L’ex maggiore Hermann Grotz

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L'EX MAGGIORE HERMANN GROTZ

Commedia in tre atti

di ANTON GAETANO PARODI

                                   

PERSONAGGI

L'ex maggiore Hermann Grotz

Eric Van Tilgher

Miguel

Paul

Altri dell'equipaggio

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(La cabina del maggiore Hermann Grotz a bordo di « un'apparenza di nave». Caratterizzare l'am­biente senza cadere in eccessivo realismo. L'oblò sul fondo, porta a destra, un apparecchio radio rice­vente e trasmittente, un grande radio-grammofono, due comode poltrone di pelle e un divano. All'al­zarsi del sipario, Hermann, appoggiato al radio­grammofono, ascolta la « Cavalcata delle Walchi­rie-». Entra Eric von Tilgher).

Eric                                  - (si sofferma qualche istante ad ascoltare la musica, poi con irritazione infantile) Un giorno o l'altro getterò quel disco in mare...

Hermann                          - (con calma toglie il disco, siede su una delle poltrone; riferendosi al motivo per cui Eric è andato in coperta) Non perdere la calma, Eric. Finiremo per trovarlo il tuo Moby Dick.

Eric                                  - (piagnucolando) Non lo troveremo mai, Hermann. Questa maledetta nebbia non andrà più via. (Con forza) Se toccassimo terra forse potrem­mo sapere qualcosa... forse, Hermann, i giornali... O forse è qui attorno... Ascolta: fruscia contro il fianco della nave... No! Naviga nella nebbia... si­lenzioso... non si lascerà prendere... non è stata la tempesta a strapparlo dall'ormeggio di Liverpool... (Con fare misterioso) E' fuggito... Ne sono certo, Hermann.

Hermann                          - E' solo un grosso fantoccio, Eric, che doveva servire per un film.

Eric                                  - Un grosso fantoccio, dici? Ma i fantocci non fuggono. Ovunque li metti rimangono buoni, immobili. Io non ho mai udito di fantocci che scom­paiono.

Hermann                          - E' stata la tempesta, Eric.

Eric                                  - Lo dici tu. Io non ci credo. Forse coloro che lo hanno costruito non si sono resi conto di ciò che stavano facendo... ad un certo momento ha preso coscienza di sé... all'improvviso...

Hermann                          - E' difficile che i fantocci prendano coscienza di sé.

Eric                                  - Ma non si tratta di un fantoccio: si tratta di Moby Dick. Deve sentirsi maledettamente solo. Appena sarà possibile manderemo giù delle scia­luppe. Promettimelo, Hermann...

Hermann                          - Te lo prometto. Manderemo fuori tutte le scialuppe che vorrai.

Eric                                  - Ti ringrazio. Paul dice che se lo troveremo potrà servirci.

Hermann                          - Un fantoccio popolato di sogni. Paul ha ragione.

Eric                                  - Ma sarà mio. Non è vero, Hermann?

Hermann                          - Certamente. Te lo porterai dietro al guinzaglio.

Eric                                  - Dovresti dirlo a Paul.

Hermann                          - Glielo dirò. Bevi un po' di gin, Eric. Più bevi e più diventi divertente.

Eric                                  - Non ti è simpatico Paul, non è vero?

Hermann                          - Rassomiglia al sergente Fritz Grim-parzer che era ai miei ordini a Cracovia. Nessuno mi è simpatico, Eric, se è questo che vuoi sapere.

Eric                                  - No. Non voglio saperlo. (Si stende sul di­vano) Quando finirà, Hermann, questo girotondo? Sono otto ore che giriamo, giriamo, giriamo... Non mi è mai accaduto. Non ricordo che ci sia mai stato un ritardo di otto ore.

Hermann                          - Ritieni di doverti preoccupare per questo?

Eric                                  - No, Hermann. Perdonami. Ma se conti­nueremo a rimanere qui... (Con sforzo) Forse hai sbagliato il luogo dell'appuntamento. O forse la data... (Hermann sta per reagire) Anche tu puoi sbagliare almeno una volta. Hai ragione, Hermann, può anche avere sbagliato il comandante della nave. Dovrebbe esserci il capitano Henry a bordo. Pos­sono aver sbagliato addirittura a Tangeri. (Dopo una pausa, con un lungo sospiro) Continueremo ad incrociare in questa zona per tutta l'eternità e nes­suna nave verrà mai a rilevare il nostro carico.

Hermann                          - Lo distribuiremo all'equipaggio. Tan­to di coca, tanto di eroina... c'è persino della majurana, non è vero? Per tutta l'eternità avrà mondi di sogni a disposizione.

Eric                                  - Non scherzare, Hermann. Ti prego, non scherzare. Le altre volte era più facile.

Hermann                          - (interrompendolo) Anche a Paul di tanto in tanto vengono delle buone idee. Il tuo Moby Dick potrebbe veramente essere un nascon­diglio ideale. Imbottito di questa sporca merce ce lo trascineremmo dietro a qualche metro di profon­dità e non dovremmo più aver paura di fare cattivi incontri. Potremmo fare delle magnifiche traversate stesi al sole in coperta. Bevi, adesso. Quando la bot­tiglia sarà vuota te ne darò un'altra e poi un'altra ancora... Sopra ogni altra cosa al mondo amo le persone divertenti.

Eric                                  - (piagnucoloso) Ho bisogno di una donna, Hermann. Come fai tu a non avere mai bisogno di una donna?

Hermann                          - Chi ti dice che non ho mai bisogno di una donna?

Eric                                  - Mi sento scoppiare la testa dalla voglia che ne ho.

Hermann                          - Non fare il bambino, Eric.

Eric                                  - No, Hermann. Non farò il bambino. (Do­po una pausa) Un ritardo di otto ore che cosa si­gnifica in fondo? Un banco di nebbia... Per gli uo­mini dell'equipaggio significa molto. (Ride) Un tale mi ha chiesto se è vero che trasportiamo un carico di armi russe in Africa.

Hermann                          - Straordinario. Dovrebbero saperlo tutti che tu e io da anni non ci occupiamo più di politica.

Eric                                  - O'Hara ha chiesto a Miguel se è vero che trasportiamo dei segreti di stato americano... delle nuove armi....

Hermann                          - Anche questo è straordinario.

Eric                                  - Ma anche tra i nuovi c'è chi sa che noi trasportiamo soltanto stupefacenti.

Hermann                          - E' pericoloso saper troppo.

Eric                                  - Paul, Miguel e Hans non fanno altro che ripeterlo...

Hermann                          - Non avremmo dovuto accettare il cambio dell'equipaggio. Non si può ricominciare sempre daccapo. Dal primo all'ultimo viaggio do­vrebbero assegnare sempre gli stessi uomini.

Eric                                  - E chi dirà quale sarà l'ultimo viaggio?

Hermann                          - Non ci sarà bisogno che qualcuno lo dica. Ce ne accorgeremo da noi stessi quando sarà evidente che altri non ce ne potranno essere.

Eric                                  - Hermann, potrebbe essere questo, ad esem­pio, l'ultimo viaggio? Il nostro ultimo viaggio?

Hermann                          - Potrebbe. Prova ad immaginare che questo sia l'ultimo nostro viaggio, che non ce ne saranno altri. Prova, Eric...

Eric                                  - (dopo una pausa) Non posso. Ma tu, tu puoi immaginare che questo è l'ultimo, che non ce ne saranno altri? (Febbrile) Neanche tu lo puoi. Tu non puoi desiderare null'altro che la vita perché sei forte, sei ricco... ad ogni viaggio diventi sempre più ricco. Un giorno potrai comprare tutto il mondo se lo vorrai.

Hermann                          - E mangerò oro e berrò cascate di ru­bini e mi stringerò al petto i più grandi diamanti che mai uomo abbia strappato alla terra...

Eric                                  - (con tono diverso, a bassa voce) Anche tu... anche tu, Hermann, pensi alle donne. Anche tu ci pensi. L'ho compreso dal modo come hai detto: stringerò al petto i diamanti più grandi del mondo. Ecco, Hermann, stringere qualcosa, qualcosa al pet­to... e non diamanti...

Hermann                          - Oltre al resto sei anche volgarmente romantico.

Eric                                  - Perdonami, Hermann, perdonami...

Hermann                          - (chinandosi verso di lui) Mi strisce­resti ai piedi se volessi... mi leccheresti le scarpe. Mi basterebbe farti un cenno. Non è vero, Eric? Rispondimi, Eric!

Eric                                  - Sì, Hermann.

Hermann                          - Tu vorresti che non incontrassimo mai la nave... che restassimo qui, in eterno, ad in­crociare senza mai incontrare la nave. Tutto il ca­rico sarebbe tuo. Tuo... (Sottile) Chissà se non me­diti di uccidermi per prendere il comando...

 

Eric                                  - (interrompendolo) Hermann, te ne prego.

Hermann                          - Al tuo posto io avrei esaminato la possibilità di impadronirmi del comando e del ca­rico...

Eric                                  - Taci,. Hermann, taci...

Hermann                          - Dimentico sempre che non sei più capace di pensare a nulla di concreto e di utile. Tu hai i tuoi sogni. I sogni che io, io ti dò. Ma io non sogno... io sono sfuggito ai sogni... Io, Hermann Grotz, maggiore Hermann Grotz...

Eric                                  - Hermann, caro Hermann, mio caro, caris­simo Hermann, non ti eccitare. Mi si gela il sangue quando ti ecciti.

Hermann                          - (ricomponendosi) Non mi eccito af­fatto. (Pausa) Anche tu hai paura. (Stanco) Hai paura come gli uomini dell'equipaggio. Prendi nota, Eric, continuo a chiamarli uomini e invece non lo sono. E neanche tu lo sei. Non avete uno straccio di carattere.

Eric                                  - Non devi dire questo. Ognuno di noi ha il proprio carattere.

Hermann                          - E dove diavolo hai cacciato il tuo? Mi sei venuto dietro come un cane: Berlino, Zurigo, Lisbona... le Canarie e poi questa apparenza di na­ve... questo covo di sporcizia e di delinquenza e tu, tu a piagnucolarmi dietro disfatto, dissolto.

Eric                                  - Hermann, ti scongiuro in ginocchio di non parlarmi così.

Hermann                          - (con fastidio) Alzati, Eric. (Si avvi­cina al radiogrammofono, ascolta un brano di mu­sica, poi bruscamente spegne) Domani sarà il 7 feb­braio. Diciotto anni fa ero a Praga. Con mia moglie e le mie bambine. Il capitano Hermann Grotz, ex­ufficiale di marina arruolato nella Schutz Staffen... membro del partito dall'epoca di Monaco. Nomi­nato maggiore per merito di guerra. Le mie bam­bine si chiamano Geltrude e Lise. Geltrude ha un leggero difetto di pronuncia: l'erre francese. Insolito nei tedeschi. Hilse, chiedevo spesso a mia moglie, Hilse, guardami negli occhi... non ti accade mai di incontrare qualche giovane, irresistibilmente francese? Sono sciocchezze, vero? Non ho mai udito ridere come ride Hilse.

