O per amore o per denaro

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O PER AMORE O PER DENARO

Titolo originale: For love or money

Commedia in tre atti e sei quadri

di F. HUGH HERBERT

Versione italiana di Ada Salvatore

PERSONAGGI

PRESTON MITCHELL

GIANNINA BLAKE

LA SIGNORA TREMAINE

BILL TREMAINE

IL SIGNOR TREMAINE

LA SIGNORA EARLY

WILBUR

NITA HAVEMEYER

ATTO PRIMO

La stanza di soggiorno nella casa di campagna di Preston Mitchell a Port Washington, Long Island. Un ambiente spazioso e piacevole che indica che Preston Mitchell — o il suo decoratore — possiede molto buon gusto. Architetture e arredamento moderni, lussuosi ma non pre­tenziosi: l'insieme dà un po' l’idea di una casa di campagna inglese molto signorile. Il colore dominante è il verde pallido e freddo: di questo colore è il tappeto, nonché la tappezzeria, il comodo divano e le poltrone sono coperti di lino tessuto a mano. A sinistra una grande finestra dal vano ampio guarda il mare. Nel vano un comodo sedile con cuscini; volendo, tutta la finestra può essere ornata di grandi tende. In fondo un grande arco che conduce nel vestibolo. A questo si accede mediante due gradini. A sinistra, non visibile, è la porta d'ingresso. Il vesti­bolo ha il pavimento di mattonelle e le pareti rivestite di quercia. Attraverso l'arco si scorge la scala che conduce nelle camere da letto. A destra, non visibile, è la porta che immette nella cucina. Sotto alla scala è un armadio a muro che si apre sul vestibolo; a destra di questo si scorge, attraverso l'arco, una grande poltrona di tipo cinese. A destra, sul davanti, un grande camino di mattoni rossi, molto bello, con sopra una pesante mensola di legno. Su questa un piccolo specchio incorniciato, un orologio a pendolo e una foto di Lynn Vontaine. Il camino è fornito di begli alari, ecc. e di un antico parascintille d'ottone. Vi è anche una grande cassetta per legna con coperchio imbottito. A destra una breve scala conduce ad un piccolo pianerottolo; scala e pianerottolo sono difesi da una graziosa ringhiera in legno lavorato. Da questa scala si accede alla stanza privata di Mitchell; vi è una sola porta che dà in questa stanza e si apre proprio di fronte alla scala. A sinistra un pianoforte a mezza coda coperto di foto in cornici d'argento. Sono ritratti di John Barrymore, Piena Hayes e altri attori celebri. A destra dell'arco un apparecchio radio contro la parete formata dalla scala e pianerottolo che conduce alle stanze di Mitchell. Nella curva del piano una comoda poltrona; un'altra poltrona sul davanti a sinistra. A destra, a un metro o un metro e mezzo dal camino è un grande e comodo divano di fronte alla ribalta; davanti ad esso un tavolino da caffè che ha quasi la stessa lunghezza del divano; dietro una lunga tavola-consolle su cui posa il telefono. A sinistra del divano altra poltrona comoda e profonda. Ai lati del camino scaffali con libri di ogni grandezza e colore. Poca uniformità fra questi libri: è evidente che sono pubblicazioni di ogni genere, acquistate individualmente e a scopo vero di lettura, ha camera è piena di fiori. Corbeilles, vasi, mazzi posati dovunque: sui mobili, sulla radio, sul piano, sui gradini, ecc. Sono freschi e su tutti i mazzi sono appuntati biglietti di visita.

 QUADRO PRIMO

(Al levar del sipario sono circa le sei di un tardo pomeriggio di dicembre, le tende non sono state ancora tirate e attraverso le finestre si vede che fuori è buio. Non vi sono ancora lampade accese e la stanza è quasi buia. Seduti sul divano sono ì coniugi Tremarne. Il figlio Bill siede sul bracciolo di una poltrona a destra del piano e fuma una sigaretta. I Tremarne sono vicini di casa di Mitchell ed hanno assistito al funerale nelle prime ore del pomeriggio. Il signor Tremaine, simpatico e cordiale, sulla cin­quantina, indossa un pesante pastrano e tamburella irrequieto sul cappello che tiene, in mano. Sotto al pastrano ha un abito scuro e cravatta nera. La signora Tremarne ha un paio di anni meno del marito. Buona, sentimentale, dolce di espressione, indossa una pel­liccia piuttosto sciupata ed un abito scuro. E' senza cappello ma ha i guanti. Bill ha ventiquattro anni. Bel ragazzo piacevole. Indossa un trench su abito sportivo, giacca di maglia. Dopo un periodo di lu­gubre silenzio punteggiato dal monotono tamburel­lare di Tremarne sul suo cappello duro, l'orologio che è sul camino suona le sei).

La signora Tremaine     - Le sei.

Bill                                - Davvero?! (Si alza, fa qualche passo, si mette a zufolare).

La signora Tremaine     - Bill!

Bill                                - Che c’è?

La signora Tremaine     - Non fischiettare, caro. Bill (mostrando la sua irritazione) Allora di' a papà che smetta di fare il tamburello! (Va ad appog­giarsi al piano).

La signora Tremaine     - Sì, Enrico, per favore. (La porta della camera dì Mitchell sul pianerottolo si apre e la signora Early appare. E' la cuoca e governante di Mitchell, una donna prosperosa ed energica sulla cinquantina. Indossa abito scuro con polsini e grembiule bianco).

Early                             - (parlando verso l'interno) Va bene, signor Mitchell,.. Sissignore. (Chiude, scende e va verso il sofà per parlare coi Tremarne) Ho detto al signor Mitchell che eravate qui, ma per il momento non si sente di scendere.

La signora Tremaine     - Poverino! Soffre molto, non è vero? (Tremarne va ad osservare un fascio di calle posate su un tavolino in primo piano).

Early                             - Sì. E' là seduto, guarda fuori dalla finestra. Sarà un'ora che è là, povero caro.

La signora Tremaine     - Una cosa tragica, no? (Si guarda attorno) Quanti bei fiori!

Early                             - Sì... e ne vengono ancora. Li stiamo man­dando ai diversi ospedali. (Va alla tavola dietro al sofà e prende un vassoio).

La signora Tremaine     - Deve essere un conforto per lui vedere quanto la gente voleva bene alla si­gnora Mitchell. (Durante queste battute Bill è an­dato verso il fondo ed ora gira l’interruttore vicino all'arco) Bill! (La signora Early, dopo un'occhiata a Bill, va verso il piano e si accinge a raccogliere nel vassoio alcuni petali caduti dai fiori).

Bill                                - (tornando sul davanti) Ma per carità, mam­ma... non c'è nessun motivo di stare al buio, mi pare.

Tremaine                       - (osservando un biglietto su un mazzo dì fiori) «Con profondo cordoglio. Orson Welles». Dove diamine ho già sentito questo nome!?

La signora Tremaine     - E’ quello che aveva spo­sato Rita Hayworth.

Tremaine                       - Ah, mi pareva che avesse fatto qualche cosa,

Early                             - (indicando il mazzo di orchidee sul piano) Quelle le hanno mandate Alfred Lunt e Lynn Fontaine.

La signora Tremaine     - Belle!

Tremaine                       - Fammele vedere... Mitchell ha reci­tato una volta in una commedia con loro. (Siede sul divano).

Early                             - Oh, credo che siano ben pochi gli attori e le attrici celebri, che non hanno recitato, una volta o l'altra, con Preston Mitchell. (Fuori si sente il lu­gubre grido dei gabbiani. E' un effetto che sì ripeterà altre volte durante l'atto. Sarà bene avere un disco).

La signora Tremaine     - Dio, questi gabbiani!

Early                             - Danno i brividi, vero?

La signora Tremaine     - Povera Isabella... le pia­cevano tanto!

Early                             - Sì, in questi ultimi anni era diventata una vera fissazione, la sua. Stava ore ed ore a guardarli... diceva che erano belli. Wilbur doveva perfino gettar loro qualcosa da mangiare fuori, sul prato. Roba da fare impazzire il povero signor Mitchell... ma non ha mai detto una parola! (Bill apre la radio).

La signora Tremaine     - Bill!

Bill                                - Volevo soltanto sentire il giornale radio.

Tremaine                       - Meglio chiudere, figliuolo. Potrebbe dargli fastidio. (Bill richiude la radio) Non dobbiamo dimenticare che l'angelo della morte ha visitato que­sta casa.

Bill                                - Ma perché non posso andare di sopra a fargli compagnia?

Tremaine                       - Aspettiamo, figliuolo. (Dall'anticamera entra Wilbur. E' il marito della signora Early e fa da autista} giardiniere, domestico, ecc. E' vicino ai sessanta anni. Tipo taciturno. Nell'entrare rabbrivi­disce nel cappotto. Ha le scarpe infangate ed appare alquanto trasandato. Presumìbilmente è stato a fare del giardinaggio. Non bada a nessuno e si avvia alla scala).

Early                             - Wilbur! Dove vai?

Wilbur                           - (senza fermarsi) Su.

Early                             - Ha suonato il campanello?

Wilbur                           - Sì.

Early                             - Bene, Va' a vedere che cosa vuole.

Wilbur                           - Lo sto facendo. (Picchia alla porta poi entra nella camera di Mitchell).

Bill                                - Sentite, signora Early... era la signorina Havemeyer nel terzo banco a destra… con un gran velo nero?

Early                             - (venendo sul davanti) Proprio lei. Seduta vicina al signor Clìfton Webb. Non avete parlato con lei?

Bill                                - No. Ma quanti divi, perbacco! Più che ad un'anteprima...

La signora Tremaine     - Zitto, Bill!

Bill                                - Ma cosa.., non si può più neanche aprir bocca, adesso?

Tremaine                       - Date le circostanze, è meglio tacere.

Bill                                - Allora perché non tagliamo la corda tutti quanti? Tanto, non gli serviamo a nulla, stando qui a parlare sottovoce come in chiesa,

Early                             - No, Bill, è meglio rimanere. (Bill va verso il piano) Ora sapremo da Wilbur come sta. Forse gli farà piacere se andate un pochino da lui. Vi vuole tanto bene a tutti quanti... (La porta di Mitchell sì apre e ne esce Wilbur. Va fino alla balaustra e batte le mani col risultato che tutti si voltano a guardarlo).

Wilbur                           - (aprendo le mani per gettar via la sua preda) Moscerino.

La signora Tremaine     - Come sta?

Wilbur                           - Bene,

Early                             - Per che cosa ha suonato?

Wilbur                           - Whisky.

Early                             - Whisky?

Wilbur                           - Si. Liscio. (Esce).

La signora Tremaine     - Invece di fargli bere un whisky a stomaco vuoto, perché non gli preparate uno zabaione?

Early                             - Questa è una buona idea. (Va verso l’arco).

Tremaine                       - A me lo zabaione non piace.

La signora Tremaine     - Non è per te, caro. E per il povero Preston.

Early                             - Come lo fa lei lo zabaione, signora Tre­marne?

La signora Tremaine     - Vengo a mostrarvelo. (Si volge al marito che ha ripreso a tamburellare) Non tamburellare, caro. (Raggiunge la signora Early) Ci metto sempre una buona quantità di noce mo­scata, naturalmente bisogna che l'uovo sia ben bat­tuto, poi ci metto sherry o cognac. (Esce con la si­gnora Early).

Bill                                - (camminando) Di', papà... chissà se ripren­derà moglie?

Tremaine                       - Non ti pare che sia un po' presto per pensarci?

Bill                                - In un certo senso no. Dopo l'inferno in cui è vissuto per tanto tempo...

Tremaine                       - Dieci anni. Forse bisogna considerare questa morte una benedizione... (Campanello alla porta) E' meglio che tu vada ad aprire la porta. Sono tutti indaffarati e non sentono. (Bill va in anticamera. Tremaine si alza e va verso il fondo a destra in centro).

Bill                                - (d. d. aprendo la porta) Salve, signorina Havemeyer!

Nita                               - (d. d.) Salve, Bill. Sono contenta di rive­dervi fra noi. (Appare in anticamera, estremamente decorativa, dimostra una trentina d'anni, ma forse ne ha quattro o cinque in più. Veste di nero con elegantissimo cappellino e velo nero, e pelliccia di vi­sone) Mi avevano detto che eravate tornato in col­legio, dopo il servizio militare. O mi sbaglio? (Vede il signor Tremaine ed entra venendo a porgergli la mano) Buona sera, signor Tremaine!

