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NATALE

Un atto

di ALBERTO AURIO

PERSONAGGI

NAYMA

CARLO

UCCIO (ANDREA)

BIANCA MARIA

LUCY

ORNELLA

RICCARDO

FEDERICO

CAMERIERA

PRIMO CAMERIERE

SECONDO CAMERIERE

Un graziosissimo salotto al primo piano d'un albergo. A sinistra, in centro, una grande porta a due battenti; in fondo un balcone; a destra due porte più piccole ad un battente, che immettono quella di ribalta nella stanza da letto e quella di fondo nello spogliatoio. Lateralmente dif­fusori o lampade che li sostituiscono nel­l'effetto. All'aprirsi del velario la scena è buia: solo, attraverso il balcone, si scorge la zona bassa della casa dirimpetto illumi­nata dai lampioni stradali. Fuori piove. Lo scrosciar dell'acqua, regolato dalle esi­genze dell'azione, continuerà durante la prima parte dell'atto, cessando tra la fine della scena « Federico-Nayma » e il prin­cipio della successiva. Trascorso un mo­mento, nell'ambiente che è al di là della comune, si fa'luce e, mentre si approssi­mano passi e voci, compaiono sul limitare e si appoggiano agli stipiti un cameriere ed una cameriera.

 

Nayma                             - (che precede la comitiva, getta nelle I braccia della cameriera la pelliccia. E' in grande scollatura da sera, elegantissima, d'una bel­lezza originale. Va per varcare la soglia ma si arresta sorpresa. Un grande mazzo di vischio  pende dall'architrave della porta) Chi hai messo quel vischio?

La cameriera                    - Domani è Natale, signorina.

(Uccio e Riccardo, Lucy, Ornella e Bianca-Maria fanno ressa dietro a Nayma. Anch'essi' in abito da sera).

Riccardo                          - Un hacio.

Uccio                               - Per ognuno.

Nayma                             - (ha un fuggevole senso di fastidio. Poi, scoppiando a ridere, alla cameriera) - Non lo sapevate?

La cameriera                    - (sorridente) Sì, signorina. Ma è la tradizione.

Nayma                             - (porgendo la gota a Riccardo) A te,

Riccardo                          - (chiassosamente) Evviva la tradizione! (Bacia, poi) E te, Nayma?

Nayma                             - Io no.

Riccardo                          - (passa) Peccato.

Nayma                             - Adesso ad Uccio, se Bianca Maria non è gelosa.

Bianca-Maria                   - Di mio marito? Impossibile!

Uccio                               - (depone il suo bacio e passa).

Nayma                             - (traversa anche lei la soglia) Bianca-Maria, come donna maritata, è fuori del giuoco.

Lucy                                - E noi spezziamo la tradizione. Un bacio dovuto non è un bacio voluto. (Essa ed Ornella, ridendo, entrano. Il cameriere gira l'interruttore e la stanza s'illumina. E' rimasta sola Nayma, vicino alla porta, quando appare Federico).

Uccio                               - (dal canapè che è quasi nel mezzo della stanza) Avvocato, sei in ritardo. (A Nayma) Anche a lui.

Federico                          - (che si è arrestato sulla soglia) Io, clie cosa?!

Ornella                             - (ridendo) Il vischio. Il bacio.

Federico                          - E' vero. Ma purtroppo la nostra ospite è già dentro.

Nayma                             - (con un sorriso enigmatico ad Ornel­la) E poi tua sorella ha detto: « Un bacio dovuto non è un bacio voluto ».

(Un momento di silenzio in tutti. Poi).

Riccardo                          - Per te, Nay, abbiamo rispettata l'altra tradizione della classica cena in comu­nità.

Nayma                             - Per me?

Riccardo                          - Via, tu le senti, certe cose. In fondo, hai lo spirito famigliare. Ora però...

Nayma                             - Riavete sete.

Riccardo                          - Ecco, sete.

Lucy                                - Ti abbiamo riaccompagnata, ma an­che qui da te si deve festeggiare il Natale.

Nayma                             - (al cameriere) E' pronto?

Il cameriere                      - Sì, signorina.

Nayma                             - Servite. (Alla cameriera) Anna, voi potete andare a dormire.

La cameriera                    - Buona notte, signorina. (Esce, seguendo il cameriere).

Nayma                             - E adesso ditemi che ora avete sta­bilito di fare qui da me?

Riccardo                          - Tardi.

Uccio                               - Presto. E' troppo tardi per dir tardi.

Bianca-Maria                   - Carina questa di mio ma­rito.

Ornella                             - Tuo marito è di spirito solo quando è vicino a te.

Riccardo                          - Incredibile!

(Due camerieri entrano recando vini e dol­ciumi).

Nayma                             - Posate lì. (Indica un tavolo che è a sinistra, in prima quinta).

Riccardo                          - Lo champagne?

(I camerieri, obbedito all'ordine, si ritirano).

Nayma                             - Ornella, Lucy. Aiutatemi,

Uccio                               - Lo champagne prima di mezzainotte è abbominevole!

Lucy                                - Ti calcoleremo dei nostri in spirito.

(Tutti, meno Federico e Uccio, hanno fatto gruppo attorno ai vassoi. Riccardo ha stappato una bottiglia. Versa nelle coppe).

Federico                          - Uccio, allora, iper non dimenti­carcene, mi dia subito quell'incartamento.

Uccio                               - « Ah, dunque, domattina l'avvoca­to nostro partenza, eh!... per il paesello.

Federico                          - Uccio, Natale è ancora troppo di prammatica per i vecchi genitori. Ma, l'atto me l'ha portato? Guardi che se no io, a Rieti, per parecchio non ci ritorno e della vendita non potrei occuparmene più direttamente.

Uccio                               - Ma si figuri, avvocato! Non è il mio interesse? L'ha nella tasca dell'impermeabile, l'atto di vendita. Tanto si uscirà insieme, poi...

Nayma                             - Avvocato. Che cosa fa? Venga.

Federico                          - (accorrendo all'invito) Parlavo di affari.

Nayma                             - (porgendogli una coppa colma) Sempre in argomenti gerii!

Federico                          - (sollevando un poco la coppa, gentilmente) A lei!

Nayma                             - Ma sempre irreprensibile in ga­lanteria!

Tutti                                 - (gridando) A Nayyona!

Nayma                             - (verso gli altri) Grazie. A voi!

Federico                          - A proposito di cose serie. Ha letto quella raccolta di romantici?...

Nayma                             - Quella che mi regalò? Sì, ho let­to la dedica di lei. Ah, ma, scusi, vorrei che mi spiegasse una frase di quella dedica. (Par­lottando si fanno da un lato e guardano un li­bro, che insieme con gli altri accennali, è su di un mobiletto).

Uccio                               - (dal canapè) Bianca-Maria, come mi andrebbe un camiller. Senti, tu sei una buona moglie amorosa...

Bianca-Maria                   - Non t'illudere.

Uccio                               - Per il camiller, sì.

Bianca-Maria                   - Vieni, vieni pure a fartelo se vuoi.

Riccardo                          - Io non so come può piacerti dell'acqua calda.

Uccio                               - Ha un sapore così chic. (Si alza, stancamente, e va a prepararsi il camiller).

Riccardo                          - (a Nayma) Adesso, signora di ca­sa, ci permetterai un po' di poker?

Nayma                             - (tornando con Federico verso il cen­tro della scena) Ma no! Sempre le stesse co­se! Lo champagne, il pokerino...

Uccio                               - Oh! il pocker sì. Coi dadi. Li ho qui. Non ci si può rinunciare. Debbo rifar­mi di Ulrika Eleonora. Trecentocinquanta per mille. Maledetto cavallo! (Parlando si è unito a Riccardo).

Riccardo                          - Chi viene? Laggiù, al solito ta­volo.

(Tutti si allontanano verso il fondo, tranne Federico, che si è seduto sul canapè, e Nayma).

Nayma                             - Vuole un bombon, avvocato?

Federico                          - Grazie, no.

Nayma                             - Ancora la mia compagnia?

Federico                          - Grazie, si.

Nayma                             - (sedendo anche lei) Che ha questa sera?

Federico                          - M'annoio.

Nayma                             - (celiando) Grazie... sì.

Federico                          - Non di lei. Di questo e di questi.

Nayma                             -  Sa, annoiano anche me.

