LEGAMENTI
Monologo per una o più attrici
Scritto da Enzo Ferrara
Per cominciare io vorrei fare una cosa diversa. Si parla tanto oggi di “finale aperto”; cioè quel modo di chiudere lo spettacolo con finali diversi, a scelta del pubblico. Per esempio se si rappresenta, non so… “Anna Karenina”, che voi sapete che finisce con la protagonista che si uccide gettandosi sotto un treno. Con la tecnica del “finale aperto” si dà al pubblico la possibilità di cambiare appunto il finale. Il pubblico deve scegliere fra tre ipotesi. Prima ipotesi: Anna Karenina si trasferisce a Parigi, apre una modisteria crea il colbacco da sera, sfonda nel pret a porter e diventa ricca, appunto sfondata. Seconda ipotesi: fonda il sindacato dei ferrotranvieri russi e ne diventa il segretario. Terza ipotesi: viene in Italia partecipa al grande fratello, incide un disco e sposa un terzino a scelta.
Ora io, invece del finale aperto, voglio fare “l’inizio aperto”. Voi dovete scegliere fra queste tre possibilità.
Prima: inizio cantando una raccolta di canzoni popolari del mio paese dall’ottocento fino ai giorni nostri. Secondo: vi racconto tutte le puntate di Incantesimo e i loro melensi e insopportabili incontri e tutti quei baci con la lingua, oppure un tutto di Distretto di polizia.
Terza: vi racconto il sogno che ho fatto stanotte.
(musica)
Mi capita, nei sogni, di trovarmi nei posti più strani.
Sul ponte di una portaerei; in un ascensore che va in orizzontale e non si ferma mai; davanti ad un orizzonte pieno di maschi belli e disgustosi.
Oppure.
Nel deserto davanti ad una moschea tutta d’oro, con una guida in mano chiedere ad alcuni beduini: “Scusate: è questa la Mecca?” E sentirmi rispondere in pugliese: “C’ha da fè tu a la Mecc?” E spiegargli che io sono per la libertà di culto e che Dio è anche alla Mecca: per chi ci crede.
Che può essere? Che oltre al canone devo pagare anche un tributo psicologico? Che c’ho l’inconscio mediatico? L’Io collegato via satellite con i tiggi?
Ieri, invece, nel sogno, ero in un supermercato davanti allo scaffale dei cerotti e li guardavo come ipnotizzata. Confezione di cerotti traspiranti, resistenti all’acqua; quali prendere? La confezione da 10 medi o da 20 piccoli? I grandi interrogativi della vita, i cosiddetti conflitti!.
Un cerotto “resistente all’acqua”, di quelli grandi, uscì dalla scatola e comincio a fare il tip tap sullo scaffale; lo guardavo affascinata. Era morbido, flessuoso mi lasciai attirare nella danza. Ci muovevamo in sincrono... (sottofondo di musica: “I’m singing in the rain”) papadappa papappapa I am singing in the rain just singing in the rain... Ed io mi muovevo con grazia ed eleganza sotto la pioggia, come una garza, come un sacchetto di plastica che vola nel vento (iniziando goffamente a danzare virtualmente come i sacchetti di carta nel vento, cadendo, scivolando, rialzandosi ecc, coreograficamente libera, ma possibilmente disciplinata e attenta alla musica); l’acqua mi scivolava addosso, e battevo i piedi nelle pozzanghere, ciaf, ciaf, rarararara darirara rarara rara rarim singing in the rain.
E da tutti i reparti applaudivano. Pannolini e assorbenti, lombate e filetti, salmoni e orate, oli extravergini e confezioni di preservativi. Dall’ortofrutta 12 zucchine in fiore si misero a ballare anche loro, e avanzarono muovendo le loro teste fiorate in simultanea con la musica si unirono a noi... papapa papapapapa, e bombolette di deodorante alla lavanda, alla vaniglia, al cedro, ai pini di bosco, spruzzavano ritmicamente aria profumata. E il ballo mi prendeva e mi trasportava e mi sentivo leggera, eterea, come la Cenerentola di Disney, mentre passavo davanti ai congelatori: pacchetti di piselli e minestroni e calamari e linguine allo scoglio e vaschette di tiramisu e di gelato alla vaniglia e tutti sbattevano contro il vetro strepitando che volevano uscire da quella prigione di ghiaccio, che neanche in Russia mandano più in Siberia i loro criminali e io li feci uscire ed essi si unirono a me nella danza, taritatata, taritatratata.......poi la musica cominciò a stonare e io mi girai e non vidi nessuno. Pian piano cresceva un’altra musica, una voce maschia e piena di swing cantava… (si sente cantare My way) era lui! Bello, muscoloso, virile; il suo passo era elastico e morbido; si avvicinava sempre di più e io mi sentivo invadere da una passione irrefrenabile, lo volevo, lo volevo ad ogni costo; avrei affrontato tutte le avversità della vita pur di stringerlo fra le braccia. Mi venne vicino, mi abbracciò e insieme, mano nella mano, ci avviammo verso una nuova vita. Io e Mastro Lindo.
Mi svegliai di soprassalto e in preda a collera mi sono avvicinato al televisore e gliel’ho detto chiaro e forte: “Io ti ho permesso di entrare nella mia vita, e da allora tu hai deciso: quando devo cenare, quando andare a letto, quando devo uscire; poi mi presenti gli amici di Maria De Filippi, ma chi cazzo sono? Chi li vuole conoscere? A notte fonda bussi porta a porta come un cafone, zoticone, villano, burino; ti metti ad aprire le scatole tue senza rispettare le scatole mie; ma adesso, basta! Ora stai esagerando. (con tono sempre più sgarbato, forte e arrabbiato. Quasi urlando) Tu hai il diritto di farti i palinsesti tuoi. Ma, i palinsesti dei miei sogni, no! Quelli me li faccio io!
1° LEGAMENTO
La volontà.
(la musica della sigla dei telefilm “Ai confini della realtà” e la voce registrata che iniziava sempre la serie.)
"C'è una quinta dimensione oltre a quelle che l'uomo già conosce, è senza limiti come l'infinito e senza tempo come l'eternità. È la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere. È la regione dell'immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà."
Ve la ricordate? E noi che stavamo lì, ipnotizzati, come tanti citrulli; altro che “Ballando con le stelle”; “Domenica in”; entravamo nella quinta dimensione.
La televisione: un universo parallelo. Una controrealtà che noi possiamo solo vedere ma al cui interno non possiamo entrare. Un universo fatto di dottori, ma quanti dottori ci sono in televisione! Tutti giovani, bravi, umani e, cosa sconvolgente, uno più bello dell’altro! E poi, simpatici, pieni di passione per il proprio lavoro; medici che in prima linea o in seconda, in terza… in tutte le linee fanno sempre il proprio lavoro con abnegazione e rispetto per il paziente.
Un universo parallelo pieno di carabinieri, squadre di polizia, marescialli, brigadieri; tutte persone efficienti, dinamici; che acciuffano i ladri e gli assassini nel giro di 40 minuti, spot compresi; perché voi credete che durante la pubblicità i carabinieri si riposano? NO! Lavorano! Perché sanno che entro la puntata devono trovare l’assassino.
Siete mai andati a fare una denuncia per smarrimento di carta di credito?
Lo so, lo so… voi pensate di trovare il Maresciallo Rocca… magari in quel momento si trova lì anche Don Matteo e loro sì che capiscono subito il vostro problema. Non solo vi ritrovano la carta, ma vi fanno riappacificare dopo dieci anni di litigi con vostro cognato; mettono sulla buona strada vostra figlia che già davate per persa, e vi dissuadono dai propositi suicidi che ogni tanto attraversano la vostra mente.
Scordatevelo! Questo succede solo nella quinta dimensione. Nella regione dell’immaginazione, una regione che si trova… “ai confini della realtà”.
Musica d’organo.
Il prete mi disse: “Vuoi tu, Maria Incardona, prendere in sposo il qui presente, Giovanni Li Rosi, secondo il rito di Santa Romana Chiesa, per amarlo, onorarlo, seguirlo nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non vi separi?”
