Commedia brillantissima in 3 atti
di Franco Roberto
PERSONAGGI
CAMILLO MOSCHINI
TIZIANA, sua figlia
VALERIA, sua moglie
FABRIZIO SALA
AUGUSTA RASETTI
MICHELE CASTELLANI
GIACOMINO, suo figlio
Oggi.
La scena: Salotto con arredamento modesto, nell'alloggio della famiglia Moschini, alla periferia di una città. Lina porta a destra e un'altra al fondo; finestra a sinistra. Apparecchio telefonico.
LA SCENA È FISSA PER TUTTI GLI ATTI
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CASA EDITRICE SERAFINO MAJOCCHI
Via Meravigli, 7 - 20123 Milano - 196S
PRIMO ATTO
Pomeriggio avanzato di una luminosa giornata estiva. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno,
Valeria (dall'esterno, al fondo). Si accomodi, Fabrizio.
Fabrizio (dall'esterno). Grazie. (Entra dal fondo, seguito da Valeria. È un simpatico, elegante e intelligente giovane sui ventidue anni. Si guarda intorno) Credevo che...
Valeria (interrompe sorridendo). ...ci fosse mio marito? No... Le avrei detto di ritornare più tardi. (Valeria è una bella signora sulla quarantina, giovanile e gentile).
Fabrizio. Non c'è neppure Tìziana?
Valeria. No. Ma è a pochi metri da qui, dall'altra parte del pianerottolo, dove i Rasetti festeggiano la laurea in legge della loro figliuola. (Sorride) Sono sicura che Tiziana starà guardando ripetuta-mente l'orologio. (Guarda il suo) Ecco. Aspettava lei fra otto minuti. Sarà puntualissima, vedrà. Intanto s'accomodi.
Fabrizio (imbarazzato). Ma suo marito, il signor Moschini?
Valeria. Oh, arriverà appena in tempo per la cena. (Lievemente ironica) Capirà... È uscito con il suo carissimo collega e compagno di guerra Michele Castellani. (Sorride) Compagno « di guerra »... Erano tutt'e due imboscati nel magazzino vestiario. Dunque... Si sieda e stia tranquillo. (Siede).
Fabrizio (siede di fronte a Valeria). Lei signora, è molto buona e comprensiva con me, e soprattutto con Tiziana.... sua figlia.
Valeria, La ringrazio di averla chiamata « figlia », e non « figliastra », come sovente me la ricorda mio marito, quando la difendo dai suoi ingiusti rimproveri. Del resto, è forse colpa mia se Tiziana è la figlia della sua prima moglie buon'anima? Ed è una colpa se le voglio bene... forse più che se fosse mia?
Fabrizio. No, signora. Lei ha soltanto dei meriti. Nessuna colpa.
Valeria (amara). Invece una colpa ce l'ho... e gravissima.
Fabrizio. Quale?
Valeria. Di avere sposato un vedovo, cinque anni fa. Eppure... mi sembrava così buono, gentile, solo... Anch'io ero sola, e il futuro mi spaventava. (Sorride) A trentacinque anni una signorina comincia ad essere zitella, poi diventa quasi subito zitellona, eccetera eccetera.
Fabrizio. Dove l'ha conosciuto il signor Moschini?
Valeria (sorride). Ah, sì!... Questo è importante per, voi giovani. Dove ci si è conosciuti, (Sentimentale) Al mare, ai monti, in campagna... Naturalmente con la complicità di una musica dolce o di una luna sbarazzina... No, no. Io ho incontrato l'uomo che sarebbe diventato mio marito nella sala d'attesa dell'ufficio imposte.
Fabrizio (divertito). Originale!...
Valeria. Fastidioso e tutt'altro che romantico, direi. Comunque, parlando di imposte e tasse, Camillo sottolineò che era vedovo da tre anni, e che sarebbe stato lieto di rivedermi.
Fabrizio (istintivamente). Vi siete rivisti?
Valeria (sorride). Bè... Direi di sì, visto che sono qui.
Fabrizio (comprende la gaffe). È vero, mi scusi.
Valeria. Alla fine dell'anno scolastico, cioè sei mesi dopo l'incontro all'ufficio imposte, ho lasciato il mio posto di maestra elementare, e l'ho sposato. Io avrei voluto continuare a insegnare. Ma Camillo preferì che mi dedicassi interamente a Tiziana, che allora aveva quattordici anni.
Fabrizio (fissa Valeria, la quale sfugge allo sguardo e si torce le mani). Signora...
Valeria (con forzata, disinvoltura). Dica.
Fabrizio. Lei... Lei... non è... (Si interrompe).
Valeria (si alza in piedi nervosa). ...felice? (Fabrizio accenna di sì col capo e si alza) Infatti non lo sono. E badi che non mi ero fatta illusioni, no. Io e Camillo non eravamo due ragazzini. Ma un po' più di serenità e di gioia, sì, la speravo. Per i primi tempi Camillo è stato gentile, affettuoso, veramente buono. Poi, chissà perché, invece di essere lieto che io e Tiziana fossimo unite da un profondo e sincero affetto, è diventato ironico, maligno... perfino cattivo e avaro. E allora ha cominciato... (s'interrompe) No. Non è il caso che glielo dica.
Fabrizio (sorride). Ma io lo so.
Valeria (allarmata). Gliel'ha detto Tiziana?
Fabrizio (scrolla negativamente il capo). L'ha saputo mia madre. Proprio per caso, creda... dalla sorella del signor Castellani, il compagno di guerra... Cioè! « Di magazzino vestiario » con il quale è uscito oggi suo marito.
Valeria (colpita). Mi spiace.
Fabrizio. Non ne vale la pena. La sorella del signor Castellani chiacchierava nel negozio del fruttivendolo. Mia madre nemmeno la conosce, ma è stata attenta a cosa diceva soltanto perché, fra l'altro, annunciava il prossimo fidanzamento di suo nipote Giacomino, figlio del signor Castellani, con... con Tiziana,
Valeria. Anche questo!... (orgogliosa) Meglio così. Almeno potremo essere alleati: io, lei e Tiziana. (Fa alcuni passi, pensierosa) Sì, è vero: Camillo ha ventilato il progetto di fidanzamento tra sua figlia e il figlio di Castellani. E proprio da questo sono iniziati i bisticci durante i quali... Visto che lei lo sa, glielo confermo... Ha cominciato a vantare le buone qualità della... « buon'anima dell'altra », Antonietta, la sua prima moglie perita in un naufragio, a confronto dei miei difetti,
Fabrizio (sorride). I suoi difetti, signora? Ma no.
Valeria. Come no? Se vado dalla pettinatrice, sono troppo ambiziosa... Se non ci vado, sono trascurata... Se parlo, ho la lingua lunga... Se taccio, sono una musona... Se rido, sono leggera... Se sto seria, mi dò delle arie... Spirito di contraddizione se discuto, incapace di dare un buon consiglio se acconsento... E in tutte le occasioni: (Rifà il verso di Camillo) "Oh, Antonietta non era così!... Antonietta era un angelo!". Antonietta qua, Antonietta là... (Con un nodo di pianto in gola.) E' mai possibile che io sbagli ogni cosa? Sono stufa!... Sono proprio stufa. (Porta un fazzolettino alla bocca per soffocare uno scoppio di pianto).
Fabrizio. Lo immagino, signora. Tuttavia...
Tiziana. (dall'esterno al fondo grida allegramente). Niente paura. Sono io!... (Entra. È una bella diciannovenne moderna, elegante, ma educata e affettuosa). Ciao a tutti!... Finalmente mi sono liberata dalla nuova avvocatessa!... (Nota che Valeria nasconde il fazzolettino e tenta di apparire sorridente). Cos'è accaduto?
Fabrizio. Nulla, Tiziana. La signora mi ha onorato della sua fiducia, e mi ha raccontato che... Tutte cose che comunque già sapevo. E come le ho sapute te lo spiegherò.
Tiziana. Capisco. (Abbraccia Valeria) Allegra, mamma!... Non avevo detto nulla a Fabrizio, ma sono contenta che l'abbia saputo. Da te o da altri, non importa. Adesso, almeno, siamo tre contro uno. E quell'uno, presto o tardi, dovrà capitolare!
Valeria (con tono di affettuoso rimprovero). Tiziana... È tuo padre,
Tiziana. Lo so. Ma noi combattiamo per il suo bene.
Fabrizio (ironico). Soltanto per il suo?
Tiziana. No, d'accordo. Ma anche per la sua serenità
futura. Valeria (sincera). Però non vorrei che in questo ''combattimento" fosse ferito il ricordo di... Antonietta, la tua vera mamma.
Tiziana. Stai tranquilla. (Amareggiata) D'altronde... io ho pochi ricordi di lei.
Fabrizio. In questo momento sei cattiva, Tiziana.
Tiziana. Purtroppo è la verità. Prima mi ha messa a balia, poi in collegio... Sono stata così poco con lei... Papà mi veniva a trovare sovente, e quando mi salutava piangeva. La mamma, no. Anche a Natale e Pasqua, quando tornavo a casa una decina di giorni, si curava poco di me.
Fabrizio. E durante le vacanze estive?
Tiziana (accenna un sorriso amaro). Mi spedivano in un collegio marino o montano, secondo il consiglio del medico. Il destino ha voluto che soltanto la mamma partecipasse a quella crociera nel Mediterraneo, in cui la nave urtò contro una mina vagante dell'ultima guerra. Se no sarei rimasta completamente sola... (Si avvicina a Valeria, la quale si era appartata) Anche per questo mi sono subito affezionata molto, sinceramente e profondamente, a te. Perché tu mi hai sempre voluta vicina.
Valeria (commossa). Grazie, Tiziana.
(Duplice squillo di campanello esterno. Sussulta) È lui!...
Tiziana (concitata). Se trova qui Fabrizio farà una scenata.
Valeria. Voi due andate di là, (Indica la porta di destra) in salotto. Io lo preparo, poi vi chiamo.
Tiziana. Grazie, mamma,
Fabrizio (avviandosi verso destra con Tiziana). Tenga presente che siamo al quinto piano, e che non potrei uscire dalla finestra. (Sorridono. Fabrizio esce a destra con Tiziana. Altri squilli nervosi di campanello esterno).
Valeria. Eccomi!... (esce dal fondo).
Camillo (dall'esterno). Possibile che ci voglia sempre tanto tempo!...
(Entra dal fondo con Michele e Valeria. Camillo è un quarantacinquenne cordiale e simpatico, dai toni ironici e maligni come tanti avari).
Michele (quarantacinquenne piuttosto obeso e miope, nasconde la propria ipocrisia, avarizia e timidezza con espressioni certe volte, fuori tempo. Stringe la mano a Valeria). Lieto di rivederla, signora. Scusi il disturbo, ma Camillo ha insistito, e...
Camillo (interrompe). Certo che ho insistito!.... E l'ho pure invitato a cena. Ti spiace?
Valeria (imbarazzata). Figurati, ma... Se l'avessi saputo prima... Siamo a fine settimana e non ho molte provviste in frigorifero.
Michele. Niente di male. Tornerò un'altra volta.
Camillo. Eh no!... Due combattenti come noi non si perdono mai di coraggio. Tu, Valeria, portaci l'aperitivo, e noi prepariamo il piano di attacco... alla cena! (Ride, imitato per cortesia da Michele).
Valeria. Subito. (Esce a destra)
Camillo. Dunque, Michele... Mentre io sovrintendo alla preparazione del tavolo, tu fai un salto alla salumeria qui sotto, e compri del salame affettato assortito. Tre o quattro etti. Naturalmente ti rimborserò la spesa.