Eric                                  - Quante altre donne hai avuto occasione di udire ridere, Hermann? Quante altre donne hai fatto ridere, Hermann?

Hermann                          - (come si confessasse) Non mi si è mai presentata l'occasione di far ridere altre donne all'in-fuori di Hilse.

Eric                                  - Volevi che ridessero le donne a cui impic­cavi i mariti o i fratelli? O i loro figli? Volevi che ridessero?

Hermann                          - No, non potevo pretenderlo. Anche se lo avessi ordinato non avrebbero riso.

 Eric                                 - O volevi che ridessero le ebree quando le chiudevi nei vagoni?

Hermann                          - Certo no. Non potevano ridere. Non ho mai avuto occasione di far ridere le donne io.

Eric                                  - E neanche gli uomini. Nessun uomo ha mai riso con te. E Hilse, Hilse, ha riso a lungo?

Hermann                          - (di scatto) Basta! Ho udito ridere de­cine e centinaia di uomini e di donne. Migliaia di uomini e di donne ho udito ridere. L'intero mondo, da un continente all'altro, ho udito ridere.

Eric                                  - (umile) Era bella tua moglie, Hermann? Era veramente bella come la descrivi?

Hermann                          - Perché dici: era? Non è morta che io sappia. E' più bella di quanto sia capace di de­scriverla.

Eric                                  - Perché, Hermann, non torni da lei? Avresti potuto tornare da lei già da molti anni. Da almeno dieci anni.

Hermann                          - Non tornerei soltanto da lei. Hilse e le due bambine non vivono in un pianeta deserto. E non avrei nulla da dire agli altri. E se tornassi, Eric, se tornassi mi tradirei con me stesso. Perché a Hilse non tornerebbe herr Hermann Grotz suo marito. Hilse non ha sposato il maggiore Hermann Grotz, ma herr Hermann Grotz, intermediario di immobili con ufficio in Bulewstrasse al n. 135. Hermann Grotz è defunto durante la guerra... sal­ma non identificata... Gli sopravvive il maggiore Hermann Grotz. E chi è il maggiore Hermann Grotz? Chi è, Eric?

Eric                                  - Tu sei l'ex maggiore Hermann Grotz.

Hermann                          - Errore. Ecco l'errore. Sarebbe troppo comodo entrare ed uscire dall'una all'altra vita chiu­dendo ogni volta la porta con un ex. Sarebbe vera­mente troppo comodo. Nessuna cosa al mondo riu­scirà mai a far risorgere herr Hermann Grotz. Que­sto signore probabilmente è deceduto in Polonia.

Eric                                  - Ascolta, Hermann, ascolta... quando herr Hermann Grotz è nato, esisteva già il suo destino di maggiore Hermann Grotz.

Hermann                          - No, Eric. Il maggiore Hermann Grotz è nato dal caso. Suo padre il caso, sua madre il caso, il mondo stesso, il pianeta Terra, un caso...

Eric                                  - Hermann, caro Hermann... (Bussano alla •porta della cabina).

Paul                                 - (entrando) Ha ordini, capitano?

Hermann                          - Avanti, Paul. Chiudi la porta. Entra puzzo di letamaio dalla porta aperta. (Lo osserva con gli occhi socchiusi) Hai mai portato i baffi, Paul?

Paul                                 - Mai signor capitano,

Hermann                          - Sei stato mai a Cracovia, Paul?

 Paul                                - Mai stato a Cracovia, capitano.

Hermann                          - Sempre più sensazionale. E' molto tempo che desidero chiederti se hai fratelli. Ne hai, Paul?

Paul                                 - Uno, capitano.

Hermann                          - Uno soltanto? Eppure mi era stato assicurato che dalle tue parti le vacche sono pro­lifiche.

Paul                                 - Mia madre è morta durante il secondo parto, signor capitano.

Hermann                          - E tuo fratello che fa?

Paul                                 - Il pescatore. A Theole sur mer.

Hermann                          - Come mai non ha scelto il tuo me­stiere? (Brusco, senza attendere risposta) Che cosa vuoi?

Paul                                 - Qualcosa non va nell'equipaggio. Se mi è consentito...

Hermann                          - Avanti.

Paul                                 - L'ultima scelta degli uomini, a mio avviso, non è stata troppo felice.

Hermann                          - Non abbiamo scelto. Abbiamo dovuto prendere a bordo gli uomini che ci hanno mandato.

Paul                                 - Non s'improvvisano i marinai, signor ca­pitano, e tanto meno per una nave come questa.

Hermann                          - Spiegati meglio.

Paul                                 - Almeno quattro degli uomini imbarcati non erano mai stati prima di adesso a bordo di una nave. Dubito perfino che sappiano nuotare. Sono irrequieti, signor capitano.

Hermann                          - Hanno paura?

Paul                                 - Sì, signor capitano. Ma non è solo questo. Qualcuno di essi non tollera la disciplina di bordo.

Hermann                          - Ai ferri, Paul. Chiunque rifiuta ob­bedienza o alza la voce, ai ferri. Abbiamo sufficiente spazio sotto coperta per mettere ai ferri tutto l'equi­paggio.

Paul                                 - La prossima volta dovremo essere noi a scegliere gli uomini.

Hermann                          - Noi, chi? tu?... Non sono affari che ti riguardano, Paul.

Paul                                 - Sissignore.

Hermann                          - (in una 'pausa nella quale beve igno­rando completamente Paul) Come sono i rap­porti tra gli anziani e gli ultimi arrivati?

Paul                                 - Non mi piacciono gli assassini signore. Non è il nostro genere di attività.

Hermann                          - Ebbene? Che ti prenda un accidente, Paul! Quell'espressione di disgusto sulla tua faccia non me l'aspettavo proprio. Continua ad incrociare e non discostarti di un grado dalla rotta. Non ho altri ordini da darti. Fuori di qui, bestione! (Paul esce).

Eric                                  - Non trattare così Paul.

Hermann                          - Perché? E tu che c'entri? Il tuo com­pito è di fare il buffone! Di farmi ridere. Cosa è accaduto che vi siete accorti di temere il sudiciume?

Eric                                  - (serio e con dignità) Hermann, mi ucci­derai, così.

Hermann                          - Eric... Ripeti ciò che hai detto, ripe­tilo con lo stesso tono. Accidenti a te! Hai proprio ragione: forse hai ancora qualche cosa di pulito anche se non riesco a scoprirlo.

Eric                                  - (c.s.) Ti ringrazio, Hermann. (Mentre Her­mann beve) Paul riesce a mantenere la disciplina tra gli uomini. Può renderti difficile la vita a bordo.

Hermann                          - Paul non si metterà mai contro dò me, Eric. Almeno fino a quando sarò il capitano. Io sono il denaro. Io posso farlo divenire ricco più rapidamente di quanto egli stesso abbia mai sognato. E posso anche ucciderlo o farlo uccidere senza che alcuno me ne renda conto.

Eric                                  - E' un violento. Tutti hanno paura dei suoi pugni.

Hermann                          - Molti avevano paura anche di te, Eric. Ricordi a Lodz che paura avevano di te quei ragaz­zini e quelle donne?

Eric                                  - Hermann...

Hermann                          - (sottile) Ci sono degli assassini a bor­do... (Ironico) Chissà se avranno ancora qualcosa di umano... (A Eric) Tenente Eric von Tilgher, avete mai veduto un assassino?

Eric                                  - Sei tu, Hermann, l'unico a bordo che non abbia in sé più nulla dà umano...

Hermann                          - (appoggiato al vetro dell'oblò) Scioc­chezze. (Trasalendo) Ascolta! (Una voce lontana che egli solo ode) Maggiore Hermann Grotz, a rap­porto. (Riprendendosi lentamente) Tu non l'hai udi­ta, io sì. La voce del colonnello von Strempfen... Da qualche tempo l'odo nuovamente. Non ho mai compreso perché scelse per suicidarsi i giorno della insurrezione di Varsavia... era un uomo alto, sotti­le... elegante... Prima che lo chiamassero alle armi dirigeva un grande studio legale ad Amburgo. Per­sino di notte mi chiama ancora a rapporto.

Eric                                  - Tu stai impazzendo, Hermann.

Hermann                          - (di scatto) Non ti permettere mai più, Eric. Non ti permettere più... (Bussano alla porta). Cosa c'è ancora?

Paul                                 - (ansante) Signor capitano...

Hermann                          - Ancora tu?

Paul                                 - Perdoni, capitano... signor capitano... Ho scoperto Domingo in cambusa...

Hermann                          - (a Eric) Chi è Domingo, Eric?

Eric                                  - Uno dei nuovi arruolati.

Hermann                          - (a Paul) Perché dovrebbero interessarmi le scorribande di questo Domingo in cambusa?

Paul                                 - Ieri sera metà dell'equipaggio era ubria­co... Ho messo Hans di guardia alla cambusa, e Domingo gli è finito tra le braccia con due bottiglie di whisky...

Hermann                          - Non è esatto, Paul, chiamare whisky ciò che gli uomini sono costretti a bere. Conduci qui Domingo.

Paul                                 - Signor capitano...

Hermann                          - Conduci qua Domingo, ho detto.

Paul                                 - Agli ordini, signor capitano. (Esce).

Eric                                  - Domingo è ancora un bambino. Non fargli nulla, Hermann... Promettimi che non gli farai nul­la di male... (Entra Paul spingendo innanzi a sé Do­mingo, un ragazzo che si ferma a qualche passo di distanza da Hermann).

Hermann                          - (a Domingo) Come ti chiami?

Domingo                         - Domingo Alcabraz.

Hermann                          - Voglio il tuo nome vero.

Paul                                 - Non lo ha detto a nessuno, signor ca­pitano.

Hermann                          - (avvicinandosi al giovane) Ti ordino di darmi il tuo vero nome... (Dinanzi al silenzio del­l'altro si irrita e lo schiaffeggia) Parla, bastardo. Da dove vieni?

Paul                                 - Da un villaggio della costa andalusa, si­gnor capitano.

Hermann                          - (a Paul) Ho interrogato te? (A Do­mingo) Allora, amico mio, mio giovane amico, che dovrò fare perché la tua preziosa lingua si sciolga? Quanti anni hai?

Paul                                 - Diciannove, signor capitano. Così almeno ha detto quando è venuto a bordo.

Hermann                          - (a Paul) Se parli ancora, Paul... (A Domingo) Non hai proprio voglia di conversare con il tuo capitano, Domingo? Non vuoi raccontargli, per esempio, come sei capitato a bordo? (Domingo comincia ad inquietarsi) Se la metti così, mio gio­vane amico, quella che dapprima era soltanto una mia curiosità diverrà un'ardente sete di sapere... Sie­diti! (Lo obbliga a sedersi) Mio giovane amico... (Lo colpisce ripetutamente. Eric guarda con occhi sbar­rati la scena) Voglio sapere come ti chiami e da dove vieni. (Hermann è andato via via trasformandosi nel maggiore Grotz) E' veramente deplorevole non soddisfare la sete di sapere del prossimo... (Macchi­nalmente estrae da una tasca l'accendisigari) Paul, esci... vattene, Paul, desidererei rimanere solo con il mio giovane amico...

Eric                                  - (urlando) No, Hermann... Me lo avevi pro­messo.

Hermann                          - (di colpo, come ridestandosi) Perché gri­di? (Ride) Oh! Credevi che io facessi sul serio? Oh! Mio Dio! Volevo soltanto spaventare questo moc­cioso. (Si riprende lentamente, si versa un bicchiere di whisky e beve assorto) Chi ti ha mandato a bordo, Domingo?

Domingo                         - El senor Pagnol...

Hermann                          - Dove lo hai conosciuto?

Domingo                         - A Marsiglia...

Hermann                          - Che facevi a Marsiglia? Avanti, par­la! (Irato e offeso -perché il giovane non ha accettato il colloquio umano che egli gli aveva offerto, lo colpisce nuovamente) Parla idiota. Lo sai che cosa significa in mare, su una nave come questa, ubria­carsi o far ubriacare l'equipaggio? Lo sai che cosa significa? E parla, maledetto imbecille.

Paul                                 - Obbedisci, obbedisci, Domingo. (Mentre Hermann si allontana continua a colpirlo lo stesso Paul. Miguel apre rumorosamente la porta entra e si arresta a pochi passi dall'uscio).

Hermann                          - Chi ti ha dato il permesso di entrare, Miguel?

Miguel                             - Nessuno. Me lo sono dato da me. Paul, lascia quel ragazzo. Lascia quel ragazzo, ho detto. Capitano, ordinagli di tenere le zampe a posto.

Hermann                          - Paul, obbedisci a Miguel. (A Miguel) Se vuoi degnarti di spiegarmi...

Miguel                             - Se è necessario sono pronto, capitano.

Hermann                          - E' necessario. Non è vero tenente Eric von Tilgher che è necessario?

Miguel                             - Bene, capitano. Guarda in faccia Paul. Guardalo attentamente e chiedigli perché ce l'ha con questo ragazzo.

Hermann                          - Domingo è stato sorpreso in cam­busa mentre rubava whisky.

Miguel                             - (a Paul) Non hai bevuto anche tu di quel whisky? Capitano, chiedigli perché ce l'ha con questo ragazzo. Chiediglielo, capitano. Su! Corag­gio! (Con voce in falsetto in una evidente parodia) Domingo, mio simpatico Domingo... (Paul gli si lan­cia contro ma Hermann lo fa cadere con uno sgam­betto).

Hermann                          - E' così allora. E io che credevo di aver fatto di te un uomo. Il primo ragazzo che torna a capitare nell'equipaggio ti fa ricadere nel peccato. Ah, Paul! Quale delusione. No, mio caro Paul, il sergente Fritz Grimparzer era tutt'altra cosa. Una sera a Cracovia fece una scommessa e la vinse. Tre ragazzine di quindici anni, tre ebree, credo. Tutte e tre in una volta, capisci? E si comportò con onore, come si conveniva a un sottufficiale del Terzo Reich.

Paul                                 - (rialzandosi) E' un maledetto mentitore, capitano.

Hermann                          - Signor capitano, per te, Paul...

Paul                                 - Signor capitano...

Hermann                          - Basta! (Lunga pausa) Domingo, ti condono la pena in omaggio alla tua virtù... No! Un momento! Non ti ho dato il permesso di andartene. (A Miguel) In quanto a te, difensore dei deboli e degli oppressa, il discorso sarà più lungo...

Miguel                             - Sono a tua disposizione, capitano.

Hermann                          - (ironico a Eric) E' un democratico, tenente, il nostro Miguel. Un democratico nato. Quando passiamo dinanzi alle coste spagnole io mi chiedo spesso, Miguel, se è giusto privare Franco e la Spagna di un democratico come te. Franco sa­rebbe felice di averti. Ti metterebbero in un museo: homo democraticus, ex-combattente rosso.

Miguel                             - Capitano, non ti permetto...

Hermann                          - In un'altra occasione ti dirò ciò che puoi o non puoi permettermi. (Tornando a un tono leggero) Nel primo porto che sbarcheremo acquiste­rò un registratore e ti pregherò di raccontarmi la tua vita di ex-combattente rosso. Sarà la mia favola pre­ferita. L'ascolterò due volte il giorno.

Miguel                             - Capitano...

Hermann                          - Quanto sei suscettibile. Ciò che sei adesso è venuto fuori dal caso. Quest'uomo, Eric, è nato con certe casuali caratteristiche. Casualmente generò da se stesso un combattente rosso... ancora casualmente, da lui è nato ciò che è adesso, ciò che a noi, in questo momento, appare come Miguel... chi può giurare che le sue metamorfosi siano ces­sate? (A Miguel) Perché e come Franco ti abbia cacciato a pedate dalla Spagna lo so molto bene, ma ignoro perché non ti vollero neppure coloro con i quali avevi combattuto per il sole dell'avve­nire. Devi essere stato veramente nauseante nella tua precedente incarnazione per esserti fatto cacciare persino da loro... Paul, chiama due uomini.

Paul                                 - (si precipita fuori) Castro! Phdlip! (Rien­tra con i due).

Hermann                          - Miguel, per avere osato introdurti senza permesso nella cabina del tuo capitano, per avere avuto l'ardire di dare ordini al tuo superiore diretto (indica Paul) e per averne con di tuo com­portamento indebolito il prestigio di fronte ad un subalterno, ti mando ai ferri per quattro ore... (Ca­stro e Philip si mettono ai lati di Miguel che si in­china cerimoniosamente) Paul, somministrerai a Mi­guel cinque colpi di frusta... Ed ora via tutti... via tutti... Domingo! (Il ragazzo si ferma mentre gli altri escono. Hermann scuote Eric) Guardalo, Eric... apri gli occhi. Apri gli occhi ti dico. Guardalo e dimmi se ti piace.

Eric                                  - Non mi piace, Hermann. Io voglio una donna.

Hermann                          - (a Domingo) Vattene. (Il ragazzo esce. Hermann abbassa le luci e va a sedersi vicino ad Eric che si è disteso sul divano) Quel ragazzo... da un villaggio della costa andalusa è finito a Marsi­glia e poi qui... Forse ha rubato ai suoi ed è fuggito di casa per vedere il mondo. Può darsi anche che abbia ucciso. Ti pare troppo giovane per essere un assassino? Non si è mai troppo giovani per uccidere, Eric. Tu non eri meno giovane di lui quando ti aggregarono alla mia compagnia. Forse avevi la stessa età. Eppure, Eric, ci sapevi fare. (Pausa) Se tutta quella gente, quegli uomini, quelle donne, te­nevano alla propria vita come noi tentiamo alla no­stra, come tu, io, noi, tutti siamo attaccati alla nostra esistenza, quale tragedia la loro, Eric... Un pensiero ovvio ma non lo avevo avuto allora e anche dopo mi ci volle del tempo perché ne prendessi coscienza... Avranno amato la vita, Eric, come noi tutti l'amia­mo? Che ne dici, tu? L'avranno amata sì o no?... (Si alza a fatica, trae dal cassetto della scrivania, che apre e chiude a chiave, una bustina che consegna a Eric) Ecco un po' dei tuoi sogni, Eric. Ti ho già fatto attendere troppo stasera. (Mentre Eric annusa avidamente) Io non ho sogni. Nulla. Tornare a far che? A unirmi agli altri, a quelli che furono come me o a quelli che sono diventati o stanno per di­ventare come me? E cosa avrei in comune con loro? Non ho un passato da rimpiangere. Rimpiango sol­tanto herr Hermann... ma quello non lo ritroverei, in nessun luogo; ovunque lo cercassi non potrei ri­trovarlo. E allora, di', non diventa tutto inutile? Non piagnucolo! Affatto! Non sono un disperato! Sono ricco! Più ricco di quanto tu possa immagi­nare, Eric. In dodici anni ho accumulato tanta ric­chezza che il defunto intermediario di Bulewstrasse non sarebbe riuscito neppure a credere che esistesse. Ma ho una potenza superiore alla ricchezza: quella di comprendere quando tutto diventa inutile. Ed ora tutto è diventato inutile. Anche tu del resto lo hai compreso che tutto è inutile. Il tuo assurdo gio­cattolo, Eric... Non riesco a trovare parole semplici per farti comprendere quanto vorrei dire. Ho le vene gonfie della consapevolezza di tanta potenza. Me ne sono ubriacato. Quando dirò basta, sarà basta, mi comprendi? Ma come puoi capire?... A volte li sento urlare... a volte la voce di von Strempfen mi chiama. Nuovamente, chiedo io? ancora? non è stato abbastanza? Io, ormai sono stanco. Come lei, colonnello von Strempfen. Preghi il comando di rivolgersi ad altri. Il maggiore Hermann Grotz ha rinunciato ai gradi e alle onorificenze...

Eric                                  - (con voce piagnucolosa) Perché hai pic­chiato quel ragazzo, Hermann?

Hermann                          - Che ne sapevo delle sudicerie di Paul?

Eric                                  - Non dovevi batterlo... è tanto giovane an­cora. Tu credi di battere gli uomini sul viso e invece li batti dove il dolore non cesserà mai... tu credi di percuotere il loro corpo e invece, Hermann, in­vece... (La voce si spegne in un borbottio)

ATTO SECONDO

(La stessa scena del I atto: la cabina di Hermann Grotz. In scena Hermann e Eric. 1 dialoghi tra i due sono più scattanti ma anche più lunghi, nel senso delle pause tra battuta e battuta, di quelli del primo atto. Hermann sta giungendo alla piena giu­stificazione di ciò che ha premeditato e che sta per compiersi).

Eric                                  - E' stata una pazzia mandare fuori ancora una volta le scialuppe.

Hermann                          - Con un equipaggio che ha paura di­venta difficile attendere. Almeno avranno qualcosa di cui discorrere.

Eric                                  - La colpa è mia, Hermann. Lo hai fatto per me. Ma io non voglio Moby Dick a questo prezzo. (Sordo, più a se stesso che ad Hermann) Ma perché dobbiamo continuare ad attendere? Che cosa atten­diamo ormai? (Si odono ì suoni ripetuti della sirena di bordo che mantiene il contatto con le scialuppe in mare) Ascolta, ascolta, Hermann! C'è tanta neb­bia che non riescono neppure a vedere la nave...

Hermann                          - (calmo) Anche questa è una possi­bilità. Potrebbero anche smarrire la via del ritorno.

Eric                                  - Hermann, sei sempre lo stesso schifoso tedesco.

Hermann                          - Anche tu sei tedesco come me.

Eric                                  - Se non tornassero saresti stato tu ad assas­sinarli.

Hermann                          - Ne ho assassinati altri, a suo tempo. Ma mentre lo facevo io, io tedesco, altri lo facevano come me e non erano tedeschi. (Si avvicina ad Eric, a bassa voce) Tu ancora non sed giunto a questa pro­fonda verità. Tu continui a discriminare stupida­mente. I tuoi sogni ti tradiscono.