Bill                                - (la segue rientrando) Sì, sono proprio un povero collegiale, a casa per una breve vacanza. Nita - Ah, bene. (Va a posare la borsetta sul piano).

Bill                                - (con ammirazione) Dio, siete proprio stra­ordinaria. (Nita gli lancia un sorriso e un ringrazia­mento. Poi si toglie il mantello e lo posa sulla pol­trona a destra del piano) Sapete che con quel velo nero non vi avevo riconosciuta? Ho chiesto appunto poco fa alla signora Early...

Tremaine                       - Bill! (Va verso Nita. Bill rimane mor­tificato e si scosta) Un'occasione molto triste, signo­rina Havemeyer.

Nita                               - Molto. Dov'è il signor Mitchell?

Tremaine                       - Non ha ancora la forza ài scendere.

Nita                               - Povero tesoro! (In questo momento rien­trano la signora Tremaine e la signora Early. Questa porta lo zabaione).

La signora Tremaine     - (venendo in centro, a destra di Tremarne) Oh, signorina Havemeyer! Sono con­tenta che siate qui... Se qualcuno può rasserenarlo un poco, siete proprio voi.

Nita                               - Grazie.

Early                             - Gli abbiamo preparato uno zabaione. Da ieri non ha mangiato nulla.

Nita                               - (siede sulla poltrona accanto al piano) Al­lora avrà molta fame.

Early                             - Sono certa che quando saprà che la signo­rina è qui, scenderà subito. (Va verso la scala).

Bill                                - (andando verso di lei e prendendo la tazza) Date qua, glielo porto io. (Mentre comincia a sa­lire, assaggia lo zabaione) Credo che non gli piacerà. Troppa noce moscata. (Va in camera di Mitchell lasciando la porta aperta) Salve, signor Mitchell!

Mitchell                         - (d. d.) Ciao, Bill.

Early                             - Gli farà molto bene... Io vado a prendere quello che è rimasto. (Via in cucina).

Mitchell                         - (d. d.) Che diavolo è questa roba?

Bill                                - (d. d.) Zabaione.

Mitcheix                        - Ma avevo chiesto a Wilbur un whisky senz'acqua! (La risposta di Bill non si sente perché la porta viene chiusa),

Nita                               - Credo che si senta già meglio.

Tremaine                       - A me lo zabaione non piace.

La signora Tremaine     - Lo hai già detto prima, caro. (La porta di Mitchell si apre e si vede Bill che cerca di far trangugiare all'invisibile Mitchell lo za­baione).

Bill                                - Giù! Fino in fondo! (Mitchell appare sulla soglia. Porge la tazza vuota a Bill e viene sul pia­nerottolo).

Mitchell                         - Oh, c’è Nita.

Nita                               - Ciao, tesoro.

Mitchell                         - (vedendo i Tremaine) Enrico... Mar­gherita! (Comincia a scendere) Non sapevo che foste ancora qui. Me lo ha detto Bill. Dovete perdonarmi. (I Tremaine lo avvicinano commiserandolo).

La signora Tremaine     - Preston!

Tremaine                       - Caro amico!

Nita                               - (alzandosi) Come stai, carissimo?

Mitchell                         - Nita! Come sei stata gentile! (La bacia),

Nita                               - E' stato un bel funerale, Preston... anche la predica mi è parsa molto buona... O preferisci non parlarne?

Mitchell                         - Credo che sarebbe meglio.

Bill                                - (vicino alla consolle in fondo) Ehi, signor Mitchell... preferite che tagliamo la corda?

Mitchell                         - (andando verso i Tremaine) No, no!

La signora Tremaine     - Ci rendiamo conto, Pre­ston. Soltanto non volevamo lasciarvi qui solo... (Nita va dietro al piano).

Mitchell                         - Siete stati molto buoni ed affettuosi.

Tremaine                       - (prendendogli la mano) Sappiamo ca­rne vi sentite, Preston. (Brontolio lontano di tuono) Sta per piovere, (Va in anticamera).

La signora Tremaine     - Dio mio! (Stringendo la mano di Mitchell) Ricordatevi, Preston... qualunque cosa abbiate bisogno... tutto quello che possiamo fare per voi... telefonate. Siamo qui in un attimo...

Mitchell                         - (accompagnandola all'arco) Grazie, Margherita. Ma non avrò bisogno di nulla.

La signora Tremaine     - (verso l'anticamera) Aspet­tami, Enrico. Vieni anche tu, Bill. (Esce da sinistra e poi via con Tremaine).

Mitchell                         - (voltandosi) Vuoi trattenerti ancora un poco, Bill?

Bill                                - Se vi fa piacere. Devo andare a una riunione di amici, ma posso andarci più tardi.

Mitchell                         - Volevo pregarti di accompagnare la signorina Havemeyer alla stazione. Stasera c'è recita.

Nita                               - Non c'è bisogno, Preston. Sono venuta con la mia macchina.

Bill                                - Allora... va bene. Buona notte, signorina. (Si avvia all'anticamera).

Nita                               - Buona notte, Bill.

Bill                                - (prima di uscire) Signor Mitchell... posso venire a parlare un poco con voi domani?

Mitchell                         - Di che cosa?

Bill                                - Ma... di questi ultimi dieci anni.

Mitchell                         - Il passato è passato, Bill; buona notte, caro. (Stretta di mano. Bill esce. Si sente chiudere la porla. Quando Mitchell rientra, Nita si alza e va in fondo a destra del piano).

Nita                               - Com'era lo zabaione, gioia?

Mitchell                         - (passa dietro al sofà e va al camino) Ti prego, non parlarmi mai più di zabaioni.

Early                             - (entra dalla cucina con un casseruolino) Signor Mitchell, ne volete ancora?

Mitchell                         - (ruggisce) No! (Prende un fascio di gigli e va verso la signora Early che è vicino al sofà) Ora dite a Wilbur che desidero che siano portati via tutti questi fiori. Tutti... (porgendole i gigli) ...e specialmente questi.

Early                             - Sissignore.

Mitchell                         - E non parlate così sottovoce. Non mi piace. Parlate con la vostra voce normale. (Siede sul divano con stanchezza) Dite anche a Wilbur che venga a fare un bel fuoco qui nel caminetto. Questa casa è fredda come una tomba, e a momenti ci sarà un temporale. Quando avrete sbrigato tutto, non ho più bisogno di nessuno dei due stasera. (Nita, pas­sando a destra, fa alla signora Early un gesto, come a tranquillizzarla e continua andando alla tavola a destra del sofà) Andatevene pure a casa. Riposatevi. E’ stata una cosa faticosa per tutti.

Early                             - Ma... e il suo pranzo?

Mitchell                         - Non ho voglia di mangiare. Siete riu­scita a guastarmi l'appetito.

Early                             - Le preparo qualche cosa...

Mitchell                         - Beh... se è per farvi contenta, prepa­ratemi qualche sandwich e del caffè... (la signora Early si avvia) ...e una bottiglia di cognac. Lasciate tutto qui e poi andate pure.

Early                             - Sissignore. (Nell’uscire) Oh, Wilbur, il signor Mitchell desidera... (Esce).

Nita                               - (passando davanti al sofà) Povero, povero tesoro...

Mitchell                         - Ti prego di non compiangermi. Anche loro mi compiangono e si danno da fare. Comprendo che lo fanno a fin di bene...

Nita                               - (con calore) Lo so. Beh... ormai se ne sono andati tutti. (Siede sul sofà alla sua destra) Ora pos­siamo riposarci. Sono contenta che ti sia tolto quel vestito da lutto.

Mitchell                         - Meglio stare comodi, no?

Nita                               - Caro... (E' interrotta dall'entrata di Wilhur da destra in fondo).

Wilbur                           - Mille scuse. (Va al piano, prende il fascio dì orchidee ed esce di nuovo),

Mitchell                         - Volevi sapere qualche cosa?

Nita                               - (dolcemente) Sì.

Mitchell                         - (esitando, cercando le parole) Non so che cosa avrei fatto senza di te durante... durante tutte queste difficoltà...

Nita                               - Preston... perché non ti pettini diversa­mente?

Mitchell                         - (sorridendo) Perché sto meglio così.

Nita                               - (con comprensione) Come vuoi, caro... Ma non credi... (Wilhur rientra, prende i fiori dalla ta­vola dietro al sofà ed esce. Nita a Mitchell) Doveva farlo proprio adesso?

Mitchell                         - Quando Wilbur riceve un ordine, lo eseguisce subito.

Nita                               - Non credi?... (Si sente il grido di un gabbiano),

Mitchell                         - Quei maledetti gabbiani!

Nita                               - Sì... hanno la voce più lugubre del mondo. (Wilhur rientra, va a prendere un cesto di fiori che è a terra davanti al camino).

Mitchell                         - (guardando l'orologio) E' già tardi, sai! (Si alza, va a prendere la pelliccia di Nita) Hai un bel pezzo di strada, e ti ci vuole sempre un'ora per truccarti. Meglio che ti avvii. (Wilhur va a prendere altri fiori ed esce).

Nita                               - E rimani qui tutto solo?

Mitchell                         - Si capisce. Ho proprio voglia di star solo.

Nita                               - Mi dispiace lasciarti. Perché non telefoni a teatro dicendo che mi sostituiscano?

Mitchell                         - (gentilmente) Sei pazza? Mi sono già dovuto fare sostituire io, se manchi anche tu quanta gente verrà in teatro? Voglio che le repliche conti­nuino... anche se io non dovessi più tornare a recitare.

Nita                               - (si alza. Micheli l'aiuta a indossare il mantello) E allora... perché non vieni in città con me e non reciti tu stesso la tua parte fin da stasera?

Mitchell                         - Non dire sciocchezze... stasera?!

Nita                               - Perché no? La vita continua, dicono i cinesi. (Va verso l'arco).

Mitchell                         - (seguendola) Sì, ed è anche abbastanza stupido, secondo me.

Nita                               - Ti piacerebbe... (Entra Wilhur).

Wilbur                           - (a Mitchell) Mille scuse. (Passa fra loro due, prende altri fiori ed esce).

Nita                               - Stavo dicendo: ti piacerebbe recitare sta­sera, non è vero?

Mitchell                         - No.

Nita                               - Bugiardo.

Mitchell                         - E allora, sì. Ma non lo farò.

Nita                               - Perché? Sarebbe sconveniente?

Mitchell                         - Evidentemente. (Wilbur entra con un bicchiere su un vassoio).

Nita                               - E' un doppio whisky, Wilbur?

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - (voltandosi a lui) Liscio? (Prende il bicchiere).

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - Wilbur... credi che farei bene a pren­dere una bella sbornia?

Wilbur                           - Sì. (Va al piano e comincia a rassettare).

Mitchell                         - Non è un'idea stupida, sai! Buona notte, Nita. (Comincia a salire la scala della sua camera).

Nita                               - Cerca di star su, caro... e riposa bene.

Mitchell                         - (salendo) Domani starò benissimo. Sei stata molto carina a venire. Buona notte. (Wilbur passa dietro al piano e prende un mazzo di rose).

Nita                               - Tesoro... non essere così abbattuto. Io sono ancora viva... e anche vispa!

Mitchell                         - (sulla porta) Arrivederci, Nita. (Esce e chiude la porta).

Nita                               - Arrivederci... (A Wilbur) Wilbur... Mi pare di un umore molto strano, no?

Wilbur                           - (le passa davanti coi fiori) Sì.

Nita                               - Non capisco. Non credete che dovrebbe provare... un enorme sollievo?

Wilbur                           - Non saprei. (Colpo di revolver dalla camera di Mitchell).

Early                             - (entrando dal fondo a destra) Che è stato?

Nita                               - Dio mio!

Early                             - (alzando gli occhi alla porta di Mitchell) Oh no... no!

Nita                               - Preston! (Corre su per la scala che conduce alla stanza di Mitchell) Preston! (La porta di Mit­chell si apre e Mitchell viene sul pianerottolo tenendo in mano un revolver).