Federico                          -  E perchè se li è scelti come com­pagni?

Nayma                             - Scelti? Trovati... Ci sto insieme.

Federico                          - Tipi tutti uguali nel non avere un'ombra d'animo e d'intelligenza!

Nayma                             - Non ne dica troppo male. Sono press'a poco della mia generazione.

Federico                          - Lei è assai pciù giovane. Poi lei ha sempre avuto una tutt'altra vivacità.

Nayma                             - No. Anche io ho dell'inerzia. Per questo, in certo senso, me li sento vicini.

Federico                          - Lei dell'inerzia? Con quel feb­brile ciesiiderio di vita che l'ha sempre ani­mata? Con tutti i suoi sports?

Nayma                             - Desiderio di vita? Nient'altro che di svaghi... Sia pure di attività fisica.

Federico                          - -Sicché, sicché... - mi dica since­ramente - io che sono un lavoratore, e di altra generazione, lei, come mi ritiene?

Nayma                             - Lei...

Federico                          - Io ho un po' la sua stima. Ma, in fondo, le sono più estraneo di tutti!

Nayma                             - Non questo, o come lo intende.

Federico                          - Lo confessi. Lei s'è sempre ac­corta di tutto l'interesse, diciamo... semplice ma veramente spontaneo ed entusiasta che ha susci, tato nella mia persona. E questo interesse non ha mai trovato una rispondenza.

Nayma                             - . Vede...

Federico                          - Non è vero?! Ma verso che e chi tendono le sue intime aspirazioni? A me non è mai riuscito di capirlo.

Nayma                             - Luciani, eppure lei che è per­sona colta, posata, dovrebbe comprenderlo. E saperlo spiegare per me, che son proprio negata alle spiegazioni. Lei sa la mia vita di orfana ricca... Da un lato amicizie del genere di que­ste: vicine e lontane nello stesso tempo. E nessuno che abbia detto al mio intimo... non so!... Poi... la sua persona: corretta, equilibra, ta, amante dei libri, raffinata nei sentimenti. La sua persona... ecco... che ha tante belle qualità ma che, forse, è troppo, troppo diffi­cile per noi d'adesso! Così è in me qualcosa di simile a un disorientamento, a un'aspirazio­ne verso qualcosa... (Viene interrotta da un im­provviso baccano dei giuocatori. I due hanno un gesto di noia).

Federico                          - (riprendendo) Ad ogni modo io santo che se, per esempio, liei leggesse di più, se volesse vincere la repulsione - scusi - un po' primitiva per quella che è la parte in­tellettuale della vita, tante cose le apparireb­bero in una luce diversa, le nostre persone, creda, arriverebbero benissimo a compren­dersi.

Nayma                             - Sempre ottimi argomenti i suoi. Ed io non so né ho voglia di discutere. Soltan­to a me il romanzo, la commedia piacciono vi­venti! A me piace, sì, e moltissimo, la vita che sia come l'arte!

Riccardo                          - Nayma, dacci le carte. Qualche giro appena. Coi dadi non va.

Nayma                             - (muovendo verso il gruppo) No, no! Volete incominciare a quest'ora?! Conosco i vostri pochi giri.

Uccio                               - (sbadiglia) Piuttosto, chissà com'è? Di colpo m'è preso un sonno... (Si leva da se­dere).

Lucy                                - Dio! Sempre con quest'aria barbo­sissima dell'uomo stanco, annoiato.

Uccio                               - Vorrei vedere se vi sentireste solle­vati, voi, voi che non avete fatto niente tutt'oggi. Vorrei vedervi se dopo aver corso a tutti i picchetti, dal ce pesage » al prato, per cercare una quota pos&'bile, aveste trovato un idiota di allievo fantino che si fa battere sul palo, per un corto naso! Ah, l'unica sicurezza della gior­nata!

Riccardo                          - Ma sì!... E allora?

Ornella                             - Allora, allora c'è da stabilire una cosa importantissima. Soprattutto con la piog­gia di stasera. Chi è di turno, oggi, per il riac­compagno a macchina?

Riccardo                          - Questa è la sera di Uccio.

Uccio                               - Tu non confondere. Ricordati, l'ul­tima volta...

Riccardo                          - Mi ricordo benissiino.

Uccio                               - No. Ecco che confondi. L'ultima volta non c'eri.

Riccardo                          - Ma guarda, senti...

Uccio                               - (ritraendo dalla tasca i dadi del po­ker) In caso di contestazione...

Riccardo                          - Ma...

Uccio                               - Vieni. (Lo forza a trarsi da un lato. Sorteggiano mentre igli altri attendono sorridenti. Ritornando verso la ribalta) Stabi­lito.

Bianca-Maria                   - Hai vinto?

Uccio                               - Naturalmente! (A Lucy ed Ornel­la) Allora preparatevi subito perchè con que­sto sonno... (Sbadiglia).

Ornella e Lucy                 - (Ridono e gli altri fanno coro).

Bianca-Maria                   - (accomiatandosi cinge lieve­mente l'amica d'un abbraccio e le sfiora ì ca­pelli con le labbra) Sogni d'oro Nay.

Lucy                                - Ciao, Nay. (Sta per fare come l'al­tra) Ma non avevi qui la famosa spilla di nonna Elda?

Nayma                             - Si. (Porta la mano al punto indica-cato) Ah! (Subito guarda a terra avanti a se) Dovrebbe essere caduta!

Ornella                             - Che?

Nayma                             - La spilla!

Ornella                             - Non l'hai più, adesso, è vero. A cena l'avevi.

Nayma                             - (Dopo aver dato ancora uno sguardo attorno) Ragazzi, la mia spilla, quella che avevo appuntata qui. Aiutatemi a cercarla! Guardate in terra.

Uccio, Bianca-Maria, Riccardo   - (accorrono).

Uccio                               - Che s'è perduto?

Bianca-Maria                   - La spilla!

Riccardo                          - Bisogna cercarla subito qui: sui tappeti.

Federico                          - Un momento. Noi ci siamo in­contrati nell'hall. Ma quel gioiello mi ricordo di non averglielo visto.

Uccio                               - Non ci avrà badato!

Federico                          - Potrei giurare che la nostra ami­ca non è entrata in albergo con la spilla. Ap­pena l'bo veduta, l'occhio, per caso, si è posato sull'originale scollatura...

Riccardo                          - Allora bisogna ricercarla subito fuori!

Nayma                             - Eh, sì! Non mi dovete lasciare co­sì. Bisogna vi muoviate stanotte, per quanto possibile. Voi sapete l'affezione che io avevo per quel ricordo. Poi anche per il suo valore reale.

Riccardo                          - Oh, un gioiello di un diecimila lire!

Federico                          - Senta, Riccardo, cerchiamo di provvedere noi due. Discendiamo in portine­ria: si fa cercare attentamente avanti all'in­gresso.

Nayma                             - Ci voleva anche quest'acquazzone!

Federico                          - Se non si ottiene nulla... (Bus­sano alla porta).

Nayma, Uccio, Lucy       - (con nella voce un'istin­tiva speranza) Avanti!

Cameriere                        - (entrato, dà uno sguardo e dedu­cendo dall'atteggiamento di ciascuno la appren­sione generale) Credo di essere giunto oppor­tunamente.

Nayma                             - Trovata?!

Riccardo                          - Eh?!

Federico                          - E' stata ritrovata?

Cameriere                        - Un giovanotto si è presentato dicendo di avere rinvenuto qualcosa apparte­nente ad una cliente dell'albergo. Ora, noi co­noscevamo la spilla della signorina...

Nayma                             - Ma se l'è fatta restituire?

Cameriere                        - Il giovane ha insistito...

Nayma                             - Per la mancia?

Cameriere                        - Non saprei. E' stato accompa­gnato in ufficio e il maitre ha cercato di fargli capire che sìa per la sicurezza del ritorno del­l'oggetto al proprietario che per ogni altra...

Federico                          - Ma insomma!

Cameriere                        - Si è ostinato a volerlo riconse­gnare direttamente alla signorina.

Nayma                             - E facciamolo salir su, allora. (Men­tre il cameriere si avvia) Che tipo è?

Cameriere                        - Mah!... (Esce).

Riccardo                          - Credo che sarà il caso di un compenso.

Nayma                             - Se vuol provvedere lei, avvocato.