Ma vi pare che una persona seria possa rispondere a questa po’ po’ di domanda con un semplice: sì!? No, scusate, e come se a voi, al ristorante, il cameriere vi dicesse: volete per primo una zuppa di cavoli seguita da un fritto di calamari con contorno di insalata di lattuga, il tutto accompagnato da una bottiglia di Chianti e alla fine un dessert di torta alle fragole con amaro e caffè? Voi gli rispondereste: sì?!
La domanda, secondo me doveva essere formulata passo dopo passo; amarlo, onorarlo e seguirlo, sono tre concetti che non hanno un rapporto consequenziale. Io ti posso amare, ma non onorare; in quanto a seguirti, tu sei scemo! Seguirti dove? Nella buona e nella cattiva sorte? Nella buona… insomma si può discutere; ma nella cattiva sorte non se ne parla proprio!
E poi che è questa storia. “finché morte non vi separi?” La morte di chi? No perché, scherziamo quanto vogliamo, ma… ognuno con la morte sua!
“Vuoi tu?…” Nel migliore dei casi la risposta era, che in linea di massima: avrei potuto accettare, a certe condizioni. Insomma io sono una che ai preamboli ci tiene…
E invece ho risposto: “SI!”
Se poi, qui c’è qualcuna di quelle che si commuovono ai matrimoni, e giù a dire: “Che bello! Come sono carini! Guarda lei, si vede che è emozionata!” Allora io voglio dire a queste persone: Ma scusate, ma voi, quando andate dal notaio e firmate per un mutuo quarantennale, vi commuovete? Decenni di privazioni e di interessi bancari vi fanno questo effetto? Se siete così vi posso consigliare dei buoni terapeuti, e a prezzi accettabili.
E poi, lo devo dire… Io ho fatto il 68!
Dati anagrafici alla mano posso dimostrare di essere stata presente e pensante in quei fatidici anni. Non è che ci abbia capito molto. E’ stato negli anni successivi che ho realizzato di aver fatto il 68. Ma una cosa l’ho capita, e dire “capita” non rende l’idea; dovrei dire scolpita, perché mi è rimasta scolpita come una apparizione della Madonna; una di quelle cose che ti cambiano la vita; ed è la frase: “il corpo è mio e lo gestisco io!”
“Il corpo è mio e lo gestisco io!” cos’è? Lo slogan dei trafficanti d’organi? Perché gestire il corpo, forse, si può: forse; ma il problema è “gestire la mente”.
Ebbene io ho scoperto che se non gestisci la mente non puoi gestire il corpo e l’ho capito guardando il mio: marito-compagno- coniuge.
Io ho fatto il 68! Insieme alle compagne avevamo bollato il matrimonio come un retaggio borghese e reazionario; come è che adesso si vogliono sposare tutti? Gay, lesbiche, preti, veline, calciatori…
Il matrimonio è quella cerimonia che mette insieme il sacro e il profano; il rito e la deposizione firmata; i sentimenti e gli interessi economici. Insomma: io ti amo, perciò facciamo a metà di tutto. E quando dico tutto, intendo tutto. Dai soldi alle emorroidi.
Musica di sottofondo
Io, Teresa Franceschi sposata Morace, più guardo, il mio compagno-coniuge-marito, più sento di aver subito un oscuramento delle mie facoltà sensorie. Un obnubilamento della mente. Obnubilamento è un participio passato che mi ritorna in mente costantemente. Lo so il concetto è complicato ma non riesco ad esprimerlo più chiaramente.
Vivo uno stato di confusione mentale che fa parte del mio modo di essere… del mio Genoma… il mio DNA, insomma i miei “geni” reditari…
Per quei pochi che ancora non lo sanno, i geni, che prima stavano nella lampade di Aladino, adesso hanno scoperto che sono anche nel nostro corpo.
Abbiamo perciò i geni che ci dicono cosa fare e cosa non fare. Ciò non toglie che ci siano dei geni mediamente intelligenti e geni cretini. Può sembrare una contraddizione in termini, ma non è così.
Uno degli ultimi geni scoperti è il gene della sessualità, che si chiama P56shc!
Ma si può chiamare P56shc un gene del sesso? Chiamatelo con un nome appropriato… che so… Armando, Salvatore, Giorgio; oppure dategli un nome mitologico: Perseo, Diomede, Fetonte… no, Fetonte non mi piace, basta sbagliare una vocale… Gerione! Ma forse il nome più giusto sarebbe: “Cerbero”. Il cane con tre teste. Il cane della mitologia greca che stava a guardia del regno dei morti e che sbranava chiunque tentasse di entrarne o fuggirne.
Perché quando io penso al sesso, penso subito ad un cane con tante teste. E’ una visione che mi insegue da quando faccio sesso con il mio compagno. No, no, non pensate che lui mi faccia schifo, ma mi succede che la sera quando io disperatamente cerco di acchiappare il sonno, che è il solo che mi offre rifugio e pace, e sento la sua mano sulla spalla, ho un brivido, tremo di orrore, ma non riesco a sottrarmi a quel lascivo invito.
Lui mi gira, come un corpo sul tavolo dell’autopsia, io chiudo gli occhi, li serro e, senza che la mia coscienza riesca a reagire, mi dispongo con braccia e gambe allargate, come l’uomo di Leonardo. Una parte del mio cervello cerca preghiere che non trova e inghiotto conati di vomito mentre lui si avventa sul mio corpo, come una bestia con tante teste. Le sue mani instancabili mi spremono quasi volessero strapparmi le carni; la sua fetida bocca mi bagna e mi morde con una voracità da sciacallo, tutto il mio essere diventa pasto osceno di cui lui si nutre.
Mi gira e mi rigira come fossi un pezzo di carne attaccata all’osso e appena la sua libidine adocchia una parte da spolpare si butta con ingordigia e lecca, addenta, morde come un cane selvaggio.
Poi sento la sua carne penetrarmi come un ferro e scavare dentro di me fino a sfinirmi e quando, sazio, lascia il mio corpo, io mi giro per piangere in silenzio, e piango la mia vergogna.
Di questo non ne parlo con lui, anzi una volta gli ho accennato che avevo “qualche problema di ordine sessuale”, che forse sarei dovuta andare dallo psicologo; ma lui mi rincuorò, con quel suo delizioso e rustico linguaggio post moderno: “che cazzate vai dicendo! Tu stai benissimo e non vai da nessuno di questi pezzi di merda.”
Era il suo modo di dirmi quanto mi amava.
All’inizio quando lui mi corteggiava, lo confesso, mi faceva ribrezzo. Il suo fisico non è certo quello di un divo, non aveva il fascino della parola seducente, non aveva neanche doti morali che si facessero apprezzare.
Mi ricordo che ero fidanzata con Roberto, un avvocato con studio avviato, mancavano solo tre mesi al matrimonio. Poi successe qualcosa. Una sera me lo trovai davanti, era tutto carino, mi disse che sapeva del matrimonio e che si rallegrava con me, che anzi mi voleva fare un regalo e mi invitò a prendere un tè in un posto lì vicino. Mi fece compassione e accettai. Non vedevo l’ora di andarmene. Il Tè era disgustoso e la sera mi sentii male. Tutta la notte ebbi incubi.
Lo sognai con una intensità tale che vivevo tutte le emozioni del sogno. La sua faccia diventava bellissima, il desiderio di baciarlo, di accarezzarlo, di farmi prendere da lui fu così intenso che ebbi ripetuti orgasmi. E quando nel sogno, lui si allontanava da me io cadevo in uno stato di prostrazione tale che piangevo disperata. Il giorno dopo ero cambiata. Mi dimenticai di Roberto, dei miei genitori, del mio lavoro, volevo solo lui, non vi era niente al mondo che mi interessasse più di lui. Fu una passione senza confini. La mia dignità, le mie relazioni, gli amici, i genitori, tutto era scomparso. Esisteva solo lui. Sentivo che la mia vita non aveva che uno scopo: amarlo e accontentarlo. Poteva picchiarmi, umiliarmi, farmi fare le cose più abbiette, io non mi sarei mai staccata da lui.