Michele. Va bene... (Si avvia verso il fondo)
Camillo. Ah!... (Michele si ferma e si rivolge verso Camillo) Mentre sei sotto fai un salto anche in macelleria. Prendi mezzo chilo di carne tritata. Ti ricordi, in guerra, come ci piaceva cruda, condita con olio, aglio e limone? Vai, vai!
Michele. Sì, ma...
Camillo. Pagherò tutto io.
Michele. Va be'... (Si avvia)
Camillo. Ah!... (Michele si ferma come prima) Uscito dalla macelleria, fai un salto anche in pasticceria. Mezzo chilo di amaretti e sfogliate. Capito?
Michele. Veramente...
Camillo. Stai tranquillo. Michele!... Quanto sei diffidente!... Ti ho già detto che offro io.
Michele (rassegnato, si avvia verso il fondo).
Camillo. Ah!...
Michele, (sussulta di nuovo, si ferma e si porta una mano al cuore). Con i tuoi « ah! »mi fai venire il cardiopalmo.
Camillo. Di fianco alla pasticceria c'è il tabaccaio. Prendimi una scatola di Nazionali.
Michele (boccheggiante). Pure le sigarette...
Camillo. Sì! « Pure le sigarette ». Ti darò sino all'ultima lira. Anzi, ne hai una?
Michele. Lira?
Camillo. No, Sigaretta.
Michele. Guardo... (Fruga in diverse tasche, escluso il taschino interno della giacca. Ipocrita) No. Sono rimasto senza.
Camillo. Però non hai cercato qui. (Gli estrae dal taschino della giacca una bustina nella quale ci sono due sigarette)
Michele (boccheggiante, sconcertato). Eh già...
Camillo (esamina la bustina ed estrae le due sigarette). Ma tu come le compri le sigarette? A boccate?... Mamma mia, quanto sei tirchio!... E che sono?... (Esamina una sigaretta e fa un'espressione di disgusto) Alfa... Pazienza. (Ne mette una fra le labbra, e offre l'altra) Vuoi?
Michele (sarcastico). Ma perché ti disturbi?... Perché ti rovini?
Camillo. Io sono fatto così. Prendi, prendi.
Michele (prende la sigaretta e la intasca). La tengo per ricordo della tua generosità. (Si avvia verso il fondo).
Camillo. Hai un fiammifero?
Michele (seccato). Sì, Camillo! Io ho anche un fiammifero. (Estrae di tasca una scatola di fiammiferi da cucina e gliela dà) To'!
Camillo (la guarda). Fiammiferi da cucina!,.. Che vergogna. (Ne accende uno) Vai, vai. (Accende la sigaretta)
Michele (ebete, rimane in attesa della restituzione della scatola). Vorrei...
Camillo (intasca la scatola di fiammiferi). Cosa?... Cosa vuoi? Possibile che ti manchi sempre qualcosa? Vai, corri.
Michele (sospira rassegnato, ed esce al fondo).
Camillo (aspira qualche boccata di fumo). Però... Buone queste Alfa!
Valeria (entra da destra, portando un vassoio sul quale ci sono due bicchierini di vermut). Dov'è andato il signor Castellani? (Posa il vassoio sul tavolino).
Camillo (maligno). A fare provviste. Non c'è mai niente in questa casa. (Guarda verso l'alto, come farà tutte le volte che nominerà la prima moglie) Antonietta, invece... Com'era previdente, Antonietta... Quante premure aveva per me e per i miei amici... (sospira) È inutile... Antonietta ce n'era una sola.
Valeria (mortificata) Tu, Camillo, per il vitto misuri il centesimo... Tengo tutti i conti, come vuoi... Quindi capirai che non posso avere tante provviste.
Camillo. Tu!.... Perché non sai amministrare!... Antonietta, invece... Così economica, così premurosa...
Valeria. Scusami. Starò più attenta. Di là... (Indica a destra) ...c'è... c'è...
Camillo. Tiziana, immagino.
Valeria (accenna di sì col capo). ...Con il signor Sala.
Camillo (scatta). Fabrizio?!?...
Valeria. Sì, Te l'avrei detto subito, se...
Camillo (Si è precipitato a spalancare la porta di de-stra. Fra i denti). Prego!... Accomodatevi. (Tiziana e Fabrizio entrano. A Fabrizio) E lei faccia come fosse a casa sua!... Si nasconda dove vuole.
Fabrizio. Non mi nascondevo affatto.
Tiziana. Ti vorrebbe parlare.
Camillo. Io no, perché so già cosa mi vuole dire. Tant'è vero che rispondo subito. No!
Valeria. Scusa, Camillo, se intervengo. Ma ti prego di ragionare.
Camillo. Ragiono anche troppo, io! Infatti penso alla felicità di mia figlia.
Fabrizio. Facendole sposare quel... quel Giacomino, vero?
Camillo. Proprio!
Tiziana. Papà, per favore comprendimi. Io voglio bene a Fabrizio,
Camillo. Ti proibisco di dire simili stupidaggini in mia presenza!... E poi... Non ricordi come andavi d'accordo con Giacomino?
Valeria. Vuoi dire dieci anni fa, quando Tiziana ha trascorso l'estate nella cascina dei Castellani, mentre tu e Antonietta eravate in viaggio all'estero?
Camillo. Esatto. Con Antonietta era un piacere viaggiare... Prima di partire si documentava su tutte le opere d'arte da vedere nella città che avremmo visitato... Antonietta era una donna intelligente, colta e sensibile.
Fabrizio (ironico). Riprendiamo il discorso su Giacomino.
Camillo. Come vuole, giovanotto. Ma non creda di guadagnarci. Giacomino è il figlio unico dei mio compagno di guerra Michele Castellani, che era qui un momento fa, e che tornerà. Michele rimase vedovo sei anni fa... (Maligno) Ma lui non ha avuto la « buona idea » di risposarsi. Ha sistemato il figlio Giacomino in collegio... In un famoso collegio inglese, per intenderci... Adesso Giacomino ha vent'anni... (A Tiziana, con tono affettuoso) Anch'io sono dieci anni che non lo vedo. Ma Michele mi ha sempre informato sull'ottimo andamento degli studi. E dice che Giacomino si è fatto un bel giovanotto elegante, moderno, simpaticissimo. Comunque... domani lo vedremo,
Tiziana (allarmata). Domani?
Camillo. Sì, cara. Arriva domattina alla Stazione Centrale. Michele mi ha promesso che va ad aspettarlo al treno, e poi lo conduce subito qui, da noi. (Con un sorriso) Da te.
Fabrizio. Ci sarò anch'io!
Camillo. Si sbaglia!
Tiziana (con il pianto in gola). Non voglio neppure vederlo.
Camillo (si frena, a denti stretti). Ne riparleremo, Tiziana. (A Valeria) Accompagnala nella sua stanza. Io scambio altre due parole con questo « signore ».
Valeria. (a Tiziana). Andiamo?
Tiziana (a Camillo). Se lo vuoi tu?...
Camillo (c.s). Lo voglio. Per piacere.
Tiziana (rimane un istante immobile a guardare Camillo, Fabrizio e Valeria, poi di scatto abbraccia Fabrizio, gli dà un bacio sopra una guancia, ed esce al fondo, seguita da Valeria).
Camillo (c.s.). Ma bene... Benissimo... Addirittura dinanzi ai miei occhi, eh?
Fabrizio (sconcertato, passandosi una mano sopra la guancia). Io... Ho lasciato fare, io.
Camillo (sottovoce, concitato). Bella scusa!... Lei non deve più rivedere mia figlia! Glielo proibisco nel modo più assoluto. In caso contrario lo denuncio. (Stupore d Fabrizio) Sissignore! Tiziana è ancora minorenne. Quindi... Chiaro?
Fabrizio. Le mie intenzioni sono serie.
Camillo. Anche le mie! Ed ora... (Indica la porta di fondo) ...quella è la porta.
Fabrizio. Assuma informazioni mie e della mia famiglia. Vedrà che...
Camillo (interrompe). Nulla!... Non mi interessa né lei: né la sua famiglia. Se ne vada.
Fabrizio. Aspetti.
Camillo. Sparisca.
Fabrizio. Come vuole! (Si avvia deciso verso il fondo, e sulla soglia della porta si scontra con Michele).
Michele (al quale volano in aria e per terra tutti i pacchetti che teneva in mano, escluso uno). Guardi dove va!
Fabrizio (si ferma di fronte a Michele). È lei il padre di Giacomino?
Michele (lusingato). Sì, sono io.
Fabrizio. Congratulazioni. (Gli toglie lentamente datale dita l'unico pacchetto che Michele è riuscito a trattenere, lo getta verso l'alto ed esce).
Michele (sconcertato). È matto?
Camillo. Quasi. (Raccolgono i pacchetti sparsi per terra) Ma tu perché non hai suonato il campanello?
Michele. Per non disturbare avevo lasciato la porta socchiusa.
Camillo. Comprato tutto?
Michele. Certo. (Estrae di tasca e porge a Camillo alcuni foglietti) Ecco i conti.
Camillo (li respinge, con evidente disappunto di Michele). Dopo, dopo... Tu pensi solamente al denaro. (Rivolto al fondo, chiama) Valeria!... (a Michele) E le sigarette?
Michele (evasivo). Ci sono, ci sono...
Camillo. Dove sono?
Michele. Qui. (Indica una tasca della sua giacca).
Camillo. Dammele.
Michele. Quando regolerai il conto.
Camillo. Sai cosa sei, tu?
Michele. Un uomo prudente.
Camillo. Sei un... un... (non prosegue, perché Valeria entra dal fondo).
Valeria. Dimmi.
Camillo (indica i pacchetti). Prendi questa roba, prepara la tavola, e chiamaci quando è tutto pronto. (Squillo di campanello esterno) Vai tu?
Valeria. Sì. (Esce dal fondo).
Camillo (sospira). Eh... le donne. Devo riconoscere che tu sei stato veramente più... «prudente» di me, per non dire «furbo».
Michele. Perché?
Camillo. Perché dopo avere perso quell'angelo...
Michele (interrompe, sorpreso). Quale angelo?
Camillo. Tua moglie buon'anima... Ah, io la ricordo perfettamente. Ti trattava sempre con premura, delicatezza, amore, gentilezza. Era la tua schiava.
Michele. In presenza d'altri. Ma in casa lo schiavo ero io.
Camillo. E con ciò? (Ipocrita) Certe volte è un piacere essere schiavi.
Michele (sincero). Per me non lo era. Sai, parlandone come fosse viva, eh?... Era bisbetica, nervosa, prepotente.
Camillo. Non vorrai mica dirmi che sei contento che?... (Fa il gesto, come per dire: «Sia volata in cielo »).
Michele (sincero). Oh, no. Questo assolutamente e sinceramente no. Anche fra i bisticci e le scenate si tirava avanti. Però... (Si interrompe, perché dal fondo entra Valeria).
Valeria (tenendo fra le mani un telegramma che porge a Camillo). Un telegramma,
Camillo (impressionato, ritrae la mano che aveva istintivamente teso per prenderlo) Pe-pe... Per chi?
Valeria. Per te.
Camillo (fa una risatina nervosa, per perdere tempo). Per me?
Valeria. È indirizzato: (legge) « Meschini Camillo ».
Camillo (c.s.). Eh già... È proprio per me. (E non lo prende).
Michele. Hai paura di qualche brutta notizia?
Camillo(c.s.) No, ma... Un telegramma è sempre un telegramma. (Lo fissa fra le mani di Valeria, poi scrolla le spalle e lo prende) Che stupido sono!... Di che ho paura? (Lo rigira fra le mani).