Federico                          - E' una cortesia quasi professio­nale che mi chiede.

Nayma                             - Che non potrebbe quindi rifiu­tarmi.

Ornella                             - Chissà perchè avrà voluto ricon­segnarla proprio a Nayma?

Bianca-Maria                   - Possibile che non si fida­va del maitre?

Lucy                                - Avrà voluto in premio il tuo sorriso!

Riccardo                          - E la mano da baciare, come d'Ar-tagnan!

Nayma                             - Sì: son proprio questi i tempi! Vedrai che vorrà stabilir bene il valore...

Uccio                               - Ma con un affare simile! Così, al­l'impensata! Come se i soldi corressero per la strada….

Bianca-Maria                   - Parli proprio tu, speciali­sta per farli correre sui prati... di tutti gli ippodromi….

Federico                          - Però non rimaniamo così. E' un po' strano! Sembra che ci siamo disposti in parata ad aspettare!

Nayma                             - Già, si troverà in imbarazzo que­sta persona: e anche l'avvocato se deve accor­darsi.

Ornella                             - Noi stavamo andandocene. Pos­siamo filare.

Bianca-Maria                   - Pure a me piacerebbe di as­sistere.

Uccio                               - Fai la femminuccia?! Ma io appro­vo subito! Se penso al giro che debbo fare con la macchina!

Lucy                                - (ambigua) All'avvocato non dispia­cerà se lo lasciamo...

Riccardo                          - (con burlesca ironia) D'altronde se si trattasse di um cavaliere ignoto che viene a confondersi al cospetto... (S'accorge di Carlo che, introdotto dal cameriere, è apparso sulla soglia della comune. Poiché il giovane è ri­masto da un lato della porta, gli amici di Nay­ma, cominciando da Riccardo, gli sfilano din­nanzi ad uno ad uno).

Bianca-Maria                   - (con accento di sottinteso) Allora... per quella cosa... mi farai sapere do­mani.

(Uccio, ultimo, saluta ponendosi in capo il cappello e levandolo verticalmente con ambo le mani, una, due volte).

Carlo                                - (è un tipo sano dell'attuale generale. Fisonontia assai viva ed espressiva. Ha in mano il cappello che è bagnato di pioggia come anche l'impermeabile. E' un po' intimorito dal fatto che solo Federico è rimasto) Signore, scusi.

Federico                          - Di che? Anzi...

Carlo                                - Se ho voluto, personalmente, alla sua signora... (e accenna l'atto di chi riconsegna un oggetto).

Nayma                             - (sorridendo) No. Signorina.

Federico                          - (c. s.) Io non sono che un amico della signorina.

Carlo                                - (sollevato dalla spiegazione)  Scu­sino l'equivoco, allora. Son voluto salire fin su soltanto...

Federico                          - Sì, abbiamo compreso. Ora par­leremo di questo.

Carlo                                - Non saprei che...

Federico                          - Stabiliremo insieme.

Nayma                             - Perdoni: vorrebbe dirmi come ha potuto sapere che ero io la proprietaria?

Carlo                                - Mi hanno condotto...

Nayma                             - Quassù: naturalmente. Ma ha di­chiarato lei che la spilla apparteneva ad una cliente dell'albergo.

 Carlo                               - Ah, sì! E' vero! M'ero riparato dalla pioggia vicino all'entrata della ce Taverna del Quirinale »; e, mentre loro uscivano, ho fatto caso a lei, signorina, alla sua spilla e alla sua macchina.

Nayma                             - Quante cose insieme! Usciva tantaI gente in quel momento.

Carlo                                - Dio, sarebbe facile immaginar come. Ma doverlo dire da parte di un estraneo... Permettono? (Con un sorriso aperto e fresco) Lei tre cose risaltavano talmente! (A Federico comef cercando appoggio) Vero?! Lei avrà la miai opinione?!

Nayma                             - (senza sLangio) Grazie.

Federico                          - (piuttosto freddo) Già, lei è gen tile.

Carlo -                             - Unicamente iperchè è stata la verità io ora ho...

Nayma                             - (ridendo, ora, spontanea) Ma sì, ma sì!

Federico                          - (con tono di chi vuol troncare) Allora, senza...

Nayma                             - Ma siedete lì per parlare. Posi pure il cappello.

Carlo                                - Tanto ora debbo andare. Piuttosto io ancora non ho... (e porta la mano alla tasca).

Nayma                             - Ecco, appunto. Si metterà, credo, presto d'accordo con il mio amico che è avvocato, del resto. (Indicando il canapè presso il quale i due si trovano) Che oonfusione hai lasciato qui, prima d'andarsene, Uccio. Quel solito scemo di Uccio!

Federico                          - (in uno scatto) A proposito di Uccio! (Si guarda, affannato, nelle tasche, fai l'atto di uscire precipitosamente ma si trattie­ne) Ormai!... Ma non se n'è andato senza con­segnarmi l'atto di vendita per il quale ci eravamo combinati di vederci stasera?! Ed io dovevo portarlo con me a Rieti, domani, col treno delle sei!

Nayma                             - Con un tassì può raggiungerli su­bito a casa di Ornella e Lucy.

Federico                          - (facendosi un po' da parte con Nayma e, a bassa voce) Ma lei... qui?...

Nayma                             - (indifferente) Non si preoccupi.

Federico                          - Dovevo combinar io per il com­penso...

Nayma                             - Farò un cattivo affare. Poco male.

Federico                          - E lasciarla sola, poi: con questo giovanotto...

Nayma                             - (c. s.) Se ne andrà, adesso!

Federico -                        - Gli dico che aspetti il mio ri­torno.

Nayma                             - Ma via! Perchè?

Federico                          - Perchè... non so se ha una con­dotta chiara. Infine vorrei sapere...

Nayma                             - Torni pure, se non sarò andata a dormire le riferirò. (Mezzo canzonatoria) E' vero che adesso è stato mio marito per un mo­mento ma ha fatto troppo presto a prendere atteggiamenti coniugali!

Federico                          - Che dice!... (Non sa che altro ag­giungere. Squadra indeciso Carlo quindi lo sa­luta in fretta con un « signore »).

Carlo                                - (che al colloquio dei due si era voltato, per discrezione) Signore... (Accorgendosi che l'altro sta per uscire) Ah, vado anch'io, signori­na. (Trae da una tascha la spilla e la porge) Eccola.

Nayma                             - Bravo! Viva la semplicità! Lei mi toglie la noia di preamboli e di discorsi di cui non sono capace. Aspetti... (Trae dalla bor­setta un biglietto di banca) Cinquecento?

Carlo                                - (rimane interdetto, in un primo mo­mento, poi ha un sorriso agro-dolce, quindi, asciutto)  No.

Nayma                             - Ah, non va bene?!

Carlo                                - ... Ecco: non va bene.

Nayma                             - Signore, il suo atteggiamento mi fa pensare che siamo molto lontani!...

Carlo                                - Infatti!...

Nayma                             - (dura) Ah, ma lei cos'ha creduto?!

Carlo                                - Lei, cos'ha creduto...! (S'arresta, muta di tono) Tuttavia, se ritiene proprio che sia giusta la sua offerta... Tanto per definire... Ecco: facciamo le cose completamente in regola allora. Da una mano lei il biglietto, io il gioiel­lo dall'altra. Ecco, così. (Dando e prendendo) Eh... così! (Spiega e lascia il biglietto che, di­steso, cade lentamente. Quando ha toccato ter­ra) Così! (E bruscamente) Buonanotte, signo­rina. (Si volta e si avvia verso la comune).

Nayma                             - Signore! Perchè?

Carlo                                - Un bel gesto da « cavaliere ignoto », come ha detto... quel suo amico. Non le piace?

Nayma                             - Ma io non ho avuto la minima in­tenzione di offenderla. Non avrei pensato mai...

Carlo                                - Mi sono accorto.

Nayma                             - Ha insistito tanto a voler riportare direttamente la spilla che io potevo soltanto credere...

Carlo                                - Appunto.

Nayma                             - Ma perchè, allora, è voluto salir su?

Carlo                                - (in un sorriso) Ah! La ragione è tanto semplice e puerile al confronto di quella che lei aveva supposto, che ora a dirgliela mi sembrerebbe di farmi ridere in faccia!

Nayma                             - Tuttavia...

Carlo                                - Mah!