Non chiamiamolo amore, questa era: possessione.
Ho lasciato il lavoro, ho cambiato amicizie, ma non riesco ad accettare il mio posto lì, accanto a quest’uomo.
Qualcuno mi ha detto che sono vittima di un “legamento d’amore”; ma io non credo a queste cose. Io ho fatto il 68! Ma allora perché provo disgusto a stare con un uomo per cui ho lasciato tutto? E cosa sono tutti quegli strani nastri rossi legati a ciocche di capelli ed escrementi e parti di animali osceni, che trovo nei posti più impensati? Perché certe sere prima di andare a letto mi porta quella strana bevanda che lui dice essere una camomilla che ha quel sapore aspro?
Forse sono solo fantasie le mie, forse ha un senso che io cerchi sempre preghiere da gridare in silenzio.
2° LEGAMENTO
La passione
(L’attrice parla al telefono con accento nordico)
No, scusa Francesco… Francesc… Francesco, mi vuoi ascoltare… come eravamo d’accordo… No! Se ti ricordi, noi eravamo rimasti d’accordo che quando ci saremmo accorti …(pausa) fossimo? Fossimo, saremmo, ma che importanza hanno i verbi… ecco vedi, questo uno dei tuoi difetti, questa tua… ossessione per la parola giusta, il congiuntivo, il verbo… io, mi pare… non c’è niente da fare…(pausa) che cosa ho detto? Anacoluto? Io? Ma non è vero! Io anacoluto a te non te lo direi mai, Francesco… (pausa) E io adesso mi sono accorta che i miei sentimenti per te sono cambiati… ma… Francesco… purtroppo anche i sentimenti hanno una scadenza… ma che ti dovevo dire: da consumarsi entro il… siamo stati insieme tre mesi, che già gli amici mi dicevano: Ancoooora stai con lui? E la cosa mi imbarazzava… Ma l’amore caro figliolo… va bene non ti chiamo figliolo; l’amore, caro Francesco è importante nella vita, ma ci vuole anche flessibilità… in un mondo in cui tutto è precario, il nostro legame rappresentava una anomalia; quando mai si vede oggi un amore a tempo indeterminato? Tre mesi, quattro al massimo, poi si deve cambiare, è una legge di mercato… (pausa) No, no, ti prego, ti prego evitami il melodramma, guarda non lo sopporto… Sì, sì… mi ricordo, quei giorni… sì, sì… (Come ripetendo) il nostro amore checi faceva sentire immortali… sì, sì… il tramonto sulla spiaggia… le notti piene di passione… sì… sì… Francesco, ma tu non ti devi fissare con queste cose… queste sensazioni facevano parte del pacchetto. …(pausa) Come quale pacchetto? L’offerta! Era “tutto compreso” nell’offerta: turbamento, smarrimento, libidine, romanticismo, sobbalzi del cuore… tutto faceva parte dell’offerta, anzi, anzi… diciamo che io ho anche aggiunto degli optionals fuori programma… come quali? Quando abbiamo fatto l’amore nell’ascensore guasto! Te lo sei scordato? Sì, certo che c’era la passione travolgente, ma il costo per lo specchio rotto, è stato a carico mio. Ascolta Francesco… tu non devi credere che io ho una pietra al posto del cuore, la devi smettere di credere nelle favole, devi smetterla di leggere quei libri che parlano di sentimenti, di amore, di passione; aggiornati, leggi cose più attuali… non lo so… leggi, leggi… cose pratiche, reali… non so il catalogo dell’Ikea, bellissimo, oppure quello di Mondo Convenienza, queste sono letture che ti danno una immagine della realtà. E poi, datti una mossa, Francesco mio, tu hai avuto solo due donne nella tua vita, solo due! Certo che poi il paese va in declino! Non si produce. Francesco qua abbiamo grossi problemi di bilancio. Tu ti devi fare subito, almeno altre tre relazioni; lo sai a quanto è il deficit? Siamo superiori al 4 percento del pil… qua non si produce più, la crisi è spaventosa, l’Europa ci richiama continuamente, guarda la Francia, lì le relazioni e le tresche amorose sono in continua crescita, in Germania pure, ci stiamo facendo superare anche dalla Grecia. Ci dobbiamo dare una mossa. Francesco mi devi promettere che almeno altre tre relazioni in un anno te le fai. Prometti?
Ciao, ciao Francesco!
(Chiude la conversazione e si rivolge al pubblico
Bisogna fare come i cinesi: produrre, produrre, produrre. Anche le relazioni sentimentali sono entrati nel pil. Un popolo ricco è un popolo che ha una vita sessuale e sentimentale in continua crescita. Perché in Italia i matrimoni durano così a lungo? Perché siamo un paese povero! Lei (al pubblico) quante mogli ha avuto? Una?! Si vergogni! Lei? Due? E relazioni extra coniugali? Una? Male! Lei? Tre matrimoni e quattro relazioni? Bravo! Prendete esempio da quest’uomo. No! No! La mia non è apologia dell’adulterio, la mia è solo una constatazione. Lì quel signore dice: è meglio la qualità che la quantità. Giusto! Però è anche vero che più scarpe provi, più hai probabilità di trovare quelle buone.
Mai fermarsi al primo paio.
Il seguente pezzo recitato con inflessione romanesca.
L’ho conosciuto nell’asilo nido. Io c’avevo dodici mesi, lui diciotto. Era cosi bello, con tutti quei riccioli biondi, sembrava un amorino, quello che si mette sopra il letto; me ne sono innamorata subito. Il mio fu un amore totale, intero; il suo, invece, fu un amore… parzialmente scremato, come il latte che ci davano. Mi ricordo che si mangiava i miei omogeneizzati alla carne; voleva diventare come l’uomo della Plasmon. Quando succhiava dal biberon mi guardava in modo strano e sembrava che mi volesse far capire qualcosa.
La prima parola che mi disse fu: cacca! La sintesi di ciò che avrei rappresentato nella sua vita.
Poi siamo andati all’asilo. Io giocavo con le bambole e lui con il carro armato. Si avvicinava a me, me lo puntava addosso e mi dava i bacini. Aveva capito che con le minacce, da me, poteva ottenere tutto. Mi spogliava tutte le mie Barbie e poi le prendeva a morsi. Diceva che era un problema di dentizione, la verità era che già aveva capito cosa ci doveva fare con le donne. Poi siamo andati alle elementari. Apriva il mio cestino e si prendeva le mie brioscine al cacao e mi lasciava quelle al latte. Il mulino bianco è stato lo sponsor dei nostri primi litigi.
Ma vinceva sempre lui. Quando io reagivo e lo prendevo a cestinate in testa, lui si metteva a piangere, e io, come una stupida, gli davo tutto quello che voleva, compreso l’ovetto Kinder.
Mi dichiarò il suo amore nei banchi del primo ginnasio. Paolo, così si chiama, non ama le parole, preferisce parlare con le mani; e difatti le sue me le ritrovavo dappertutto. Non c’erano jeans o magliette, neanche quelli più ermeticamente elasticizzati, che resistevano alla sua abilità di esploratore. Riusciva a individuare ogni varco, ogni passaggio e penetrarvi come una murena fa con gli anfratti marini. (mima il gesto di una murena che si muove) Ma la sua smania esplorativa voleva traguardi più impegnativi, fu così che nel secondo trimestre del biennio di liceo scientifico dell’istituto “Enrico Fermi” io e lui affrontammo l’esame più importante della nostra adolescenza. L’argomento era: “perdere la verginità in piedi e in un cesso alla turca, si può?” Il voto fu la sufficienza, ma fummo promossi.