Mitchell                         - Ho ammazzato uno di quei maledetti gabbiani! (Rientra in cannerà sua richiudendo la porta).

QUADRO SECONDO

 (Due ore più tardi. Al levar del sipario Mitchell è seduto sul sofà e giocherella col revolver col quale ha ucciso il gabbiano. La scena è debolmente illu­minata da un paio di lampade da pavimento. Le tende sono state tirate. Fuori si sente infuriare il temporale. La pioggia batte contro le finestre. I fiori sono stati tutti portati via. Nel camino arde allegramente un bel fuoco. Sul tavolino davanti al sofà è un vassoio d'argento con una caraffa dì cognac e alcuni bicchieri da whisky. In un altro vassoio sono un piatto di sandwiches, una tazza di caffè, zucche­riera, bricco con la crema e un termos col caffè caldo. La radio suona piano. E' una di quelle radio che può essere controllata a mezzo dì un bottone dì sintonia attaccato ad un lungo cordone. Il bottone è su un bracciolo del sofà. Tenendo ti revolver in mano, Mit­chell gira con l'altra la chiavetta per cambiare sta­zione. Dalla musica dolce passa ad un chiassoso boogie-woogie. Ascolta per un momento distratta­mente. Poi guarda verso l'anticamera. Evidentemente ode qualcosa. Abbassa la radio e ascolta più intensa-mente. Al disopra del rumore del vento e della pioggia si sente ora il campanello della porta che squilla. Perplesso, Mitchell chiude la radio, mette distrattamente la rivoltella sul tavolino dietro al sofà, e va in anticamera. Si sente la porta di ingresso che si apre e la voce di una ragazza. Voce acuta e un po' ansimante).

Giannina                       - (d. d.) Chiedo infinite scuse del di­sturbo! Mi permette di fare una telefonata?

Mitchell                         - (d. d.) Prego, Accomodatevi. Da que­sta parte. (Un momento dopo la figura inzuppata e malconcia di una ragazza appare in anticamera. E' Giannina Blake. E' una graziosa e snella ragazza di ventitré anni. Indossa un abituccìo da sera sotto a un mantello ugualmente da sera molto leggero. E’ senza cappello. Evidentemente è rimasta per un certo tempo esposta al temporale perché è bagnata fino alle midolla. I capelli, bagnati e senza più forma di acconciatura, le pendono sul viso. E' pallida e agitata e per giunta, oltre ad essere così mal ridotta, sembra che stia per essere in preda ad una crisi isterica. Si sofferma per un momento sgocciolando. Mitchell rientra nella stanza indicandole il telefono) Ecco!

Giannina                       - Grazie. (Va verso il telefono con passo incerio. Mentre prende il ricevitore il mantello in­zuppato le scivola dalle spalle e cade a terra con un tonfo. Il suo abituccio aderisce al corpo essendo ba­gnato. E' un vestitino da sera senza bretelle con uno strappo) Voglio chiamare un taxi. Che numero debbo chiedere?

Mitchell                         - Bimba mia, non troverete certo un taxi a quest'ora e con questo tempo. Meglio che abbandoniate l'idea.

Giannina                       - Ma devo chiamarlo. Devo! (Mitchell va verso di lei per raccogliere il mantello. Giannina lascia cadere il ricevitore e indietreggia sgomenta) Non vi avvicinate!

Mitchell                         - (rimette il ricevitore sulla forcella, rac­coglie il mantello e va verso il camino) Sedete. Calmatevi. Nessuno vuol farvi del male. (1 tuoni aumentano di intensità. Mentre Mitchell va al ca­minetto, Giannina corre a rifugiarsi dietro a una poltrona a sinistra del sofà. Lascia ricadere il man­tello a terra) Dovete essere bagnata fino all'esso.

Giannina                       - (rabbrividendo) Difatti.

Mitchell                         - (va al tavolino del caffè, versa una buona dose di cognac in un bicchiere che poi le offre con cordialità) Tenete. Bevete questo.

Giannina                       - (violenta) Non mi toccate! Maledi­zione! (Con un gesto brusco gli fa cadere il bicchiere dalle mani).

Mitchell                         - (si rende conto che ha a che fare con un'isterica) Più tardi, mia cara, quando vi sarete rimessa, lo raccoglierete.

Giannina                       - (con aria di sfida) Neanche per sogno! Lasciatemi in pace! (Mitchell fa per andare verso di lei, ma Giannina corre a rifugiarsi dietro alla poltrona a destra di faccia al sofà).

Mitchell                         - (la afferra per le spalle mentre lei gli passa davanti e sì rigira in modo da volgere le spalle al pubblico) Sapete, per una ragazza che sembra di buona famiglia, i vostri modi lasciano molto a desiderare. (La spinge a sedere sul sofà) Ora sedetevi e state quieta. (Immediatamente Giannina cerca di alzarsi di nuovo, protestando e mezzo piangendo. Mitchell la spinge nuovamente a sedere. Lei fa un altro sforzo isterico per alzarsi. Finalmente Mitchell la scrolla rudemente per le spalle) Sentite, se cercate ancora di muovervi, sarò costretto a picchiarvi... e a darvele sode. (La spinge di nuovo rudemente a sedere) Ora forse vi comporterete come si deve. (Giannina. si rannicchia sul sofà singhiozzando. Mit­chell va al camino a ravvivare il fuoco. Mentre egli è voltato di spalle, Giannina si guarda attorno diffidente e vede il revolver sulla tavola dietro al sofà. Lo afferra furtivamente. Mitchell si volta in tempo per vederla. Le si avvicina in fretta e le toglie l’arma) Perdete tempo, mia cara. E' scarica. (Lo apre per mostrarglielo. Giannina si appoggia improvvisa­mente al bracciolo del sofà) Avete un bel coraggio. Andare in casa della gente per suicidarvi! (Va a posare il revolver sulla tavola) Santo Dio benedetto! Lo capite o no che avrebbero messo il mio nome sulla prima pagina di tutti i giornali"?

Giannina                       - (pietosamente) Domando scusa...

Mitchell                         - (andando verso l'estremità del sofà) E' il meno che possiate fare. Il suicidio non è una funzione sociale: se dovete uccidervi, fatelo almeno a casa vostra.

Giannina                       - (comincia ad essere un poco più padrona dì se) Non avevo nessuna intenzione di uccidermi. Sono venuta qui per telefonare; cerco un taxi. E poi... ecco, ho visto la rivoltella.

Mitchell -                      - E allora, per carità, non vi avvicinate alla stanza da bagno. Ci sono molti rasoi, di quelli veri, non elettrici.

Giannina                       - (starnutisce) Ho freddo.

Mitchell                         - Beh, la prima cosa da fare è cercare di riscaldarvi. (Va in anticamera, apre un armadio e ne trae un grande accappatoio da spiaggia).

Giannina                       - (toccandosi le spalle) Mi avete fatto male.

Mitchell                         - (chiudendo l'armadio) Bene. E' quello che volevo. (Rientra e getta l'accappatoio sul brac­ciolo del sofà) Levatevi quella roba bagnata. (Si volge altrove verso sinistra. Giannina emette una esclama­zione di fastidio e getta l'accappatoio a terra. Mitchell si volta) Avete sentito quello che ho detto? Levatevi quella roba bagnata!

Giannina                       - (rabbiosa) Avete progettato di spo­gliarmi"?

Mitchell                         - Non l'ho progettato, ma se è neces­sario lo farò. (Fa un passo verso di lei minacciosamente).

Giannina                       - (ritraendosi) Va bene. Me la leverò se ve ne andate. Non ho l'abitudine di svestirmi in presenza di estranei.

Mitchell                         - Non vi chiedo di prenderne l'abitu­dine... Fate quello che vi ho detto.

Giannina                       - Siete antipatico.

Mitchell                         - Alzatevi. (Giannina è imbronciata) Alzatevi! (Giannina obbedisce) Bene. Volterò le spalle per un minuto preciso. Levatevi quel vestito... infi­latevi questa vestaglia- (gliela getta) e poi, sotto a questa sfilatevi l'altra roba che avete addosso, se ne avete. Potete farlo comodamente: la vestaglia è larga come una tenda. (Va a sinistra del piano e prende una rivista volgendo le spalle alla ragazza).

Giannina                       - Va bene. Ma non guardate. (Va alla estremità del sofà. Infila la vestaglia e comincia a svestirsi).

Mitchell                         - Non vi lusingate. Non ci proverei nessun piacere. Quattro ossa spolpate...

Giannina                       - Non è vero. Peso sessanta chili, e non sono pochi, per la mia statura.

Mitchell                         - (gentile) Sia pure. Ritiro le ossa spol­pate. Posso voltarmi"?

Giannina                       - Aspettate un secondo.

Mitchell                         - Che c'è? Non porterete mica il busto"?

Giannina                       - Mi ci mancherebbe il busto1. State tranquillo. (Giannina si è levato il vestito stracciato e si è messa la vestaglia sulle spalle. Così, abbastanza coperta, si è levata in fretta scarpe e calze. Chiude la vestaglia e comincia ad asciugarsi vigorosamente voltando la schiena al fuoco) Oh, ora va bene.

Mitchell                         - (sì volta. Le sorride) Vi sentite meglio?

Giannina                       - Ho più caldo.

Mitchell                         - (andando verso il sofà) Meno male. (Lieve pausa) Ora vorreste raccogliere quel bicchiere:

Giannina                       - Immagino che se non lo raccolgo mi picchierete.

Mitchell                         - (calmo) Potrebbe anche darsi!

Giannina                       - (dapprima esita incerta, poi va a racco­gliere il bicchiere. Si avvicina a Mitchell e glielo porge sorridendo) Ecco. E scusatemi.

Mitchell                         - Così va bene. (Va a mettere il bic­chiere sul tavolino).

Giannina                       - (seguendolo) Scusatemi anche se ho usato un linguaggio sconveniente. Come regola non impreco mai. Ma ero... Insomma, scusatemi.

Mitchell                         - (approvando mentre versa il cognac nel bicchiere) Brava bambina.

Giannina                       - (di nuovo furente) E non abbiate quell'aria di protettore. Non sono una bambina. (Va verso il camino).

Mitchell                         - Ma agite cerne lo foste. Quanti anni avete?

Giannina                       - (guardandosi nello specchio del caminetto) Quanti me ne date? (Accomodandosi i capelli).

Mitchell                         - Mah... una trentina, immagino! (An­ dando verso di lei col bicchiere) Magari anche tren­tadue.

Giannina                       - (indignala, guardando lui nello specchio) E' una spudorata menzogna! (Si volta e si accorge subito che sta scherzando. Allora sorride anche lei).

Mitchell                         - (le porge il bicchiere ridendo) Ora bevete questo.

Giannina                       - Che cos'è?

Mitchell                         - Cognac. E probabilmente ha più anni di voi. Perciò bevetelo lentamente e gustandolo.

Giannina                       - Cerne regola non bevo mai.

Mitchell                         - E come regola non vi inzuppate mai fino alle ossa in una notte di dicembre. (Con fer­mezza) Avanti, bevete- Se vi farà bene ne berrò un poco anch'io. (Va alla tavola del caffè e versa anche per se. Durante il seguirsi della scena i bicchieri del cognac vengono vuotati e riempiti più volte. Natu­ralmente questo produce il suo effetto. Però è un effetto più psicologico che fisiologico. In nessun mo­mento si deve scorgere il menomo sintomo di ubria­chezza in nessuno dei due: il cognac ha piuttosto l'effetto di sciogliere loro la lingua ed essi diventano piacevolmente discorsivi. Anche la transizione è gra­duale e naturale. Però dopo il primo sorso di cognac si può osservare che Giannina non fa più smorfie).

Giannina                       - (beve un sorso e fa una smorfia) Uuuh! Vi piace il cognac?

Mitchell                         - (prendendo il proprio bicchiere) Ho sempre avuto la fama di avere una certa debolezza per il cognac vecchio e le donne giovani. (Beve).

Giannina                       - E' una spiritosaggine, vero? Mi ricordo di averla letta da qualche parte.

Mitchell                         - Certo non l'ho inventata io. (Posa il bicchiere) Sigaretta?

Giannina                       - No, grazie.

Mitchell                         - (rimettendo la scatola sul tavolino) Come vi chiamate?