Nayma                             - (è incerta sulle intenzioni dì lui ma non vuole mostrare di esserne curiosa) Come vuole. Io sono più schietta e le confesso che non avevo pensato che ad allietarle con qualche cosa che non fa generalmente dispiacere la sua passeggiata notturna... Ma non davvero al chiaro di luna! Non fa che piovere, stasera!... E, con un'acqua simile, lei... lei dev'essere passato a piedi sotto all'albergo?!

Carlo                                - Ero sceso dall'autobus e correvo a (prendere il tram. Rasentando il portone ho vi sto in terra luccicar qualcosa. M'è parso... Poi ho riconosciuta Fautomobile... E non ho fatto che chinarmi. (Nel rievocare il movimento rivede sul tappeto la banconota) Scusi, sa, (si china, raccoglie la carta e, porgendogliela) ma la riponga! Mi pare così buffo questo biglietto da cinquecento che sta ad infiorare il tappeto!

Nayma                             - (ride, riprende il foglio che trattiene mezzo aperto in mano. A questo punto un ful­mine scoppia da presso. Ella ha un sobbalzo e con la mano, nella quale stringe la banconota, afferra quella di lui, in un istintivo impulso).

Carlo                                - Le ha fatto paura?

Nayma                             - (disunendo le mani e separandosi da lui, d'un passo) No. Che sciocchezza! Ma così d'improvviso! (Per riprendere m qualche modo un atteggiamento disinvolto agita, scherzosa, il foglietto gualcito) Guardi questo denaro che è stato per dividerci tanto bruscamente come ha sentito strette le nostre mani!

Carlo                                - A meno di cinque minuti di di­stanza!

Nayma                             - Neppure a teatro!

Carlo                                - Piuttosto... piuttosto con questo acquazzone dovrò trattenermi ancora un po' in albergo.

Nayma                             - Già... già, lei pensa che i tassì si trovano difficilmente.

Carlo                                - Ma se vuole che discenda in porti­neria...

Nayma                             - Non è una soluzione squisita che procura alla mia ospitalità. Dopo il piacere che mi ha fatto! Invece... segga.

Carlo                                - Le bagnerei tutta la poltroncina. L'impermeabile cola acqua.

Nayma                             - E... se lo tolga.

Carlo                                - (si toglie l'indumento ma non sa dove posarlo).

Nayma                             - Lo appoggi pure lì, signor...?

Carlo                                - (stendendo pronto la mano) Ah, Mandolesi! Carlo Mandolesi.

Nayma                             - (rimane un po' incerta. Poi stringen­dogliela) Ma sì. Corradi. Nayma Corradi. (Poiché nel serrargli la mano s'è accorta delle cinquecento lire che ha dovuto passare nella sua sinistra, va ora verso la borsetta e, nell'atto di riporvele, esita un attimo, quindi, in una lenta interrogazione, senza fissare Carlo) Scusi la mia domanda, aia lei è ricco, o, che cosa fa?

Carlo                                - Perchè?

Nayma                             - Oh, così...

(Una breve pausa imbarazzante. Dalla stra­da s'odono uno o due colpi di fischietto con i quali i portieri d'albergo chiamano le vetture pubbliche).

Carlo                                - (tanto per divagare) Gran chiamata di auto pubbliche...

Nayma                             - (credendo che egli abbia parlato con intenzione) Ne vuole una?

Carlo                                - Io?

Nayma                             - Opportunamente mi fa notare che ce ne debbono essere avanti all'albergo.

Carlo                                - Ah, ho capito! Accortamente mi fa comprendere che potrei lasciarla sola, ora. Ma - gliel'ho detto - posso aspettare benis­simo in portineria che calmi un po'.

Nayma                             - Ah, rettifichiamo! Non per niente, ma non è poi giusto che mi voglia far passare per assai poco gentile perchè, invece, è sopraggiunta a lei una certa impazienza!

Carlo                                - (ha un gesto di stupore).

Nayma                             - Sì, che c'è di male? Del resto avrà le sue ragioni plausibilissime. E io le chiamo subito un tassì.

Carlo                                - (protestando vivacemente, con una di quelle strafottenti baldanzosità ostentate che proteggono il pudore) Ma sa, sa che s'è pro­prio ingannata! E che è proprio inutile che si affretti tanto! E che ci insista, col suo tassì! Io andrò a piedi... anzi no: in tram. (Un istante di pausa) Ma, debbo rispondere alla sua do­manda. Io... lavoro. Sono un giovane che la­vora... Poiché, però, lei non ha chiesto piuttosto a sé com'è che la notte di Natale io giravo, solo, debbo aggiungere che non tutti i giovani posso­no occuparsi nella stessa città della propria fa­miglia e che pochi possono viaggiare per passare le feste dai loro. Così, io poco fa, andavo come una sera qualunque a dormire. Naturalmente... ci andavo in tram. Ma, tutto questo è... è nor­male!

Nayma                             - (è rimasta sensibilmente sorpresa e turbata) Lo credo... Se lo afferma. Tuttavia mi dispiace pensare che lei... (non convinta) ma questo delle feste famigliari ai nostri giorni...

 Carlo                               - (convinto ancor meno) Oh, sicuro!

Nayma                             - E - non perchè sia il caso di con­forti con lei - ma anch'io le trascorro fuori di casa... in albergo... qui, dove scendo sempre quando mi trattengo a Roma... Anch'io le trascorro da sola.

Carlo                                - Non m'era sembrato, questo.

Nayma                             - Per quello che ha veduto? Non ho più genitori, né parenti, quasi. La solitudine non è mai riempita dalle amicizie. Specialmente, poi, del genere capitato a me.

Carlo                                - Io non ho parlato che con l'avvocato e...

Nayma                             - Ah! L'avvocato... Comunque, glil altri, non se li figura!

Carlo                                - (con quel risolino di quando si cercai di rianimare sé e chi è insieme) Di positivo! c'è che debbono avere inclinazione all'allegria (Indicando i vassoi dei dolciumi e dello champagne) A giudicar dalle tracce...

Nayma                             - Sì, della compagnia più cordiale! Ma, mi ci fa pensare. Vuol lei un sorso dil champagne?

Carlo                                - Grazie.

(Nayma sta finendo di riempire la seconda  coppa allorché s'affaccia il cameriere).

Cameriere                        - Signorina, l'avvocato Luciani.

Nayma                             - (a sé) Non ci pensavo più. E ci potevo contare! ...

Carlo                                - (indicando lo champagne) Non im­porta. Vado via.

Nayma                             - Perchè?

Carlo                                - M'annoiamo le spiegazioni.

Nayma                             - Come?

Carlo                                - Non oi tengo proprio di far sapere il bel gesto!

Nayma                             - Va bene. Non ne parlerò. Ma...

Carlo                                - Ma?

Nayma                             - Lei non considera, non considerai che se debbo dire di averla compensata, sembrerà assai poco logico che ella si trovi ancorai quassù.

Carlo                                - Vede?! Gliel'ho detto. Scappo, Attendo nell'hall di potermene andare.

Nayma                             - Buon'idea! Uscendo di qui l'avvocato non la vede passare?! Ma perchè non vuol che si conosca la sua azione così simpatica?

Carlo                                - No, no. A me sembrano talmente  ridicoli la lode, il complimento di prammatica. Soprattutto con quel tono che hanno queste persone serie, più grandi di noi.

Nayma                             - Eppure non immagina come l'avvocato saprebbe apprezzare...

Carlo                                - Sì, tuttavia...

Nayma                             - E sentirà le sue parole se gli dirò il contrario di quello che è stato!

Carlo                                - Ecco: faccia così. Mi ci divertirò.

Nayma                             - Allora...?

Carlo                                - (con alquanta forza) Allora, se in cambio del mio, la posso pregare di un vero fa­vore...

Nayma                             - (in una risoluzione') Cameriere, dica all'avvocato che entri pure.

Cameriere                        - (s'inchina e scompare).

Nayma                             - (indica vagamente a Carlo la seconda porta a destra) E lei vada un momento di là.

Carlo                                - Come?

Nayma                             - Entri ed attenda là.

Carlo                                - (si dirige, invece, incerto, verso la prima porta).