Eric                                  - No, Hermann. Non sono i sogni che mi tradiscono. Non devi dirmi questo. Io, io (si batte con i pugni chiusi la testa) io ho dentro di me un mare di cose, un infinito mare di cose... e tu, tu vor­resti insinuare che sono soltanto sogni?

Hermann                          - Sono sogna. Li trasportiamo da un continente all'altro, da un porto all'altro. Dodici anni fa, del resto, che trasportavamo tu ed io di diverso? Ancora apparenze e ancora sogni... Che cosa hai scoperto dentro di te? Hai scoperto soltanto che tutto ciò in cui credevi era sbagliato: non eri, tutto sommato, un credente molto convinto. Oppure appartieni a quella categoria di sciocchi che divi­dono le cose in giuste e non giuste, E se avessimo vinto? Anche se avessimo vinto divideresti le cose in buone e cattive, giuste ed ingiuste) Ma non ab­biamo vinto. Questa è la realtà. E oggi a me non importa più nulla di aver perduto. (Afferra Eric per i risvolti della giacca e lo scuote) Cerca di affer­rare bene questo concetto: non m'importa più nulla di chi ha perduto e di chi ha vinto... E non m'im­porta di chi ho assassinato e di chi ho risparmiato...

Eric                                  - Tu uccideresti ancora... tu saresti capace di ucciderci tutti.

Hermann                          - Certo: sarei capace di uccidervi tutti.

Eric                                  - (urlando isterico) Sei sempre lo stesso schi­foso tedesco. Uccideresti ancora... ancora., ieri per una ragione) e oggi per un'altra...

Hermann                          - Al diavolo, Eric. Se tu avessi avuto questi sentimenti filantropici dodici anni fa sarebbe toccato a me l'onore di farti fucilare. E oggi sarei solo a bordo.

Eric                                  - Hermann...

Hermann                          - (dono una pausa, amaro) Perché non chiedi ai tuoi sogni di aiutarti a scoprire a quale maledetta stirpe apparteniamo) Di giorno cammi­niamo silenziosi tra gli uomini su tutte le strade del mondo... ma di notte riveliamo ciò che siamo e urliamo; anche tu urli di notte. Di giorno! è dif­ficile riconoscerci. Attendiamo. Cresciamo i nostri figli nell'attesa. Li educhiamo nell'attesa. Rimania­mo fedeli a chi ci ha generati. Anche tu, se nuova­mente squillassero le trombe, ti leveresti in piedi e getteresti via il tuo travestimento. Perché non torni a Dresda e non ti camuffi da Eric von Tilgher, stu­dente di ingegneria fuori corso da quattordici anni) Tua madre farebbe festa: è tornato Eric! (Eric è squassato da una crisi isterica di singhiozzi, Her­mann dofo una pausa gli si avvicina dolcemente) Calmati, Eric von Tilgher, calmati. Il Walhalla ci attende. Meravigliose foreste popolate di eroi... (sem­pre -più ironico) Walchirie che cavalcano al seguito di Thor in un cielo che è un'immensa prateria verde che si tinge dei colori di un'alba eterna... e in alto, sempre più in alto, l'eroe degli eroi dinanzi a cui si inchina l'universo. Stupido, tre volte stupido... Ma non era questo ciò che volevi? Non è questo ciò che hai dentro"?

Eric                                  - No, Hermann... Se c'è stato ormai non c'è più...

Hermann                          - C'è ancora, ci sarà sempre. L'eroe de­gli eroi sarà sempre in alto, sempre più in alto, e ai suoi piedi... ai suoi piedi s'inchineranno le rovine dell'universo.

 

Eric                                  - Sei una carogna, Hermann... (Gli si getta dinanzi in ginocchio) Dimmi in che cosa credi, Her­mann, dimmelo.

Hermann                          - (con un suono di voce quasi umile) Appena cominci a credere in qualche cosa ti allon­tani dalla verità. E' questo che mi ha insegnato la esperienza (Di scatto) A te, invece, l'esperienza ha disegnato che devi credere in qualcosa per avvici­narti alla verità. Per te, credere è già verità: per me è il contrario. (Con disprezzo) Torna al tuo posto, Eric. Non tollero questi atteggiamenti da parte tua. Non mi divertono.

Eric                                  - (torna al divano; con voce trasognata) A volte penso di avere centinaia di anni, un milione di anni. Di essere tanto vecchio da ricordare la terra avvolta dalle nebbie, dal gelo e dal fumo... Il cielo si apre in cateratte improvvise... (Ispirato, mistico) Ecco, Hermann. Ricordo. Nel fragore della tempe­sta si ode un lamento e quel lamento va crescendo e quando diventa pianto e supera il frastuono dei venti, allora, allora, Hermann, so che l'uomo è nato...

Hermann                          - (dolce) Tra poco, Eric, ti darò altri sogni. Tornerai dov'era prima di udire quel lamento, prima che il lamento divenisse pianto... calmati ora, Eric.

Eric                                  - Qualche volta, Hermann, mi pare che qual­cosa di umano in te sia rimasto. Ma ho paura di dirtelo.

Hermann                          - (si mesce un bicchiere e un altro lo forge a Eric) Beviamo, Erdc, alla salute di frau Hilse Grotz e delle fraulein Geltrude e Lise... alla loro salute (Si avvicina all'oblò e dopo aver bevuto getta in mare il bicchiere).

Eric                                  - Hermann, che cosa hai fatto?

Hermann                          - Lo hai veduto.

Eric                                  - (alzandosi) Hermann... Hermann... allora pensi ancora di... io credevo che tu non ci pensassi più, che fosse stato un incubo della tua mente. Her­mann! Non puoi portarci tutti alla morte. Ucciderci tutti! Dio! Se non fossi stato sciocco avrei dovuto capirlo da quanto mi hai detto l'altro giorno e ieri e oggi. Avrei dovuto intuire che di nuovo ti pas­sava per la mente quel pensiero. Hermann, non puoi volere veramente che questo sia il nostro ultimo viaggio.

Hermann                          - (con violenza) Taci, sciocco.

Eric                                  - Hermann, Hermann caro...

Hermann                          - (c. s.) Vi ho ordinato di tacere, tenente Eric von Tilgher... (Ride) I sogni riempiono il tuo cervello di pensieri straordinariamente stupidi. Dia­volo d'un ragazzo. (Secco) Sali in coperta, Eric. Le scialuppe devono essere arrivate. La sirena non suona più. (Eric si alza e raggiunge la porta barcol­lando) Ti darò un milione di sogni tra poco.

Eric                                  - (appoggiandosi allo stipite della porta) Sto male, Hermann, non posso...

Hermann                          - Obbedisci.

Eric                                  - Hermann, io... (Esce faticosamente. Her­mann vicino al grammofono; ancora la « Cavalcata delle Walchirie»; un breve brano, toglie il disco. Un brano de « 1 quadri di una esposizione » di Mussorgsky. Lo ascolta seduto).

Eric                                  - (entrando mentre Hermann interrompe la mu­sica) I capi scialuppa desiderano parlare con te, Hermann.

Hermann                          - Falli entrare.

Eric                                  - Entrate! (Mentre entrano Paid, Miguel e René, quest'ultimo emozionatissimo, Eric si accascia sul divano).

Hermann                          - Eric, té prego, questi signori avranno bisogno di bere... (Eric faticosamente esegue).

Eric                                  - Avete avvistato qualcosa?... Miguel!

Miguel                             - (a Hermann) Che cosa ci hai mandato a cercare?

Hermann                          - Una balena di cartapesta.

René                                - Una balena di cartapesta? Ma lei scherza, signor capitano.

Miguel                             - Non scherza. Dice sul serio. Anche se può sembrare una pazzia.

René                                - Io credevo...

Hermann                          - Non ti puoi permettere di credere... devi solo obbedire.

Ertc                                  - Ma non è possibile che non l'abbiate vista. E' qui attorno: è una grande balena bianca.

René                                - (a Miguel) Tu lo sapevi che andavamo a caccia diuna balena di cartapesta?

Miguel                             - Certo. Lo sapevo. Una scialuppa ha rischiato di capovolgersi, capitano.

Hermann                          - Ebbene?

Miguel                             - Gli uomini credevano di andare in­contro alla nave. (Breve pausa) Non puoi conti­nuare a burlarti di noi.

Hermann                          - (ironico) Perché non tenti la rivo­luzione su questa nave, Miguel? Sei o non sei un rosso? (A René) Che cosa vuole l'equipaggio?

René                                - Tornare indietro, signore.

Hermann                          - Tornare dove?

René                                - Allontanarsi, signor capitano.

Hermann                          - Allontanarsi per andare dove? Non esiste un ritorno per noi. (Ride) Quanti anni di galera ci aspettano? Che cosa dovremmo fare del carneo che portiamo, secondo l'equipaggio? Ripor­tarlo a chi ce lo ha dato o gettarlo in mare? (A Paul) Tu saresti d'avviso di gettare il carico in mare?

Paul                                 - (a bassa voce) Dopo questo viaggio tornerò a casa e non m'imbarcherò più. Ma ho an­cora bisogno di denaro.

Hermann                          - Dove è la tua casa, Paul?

Paul                                 - Nel Cile, signore. All'inferno. Dove dia­volo credete che possa aver messo su casa, do?

Hermann                          - E tu, Miguel, che ne dici di gettare il carico in mare?

Miguel                             - Non farmi questa domanda, capitano. Dammi il carico e lo porterò a riva a nuoto.

Hermann                          - Lo hai udito, Eric? lo avete udito? Ascoltatelo. C'è sempre da imparare. Miguel por­terebbe il carico a terra nuotando, piuttosto che gettarlo in mare. E non si può dire che ami sover­chiamente il denaro. Non quanto te almeno, René. E neppure quanto lo ami e lo desideri tu, Paul. Né quanto lo amiamo il tenente von Tilgher e io. Lui ha di suo piano. E' vero Miguel che hai il tuo piano? Sei ancora uno sporco combattente rosso, un fetido combattente rosso che in piedi sulla bar­ricata spara raffiche di sogni...

Miguel                             - Capitano...

Hermann                          - (violento) Sei l'unico su questa nave che, vera o falsa, sia riuscito a trovare una giustifi­cazione a questo sporco lavoro! Perché credi che finora ti ho permesso di trattarmi in modo diverso da quello consentito a tutti gli altri? Perché? Per­ché sei il verme più sudicio che mi sia attorno, ma almeno, Dio santo, un verme pensante...

Paul                                 - Signor capitano...

Hermann                          - Tu credi che io divaghi? Non ti permettere, Paul, di credere niente sul tuo capi­tano. (Gli si avvicina minaccioso) Forse tu mediti qualcosa... ma non ci tentare. Per far credere che il tenente von Tilgher mi ha ucciso e che voi avete dovuto uccidere il tenente von Tilgher dovresti eli­minare troppi testimoni. Non ti fidare dei novel­lini. Miguel, prendi Paul e gettalo in mare! Su­bito! (Miguel si avvicina a Paul, questi fa per rea­gire e Miguel lo stende a terra con un pugno. Paul perde i sensi. Miguel se lo carica sulle spalle e si avvia alla porta. Quando è sul limitare...) Appe­sterebbe il mare la sua carogna, Miguel. Portalo nella sua cabina! Rimarrà fino a quando lo riterrò opportuno        - (indica l'apparecchio radio) oppure fino a quando ci daranno l'ordine di andarcene. Ed ora dietro front. March! (Escono tutti).

Miguel                             - (sulla porta) Capitano, un giorno o l'altro troverai qualcuno che ti farà la pelle. Vorrei essere io quel tale! (Esce).

Hermann                          - (divertito a Eric) Lo hai udito?

Eric                                  - Perché gli hai ordinato di gettare in mare Paul? Perché?

Hermann                          - Se desideri fare sogni meravigliosi non devi eccitarti, ora. Non devi mai eccitarti prima, se vuoi che i tuoi sogni siano veramente me­ravigliosa.

Eric                                  - Ogni volta che tento di liberarmi di qual­cosa che non sopporto più dentro di me, tu me lo ricacci in gola. Hermann, mi odi... non è vero che mi odi Hermann?

Hermann                          - (ridendo) Perché dovrei odiarvi te­nente von Tilgher? Io ho quattro croci di guerra e voi una sola. Io sono stato citato una volta nel bollettino di guerra e voi mai. Ho avuto potere su più uomini io di quanto voi possiate sognare. Io ho potere su di te anche adesso. In questo stesso momento. Nessuno al mondo verrebbe a chiedermi che cosa ho fatto di te. Caino può ormai uccidere indisturbato il fratello Abele.

Eric                                  - (dopo una lunga -pausa mentre Hermann beve) Se tornassi non sarei il tenente Eric von Tilgher camuffato da herr Eric von Tilgher. Sarei veramente e solo Eric von Tdlgher... che è stato ma non vuole più essere il tenente Eric von Til­gher... Sarei un altro Eric, è vero, ma soltanto Eric e basta... Io non credo, non credo alle storie che racconti... Tu non fai altro che parlare: non fac­ciamo altro che parlare noi due. Un dialogo che dura da dodici anni sempre con le stesse battute, le stesse domande e le stesse risposte. Ma tu non parli perché ami ascoltare il suono della tua voce. Se qualche volta te l'ho detto ora ti chiedo scusa­lo vorrei essere certo che quell'idea che ti era pas­sata per la mente... Aspetta Hermann! Ricordo benissimo. « Potrei fare uno scherzo meraviglioso a tutti, mio giovane Eric », dicesti. « Potrei far affon­dare questa nave di qualsiasi momento se non mi costasse troppa fatica. Ma finirò per farla andare al diavolo ugualmente ».

Hermann                          - Eric...

Eric                                  - (trasognato) Scusami, Hermann.

Hermann                          - Credevo di avere creato un nuovo tipo d'uomo... credevamo di avere la potenza di poter generare superuomini. Ti avevamo destinato al Walhalla, Eric! (Gli si avvicina) Vuoi che ti dia altri sogni?

Eric                                  - Tra poco Hermann, tra poco. (Lunga pausa) Non avete creato nulla. Ciò che credevate di poter generare sarà sempre sconfitto. Un attimo, un attimo solo, Hermann... (Con voce alta, ispi­rata) Hermann sono già apparsi gli uomini porta­tori della coscienza cosmica... sono essi che avan­zano su tutte le strade della terra con le fiaccole accese... nel loro passo c'è come una feconda na­scita del mondo e avanzano... avanzano, Hermann!

Hermann                          - (si alza e scuote Eric che si lascia rica­dere sul divano) Anche questo è un effetto dei sogni, Eric. Finirai per perdere la ragione se già non l'hai perduta.

Eric                                  - (calmo) E' l'effetto dei sogni, dici? E' im­possibile. Ti dico che è impossibile. Me ne accor­gerei. Dovrei pur accorgermi che sono sogni anche d miei pensieri...

Hermann                          - Non hai dubbi, vedi? Non sei mai sfiorato dal dubbio. Come puoi parlare di pensieri se non avverti mai il dubbio? Come possono essere pensieri se non nascono dal dubbio?

Eric                                  - Ci sono cose, Hermann, di cui non posso dubitare: dei pensieri che sono parte di me, che hanno gettato ormai nel mio cervello radici pro­fonde, gigantesche... Io non so chi o che cosa abbia gettato il seme. Io ho cercato di sradicarli. Non ci sono riuscito. Eppure a volte dubito perfino della mia stessa esistenza. Ma ci sono cose in me di cui non posso dubitare...

Hermann                          - (con voce profonda) Eric, perché non torni a casa? Perché non torni in Germania? (Ec­citato) Hai ancora il tempo di farlo. Ancora qual­che ora di tempo. Non siamo eccessivamente lon­tani dalla costa. Ti preparerò io stesso il fuoribordo, se vuoi...

Eric                                  - (riflette) Mi farebbero domande, vorreb­bero sapere e io dovrei rispondere, raccontare... forse mia madre stessa, se è ancora viva, vorrebbe sa­pere. Anzi proprio lei pretenderebbe di averne più diritto degli altri. O forse non mi chiederebbe nulla. Ma le leggerei le domande negli occhi. Ormai io sono morto, morto ufficialmente, come te Hermann. Per questo non torno. Per le stesse ragioni per cui non torni tu.

Hermann                          - Nessuna cosa al mondo ti indur­rebbe a tornare?

Eric                                  - No, Hermann.

Hermann                          - (dopo una lunga pausa) Non ti darò più ordini da ora in avanti, Eric. (Si alza di nuovo con voce cattiva) Il primo ordine che ti detti, te­nente Eric von Tilgher, fu quello di rastrellare il quartiere di Lodz nel quale si erano rifugiati degli ebrei. Ricordate, tenente von Tilgher, di averlo eseguito?

Eric                                  - Ricordo, maggiore Grotz.

Hermann                          - Le canne dei mitra dei vostri soldati a missione compiuta erano infuocate, tenente von Tilgher. Ricordate?

Eric                                  - Ricordo, maggiore Grotz.

Hermann                          - Avevate uno stile tutto vostro, te­nente, nello stendere i rapporti. Lo apprezzai fin da quel primo rapporto. Avevate scritto che non portavate prigionieri perché gli ebrei catturati erano tutti anziani... inservibili per il servizio del lavoro. Ricordate, tenente von Tilgher?

Eric                                  - Perfettamente, maggiore Grotz. (Bussano alla porta).

René                                - Signor capitano...

Hermann                          - Che vuoi/5

René                                - Il radar segnala una nave a quattro gradi est.

Hermann                          - (con tono improvvisamente attento) A quattro gradi est?

René                                - Può trattarsi della nave che attendiamo.

Hermann                          - (indica l'apparecchio radio) Non ho avuto alcuna segnalazione! Fa' spegnere le luci di posizione e dirotta di un grado. Informami delle segnalazioni radar. (René esce).

Eric                                  - (piano) L'equipaggio è sicuro che tu in questa cabina nascondi una donna. Dall'inizio di questo viaggio, sembra che tu abbia paura di an­dare in coperta... (Di colpo) Hermann, perché hai detto a René che forse quella avvistata non è la nave che attendiamo? Perché non ne sei certo? Non è una rotta normale questa. Accidenti, Her­mann, perché non hai pensato subito che siamo alla fine della nostra attesa? Non attendi anche tu la nave?

Hermann                          - Che cosa stai pensando, Eric?

Eric                                  - Sei il solo, Hermann, a non preoccuparti del ritardo. Mi viene in mente adesso che sei il solo a non preoccupartene affatto.

Hermann                          - Non mi preoccupo mai di nulla, lo sai bene.

Eric                                  - Non è vero. Ricordi quel giorno a Teneriffe quando 'incrociammo la cannoniera inglese? Ricordi, Hermann?

Hermann                          - (interrompendolo) Distenditi e sta' tranquillo. Ti do i sogni, Eric. (Estrae dal cas­setto i «sogni»: la radio entra improvvisamente in funzione. Eric balza a sedere di scatto. Hermann si avvicina in fretta all'apparecchio) Ecco i sogni, Eric, prendili. Ma presto, fa' presto, Eric, per l'amor di Dio...

Eric                                  - Il messaggio, Hermann... (Eric a voce alta traduce meccanicamente. Il ticchettio continua. Eric si alza e fissa Hermann) Hermann, questa è la nostra trasmittente da terra, non è la nave avvi­stata... chiedono perché siamo lontani dalla nostra rotta, chiedono perché siamo lontani dal luogo fis­sato per l'appuntamento... Rispondi Hermann, ri­spondi... perché ci hai fatto venire qui, Hermann, perché?

Hermann                          - Non risponderò né a loro né a te... Cosa vuoi che m'importi di ciò che chiedono e di ciò che chiedi tu? Da dodici anni obbedisco ai loro ordini. Un'organizzazione perfetta: navi come questa e come quella che avremmo dovuto incon­trare, radar e radio a bordo, stazioni un po' ovunque sulla costa, uomini disposti a tutto... Una grande, perfetta organizzazione! All'improvviso tan­ta perfezione mi irrita e decido di fare una volta, una sola volta, a modo mio. Che ci trovi di strano?

Eric                                  - Rispondi al messaggio!

Hermann                          - E' inutile che tu gridi, Eric. Non risponderò loro. Non voglio più obbedire.

Eric                                  - Devi, devi rispondere... che cosa faremo del carico?

Hermann                          - Qualcosa ne faremo. Potremo com­piere un'impresa magistrale: venderlo per conto nostro e sparire.

Eric                                  - Stai cercando d'ingannarmi, Hermann. (Grida) Avevo ragione, Hermann. Quest'idea ti è tornata in testa... sei impazzito del tutto. Mi ucci­derai, ci ucciderai... (Hermann si avvicina alla radio e la fa funzionare. Trasmette). A chi trasmetti, Her­mann? Che codice è questo? (Si lancia verso la- porta urlando) Hans! Hans! Miguel! (Herman lo raggiun­ge, lo colpisce stordendolo e lo trasporta sul divano. Ansando gli inietta il contenuto di una fiala. Il re­spiro di Eric si fa regolare).

Hermann                          - (sedendosi al suo fianco) Diavolo di un ragazzo! Che importanza può avere che avvenga in un modo piuttosto che in un altro? (Gli inietta lo stupefacente preparato) Ti darò altri sogni... sognerai per l'eternità (Si alza e va ad appoggiarsi all'oblò. Bussano alla porta).

Miguel                             - (entra senza attendere l'invito) Capi­tano, la nave segnalata al radar si mantiene a un grado da noi. Abbiamo dirottato e ci ha seguito. Si tratta della nave che attendiamo. Non ci sono dubbi.

Hermann                          - Ne sono lieto, Miguel. Non vedo l'ora di liberarmi di questo carico. E' la prima volta che portiamo un carico tanto pericoloso. Se ci prendessero, Miguel, saremmo perduti.

Miguel                             - Non ci avrebbero dato tanta corda, capitano. Ce ne hanno dato più di quanto serva ad impiccarci.

Hermann                          - A meno, Miguel, che qualcuno da bordo non segnali le nostre posizioni...

Miguel                             - E come potrebbe farlo se l'apparecchio radio è nella tua cabina?

Hermann                          - Soltanto do potrei comunicare con loro.

Miguel                             - (avviandosi alla porta) Ma tu non lo farai, capitano.

Hermann                          - Hai ancora dei parenti in Spagna, Miguel?

Miguel                             - Non ti sei mai interessato dei fatti miei, capitano.

Hermann                          - Me ne interesso adesso.

Miguel                             - Sono nato orfano di padre. Mia madre se n'andò via quando avevo un anno e non si fece più vedere. A Santander presi moglie: si chiamava Nina. Non fece in tempo a rendermi padre per­ché l'ammazzarono. Forse sei stato tu stesso ad ammazzarla. O un tuo parente. Ecco tutto!

Hermann                          - (duro) Dirottate ancora. Ci sono dei banchi di nebbia che possono favorirci. Vedremo all'alba. Vattene via! (Miguel esce. Hermann ri­copre con una cappotta militare Eric. Si avvicina poi al grammofono, mette il disco « Cavalcata delle Walchirie » ne ascolta un brano brevissimo, lo to­glie e con solennità, dall'oblò, lo getta in mare).

ATTO TERZO

(La stessa scena degli atti precedenti. Eric ed Her­mann. Eric in questo stesso atto sarà sempre sotto l'influenza degli stupefacenti).

Hermann                          - Eric! Eric!

Eric                                  - Io ero, Hermann, prima della terra... Her­mann, cacciala via, entrano in corteo. Cacciali via Hermann... Che venite a fare, che volete da me? Non chiedetelo a me, chiedetelo a tutti... a tutti coloro che vivono ancora... a tutti...

Hermann                          - (sta trasmettendo via radio. Ripete via via le parole) Eric, ascolta ciò che trasmetto... Ne hai il diritto... Vi segnalo a tre miglia. Fra poco sarà l'alba e potrete vederci. Fate presto! Fate presto! Abbiamo anche armi pesanti a bordo. State in guardia. (Interrompe e si volta verso Eric) A te che importerà? Che potrà importarti, Eric?... (Lo scuote) Proprio adesso che ho bisogno di qual­cuno con cui parlare... Non dovevo farti sognare, non dovevo! (Disperato) Non ti desterai più! (Vi­cino all'oblò) Una grande macchina vagante nel mare! Eric, è spaventoso. Che senso ha? Che senso abbiamo?

Eric                                  - Prego, signori miei, avanti. Uno alla volta... troppo chiasso. Prego, prego... No, signori miei, non ci sono più tedeschi, francesi, inglesi... uomini ci sono, uomini. E' negli uomini che dovete cer­care e non nelle nazionalità. Avanti, signori miei, al lavoro... Ora il cielo è giallo. (Bussano alla porta. Hermann va ad aprire girando la chiave).

Miguel                             - Devi venire in coperta, capitano. Quella maledetta nave da ieri sera è incollata alla nostra poppa... Gli uomini dell'equipaggio non resistono più. Dicono che sei un pazzo se ti ostini a rima­nere qui, che dobbiamo approfittare della nebbia per squagliarcela.

Hermann                          - Non sappiamo ancora di che nave si tratti.

Miguel                             - Non può essere quella che attendiamo, capitano. E' chiaro anche per un bambino. A que­st'ora lo sapremmo. (Indica la nave) Prova a chie­derlo.

Hermann                          - Non posso chiedere nulla.

Miguel                             - Non è vero, capitano. Poco fa hai tra­smesso un messaggio.

Hermann                          - Come diavolo puoi dirlo?

Miguel                             - Vanel spiava dietro la porta. Ti spiano da ieri sera, capitano. Vanel ha detto di avere udito il ticchettio della radio.

Hermann                          - Non ho toccato la radio.

Miguel                             - Non è vero. Hai appena finito di tra­smettere un messaggio. Se Vanel dice di avere udito il ticchettio, vuol dire che lo ha udito veramente. Solo tu sai che cosa hai in mente, capitano.

Hermann                          - Perché dovrei avere qualche cosa in mente?

Miguel                             - Non lo so. Gli uomini sono nervosi. Maledettamente nervosi. Quella nave stramaledetta che ci tallona e la stramaledettissima cosa che hai in testa, capitano...

Hermann                          - Credi che sarebbe una grande per­dita per il mondo se il nostro equipaggio scompa­risse dalla faccia della terra?

Miguel                             - Che stai farneticando?... Per il mondo no, non sarebbe una perdita né grande né piccola. Ma per ognuno di essi sì. Una perdita irreparabile.

Hermann                          - Allora, secondo te, sarebbe un de­litto privare l'umanità della nostra ciurma?

Miguel                             - Che discorsi mi fai, capitano?

Hermann                          - Vuoi bere?

Miguel                             - Certo. (Hermann gli porge un bicchiere colmo. Miguel beve, poi guarda Eric). Lo hai con­ciato a dovere.

Hermann                          - Non sono stato io se può interessarti.

Miguel                             - Non mi interessa poi tanto. Ti diver­tiva all'inizio, non è vero?

Hermann                          - Non può fare a meno di sognare.

Eric                                  - Chi è, maggiore Grotz? Oh! Il signor Franz Muller. No! Non è il signor Franz Muller. Il signor Muller è vestito in maniera diversa... Ha un abito d'oro e d'argento. E una feluca azzurra in testa...

Miguel                             - (avvicinandosi ad Eric) Lo hai conciato veramente a dovere.

Hermann                          - Non poteva vivere senza.

Miguel                             - Tu puoi vivere senza.

Hermann                          - Ero più preparato di lui a ciò che è accaduto. Avevo già inghiottito ettolitri di veleno quando tutto accadde.

Miguel                             - Io non ho bisogno di sogni. Eppure anche per me qualcosa è accaduto...

Hermann                          - Odi ma-i il tuo nome gridato, urlato di notte? Ti svegli mai di soprassalto perché qual­cuno ti ha chiamato?

Miguel                             - Mai, capitano.

Hermann                          - Mai. Sei fortunato, tu. Ma forse non riesci a comprendere.

Miguel                             - Potrei anche comprenderti. (Lenta­mente) Se potessi ricominciare daccapo, capitano, io rifarei tutto ciò che ho fatto... lo rifarei meglio... Puoi comprendermi tu, adesso? (Hermann ride) Perché ridi, capitano?

Hermann                          - Tu e io assieme sulla stessa nave! Non ti pare buffo? Imbarcati per fallimento. Tu fallito da una parte e io fallito dall'altra. Ai due estremi. I due estremi sono falliti: ci assomigliamo anche in questo.

Miguel                             - Non ci siamo mai somigliati. E ne­anche adesso ci somigliamo. Mi hai chiesto ieri perché anche i rossi mi cacciarono via: perché ero un anarchico, perché sono un anarchico e ho compreso troppo tardi che nessun esercito resiste a lungo se non ha la più ferrea disciplina. Io ap­partenevo ad un esercito e non lo sapevo. Io cre­devo che ci fossero prima l'uomo e poi gli uomini... ci sono gli uomini prima e poi l'uomo... ho sba­gliato in questo, capitano, ma ciò che ho fatto era giusto... Tornerei a rifarlo per farlo meglio, ti ri­peto. Tu puoi dire altrettanto? Puoi dirlo? Puoi dire di essere stato te stesso quando massacravi an­che le donne? Ma adesso questo non ha importanza. Devi salire in coperta. E' necessario che tu parli agli uomini, che ti faccia almeno vedere... Nes­suno dorme stanotte. Sono tutti in plancia.

Hermann                          - Che cosa aspettano?

Miguel                             - Perché non vieni a chiederglielo?

Hermann                          - Fai distribuire a tutti una doppia razione di whisky.

Miguel                             - Vuoi farli ubriacare, capitano?

Hermann                          - Voglio che bevano whisky.

Miguel                             - Non è questo il momento di farli bere.

Hermann                          - A te che importa?

Miguel                             - Se accadrà qualcosa mi ci troverò nel mezzo, che me ne importi o no.

Hermann                          - Non posso garantirti che non ac­cadrà nulla.

Miguel                             - Lo penso anch'io. Posso dirti ciò che penso di te?

Hermann                          - Sei libero di dirlo.

Miguel                             - Non mi sono mai fidato di te, capi­tano, e neanche del tuo buffone. I vostri discorsi non mi hanno mai interessato. Ho perfino pensato che tra lui e te... (Ride) L'ho pensato ma non l'ho creduto. Una volta ho veduto una macchina rove­sciata in un fossato: le ruote giravano ancora nell'aria... I vostri discorsi rassomigliano a quelle ruote...

Hermann                          - Miguel, se ho un rimorso nella mia vita è quello di aver privato Franco di un cervello come il tuo. La Spagna sarebbe meta di pellegri­naggi se potesse esibire il tuo cervello in una teca.

Miguel                             - Va' all'inferno, capitano. Un giorno o l'altro tornerò in Spagna.

Hermann                          - E io un giorno o l'altro tornerò in Germania. In camicia bruna e con la svastica sul braccio...

Eric                                  - La pioggia è viola... ha già allagato i campi. Il fango è viola. Liberate la strada dai cadaveri. Gettate via queste carogne! Sono affondate nel fango, non vedete?

Miguel                             - Ascoltalo, capitano, ascoltalo!

Hermann                          - Ordina la distribuzione del whisky e informa l'equipaggio che deciderò il da farsi ap­pena l'alba ci consentirà di renderci conto della situazione.

Miguel                             - Se hai trasmesso veramente un mes­saggio fai male a farlo ignorare anche a noi vecchi. Se hai degli ordini che ignoriamo eseguiti, ma qualcosa dovresti dire a noi che abbiamo a che fare con gli uomini.

Hermann                          - Dov'è Paul?

Miguel                             - In plancia con gli altri.

Hermann                          - Informalo di quanto ti ho detto. (Mi­guel esce. Hermann va a chiudere la porta a chiave).

Eric                                  - ... tu dici che non c'è nessuno. Eppure io sento la presenza di qualcuno. Ho paura. Una paura azzurra e rossa... mi brucia la gola. Dovrei ricordarmi di una cosa molto importante, ma non ci riesco, Hermann. Una cosa di capitale impor­tanza, Hermann. Bisogna che tu lo sappia. (Piano, piagnucoloso) Perché vuoi ucciderci, Hermann?

Hermann                          - (gli si siede accanto) Eric, più ci penso e più mi pare spaventoso. Ed è una cosa ridicola. Una stupida, ridicola macchina che do­veva servire per un film. Il diavolo sa di che film si tratta... Se lo hanno fatto o lo faranno. Una cosa estremamente stupida e ridicola. Ma, pensa, è una macchina vagante nel mare. Se l'umanità sparisse all'improvviso la terra sarebbe qualcosa di simile vagante in un mare di solitudine e di si­lenzio... la stessa inutilità. E verrà il giorno, Eric, in cui ciò accadrà. Il giorno in cui la terra sarà un inutile giocattolo nella solitudine e nel silenzio. Ecco, Eric, siamo partiti dalla follia del Walhaila per giungere a questo. Tutto ciò che oggi possiamo offrire a noi stessi è la solitudine, il silenzio... una bara gigantesca abbandonata alla deriva... Eric, anch'io sto sognando. La tua malattia è contagiosa... Eric, Eric...

Eric                                  - (con voce trasognata) Hermann, perché questa luce gialla?

Hermann                          - Non ti farò destare mai più. Eric, ragazzo mio. Non ti accorgerai di nulla. E' tutto il potere che mi resta, ormai.

Eric                                  - Un po' di musica, Hermann, ti prego... (Hermann lentamente esegue « I quadri di una esposizione») Eccola, Hermann, è qui... (Sulla scena dal fondo, una figura femminile in abiti di­messi) No! No! No!... Prego, canta, canta, canta... Esci Hermann, voglio rimanere solo con lei. (Pia­gnucola) Voglio rimanere solo con lei. (La donna si toglie il soprabito. Eric si alza sul gomito per seguirne, affascinato, i movimenti. Cambio di luce: la donna affare vestita della casacca a strisce dei deportati: togliendosi il velo dal capo affare completamente rasata. Si avvicina a Eric. Eric urla) Hermann, Hermann... (Cambio di luce: ritorno alle luci normali, ha donna sparisce).

Hermann                          - (spegne la musica) Sono brutti i tuoi sogni, Eric, se ti fanno urlare così.

Eric                                  - Chi era, Hermann, chi era?

Hermann                          - Immagini dei tuoi sogni. Ti sei spa­ventato? Dove era la tua casa, Eric?

Eric                                  - In riva al fiume. L'acqua cambiava co­lore ogni ora del giorno. Avevamo un grande giar­dino. Quando ero piccolo avevo paura degli alberi e del silenzio del, bosco... (Bussano alla porta).

Hermann                          - (va ad aprire) Che c'è ancora?

René                                - Miguel ha accoltellato Paul. Gli uomini vogliono scendere nella stiva per impadronirsi del carico e gettarlo in mare...

Hermann                          - Perché non li lasciate fare?

René                                - Capitano...

Hermann                          - Ebbene, René? Se gli uomini vo­gliono gettare il carico in mare, lo facciano pure. Avremo sprecato un viaggio, e non guadagneremo un centesimo. Ecco tutto! Io personalmente posso sopportare la perdita. Perché Miguel ha accoltellato Paul?

René                                - Sarà meglio che lo chieda a lui. Ha preso di posto di Paul e vuole essere obbedito da tutti.

Hermann                          - Ha ragione. Dovete obbedirgli. Ma non lo voglio vedere. Non m'interessa che abbia accoltellato Paul. Tra poco deciderò io ciò che dovremo fare.

René                                - Per me non ha alcuna importanza. Andrei anche all'inferno! Ma devi venire in coperta per gli uomini! Finiranno per sgozzarsi! Miguel afferma che qualcuno ha segnalato la nostra posizione e che siamo inseguiti da una nave da guerra.

Hermann                          - Perché poi una nave da guerra?

René                                - Chi ci ha tradito può avere anche segna­lato che abbiamo a bordo due cannoncini.

Hermann                          - Non basterebbe la presenza di due cannoncini per giustificare una nave da guerra.

René                                - Basterebbe. Abbiamo un carico, oltre ai cannoncini, che giustificherebbe anche una coraz­zata.

Hermann                          - Anche tu come Miguel sembri si­curo che qualcuno ci abbia traditi. (Breve pausa) Rispondi.

René                                - Lo sa il diavolo di che cosa sono sicuro.

Hermann                          - Ti ho ordinato di rispondere.

René                                - Conoscevo i rischi che avrei dovuto af­frontare quando ho cominciato.

Hermann                          - Non è una risposta questa.

René                                - (guardando fissamente Hermann) Si dice che siano straordinariamente comprensivi verso co­loro che li aiutano a sequestrare un carico come quello che abbiamo a bordo. Si dice che colui il quale fornisce notizie di questo genere non deve temere nulla.

Hermann                          - Ebbene?

René                                - Queste sono le cose che dice Miguel... Ma se qualcuno su questa nave ha tradito, chiun­que sia, non dovrà temere la galera. Non c'è ga­lera per i morti.

Hermann                          - Esci, René. Vattene, bastardo. Quando avrò deciso che cosa fare, se ne avrò voglia, ve lo farò sapere. (René esce. Hermann chiude nuova­mente la porta a chiave. Si avvicina a Eric) Hai ragione tu. Anch'essi avvertono la presenza su que­sta nave di qualcosa di definitivo... Ma per loro non sarà la morte, non per tutti almeno. (Ride piano) Eric, vorrei sognare anch'io una volta tanto... il desiderio mi è venuto adesso che non posso so­gnare... forse più tardi. O forse mai. (Calmo, stanco) Mi è negato sognare, Eric.

Eric                                  - Un giorno caddi da un albero e spaventai tanto mia madre da farle perdere i sensi. E' proprio in riva al fiume la nostra casa... no: era in riva al fiume...

Hermann                          - La mia casa è al centro della città: Bulewstrasse centotrentacinque. Sono nato tra il ce­mento e l'asfalto. Che sentimenti può contenere l'anima di un uomo nato tra il cemento e l'asfalto? Che non cresce assieme ai prati, alle montagne, ai fiumi, sotto lo smisurato cielo delle pianure? Che sentimenti vuoi che possa portare con sé? Un piccolo prato è necessario per i bambini. Un albero solo, un po' di cielo...

Eric                                  - Mi dispiacque molto lasciare quella casa in riva al fiume. Hermann... Hermann...

Hermann                          - Eric!

Eric                                  - Tu credi che gli uomini esisteranno sempre?

Hermann                          - No! Eric, non lo credo. Tutto tor­nerà ad essere inutile, fine a se stesso. Monumento al nulla. (Si china svi di lui) Non sognare per un attimo, Eric. Ciò che ti ho detto è la mia ultima verità. A chi, a chi posso dirla, ormai, se non a te? E' la mia ultima verità, Eric. L'universo rimarrà senza testimoni, Eric! (Grida) Eric!... Eric!...

Eric                                  - Chi saranno gli uomini nuovi, Hermann? Come saranno? Che sapranno di noi? Non senti il vento, Hermann? Devo tornare, devo tornare!

Hermann                          - (con un singhiozzo) Sono ituoi sogni, Eric, soltanto i tuoi sogni. Ma parlamene, parla­mene Eric, è come se sognassi anch'io.

Eric                                  - Una cascata di colori,.. (Di colpo spaven­tato) Hermann, era rimasto silenzioso e pensavo che se ne fosse andato, ma è ancora qui... Cercalo Hermann, cercalo, in quell'angolo. (Indica un an­golo della cabina in cui vi è l'apparecchiatura della radio) E' là, caccialo via...

Hermann                          - E' là, ma non lo caccerò via. Tor­nerebbe. Tornerebbe sempre. Io ritenevo un tempo che la colpa fosse della sconfitta... Poi mi accorsi che non era vero. Avevo creduto anch'io di essere un portatore... anch'io stringevo in pugno una fiac­cola accesa... credevo, Eric, di essere all'avanguardia di un mondo nascente. E invece ero un fantasma che seminava la morte. Comprendi, ragazzo mio? Ed ora sono stanco, ecco tutto. Una stanchezza infinita.

Eric                                  - La porta si è aperta, Hermann. Oh! Dio! (Cambio di luci: entrano i coniugi Hans e Maria Erfolter) Herr Hans... Dame Maria Erfolter... i miei vicini di casa, carissimi.

Hans                                - Tenente Eric von Tilgher...

Eric                                  - Mia madre... mia madre dov'è? Perché non è con voi?

Maria                               - Hans, il tenente von Tilgher parla di sua madre. Ma noi non conosciamo vostra madre, tenente von Tilgher.

Eric                                  - Maria Erfolter...

Maria                               - Vi assicuro, tenente, che non l'abbiamo mai conosciuta.

Eric                                  - Ma non è possibile.

Maria                               - Hans, il tenente von Tilgher dubita della mia parola.

Hans                                - Tenente von Tilgher, non dovete dubitare della parola di mia moglie. E' conosciuta come una donna di estrema serietà.

Eric                                  - Dov'è mia madre? Cosa è successo a mia madre?

Maria                               - Non la conosciamo. Non l'abbiamo mai conosciuta. Ma se può esservi di conforto, da que­sto momento in poi divideremo le vostre pene an­che per quanto riguarda la sorte di vostra madre...

Eric                                  - Maria Erfolter: parlatemi almeno della mia casa...

Maria                               - Dolentissimo, tenente. Ma mi fate do­mande a cui non posso rispondere. Non sono mai stata a casa vostra. Non so neppure, per dire la verità, dov'è la vostra casa. Non so neppure in quale città abitate...

Eric                                  - Voi volete scherzare, Maria Erfolter. Abi­tavamo porta a porta. Quando partii per andare alla guerra voi e vostra madre veniste in casa mia a salutarmi. C'era anche il vostro Michele.

Maria                               - E' veramente malato il tenente. Parla di cose che ignoro nella maniera più assoluta.

Hans                                - Se permettete, tenente, mia moglie ed io ci togliamo un attimo il cappello perché qui dentro fa molto caldo. Abbiamo intenzione, visto che siete malato, di rimanere un poco con voi... sempre che non vi dispiaccia... E vi parleremo di Moby Dick... Una storia curiosa! Costruiscono una balena per adoperarla in un film ed ecco, quando è pronta, scompare... Non è una strana beffa? Come se fosse diventata ad un tratto una vera balena, si mette a vagabondare per i mari...

Eric                                  - Prego, toglietevi pure il cappello... m'in­teressa molto questa storia. (I due si tolgono il cap­pello e si vedono le loro teste rasate mentre avviene il cambio di luci. Eric urla. I due scompaiono. Eric respira affannosamente. Il rimbombo esterno di un colpo di cannone. Poco dopo bussano frenetica­mente alla porta. Hermann va ad aprire: entrano Miguel e due uomini).

Miguel                             - C'è stato intimato di fermarci. E' una nave da guerra.

Hermann                          - Ho udito.

Miguel                             - Bisogna gettare il carico in mare.

Hermann                          - Se lo dici tu, vuol dire che non c'è proprio altra via d'uscita.

Miguel                             - Ci saranno addosso tra mezz'ora. Se lavoriamo in fretta potremo liberarci di un bel po' di roba.

Hermann                          - Andate pure a liberarvi di ciò che vi pare.

Miguel                             - Capitano, non è di momento di scher­zare questo.

Hermann                          - Ti dò l'impressione di voler scherzare? (Gli punta una pistola).

Miguel                             - Capitano...

Hermann                          - Tra un secondo comincerò a sparare... (I tre escono. Hermann spranga la porta. Poi si arma di un fucile mitragliatore. Si siede nuovamente accanto a Eric) Tra poco, Eric, getteranno i sogni in mare. Non trasporteremo più sogni. Ne rimar­remo senza per sempre... Non ci serviranno più... (Rumore di motori) Ascoltali! Forzano le macchine per fuggire! Non possono fare più nulla per salvarsi. Li costringeranno ad arrendersi o li coleranno a picco.

Eric                                  - Ha il volto dipinto di rosso. Puoi anche farla rimanere,

Hermann                          - (Una giovane donna entra pano, si avvicina a Eric dalla parte opposta a quella in cui sì trova Hermann. Ha il capo avvolto in un grande fazzoletto).

Ingrid                              - L'ho appreso soltanto qualche ora fa che sei malato. Sarei venuta prima se lo avessi saputo.

Eric                                  - Domani starò meglio, Ingrid.

Ingrid                              - Sei dimagrito, Eric. Sei tanto malato?

Eric                                  - Ingrid!

Ingrid                              - Ti ho atteso, Eric. Ti avrei atteso per un tempo anche maggiore. Eravamo al Luna Park quan­do ti promisi che ti avrei atteso per tutta la vita. Ricorda? Eravamo in mezzo alla gente e ci pareva di essere soli. Eravamo stretti l'uno all'altro. Ti sen­tivo tremare... Ti attendo dagli inizi del tempo! Da allora.

Eric                                  - Ingrid, perché non mi dicesti queste cose allora?

Ingrid                              - Non potevo, caro, non potevo dirtelo. Ma tu avresti dovuto udire ugualmente la mia voce dentro di te. Forse la udivi ma non potevi credere che fosse la mia.

Eric                                  - Io avevo bisogno delle tue parole...

Ingrid                              - Ascoltale adesso...

Eric                                  - Ingrid, è trascorso molto tempo?

Ingrid                              - Molto. Molto tempo. Tanto che credevo che mi fossero venuti i capelli bianchi. Prima di venire qua mi sono guardata allo specchio: non mi ero più guardata da allora. I miei capelli sono ancora neri. Forse il tempo non mi è sembrato così lungo perché tu eri lontano, perché ti attendevo...

Eric                                  - Io non riesco a vederti bene, Ingrid. Mi sforzo ma non mi riesce a vederti bene. Ti vedo come attraverso una nuvola...

Ingrid                              - E' la febbre.

Eric                                  - Ingrid, vorrei chiederti se credi che riusci­remo a ricominciare daccapo, se potremo avere dei figli, una casa...

Ingrid                              - Certo che potremo.

Eric                                  - Ingrid, tu credi che verrà un giorno in cui saremo stanchi l'uno dell'altro? che ci sopporteremo appena?

Ingrid                              - Ci sono tanti uomini e tante donne che non si sono mai stancati l'uno dell'altro. Mio padre e mia madre, per esempio. Oh! Non è vero che tutto sia sempre andato benissimo tra loro. Ma oggi che sono vecchi, caro Eric, non possono fare a meno l'uno dell'altro. Ce ne sono tanti come loro... ce ne sono milioni nel mondo...

Eric                                  - Ingrid, ce ne sono tanti che si stancano l'uno dell'altro e sono costretti a ricominciare dac­capo; e io, io non mi sentirei di ricominciare dac­capo...

Ingrid                              - Eric caro, non dovremo mai ricominciare daccapo.

Eric                                  - Tu sei la mia donna, Ingrid.

Ingrid                              - Sì, caro; sono la tua donna.

Eric                                  - E' da molto, Ingrid, che non vedo una donna.

Ingrid                              - lo non riuscii mai a spiegarmi perché te ne andasti. E non sono mai riuscita a sapere dove sei andato e dove sei rimasto fino ad oggi.

Eric                                  - Sono andato alla guerra, Ingrid. Ma è pos­sibile che nessuno te l'abbia detto?

Ingrid                              - No. Nessuno me lo ha detto. Ma non ci pensiamo più ora, Eric.

Eric                                  - Fammi vedere i tuoi capelli, Ingrid. Li avevi neri e lucenti. Ho veduto altre ragazze con i capelli neri e lucenti come i tuoi, qualcuna anzi, ora che ci penso, somigliava a te. I tuoi capelli, In­grid, lasciami accarezzare i tuoi capelli... (Ingrid, chinandosi su di lui, si toglie il fazzoletto: mentre avviene il cambio di luci Ingrid appare completa­mente rasata, Eric grida e Ingrid scompare).

Hermann                          - Eric!

Eric                                  - I capelli, Hermann, i capelli... Dove ha perduto i capelli Ingrid? chi glieli ha portati via?

Hermann                          - Calmati, Eric. E' il tuo vecchio in­cubo. Nessuno ha tagliato i capelli a Ingrid.

Eric                                  - Ma le altre, le altre, Hermann. Le loro anime sono viola per il troppo pianto. (Un attimo di lucidità) Quando, Hermann, finirà tutto questo? (Un secondo colpo di cannone).

Hermann                          - (si alza e si avvicina all'oblò) E' quasi l'alba. (Torna verso Eric) Eric, non devi credere più alle favole... (Nervoso) E' veramente una nave da guerra. Mi hanno creduto, Eric, ed ora finirà pre­sto. (Indicando l'oblò) E' là: punta su di noi. (An­dando lentamente verso l'oblò) Perché l'ho fatto, Eric? Non ho mai fatto nulla nella mia vita che non avesse, giusta o sbagliata, una parvenza di giustifi­cazione. Ed anche adesso ho una giustificazione. Nessuna forza potrà più risuscitarci. Noi siamo ve­ramente morti, Eric, e da lungo tempo. Senti le mie mani gelide, chi potrà scaldarmele? (Bussano alla porta: colpi frenetici).

Eric                                  - Chi è, Hermann?

Hermann                          - Nessuno. Non sanno ancora di essere nessuno.

Eric                                  - Ordina loro di smetterla. Questi colpi mi rintronano nella testa.

Hermann                          - Hanno paura. La nave è vicina, ormai.

Eric                                  - Ordina loro di smetterla, Hermann, ordi­nalo. (Cambio di luci: un soldato tedesco).

Soldato                            - Soldato Ernst Weber, VI Compagnia S.S. Gli ostaggi signor tenente, sono già sul posto. Quaranta donne, otto bambini e dodici vecchi. Le fosse sono state scavate.

Eric                                  - Soldato Weber, chi vi ha ordinato di fuci­lare quegli ostaggi?

Soldato                            - Voi stesso, tenente von Tilgher.

Eric                                  - Siete impazzito? Io non posso aver dato l'ordine di fucilare delle donne, dei vecchi, dei bam­bini...

Soldato                            - Non siamo stati noi ad inaugurare la consuetudine di fucilare gli ostaggi.

Eric                                  - Vi richiamo all'ordine, soldato... Come avete detto d'i chiamarvi?

Soldato                            - Ernst Weber, soldato Ernst Weber.

Eric                                  - Soldato Weber, avete mai provato a pen­sare che una, dico una, vita umana è unica e simile a se stessa, irriproducibile e insostituibile? Avete mai provato a pensarci?

Soldato                            - Mai, tenente von Tilgher. E ritengo che non ci penserò mai.

Eric                                  - Perché lo ritenete?

Soldato                            - Perché siamo in guerra ed anche la mia vita è unica, irriproducibile e insostituibile. Non sdamo stati noi tedeschi, tenente von Tilgher, ad in­ventare la guerra. A cominciare dalla prima classe non c'era pagina del mio libro di storia che non ricordasse due guerre..

Eric                                  - Appunto per questo io ho orrore della guer­ra. La guerra una volta iniziata non finisce più. Del resto, voi stesso l'avete studiato nel vostro labro di storia. Quando voi dite che nel vostro libro di storia ogni pagina contiene almeno due guerre, enunciate una grande verità e, cioè, che non si tratta di guerre diverse e distinte l'una dall'altra, ma della guerra, di una sola guerra che continua. Io odio la guerra, soldato Weber. Dobbiamo fare in modo che finisca.

Soldato                            - Il vostro linguaggio, tenente von Til­gher, mi sbalordisce.

Eric                                  - Non m'importa, soldato Weber, che vi sba­lordisca.

Soldato                            - Voi rinnegate la vostra patria e la mis­sione che essa ha nel mondo.

Eric                                  - Sì, soldato Weber, io rinnego la mia pa­tria se ha missioni che costano vite umane.

Soldato                            - Voi tradite il vostro popolo e i vostri commilitoni.

Eric                                  - Sì, soldato Weber. Li tradisco. Gli assas­sini non sono degni della mia fedeltà.

Soldato                            - Tenente Eric von Tilgher, io non sono il soldato Ernst Weber, come vi ho fatto credere. Sono il presidente del tribunale militare straordina­rio. Devo comunicarvi che a seguito del vostro com­portamento e del vostro linguaggio la corte da me presieduta vi ha condannato a morte. Preparatevi a morire. (Cambio di luci: il soldato sparisce).

Eric                                  - (con un profondo sospiro di soddisfazione) Hermann, ricordi quegli ostaggi di Wroslaw?

Hermann                          - Wroslaw: ebbene?

Eric                                  - Fui io a dare l'ordine che fossero fucilati?

Hermann                          - Come ricordare chi dette l'ordine?

Eric                                  - Erano quaranta donne, otto bambini e do­dici vecchi... dopo l'attentato al comando...

Hermann                          - Ricordo. Sì, Eric, fosti tu. (Ride pia­no) Fu un eccesso di zelo da parte tua. Potevi farne fucilare anche soltanto la metà. (Eric ricade sul divano. Riprendono i colpi alla porta come se chi è fuori volesse sfondarla e si odono colpi di cannone e crepito di fucileria) E' il momento, Eric! (Si alza).

Eric                                  - (di nuovo trasognato) Quando avrò molto denaro mi farò costruire un Moby Dick tutto per me... Forse tu puoi prestarmi qualcosa, Hermann... Tro­verò il modo di restituirti ciò che mi darai... Un ! grande Moby Dick tutto per me...

Hermann                          - (puntandogli contro il fucile mitragliatore) E' il momento, Eric. Il tuo e il mio. Sarà l'ul­tima volta che uccido. Sono ancora un lupo, Eric. Sono nato lupo e non so fare altro che uccidere. Ma i stavolta, Eric, non uccido per odio... al contrario, Eric, al contrario... nessuno vedrà più me e te per le vie del mondo... nessuno dovrà più temerci... Noi non risponderemo più, Eric, anche se ci chiameranno. E ci chiameranno ancora una volta. Ascolta, j ascolta... vogliono di nuovo ai loro ordini il mag-giore Hermann Grotz e il tenente Eric von Tilgher... Ascolta come urlano forte... Eric, caro, ti chiedo perdono... Eric, Eric, caro Eric, ragazzo mio...

Eric                                  - (trasfigurato e sereno) E' tutto verde il mondo...

(Il frastuono all'esterno cresce. Mentre si spengono le luci si odono le sventagliate del fucile mitraglia­tore dell'ex-maggiore Hermann Grotz).

FINE