Valeria. Allora aprilo.
Camillo. Senz'altro. Immediatamente. (Se è seduto si alza in piedi e fa l'atto di aprirlo con decisione, poi rinuncia e lo apre con estrema cautela. Lo di-stende, legge il contenuto, poi fissa, nel vuoto con espressione terrorizzata, quindi ebete strabuzza gli occhi e cade pesantemente a sedere).
Valeria (allunga una mano per prendere il telegramma a Camillo).
Camillo (lo piega in fretta e balza in piedi). No! Non è una cosa che ti interessa,
Valeria. Scusa,. Camillo, ma vorrei soltanto...
Camillo ( interrompe, violento). Ho detto no! Anzi, va a fare due passi.
Valeria (sorpresa, indica i pacchetti). Devo preparare la cena.
Camillo. Non importa. Mangeremo più tardi.
Valeria (rassegnata si avvia verso il fondo).
Camillo. E porta Tiziana con te.
Valeria. Per quale motivo?
Camillo. Lo voglio io! Va'! Andate via subito. Senza passare a salutarci. Svelte!
Valeria.. Come vuoi. (Esce al fondo)..
Michele (si avvicina a Camillo). Di che cosa si tratta?
Camillo. Ssst!... (Concitato) Ti ricordi quelle bombe che sentivamo scoppiare in guerra?
Michele (impressionato, sottovoce). Sì ma molto lontane.
Camillo. Non erano nulla a confronto di questo. (Indica il telegramma). Te la immagini una bomba all'idrogeno?
Michele (c.s.) Sì... con la fantasia.
Camillo (scrolla negativamente il capo). ...nulla a confronto di... (Indica il telegramma).
Michele (indietreggia impaurito, fissando il telegramma)... Io me ne vado.
Camillo (lo trattiene per un braccio). Invece no! È tuo dovere starmi vicino, come quando eravamo in combattimento.
Michele (continua ironico). ...nel magazzino vestiario contro le pulci.
Camillo. Ssst!... (Tende l'orecchio verso il fondo, poi va a vedere oltre la porta. Quindi ritorna al centro) Se ne sono andate. (Con tono solenne) Michele Castellani.
Michele (meccanicamente). Assente. Cioè! Presente.
Camillo (gli porge il telegramma). Leggi e non morire di spavento.
Michele (che aveva allungato una mano verso il telegramma, la ritira). E io non lo leggo,
Camillo. Non fare il bambino.
Michele (dispettoso). Del tuo telegramma me ne importa ...un fico secco! Piuttosto pagami il tuo debito per questa roba (Indica i pacchetti) e te la mangi tutta.
Camillo. Sarebbe comodo, eh?... Invece devi rimanere se sei un amico. Magari avaro, tirchio e taccagno, ma un amico.
Michele (sbuffa). È il colmo!... Ad ogni modo, considerato che non posso fare a meno di ascoltare, leggi quel telegramma e non se ne parli più.
Camillo. Stai attento, (legge, quasi sillabando) «notizia mia morte erronea stop ricoverata otto anni senza memoria in ospedale egiziano stop ritorno a te pentita affettuosa et ammalata stop sbarcata ieri a genova stop dopo esami clinici parto domani stop tua antonietta», (Si abbandona a sedere).
Michele (assente). Chi è Antonietta?
Camillo. La mia prima moglie.
Michele (distratto). Ah, bene... Sono contento che la tua prima mo... (Cade a sedere) Cooosaaa?!?...
Camillo (si alza in piedi, barcollante). Capisci, Michele?... Dopo il naufragio è stata raccolta da una nave, e... (Consulta il telegramma) ... «ricoverata otto anni senza memoria in ospedale egiziano».
Michele (borbotta). Fra le mummie.
Camillo. «ritorno pentita... affettuosa... et ammalata». Questo è il guaio. Anche ammalata, ritorna. E certamente malata qui. (Sibatte sulla fronte).
Michele Però «affettuosa».
Camillo. ...e « pentita ». (scatta) Ma non basta essere pentita!
Michele (balza in piedi, spaventato da un'idea im-provvisa). Camillo!
Camillo (sussulta) Acc... Mi spaventi.
Michele (lo indica e arretra). Tu sei... bigamo!
Camillo (sorpreso). È vero: ho due mogli, quindi sono bigamo. E con ciò?
Michele. Tu finisci in galera.
Camillo (smarrito). In ga-ga... ga-galera?
Michele. Senza dubbio. La bigamia è un reato.
Camillo (meccanicamente). Impossibile.
Michele. Sicuro. Chiedilo a un avvocato.
Camillo (deciso). Giusto, Consulterò un legale. Però...
Michele. Però...
Camillo. Dovrò pagargli il disturbo.
Michele. Altro che disturbo!... Tu, di un avvocato, ne avrai bisogno per un pezzo.
Camillo. Pe-pe... Pe-perché?
Michele. Sotto processo finirai quant'è vero che mi chiamo Michele. E la colpa è tua!
Camillo. Mia?
Michele. Tutta, sì. Prendi me. ad esempio... A parte il fatto che non mi sono risposato, la buon'anima di mia moglie l'ho proprio vista... (Fa gesti, come per dire: «Nella tomba, sotterrata») Tu, al contrario, ti sei accontentato di una dichiarazione dì morte in un naufragio.
Camillo. Ma ho atteso tre anni. E mi pare che...
Michele (interrompe). Niente!... Dovevi prima assicurarti che la tua, come la mia... (Ripete i gesti di prima).
Camillo (ironico). Sì, in mezzo al Mediterraneo, dovevo assicurarmi che Antonietta... (Rifà i gesti di Michele) Non dire sciocchezze! (Fa qualche passo, pensieroso, poi sorride) Trovato!
Michele. Cosa?
Camillo. Il modo per risparmiare la spesa dell'avvocato. Almeno per avere un consiglio. Aspetta. (Si avvia verso il fondo).
Michele. Dove vai?
Camillo. Soltanto sul pianerottolo, a chiamare la signorina Rasetti, laureata fresca in legge.
Michele. Io non c'entro. Lasciami andare.
Camillo. No. Tu rimani. Se no tutta quella roba (Indica i pacchetti) la paghi tu. Toro subito. (Esce al fondo).
Michele (indispettito, sbuffa). Uff!... (Nervoso, estrae di tasca un pacchetto di sigarette Nazionali, ne estrae una, la misura con le dita, la rompe, in tre parti. Ne ripone due nel pacchetto. Tira fuori dal taschino un bocchino, infila la terza parte e l'accende, aspirando con soddisfazione un paio di boccate).
Camillo (dall'esterno, al fondo). S'accomodi, avvocatessa... C'è solo un mio amico.
Augusta (entra dal fondo, seguita da Camillo. È una ragazza sui ventiquattro anni, piuttosto sbiadita, con occhiali).
Camillo ((a le presentazioni). L'avvocatessa Augusta Rasetti, che io ho visto piccola così... (Indica l'al-tezza di una bimba di sette anni) Il signor Michele Castellani, mio collega d'ufficio, ma soprattutto compagno di guerra. (I due si stringono la mano) Prego, s'accomodi. (Augusta e Camillo siedono. A Michele) Anche tu. (Michele, rassegnato, siede. Ad Augusta) Scusi se mi sono permesso di disturbarla.
Augusta. S'immagini.
Camillo. Vorrei chiederle un'opinione... diciamo «professionale».
Augusta. Se posso esserle utile?...
Camillo. Lo può. Certamente. E mi permetta di invocare su questo colloquio il più assoluto e rigoroso segreto.
Augusta. Fa parte del mio dovere.
Camillo. Brava, grazie. Dunque... (Lancia un'occhiata d'intesa a Michele) ...« un mio amico carissimo », per cause che non sto a spiegarle, ha due mogli.
Augusta. È grave.
Camillo (impressionato). Da-da... Da-davvero?
Augusta. Purtroppo sì. Mi lasci pensare... (Si concentra).
Camillo. Faccia pure. (Attende con ansia).
Augusta (dopo lunga pausa, durante la quale ha fatto conti sulle dita, e altri gesti per mettere a fuoco il pensiero, borbottando «Bigamia, bigamia, bigamia...», dice). Eh sì... Articolo 556 del « Ci.Pi ».
Camillo. Ci-ci... Ci-cipi?
Augusta. Ssst!... «Ci.Pi.» significa «Codice Penale». (Pensa un po', quindi dice meccanicamente) « Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni ».
Camillo (boccheggiante). Re-re... Re-reclusione?
Augusta (accenna di si col capo). ...da uno a cinque anni. Ma non è tutto.
Camillo. Ne ho già da vendere.
Augusta. Quel suo amico... e bigamo, avrà pure avuto un testimone al primo e al secondo matrimonio.
Camillo. In entrambi i matrimoni, quel « mio amico carissimo » ha avuto per testimonio lui... (Indica Michele).
Augusta. Addirittura la stessa persona. Sempre più grave.
Michele (sconcertato, ad Augusta). Ah, perché ce n'è anche per i testimoni?
Augusta. Eccome. (Si concentra come prima) Articolo 372 del « Ci.Pi. ».
Camillo (maligno, «Ci.Pi. »anche per te!
Augusta. Ssst!... Non ricordo alla lettera, ma la sostanza è che «Chiunque afferma il falso, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è chiamato a testimoniare, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Michele (boccheggiante). Da sei anni a tre mesi?
Augusta. No. Da sei mesi a tre anni. Comunque sempre reclusione è. (Osserva i due che si guardano smarriti, poi si alza in piedi) Se non vogliono altro?...
Camillo. S'immagini... Più di così!... (Si alza in piedi e le stringe la mano) Le sono molto grato. Prego. (Indica la porta di fondo).
Augusta. Buona sera. (Si avvia verso il fondo, poi si ferma e si rivolge a Michele, che è assorto in tristi pensieri) Anche a lei.
Michele (sussulta). Ah, sì!... Anche a me, tre anni,
Camillo (fra i denti). L'avvocatessa ti saluta.
Michele (si alza in piedi). Ah, sì... Buongiorno signorinessa... Cioè! Avvocatina. Pardon! Signorina avvocatessa.
Augusta (sorride). Stia bene. (Ed esce al fondo, seguita da Camillo).
Michele. È una parola!... (Borbotta) Povero me!... (Disperato) Ma perché ho fatto da testimone?!?... E due volte, per giunta! (Vede i due bicchierini di vermut, e li beve uno dopo l'altro, avidamente) Per farmi coraggio.
Camillo (appare al fondo con espressione ebete. Si avvicina a Michele, e con un nodo di pianto in go-la distende il braccio destro verso il basso, con le dita della mano aperte) Cinque per me.
Michele (distende il braccio destro come Camillo, con tre dita aperte). Tre per me. (Entrambi, con tono piagnucoloso e monotono, tirando avanti e in-dietro il braccio, quasi come chi gioca alla morrà, ripetono diverse volte, alzando gradatamente la voce, sino a urlare).
Camillo. Cinque.
Michele, Tre.
Valeria e Tiziana, al culmine dei «cinque» e «tre» di Camillo e Michele, appaiono alla porta di fondo)
Tiziana (sorpresa). Papà!... Signor Castellani!... Cosa fate?
Michele (istintivamente). Andiamo in galera.
Camillo. Giochiamo alla morra!... Non vedete?... Forza, Michele!... (Come prima a voce normale) Cinque! Cinque! Dai!
Michele (rassegnato, sia al gioco). Tre! Tre!
(E così continuano, osservati con stupore dalle due donne, mentre il sipario si chiude velocissimo).