Nayma                             - Dove va?! Nella cameretta da letto?! Ma laggiù! Prenda il soprabito e il cap­pello. (Lo costringe ad eseguire in fretta. Come egli ha richiuso dietro di se la porta del fondo ella gira l'interruttore della luce centrale, fa­cendo accendere altre luci laterali, che danno all'ambiente una maliosa atmosfera. Ciò fatto, scompare anch'essa rapida, nella carriera da letto. Quasi contemporaneamente appare Fede­rico).

Federico                          - Eccomi a lei. Ma, non c'è? (Torna alla comune) Cameriere, senta... m'a­veva detto... (Riportandosi entro la stanza). Sì, se n'è andato! (Passeggiando, urta a caso nel tavolo dove sono le due coppe e s'accorge delle medesime. Le osserva. Ha un gesto d'interro­gazione. Gira gli occhi per la stanza resa se­ducente e misteriosa dalla luce. Scrolla le spalle) Che idee fantastiche! (Con voce un poco alte­rata). Ma dove è andata?!

Nayma                             - (rientra in una deliziosa vestaglia)         - A dormire! Stavo per andarmene a dormire, avvocato. Eccomi perchè l'ho fatta attendere un momento.

Federico                          - Mi perdoni. Ma vede che non potevo fare più in fretta di così. Li ho rag­giunti quasi subito e pensavo che lei ancora po­tesse aver bisogno...

Nayma                             - (in un sorriso avvolto d'ironia) Sempre troppo gentile, con me, lei!

Federico                          - Con una tale fortuna! E il gio­vane?

Nayma                             - (un istante turbata dalla relazione che ci poteva essere tra le due frasi) Il giovane? Ah! Quello della spilla... Benissimo. Già, lei è tornata per lui.

Federico                          - Benissimo?!

Nayma                             - Ma son dovuta andargli incon­tro, sa!

Federico                          - Immaginavo...

Nayma                             - E certo non potevo mettermi a contrattare.

Federico                          -  Ecco perchè doveva attender me. Cosa gli ha offerto?

Nayma                             - Cinquecento.

Federico                          - E quel giovanotto, così... fred­damente, ha preso da lei il denaro, eh?!

Nayma                             - Ha rifiutato senz'altro.

Federico                          - Rifiutato?!

Nayma                             - Mi ha fatto capire ohe ero molto lontana...

Federico                          - Ah...!

Nayma                             - E...

Federico                          - E...?

Nayma                             - Ne ha voluto il doppilo.

Federico                          - Come?!

Nayma                             - Mille.

Federico                          - Il doppio?! Glie ne ha chieste, lui, altre cinquecento?!

Nayma                             - In modo reciso.

Federico                          - Ah, allora aveva già fissato il prezzo!... Con quel sorrisetto fresco, da mezzo ingenuo, doveva addirittura aver già calcolato una percentuale?!

Nayma                             - Ha detto fermamente che quello, per lo meno, era il compenso che gli aspet­tava. E che era venuto su proprio per stabilir bene... E che pretendeva...

Federico                          - (in uno sfogo d'indignazione) Ah, ma come è ignobile e odioso tutto ciò! E da parte di un ragazzo di vent'arimi! Di fronte ad una donna! Una signorina! Ah, ma non è umiliante che tutto questo si debba trovare nella nuova generazione?! Cosa stupenda! Non un senso di poesia! Ragazzoni dai muscoli gonfi, animati solo da una febbre di guadagno, come che sia! Ecco: ne ha visto adesso uno ancora e diverso da quegli altri! Ne ha visto ancora uno... da me molto diverso, credo?!

Nayma                             - Perchè ci si agita tanto? Non glielo avevo detto che avrei fatto un cattivo affare?!

Federico                          - E a lei dà voglia di sorridere?

Nayma                             - Non ci può essere un cattivo affare che suscita l'ilarità?!

Federico                          - Via, non faccia così perchè non vuol mostrarmi come ne è rimasta... Toccata, dentro di sé e forse mei più intimo! Perchè io so che lei credeva che solo le amicizie che la circondavano, per appartenere ad un mondo ricco fossero... (Ella, adattando le parole al reale svolgimento dai fatti, annuisce, come assorta)... Ma perchè fa continuamente di sì col capo?

Nayma                             - . No... Ma, anzi.... Perchè ha ra­gione!

Federico                          - Vede. Ma... dunque perchè, per­chè s'ostina a sostenere di non comprenderlo, un essere come me!

Nayma                             - (celiando) Ha rag-ione... Ed è per questo. Ha così ragione! E' troppo... ragione­vole: in ogni caso. Gliel'ho detto, prima! Addirittura difficile, per noi d'adesso! Poi, a che scopo sforzarmici?! Per ciò ohe lei stesso ha definito « un interesse semplice »...?!

Federico                          - Ma così delicato e sentito!

Nayma                             - « Ad ogni modo...

Federico                          - Voleva che le dichiarassi qual­cosa di più intimo e più deciso?

Nayma                             - No, no. Perchè?

Federico                          - ...Dopo che lei, con ogni sua frase, con ogni suo comportamento ha voluto sempre farmi sentire una distanza che...

Nayma                             - Che dà un certo fastùdiuccio alla re­torica della sua ammirazione.

Federico                          - No. Una distanza che non posso rassegnarmi ad ammettere quando so cosa sono per lei gli amici che ha, per età più vicini di me, quando un incidente come quello di stasera le ha fatto ben vedere cosa siano d veri e pro­pri giovanotti d'oggi!

Nayma                             - Già, già!... Tuttavia...

Federico                          - Che?

Nayma                             - Niente!

Federico                          - E perchè...?

Nayma                             - Perchè?

Federico                          - Perchè ha detto « tuttavia ».

Nayma                             - Per dire...!

Federico                          - No, aveva un'intenzione.

Nayma                             - Un'intenzione?

Federico                          - Voleva dir qualcosa.

Nayma                             - Che notn ricordo.

Federico                          - Che non vuol dichiararmi.

Nayma                             - Ma no!...

Federico                          - Ma sì! E io non so come le sia preso adesso questo gran gusto di trattarmi con queste frasette irritanti, col suo risolino!...

Nayma                             - Ma, cosa posso farle...?! Caro av­vocato...

Federico                          - No, no, lasci stare. E voglio farle sapere cosa mi fa pensare, alia fine! Mi fa pen­sare che anche in lei, fin'oggi, stasera, questo momento, in verità non un'ombra di sentimento un po' poetico dev'esserci stato. Né una senti­mentalità un po' raffinata, un po' romantica. E' che in lei, in fondo, è ancora nient'altro che una gran freddezza. Sì... sotto tutti i sensi, sì... Per esempio, per esempio non se ne sta ora, con indifferenza glaciale, di fronte a me, così, in vestaglia?! Lei non sa neppure...! Ci son cose che appartengono a tutti i tempi... se una volta verrà... vedrà se l'amo...

Nayma                             - (che aveva già preso in mano una delle coppe, tronca la frase di lui ponendogliene con gesto scherzoso tra le labbra l'orlo) Queste frasi a quest'ora! Potrebbe sentire qual­cuno. (Intrattenendogli con la mano libera il capo contro la coppa) Beva, piuttosto, la beva, piuttosto. Le farà bene.

Federico                          - (riuscendo un momento ad allonta. mire la coppa) Giusto, avevo notato quelle coppe.

Nayma                             - E ha fatto tutti questi discorsi in­vece di ringraziarmi del pensierino? Io che glie le avevo preparate... perchè... mentre aspettava da solo...

Federico                          - Due?! (Beve).

Nayma                             - Una... Una anche per me. Ma oraj m'è passata la voglia.

Federico                          - (rifiutando la seconda coppa che h offre Nayma) Che fa?

Nayma                             - Giacché, sì... Anche l'altra in no­me mio. (Mentre glie la porge s'ode un rumon dietro la porta del fondo).

Federico                          - Eh?!

Nayma                             - La finestra... Deve aver battuto.

Federico                          - La finestra? Laggiù?

Nayma                             - Ah, ha ragione! Avevo sbagliati con la camera da letto. Là non c'è. Ma adessi mi viene in mente! Dev'essere stato lo sportelli dell'armadio... Sa, anche l'altra notte mi hai svegliato... Ha una leggera inclinazione indie tro...

Federico                          - (beve e posa la seconda coppa)

Nayma                             - (ambigua) Bevuta? Queste due copi pe era proprio necessario che le bevesse. Si s'era un po' troppo inquietato; ma, avvocato creda...