Seguì il fidanzamento: il suo. A me disse: “Perché rovinare la nostra storia con un fidanzamento?” Ci continuammo a vedere di nascosto. Quando gli dissi che anch’io mi stavo fidanzando, fece l’inferno: “E’ così che mi dimostri il tuo amore? Io allora cosa sono per te solo un passatempo?” E, insomma, l’ho lasciato. L’altro. La mia storia con lui continuò. Poi, un giorno mi fece una sorpresa, si presentò con un vestito elegantissimo e il fiore all’occhiello. Io gli dissi: “Ammazza aho! Ma come ti sei combinato, che vai ad un matrimonio?” “Sì, mi disse, anzi sbrighiamoci che fra mezzora arriva la sposa e se non mi trova davanti alla chiesa so cazzi!”
Lui è sempre così, fa sempre le cose di fretta. In tutti questi anni mi sono fatta una esperienza in fatto di “sveltine” che potrei scrivere un libro: “Sveltina? Presto fatto!”
Perché il sesso, come il cibo, assolve a due funzioni: soddisfare il bisogno e allietare la vita. Io per lui sono sempre stata il panino da mangiare in piedi… o dentro una macchina.
Ogni volta che uno di noi due doveva comprare l’auto, facevamo insieme una scelta ponderata. Guardavamo i depliant, facevamo i giri di prova, ma non sceglievamo in base alla cilindrata, al consumo, ai freni, air bag, abs e tutte quelle cose lì; nooo!a noi interessava solo una cosa: i sedili! Erano ribaltabili? E fino a che punto si ribaltavano? E il cambio? Era strategicamente posizionato? O avrebbe ostacolato i nostri movimenti in alcune posizioni? E quali? Dopo qualche anno eravamo diventati così esperti che abbiamo anche inventato posizioni nuove che, però, non abbiamo mai omologato per una questione di privacy. È stato comunque un periodo pieno di passione e di strappi muscolari indimenticabile.
Ma la vera rivoluzione, quello che si può chiamare: “il punto di svolta del nostro rapporto” è stato… la monovolume! Ragazzi, lì veramente abbiamo scoperto il “gusto pieno della vita”; mica una Twingo qualsiasi. Come si dice: una macchina “costruita intorno a te”. Autoradio con lettore Cd stereo: perché nel sentimento il sound è fondamentale; navigatore satellitare GPS di ultima generazione: perché puoi perdere la bussola dei sensi, ma a casa ci devi tornare; abitacolo con sedili in Alcantara e luci soft perché l’eros alla lunga è scomodo e te fa pure abbiocca.
Abbiamo continuato così per anni fino a quando sono rimasta incinta.
Devo dire che lui non si scompose quando glielo dissi.
“Che problema c’è? Fallo! Tu lo sai che io sono sempre felice di darti una mano.”
E io conoscevo bene il suo modo di darmi la mano. (ripete il gesto della murena)
Perché? Mi chiedo spesso: perché accetto tutto da quest’uomo senza mai ribellarmi?
Ho trovato alcune risposte, tipo: è l’uomo per me; tu chiamale se vuoi, emozioni; con te dovrò combattere, non ti si può pigliare come sei. Questa è la conferma che la mia generazione è stata rovinata da: Mina, Mogol e Battisti.
Ma ieri ho detto: BASTA!
Mi sono preparata. Questa volta faccio un discorso definitivo, il diciottesimo della nostra relazione.
Sono stata una accusatrice implacabile; vibrante, commovente, lirica; ho parlato con trasporto del nostro amore, dei momenti di abbandono e di tenerezza; di quanto ero stata offesa da lui, della mia sofferenza, ma anche della risolutezza che avevo. Basta! Ho detto, questa volta o tu decidi di lasciare tua moglie o io ti lascio per sempre!
Voi non ci crederete, ma cominciò a piangere, ma piangere così forte, che mi sono venute le lacrime pure a me. Piangevamo tutte e due come due bambini. Una cosa straziante. Finalmente, ho pensato, abbiamo trovato l’amore.
“Lo so, mi ha detto, io sono un essere schifoso, non mi merito l’amore di nessuna donna, me lo ha detto anche mia moglie; figurati che mi sono dimenticato persino il nostro anniversario di matrimonio; ora lei mi vuole lasciare, e io sono disperato… non so cosa fare, mi volevo ammazzare, ma poi ho pensato che le avrei dato troppo dolore… ma adesso so cosa devo fare e solo tu mi puoi aiutare…”
“Io?” “Sì tu! Se tu ci parli… le dici che sei… una collega di lavoro, e le dici che io parlo sempre di lei, che tu ci avevi provato con me, ma che io ti ho rifiutata… per dimostrarle quanto io l’amo… ti prego aiutami!”
Tutto si può dire del mio Paolo, ma accusarlo di essere un cattivo marito, no!
Adesso gli telefono a sua moglie e gliene dico quattro; come si permette di mettere in dubbio la parola di Paolo, lei deve ringraziare il cielo di essere la moglie di quest’uomo, Un uomo così… così buono, cosi sincero, così innamorato.
Come si può dubitare della sua onestà, della sua moralità. Paolo: un santo, un esempio di virtù… Lei deve baciare la terra su cui lui cammina.
Glielo dico: A burina! Ma come te permetti de trattà Paolino mio cosi? Tu non sei buona manco a allacciargli le scarpe, perché non te lo meriti un uomo così e se non lo chiami e non lo fai ritornare a casa io vengo lì e te faccio un culo cosi. A deficiente!
Musica
3° LEGAMENTO
L’insana passione
Musica da circo.
Una voce registrata.
“Benvenuti, signore e signori nel circo delle meraviglie. Dove il normale è diverso e il diverso è normale. L’unico circo al mondo in cui potete guardare l’inguardabile per non credere ai vostri occhi. Nel circo delle meraviglie vi abbiamo mostrato i più assurdi e incomprensibili errori della natura. Fatti e personaggi che nemmeno la scienza è riuscita a penetrare nei suoi arcani misteri. Vi abbiamo mostrato: la donna lupo, la donna scimmia, la donna serpente, la donna uccello; ma quello che adesso vi mostreremo è di gran lunga il mistero più enigmatico, il più inquietante, ambiguo e inspiegabile. Signore e signori reduci dai grandi successi di tutto il mondo… ecco a voi: LA DONNA INVISIBILE.
E voilà! La donna invisibile è qui!
Voi direte, ma qui, dove? Ma scusate se è invisibile, come la potete vedere? Però c’è!
Come sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa.
Non è un indovinello, è un rebus.
Lei, la donna invisibile, ci passa accanto ogni giorno, a volte ci sfiora, distrattamente ne incrociamo lo sguardo, ma non la vediamo. Eppure abbiamo buona vista, siamo attenti osservatori, ma lei, no, non la notiamo. E sapete perché? Perché ci disturba! Altera il nostro sistema. La donna invisibile mette in crisi lo schema della natura che si regge su un principio: tu donna ti accoppierai con un uomo e partorirai la progenie:
(Piange sommessamente imprecando contro gli uomini)
Musica siciliana assolo.
Il pezzo seguente recitato con un forte accento siciliano dell’entroterra.
Mi chiamo Assunta e sono una… sbe…sle… sble… insomma sono una femminasessuale… com’è che ci sono gli omosessuali, ci sono anche le femminesessuali; che ci posso fare, a me mi piacciono le femmine.
Al mio paese, io sono di un paesino della Sicilia, mi chiamano “a jarusa”, che vuole dire che sono come i gai, i puppi va! Io i miei paesani li comprendo perché sono genti ignoranti, senza cottura.
Che è colpa mia se sono nata così? Che poi io sono nata normale, perché io sono una donna perfettamente, con tutti i contributi femminili; e non è che io dico falsità, io c’ho modestamente il senno, e, se scendiamo in basso, non mi manca niente. Tutto il problema e qui: nel cervello.
Tanti si credono che io ho un cervello di maschio; non è vero! Io ho un cervello di femmina, ragiono come una femmina, mi vesto come una femmina, c’ho la voce di femmina: io sono una femmina totale. Solo che mi piacciono le femmine. Non è che i maschi mi fanno schifo, non mi… come posso dire… mi fanno indifferenza.