Giannina                       - (brevemente) Giannina.

Mitchell                         - (subito) Non mi piace. (Siede sul divano).

Giannina                       - (insorge subito) Non me ne importa niente.

Mitchell                         - Oh, smettetela con questo atteggia­mento! Invece è un nome tanto carino. Dicevo così per farvi arrabbiare.

Giannina                       - E perché?

Mitchell                         - Perché ho pensato che tutto conside­rato vi farebbe bene. (Mitchell va per riempire il bicchiere che lei ha posato; Giannina lo respinge) Come medicina.

Giannina                       - Allora... va bene. (Scoppio di tuono lontano. Giannina prende il bicchiere e gira attorno esaminando l'ambiente) Questa casa è vostra?

Mitchell                         - Come?

Giannina                       - Domando se è casa vostra.

Mitchell                         - (cita sentenzioso) « Occorre vivere molto tempo in una casa per sentirla propria».

Giannina                       - (voltandosi e tralasciando per un attimo di ispezionare la camera) Oh, questo mi piace. Bello.

Mitchell                         - (seccamente) Non è originale. Diamo il merito a chi spetta. E’ un verso del poeta Guest che si cita sovente. (Posa l'attizzatoio col quale stava attizzando il fuoco. Il suo tono è innegabilmente can­zonatorio e cinico. Ma Giannina non se ne accorge) Conoscete i versi di Guest? Molto belli.

Giannina                       - Lo credo.

Mitchell                         - (con bontà) Vi siete riscaldata?

Giannina                       - (con un sorriso di gratitudine) Uh-huh.

Mitchell                         - Fame?

Giannina                       - (sorriso affermativo) Uh-huh.

Mitchell                         - (alza il coperchio del piatto dei sandwiches) Mi pare che siano di pollo... Servitevi!

Giannina                       - (ne prende uno. Poi- si alza e fa qualche passo. A bocca piena) Chi ha preparato questa roba per voi?

Mitchell                         - (siede sul sofà) La mia governante. Una brava donna. La conoscerete. (Si versa da bere).

Giannina                       - (vedendo le fotografie sul pianoforte va ad esaminarle) Oh, quanti ritratti!

Mitchell                         - Sì, ne ho una vera collezione.

Giannina                       - Chi è questo qui? Assomiglia a John Barrymore,

Mitchell                         - Lo è, infatti.

Giannina                       - (indicando col sandwich mezzo mangiato) Hedy Lamarr?

Mitchell                         - Uh-huh.

Giannina                       - (tollerante tornando verso la poltrona) Quando ero una ragazzetta avevo anch'io la stupida mania di far collezione di autografi su fotografie di attori e di attrici. Una volta ne ebbi una bellissima di Ed Wynn.

Mitchell                         - (seccamente) Congratulazioni. (Gian­nina non capisce affatto il suo tono sardonico. Ora è completamente rilassata per l'effetto combinato del cognac, del cibo, del calore e della cordialità. Nulla indica adesso che mezzora fa questa ragazza avrebbe voluto davvero suicidarsi).

Giannina                       - (prende una tazza e il termos del caffè e va ad accoccolarsi a terra) Avevo appena tredici anni ed una quantità di fissazioni.

Mitchell                         - (avvicinandole il piatto dei sandwiches) Siete una bimba strana.

Giannina                       - (amabilmente) Dovreste smettere di chiamarmi bambina. Ho ventidue anni,

Mitchell                         - Ah.

Giannina                       - (versandosi il caffè e ammirando la stanza) Bella questa camera. Pare una di quelle che si vedono nella rivista «La casa bella». Quella sì che è una rivista che mi piace. Molto più bella della « Rivista di Geografia ».

Mitchell                         - (sconcertato dal paragone) Davvero?

Giannina                       - Ma sì, con tutte quelle fotografie di selvaggi e delle loro capanne... Di solito mi porto via « La casa bella » e lascio che gli ammalati si diver­tano con la rivista geografica.

Mitchell                         - Gli ammalati"?

Giannina                       - Sì. Sono segretaria nello studio di un dentista. O almeno lo ero fino ad oggi.

Mitchell                         - Che è successo"? Vi hanno licenziata"?

Giannina                       - Oh, no. Il dottor Cafferty era molto contento di me. Soltanto... Beh, non credo che ci tornerò. (Stringendosi nelle spalle) Eppure mi toc­cherà andarci. E' l'unica cosa che so fare.

Mitchell                         - E non vi piace?

Giannina                       - (violenta) Credo che tutti gli esseri umani siano cialtroni. Anche quando non hanno i denti guasti.

Mitchell                         - (curvandosi e battendole una mano sulla spalla) Andiamo, via!

Giannina                       - (scostandosi) Non mi toccate! Sono disgustata degli uomini che mi mettono1 le mani ad­dosso.

Mitchell                         - (si appoggia dietro la spalliera. La pioggia fuori è cessata) Chi, per esempio"?

Giannina                       - (burbera) Non ha importanza. (A un tratto sorride) Scusatemi se sono stata sgarbata.

Mitchell                         - Oh, cosa da poco... Ringhiate quanto vi pare. (Pausa) Dove abitate?

Giannina                       - Great Neck.

Mitchell                         - Con la vostra famiglia?

Giannina                       - No, non ho nessuno.

Mitchell                         - Abitate sola?

Giannina                       - (lo guarda) Sì. (Volge lo sguardo al­trove. Cita amaramente) « Vivi solo e ama la solitu­dine». Era scritto in un libro. Non l'ho mai letto e non so chi l'abbia scritto, ma chiunque sia l'autore non sapeva niente di niente. (Si alza e va al camino singhiozzando).

Mitchell                         - (la guarda con simpatia e non si muove. Con dolcezza) Avanti, Giannina. Piangete. Vi farà bene.

Giannina                       - Ho pianto ieri tutto il giorno e tutta la sera. Credo di non avere più lacrime.

Mitchell                         - E allora se le lacrime sono esaurite, siate allegra. (Si alza e va a portarle il cognac) Te­nete.

Giannina                       - (si volta a guardarlo. E' un lungo sguardo quasi a valutarlo. Prende il bicchiere) Siete gen­tile, voi. Mi sembrate diverso dagli altri.

Mitchell                         - (è tornato al tavolino a prendere il proprio bicchiere e siede sul sofà) Eppure ho anch'io dei denti guasti. (Il telefono squilla. Mitchell prende il ricevitore e risponde) Pronto... sì... è Preston Mitchell che parla. (Rapida occhiata a Giannina per vedere che impressione fa la rivelazione della sua identità. Trova che lo fissa con indifferenza. Riprende a par­lare) Chi?... Ah... sì... Spero di tornare fra una set­timana... Sì... sì... sì... Grazie. Molto grato.,. Sì, va bene... Arrivederci. (Riattacca, E' pensieroso. Guarda Giannina),

Giannina                       - (è tornata a sedere a terra vicino al tavo­lino del caffè) Avete detto che vi chiamate Mit­chell?

Mitchell                         - (un po' vanitoso) Sì. Sono Preston Mitchell.

Giannina                       - (perplessa) Preston Mitchell? (Mitchell la guarda contento. In fin dei conti è un attore ed è ben felice di essere riconosciuto da una del pub­blico) Che cosa strana! Conoscevo un ragazzo che si chiamava Preston Mitchell e veniva alla scuola media. Era tanto carino. Ora sono sicura di non di­menticare il vostro nome. Mi basta pensare a lui. (Rimuginando) Preston Mitchell! Strano davvero! (Non si accorge che il sorriso è scomparso dal viso di lui e continua a chiacchierare) Devo scrivergli. Gli scriverò per dirgli che ho conosciuto uno che si chia­ma come lui. Gli farà molto rabbia. Non vorrà cre­derlo, (Sorseggia il caffè).

Mitchell                         - (si alza. Fa qualche passo) Non può darsi che il vostro amico abbia sentito parlare di me?

Giannina                       - Oh, no! Lui è rimasto a Madison, nel Visconsin. E' il mio paese. Lui non si è mai mosso di là. Almeno non credo. Ha un buon posto nella Società dei telefoni. (Una pausa. Poi cortesemente) E voi che cosa fate?

Mitchell                         - L'attore.

Giannina                       - Ah, sì? Ne ho conosciuto uno tempo fa. Un certo Oscar Davis. Lo conoscete?

Mitchell                         - Mai inteso nominare.

Giannina                       - Lo conobbi perché abitava di fronte alla strada dove stavamo noi a Madison. Recitava all'«Orfeo». Adoravo la foca ammaestrata. Faceva certi giochi... Era impagabile. Figuratevi che accom­pagnava l'inno nazionale battendo le pinne, così. (Illustra battendo le mani).

Mitchell                         - Sarà delusa sapendo che non ho foche ammaestrate. (Siede sulla poltrona).

Giannina                       - (è veramente delusa) Oh, sono così divertenti! (Mitchell la guarda incredulo) Comunque, sono contenta che siate un attere. Il signor Davis e i suoi amici erano tanto simpatici.

Mitchell                         - Vi piace il teatro?

Giannina                       - (ingenua) Quale teatro?

Mitchell                         - (sorride suo malgrado) Non un teatro in particolare. Il teatro. Andare a teatro.

Giannina                       - Veramente non so. Mi piace il cinema.

Mitchell                         - Lo immaginavo.

Giannina                       - Naturalmente, l'anno scorso non ho visto molti film. Non è tanto divertente andar sola. Andavo spesso con Jimmy quando... (Si interrompe mordendosi il labbro inferiore).

Mitchell                         - Jimmy?

Giannina                       - Sì. E' il mio... (Tetra) Scusatemi. Era il mio fidanzato. (Si alza e si scosta volgendo il viso altrove).

Mitchell                         - (con simpatia) Avete litigato?

Giannina                       - No, no. Niente di questo. (Cercando di essere indifferente e spavalda si volta a guardarlo) Semplicemente, trovandosi in Europa, ha sposato una ragazza inglese. Nient'altro. (Siede all'estremità del sofà).

Mitchell                         - Eravate molto innamorata?

Giannina                       - (piagnucolosa) Non lo so... Mi sento tutta vuota dentro. (Abbassa la testa sul braccio ap­poggiandosi al sofà),

Mitchell                         - (si alza e va a sederle accanto) Di­menticatelo. Doveva essere un mascalzone.

Giannina                       - (voltandosi) No. Non era un mascal­zone. (Pausa) Però era un vigliacco.

Mitchell                         - Lo credo.

Giannina                       - (in fretta) Non voglio dire come sol­dato. Ha avuto una medaglia al valore e la croce di guerra. Ero molto orgogliosa di lui. (Amaramente) Ma è stato un vigliacco per il modo come me lo ha detto. Ieri per posta ho ricevuto il ritaglio di un gior­nale di Londra che portava la notizia del matrimo­nio... E poche righe di lui che mi diceva che certa­mente avrei compreso.

Mitchell                         - Ed eravate pronta a togliervi la vita per un individuo simile?

Giannina                       - Non lo so. Non era solo quello. Credo che sia stato... (esplode) gli uomini sono tutti... (A un tratto voltandosi verso di lui) Conoscete il signor Dudley Hatflied?

Mitchell                         - (perplesso) No. Perché dovrei cono­scerlo?

Giannina                       - Abita nei miei paraggi. Credo che ab­bia una quarantina d'anni ed è molto ricco. Pensavo che forse potevate conoscerlo,

Mitchell                         - Mai inteso nominare. Che c'entra in tutto questo?

Giannina                       - E' un cliente del dottor Cafferty. Viene da lui da circa tre mesi. E' odioso.

Mitchell                         - (intuendo) Ah, capisco. E' uno di quei tali che sono...

Giannina                       - E come! Ha cercato di darmi degli appuntamenti da quando gli abbiamo fatto la prima radiografia dei molari superiori.

Mitchell                         - (ridendo) Andate avanti.

