ad insistere? Voi siete una natura fiera. Io vi ho offesa, non lo nego: vi ho offesa, e voi siete orgogliosa come un de­monio! Voi pensate all'avvenire... Voi non po­treste provare la vostra innocenza ; non v'è nulla di più difficile che poter dare una prova negativa! E perciò attirate addosso la colpa... Ebbene! Se la passione e l'ardore che sprigio­nate costituiscono il peccato, io non vi sfuggo, non mi difendo più, ma vi grido: vi amo, vi amo, con tutto il peccato, Bona! (Pausa) Ma queste non sono- che parole, parole vuote esenza peso, come piume! Ciò che importa è che - ora ci siamo- ritrovati e che non ci separeremo mai più!

Ilona                             - (assorta, con calma piena di mistero) Come volete, amico! Come credete!

Tibor                             - (la serra fra le braccia, tremante di passione contenuta) Sei mia!

Ilona                             - (come sopra) Lo sono stata sempre, lo sono anche oggi!

Tibor                             - Vieni via di qui!

 Ilona                                       - Ti seguo dove vuoi. (Diventa vivace d'un tratto) Però a una condizione, una sola! (Lo guarda negli occhi) Oggi voglio bere dello Chàteau Irac!

Tibor                             - (trasalisce la guarda fosco).

 Ilona                            - (gli si serrai contro) Devo bere dello Chàteau Irac! Con te!

Tibor                             - (esita; sorride) . Questa dev'essere la mia punizione? (Rabbiosamente) Ebbene….- (La stringe contro di se).

Ilona                             - (si svincola) Il resto me lo direte a tavola... (Si guarda intorno) Non voglio che Paolo ci sorprenda; ora che non è più mio marito! (Sottovoce) Dite, Tibor, e non si potrebbe fare un piccolo viaggio...

Tibor                             - (raggiante) Insieme? Ma certo!

Ilona                             - In, Svizzera... Al ghiacciaio del Rodano...

Tibor                             - (c. s.) Al ghiacciaio del Rodano...

Ilona                             - (imbarazzata, esitante) E non si po­trebbe abitare insieme, fuori?

Tibor                             - Ma sì! Si può!

Ilona                             - Non temete uno scandalo?

Tibor                             - Si può evitare... Prenderò le miei precauzioni... Piccole formalità.

Ilona                             - Sì, c'è una piccola formalità con la quale si può evitare qualsiasi scandalo... (Lo guarda in pieno) Andiamo al Municipio!

Tibor                             - (la fissa sconcertato).

Ilona                             - (maternamente) E' meglio Tibor. Vi conosco e mi conosco. Prima o poi mi sposerete. E' meglio che prendiate vostra moglie per amante, anziché la vostra amante per moglie... Lo debbo anch'io al mio fidanzato!

Tibor                             - Sì, giusto. Il ricco fidanzato! Chi è questo signore?

Ilona                             - II mio fidanzato? Voi, Tibor. Cre­dete che intendessi un altro?

Tibor                             - (la guarda, immoto).

Lisi                                - (entra con Paolo, da destra) Ora, si­gnor Tibor... (Vede i due che stavano per uscire da sinistra; si arresta; squadra alteramente Ilona dalla testai ai piedi).

Ilona                             - (gioviale) Ah, buona sera, caro Paolo!

Paolo                             - (nel più grande imbarazzo, a Lisi) Non vedi? E'Ilona!

Lisi                                - (è d'un tratto ripresa, dall'impressione dei vecchi ricordi; in tono fanciullesco) Buona sera, cara zia Ilona!

FINE