Mi sono accorta di questa cosa quando avevo 16 anni, che andavamo al mare con la mia famiglia, io invece di guardare i ragazzi, guardavo le ragazze. C’avevo una amica che si chiamava Cettina, aveva la mia stessa età, e nella spiaggia lei mi diceva: “Assunta guarda, guarda quello somiglia a coso… Nico dei Gabbiani, che beddu!” Io lo guardavo e non sentivo niente; poi una volta le risposi: “Cettina a me quello non mi piace, a me mi piaci tu!”
Ma da dove mi è uscita quella parola? “Come ti piaccio io?” “Nel senso che tu sei la mia amica del cuore e io ti voglio bene: “ “Ah, disse lei, mi credevo che tu eri…”
Voi mi credete se vi dico che io ho combattuto contro questa mia deviazione con tutti i mezzi?
Mi sono fidanzata con i ragazzi sei volte; mettevo i poster di Gianni Morandi nella mia stanza; ho fatto anche un fioretto alla Madonna: “Madonna, Madonna mia se non mi fai più pensare a Cettina, ai suoi occhi verdi come le foglie di ulivo, ai suoi capelli neri come l’uva, alle sue spalle dorate come le spighe di grano, io ti prometto che ci scrivo una lettera d’amore a Mal dei primitivi.“
Niente! Io mi innamoravo sempre di femmine. Sì, mi innamoravo!
Quando io guardo una donna bella non penso subito al sesso, no! Io mi innamoro, mi innamoro dei suoi occhi, della sua fronte, della sua risata, di tutto. E mi sento, qui dentro di me, una cosa che non lo so che cosa è… mi sento triste, mi sento allegra, mi sento come un fuoco che mi brucia il petto.
Io sono una donna ignorante, non ho studiato, ma sono sicura che questo è quello che nei libri lo chiamano: amore. Ma io mi vergogno a chiamarlo così. Mi hanno sempre detto che l’amore è quello di una donna per un uomo, ma allora quello che sento io… che cos’è?
Al mio paese tutti mi evitano, specie le donne, come se io fossi una buttana. Me ne andrei a vivere nella città, ma io qui sto bene, conosco tutti, mi piace la campagna, il silenzio del paese, l’aria, i profumi… perché me ne devo andare?
Eppoi in questo paese ho conosciuto Rosaria.
Rosaria è la moglie di Vincenzo il carpentiere. Lui spesso va a lavorare al nord e manca mesi e lei rimane sola. Un giorno lei bussa alla mia porta entra, sorride e mi fa: “Siete voi Assunta, la sensale?”
Io faccio la sensale, c’ho una piccola agenzia di compra e vendita di case; sono abbastanza conosciuta nel paese e nei dintorni.
“Sono io” le ho risposto.
“No, è che, siccome mi voglio comprare una casa, volevo sapere se lei ha qualche casa buona per me?”
Ma che cosa era entrata nella mia agenzia? Tutto ad un tratto ho sentito tutti i profumi della primavera: la zagara, i mandarini, i gelsomini; ho guardato i suoi occhi e mi sono sembrati uno spicchio di cielo in una notte d’estate: neri e sbrizziati; i suoi capelli luccicavano come la seta sotto la luna; insomma… mi sono innamorata pazzescamente di Rosaria.
Le ho fatto una corte spiegata; figuratevi che sono arrivata a scriverle anche una poesia d’amore. Io! Che ho fatto solo la quinta elementare. Ma me la sentivo che usciva da dentro di me questa poesia:
Quannu ti visti lu cori mi tremò
E la me facci russa addivintò
‘Ntisi l’aceddi cantari na canzuna
e tutta luceva la to pirsuna
e iu pinsai tra di mia
tu si l’amuri, si la fantasia.
Ora lei, caro signore, che cosa ne può capire, che ne può capire dell’amore di una donna per un’altra donna? Io, lo sa che cosa ho capito? Ho capito che solo una donna può capire un’altra donna. Lei è uomo e pensa come un uomo. Voi uomini avete… la pistola e … vi pare che basta tirare il grilletto e pum, sparate e vi credete che tutte le donne sono quaglie, anatre, beccaccini, no! Noi non siamo selvaggina, noi siamo persone umane. Le donne vogliono la gentilezza, la dolcezza, ma soprattutto vogliono sincerità; perché la donna lo capisce subito se tu non la vuoi bene, ti leggono dentro il cuore come un libro aperto.
Io vi conosco a voi uomini… non so lei, ma tutti gli uomini quando pensano a due donne insieme, gli sale la libidine alla testa; perché i maschi avete la mente malata. Io con Rosaria quando ci vedevamo ci bastava tenerci la mano per essere in paradiso, ci facevamo le carezze… e, insomma, queste sono cose mie e di Rosaria! A lei che ci interessa?… e non ci deve interessare a nessuno.
E che vuol dire che Vincenzo è il marito? Che cosa mi significa? Tanto per cominciare lui doveva mancare venti giorni e invece è tornato al diciottesimo, già qui si vede che non è un uomo di parola; ma poi, dico io, ma si entra così nelle stanze delle persone? Senza bussare, chiedere permesso,… e che cosa mi significa che quella è casa sua?… questo è un fatto di educazione. Allora secondo lei io dovevo stare ferma e guardare mentre lui copriva di botte a Rosaria? Alla mia Rosaria? Ma le pedate, i pugni che ci dava… era una cosa di una selvaggitudine mai intravista! E che mi dovevo stare ferma? E la cosa più agghiacciante, che proprio mi ha agghiacciato, è stata che ha cominciato a picchiettarmi anche a me… pugni, calci… che giustamente Rosaria non ci ha visto negli occhi e ci desi un colpo di padella nella testa… no, la padella era in cucina, ma Rosaria fece quattro salti con la padella… Rosaria è una che quando corre è come una atletica… anzi ne prese due: una per me e una per lei, io e Rosaria siamo come due gocce d’acqua, una cosa fa lei e una la faccio io, siamo proprio invidisibili… e ci davamo un colpo lei e uno io… che sapevamo che ci prendeva questa emozione cerebrare all’interno e moriva?
E ora dove ci portate? Ma che è un carcere qua nei paraggi? Lo volevo sapere perché a Rosaria ci viene il male dell’auto… per me non c’è problema; io anche in una piccola cella, basta che sto con Rosaria, io sono felice.
4° LEGAMENTO:
L’amore violento
Io non so se le parole abbiano un’anima; non so, se chi ha dato un nome alle cose o alle azioni si sia chiesto: è giusta questa definizione? Esprime in maniera appropriata l’idea per la quale è stata inventata.
La parola non è soltanto suono, è anche immagine.
Se io dico: “bello”; esprimo nel suono l’idea di: aggraziato, incantevole, degno di essere ammirato?
O forse è la nostra cultura che traduce il suono in immagine?
Per esempio “Bello”, in latino, vuol dire una cosa che di bello non ha niente, vuol dire: “guerra”.
Adesso io ho bisogno di dire alcune parole che vi diano delle suggestioni, che vi facciano entrare nel mio stato d’animo. Vi chiedo perciò di chiudere gli occhi e ascoltare queste parole.
(In crescendo nel tono e nella progressione, accompagnate da una musica che enfatizzi le parole.)
“ Ceffoni, sberle, botte, percosse, pugni, cazzotti, bastonate, calci, ossa rotte, lividi, contusioni, ecchimosi, sangue dal naso, dalla bocca, dai denti, legnate, maledizioni, bestemmie, pedate, pedate, pedate e poi ancora pugni, e pugni e botte e calci e cazzotti, cazzotti, cazzotti… (rallentando) pedate, bastonate…legnate…” (pausa di stanchezza. Ansima)
Quello a cui avete assistito è ciò che viene definito: “un momento di rabbia”.
Un furore bestiale che si impadronisce dell’uomo, nei confronti della donna, che, eppure, ama.
Dai più nascosti recessi dell’animo umano; dal suo “cuore di tenebra”, l’uomo scatena la violenza incontrollata; l’oltraggio al sentimento di amore.
(L’attrice cambia posizione e assume il tono di una donna che entra in una stanza di un commissariato.)
“Ah! Qua sei? Ancora? Vieni, andiamo! Ma quale denuncia, signor commissario… non c’è niente da denunciare! Percosse? Ma quali percosse, stavamo giocando e… io sono caduta dalle scale. Tutto qui! E va be’… un’altra volta; che fa una non può cadere dalle scale tre volte di seguito? Troppa cera ci mettono in queste scale e una… scivola! Come giochiamo? Facciamo quel gioco lì… come si chiama… mosca cieca. Ehhhh… alla nostra età giochiamo a mosca cieca, signor commissario… non si può? Avanti va, andiamo a casa che è tardi.
La denuncia? Ancora con questa denuncia? Ma che cosa ha denunciato? Signor commissario, lui… mi ha visto cadere e… si è impressionato. Poverino!
Tutte queste ecchimosi? Non sono… ecchimosi, sono trucchi… l’ombretto, si quello degli occhi… che io me lo metto per giocare, come gli indiani… Ehhh… giocavamo a mosca cieca indiana! Come si gioca? Ma a lei che ci interessa? Ci vuole giocare anche lei, alla sua età?
(Come se ricevesse una risposta insolente, si accalora e esplode)
EHHHHHH! E’ inutile che lei faccia lo spiritoso, signor commissario! Lei è un pubblico ufficiale e io sono una pubblica… disgraziata. Lei fa il suo dovere e io faccio il mio.
Lui non firma nessuna denuncia, perché io, che sono… il corpo del reato… mi oppongo!
Non mi posso opporre? L’articolo del codice? Quale articolo? Non ci sono più articoli… sono finiti gli articoli, qua siamo rimasti solo io e lui e basta!
E tu… (rivolgendosi all’altro personaggio cambiando tono) perché mi fai questo?
Ti sembra giusto farmi venire qui a raccontare i fatti nostri? Che il signor commissario crede chissà che cosa… Tu… tu non ne hai colpa, la colpa è mia… no! E’ mia! Vieni! Ma perché ti ostini a fare la vittima… Il signor commissario è un uomo comprensivo e lo sa che certe cose, succedono senza che nessuno lo voglia. (Pausa)
Non lo abbiamo voluto noi questo amore; qualcuno ce lo ha messo dentro e noi non riusciamo ad accettarlo. Tu te ne vuoi disfare e forse lo voglio anch’io, ma non possiamo… come una fattura, una specie di maledizione.
Io non ce la faccio a buttarlo via… come mio padre che non riusciva a buttare il pane: “il pane, diceva, è un diritto! Non si buttano i diritti!” Forse noi non ce lo siamo conquistato il diritto a questo amore. Forse non lo meritiamo.
Cosa credi di fare venendo qui a denunciarti? Non è la tua espiazione quello di cui io ho bisogno, non è nemmeno una spiegazione quella che mi serve; e non so nemmeno io quello di cui ho bisogno, di cui abbiamo bisogno.
Vede signor commissario, da ragazza, io, invece di mettere sogni nel cassetto, come fanno tutte, io me li portavo addosso; ci camminavo, ci parlavo, li mettevo in ordine: prima tu, poi tu, poi tu, poi tu….
Avevo fatto la lista della spesa, e, in questa lista, l’amore era agli ultimi posti, forse non vi era nemmeno scritto… ma poi sei arrivato tu… e non ho ancora trovato il coraggio di stracciarla quella lista.
Tu lo sai. Conosci le mie chimere più di quanto le conosca io e vorresti cancellarle, abbatterle; vorresti essere tu la mia chimera.
Ma non è semplice, niente è semplice quando la passione diventa tormento e si fa rabbia.
Rabbia! Solo rabbia! Forse questo amore che ne è la causa può esserne anche l’antidoto. Bisogna essere saggi per capirlo e noi non lo siamo.
Lei, signor commissario, vuole una denuncia? Gliela do! Io e lui ci denunciamo.
Denunciamo la nostra inadeguatezza a questo amore.
Dichiariamo la nostra incapacità ad amarci, a sopportarci, a vivere.
Confessiamo la nostra necessità di farci del male; di essere carnefici e vittime della nostra mediocrità.
Mi dica adesso, signor commissario, qual è la pena per questo tipo di reati?
Musica
5° LEGAMENTO
L’amore
Avete mai fatto un test di intelligenza? Quei giochini in cui, con orologio alla mano, dovete rispondere a domande cervellotiche del tipo: “Gianni pesa 90 chili, Mario e Roberto pesano la metà di Riccardo che pesa il triplo di Michele ma un terzo di Giovanni. Quanto pesa Arturo? Ma come si fa a fare domande di questo genere? Se una non conosce nessuno di queste persone come fa a dire quanto pesa? Ma la cosa destabilizzante è che alla fine risulta che hai un quoziente intellettivo da minorata mentale. Precisiamo, non è che voi abbiate mai creduto di essere dei geni, anche se… qualche volta, diciamo la verità, un sospetto l’avete avuto. Avrete pensato: Non sono Rita Levi di Montalcini, ma vuoi mettere il mio taglio di capelli con il suo?
Prendiamo i test sulla personalità. Le domande sono di questo tipo:
Scopri cosa è importante per te nella vita da come affronti questa “situazione tipo”
“Situazione tipo!”
Sei a casa tua e contemporaneamente accadono 5 cose che richiedono la tua attenzione:
a)Il telefono, il cellulare, il citofono suonano insieme.
b) Il bambino si mette a piangere perché ha la testa incastrata nella bocca del tuo PittBull.
c) Qualcuno bussa alla porta gridando: “Polizia aprite!”
d) Un principio di incendio si sta sviluppando in cucina.
e) Hai lasciato il rubinetto aperto in bagno e l'acqua trabocca dalla vasca e sta inondando tutto l’appartamento.
In quale ordine affrontate questi problemi?
Problemi? Situazione tipo? Questo è il festival della jella. Buttate chili di sale in casa! Fate richiesta di un esorcista! Emigrate in una piattaforma petrolifera lontano da tutto.
Il fatto sta che dopo aver fatto qualunque di questi test vi accorgete che avete convissuto per tutta la vita con un estraneo. Voi non siete la persona che credete di essere, dentro di voi si annida una entità aliena. Andate subito da uno psicologo, fate sedute ipnotiche per tornare alla vostra infanzia, ripercorrete tutta la vostra storia, perché, ad un certo punto della vostra vita, un essere sconosciuto ha preso possesso del vostro io.
Perché oggi ci vogliono misurare tutto: la capacità di logica, la capacità emotiva, persino la capacità d’amare. Come se l’amore fosse una febbre e ci fosse un termometro per misurarla.
Musica:
Ho preparato la colazione… per due… io e mio figlio… Andrea; adesso sta dormendo… (tende l’orecchio, si sente una musica) no, non sta dormendo; si è svegliato… credo. In genere lui si sveglia, accende la radio e poi fa una fuga in bagno… rapida; io non lo vedo mai… lui si accerta che io sia in un’altra stanza e… sssswwwiiinnn, in bagno. E quando lui è in bagno io gli metto la colazione davanti alla sua stanza, così quando lui esce dal bagno… sssswwwiiinnn prende la colazione e si chiude dentro. Deve essere cresciuto adesso… compie 22 anni proprio domani; chissà come sarà… l’ultima volta che l’ho visto è stato 6 mesi e 14 giorni fa… durante lo sssswwwiiinnn… mi sembrò più bello… come la pubblicità della Nike, vi ricordate quello che correva e sfondava i muri? O era un’altra pubblicità? Tanto è uguale. Quando deve uscire approfitta che io sia fuori o stia dormendo e così lui non ha l’obbligo di salutarmi. Per mangiare mi manda un SMS al cellulare oppure infila un biglietto sotto la porta e mi dice cosa vuole mangiare; io gli preparo quello che lui ha chiesto e glielo metto davanti la porta poi mi allontano e lui, sssswwwiiinnn, prende il vassoio e si chiude dentro.