Giannina                       - Beh... (Si rigira sul sofà in modo da essere di faccia a lui) Stamattina è venuto nello studio, mi ha chiesto se sarei andata volentieri ad una riunione di amici con lui. Finalmente ho accet­tato perché ho pensato che questo mi avrebbe di­stratta. (Pausa. Poi con un brivido) Una cosa orri­bile. Avrei dovuto immaginarlo. Non facevano altro che bere... e a me non piace bere... e quando non bevevano cercavano di mettermi le mani addosso. (Con ardore) Dio, come odio gli uomini di mezza età! Due minuti dopo la presentazione cercano di pizzicarvi da qualche parte. Non è vero che dà la nausea? (Si alza e va a versarsi il caffè) Ad ogni modo, la riunione era orribile. Poi il signor Hatflied ha detto che mi avrebbe accompagnata a casa, ma un altro ha proposto di accompagnarmi lui, e quando siamo stati nella sua macchina è stato peggio degli altri. Mi è toccato addirittura sostenere una lotta. (Sorseggia il caffè) Insomma, ero così disgustata di tutto che quando ho visto quella rivoltella... (Pausa) Scommetto che mi credete pazza.

Mitchell                         - (sì alza e va al camino) No.

Giannina                       - Nemmeno perché ho preso la rivol­tella?

Mitchell                         - Molta gente contempla la possibilità del suicidio, Giannina. Non possono essere tutti pazzi.

Giannina                       - Mi piace come parlate. (Sì alza e fa qualche passo) Siete molto buono, sapete. Io... io... (Non sa andare avanti e sì stringe nelle spalle).

Mitchell                         - Su, dite quel che volete dire.

Giannina                       - Niente... (Finalmente riesce a dirlo molto semplicemente e sinceramente) Volevo soltanto dire che vi ringrazio tanto perché siete così buono. (Gli va vicino e con solennità infantile gli porge la mano. Mitchell la prende e la stringe con la stessa solennità. Poi leggermente imbarazzata Giannina torna ad accoccolarsi al solito posto) Questi sandwiches sono una meraviglia. Non ne volete uno?

Mitchell                         - No, grazie.

Giannina                       - (si appoggia contro il tavolino. Allunga le gambe verso il fuoco e agita le dita dei piedi. Sorri­dendo) Mi pare un sogno.

Mitchell                         - Bello?

Giannina                       - Strano. Sono qui... non ho assoluta­mente niente sotto questa vestaglia, non so assolu­tamente niente di voi e mi sto arrostendo i piedi al vostro caminetto.

Mitchell                         - Arrostite dei bei piedini, se mi per­mettete di dirlo.

Giannina                       - (grata) Non c'è male. (Ne tende uno perché lui lo veda meglio. Fuori si sente il grido di un gabbiano. Giannina sobbalza) Che cos'è?

Mitchell                         - Gabbiani. Volano attorno alla casa. (Altro grido).

Giannina                       - Orribile. Non vi fanno paura?

Mitchell                         - No. Ma mi urtano i nervi. (Con sod­disfazione) Stasera ne ho ammazzato uno.

Giannina                       - Oh, non dovevate. Non porta disgrazia?

Mitchell                         - Al gabbiano, credo. (Il telefono squilla. Mitchell lo guarda dubbioso senza rispondere. Squilla di nuovo) C'è troppa gente al mondo che ha i get­toni per il telefono. (Posa l'attizzatoio. Il telefono suona ancora),

Giannina                       - Non rispondete?

Mitchell                         - Volete farmi un favore, Giannina?

Giannina                       - (premurosa) Certo.

Mitchell                         - Rispondete... e dite che stasera non posso essere più disturbato. (Il telefono squilla an­cora).

Giannina                       - (sì alza. Va a sedere sul sofà e prende il ricevitore. Mettendo la mano sul microfono) Se domandano chi sono, che debbo dire?

Mitchell                         - Quello che vi pare. Come vi chiama­vano i clienti del dottor Cafferty? Dite che siete qui provvisoriamente per prendere le comunicazioni.

Giannina                       - Bene. State a vedere. (Al telefono) Il dottor Cafferty è fuori... (Allibita, dà una rapida occhiata a Mitchell il quale sorride. Poi riprende) Pronto... Sì... sì, casa del signor

Mitchell                         - (Mette la mano sul microfono. Molto impressionata) Interco­munale!

Mitchell                         - Sarà New York centro.

Giannina                       - (al telefono) Pronto... No, non posso più disturbare il signor Mitchell stasera... Chi?... La signora Early? (Guarda Mitchell).

Mitchell                         - (sussurra) Governante... a letto!

Giannina                       - No, la signora Early si è già ritirata. Sì, sono qui temporaneamente per rispondere al tele­fono... Certamente, riferirò. Sì... sì, senz'altro. Glielo dirò. Grazie. (Riattacca e guarda Mitchell per averne l'approvazione).

Mitchell                         - (Si alza. Va dietro al tavolino del caffè. Prende caraffa e bicchiere) Brava. Molto bene. Chi era?

Giannina                       - Mi è parso che dicesse Nita Havemeyer. Può essere?

Mitchell                         - Sì, sarà stata lei. Una brava figliuola Nita. (Siede sul sofà e si versa da bere).

Giannina                       - (scostandosi per fargli posto) Mi è parsa molto gentile. Ha detto che cercherà dì poter venire domani. (Entra Wilbur ansante sotto il peso di mezza dozzina dì enormi ceppi per il camino).

Giannina                       - (emette un grido soffocato) Dio mio!

Mitchell                         - Ancora alzato, Wilbur?

Wilbur                           - (andando alla cassetta della legna) Sì. Marta ha detto che lei poteva aver bisogno di legna. Mi ha detto di riempire la cassetta.

Mitchell                         - (affabile) Bene, Wilbur. (Wilbur lascia cadere ì ceppi nella cassetta, con molto rumore. Si stropiccia le mani pensieroso, guardando le vesti di Giannina sparse sul pavimento).

Wilbur                           - Il signore non ha bisogno di nulla?

Mitchell                         - No, grazie.

Wilbur                           - Bene. Allora... buona notte. (Si avvia all'anticamera senza neanche guardarsi indietro).

Mitchell                         - (fermandolo) Ah, Wilbur... Vedi quella roba bagnata lì a terra?

Wilbur                           - Vedo.

Mitchell                         - Vuoi portarla in cucina? (Wilbur torna indietro e comincia a raccogliere la roba) Forse la signora Early può farla asciugare e dare un colpo di ferro... prendi anche le scarpe e le calze,

Wilbur                           - Sì. (Continua a raccogliere) Dev'essere fatto subito?

Mitchell                         - No. Non c'è fretta. Basta domani.

Wilbur                           - (secco) Lo immaginavo. (Sì avvia dì nuovo e Mitchell lo ferma nuovamente).

Mitchell                         - La camera degli ospiti è in ordine?

Wilbur                           - Sì. Nessuno l'ha occupata da quando la nurse è andata via.

Mitchell                         - Bene, Wilbur. Non mi occorre altro. (Wilbur sguscia in anticamera con la sua caratteri­stica andatura strascicata. Prima di scomparire torna indietro a rivolgere una domanda dì sua iniziativa).

Wilbur                           - (senza badare a Giannina) Marta chiede a che ora è la colazione.

Mitchell                         - Piuttosto presto. Diciamo... alle dieci.

Wilbur                           - Bene. (Sì avvia. Si volta di nuovo) Credo una colazione abbondante.

Mitchell                         - (divertito) E' un modo pieno di tatto per chiedere se la colazione deve essere per due?

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - La risposta è sì.

Wilbur                           - (senza scomporsi) Bene. Buona notte, signor Mitchell. (Se ne va chiudendo la porta).

Giannina                       - Non immaginerete che io voglia pas­sare la notte qui?

Mitchell                         - (ridendo) So soltanto che Wilbur se n'è andato portando via i vostri abiti.

Giannina                       - (si alza. Va al camino) Dio sa che cosa ha pensato! (A un tratto si ferma) Avete bam­bini?

Mitchell                         - Che strana domanda!

Giannina                       - Ne avete?

Mitchell                         - No. Perché?

Giannina                       - Wilbur ha parlato di una nurse...

Mitchell                         - Ah sì. Non era una bambinaia.

Giannina                       - Avete un ammalato in casa?

Mitchell                         - No.

Giannina                       - E allora perché avevate un'infermiera?

Mitchell                         - Perché c'era un'inferma. (Come ricor­dando, guarda la scala che va al piano di sopra e poi si avvicina al pianoforte).

Giannina                       - (evidentemente non ha capito. E' davanti allo specchio e si passa le dita fra i capelli) Dio, in che stato sono i miei capelli! Non so come farò a pettinarmi...

Mitchell                         - Frase abituale di tutte le donne.

Giannina                       - (voltandosi) Siete sposato?

Mitchell                         - No.

Giannina                       - (sorridendo) Già, avrei dovuto chie-dervelo prima di domandarvi se avete bambini. Perché non siete sposato?

Mitchell                         - (calmo) Lo sono stato.

Giannina                       - Già, gli attori divorziano sempre. Una cosa odiosa, il divorzio. (Si volge di nuovo allo specchio).

Mitchell                         - (vedendosi nella necessità di dire a Gian­nina la verità, è nervoso. Picchia sul piano degli ac­cordi staccati e spesso discordanti) Non sono di­vorziato. Sono vedovo.

Giannina                       - (si volta di scatto a guardarlo. Poi va verso di lui. Gentile e compassionevole) Scusatemi.

Mitchell                         - (rauco, seguitando a battere accordi) Non è il caso.

Giannina                       - (va al sofà) Da molto tempo?

Mitchell                         - No. (Altri accordi),

Giannina                       - Soffrite ancora per la sua mancanza?

Mitchell                         - (c. s. Crescendo) No.

Giannina                       - (andando vicino al pianoforte) Perdo­natemi. Non volevo immischiarmi in cose che non mi riguardano. Ma mi avete lasciata chiacchierare...

Mitchell                         - (snervato, batte un accordo forte e sto­nato) Per carità basta! Tacete! (Va al tavolino e si versa altro cognac).

Giannina                       - (spaventata) Oh Dio...

Mitchell                         - Non è colpa vostra. (Inghiotte una grossa sorsata) Sentite... tanto vale che vi dica la ve­rità. Mia moglie è morta tre giorni fa. Oggi è stata sepolta.

Giannina                       - (va lentamente alla poltrona) Dio, Dio, come mi dispiace...

Mitchell                         - Non occorre che siate spiacente. Né che mi chiediate scusa. Un'altra volta vi dirò perché. Ma non dovete provare dispiacere. Io non ne provo. (Siede sul sofà e si versa ancora da bere).

Giannina                       - Si sta facendo terribilmente tardi. Non credete che sia meglio che me ne vada?

Mitchell                         - Dove abitate al Great Neck?

Giannina                       - (siede sul bracciolo di una poltrona) Ho una stanza in una pensioncina molto modesta e non troppo pulita. C'è la più brutta tappezzeria che io abbia mai vista. Con tutto questo debbo starci lo stesso. Vi seccherebbe molto riaccompagnarmi a Great Neck?

Mitchell                         - (amabilmente, appoggiandosi indietro alla spalliera) Sì, mi seccherebbe parecchio. (Sorride) Del resto, voi non avete nessun desiderio di tornare laggiù a guardare quell'orrenda tappezzeria, vero?

Giannina                       - Sì. Ma...

Mitchell                         - Dunque sedete e state tranquilla. Pas­serete la notte qui.

Giannina                       - Qui? (Si alza e va all'estremità sinistra del sofà) Niente affatto.

Mitchell                         - C'è un'ottima camera per gli ospiti. Con tutte le comodità moderne... compresa una chia­ve dalla parte interna per chi voglia chiudersi dentro. (Prende una sigaretta dalla scatola).

Giannina                       - Non pensavo a questo. Affatto. Sono convinta che siete incapace di una cosa simile.

Mitchell                         - (la guarda) Certo lo dite senza mali­gnità... ma non vi siete espressa in modo molto felice.

Giannina                       - Volevo dire soltanto che mi fido di voi.

Mitchell                         - (accendendo la sigaretta) Avete delle amicizie a Great Neck?

Giannina                       - Nessuna. Non conosco un'anima, all'infuori del dottor Cafferty e della signora Remingtan.

Mitchell                         - (allungandosi sul sofà) E non dimen­ticate quel tale Dudley o come si chiama... Insomma, non importa. (Pausa) Questa mia casa è molto grande, Giannina. E' molto vuota. Che ne direste di venire ad abitare qui per un po' di tempo... (Giannina sob­balza) per riformare la mia educazione?

Giannina                       - Scherzate, vero?

Mitchell                         - No. E' un invito in piena regola.

Giannina                       - Ma non mi conoscete neanche per prossimo!

Mitchell                         - (serio) Sì che vi conosco. Vi conosco benissimo.

Giannina                       - (un po' confusa da quell'affermazione si assicura che la vestaglia sia ben chiusa e va in fretta vicino al camino. Dubitosa) Ma che direbbe la gente?

Mitchell                         - (pronto) Senza dubbio penserebbe che viviamo peccaminosamente.

Giannina                       - Infatti. E i vostri domestici? (Va verso il tavolino del caffè).

Mitchell                         - Sono stati avvezzati a non pensare, basta che funzionino a dovere.

Giannina                       - E non vi seccherebbero le chiacchiere del vicinato?

Mitchell                         - No.

Giannina                       - (comincia a cedere) Non so proprio come potrei... Voglio dire... No, non potrei. (Siede sulla poltrona).

Mitchell                         - Vi sembrerebbe più facile la cosa se la trattassimo sulla base di un contratto di lavoro?

Giannina                       - E come?

Mitchell                         - (siede sul divano curvandosi verso di lei) Vi assumo... come segretaria. Segretaria residente.

Giannina                       - (alzandosi) Davvero?

Mitcheix                        - Sì. Siete assunta.

Giannina                       - (balzando sul sofà accanto a lui) Sono una bravissima dattilografa e posso... (eccitata) ri­spondere alle lettere delle vostre ammiratrici. (De­lusa) Oh, non siete attore cinematografico! Sicché, probabilmente, lettere di ammiratrici non ne ricevete!

Mitcheix                        - (leggermente urtato) Dio mio, non ne arrivano a tonnellate, ma vi assicuro che me ne arri­vano ogni mese varie centinaia, indirizzate al teatro.

Giannina                       - (sorridendo) Bene, bene. Ho capito. Inutile che facciate il permaloso!

Mitcheix                        - (fa un passo verso di lei minaccioso) Sentite, vi proibisco assolutamente... (Giannina ride) Vedete, Giannina: credo che non potrei proprio liti­gare con voi. (Siede sul sofà).

Giannina                       - Anch'io vado facilmente fuori dai gangheri.

Mitcheix                        - Beh, meno male... Allora... vogliamo fare la pace1?

Giannina                       - Facciamola. (Stretta di mano. Giannina guarda la caraffa del cognac e ride) Non credete che siamo tutti e due un po' brilli?

Mitcheix                        - (prende la caraffa e la guarda grave­mente) Forse un pochino... (Giannina ride) E' molto tempo che non sento qui in casa mia una risata di donna. Mi piace. (Fuori si sente aprire la porta d'ingresso e il mormorio delle voci e i passi dei Tremaine in anticamera). La signora

Tremaine                       - (d. d.) Preston?

Giannina                       - Dio mio!

Mitcheix                        - (rassicurandola) Non è niente. La signora

Tremaine                       - (d. d.} chiamando ancora) Preston?

Mitcheix                        - (sì alza e va verso l'anticamera tenendo in mano la caraffa del cognac) Margherita, En­rico! Avanti, venite avanti! (Entra la signora Tre­maine che non vede subito Giannina che la figura di Mitchell nasconde. Segue Tremaine tamburel­lando sulla sommità di un boccale che porta seco. Vede Giannina e smette di tamburellare, trasecolato).

La signora Tremaine     - Salve, Preston. Abbiamo trovato la porta chiusa con la sola maniglia e ab­biamo pensato di venire a vedere se avevate bisogno di qualche cosa; intanto vi abbiamo portato un buon brodo di pollo... (Prende il boccale dalle mani del marito e sta per offrirlo a Mitchell. In questo mo­mento vede Giannina e le manca il respiro) Oh! Non immaginavo che aveste visite!

Mitchell                         - Brava, Margherita... Sedete. Bevete un bicchierino con noi.

La signora

Tremaine                       - No, credo che sia meglio che ce ne andiamo... (Dà il boccale a Tremaine).

Mitchell                         - Ma no, non ve ne andate! Dov'è Bill?

La signora Tremaine     - Non è ancora tornato. E' andato a una riunione di amici. (I Tremaine si sus­surrano qualcosa a vicenda).

Mitchell                         - (a Giannina) Mia cara, desidero farvi conoscere questi miei vecchi e carissimi amici: il signore e la signora Tremaine.

Giannina                       - Molto lieta.

Mitchell                         - (ai Tremaine. Presentando) La signo­rina... hm... (Volgendosi di nuovo a Giannina) A proposito, cara... come vi chiamate? (I Tremaine hanno la bocca spalancata).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

(La mattina seguente. Sono circa le dieci e mezzo, la camera è piena dì sole. Wilbur è inginocchiato davanti al camino, toglie la cenere e prepara la legna per riaccendere. Ogni tanto lancia un'occhiata verso la stanza di Mitchell. Va a prendere un paio di ceppi nella cassetta e lascia ricadere il coperchio con un tonfo. Dall'anticamera entra la signora Early. Porta sul braccio l'abito dì Giannina stirato e ricucito, nonché gli indumenti intimi che la ragazza sì era tolta al primo atto quando era inzuppata di pioggia. Entrando lancia anche lei uno sguardo verso la stanza di Mitchell. Wìlbur continua ad occuparsi del camino).

Early                             - La colazione è quasi pronta. Credi che non siano ancora alzati?

Wilbur                           - Non li ho sentiti.

Early                             - Hai bussato alla sua porta?

Wilbur                           - No.

Early                             - Sono le dieci passate. Forse faresti bene a bussare.

Wilbur                           - (tollerante) Quando saranno pronti, scenderanno. (Stropiccia un fiammifero e accende il fuoco).

Early                             - (con rimprovero) Dovevi svegliarmi ieri sera. Sarei venuta.

Wilbur                           - (asciutto) Non aveva bisogno di te.

Early                             - (pensierosa) Sai, Wilbur... è vero che non è giusto... così, subito dopo il funerale... Ma insomma, dopo tutto quello che ha passato, non gli si può dar torto. (Mette la roba di Giannina su una sedia).

Wilbur                           - Io non gli ho dato torto. (Il telefono squilla e la signora Early va a rispondere. Wilbur che stava spazzando davanti al camino si interrompe per ascoltare).

Early                             - (al telefono) Casa del signor Mitchell... Sì, signor Baker. Buongiorno. (Wìlbur torna al suo lavoro) No, non è ancora sceso... Ma, signor Baker, non saprei, aspetti un momento... (Mette la mano sul microfono e si volge a Wilbur sommessamente) Il signor Baker vuol sapere come sta e se ha passato una buona notte.

Wilbur                           - (soave) E perché guardi me? Che vuoi che ne sappia?

Early                             - (al telefono) Sì, sì... Naturalmente, signor Baker, è stato un colpo per lui, ma speriamo che si rimetterà... Sì signore, gli dirò che lei ha telefonato. (Riattacca. Poi va alla poltrona e si ferma incerta) Credi che devo portarglieli?

Wilbur                           - (ancora occupato con lo scopettino) Ha il campanello in camera. Suonerà quando avrà bisogno degli abiti.

Early                             - Davvero non posso dargli torto. Forse essendo un attore è diverso dagli altri, non credi?

Wilbur                           - (si raddrizza e si volta) Gli attori agi­scono come gli altri uomini, eccetto quando recitano. Certo dieci anni sono molti. (Occhiata istintiva verso il punto dove Giannina era seduta la sera prima) Era carina con quella vestaglia.

Early                             - (lo guarda sospettosa) Faresti anche tu lo stesso, la sera del mio funerale?

Wilbur                           - (semplice) Se tu rimanessi inferma per dieci anni... potrebbe anche darsi.

Early                             - Oh, non ne dubito. (Va vicino al fuoco e guarda la posta del mattino).

Wilbur                           - (seguendola con lo sguardo) Sicuro... potrebbe anche darsi. (Mitchell apre la porta della sua camera, la richiude e scende. E' completamente vestito).

Mitchell                         - (affabile) Ciao, Wilbur. Buongiorno, signora Early.

Wilbur                           - (gentile) 'Giorno.

Early                             - (andando verso Mitchell con la posta) 'Giorno, signor Mitchell... Ha dormito bene?

Mitchell                         - Da anni non passavo una notte mi­gliore. (Va a sedere sul sofà).

Early                             - (indulgente) Bene, signor Mitchell. Sono contenta. Proprio contenta per lei. Stavo appunto dicendo a Wilbur... (prende il tagliacarte dal tavolino e lo porge a Mitchell)... visto che lei è un attore non si può dire che... non mi pare... (Mitchell non dà uno speciale significato a quello che sta dicendo la sua governante. Invece Wilhur è ansioso di farla smettere).

Wilbur                           - (interrompendola) E' meglio che tu vada a preparare la colazione, Marta.

Mitchell                         - (gaiamente, guardando la posta) Brava, signora Early, e fate presto perché ho una fame da lupo.

Early                             - Lo credo. (Si avvia) A proposito, ha tele­fonato poco fa il signor Baker.

Mitchell                         - Grazie. (Vede gli abiti di Giannina) Avete asciugato bene gli abiti della signorina?

Early                             - Ho fatto il meglio che ho potuto. Il vestito era stracciato... (Lo spiega) L'ho aggiustato alla meglio.

Mitchell                         - Bene. Volete portarglieli di sopra?

Early                             - (si mette gli abiti sul braccio) Sì, signore. Immagino che ne avrà bisogno. (Tossicchia).

Mitchell                         - (studia il modo di spiegare Giannina ai suoi domestici. A Early) Si chiama Giannina, (A Wilbur) Giannina Blake. (A Early) Signorina Giannina Blake. (Riprende a esaminare le lettere) Starà qui per... hm... per un po' di tempo.

Early                             - (vuol fargli capire che lei è tollerante e di vedute larghe) Sissignore. Benissimo.

Mitchell                         - Grazie.

Early                             - Come stavo dicendo a Wilbur...

Wilbur                           - (interrompendo) Il signor Mitchell ha detto di portare gli abiti alla signorina Giannina.

Early                             - Vado, vado. (Un po' incerta) L'abito non è molto adatto per mattino, signor Mitchell. Mi sem­bra un abito da pranzo.

Mitchell                         - (divertito) Ma sì. Preparate un pasto così abbondante da darci l'idea che sia un pranzo.

Early                             - (ridendo) Sissignore. Intanto vado a por­tare l'abito. (Si avvia per la scala verso la stanza di Mitchell, ridendo tra sé).

Mitchell                         - (si volta e vede) Dove andate?

Early                             - (sconcertata) A portare la roba alla si­gnorina.

Mitchell                         - (asciutto) Non siete ancora andata nella camera degli ospiti stamattina?

Early                             - No, signore. Naturalmente ho creduto...

Mitchell                         - (interrompendola) La signorina non è nella mia camera, qualunque cosa voi abbiate cre­duto. E' nella camera degli ospiti.

Early                             - (occhiata a Wilbur) Davvero?

Mitchell                         - Davvero.

Early                             - Oh, scusi. (Ridiscende e sale l'altra scala).

Mitchell                         - (indignato a Wilbur) Non hai sentito ieri sera che ti ho chiesto se la camera degli ospiti era in ordine?

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - E hai creduto che fosse un alibi?

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - Anche tu hai avuto l'impressione che...? (Il campanello della porta. Mitchell guarda in quella direzione e poi continua) Hai detto a tua moglie che...

Wilbur                           - Io non dico mai niente a mia moglie... (si avvia alla porta) ... e le parlo già troppo. (Di nuovo il campanello. Wilbur va ad aprire).

Bill                                - (d. d., vivamente) Salve, Wilbur. E' sceso il signor Mitchell?

Wilbur                           - (d. d.) Sì. (Via in cucina).

Mitchell                         - (cordialmente) Ciao, Bill.

Bill                                - (entrando) Salve, signor Mitchell. Siete riuscito a dormire?

Mitchell                         - Ho dormito benissimo, grazie.

Bill                                - I miei erano molto preoccupati per voi.

Mitchell                         - Sì? Che hanno detto? (Si alza. Va al camino e posa lettere e tagliacarte sulla mensola).

Bill                                - (tranquillamente) Oh, niente. Ma sapete come sono. Certo, erano pentiti di avervi lasciato solo ieri sera. Eravate un po' depresso quando siamo andati via.

Mitchell                         - Al contrario, ero di ottimo umore.

Bill                                - Eh?

Mitchell                         - Non ti hanno detto altro"?

Bill                                - No. Abbiamo parlato di voi un pochino quando siamo andati a casa, poi io sono uscito e sta­mattina non li ho ancora visti. (Si stende sul sofà con la testa all'estremità destra),

Mitchell                         - Ah, capisco... Allora non sai...? Hai fatto colazione?

Bill                                - No. Me la sono svignata pochi minuti fa zitto zitto come un topolino. Sono rientrato tardi stanotte e forse mi avranno sentito salire le scale. Non avevo voglia di ascoltare prediche. Sia detto fra noi, ho preso una piccola sbornia. (Mitchell fa qualche passo, guarda in alto verso la camera degli ospiti) Avete voglia di fare quattro passi? (Nessuna risposta) Ehi!

Mitchell                         - (preoccupato) Hmm...? Forse più tar­di. (Si volta) Bill, debbo dirti una cosa.

Bill                                - (sistemandosi comodamente) Allora resto qui a fare due chiacchiere. (Sorride) Che cosa strana. Mi è sempre tanto più facile parlare con voi che coi miei. Sono molto buoni, ma si scandalizzano per qualunque sciocchezza.

Mitchell                         - Uh-uhu...

Bill                                - (continuando) Invece voi ed io... ci siamo sempre detto tutto con la massima franchezza. (Si sorridono affettuosamente; Giannina appare scen­dendo di corsa la scala. Indossa ancora la vestaglia e ha ì capelli legati con un nastro).

Giannina                       - (allegra) Buongiorno, signor Mitchell.

Mitchell                         - (un po' nervoso, voltandosi verso di lei) Oh, buongiorno. (Al suono della voce della ra­gazza Bill, completamente nascosto dalla spalliera rimane immobile ma drizza gli orecchi).

Giannina                       - (sul pianerottolo) Vi dispiace se tengo ancora questa vestaglia? Mi sento ridicola con quell'abito da sera, anche se la vostra governante me lo ha aggiustato così bene.

Mitchell                         - Sentite, Giannina...

Giannina                       - (nota il suo imbarazzo e siccome lo frain­tende ne è divertita) Sono correttissima, sapete. Ho indossato gli altri indumenti. A paragone di ieri sera si può dire che sono vestitissima. (Va verso la finestra).

Mitchell                         - (guarda, voltando un po' la testa, Bill che si mette un cuscino sul viso) Sentite, Gian­nina, io...

Giannina                       - (gaiamente) Come mi sento bene, sta­mattina! Ho dormito come un ghiro. (Si volta a guar­darlo) Deve essere stato tutto quel cognac. (Indicando il nastro che ha mi capelli) Sapete dove l'ho preso? (Passa dietro al piano) E' quello che lega le tendine della stanza da bagno. (Durante l'ultima parte dì questa conversazione, Bill ha guardato cautamente da dietro la spalliera. Ora si alza rivelando la sua presenza).

Bill                                - (va verso Giannina con sorriso cordiale) Oh, guarda guarda! Salve, piccola! Che il diavolo mi porti se mi aspettavo di trovarvi qui.

Giannina                       - (fredda, indietreggiando) Buongiorno.

Mitchell                         - (stupito) Vi conoscete?

Bill                                - Sicuro. Però mi sembrate molto più desi­derabile in abito da pranzo che con quell'accappatoio da spiaggia.

Giannina                       - (avvicinandosi a Mitchell) E' quello di cui vi ho parlato ieri sera. Era a quella riunione. (Indignata) Gli avevo chiesto, molto gentilmente, di accompagnarmi a casa e lui si è mostrato straordina­riamente... (Si interrompe. Riflette un momento poi scrolla le spalle) Non importa. Non ci pensiamo più. A quanto pare è un vostro amico.

Mitchell                         - Conosco Bill da quando è nato. Anzi, sono il suo padrino. Mi è sempre sembrato assolu­tamente innocuo.

Bell                               - (sorridendo) Non farei male a una mosca.

Giannina                       - (voltandosi) Ieri sera, se vi ricordate...

Bill                                - (andando verso Giannina) Mi ricordo benis­simo. Volevate essere accompagnata a casa. E io ho fatto degli approcci.

Giannina                       - Proprio così.

Bill                                - (imperturbabile) E' una cosa tanto terribile? Eravate molto carina e avevo voglia di baciarvi... e io avevo un po' bevuto.

Giannina                       - (severamente, andando da Mitchell) Sì. Erano tutti ubriachi.

BrLL                             - (subito) Io no. Ero un po' brillo... ma non ubriaco. Tutto quello che ho fatto...

Giannina                       - (alzando le spalle) Non importa. E meglio non parlarne più. Se permettete, signor Mit­chell, vado di sopra finché... (Sì avvia).

Mitchell                         - (con bontà, fermandola) Un momento!

Giannina                       - (aspra) Vorrei lasciare questa stanza.

Mitchell                         - Aspettate un momento, finché arriva la vostra roba.

Giannina                       - Che roba?

Mitchell                         - Ho telefonato alla vostra pensione. La vostra padrona di casa sta preparando il vostro bagaglio e Wilbur andrà col camioncino a pren­derlo. (Fa qualche passo).

Giannina                       - (seguendolo) Avete parlato con la signora Mac Pherson? Che le avete detto?

Mitchell                         - Non vi preoccupate. Sono stato pieno di tatto. Ho detto che ero il maggiordomo e che non passavate qualche giorno con un'amica. E' rimasta molto impressionata. (Giannina va a sedere in una poltrona).

Bill                                - (è stato a guardarli cercando di capire. Si avvia all'anticamera) Date le circostanze, sarà meglio che me ne vada.

Mitchell                         - (aspro) Non fare lo sciocco.

Bill                                - (prendendo il suo cappello) Mi spiace di essermi immischiato in cose che non mi riguardano.

Mitchell                         - Non ti muovere. (Guardando i due giovani) Credo che toccherà a me chiarire le cose.

Giannina                       - (irritata) Non vi disturbate.

Mitchell                         - (appoggiandosi alla tavola) Sentite, figliuola, la spiegazione per quanto riguarda voi è la più difficile, e voi non mi aiutate davvero.

Giannina                       - (si alza e va verso destra) Scusatemi, avete ragione. (Dall'anticamera entra la signora Early. Porta sotto al braccio una scatola di cartone).

Early                             - La colazione sarà pronta a momenti. (Va a posare la scatola sul tavolo e comincia a sciogliere lo spago).

Bill                                - Ciao, signora Early.

Early                             - Salve, Bill.

Bill                                - Ci sono brigidini, stamattina?

Early                             - (indulgente) Sì. Wilbur mi ha detto che eravate qui e ho messo un posto a tavola anche per voi.

Bill                                - (gettando il cappello su una sedia) Ma brava!

Early                             - Signor Mitchell, Wilbur vorrebbe sapere se...

Mitchell                         - Ora vado io da lui. Vieni, Bill. Voglio parlare con te.

Bill                                - Di che cosa?

Mitchell                         - Come hai detto dianzi, abbiamo sem­pre avuto la massima franchezza reciproca... (conducendolo verso il fondo) e voglio spiegarti che, mal­grado le apparenze... (alla signora Early) non c'è nulla di nulla. (Nell'andare in cucina) Torno subito, Giannina.

Early                             - (apre la scatola) Ho trovato una cosa, mia cara, che forse potrebbe farvi comodo. (Tira fuori un abitino semplice) E' grazioso e credo che la misura sia la vostra.

Giannina                       - (incerta) Siete molto buona... e l'abito è carino, ma veramente non mi sarebbe possibile indossare qualcosa di suo.

Early                             - (interrompe in fretta) Tesoro, non pense­rete che sia un abito di sua moglie!

Giannina                       - L'avevo proprio creduto.

Early                             - (rassicurandola) No no, carina. Tutta la sua roba, fino all'ultimo fazzoletto è stata mandata via, lo stesso giorno della sua morte.

Giannina                       - Perché?

Early                             - Questi sono stati gli ordini.

Giannina                       - Oh.

Early                             - (spiegando di nuovo il vestito) L'avevo fatto per regalarlo a una mia nipote per Natale... ma dal momento che siete venuta qui all'improvviso e senza nulla da mettervi, ho pensato che forse...

                                      - (Sorride con bontà) Questa vestaglia è un po' larga per voi.

Giannina                       - (prendendo il vestito) Siete molto buo­na... e allora, finché arriva la mia roba, mi farete un vero regalo prestandomi questo.

Early                             - (richiudendo la scatola) Con tutto il pia­cere.

Giannina                       - (pensierosa, andando verso la poltrona sul davanti) Com'era? Bella? (Siede) Non avete ri­tratti di lei?

Early                             - (dà una rapida occhiata in anticamera per assicurarsi che nessuno la senta) Ne aveva una quantità. Sono tutti in camera sua, chiusi in un mobile. Da anni non li ha più tirati fuori.

Giannina                       - (con molta curiosità) E perché?

Early                             - (prendendo la scatola e avviandosi) Non vi ha detto nulla?

Giannina                       - Quasi nulla.

Early                             - (sedendo) In dieci anni non ha mai la­sciato il letto. Paralizzata. Sono venuti i migliori specialisti, ma non hanno potuto far niente.

Giannina                       - (seria) Che cosa atroce!

Early                             - (compassionevole) E il povero signor Mitchell è stato così buono, così premuroso... non poteva essere più devoto di così.

Giannina                       - (pensierosa) Però non mi è parso molto sconvolto.

Early                             - Che volete, è stata malata tanto tempo-Certo anche lui avrà pensato... (Entra Mitchell se­guito da Wilbur che va verso l'ingresso. La signora Early si alza).

Mitchell                         - (a Wilbur) E porterai tutto qui... senza rispondere a nessuna demanda. Chiaro?

Wilbur                           - Sì.

Mitchell                         - E non fornire informazioni.

Wilbur                           - Chi, io? (Scompare).

Bill                                - (entra dalla cucina, viene sul davanti. La signora Early gli sorride ed esce. A Giannina) Scusatemi di ieri sera. Mi sono comportato come un perfetto mascalzone, dice lui. (Accenna col mento verso l'an­ticamera).

Giannina                       - E voi che cosa dite?

Bill                                - Lo ammetto.

Giannina                       - Meno male. Tutti gli uomini sono ma­scalzoni, ma quando lo riconoscono c'è qualche spe­ranza per loro.

Bill                                - (vicino alla sua sedia, chinandosi su di lei) Credete davvero che ci sia una speranza per me?

Giannina                       - (si alza in fretta per evitarlo. Va verso il fondo, mettendo l'abito sulla poltrona vicino al piano) Devo riconoscere che non mi sembrate così urtante come ieri sera. Ero rimasta molto male. Tutti mi sembravano delle canaglie. (Venendo verso di lui) Siete davvero il figlioccio del signor Mitchell?

Bill                                - Sicuro. Vi farò vedere il mio certificato di battesimo, se volete. Conosce mio papà da venticinque anni... Figuratevi che mi ha comperato il primo sonaglino... e i miei primi pattini a rotelle e la mia prima bicicletta. (Con calore) E' un tesoro.

Giannina                       - (gravemente e con sincerità) E' straor­dinario. Non è di questo mondo.

Bill                                - Sentite, non voglio essere indiscreto, ma come diavolo siete capitata qui?

Mitchell                         - (viene dall'anticamera e guarda i due interrogativamente) Ebbene?

Bill                                - (sorridendo) Ho ammesso di avere agito come un mascalzone, e lei si comporta molto gene­rosamente e sta per perdonarmi.

Mitchell                         - Benone!

Bill                                - E forse, se voi non foste entrato, mi avrebbe anche dato un bacio per mostrarmi che non serba rancore. (Va verso Giannina, le sue maniere sono gentili, ma nei suoi occhi c'è un lampo. Cerca di metterle un braccio intorno alla vita, ma gli manca la pratica) Che ne dite, piccina?

Giannina                       - (respingendolo) Non fate lo sciocco. (Bill ride e si avvicina alla finestra, Giannina prende il vestito e lo mostra a Mitchell) La vostra gover­nante mi ha detto che potevo mettere questo finché non portano la mia roba. Gentile, non è vero? (Stende l'abito sul -piano e indietreggia per ammi­rarlo) L'ha fatto per regalarlo a una sua nipote per Natale. E' proprio carino. (Campanello alla porta).

Bill                                - (scosta una tenda e guarda fuori) Ehi! Una visita! La signorina Havemeyer!

Mitchell                         - Oh, santa pace!

Giannina                       - (ansiosa) Chi è la signorina Havemeyer?

Mitchell                         - Avete parlato con lei ieri sera per tele­fono. E' un'attrice. La mia prima donna.

Bill                                - Ed è anche molto carina. (La signora Early entra dalla cucina per andare ad aprire, Mitchell fissa Giannina riflettendo, chiedendosi come spie­gherà la sua presenza).

Giannina                       - (spaventata) E'' meglio che me ne vada. Non voglio che qualcuno mi veda così. (Si avvia).

Mitchell                         - (trattenendola) Troppo tardi. Vi vedrà mentre salite. (Si sente aprire la porta esterna. Scam­bio di saluti fra la signora Early e Nita. Mitchell spinge Giannina in fretta sulla scala che va nella sua camera) Meglio nascondervi nella mia stanza. (Rac­cogliendo la vestaglia troppo larga, Giannina sale di corsa e scompare mentre Nita entra. Questa è come sempre elegantissima. Ha un abito nero perfetto e un delizioso cappellino anch'esso nero per defe­renza alla defunta signora Mitchell. Nondimeno è un cappellino bizzarro e originale. La signora Early va in cucina).

Nita                               - (avanzando) Salve, tesoro.

Mitchell                         - Buongiorno, Nita, sei affascinante. (Bacio sulla guancia).

Nita                               - Grazie. Ho telefonato ieri sera.

Mitchell                         - Lo so. Me lo hanno detto dopo.

Bill                                - (rivela la sua presenza battendo i tasti del piano) Salve, signorina Havemeyer!

Nita                               - (va a stringergli la mano) Oh, ciao, Bill. Come va? Non vi avevo visto. (Nota l'abito drappeg­giato sul piano).

Mitchell                         - (in fretta) Com'è andata la recita ieri sera?

Nita                               - (avvicinandosi al divano) Benissimo. Il tuo sostituto è ottimo.

Mitchell                         - Davvero? (Guarda Bill poi fa qualche passo) Fa freddo fuori! (Nita, togliendosi i guanti lo guarda) Com'era il tempo a New York? Sei ve­nuta in macchina?

Nita                               - (gentilmente) No, caro. Mi ha portata un piccione viaggiatore. (Prende una sigaretta) Un bel vestito, vero?

Mitchell                         - (finge di non capire e tira fuori i fiam­miferi per accendere) I tuoi vestiti sono sempre molto belli, Nita.

Nita                               - (indicando il piano) Parlo di quello.

Mitchell                         - (si volta a guardare. Ingenuo) Ma guarda! E chi l'avrà lasciato qui? (Bill tranquilla­mente divertito da questo intermezzo fa un movi­mento per prendere il suo cappello. Mitchell va in fretta ad impedirgli di andarsene) Non te ne andare, Bill.

Bill                                - (in anticamera, aria indifferente) Torno più tardi, signor Mitchell. Adesso è meglio che vada. Voi e la signorina Havemeyer avete da parlare.

Mitchell                         - Che sciocchezza, Bill. Non c'è niente da dire.

Nita                               - (intervenendo) Veramente, Preston, il tatto è una qualità così rara nei giovani che non dovresti mai reprimerla. (A Bill, molto cordiale ma legger­mente protettrice) Andate, fate il bravo ragazzo. (E evidente che Mitchell non vorrebbe restar solo con Nita la quale invece desidera una spiegazione).

Mitchell                         - L'ho invitato a colazione, Nita.

Bill                                - Non importa, signor Mitchell. Capisco be­nissimo. Verrò più tardi. (Esce. Mitchell rimane solo con Nita e vedendo che lei non lo guarda, va in fretta al piano, tira l'abito a terra e con un calcio lo butta sotto al pianoforte. Poi torna tranquillamente verso Nita).

Nita                               - (vedendolo avvicinare porge la sigaretta per farsela accendere. Prendendogli la mano) Che hai, caro? Tremi. Perché volevi evitare di restar solo con me?

Mitchell                         - (è andato verso il cantino ed ora si volta) Perché immagino che mi rivolgerai molte domande alle quali non posso ancora rispondere.

Nita                               - (con rimprovero) Non ti ho mai chiesto nulla.

Mitchell                         - (generoso) No. Sei sempre stata molto discreta. Una delle ragioni per cui ti amo.

Nita                               - Sì?

Mitchell                         - Ma le domande mute sono spesso più imbarazzanti di quelle espresse.

Nita                               - Allora, eccone una espressa. Chi mi ha ri­sposto al telefono ieri sera?

Mitchell                         - La signora Early, immagino.

Nita                               - No, caro. Era una ragazza.

Mitchell                         - Ah? Ah, già! già! Non volevo essere disturbato... E c'erano tante cose da fare... ringra­ziamenti per i fiori, eccetera. Mi hanno mandato una ragazza dell'agenzia.

Nita                               - L'agenzia?

Mitchell                         - Sì... agenzia Acme, Great Neck 9138.

Nita                               - (non è ben sicura se gli deve credere) Oh. (Una pausa) Hai ucciso altri gabbiani?

Mitchell                         - No no. Sono l'uomo di un gabbiano solo.

Nita                               - Sento odore di caffè. Mi inviti a colazione?

Mitchell                         - No.

Nita                               - Perché?

Mitchell                         - (sorridendo) Perché non c'è quello che ti piace. Non abbiamo prugne secche in casa.

Nita                               - (dolce) Te ne ricordi! Pensavo tu lo avessi dimenticato.

Mitchell                         - Non dimentico mai nulla. Ricordo le cose carine che mi dicevi e facevi, e cerco di dimenticare tutte le cattiverie. Una delle ragioni per cui tu mi ami.

Nita                               - (lusingata) Caro Preston, ora che... (parla lentamente scegliendo le parole con molto tatto men­tre spegne la sigaretta nel portacenere) ...ora che la tremenda tensione nella quale sei vissuto...

Mitchell                         - (interrompendola) Ricordi che ti ho detto molte volte che preferivo non parlarne?

Nita                               - Sì.

Mitchell                         - Sono ancora della stessa idea.

Nita                               - (carezzevole) Bene, tesoro, ero appunto ve­nuta per farti sapere che...

Mitchell                         - (asciutto) Che c'è ancora una lampada che arde per me alla tua finestra?

Nita                               - (infilando U braccio in quello di lui e avvici­nandosi molto) Sì... ed ho appunto alzato lo stoppino.

Mitchell                         - Uh-huh. Sicché adesso arde di una chiara luce matrimoniale? (Le dà alcuni colpetti sulla mano).

Nita                               - Ed è male?

Mitchell                         - Faresti un cattivo affare, Nita.

Nita                               - Perché?

Mitchell                         - E' molto più facile eliminare una moglie che un'amante. Non sarei un buon marito.

Nita                               - Sei stato un marito meraviglioso per Isabella.

Mitchell                         - (le prende una mano e ci strofina il mento) Un po' infedele, non ti pare?

Nita                               - Ma... la cosa era diversa. E in fin dei conti tu ed io...

Mitchell                         - (con decisione deponendo la mano di lei) Una volta per tutte, lasciamo questo argomento.

Nita                               - Come vuoi, caro. (Si alza e va in centro, poi si volge a lui) Trovo molto borghese da parte tua fare così lo schizzinoso, ma se questo è il tuo modo di pensare... Non parliamone più. (Va al piano. Si mette a suonare).

Mitchell                         - (accende una sigaretta, si alza, si avvicina a lei e mettendo un piede sulla panchetta si curva verso di lei) Sai, tesoro, sei una tale...

Nita                               - (smette di suonare e gli sorride) ...volpe?

Mitchell                         - (baciandola) Mi hai tolto la parola di bocca.

Nita                               - (continua a suonare) Bill sta molto bene, vero?

Mitchell                         - Sì. Considerando che ieri sera ha preso una sbornia, oggi era straordinariamente in forma.

Nita                               - Non mi pareva che avesse bevuto.

Mitchell                         - (levando il piede dalla panchetta) Ep­pure sì. Ieri sera è andato a una riunione... ha bevuto parecchio... e poi ha fatto il galletto con una ragazza. Una cosa proprio fuori di posto: un uomo deve capire istintivamente quando è o non è il caso di fare degli approcci.

Nita                               - (sempre suonando) Ti ricordi questo, Preston?

Mitchell                         - No.

Nita                               - Bugiardo!

Mitchell                         - (si volta a guardarla) Smetti, Nita. Questa musica mi urta il sistema nervoso.

Nita                               - E' inutile, con te non ne faccio mai una giusta, mio caro! (Smette di suonare e si alza venendo verso il centro) Preston... pensi di lasciare questa casa?

Mitchell                         - Non lo so. Può darsi.

Nita                               - (fa qualche passo guardandosi attorno) E'simpatica questa stanza, ma... Perché non la disponi diversamente? Potrei consigliarti.

Mitchell                         - Certo. Qualunque suggerimento sarà bene accetto e probabilmente non seguito. (Siede).

Nita                               - (lusinghevole) Preston...

Mitchell                         - (stanco) Che c'è?

Nita                               - La domanda numero due sta arrivando. So che è stata una gran pena per te, caro. Non provi un senso... di grande liberazione?

Mitchell                         - Non lo so. Forse. Dieci anni possono essere un'eternità e io... certo mi sento sollevato.

Nita                               - (si alza e va verso il camino) Tesoro... se ti dico che anch'io provo una specie di sollievo, non ti sembrerà una cosa di cattivo gusto?

Mitchell                         - Non di cattivo gusto, ma intempestiva. (Posando la sigaretta) Per l'amor di Dio, Nita... E' appena fredda nella tomba. Smetti questo scavare morboso. O almeno aspetta che sia cresciuta un po’ d’erba su quella tomba. Ti prego, non chiedermi altro.

 Nita                              - (vivamente) Non ho mai chiesto nulla! Eppure ne avrei avute delle cose da domandare!

Mitchell                         - Per esempio?

Nita                               - (dolce) Per esempio... (Va al sofà e si ingi­nocchia accanto a lui) Sono stata la sola durante tutti questi anni?

Mitchell                         - Sì. (Una pausa) Sei più contenta sa­pendo che sei stata complice della mia sola infedeltà?

Nita                               - Quando una donna ama un uomo sposato, l'infedeltà di lui verso la moglie di solito non la pre­occupa. Ma ora che sei libero...

Mitchell                         - Libero, ma non tranquillo. (Le prende la mano e la bacia. Entra Wilbur dal fondo. Porta un paio di pesanti valigie che depone sul pavimento con un tonfo).

Wilbur                           - Sono tornato, signor Mitchell. (Vedendo Nita si toglie il berretto) 'Giorno, signorina.

Nita                               - Salve, Wilbur.

Wilbur                           - Ho portato la roba della signorina. Il baule è nel camioncino. (Mitchell si alza e gli va incontro) E' molto pesante. Vuol darmi una mano?

Mitchell                         - (che ha fretta di farlo uscire) A mo­menti. Intanto porta di sopra le valigie.

Wilbur                           - Va bene. (Prende le valigie e comincia a salire la scala. Breve silenzio durante il quale Mit­chell, eccessivamente indifferente, cerca di incontrare lo sguardo di Nita).

Nita                               - (si alza e va verso il piano) Posso chiedere di che signorina si tratta... o preferisci non parlarne?

Mitchell                         - (sorridendo) Veramente lo preferirei. Ma non vedo ora come posso evitarlo. (Nita prende l'abito sotto il pianoforte e lo tiene sospeso) Sì, è suo, o almeno doveva indossarlo. (Va ai piedi della sca­letta che conduce in camera sua e chiama) Giannina. (Pausa) Ehi, