L’uomo amore

Stampa questo copione

L’UOMO AMORE

Quattro episodi

Di GIOVANNI ALESSIO

PERSONAGGI

GIORGIO

ELENA

STEFANO

GIUSEPPE

Commedia formattata da

1° EPISODIO

Una garconnière modernissima, elegantissima. Tutto l'ambiente denota la pre­occupazione costante, nel suo proprietario, di interessare e di piacere, anche attraverso le co­se inanimate e gli oggetti e i mobili. Quindi bei tappeti, pannelli, quadri, curiosità o-rientali, libri e fiori. Gior­gio, il proprietario legittimo dell'appartamento e il posses­sore illegittimo di tutte le don' ne che lo visitano, scosta una tenda ed entra nel salone do­ve avviene l'episodio: è il tipo (teatrale) di quello che do­vrebbe essere l'Uomo perfetto 1931: intelligente senza posse­dere pedanteria, ricco senza ostentazione elegante, di buon gusto senza nessuna affettazio­ne e snobismo. Ha quindi molto letto, molto viaggiato, molto amato. A tempo perso scrive novelle e articoli, ma fa di professione il Don Giovan­ni, dedicandosi di preferenza alle mogli altrui. (In un pe­riodo precedente a quello in cui si svolge il presente episo­dio, il suo cameriere potè contare, per ogni giorno della settimana, una donna diver­sa). E' attraente, senza essere bello, raffinato ma non effe­minato, abbastanza consape­vole della propria personalità senza farne un culto di cattivo gusto. Giuseppe, camerie­re, sarà come tutti i camerie­ri di tutte le commedie: con­fidente discreto del padrone, stile, intelligente. (Di Ele­na, l'amante, l'autore non osa fare il ritratto. E' la donna 1931, come dovrebbe essere nell'ideale di ogni intelligen­te frequentatore di cinemato­grafi e di appassionato lettore dei romanzi moderni). So­no le cinque pomeridiane, se­condo la tradizione dell'adul­terio sceneggiato, narrato e filmato. Con l'ingresso di Giorgio, da un'altra parte, at­tento e premuroso, entrerà an­che Giuseppe.

Giorgio                          - Tutto a posto?

Giuseppe                       - Sissignore, sigarette, tè, liquori.

Giorgio                          - Bene. Dammi una copia del mio ultimo libro « La donna e la nave». Farò una bella dedica.

Giuseppe                       - (scompare per qualche istante, poi rientra col li­bro che depone sopra un tavolino. Suonano timidamente).

Giorgio                          - (con un sorriso) Giuseppe! Vado io ad aprire.     

(La scena rimane vuota per qualche istante).

Elena                             - (entra e senza guarda­re intorno, si dirigo verso la più comoda poltrona, come se conoscesse da tempo l'ambiente. Si siede. Si toglie guanti cappello. Prendo una sigaret­ta e rapidamente l’accende, prevenendo il gesto di Gior­gio). Non siete tempista, mio caro! Ad ogni modo, gra­zie! Ma spegnete! In un luo­go come questo il fuoco non deve essere sciupato.

Giorgio                          - Un rimprovero... o piuttosto una constatazione?

Elena                             - Per la prima vol­ta che sento la vostra voce dac­ché sono entrata, dite una co­sa spiritosa. Mi immaginavo che le allusioni e i doppi sen­si, nei convegni come questo nostro di oggi, che potrà es­sere il primo di una serie...

Giorgio                          - (si inchina sorriden­do). . .. oso sperare molto lunga...

Elena                             - ... di conversazio­ni amichevoli, fossero esclusi. Non mi avete detto ancora...

Giorgio                          - Quanto sono con­tento di vedervi qui e con quanta ansia vi aspettavo. Ma nei resoconti di simili conve­gni, che appaiono, veri o in­ventati, in tutte le commedie ed in tutti i romanzi, è già riportato il repertorio più fede­le delle frasi di lui delle fra­si di lei.

Elena                             - Ed io infatti mi sento, come dire? un tipo fuori serie di donna adultera.

Giorgio                          - Ma deliziosa...

Elena                             - Quest'aggettivo è del repertorio... Attento! Ma io, ripeto, mi sento fuori serie perché non mi sono affatto confusa entrando qui per la prima volta, non ho curiosato attorno alle pareti perché così immaginavo la vostra casa, e non solo non ho fatto resi­stenza per togliermi il cappel­lo ma ho abolito da me stessa questo primo e forse ultimo scudo al pudore al quale tutte le donne allorché si trovano nelle mie condizioni attuali, sembrano annettere, una così grande importanza difensiva...

Giorgio                          - Infatti questa vo­stra naturalezza è strana. Ciò non toglie che mi si,a partico­larmente caro anche questo senso di abbandono senza quei falsi pudori da operetta che le donne hanno in queste occa­sioni. Infatti il più difficile è proprio ciò che il mio amico Stefano chiama « il passo dell'uscio della camera per ripo­sare ».

Elena                             -. .. Cioè?

Giorgio                          - Il togliersi il cappello e i guanti.

Elena                             - Ed io, inconsape­vole, con questo, avrei già ol­trepassato questo uscio?

Giorgio                          - Non basta. Per lo meno, un magistrato non po­trebbe riscontrare in questi vo­stri semplici atti alcun serio motivo di divorzio né io po­trei, con la stessa imparzialità, attribuir loro una sostanza di prova d'amore per me.

Elena                             -. .. Ecco la parola Amore! Ora siamo in carat­tere.

Giorgio                          - (le prende le mani e le bacia con devozione; le siede vicino; le dà un bacio; si alza). Una tazza di tè?

Elena                             - Anche questo è di uso?

Giorgio                          - E' d'uso! Però lo prendo ogni giorno...

Elena                             - Non trovate che sia troppo?

Giorgio                          - Intendo dire il tè, non... il corollario femminile.

Elena                             - Siete poco gentile. Sicché io e tutte le mie amiche che mi hanno preceduta qui, non saremmo che dei corol­lari?

Giorgio                          - Elena, non scher­zate più, vi prego. (Si siede nuovamente vicino a lei) Sapete da quanto tempo vi amo.

Elena                             - Lo so. Da tre mesi. Me l'avete detto ieri. Avrei potuto dimenticarlo; avete fat­to bene a ricordarmelo.

Giorgio                          - Da tre mesi vi amo. E da tre mesi non è più entrata qui nessuna donna. Non vi dico che siete la prima donna che entra in questa casa perché non lo credereste; non vi dico che siete l'unica donna che abbia amato...

Elena                             -. .. Che cosa mi di­rete allora?

Giorgio                          - Vi dirò solamente che siete l'unica donna che amo. E nel mio amore per voi, non c'è solamente desiderio, ma amicizia, stima, ammira­zione. (Prende il volume che Giuseppe aveva portato, scri­ve per qualche istante, poi lo porge a Elena) E questi senti­menti credo di aver espresso in questa dedica su « La Nave e la Donna » che mi permetto di offrirvi. Vi sono anche dei puntini: vogliono dire il desi­derio e l'amore che non può essere espresso in tutte lettere.

Elena                             - Per tre mesi d'amo­re avete costruito un bell'edi­ficio, mio caro!... Io credo di aver posato appena la prima pietra. Ma è già qualche co­sa... No?

Giorgio                          - (avvicina la bocca a quella di lei. Si baciano).

2° EPISODIO

Due ore dopo. La stessa scena. Giorgio ed E lena sono sempre seduti allo stesso posto e bevono il tè.

Giorgio                          - Sarà freddo ora. Vuoi che lo faccia riscaldare o che ne prepari uno nuovo?

Elena                             - Grazie. Mi piace anche freddo.

                                      - (Sorbiscono in silenzio. Sem­brano ora più intimi. E' scom­parsa quell'artificiosa atmosfera nella quale qualche ora prima avevano cercato di na­scondere, l'uomo il suo desi­derio e la sua impazienza, la donna il suo imbarazzo e la sua curiosità).

Elena                             - A che pensi?

Giorgio                          - Al mio amore, Elena, al nostro amore. E' tan­to bello che tu sia venuta qui, semplicemente, timidamente Ti ringrazio di aver creduto al mio affetto. Ma...

Elena                             - Ma...

Giorgio                          - Vorrei avere la certezza che anche tu mi ami come io ti amo...

Elena                             - (sorride) Infatti. Te l'ho accennato. Tu hai costruito un edificio in tre mesi, mentre io non ne ho gettato che le fondamenta. Non vorrei pensare che, anche quando il mio fosse finito ed avessi raggiunto il tetto, il tuo fosse già mezzo diroccato... E per questo, prima di continuarlo e iniziare il primo piano, voglio essere sicura, non solo delle mie fondamenta, ma anche delle tue. Una specie di costruzione cosmica. E, per la mia sincerità ti dico subito che non mi sento affatto incoraggiata a continuare.

Giorgio                          - Parli come un ingegnere!

Elena                             - Ma non sono riuscita a costruire l'amore. Rappresentano tre mesi di asse e di manovre. Nient'altro. Le mie amiche che sono state prima di me, calcolando il tempo che hanno impiegato per convincersi a varcare l'uscio di casa tua, forse sono state amiate più di me.

Giorgio                          - Come se il tempo valesse, qualche cosa e l'intensità del sentimento non contasse nulla.

Elena                             - Tu hai portato a testimonianza del tuo amore proprio i tre mesi in cui mi hai fatto la corte! Vedi? Non ti vengono spontanee le parole di protesta e di difesa. Tu mi hai desiderata per tre mesi. Que­sta è la verità. Poi sarà anche vero che mi ammiri, mi stimi e non ti annoi quando sei con me. Bisognerebbe essere bru­talmente sinceri!

Giorgio                                    - Non ti lascio pio parlare. Mi avevi dato l'illusione di amarmi.

Elena                             - Ed è per questo che ti propongo un patto di leale sincerità: per evitare le illusioni prima e le delusioni poi. Da entrambe le parti, intendiamoci

Ciorgio                          - Mi rassegno con tristezza al tuo diabolico piano.

Elena                             - Niente di diabolico e niente di triste. Noi non ci amiamo. Ammettilo, ti pre­go, per un momento, anche se non fosse vero. Non te lo rim­provererò.

Giorgio                          - Come vuoi.

Elena                             - E se noi non ci amiamo, pei che dobbiamo in­cominciare una faticosa com­media, della quale uno dei due, presto, si stancherebbe di recitare?

Giorgio                          - (testardo e orgoglioso) La mia non è una com­media.,,

Elena                             - Ammettiamolo pure.. Poi fingerò di crederti. Ma evitiamo fin d'ora le delusioni e diciamo serenamente: noi non ci amiamo. Siamo due giovani, forse intelligenti, che si trovano molto bene assieme. E facciamo la prova: mettiamo la donna, che sarei io, sullo stesso piano dell'uomo, che sa­resti tu. Io non ti domando finzioni, tu non domandarmi di essere l'amante classica da romanzo. Tu offri, ai nostri colloqui, ciò che può dare un uomo giovane; io, donna, sarò la tua amante di fatto ma non di sostanza. Ci diremo parole d'amore per non umiliarci dinanzi a noi stessi e per giustificare un atto che preso a sé forse il nostro buon gusto non approverebbe. Dico forse, perché, con tutta l'educazione e tutto il buon gusto di cui sia­mo forniti, anche noi siamo soggetti alle leggi della natura.

Giorgio                          - (sempre più stupito e con gesti di protesta durante le parole di Elena) Elena! Ma è assurdo!

Elena                             - Mio caro! Il tuo or­goglio di maschio ti vieta di ammettere che io possa consi­derarli come tu mi consideri. Oppure così deve essere. Sia­mo giovani e sani entrambi. Mio marito, lascia che lo no­mini per la prima e l'ultima volta, per me non ha impor­tanza. Unite le nostre capaci­tà di completamento e di assorbimento, possiamo inte­grarci...

Giorgio                          - (con maggior stupo­re) Elena!

Elena                             - Lo so, altra brutta parola; ma è la più precisa. Dunque, senza finzioni, noi ci daremo scambievolmente delle ore di felicità, senza timore che le nostre parole d'amore possano sembrarci false. Sapremo che saranno tali e ci sembreranno vere. Per qual­che istante potremo anche in­travedere che forse esiste l'a­more. Tu mi sarai grato di ve­nire da te e io ti ringrazierò di permettermi di farlo ogni qualvolta mi farà piacere.

Giorgio                          - Non potrò mai ri­nunziare ad amarti!...

Elena                             - Se dovremo conti­nuare queste nostre piacevoli conversazioni, sarà bene evi­tare fin d'ora ogni dubbio in proposito. Io non ti credo. Saremo buoni amici e camerati. Come possono esserlo un uomo e una donna come noi. Solo così potremo aver sempre pia­cere di trovarci assieme.

Giorgio                          - Ma... Elena. Io ti voglio bene, molto di più di quanto tu possa supporre. La­scia che ti ami sul serio. E se tu non senti per me altro che della simpatia e dell'amicizia, non chiudere almeno il tuo cuore alla possibilità che vi en­tri un giorno l'amore.

Elena                             - No! No! Mio caro. Per ora facciamo come ho det­to io. Poi vedremo. Al punto in cui è il mio cuore, non po­trei proprio fare nessuno sfor­zo per crederti. Non ci riusci­rei          - (Si alza per mettersi il cap­pello e Giorgio l'aiuta a infi­lare la pelliccia. Si avviano verso l'uscita). Non fare quel viso truce. E arrivederci, gran sentimentale orgoglioso! Ci ri­vedremo domani dalla contes­sa Giulia?

Giorgio                          - (cinicamente inspe­rato) Un ultimo bacio?

 Elena                            - Ma no... mi toglie­resti il rossetto... Addio.

Giorgio                          - (sì inchina e le bacia la mano, imbronciato, come è imbronciato il suo saluto. Chiude la porta dolcemente. Passeggia un po' per la stanza. A poco a poco si calma. Sor­ride. Scrolla le spalle. Si rassegna al capriccio) Giuseppe!

Giuseppe                       - Signore?

Giorgio                          - Il paletot e il cap­pello. Stasera non pranzo in casa.

3 EPISODIO

La stessa scena. E' passa­to un anno dal giorno del­la prima visita di Elena. Giorgio e Stefano siedono in due poltrone e fumano chiac­chierando. Ogni tanto Giorgio si alza e passeggia, si risiede, si rialza. E' molto nervoso e cam­biato. Stefano è un tipo giovia­le, allegro, sanamente epicureo, simpatico e beffardo).

Giorgio                          - Ogni donna mo­derna è un problema psicolo­gico. E appena ti sei dedicato allo studio di uno di questi problemi, le x, le y, le z ti sal­tellano dinanzi agli occhi nel­le loro acrobazie da logaritmi autentici e tu sei fritto...

Stefano                         - In matematica tutte le incognite hanno il loro punto vulnerabile.

Giorgio                          - In amore no; di vulnerabile non c'è che il cuo­re dell'uomo. (Sospira).

Stefano                         - Povero Giorgio! Questa volta il problema ti de­ve proprio interessare molto. Perché non racconti tutto al tuo vecchio confidente e con­sigliere?

Giorgio                          - Grazie; i tuoi con­sigli, ispirati alla letteratura che oggi fa scuola, andavano bene in altri casi, quando il cuore non c'entrava...

Stefano                         - Mentre tu sei in­namorato. Vero? Non rispon­di? Il caso è grave... La signora Elena?.....

Giorgio                          - Come sai?

Stefano                         - Mio Dio! Lo san­no tutti! Ma io non ci pensavo neppure; vi... amate da un an­no e non avevo trovato traccia di amore, ne in te, né in lei. E tanto meno di quella pas­sione di cui sembri oggi invaso.

Giorgio                          - Taci! Taci!

Stefano                         - Ma no, che parla­re fa sempre bene! La credevo una delle solite relazioni a sco­po di svago, ma da questo al problema psicologico femmini­le e alla passione, mi pare ci corra un bel po'.

Giorgio                          - Sei piegato di non scherzare. Tu non sai...

Stefano                         - Infatti...

Giorgio                          -. .. e non potrai sa­pere. E comprendermi...

Stefano                         - Grazie tante!

Giorgio                          - Non c'è di che. Sei un cinico.

Stefano                         - Ma, scusami, Giorgio, non vi vedete tre vol­te la settimana qui, e tutte le sere al teatro, al cinematogra­fo, in casa sua o di amici co­muni? Spiegami il problema psicologico, perché, per cerca­re di risolverlo insieme, biso­gna che ne conosca i termini essenziali... In quanto alla pas­sione, poi, mi pare soddisfatta. Ah! Capisco, forse vorreste sopprimere il marito!

Giorgio                          - Ma no, cerca di ascoltarmi. Dopo, se vuoi, mi darai un consiglio.

Stefano                         - Che tu non segui­rai...

Giorgio                          - Non importa. A-vrò parlato di lei e questo mi calmerà. Dunque...

Stefano                         - Dunque?

Giorgio                          - E' inutile che ti faccia la storia fin dagli inizi. Anche se non ti ho mai detto nulla del nostro amore saprai tutto quello che sanno gli al­tri. Ma ciò che non sai è la tra­gedia del mio cuore...

Stefano                         - (fa un gesto comico fra lo spavento e la rassegna­zione) In quanti atti?

Giorgio                          - (s'impazienta) Ma sii serio, una buona volta!

Stefano                         - Mio caro, quan­do c'è una donna di mezzo, non vale la pena di essere mai seri. Come dice Avercenko, se è vero che Eva fa fatta con una costola di Adamo, è anche no­to che le costole non hanno né midollo, né cervello, come le altre ossa...

Giorgio                          - Risparmiami, ti prego, i tuoi aforismi. Se non vuoi ascoltarmi, lasciami solo.

Stefano                         - Ma no, ti ascolto.

Giorgio                          - Ebbene, ti dirò che dal giorno in cui Elena ha varcato la soglia della mia ca­mera, io ho nascosto e riscal­dato, come si dice, la solita serpe in seno.

Stefano                         - E' molto carino per lei...

Giorgio                          - Lasciami parlare. Ma già tu non mi puoi capire. Dal primo giorno che è venu­ta qui mi ha detto: noi non dobbiamo amarci. Dobbiamo essere degli amanti senza amo­re, ma in compenso con stima, affetto, amicizia e simpatia. E tutti due sullo stesso piano di uguaglianza. Capisci?

Stefano                         - E tu?

Giorgio                          - Io? Lì per lì ho accettato il suo capriccio. Ti dirò anche che allora non la amavo. Ma quando cominciai ad accorgermi che tutto mi piaceva in lei, che l'amavo in­somma di un amore completo. essa ha continuato il gioco, ac­centuandolo con mille crudel­tà raffinate. Essa ha un aman­te appassionato e fedele; io non ho che una donna dispo­sta a spogliarsi per me. Si di­rebbe che essa voglia fare, a mie spese, l'esperimento di una nuova gerarchia dell'Amo­re. E allora mi tortura. Mi dà appuntamenti ai quali poi manca. Si fa vedere con amici che mi sono antipatici, forse perché le fanno la corte. Scher­za continuamente con il mio amore. Oggi, per esempio... (Pausa. Si passa una mano su­gli occhi, come per stanchezza)

Stefano                         - Oggi?

Giorgio                          - Oggi, vedi, dove­va essere qui alle cinque. Io, figurati, felice, comincio ad at­tenderla fin dalle quattro; al­le cinque e mezzo mi telefona che non può venire, perché era venuto a casa sua Carlo Gentelli, quel cretino, e dove­va andare con lui dai Salarez. Mi diceva poi, come concessione, che avrei potuto andare raggiungerla là...

Stefano                         - (sincero) Povero Giorgio.

Giorgio                          - Mi capisci ora Non è finito. Vado dunque, di Salarez, dove c'era mezza Roma, mi aggiro inquieto tra i tavoli di bridge e le coppie maschi e femmine appiccicati e non vedo traccia ne di Elena né di Carlo. Qualche maligno mi si avvicina e mi domanda « Come mai solo? Non c'è Elena con lei, oggi? ». Un altro mi trae in disparte e mi sussurra, pietoso, di aver visto entrare Elena e Carlo! Dopo mezz'ora nauseato, avvilito, disperato, scappo via. Dimmi tu, ora, che cosa debbo fare.

Stefano                         - Ma forse tu esageri. Altrimenti non verrebbe poi qui tutti i giorni. Indubbiamente le piaci. Accontentati. Non si può avere tutto nella vita, come nei romanzi a lieto fine e nelle pellicole americane. Cerca di metterti l'animo in pace. (Suona il campanello della porta; Giorgio si alza nervoso. Si alza anche Stefano). Chi sarà? Aspet­ti forse qualcuno?

Giorgio                          - (fa un gesto di diniego con la testa e con le mani; si avvicina verso l'ingresso).

Giuseppe                       - Signore... è qui la signora.

Giorgio                          - (a Stefano) Vattene... Addio, ti dirò!...

4 EPISODIO

 Pochi istanti dopo, Elena è seduta nella stessa poltrona del primo episodio, Le è caduta la maschera ed è dolce e tenera. Gli occhi quasi umidi di pianto, mentre prima sembravano freddi).

Giorgio                          - Mi dirai perché mi hai fatto andare dai Salarez. Ti ho aspettato mezz'ora. E ho trovato chi mi ha molto gentilmente avvertito di averti vista con Gentelli in taxi...

Elena                             - E' tutto ciò che tro­vi da dirmi?

Giorgio                          - Non ho il diritto di essere, geloso. Ma di soffrire sì. E poi ho perduto due ore della tua compagnia.

Elena                             - (affettuosa) Ora vieni qui, siediti vicino a me. Così... mettimi una mano die­tro la testa. Ed ascoltami. Ti devo parlare seriamente.

Giorgio                          - (ancora diffidente:) - Purché non siano le solite cattiverie...

Elena                             - Ma no! Dimmi in­vece: da quanto tempo mi ami?

Giorgio                          - Da quindici mesi. Oggi esattamente...

Elena                             - No. Non ti domando da quanto tempo hai detto di amarmi, ma da quando mi ami, o per lo meno, da quando te ne sei accorto.

Giorgio                          - Credo di averti amata subito. Da quando mi hai detto che tra noi l'amore non doveva esistere e che non dovevo amarti. Da quel giorno la mia vita si è trasformata: non ha avuto altro scopo che te: ma tu non mi ami. Sono un tuo giocattolo. Il giorno che ti stancherai di me continue­rai le tue passeggiate in taxi sempre. E mi sono imposta quella maschera e ho recitato quella commedia. Ora so veramente che anche tu mi ami co­me voleva il mio cuore.

Giorgio                          - (commosso) Elena!

Elena                             - No, non parlare. Oggi è stata l'ultima prova; Quella del tuo orgoglio. La più pericolosa, lo sapevo. Se tu non mi avessi amato come mi ami, non saresti andato dai Salarez.

Giorgio                          - Cara! (Non sa di­re altro. Vorrebbe piangere).

Elena                             - Mi perdoni? Ma non dire più nulla. Guarda i miei occhi, oggi. Lo sai che ho dovuto mettere la maschera an­che a loro perché non ti di­cessero il mio grande amore? E mi perdoni, ora, di aver co­struito, sopra la sofferenza di un anno, la felicità di tutta la nostra vita?

Giorgio                          - Amore, amore mio! (Si guardano ancora te­neramente negli occhi. Uni­scono le loro labbra nel loro primo e vero bacio d'amore).

FINE