Lui… lui ha messo delle telecamere in tutte le stanze, sono così piccole che non li noti nemmeno, ma io me ne sono accorta, ma non gli dico niente. In realtà lui mi vede nel computer. Mi spia… come in televisione, sì… i cosi lì… i… reality, come il grande fratello, l’isola dei cosi… insomma.
Ho anche una figlia. Laura. Ora lei non c’è; è andata a vivere da sola.
Negli ultimi due anni i nostri rapporti si erano, come si dice: deteriorati… sì insomma… “Ciao, Ciao, che fai esci? Torni tardi? Lo so che non sono affari miei… ma questa casa non è un albergo; se vuoi stare in questa casa devi rispettare le regole, se no te ne vai…”
Se n’è andata. E’ uscita dalla casa. Io non l’avevo nominata, mio marito nemmeno, ma lei è andata via lo stesso.
Mio marito, dopo un po’, anche lui si è nominato da se... mi ha detto: “che sto a fare in questa casa? Mia figlia è andata via, mio figlio non lo vedo mai, posso solo sperare che per Natale o Pasqua, lui ci conceda di pranzare con noi. Io e te parliamo solo di bollette.” Così è andato via.
Per lui era diventato un incubo quella porta chiusa… non ce la fatta. Adesso siamo rimasti io e Andrea. Sì, lo so. Lui soffre! E la colpa è mia. Mia e di mio marito. Perché non siamo stati dei buoni genitori. Eppure abbiamo seguito i consigli dei migliori specialisti… l’alimentazione, per esempio, ci avevano detto: alimentazione controllata. E io a controllare, a fare le verdurine, le pappine, i frullatini; calcolavo tutto: le proteine, i carboidrati, le vitamine: A, B,. C, D, E, F…; uno prende le vitamine e impara l’alfabeto.
Tutto sbagliato. Loro, gli specialisti, avevano cambiato idea: “bisogna dare cibi genuini, naturali; abituare l’organismo a fare il proprio dovere!” Insomma: bistecche al sangue, ossibuchi, castrato, baccalà, impepata di cozze… insomma tutte cose naturali. Poi nella fase preadolescenziale i saggi specialisti erano categorici: dovete esternare i sentimenti; abbracciatevi, baciatevi, accarezzatevi; i bambini si devono sentire amati, coccolati. E noi giù a baciare, a coccolare ad accarezzare. Tutto sbagliato! Ma quando mai! I figli sono i figli, i genitori sono i genitori! Distinguiamo i ruoli! Il bambino fa una marachella? Una sberla! Non fa i compiti? A letto senza cena! Non mangia la verdura? Dieci frustate!
No, non siamo stati dei buoni genitori. Ammettiamolo. Per esempio: il complesso di Edipo. Ma voi lo sapete voi perché l’umanità ha vissuto fra guerre e lotte fratricide? Perché tutte le generazioni precedenti hanno avuto il complesso di Edipo! Tutti! Nessuno escluso! Hitler, aveva un complesso di Edipo… enorme…; Stalin? Il complesso di Edipo che aveva Stalin era gigantesco… quanto la piazza rossa, ma che dico… grande quanto la Bielorussia, il Kazikistan, il Kurdistan, insomma… lo sa solo Putin. Per questo quando noi abbiamo avuto i nostri figli, la prima cosa che abbiamo pensato quale è stata? Evitare a tutti i costi che avessero il complesso di Edipo!
Tutta la mia generazione ha profuso impegno, volontà, intelligenza, per evitare che i propri figli avessero questo focolaio di nefandezze, di cattiveria umana: il complesso di Edipo! Ammettiamolo: abbiamo fallito! E abbiamo fallito non perché non ci siamo impegnati, o perché abbiamo sottovalutato il problema, ma semplicemente e unicamente, perché non abbiamo ancora capito che cazzo è questo complesso di Edipo.
Lui… mi sta osservando… (parla come se non si volesse fare sentire da lui) in questo momento io sono inquadrata dalla numero 4, anzi dalla numero 6. Devo stare attenta alla mia espressione facciale. Se appaio allegra, gli comunico indifferenza e aggiungo frustrazione a frustrazione. Se invece mi vede triste, ingigantisco i sensi di colpa che lo opprimono; io allora ho studiato una espressione in bilico… così (mostra espressione un po’ buffa) Lui mi studia… pare che stia scrivendo un libro su di me, ho rovistato nella sua spazzatura… ho trovato dei ritagli di carta, ne ho conservato alcuni…(esce fuori dei pezzetti di carta, da cui legge) …lei si muove nel suo habitat (aspira l’acca) con goffaggine e insicurezza, punto e virgola, segno di una sua inadeguatezza, punto. La scala evolutiva ha subito un arresto…” e qui non si legge più niente. Ho capito che sono io… io mi muovo nel mio… habitat con goffaggine e insicurezza. Ma sto cambiando anche il mio modo di muovermi nel mio tre vani con cucina habitat… lavo i pavimenti con la grazia di una ballerina classica e non disdegno di fare anche qualche volteggio.
Una volta mi ha tolto la parola per una settimana perché avevo sbagliato la declinazione di un verbo transitivo... gli ho nascosto che io non so che cosa sia un verbo transitivo… mi avrebbe ripudiato come madre. Mi dovrò riscrivere ad una scuola serale.
Io ho sempre seguito quelli che si chiamavano: “i saggi consigli degli specialisti”. Poi, tutto ad un tratto, non li ho più capiti. Non riuscivo a capire perché fare la madre era diventato così difficile. Non capivo perché per amare i figli ci volesse tutta questa competenza, questa specializzazione, come se una si dovesse prendere il diploma per fare la madre.
E così ho deciso di buttare via tutto: i libri, le riviste, i video, tutto! Tutto quello che mi doveva “insegnare ad essere una buona madre”. Ho deciso come quella del libro, “andare dove mi porta il cuore”
Perché il cuore di una madre non sbaglia mai. Io vincerò la mia battaglia. Lui mi deve amare. Il suo è un dovere, non può farmi vivere in questa bolla di angoscia. Io esigo il suo amore.
Il suo amore per me è linfa vitale, tutto il mio mondo, la mia esistenza non ha senso se lui non mi ama. Io gli ho dato la vita. Lo so che questo è un argomento di… basso profilo educativo, ma è il solo che mi è rimasto e io lo uso. Affanculo gli scienziati, gli specialisti, i saggi consigli; io ho diritto al suo amore!
Mi sto consumando dietro quella porta; sono stanca di aspettare; voglio vederlo, voglio sentire la sua voce, voglio toccarlo, abbracciarlo, baciarlo.
Andrea figlio mio…(cerca disperatamente un punto da guardare, dove lei immagina possa essere una telecamera) …io non so se ho sbagliato, se l’ho fatto non volevo, ma io ti voglio bene, lo so che le mie sono parole semplici e forse non toccano il tuo cuore così elevato, così intelligente… ma io so usare solo queste parole. Perdonami se ti ho fatto del male, sono solo una povera donna… ti chiedo solo di starti vicino, voglio solo sentirti vicino a me… sentire il tuo odore… (Cambia tono) tu non puoi… non puoi trattarmi così, io sono tua madre, io… io… ti ordino di amarmi… tu me lo devi, devi amarmi… è un tuo dovere e se non lo fai ti giuro che ti farò pentire, perché non accetto i tuoi capricci… sei sempre stato un ragazzo viziato, fannullone, e la colpa è mia e di tuo padre che ti abbiamo sempre accontentato, ma adesso basta. Esci da quella maledetta stanza! (silenzio d’attesa carico di tensione)
No!? No!? E allora adesso si fa come dico io!