Federico                          - (alzandosi) Arrivederci, Nayma-(Avviandosi) Ma se... se vorrà!...

Nayma                             - (ponendogli una mano sulla bocca - Di nuovo? Ma non ho altro da darle da bel re, ora!

Federico                          - (volendo apparir arguto) Ah, perchè lei pensa che saprebbe...?

Nayma                             - No, si figuri! Io? No, no. Buoni notte. E faccia come me, non serbi rancore pe; i nostri conflitti... Buona notte. (Come Federico è uscito Carlo rientra).

Carlo                                - (o mezza voce, dalla soglia del suo uscio, mentre Nayma è ancora su quella della comune) Avevo perso l'equilibrio, poco fa... (In un improvviso stupore) Oh!

Nayma                             - Cos'ha?

Carlo                                - Niente... Prima però non m'ero del tutto sbagliato.

Nayma                             - Di che?

Carlo                                - Prendendolo per marito, l'avvocato.

Nayma                             - Ma perchè ha fatto «oh! » adesso?

Carlo                                - Mah! Sa come crea l'immaginazione nell'oscurità d'un luogo sconosciuto? Là dentro, là dentro non me l'ero figurata come poi l'ho vista?!

Nayma                             -  Bene! Dentro lo spogliatoio lei mi aveva...

Carlo                                - Era lo spogliatoio?!

Nayma                             - (va a scrutare alla finestra).

Carlo                                - Ecco com'è che mentre stavo per cadere ho stretto qualcosa di seta...

Nayma                             - Mi sembra che non piova più.

Carlo                                - E quel profumo che sentivo!...

Nayma                             - L'avvocato sicuramente dev'essere potuto uscire dal portone.

Carlo                                - Sì... Comprendo. Lei ha ragione. Arri vederla.

Nayma                             - Grazie. Ma attenda un momento ch'egli volti all'angolo della strada.

Carlo                                - Le preme, che non mi veda.

Nayma                             - Certo! Son stata costretta a dirgli che era andato via.

Carlo                                - (chiuso e non convinto) Già, è vero.

Nayma                             - Senta, a lei, che mi aveva reso un grande favore, io certo non potevo rifiutare una cortesia che dopo tutto consisteva nel non farla incontrare con una persona: ma ci tengo ap­punto abbia ben presente che è stata volontà sua di non rivedere l'avvocato.

Carlo                                - (c. s.) Mi scusi, di nuovo. Non do­vevo permettermi quella frase.

Nayma                             - Ecco, questo sì.

Carlo                                - Ma mi starà scappata perchè, poco fa, qualcosa deve avermi dato l'impressione che il mio capriccio non era capitato proprio a sproposito.

Nayma                             - Ha ascoltato?

Carlo                                - Si sentiva.

Nayma                             - E allora, allora cosa vorrebbe si­gnificare il suo giro di parole?!

Carlo                                - Non ci s'inquieti. Non c'è motivo.

Nayma                             - C'è il motivo che nulla è meno tollerabile delle insinuazioni assurde nel modo più evidente.

Carlo                                - Non mi accusi di questo, quando ho voluto, soltanto per giustificarmi, confessarle una semplice impressione, vaga... forse incoe­rente.

Nayma                             - A me piaocono solo le impressio­ni nette, fondate. E ci tengo, quando mi ri­guardano. Ed unicamente per ciò insisto. Non le si sarà già confuso nella mente quanto ha udi­to del colloquio tra me e l'avvocato?!

Carlo                                - No, certo. Ma perchè vuole insistere su certe cose?... (Sorride) Vede, non si potreb­be dire che bisticciarsi e prendersi magari un po' in giro è comune proprio con le persone che interessano?!

Nayma                             - E, tanto per sapere, il modo di­scretamente ironico con cui l'ho trattato circa il suo caso?

Carlo                                - Dio mio, mi dispiace di essere poco riguardoso verso una signorina con la quale ho il minimo della confidenza! Ma tra giovani a non rispondersi schiettamente riesce tanto dif­ficile!... Non si potrebbe dire anche che era normale e in certo senso piacevole un po' di compassione per un povero ragazzo qualunque che si sapeva incastrato dietro una porta ad ascoltare?

Nayma                             - Se lei aveva dichiarato che ne a-vrebbe riso dei giudizi dell'avvocato?!

Carlo                                - Infatti noi d'oggi abbiamo le spalle allenate alla doccia dei soliti insulti! E non per questo potevo meritare un po' di compassione, ma... perchè ero ad ascoltare... ad ascoltare, così... in genere. (Un momento d'imbarazzo) Ma... vado a riprendere il soprabito e il cap­pello. Li ho lasciati di là (e indica la porta dello spogliatoio che, rimasta aperta, è ora una macchia nera, misteriosa).

Nayma                             - Vada pure...

Carlo                                - (esegue).

Nayma                             - (poiché egli indugia e non fa luce) Non ritrova? Vengo ad accenderle. (Si muove, ma davanti alla porta oltre la quale sa che si trova Carlo, al buio, s'arresta e, quindi, va in­vece a riaccendere l'illuminazione centrale del­la stanza) Ecco: così potrà vedere da sé l'inter­ruttore. E' a sinistra... Prima dello specchio. (Un po' stizzita perchè non vuole entrare e non lo vuol far capire) Ma è facilissimo!... Ancora non ha?!... (Decidendosi, infine tra se) Ma sì! Che donna novecento che sono! (Ed entra an­che lei. La luce nello spogliatoio non fa subito, non si sente niente ma si immagina con certez­za che accada qualcosa. Dopo qualche secondo una lampada elettrica s'accende, e, quasi subi­to, si spegne. I due ricompaiono).

Nayma                             - (tenendosi a distanza e, senza tender la mano, con voce un po' concitata) Buona not­te... Buona notte.

Carlo                                - (è alquanto elettrizzato) Ah, sì, buo­na notte!... Però che luce è tornata in questa stanza! Dopo il buio di là dentro e la penombra di prima, dà agli occhi una certa confusione! Ma sa che qui sembra un po' fatato tutto!

Nayma                             - (si stringe attorno la vestaglia, tiran­dola su da un lato dove, tornando nel salotto, si è vista sensibilmente scesa) - Già... però men­tre fino a poco fa sentivo quasi caldo... Ora... sarà forse un po' di nervoso... ma, non so... (si copre con uno scialle che è appoggiato ad un mobile).

Carlo                                - (tanto per dir qualcosa) Effetto del cambiamento di luce forse...

Nayma                             - Guardi che a metà del corridoio dovrà voltare a sinistra... Poi c'è la scala.

Carlo                                - (mentre non troppo in fretta e, a qual­che passo l'uno dall'altro, traversano la scena in direzione della comune) Per domandare ci sarà qualcuno? Non ricordo più e se sba­gliassi...

Nayma                             - Ma certo. Troverà il cameriere di turno!

Carlo                                - (giunto sulla soglia) E... posso rivolger mici?... Ecco: a lei noni dispiace se.... Dico nel senso che non le dispiace se... Bè, non importa... (S'accorge del mazzo di vischio. Con voce un po' idiota) Ah, ma queso è un albero... d'auguri! Posso chiedergliene un piccolo ramo?

Nayma                             - Sì, prenda. Anzi dovrei offrirglie­lo. Però, non saprei... così... scegliergliene uno grazioso.

Carlo                                - Vuole che cali giù il tronchetto?

Nayma                             - Se crede.

Carlo                                - (dopo aver appena tentato) E' ne­cessario il suo aiuto. Sciolga il nastro dalia sua parte.

Nayma                             - Sì... (A questo punto si trovano di fronte: egli appena fuori ed ella appena dentro. Nayma s'alza in punta di piedi e sol­leva le braccia per sciogliere il nastro al quale è appeso il tronchetto di vischio: nell'atto lo scialle le cade di dosso e la vestaglia torna a scivolarle da un lato denudandole gran parte della spalla. Smarrita, lascia sfuggire di mano il vischio. Entrambi, nell'impulso gesto di rac­coglierlo, si trovano ad abbracciare il tronchet­to e quasi ad abbracciarsi tra loro. Ella tenta di separarsi lasciando il mazzo del vischio tra le braccia di Carlo. Questi le afferra le mani). Che fa?! Lasci!...