FINE DEL PRIMO ATTO
SECONDO ATTO
Stessa scena del primo atto. L'indomani mattina. verso le undici. È domenica. All'aprirsi del sipario non c'è alcuno in scena.
Tiziana, Valeria e Camillo entrano dal fondo. Ritornano da Messa. Camillo è mogio, stanco e nervoso. Egli tiene infilato in tasca un giornale quotidiano. Tiziana e Valeria lo guardano di sottecchi, evidentemente stupite del suo comportamento.
Camillo (si avvia verso destra, poi si ferma e si volge, alle donne). Ah!... Se suonano alla porta, vado io ad aprire.
Valeria. Perché?
Camillo. Perché... Perché così! Non si sa mai.
Tiziana (ironica). Hai paura dei ladri alle undici di mattina?
Camillo. No, ma... « Chiunque sia »voglio vederlo, o... « vederla » per primo,
Valeria. Aspetti qualcuno, o... qualcuna?
Camillo (confuso). Sì. No. Non lo so.
Valeria. Bella risposta.
Tiziana (affettuosa). Papà... Non ti senti bene?
Camillo. Benissimo, mi sento.
Valeria. Stanotte, però, non hai dormito. Ti ho sentito camminare avanti e indietro, qui, sino all'alba.
Camillo. Dovevi voltarti dall'altra parte, affondare la testa nel cuscino, e... voilà! (Pron. « vualà »). Dormivi come una talpa.
Tiziana. In chiesa, a Messa, avevi un'espressione stralunata, quasi spaventata.
Camillo. Volevi che ridessi e facessi le capriole durante la predica?
Tiziana. Certamente no,
Camillo. E allora lasciatemi in pace! (Sìavvia).
Valeria. Per quale motivo, con il giornale, hai comprato l'orario ferroviario?
Camillo (seccato, estrae di tasca il giornale, e dall'interno di esso l'orario ferroviario). Eccolo!... Non mi direte, spero, che è un romanzo a fumetti!... Mi sorvegliate, eh?
Tiziana, Al contrario, papà... Sei tu che ti fai notare, quando vuoi fare il misterioso.
Camillo. Macché misterioso!
Valeria. Hai intenzione di compiere un viaggio?... Da solo, forse?
Camillo (sbotta). No. No-ooo... C'è chi si diverte a leggere romanzi gialli... Io mi diverto a leggere l'orario ferroviario. (Lo guarda con preoccupazione) E vi assicuro che in certe occasioni fa più paura questo. (Esce a destra).
Valeria (sospira). Mah!... Confesso che non capisco.
Tiziana (triste). Io sì. Ieri ha detto che stamani, alla Stazione Centrale, arriva Giacomino, il figlio del signor Castellani, Vorrà vedere l'ora del treno.
Valeria. Hai ragione, Tiziana. E vuole riceverlo personalmente, perché teme una nostra eventuale reazione.
Camillo (entra da destra, agitatissimo, con l'orario ferroviario in mano) Che ora è? Il mio orologio si è fermato.
Valeria, (consulta il suo). Le undici.
Camillo (incalzante). Esatte?
Valeria. Credo di sì, ma...
Camillo (interrompe). L'ora esatta!... È possibile, in questa casa, avere l'ora esatta?
Tiziana. Chiedila al... (indica l'apparecchio telefonico)
Camillo. Buona idea! (Si lancia verso l'apparecchio solleva il ricevitore, sta per comporre il numero. Esita) Mi costerà diversi scatti.
Tiziana (ironica). Allora accontentati del suo (indica Valeria) segnale orario. (Indica il proprio orologio) Sul mio non garantisco mai.
Camillo. Pazienza. (Compone un numero di due cifre, poi ripete meccanicamente) « Ore undici e tre minuti... Ore undici e tre minuti... Ore undici e tre minuti ». Ho capito! (Posa il ricevitore, e mettendo a posto l'orologio esce a destra).
Valeria (stupita come Tiziana). Cosa gli sta capitando?
Tiziana. Secondo me ha combinato qualche guaio, in ufficio, con il suo collega e compagno di guerra Michele Castellani. Non hai notato come si sono comportati ieri sera?
Valeria. È vero. Prima il gioco della morra, nel quale urlavano sempre gli stessi numeri: Camillo ilcinque e Castellani il tre.
Tiziana. Poi a tavola, quando Castellani ha borbottato a papà: «Se non mi paghi spiffero tutto».
Valeria. Scherzava.
Tiziana. Forse. Tuttavia papà ha pagato immediatamente, gli ha restituito una scatola di fiammiferi, e gli ha offerto alcune sigarette. Evidentemente aveva paura che Castellani «spifferasse tutto».
Valeria. Che significa «tutto»?
Tiziana. Qui comincia il mistero. Comunque deve trattarsi di cose che né io né te dobbiamo sapere.
(Squillo di campanello esterno).
Camillo (subito, spalanca violentemente la porta di destra, urlando). È lei! (Si ferma, stravolto e ansante, portandosi una mano al petto all'altezza del cuore).
Valeria. «Lei» chi? (Si avvia verso il fondo).
Camillo. No!... (Valeria si ferma) Apro io. (Esce dal fondo, quasi barcollando. Pausa. Dall'esterno) Come ha osato ritornare in questa casa? (Breve pausa) Sta bene, pazienza. Entri. (Breve pausa. Poi alla porta di fondo appare Fabrizio, seguito da Camillo).
Fabrizio. Buongiorno.
Tiziana e Valeria. Buongiorno.
Valeria (a Camillo). Posso sapere chi è la «lei» che aspetti?
Camillo (confuso, nervoso, evasivo). Lei, lei... Lei è... (Indica Fabrizio) ...è lui! Mica gli dò del «tu»!
Tiziana (sorpresa, a Fabrizio). Papà ti aspettava?
Fabrizio. No.
Camillo. Evviva la sincerità!... E allora perché è venuto?
Fabrizio. Vorrei parlarle.
Camillo. Possibile che lei trascorra le sue giornate pensando soltanto di parlare a me?
Tiziana. Ascoltalo, tiprego.
Valeria. È un bravo ragazzo.
Camillo Chi?... Lui?... Nemmeno lo conosco. (De-iso, a Fabrizio) Come si chiama?
Fabrizio. Sala.
Camillo. Sala?
Fabrizio. Sala.
Camillo. Immagino sia inutile dirle che non ho affatto piacere di averlo conosciuto. Ad ogni modo senta, signor Salotto.
Fabrizio. Sala.
Camillo. Va be'... Con la serenità e la fermezza di un padre le dico che mia figlia non fa per lei.
Tiziana. Perché?
Camillo. Perché a me non piace il signor Tinello.
Fabrizio (frenandosi a stento). Sala.
Camillo. Va be'... Perché per te, cara, ho dei grandi progetti, nei quali non c'entra il signor Solaio.
Fabrizio (fra i denti). Sala.
Camillo. Per me è la stessa cosa. E poi... Per quale motivo si vuole sposare? Dia retta a me, giovanotto: rimanga scapolo.
Tiziana (sorride). E lo dici tu, papà, che ti sei sposato due volte,
Valeria (sorride). Lo hai forse dimenticato?
Camillo. Purtroppo no. E anche se l'avessi dimenticato... (Guarda l'ora e sospira) Che guaio! (A Fabrizio) Insomma, ci lasci in pace.
Fabrizio. Non posso. In ogni caso voglio rimanere calmo e non urtarmi con lei.
Camillo (sarcastico). Urtarsi?!?... Ma fra me e lei c’è già stata una catastrofe, altro che un urto.
Fabrizio (controllandosi a fatica). Ora tolgo ildisturbo.
Camillo. Era ora!
Fabrizio, Però, come vi ho tenuti d'occhio in chiesa, e quindi seguiti sino a qui, mi apposto nel caffè di fronte, e sorveglio ogni vostra mossa, compresa la gente che entra e che esce da questo stabile.
Camillo. Bene!... Avremo la guardia del corpo a gratis!
Fabrizio. La riverisco, signora; ciao, Tiziana; ossequi, signor Meschini. (Valeria fa l'atto di accompagnarlo) No, grazie. Conosco la strada. (Esce dal fondo).
Camillo. La strada?!?... Quello sa pure quanto ho nel portafogli! (Gli urla dietro) Agente «007» da strapazzo!
Valeria. Non esagerare, Camillo.
Camillo. Sei sua complice, eh?
Tiziana. Ma che dici, papà? Fra te e lei c'è una sola differenza: che tu non mi comprendi, mentre...
Camillo (continua). ...mentre lei te le dà tutte vinte. Per farmi dispetto! Soltanto per farmi dispetto. Il peggio è che quando capirete che avevo ragione io... (Si commuove) ...non potrete più dirmelo, perché io... io non ci sarò più.
Valeria (preoccupata). Ti senti male?
Camillo (scrolla negativamente il capo). ...ma entro oggi, forse io sarò... (Squillo di campanello esterno. Camillo sussulta e barcolla) Stavolta è lei!
Valeria. «Lei»chi?
Camillo (boccheggiante). Lei-lei... La seconda. Cioè! La prima. (Altro squillo di campanello esterno).
Tiziana. Vado io. (Esce al fondo. All'esterno) Si accomodi, signor Castellani.
Camillo (con un sospiro di sollievo). Meno male.
Valeria. Che cosa?
Camillo, Che invece di «lei»... è «lui»!
Valeria. Non ti capisco.
Michele (dall'esterno). Lasci la porta socchiusa, per favore. (Entra dal fondo, seguito da Tiziana).
Camillo (preoccupato). Perché la porta socchiusa? Chi deve arrivare?
Michele (con orgoglio). Il mio Giacomino. Si è fermato un momento in strada, per salutare un amico che ha incontrato. Ma sarà qui a momenti.
Tiziana (seccata). Io me ne vado. (Si avvia a destra).
Valeria. Anch'io. (La segue).
Camillo. Ferme tutte! (Le donne obbediscono) Se no dove sta l'educazione? In questa casa no di certo. (Valeria fa segno a Tiziana di rassegnarsi a rimanere. Tiziana, imbronciata, scrolla le spalle e si rifugia in un angolo delta camera) Bene. (A Michele) Come l'hai trovato, tuo figlio?
Michele. Ottimamente, Si è fatto un baldo giovanotto. Rimarrete senza parole. Giacomino è il ritratto della salute e dell'intelligenza. (Si sente, dal fondo, il fracasso di una porta chiusa violentemente. Michele indica il fondo) Eccolo!
Giacomino (appare con un balzo felino nel vano della porta, urlando). Salve, gente! (È un giovane ventenne, tipo capellone, con sgargiante abito «beat» e chitarra a tracolla. Mastica gomma continuamente, rabbiosamente).
(Camillo, Valeria e Tiziana lo fissano con enorme stupore).
Michele. L'avevo detto, io, che sareste rimasti senza parole!
Camillo (borbotta). ...e senza fiato.
Valeria e Tiziana. (dopo lo smarrimento, scoppiano in una schietta risata).
Giacomino. Finalmente qualcuno ride! (Ride anch'egli, avanzando verso le donne) Brave, pupe!
Michele. Giacomino, ho il piacere di presentarti...
Giacomino (interrompe). Macché Giacomino!... Mettiti bene nei cranio, matusa, che sono «Geky». «Ge-ky». Capito, dinosauro?
Michele. Sì, caro. (Presenta) La signora Moschini, il signor Moschini...
Giacomino (prosegue sarcastico, indicando Tiziana). ...e la figlia dei «moschini», che è una «moschina». (Ride) Ma io spruzzo il «D.D.T.» e vi faccio fuori! (Ride. Poi batte una mano forte, sulle spalle di Camillo) Come va, dromedario?
Michele. Simpatico, eh?
Camillo (ironico). Euh!... (A Giacomino, accennando alla bocca che continua vistosamente a masticare) Adesso butti giù il boccone, e sediamoci.
Giacomino. Mica sto ruminando, semifreddo! Mastico gomma. Guarda. (Tira fuori il filo di gomma, oppure (a il palloncino).
Camillo (con un brivido di disgusto). Basta così, la prego.
Giacomino. Cos'è questa storia del «lei»? Dammi del tu, uomo delle caverne! Allora? Ce li facciamo quattro salti? (Fa qualche accordo alla chitarra).
Camillo. Per carità!
Giacomino (a Tiziana). Nemmeno tu, hai voglia di strapazzarti? (Tiziana accenna di no col capo) Puah!... Sei già nonna.
(Squillo di campanello esterno).
Camillo (sussulta). E qui arriva la bisnonna!
Valeria. Apro io. (Esce al fondo. Dall'esterno) Entri pure, signor Fabrizio.
Fabrizio ( entra dal fondo, seguito da Valeria). Buongiorno.
Camillo. Di nuovo lei?!?... Ha scambiato casa mia per un locale pubblico?
Giacomino. Finalmente arriva un trentatré giri! (Abbraccia Fabrizio) Qui si crepa di silenzio. (lo trascina al centro) Vieni in coperta!
Camillo. Un momento!... Vi ricordo che questa è casa mia.
Giacomino. Tienila stretta!
Camillo. Voglio dire che ricevo soltanto chi voglio io. E questo (Indica Fabrizio) non lo voglio vedere.
Michele (a Fabrizio). Il signor Moschini ha ragione. Se ne vada.
Giacomino. Antenato, pensa ai fatti tuoi!
Valeria (a Fabrizio). Abbia pazienza, Fabrizio. Perché è tornato?
Fabrizio (che evidentemente non si lascia sfuggire l'occasione per allontanare Giacomino da Valeria, assume un tono disinvolto, quasi maleducato). Semplice, signora. Ero in strada, davanti al portone...
Camillo (fra i denti). ...di guardia, come al solito.
Fabrizio. Ad un tratto ho visto arrivare, in compagnia del signore (indica Michele), un tipo (indica Giacomino) originale, moderno, allegro ed elegante. Quasi non credevo ai miei occhi. Perciò sono salito a constatare se era venuto qui.
Camillo, Ora l'ha visto. Può andarsene.
Fabrizio, Più che giusto. Peccato, però...
Camillo. Cosa?
Fabrizio. Speravo di portarlo via con me, al «Gatto Giallo».
Giacomino (fa un salto e un urlo di gioia), Ju-ù!... È un Piper?
Fabrizio (accenna di sì col capo), ...quasi. Con un juke-box che gira giorno e notte.
Giacomino, (afferra Fabrizio per un braccio e lo tra-scina verso il fondo). Andiamo allo sprint! Sono stufo di stare in questa camera ardente!
Michele ( implora). Giacomino...
Giacomino. Giacomino non esiste! E Geky se ne va. Arrivederci al pollaio per l'ora del mangime.
(Esce dal fondo, spingendo davanti a sé Fabrizio).
Camillo (stupito, a Michele). Vi rivedrete in un pollaio, all'ora del mangime?!?...
Tiziana (divertita). In gergo «beat» potrebbe significare: «Arrivederci a casa all'ora di colazione».
Valeria. A proposito! Vieni ad aiutarmi, Tiziana. Se no, in «questo pollaio», alla mezza, non è pronto «il mangime». Con permesso. (Sorridendo, esce a destra, con Tiziana).
Michele. «Tiziana Moschini e Giacomino Castellani, oggi sposi», Sarà magnifico!
Camillo (ironico), ...e divertente per gli invitati.
Michele. Hai visto che mio figlio è un giovanotto in gamba?
Camillo. Anche troppo.
Michele. Immagino che sarai entusiasta di averlo per genero?
Camillo (testardo e maligno, reagisce al primo, spontaneo pensiero). Sì! Proprio sì! Perché piuttosto di vedere Tiziana moglie di quell'altro, seccatore e ficcanaso... Sì! La preferisco moglie di un capellone con chitarra!
Michele. Dici bene, Camillo. Tu sei un uomo dalle idee progressiste. Infatti, chi c'è più progressista di te? Hai addirittura due mogli. La prima è arrivata?
Camillo. Ssst!... Parla sottovoce. (Concitato) E non fare domande stupide. Se Antonietta fosse già qui, io e te saremmo già «là», in galera.
Michele (ricorda la situazione, e si dispera). È vero! Per un momento l'avevo dimenticato. (Siede, sospirando) Ah, Camillo, in quale pasticcio mi hai cacciato.
Camillo. Chi l'avrebbe mai pensato?... Io la credevo in bocca ai pesci.
Michele, Però sul telegramma dice che ritorna «pentita».
Camillo (scettico). E tu credi a certi pentimenti per telegrafo? È tutta la notte che ci penso. Ed è strano, sai... Avevo quasi scordato i torti di Antonietta... «Oltre tomba non vive ira nemica»... Ma adesso che vuoi?... Adesso che da un momento all'altro la rivedrò, si risvegliano inme certi ricordi che credevo morti per sempre, con lei... E mi tornano alla mente circostanze, offese, soprusi che... (Sospira) Decisamente era meglio... (S'interrompe e si morde le labbra).
Michele. ...che fosse rimasta con i pesci, dillo pure.
Camillo (è un momento combattuto, poi decide). Ebbene sì. Lo confesso. Ora vivevo abbastanza tranquillo e sereno con la mia Valeria... (Comicamente, convinto) Non è una cattiva donna, Valeria. Anzi, è affezionata, dolce, buona... e soprattutto «fedele». Eppure, riconosciamolo francamente Michele, qualche volta, l'abbiamo maltrattata.
Michele Come sarebbe a dire «l'abbiamo» maltrattata? Tu! Soltanto tu l'hai maltrattata.
Camillo. Tutt'e due, invece! (Michele vorrebbe obiet-tare, ma Camillo continua concitato) Anche tu hai delle colpe verso... (Indica la porta di destra) ...quell'angelo.
Michele. Non è vero!
Camillo. E' verissimo! Quante volte io, per fare un dispetto, per malignità o per calcolo, accusavo Valeria di una mancanza che non aveva commesso, e le esaltavo le «virtù» della buon'anima? Virtù che per la verità la buon'anima non ha mai avuto. E tu? Tu mi davi ragione, e aggiungevi dosi di cattiveria.
Michele. Ma io... Scusa, Camillo... Io ero tuo ospite, sovente seduto alla tua tavola... Mi sembrava che ti facesse piacere... Che fosse mio dovere non contrariarti.
Camillo. Male! Sarebbe stato tuo dovere gettare acqua sul fuoco delle mie ingiustizie. Al contrario tu gettavi olio, petrolio, benzina... dinamite! Vendevi la tua coscienza per un piatto di lenticchie. Vergogna!
Michele. Sta a vedere che adesso la colpa è tutta mia.
Camillo. Tutta, no. Ma una parte di rimorso devi averla pure tu. Del resto, sai come dice il proverbio?
Michele (disorientato). Co-co... Co-come dice?
Camillo (solenne). «Tanto è colpevole il ladro che ruba, quanto il complice che tiene il sacco».
Michele (indignato). Macché complice del sacco del^ ladro!...
Camillo. Ssst!... Non alzare la voce. Ragioniamo cor calma e saggezza.
Michele. Finalmente non dici un'asinata. Bisognerebbe, per prima cosa, parlare più a fondo con quell'avvocatessa. Però dobbiamo dirle la verità, cioè che il bigamo sei tu, e che il testimonio sono io Soltanto così potremo sapere esattamente qual è la nostra posizione, se ci sono scappatoie, eccetera eccetera.
Camillo. Giusto. (Guarda l'ora. Ironico) La «rediviva» ha perduto il treno. Mi sarei stupito del contrario. (Deciso, si alza in piedi) Vado a chiamare l'avvocatessa.
Michele (si alza). Sarebbe più prudente andare da lei.
Camillo. No, perché quelle due (indica la porta di destra), prese come sono in cucina, non verranno e disturbarci. Mentre i genitori dell'avvocatessa potrebbero diventare troppo curiosi, e fare domande che ci metterebbero in imbarazzo. Invece invito la figlia a colazione a nome di mia figlia, per festeggiare la laurea, e al massimo ringrazieranno, Lascia fare a me. (Esce al fondo).
Michele (borbotta). È proprio per avere lasciato fare a te che mi trovo in questo guaio.
Tiziana (entra da destra. Ha indosso un grembiulino da massaia). Dov'è andato mio padre?
Michele (confuso). A fare una passeggiata.
Tiziana (sorpresa). E lei lo aspetta qui?
Michele (c.s.). Sì. Cioè! No. Io ho i reumatismi. Alla gamba destra. (E si massaggia la gamba sinistra).
Tiziana. Quella è la sinistra.
Michele. Eh già!... Sono reumatismi galoppanti. Un po' qui e un po' là. (sorride forzato).
Tiziana (Sorride per compiacenza. Poi indica un mobile). Prendo un pacco di biscotti. (Dall'interno del mobile estrae un pacco di biscotti, e si avvia a destra) Per ornare un dolce. (Si ferma sulla soglia della porta, si volta) Lei, signor Castellani, conti-nua ad aspettare?
Michele (sempre più confuso). Aspetto il tranvai. Cioè! Appena Camillo torna, lo saluto e vado a prendere il tranvai.
Tiziana (sarcastica). Mi saluti Geky! (Esce a destra).
Michele. Senz'altro, signorina. (Sospira e si asciuga il sudore della fronte).
Camillo (dall'esterno al fondo). Prego, avvocatessa.
Angusta (entra dal fondo, seguita da Camillo). Buongiorno.
Michele. Buongiorno, avvocatessa. Piacere di rivederla.
Camillo. S'accomodi, avvocatessa.
Angusta (siede, sorridendo). Signor Moschini, la prego... Mi chiami solamente Augusta, come ha sempre fatto,
Camillo. Grazie. (Siede con Michele) Purtroppo devo di nuovo invocare su questo colloquio il segreto professionale.
Augusta. Stia tranquillo.
Camillo. Bene. Dunque... Ieri sera le ho fatto alcune domande circa la pena che la Legge stabilisce per i bigami. (Indica Michele) Il mio collega e compagno di guerra...
Augusta (interrompe con uno spontaneo sorriso iro-nico, indicando Michele). ...è bigamo? Non l'avrei mai immaginato, un signore così distinto, così serio...
Camillo (interrompe). No, Augusta. Lui è solamente il testimone. (Pausa) Il bigamo, il marito con due mogli... (Si indica e quasi piagnucola) ...sono io.
Augusta (sinceramente sorpresa). Lei?!?...
Camillo (accenna di sì col capo). ... Antonietta, la mia prima moglie, è viva.
Augusta. Viva?!?... Ma non era naufragata?
Camillo. Sì, ma è rimasta a galla. Cioè! È riuscita a salvarsi. (Disperato) Ed ora ritorna, capisce? (Estrae di tasca il telegramma) L'ho ricevuto ieri. Legga. (Glielo dà).
Augusta (legge il telegramma, poi lo restituisce a Camillo, il quale lo intasca). Ebbene? (Convinta, senza ironia) Ho sentito dire sovente dai miei genitori... senza malignità, creda... che lei rimpiange continuamente la suaprima consorte. D'altronde i muri sono sottili, e anche senza volere ascoltare... si sente. Insomma, lei dovrebbe essere contento, addirittura felice. E dovrebbe considerare il ritorno della signora Antonietta come una grazia, come una benedizione.
Camillo (amaro). Sì... Una benedizione che mi manda in galera.
Michele. «Ci» manda. «Ci».
Augusta. Andiamo piano.
Camillo. Andiamo pure piano, ma sempre in galera si va.
Augusta. Eh no, signor Moschini. Il «Ci.Pi.» stabilisce pene per i bigami che hanno operato con inganno. Ma il suo caso è diverso. Lei dimostrerà la sua buona fede, suffragata, ovvero provata, dai documenti che dichiaravano la dipartita, cioè la morte, presunta, della signora Antonietta.
Michele (risollevato). Li hai conservati, spero?
Camillo. Certamente. Tutti.
Augusta. Perciò si tratta di un errore, non imputabile a lei.
Camillo (gradatamente tranquillo e allegro). E' vero!
Augusta. Quindi nessun reato.
Michele. E niente processo. Neppure per il testimone.
Augusta. Naturalmente.
Camillo. Bene! (Si alza in piedi) Sono libero!
Michele (balza in piedi e abbraccia Camillo). Siamo liberi! (Augusta sorride e si alza).
Camillo. Abbraccio pure lei! (Abbraccia Augusta).
Michele. Anch'io! (Fa l'atto di abbracciare Augusta)
Camillo (Lo trattiene). Tu no! (Sospira, felice) Ah, come mi sento leggero, tranquillo, felice. Adesso sì! Sono proprio felice. (Gli sorge un dubbio. Spaventato) Ma... Delle due mogli cosa me ne faccio?
Augusta (sorride). Comprendo... Lei teme di essere costretto a tenerle tutt'e due.
Michele, Sarebbe peggio di qualunque condanna! (Ride di cuore, ma Camillo lo fa smettere, fulminandolo con un'occhiataccia).
Augusta. No no... Il Tribunale dichiarerà nullo, o meglio «non valido», a tutti gli effetti, uno dei due matrimoni.
Camillo (boccheggiante). Qua-qua... Qua-quale?
Augusta. Il secondo. Senz'altro il secondo.
Camillo (c.s). Il se-se... se- secondo?
Augusta. Non ci sono dubbi,
Camillo. Allora... Dovrò separarmi da... da Valeria?
Augusta (in buona fede). ...per tornare a vivere con la sua mai dimenticata Antonietta. Mi permetta di osservare che la Legge le consentirà di riacquistare la moglie che piangeva perduta, e di... diciamo «congedare»quella che non poteva più sopportare.
Camillo (abbattuto). Eh già...
Augusta (lo osserva). Strano, signor Moschini. Ho l'impressione che la soluzione non sia di suo gradimento.
Camillo (indeciso, combattuto). Ecco... Veramente... Io... (Esita; poi si sfoga, concitato) No, Augusta! La prima, Antonietta, io non l'ho mai pianta perduta. Perché gli anni che ho trascorso con lei non glieli auguro neppure a... (Indica Michele) A lui! Ed ora ritorna, eh? (Estrae di tasca il telegramma e ne fa urta pallottola, stringendolo rabbiosamente in pugno) Ritorna «pentita», lei! Per farsi mantenere sino a... alla seconda morte, lei! Una vipera di quella specie! Odiosa, oziosa, vanitosa, orgogliosa, tutta vizi e capricci! Non mi lasciava mai parlare, neppure starnutire!
Augusta. Scusi ma mi pare d'avere capito che lei, alla sua seconda moglie, rinfacciava continuamente le doti, i pregi e la bontà della prima.
Camillo (sinceramente, ma comicamente addolorato). Perché sono un farabutto!... Valeria... Povera e cara Valeria... Come l'ho trattata male!... Ma che volete? La prima mi aveva messo talmente il piede sul collo, che... che appena mi sentiilibero non mi sembrò vero di poter comandare! (Commosso) Oh, ma avrò il mio tremendo castigo, con la perdita di quel... (Indica la porta di destra) ...tesoro, che non ho mai apprezzato quanto meritava, e con l'obbligo di riprendermi quell'avanzo di tempesta (Con un nodo in gola) che nemmeno i delfini, i pescecani e le balene hanno voluto inghiottire!
Augusta. Coraggio, signor Meschini.
Camillo, È una parola. (Comicamente martire, sospira.) Pazienza.. Mi sacrificherò. Perderò Valeria, e rinuncerò ad Antonietta. (Melodrammatico) Vivrò solo, isolato,, con i miei ricordi, con i miei rimorsi...
Michele (continua, col tono di Camillo). ...con tua figlia.
Camillo (sussulta, sconcertato). Mia figlia?!?...
Michele, L'avevi dimenticata? Cosa ne farai di Tiziana? Pure lei rimarrà sola e isolata?
Camillo (abbattuto). Tremendo... Inconcepibile... Catastrofico... Eh sì, perché è già grossa che io resti vedovo con due mogli, ma che mia figlia diventi orfana con due madri è enorme! (Disperato) Sono in un vicolo cieco.
Augusta. Mi spiace, signor Moschini. Comunque, a questo punto, deve sbrigarsela da solo. (Si avvia verso il fondo).
Michele (implora). Non ci lasci, avvocatessa.
Augusta (sorride). Gli avvocati, in certi casi, sono di troppo.
Camillo. Cosa diràai suoi? Io l'avevo invitata a colazione.
Augusta (c.s.). Noi donne abbiamo sempre l'arma segreta: l'emicrania. (Si tasta la frante con una mano. Spiritosa) Uh, che mal di testa, così d'un tratto. Mi scusi con la signora e con Tiziana. Sarà per un'altra volta. Buongiorno. (Esce dal fondo)
Camillo e Michele (disorientati, borbottano). Buongiorno. (Si guardano, ebeti. Fanno qualche passo per la stanza, entrambi soprappensiero. Quando si incontrano al centro, di fronte).
Michele (annuncia con sicurezza). Ho trovato!
Camillo. Cosa?
Michele, La soluzione del problema.
Camillo. Spiegati.
Michele (con importanza). Tu hai una donna di più.
Camillo. Bella scoperta!
Michele (c.s.). Io ti aiuterò a toglierne di mezzo una.
Camillo (ironico). Bella idea! Così, altro che cinque e tre anni, ci daranno l'ergastolo.
Michele. Cos'hai capito? La donna veramente in più, secondo le tue giuste preoccupazioni, non è né Valeria, né Antonietta. È Tiziana. Ebbene, io ti aiuterò a toglierla di mezzo al pasticcio, approvando il suo matrimonio con mio figlio Giacomino,
Camillo. Prima, però, lo mandi dal barbiere, a farsi un bagno... E a, farsi furbo!
Michele (stupito, disorientato). Ma... non ti piace Giacomino?
Camillo (gli rifà il verso). Nemmeno un pochino. (Dispettoso, maligno) To'!... Ho pure fatto la rima.
Michele. Tieni conto che ha studiato in unfamoso collegio inglese.
Camillo. Sì! Ha studiato la maniera per farsi mantenere da te.
Michele. Suona magnificamente la chitarra.
Camillo (ironico). Allora ha l'avvenire assicurato!... Gli concedo immediatamente la mano di mia. figlia. Te li immagini? Lui con la chitarra, lei con il piattino in mano... Potranno farsi una fortuna, cantando nei cortili. (Sbotta) Che prospettiva!
Michele (mogio). Allora non diventeremo parenti?
Camillo. Malgrado tutto, temo di sì. (Maligno) Perché
piuttosto dì vedere la mia Tiziana sposa di quell'altro invadente e presuntuoso giovanotto... Mi pare che si chiami Fabrizio Sottoscala... Piut-tosto di subire i sorrisetti ironici di Valeria, Tiziana, Fabrizio, e altri, preferisco avere per genero quell'idiota di tuo figlio. A una condizione.
Michele. Quale?
Camillo. Che si faccia vedere il meno possibile.
Giacomino (con un balzo, un urlo e un violento accordo di chitarra, appare nel vano della porta di fondo). Ciao, amici!
Camillo (sussulta, fa un salto indietro spaventato, urlando). Aiuto! (Si sostiene a una sedia, ansante, tenendo una mano sul petto, all'altezza de! cuore)
Valeria e Tiziana (entrano da destra, allarmate, tenendo in mano una un mestolo e l'altra uno scolapasta, ed esclamano contemporaneamente). Camillo! - Papà!
Giacomino (altro accordo alla chitarra. Ad ogni accordo i quattro sussulteranno. Giacomino, fra un accordo e l'altro, scandisce le parole, come se fossero versi di una canzone «beat»). C'era la porta aperta. (Accordo) Sono entrato. (Accordo) Allegri, ragazzi! (Accordo) Facciamo un poco i pazzi. (Accordo).
Camillo (urla). Via! Vada via!
Giacomino (calmissimo). Dove?
Camillo, All'inferno!
Giacomino (c.s.). Con la chitarra?
Camillo (al colmo dell'esasperazione). Sì! Con la chitarra! Dante Alighieri avrebbe trovato una bolgia anche per quelli con la chitarra! (Declama).
«Per me si va nella città dolente.
Per me si va nell'eterno dolore.
Fra le chitarre di perduta gente.
Chitarra ruppe il mioorecchio per ore.
Festival, yé-yé e chitarrate.
La somma pazienza è giàfurore.
E dico «Perché furono create?».
Qui nell'inferno, gente, non si sgarra.
Lasciate ogni speranza... e la chitarra!».
(Crolla sopra una sedia, sfinito. E mentre Valeria e Tiziana gli fanno aria con il mestolo e lo scola-pasta, Michele e Giacomino osservano stupiti, il sipario si chiude velocissimo).
FINE DEL SECONDO ATTO
TERZO ATTO
Stessa scena degli atti precedenti. Dieci minuti dopo gli avvenimenti che hanno concluso il secondo atto. All'aprirsi del sipario sono in scena: Valeria e Tiziana in piedi accanto a Camillo, seduto, che si asciuga il sudore della fronte; e Michele, in piedi in un angolo, con l'espressione smarrita di uno scolaro in castigo.
Valeria (dopo qualche istante, affettuosa). Ti senti meglio, Camillo?
Camillo (sospira). Sì. È passata. (A Michele) E tu non stare lì, come uno scolaro nel banco dell'asino.
Tiziana (sincera). Il signor Castellani ha ragione di sentirsi offeso. Con Giacomino hai esagerato. Ha l'aria di un bravo ragazzo, in fondo.
Camillo. Molto in fondo.
Valeria. Oggigiorno molti ragazzi sono così, esteriormente, per moda.
Tiziana. Bisogna comprenderli.
Camillo (si alza in piedi). Cosa mi fate, adesso? La pubblicità di quel... «coso», che prima non volevate neppure conoscere? Tornate in cucina. E state tranquille, Fra me e lui (Indica Michele) è accaduto di peggio in zona di guerra. (Va a battere una mano sulle spalle di Michele, cordiale) Ti ricordi. Michele, quando dal magazzino vestiario, a un reparto in alta montagna, anziché spedire le giacche a pelo, abbiamo spedito le divise di tela estive?
Michele (sorride). La colpa era tua.
Camillo (divertito). No no... Eri tu che dicevi che faceva caldo da morire.
Michele. Anche tu, però. Ti eri messo addirittura a torso nudo.
Camillo. Sfido!...Quel giorno, io e te, avevamo pasteggiato a bicchieri di grappa! (Ridono di cuore).
Valeria (li osserva e sorride). Tiziana, possiamo tornare tranquille ai nostri fornelli. (Esce a destra con Tiziana).
Camillo. Ora non ci faremo il muso, per colpa dei capelli e della chitarra di tuo figlio. Vero, Michele?
Michele.. No di certo.
Camillo. Bene. Ti chiedo scusa se ho perso le staffe, tua capirai... Con tutte le preoccupazioni che mi ronzano in testa.
Michele (guarda l'ora). Ormai non arriverà più.
Camillo. Con il treno delle undici, no. Ma ce n'è un altro che arriva da Genova alle undici e cinquanta. (Guarda l'ora. Allarmato) Fra cinque minuti! E fra un quarto d'ora potrebbe essere qui.
Michele (soprappensiero). A meno che... (Si interrompe).
Camillo. A meno che?... Continua,
Michele (indeciso). Sai che tipo è, Antonietta... Chissà da chi, magari dalla portinaia, potrebbe avere appreso che ti sei risposato, e... fulmini e tuoni... sarà andata di corsa a denunciarti.
Camillo (smarrito). Dove?
Michele. In Questura, dai Carabinieri... Nel posto di polizia più vicino.
Camillo (boccheggiante). Oh, povero me!... Non ci avevo pensato. Dunque fra poco potrei udire «driiiin»... Tu vai ad aprire.
Michele. Ti sbagli. Ad aprire ci vai tu.
Camillo (c.s.). E va be'... Vado io. (D'ora in poi farà mimiche, espressioni, voci e intonazioni appropriate, come se accadesse veramente ciò che racconta) Apro la porta e mi vedo di fronte due carabi^ nieri alti così... (Fa segno col braccio teso perpendicolare, poi lo abbassa) Un po' meno, ma sempre alti. «Abita qui il signor Meschini Camillo?». «Sono io». «Signor Moschini Camillo, la dichiariamo in arresto per bigamia». Tirano fuori un paio di manette, e zac! (Incrocia i polsi, come se avesse le manette e si avvia a testa bassa verso il fondo, piagnucolando comicamente) Povero Camillo!... Povero Camillo. (Squilla il telefono, Camillo rabbrividisce e balbetta, indicando verso il fondo) I ca-ca... ca-carabinieri!
Michele. Ma no! È il telefono. (Indica l'apparecchio, che continuerà squillare a intervalli regolari).
Camillo (sta per afferrare il ricevitore, poi rinuncia, e indietreggia fissando l'apparecchio con orrore). Rispondi tu.
Michele. Che c:entro, io?
Tiziana (dall'esterno, a destra). Rispondete voi?
Camillo. Sì. (Sottovoce a Michele) Dai!
Michele (rassegnato, stacca il ricevitore). Pronto... No... No... No... (Lo posa sull'apparecchio).
Camillo (impaziente). Chi era?
Michele. Non lo so.
Camillo. Sei diventato scemo?
Michele. Era una donna che aveva sbagliato numero. Voleva parlare col manicomio.
Camillo (amaro). Allora aveva fatto il numero giusto. (Si abbandona sopra una sedia).
Michele. È inutile, Camillo. Bisogna arrendersi al destino.
Camillo. Cosa posso fare?
Michele. Innanzi tutto dovresti confidarti con Valeria.
Camillo. Mai!
Michele. Almeno con tua figlia.
Camillo (Esita, riflette, poi si alza in piedi, deciso). Si. Tiziana è bene che lo sappia da me. (Apre la porta di destra) Tiziana. vieni un momento.
Tiziana (dall'esterno a destra). Subito, papà.
Valeria (dall'esterno a destra). Vuoi anche me?
Camillo (maligno). No! (Ritorna al centro e dice sot-tovoce a Michele) Aiutami.
Michele. Stai tranquillo.
Tiziana (entra da destra). Dimmi.
Camillo. Siediti un momento, bambina... (Tiziana, lie-vemente sorpresa del tono di Camillo, obbedisce) Ti devo dare una brutta notizia. (Si riprende) Cioè! Bella. Una bella notizia. (Fra i denti) Bel-lissima. (A Michele) Eh sì... Per lei è bella. (A Tiziana) E' terribile. Cioè! Insomma, io mi confondo. Continua tu, Michele.
Michele (con una certa importanza). È un compito difficile, ma proverò. Per la fraterna amicizia che mi lega a te, e quindi alla tua famiglia.
Camillo (impaziente). Taglia corto.
Michele. (a Tiziana). Dunque... Finora l'avevate creduta morta. Invece... Tu sei ormai una signorina e sai che la vita fa certi scherzi... Per esempio, navigando si va... si va...
Camillo (borbotta). ...con i carabinieri.
Michele (ripete meccanicamente). ...con i carabinieri-(Si riprende) No, Volevo dire che navigando si può anche naufragare.
Tiziana (emozionata, le sembra di capire). Chi è che credevamo morta? Dillo tu, papà.
Camillo. È tua... È mia... E' nostra...
Michele (interviene). Tua madre.
Tiziana (si alza in piedi, commossa). Mia mamma non è morta?
Michele (istintivamente). Purtroppo.
Camillo (gli dà una gomitata ai fianchi e corregge prontamente). «Per fortuna!*
Tiziana. Ma allora?... (Guarda preoccupata la porta di destra, imitata da Camillo e Michele).
Michele (intempestivo, come al solito). Non si preoccupi, signorina. Quella (Indica la porta di destra) la liquidiamo.
Camillo (altra gomitata nei fianchi di Michele). Vuole dire che la Legge prevede pure questo caso, e lo risolve... (Con una smorfia di disgusto) ...con la massima obiettività.
Tiziana (sincera, con le lacrime agli occhi, guarda la porta di destra e sospira). Povera Valeria...
Camillo e Michele (per suggestione, e con un po' di convinzione, ripetono in coro, col tono di Tiziana). Povera Valeria...
Valeria (Appare sorridente alla porta di destra. Osserva le espressioni dei tre. Divertita). Non sono mica il «ba-bau».
Tiziana (scoppia in pianto e abbraccia Valeria). Oh, mamma!,,.
Valeria (sorpresa). Bambina... Bambina mia... Cosa ti è accaduto?
Michele (a Camillo). Glielo dico io?
Camillo. Per carità! Hai già detto troppo. (Respira profondamente, quindi si pone al centro, dicendo con tono melodrammatico) Sull'orlo del precipizio ci sono io. Soltanto io. Mi butto. (Tiziana si è sciolta dall'abbraccio e rimane accanto a Valeria) Valeria!
Valeria (calma). Dimmi, Camillo.
Camillo. Antonietta... Antonietta tornerà da un momento all'altro.
Valeria (supera a fatica la sorpresa). Sei sicuro?
Camillo (estrae di tasca la pallottola del telegramma e gliela dà).
Valeria (la prende e la tiene sul palmo della mano). Cos'è?
Camillo (distende il telegramma). Il telegramma arrivato ieri. Leggilo.
Valeria (Lo legge. Si porta una mano alla fronte, come se avesse un capogiro; con l'altra mano si sostiene a Tiziana. Sussurra). Capisco. (Quindi restituisce il telegramma a Camillo).
Camillo (lo prende e lo mette rabbiosamente in tasca) Io no! I non capisco come fai a rimanere così calma. Ritorna lei, capisci? Quindi devi sparire tu.
Valeria (smarrita). Non è possibile.
Camillo. Invece sì! Me l'ha detto un avvocato. La Legge considera valido il primo matrimonio. (Maligno) Ma chi l'ha fatta non si è certamente sposato due volte, se no...
Valeria. Tu sei contento?
Camillo. Io non c'entro! Comunque ho già pensato ad ogni cosa. Tiziana si sposa e va a vivere con suo marito.
Tiziana (allarmata). Quale?
Michele (prontamente). Giacomino.
Camillo (fulmina Michele con un'occhiataccia). No! (A Tiziana) Sposerai chi ti pare.
Tiziana (emozionata, guarda Valeria).
Valeria (con un sorriso malinconico). Vedi, cara?... Tutto il male non viene per nuocere. (A Camillo) Hai pensato pure a me?
Camillo, Senza dubbio. Anche se non sarò obbligato ti passerò un assegno mensile. Il massimo possibile. Capirai che col mio stipendio, e due mogli... Dovrò fare i salti mortali, per tirare avanti. Spero che mi daranno almeno due assegni familiari.
Valeria. Non preoccuparti, Camillo. Riprenderò l'insegnamento e saprò bastare a me stessa. (Sincera) Ti ringrazio del pensiero. (Pausa) Quando arriverà... Antonietta?
Camillo (guarda l'ora). Fra poco.
Valeria. Permetti un consiglio? (Camillo accenna di sì col capo) Vai a fare due passi col signor Castellani. Ti calmerai, Antonietta la riceviamo io e Tiziana. (Camillo la guarda, preoccupato) Con molta gentilezza.
Michele (lieto di avere la possibilità di svignarsela). Ha ragione la signora. Andiamo.
Camillo (rassegnato). Se siete convinti che sia meglio... Andiamo. (Esce dal fondo con Michele).
Valeria. (li segue con lo sguardo, aspetta un momento, poi scoppia in pianto). Scusami, Tiziana.
Tiziana (la consola). Di nulla, mamma.
Valeria. Non più, non «devi» più chiamarmi «mamma». (Squillo di campanello esterno. Le donne sussultano. Valeria assume un'espressione forte, decisa) Vai pure ad aprire.
Tiziana (le fa una carezza, ed esce al fondo).
Valeria (Si asciuga in fretta le lacrime. Nasconde il fazzoletto).
Tiziana (dall'esterno al fondo). È Fabrizio! (Entra dal fondo con Fabrizio).
Fabrizio. Ho incontrato il Signor Meschini con il signor Castellani per le scale. Non hanno neppure risposto al mio saluto. (Osserva le due donne che lo guardano con espressione preoccupata. Fabrizio accenna un sorriso) Ho capito...
Valeria. Impossibile. (Pausa) Caro Fabrizio, dobbiamo dirle subito che...
Fabrizio (prosegue, ridendo). ...che la signora Antonietta buon'anima ritorna oggi. (grande sorpresa delle donne).
Tiziana. Tu come fai a saperlo?
Fabrizio (divertito). So tutto, io!
Valeria (indignata). E ride?... Mi spiace dirglielo, ma lei mi delude. La credevo un giovane di buonsenso, serio, ragionevole.
Tiziana (con tono brusco, stringendosi, a Valeria). Anche per me sei una brutta sorpresa.
Fabrizio (sconcertato, diventa serio). Un momento!... io non c'entro in questo scherzo.
Valeria e
Tiziana., Scherzo?!?...
Fabrizio (sinceramente sorpreso). Non l'avete immaginato?
Valeria e Tiziana (a denti stretti). Proprio no.
Fabrizio, Il telegramma da Genova l'ha spedito una amica della sorella del signor Michele Castellani.
Valeria (disorientata). Andiamo piano, per favore. Il telegramma, dunque, l'ha spedito da Genova...
Tiziana (continua). ...un'amica della sorella del signor Michele Castellani.
Fabrizio. Ovvero del collega e «compagno di guerra»del vostro rispettivo marito e padre.
Valeria. E' orribile!
Tiziana (sinceramente addolorata). Perché tanta cattiveria?
Fabrizio, Da quanto ha sentito dire mia madre nel solito negozio di fruttivendolo, sembra che la sorella del signor Michele fosse molto contrariata per un consiglio di «risparmio» che (Rivolto a Tiziana) tuo padre avrebbe dato all'amico Castellani.
Valeria. Che significa «un consiglio di risparmio»?
Fabrizio (a Valeria). Pare che suo marito abbia potenziato la già grande tirchieria del signor Michele, consigliandolo di ridurre l'assegno mensile che passava alla sorella nubile, sola e anziana. Questa ha reagito facendo spedire, da un' amica che si recava a Genova, il telegramma che, secondo lei, avrebbe dato una lezione a «quel ficcanaso del signor Meschini», come lo definisce con rabbia.
Valeria (soprappensiero). Una lesione sproporzionata e crudele.
Fabrizio. È vero. Ma voi donne, quando vi arrabbiate... (S'interrompe e sorride) Scusate.
Tiziana (severa). Perché non ce l'hai detto subito, stamane?
Fabrizio. Perché non credevo che la sorella del signor Castellani facesse sul serio. Quindi sarebbe stato di cattivo gusto riferirvi una malignità nei confronti del signor Moschini. Adesso, invece, vi ho viste così sconvolte, che ho capito e mi sono deciso a parlare per tranquillizzarvi. Se ho sbagliato perdonatemi.
Tiziana (commossa). Povera mamma... Potevano la-sciarla in pace.
Valeria (la consola). Noi non abbiamo nulla da rimproverarci. D'altro canto, riconosciamolo Tiziana, è stato proprio... diciamo «il ricordo» della tua cara mamma che ha convinto papà a dare il suo consenso, non soltanto al fidanzamento, ma addirittura alle nozze con Fabrizio.
Fabrizio (felice). Sul serio?
Valeria. Sì. Camillo si preoccupava dell'avvenire di Tiziana nel caso che... Lei mi comprende, vero?
Fabrizio. Perfettamente. Nel caso che qui la vita fosse diventata un po'... «agitata». Continui, la prego.
Valeria. Ha lasciato Tiziana libera di scegliere, scartando apertamente Giacomino.
Fabrizio. Tiziana!... Non sei contenta?
Tiziana (accenna di sì col capo). ...ma penso a papà.
Valeria. Giusto. Dobbiamo rimediare al più presto all'accaduto.
Fabrizio, In che modo?
Valeria. Bisogna raccontare ogni cosa a mio marito. Con prudenza naturalmente. Se no gli viene l'infarto.
Tiziana. E chi glielo dice? Io non ho il coraggio.
Valeria. Io neppure.
Fabrizio. Be'... Se non si può fare altrimenti, glielo dirò io. (Le donne gli sorridono con gratitudine) Però in vostra presenza.
Valeria, D'accordo.
Camillo (dall'esterno al fondo). Su... Non fare storie. Entra.
Michele (entra dal fondo, seguito da Camillo. Sano entrambi mogi, abbattuti). Siamo di nuovo qui.
Camillo (accennando a Fabrizio, sgarbato). E purtroppo non siamo soli.
Tiziana (affettuosa). Papà... Fabrizio ti deve dire una cosa.
Camillo. La so già! E lui saprà che sono stato costretto... Ripeto: «costretto» dagli avvenimenti ad ammainare bandiera. Dunque non parliamone più.
Valeria. Ascoltalo, per favore. E' una cosa che ti farà molto piacere. (Si riprende, imbarazzata.) Cioè!... Insomma, ti rasserenerà.
Camillo. Figurati!... Ci vuole altro che le parole di questo giovanotto, per rasserenarmi. Dentro di me non ci sono solamente nubi... C'è un tornado! Michele (ingenuo). Il tornado «Antonietta».
Fabrizio. Ecco... Appunto... Se lei permette, signor Moschini, vorrei parlarle della povera signora Antonietta.
Camillo (sbotta). No, eh!... Lei non ha nemmeno il diritto di nominarla.
Fabrizio. Sbaglia! Ho il diritto e il dovere, poiché mi considero della famiglia.
Camillo. Piano, giovanotto. Andiamo piano. Con lei non sono neppure cugino di latte.
Michele (dispettoso nei confronti di Fabrizio). Hai ragione.
Camillo. Tu stai zitto!
Fabrizio (sospira). ...Pazienza. Avrei voluto dirglielo nei dovuti modi, ma non è possibile, con quel suo caratteraccio.
Camillo. È lei che ha un caratteraccio!
Fabrizio. Ma non sono un testone!
Camillo. Ah! (Minaccioso) Io sarei un testone?
Fabrizio. Sì! (Camillo sta per scattare, ma Fabrizio continua a valanga) Perché non dà retta a nessuno, neanche a chi le vuole bene. (Indica Valeria e Tiziana) Per giunta fa il prepotente. E diventa cattivo, ingiusto, meschino. Il ritorno della sua prima moglie, per esempio. L'ha terrorizzato!
Camillo. Vorrei vedere lei al mio posto. Tremerebbe come una foglia.
Fabrizio. Poverino... Ma non ha ancora capito che è uno scherzo?
Camillo (sussulta, sta per scattare come una belva; poi barcolla, come se avesse ricevuto una mazzata, sulla testa). U-u... U-u... U-uno scherzo?!?...
Valeria (si affretta a sostenerlo). Sì, caro. Tutto uno scherzo.
Camillo (boccheggiante, estrae di tasca il telegramma) E que-que-questo?
Valeria. Una cattiveria.
Camillo. La bi-bigamia?
Valeria. Un incubo.
Camillo, A-Antonietta?
Valeria. Scomparsa
Fabrizio. E questa volta per sempre.
Camillo (ansante, sta per svenire dall'emozione; ma reagisce a fatica, e con un sorriso che è una smorfia di dolore, esclama con paradossale sicurezza). Io l'avevo capito subito!
Tutti (ridono di cuore).
Camillo (abbattuto, svuotato, si lascia cadere sopra una sedia, scrolla negativamente il capo). Non avevo capito niente... Niente. (Pausa. Si calma gradatamente. Sconcertato, ma senza rancore) Chi è stato?
Michele (interviene astioso, maligno). Lo voglio sapere anch'io, perché anch'io sono stato danneggiato. Farò causa! Chiederò il risarcimento dei danni morali. (A Fabrizio) Fuori il nome dell'autore di questo ignobile scherzo.
Fabrizio (ironico). Con piacere, signor Castellani. Però mi dovrebbe aiutare.
Michele. Prontissimo.
Fabrizio. Come si chiama sua sorella?
Michele (disorientato). Filomena.
Fabrizio. Grazie.
Michele (c.s.). Ma che c'entra mia sorella Filomena con?...
Fabrizio (interrompe). Molto. Lapersona che ha fatto spedire questo telegramma (Lo prende dalle mani di Camillo e lo sventola) da Genova, risponde al nome di Filomena Castellani.
Michele (colpito). No?!?...
Fabrizio. Sì... purtroppo. Non c'è alcun dubbio.
Michele. Non ci credo! (Agitatissimo, compone un numero all'apparecchio telefonico) Pronto, Filomena... Sono Michele. Camillo ha ricevuto un telegramma che... (Assume diverse espressioni di sorpresa, spavento, terrore, e barcolla. Fabrizio avvicina una sedia, e ponendogli le mani sulle spalle lo costringe a sedere. Dopo qualche momento. Michele allontana il ricevitore dall'orecchio e lo posa lentamente sull'apparecchio, sussurrando). ...e ride. È matta. (Rimane con lo sguardo fisso nel vuoto, soprappensiero).
Valeria e Tiziana (sorridono a Camillo, con cenni che lo invitano a consolare Michele)
Camillo (approva, poi si alza e si avvicina, a Michele, cordiale). Michele...
Michele (ebete). È...
Camillo (sincero). Non ha importanza. O meglio: mi ha fatto del bene.
Michele (si alza). Su-su... Su-sul serio?
Camillo. Sul serio. Anzi, ringrazia tua sorella da parte mia, E continua a passarle quell'assegno mensile.
Del resto... (Stringe a sé Tiziana e Valeria) ...se non facciamo un sacrificio per le persone che ci vogliono bene, per chi lo dovremmo fare? Oggi vorrei che tutti fossero sereni e tranquilli... come me. (Sorride) E non mi spaventerò più a ogni squillo di campanello. (Squillo di campanello esterno. Camillo sussulta come le altre volte).
Fabrizio (con affettuoso tono di rimprovero). Signor Moschini... La smetta con quei sussulti da orso in gabbia. Vado io. (Esce al fondo).
Camillo (tutt'altro che tranquillo). Chi sarà?
Valeria. Chiunque sia, è il benvenuto. (Lunga pausa. Tutt'e quattro guardano con impazienza la porta di fondo, alla quale appare di schiena, ovvero camminando all'indietro, un uomo vestito di scuro. Si ferma sulla soglia. Attimi di suspense, quindi l'uomo si volta lentamente, e si vede che è).
Giacomino (con i capelli normali e pettinati, senza chitarra, che sorride).
Michele. Gia-Gia... Gia-Giacomino!
Fabrizio (entra dal fondo, sorridente, spingendo avanti Giacomino). Proprio lui.
Giacomino (sincero, cordiale, simpatico, intelligente). Nulla di strano. Ad un tratto ho capito che si può essere giovani, allegri... e protestatari, anche senza i capelli lunghi e la chitarra giorno e notte a tracolla.
Camillo (gli stringe calorosamente la mano). Bravo!
Giacomino (a Michele). Ed ora, papà, ti chiedo il permesso di fidanzarmi. (Sorpresa e disorientamen-to di tutti, che guardano Tiziana. Giacomino sorride) Non con la gentile e graziosa signorina Moschini. Desidero fidanzarmi con una ragazza inglese, che conosco da qualche tempo.
Michele (smarrito). Allora io, per parlare con mia nuora, dovrò imparare l'inglese?
Giacomino. Non sarà necessario. Elizabeth... è il suo nome... potrebbe discutere animatamente pure con un toscano,
Michele (c.s.). E i miei nipotini? Come parleranno?
Camillo (ironico). Mezzo inglese e mezzo italiano!
Giacomino (sorride). Vedremo a suo tempo. Semmai li faremo parlare.... (E qui dice il nome del dialetto che si parla nel luogo dove si rappresenta questa commedia. Ridono tutti).
Valeria (indica la porta di destra). Signori... a tavola!
Camillo (mentre gli altri si avviano verso destra, chiacchierando allegramente a soggetto fra loro, si dà una manata sulla fronte ed esclama). Ah, che guaio!
Tutti (si fermano e lo guardano preoccupati, dicendo contemporaneamente). Perché? Camillo! Che ti succede? Papà! Signor Moschini!
Camillo (afflitto, melodrammatico). Abbiamo dimenticato una complicazione importantissima, che sconvolge la nostra gioia, rovina la nostra allegria, butta all'aria il lieto fine.
Tutti (allarmati, contemporaneamente). Di che si tratta? Che cos'è accaduto? Non capisco! Che c'è?
Camillo (c.s.). Non abbiamo spiegato cosa significa il titolo «Le gambe delle bugie».
Valeria (sorride al pubblico). Voi non lo avete capito?
Giacomino (al pubblico). Le bugie hanno le gambe corte. Tiziana (al pubblico). Anche le bugie dell'autore di questa commedia non sfuggono alla regola. Fabrizio (al pubblico). Infatti sono durate appena tre atti.
Augusta (Entra dal fondo, sorridente. Al pubblico). Ma considerato che vi hanno divertito...
Michele (al pubblico). ...perdoniamo l'autore...
Camillo (al pubblico). ...e buona notte a tutti!
(Tutti, allineati, tenendosi per mano, fanno un passo avanti e un inchino, come gli attori del teatro classico, mentre il sipario si chiude lentamente).
FINE DELLA COMMEDIA