(spegne le luci o chiude le imposte e rimane al buio) Non mi vedi più adesso! Da ora in poi sarà così… non mi vedrai muovermi con goffaggine e insicurezza… adesso non saprai più dove io sono… non avrai più la tua colazione dietro la porta… adesso io ti assedierò, ti farò uscire per fame e quando sarai fuori… mi amerai.
FINALE
Ma scusate, se uno vuole amore; una società civile, democratica, perché glielo deve negare? I nostri diritti sono o non sono inalienabili? Quale che sia il modo in cui lo otteniamo, l’amore è un diritto!
Perché ce lo volete togliere!? Tutte le lotte che noi, i nostri padri, e tutte le generazioni passate hanno fatto, a cosa sono servite? Il cammino della civiltà è inesorabile e macina conquiste su conquiste. Ma, raggiunte le mete materiali della vita, è giusto porsi traguardi più alti, spirituali, metafisici. Stiamo raccogliendo le firme per modificare l’articolo uno della nostra costituzione che deve essere: “La nostra è una società fondata sul desiderio.”
Lo stato mi deve tutelare! Mi deve dare sostegno e sicurezza! Mi deve garantire la salute, l’amore e la bellezza!
Sì anche la bellezza, perché non possiamo mortificare il nostro senso estetico.
Il silicone, la più grande invenzione del secolo, dopo quella dello Swiffer il cattura polvere
Il silicone ha cambiato la prospettiva della nostra esistenza. Immaginate la società fra cent’anni.
Vecchie di 99 con tette da 16enni, culo di 20enni, labbra di 25enni e cervello di 4enni.
Camminano con due bastoni con pantaloni attillati e magliette aderenti che ti fanno impressione.
Come vestiti appesi all'attaccapanni, con la pelle che penzola.
I soli organi che potranno donare alla loro morte saranno protesi al silicone scadute che saranno vendute nelle bancarelle davanti alle cliniche di chirurgia estetica.
(Come uno strillone al mercato) "Tette e culi di seconda mano. Guardi signora che culo che abbiamo, originale del 1998 un'annata favolosa per i culi. Si dice che questo sia il culo di una presentatrice di "Domenica in". Chi è l’artista che le ha fatto un culo così? Non glielo dò per certo ma si dice che non ci sia la mano di uno solo, diciamo che è stata un’équipe di manipolatori di culo. In abbinamento le offriamo anche le tette, osservi che tette signora, non se ne fanno più tette così; queste tette oltre al petto rialzano pure il morale, vi danno slancio, sicurezza, gioia di vivere. Con queste tette risparmiate i soldi delle sedute di terapia; signora queste non sono tette, sono il passaporto per la felicità."
Ma poi, se il corpo, quest’imballaggio dell'anima, questa borsa da viaggio delle nostre paure, sta diventando sempre più invaso da corpi estranei è perché lo vogliamo noi. Da Barnard in poi ci abbiamo fatto mettere di tutto: cuore, fegato, milza, polmoni, intestini; non accettiamo l'idea che, come tutto in natura, anche il nostro corpo ha una scadenza. Ci vogliamo fermare a 30 anni. Ci ostiniamo a volere restare giovani.
“Io ci ho 50 anni ma sono giovane; ce ne ho 70 ma sono giovane. Ci ho due pace maker, una valvola mitralica al silicio, un menisco al carbonio, i denti in porcellana sintetica...; mi sento bionico”. E difatti la scienza ci da una mano. Vista la penuria di organi di ricambio si preparano altri organi con altro materiale. I microchips. Scusate mi vibra la mano. "Pronto" (si porta la mano con pollice e mignolo alzati) Che vi credete che faccio finta di telefonare? Sto telefonando davvero. M'hanno trapiantato un microauricolare nel pollice e un micro-microfono nel mignolo; c'ho il cellulare incorporato, l'ultimo modello triband, per fare il numero basta che lo detto al mio mignolo, quando mi chiamano mi vibra la mano. Se mi chiamano mentre mangio o bevo, statemi lontano vi potrei innaffiare di brodo o di caffè a 60 gradi. Per cambiarlo con il modello UMTF che fa le foto mi devono tagliare la mano e montarne un’altra.
Non funziona il vostro sistema circolatorio: arterie, vene, circolo superiore, inferiore; ve lo rifanno nuovo, in fibra sintetica trasparente e come optional ci mettono una microtelecamera che fa il percorso del sangue e manda le immagini ad un monitor o con una presa scart sul televisore di casa. Che uno, quando non c'è niente da vedere in televisione, si gode questa panoramica del proprio sistema sanguigno che in certi momenti è più appassionante di un thriller, e a volte assume anche toni epici, con queste battaglie di globuli bianchi contro globuli rossi con rovesciamenti di fronte continui, assalti, imboscate, duelli all'ultimo sangue; insomma un fiume di sangue che scorre.
Avete problemi di digestione, il piloro fa i capricci, il colesterolo quest'anno si porta a 120 e voi ce l'avete a 180, l'intestino tenue è troppo tenue, e quello grasso è troppo grasso; quale che sia il vostro problema, hanno trovato la soluzione. Una serie di sensori in ogni punto del corpo, collegati fra di loro sotto la direzione di una torre di controllo che sta nel cervello.
- "Qui esofago, ho un carico di calamari ripieni, chiedo il permesso di atterrare nello stomaco, ripeto calamari ripieni, chiedo il permesso di atterrare nello stomaco.
- Ricevuto esofago dovete tenere ancora i calamari, stanno atterrando adesso i carciofini sott’olio, sorvolate il cardias e al nostro via portatevi sulla pista di atterraggio dopo le linguine allo scoglio.
- Attenzione ci segnalano un’inondazione di Frascati di seconda scelta, munirsi di salvagente.
- Un'insalata di finocchi sta entrando nell'esofago, chiediamo istruzioni.
- Ma dateci il tempo di sistemare i calamari ripieni e le linguine…
- Qui il settore deglutizione, ci arriva in questo momento una chilata di anguria; attendiamo disposizioni.
- Ma le piste sono tutte occupate, non c'è più spazio...
- Profitterol in zona masticazione, ripeto profitterol in zona masticazione.
- Qui deglutizione, siamo ancora alle prese con l'anguria, non possiamo accettare i profitterol...
- Qui i finocchi, stiamo finendo il carburante, chiediamo permesso atterraggio...
- Calamari ripieni in attesa, mi porto dietro le linguine allo scoglio in fase di atterraggio...
- Qui i finocchi, noi dobbiamo atterrare per forza; perché non fate entrare in azione i succhi gastrici?
- I succhi gastrici sono in sciopero per solidarietà con gli enzimi...
- L'anguria è entrata in una perturbazione fa su e giù...
- I profitterol hanno avvistato una carie e gli si sono buttati addosso, che faccio?
- I calamari ripieni sono sulla pista di atterraggio ma… la pista non regge…
- L’anguria sta provocando un effetto Tsumani…
- I finocchi chiedono assistenza tecnica…
- I calamari vogliono essere rimpatriati…
- Le linguine chiamano l’unità di crisi…
- Qui torre di controllo, qui torre di controllo, decliniamo ogni responsabilità, anzi proclamiamo uno sciopero ad oltranza, così questo stronzo si strafoga e non rompe i coglioni.
Proprio così; il nostro corpo si sta modificando, ma è una evoluzione artificiosa, che viola le leggi della natura, è una evoluzione o se volete una involuzione, che noi stessi operiamo.
Manipoliamo il nostro corpo come fosse un tacchino da riempire, ci mettiamo dentro tutto. Non ve lo dò per certo ma fra non molto genereremo figli con microcips al posto delle valvole cardiache, articolazioni sintetiche al plexiglass, globi oculari in resina antilacrima, muscoli in acciaio organico e chissà quanti altri orrori.
Ma attenzione dalla manipolazione del corpo si passa alla manipolazione della mente. Si impadroniranno della nostra anima, dei nostri sentimenti, dei nostri desideri… o forse l’hanno già fatto!
Forse esagero, ma, come disse qualcuno: “Viene il momento il cui bisogna fermarsi prima che lo spettacolo diventi grottesco.”
FINE