Carlo                                - (non ubbidisce. E' preso da uno di quegli accecamenti d'ebbrezza che paralizzano un momento la parola e il gesto in uno spasi­mo di conquista).

Nayma                             - Ma mi lasci!

Carlo                                - (la voce sconvolta) Si... ma, un ino. mento. Lei conosce, conosce la tradizione del vischio? Ora non varcavo la soglia per entra­re... no: ma perchè, tuttavia... Perchè?... E' tanto... semplice – poi - un bacio! Un pic­colo bacio, ecco, sulla spaila... lì.

Nayma                             - Ma s'allontani. Lei è diventato pazzo!

Carlo                                - No, no, affatto; mi sento così lim­pido! Non le chiedo che una cosa così piccola! Guardi! (Tenta di baciarla sul nudo della spal­la. Il vischio, scivolato tra loro, è a terra. L'altra riesce a svincolarsi).

Nayma                             - (s'allontana, quasi sfuggendo, e siM rassetta nervosamente la vestaglia) Oh! Ma non m'ero sbagliata che iprima, anche là den­tro, lei ha tentato...

Carlo                                - No: lei mi ha sfiorato una guan­cia con la sua spalla, in una carezza!...

Nayma                             - Vada!

Carlo                                - (muovendo, invece, verso di lei che, ogni qual volta si sente incalzata, gli si sepa­ra d'un nuovo spazio) Perchè?

Nayma                             - Che vuole?

Carlo                                - Soltanto uno!

Nayma                             - Lei ha perduto la testa!

Carlo                                - Ma no! Invece sento nient'altro che una bellezza così pura in questo che le chiedo... E ci sarebbe solo una bontà divina da parte sua!...

Nayma                             - Non s'avvicini più. Non sa quello che dice! Si riprenda! Stia buono!

Carlo                                - Ma che voglio di male? E' una! cosa, alia fine, da poco, da poco! Mentre leil non sa che desiderio sublime me ne è preso!! Non pensa cosa significherebbe per me, peri me, andandomene di qua!

Nayma                             - Ma come può pretendere dal me?... Si ricordi che mi ha conosciuto per caso solo stasera!... che io sono una signorina,

Carlo                                - So tutto. Ma non conta. Non saprei farne a meno!

Nayma                             - Ma debbo addirittura chiamare, suonare!

Carlo                                - - Sì, mi disarmo per quanto sonol1 sincero! Lo faccia. Perchè soltanto così...

Nayma                             - Ma è con una intenzione, allora,! che lei è voluto venire su!

                                        - No! No! La mia intensione? Ora gliela dico, gliela voglio dire: semplicemente quella di rivederla da vicino.

Nayma                             - Ah, si…!

Carlo                                - Ma se non si pensa ad altro veden­dosi passar davanti una. creatura meravigliosa!

Nayma                             - Se vuole che ci; creda sia ragione­vole, sia per bene!

Carlo                                - No, che dice?! No!...

Nayma                             -  E' stato così grazioso nel suo favo­re: e poi così corretto!... Torni ad esser come prima.

Carlo                                - No, non sono stato niente! Quan­do ho visto lei salire in automobile, se l'avessi avuta e me l'avessero chiesta una cosa immen­sa, l'avrei data così... subito, per trovarmi con lei. M'è accaduto di poterla rivedere, e in que­sto salottino, qui dentro; dovevo prendermi la mancia?!... Ora c'è qualcosa di cui sento di aver come un diritto assoluto! Non ci rinuncio.

Nayma                             - Che cosa vuole intendere?! Si fer­mi lì! No, si fermi...! Per me, per lei, non vo­glio arrivare al disastro dello scandaluccio pub­blico... Non mi costringa a chiamare. La sup­plico caldamente, caldamente...

Carlo                                - Ma no, non so, non so farlo!... Non lo capisce che non è nelle mie forze!... Poco fa mi trovavo in strada, solo, in mia sera come questa in cui tutti si chiudono nelle loro case con tutto il caldo del loro cuore e fuori si resta senza più un'ombra di compagnia della vita degli altri, in un tale freddo!... Me ne andavo a dormire          - sì, basta fingere!       - con l'animo accorato di nostalgia della famiglia, della mia famiglia che sentivo di avere come ognuno e che sentivo vivere in quei momenti separata forzatamente da me. Questo sì, e ben altri sacri­fici so accettare, io, con tutta naturalezza. Io, come qualsiasi giovane! E mi dò magari delle arie «gagà » perchè mi pare così ridicolo farsi accorgere delle sofferenze di una piccola real­tà qualunque! Ma dentro ho contenuto un de­siderio troppo ardente della vita più vasta, più luminosa, perchè poi sappia anche rinunciare, rinunciare da me stesso. Questo no, non lo so fare. Questo no. Mi mandi lei, materialmente, via. Chiami!... (Un istante di pausa) Ma, vede, non è proprio che mi piccolo bacio, piccolo così (lo accenna con le labbra) che le chiedo. Sono sincero, sincero!...

Nayma                             - (afferra un campanello) Suono?!... Ma perchè mi costringe a simili difese? Mi ha mostrato un sentimento bello e dolce e vuol calpestarlo agendo come un selvaggio che sa tenere un dito sul fuoco, magari ridendoci, ma che ha bisogno della violenza per staccarsi da una bevanda inebriante?!

Carlo                                - Ma non c'entra! Non c'entra! Che cosa mi dice?!... Io dovrei staccarmi, rinun­ciando perfino a un piccolo, perfino a un pic­colo sorso, da una fontana... da ima fontana che davanti a me intanto risplende cernie se fosse piena di sole e trabocca di quella bellez­za, di quella felicità che a vederla, a pensarla solo, gonfia da far impazzire il cuore a vent'anni!... Ah, no, no! Perchè, perchè - lei, lei stessa lo dica - come dovrei rinunciare?! Ah! (E fa un gesto, come a ghermirla per una mano. Ella si precipita a riafferrare il campa­nello in un atteggiamento deciso. Ma egli la previene, getta il cordone oltre il divano e si interpone tra lei e la porta).

Nayma                             - (sorpresa e sgomenta per la brusca audacia, con voce malferma) Che vigliac­cheria!

Carlo                                - (le sue parole, sempre accese, prendo­no un tono come un po' disperato, come sup­plichevole) Mai!... No! no! E' che qualcosa superiore a tutto me stesso mi ha fatto agire e non mi fa permettere più adesso di essere cac­ciato via! Se è una vigliaccheria perchè tutto qui è così... così come non si sa dire!... Que­sto salottino, carino, carino... Queste luci... E lei... Lei perchè è così hella?! Perchè in quel­la vestaglia rosa?! Come l'avevo immaginata - capisce!      - là al buio, come l'ho poi senti­ta, troppo da vicino, ritrovandomici insieme. Come la sento ora, la sento palpitare in que­sto momento! Che parola m'ha detto, se lì c'è lei!... Lei, sì, lei, lei, lei!... Nient'altro più!

Nayma                             - (egli l'ha riavvicinata, fremente, per­duto) Non s'accosti ancora. Abbia un filo di dolcezza... Senta... Senta... (Avverte lo stordi­mento che emana dalla seduzione vivacissima del giovane: e non reagisce mentr'egli le riaf­ferra le mani, lascia fare, s'abbandona un po­co: ma nell'attimo critico della volontà di lui e della sua resistenza trova una estrema ener­gia di strapparsi ancora e, dopo aver ripreso lo scialle caduto in terra, di raggiungere il bal­cone che apre in un gesto di irragionevole sal­vezza. Subito giungono da lontano confusi rin­tocchi di campane e, da sotto all'albergo, uno scalpiccio di passi sul selciato frammisto a un parlottar di persone. Un improvviso soffio di vento deve investire i due che si scuotono in un brivido di freddo).

Carlo                                - (cui l'ardore della sua ebbrezza, che aveva divampato nell'ambiente raccolto e caldo, viene penosamente represso dalla repentina ir­ruzione d'aria notturna del più crudo inverno) Che ha l'atto!

Nayma                             - C'è gente che passa giù. Se lei vie­ne anche qui, ecco... chiamo.

Carlo                                - Chiuda.

Nayma                             - Esca.

Carlo                                - Chiuda... Sente come fa freddo fuori!

Nayma                             - No. Io non mi muoverò di qui. (Si riavvolge nello scialle che ha trattenuto in mano).

Carlo                                - Le giuro... (Vorrebbe rassicurarla con la sua espressione ma intanto muove un nuovo passo verso di lei).

Nayma                             - Guardi: mi farò sentire!... Se pro­prio non c'è nulla che la convinca!... Se nulla, proprio... (Il suono delle campane che ha gra­datamente aumentato d'intensità, facendosi udi­re più distinto, ora d'un tratto prorompe trion­fale, per quanto sempre non chiassoso e non troppo vicino) Cos'è?!... (Dapprima solo per divagarlo) Sente?!... Sente?!... (Anch'egli è sorpreso).

Una voce dalla strada      - (come richiamando qualcuno) Presto. E' già mezzanotte.

Nayma                             - (comprendendo) Ah!

Carlo                                - Ah, mezzanotte! (Un breve silenzio)

Nayma                             - (con quell'umanissima soavità che dà alla voce il semplice pronunciare la parola) Natale! (Altro silenzio).

Carlo                                - (ghiacciato, preso da un senso di mor­tificazione e di commozione che vorrebbe na­scondere anche ci se stesso) Dev'essere gente che va alla messa...

Nayma                             - (affacciandosi) E' un gruppo di ra. gazzi e signorine. Giovani di famiglia.

Carlo                                - (da questo punto, fino a che egli non parlerà della messa di mezzanotte, le battute sa. ranno separate una dall'altra da intervalli nei quali si indovina tutto il muto gioco dei pensieri e dei sentimenti) Già, quell'usanza che dopo la rituale cena i giovani si danno l'appuntameli, to per andare in massa... (Vorrebbe, oltre che indifferente, essere un po' schernevole, ma in­vece il fiato gli manca a chiudere la frase).

Nayma                             - (che non ha distolto lo sguardo da fuori) Sono parecchi, infatti...

(Il suono delle campane, intanto, con la malìa della sua mistica dolcezza, insiste, insiste),

Carlo                                - Sa, diverte uscire malgrado il fred­do. Io mi ricordo...

Nayma                             - (come a se) Io no.

Carlo                                - Abitudini famigliari.

Nayma                             - (in un sorriso mezzo triste) Che io non ho potuto avere.

Carlo                                - (ricorda che ella gli ha confidato dij essere orfana) Perdoni. M'ero dimenticato della sua speciale condizione.

Nayma                             - Ecco, si sono uniti a un altro grup. petto e sono scomparsi tutti dietro l'angolo.

Carlo                                - Ah, ancora quei giovani!

Nayma                             - (rientra. Le accade come se avesse di­menticato la loro situazione e che ora le si riaf­faccia alla mente. Con una specie di sgomento)

                                        - Ora, qui... noi?!...

Carlo                                - (non sa che rispondere e attende eh decida lei).

Nayma                             - (il suono delle campane va morendo

-Per la strada tutti avranno finito di passare,

Carlo                                - (con accento forzatamente frivolo, quasi parli nient'altro che per farsi soggiogare silenzio e per far dimenticare il suo comportamento di poc'anzi) Sì, ormai siamo già in Natale!... Però che effetto buffo fa pensare che in questo momento per tutto il mondo è lo stesso! Vero?... Perfino in certe chiese piccolissime in cui non si riesce proprio a capire come facciano a entrare tutte le persone che arrivano, arrivano....! E si sta cosi stretti uno contro l'al­tro che di sicuro finisce per penetrarti nient'altro che un intimo calore che ti intorpidisce de­liziosamente. Ci vuole, giusto quando scoprono il bambino di cera, che, allora, gli strilli del so­lito coro di ragazzini ridanolo pei' forza un certo eccitamento... Mah!... (Parlando non ha tenuto d'occhio Nayma. Ora s'accorge che sulle gote di lei cola qualche lacrima. Con mutato accento) Che ha?

Nayma                             - (invece di rispondergli gli volge un poco le spalle).

Carlo                                - Cos'è?!

Nayma                             - (tace ancora e sembra pianga som­messamente).

Carlo                                - Ma mi dica! Non posso farle niente?

Nayma                             - Se comprendesse un po', avrebbe taciuto...

Carlo                                - Ma io...

Nayma                             - (in uno sfogo) Non sa lei qual'era il mio stato d'animo di stasera prima che en­trasse qua. E non pensa, non pensa a quello che possono avermi prodotto dentro le sue azio­ni, le sue parole e, alla fine, la sua frenesia. Non comprende che senso mi ha dato sentir suo­nare il Natale, in una situazione...! Ah, perchè lei non capisce che di sé, non ha un po' di dolcezza che le faccia immaginare quanto signi­fichi « Natale » per una donna. Se no, avrebbe taciuto. O non si sarebbe espresso con tanta leg­gerezza!

Carlo                                - (con stupore quasi lieto) Per le mie sciocchezze ha pianto?!

Nayma                             - Lei non ha nemmeno supposto co­me potesse sentire una ragazza, che ha vissuto sempre sola una vita non comune, quelle cose, sia pure un po' banali, che mi ha fatto intra­vedere quasi deridendole. Non comprende af­fatto...

Carlo                                - (interrompendola, e con voce lenta, misurata) Io o lei?!... (Pausa). Eppure io che mi son comportato così superficialmente, per lo stesso argomento non ho potuto fare a meno di sfogarmi in modo alquanto diverso. Lo ricordi. Perchè non ricorda anche la solitudine mia, in questa città?! Già... ma, lei lo ha di­chiarato, eoino io a non investirmi che di me stesso!

Nayma                             - (s'avvede di come egli abbia finto per non svelare la sua commozione) Allora?!

Carlo                                - Allora?... Così!...

Nayma                             - (in un sorriso, riprendendo nella sua interrogazione una frase di lui con la certezza di cogliere nel segno) Allora è che « ci diamo magari delle arie gagà»?!...

Carlo                                - (sorridendo anche lui) E' una frase che le è rimasta impressa!...

Nayma                             - (lo fissa un poco, quindi, in tono confidenziale deciso e come un po' frettoloso) Allora... Senta: m'è venuta un'idea. M'è venuta un'idea. Ma non ci si può discutere so­pra. E' una proposta che le faccio. Ed è tale che posso dirgliela solo perchè siamo soli, nessuno ci ascolta, non si può temere la vergogna. Co­me mi sentirei a dirle, dopo le cose che sono accadute e quello che abbiamo visto l'uno del­l'altro, « Se ne vada pure via, adesso. Grazie tanto e arrivederci »?! E io rimanere sola e andarmene a dormire... Lei solo, di nuovo, per la strada verso una casa d'estranei. E' conce­pibile?!... E così ho deciso. Aspetti solo un poco. (Si dirige verso la camera da letto) Mi aspetti un poco... (Voltandosi) Ma non si muo­ve?!... Non qui: giù!... Giù. Non ha capito la mia idea?!... Ssss!... Silenzio: niente repliche! Arriveremo ancora in tempo?... (Lo conduce per un braccio verso il balcone) Ma perchè, perchè ogni incontro tra due di sesso diverso dovrebbe finire sempre uguale?! Anche quando sono giovani come noi?! (Dal balcone ove son giunti) Guardi la strada che deserto e che silen­zio! Non pare un'amica nostra che da una parte ci ammonisca e dall'altra ci richiami verso di lei?! Pensi un po', giù, come ci sentiremo com­pagni, andando in fretta a raggiungere tutti gli altri, noi due soli... soli insieme, noi... che ci siamo incontrati (sorride) essendo soli... soli! E' una cosa tale sentirsi compagni...! Compagni... sì, proprio tra due persone di sesso diverso. Poi... poi... Ma, via! Non fiatiamo più. Vada subito ad attendermi, ad attendermi... ecco: lì.

Carlo                                - Lì... dove?

Nayma                             - Accanto a quel lampione.

Carlo                                - Ah, accanto a quello prima dell'in­gresso?!...

Nayma                             - Sì.

Carlo                                - Allora corro!

Nayma                             - E che ha proprio quel lampione per farla decidere con tale entusiasmo?!

Carlo                                - (con un sorriso aperto, fresco e ra­dioso) E' alla sua luce che ho visto risplen­dere la spilla. E se è destino che lì sotto sta­sera deve comparirmi un'altra igioia, sento che la seconda non la restituirò più, non la restitui­rò più.

FINE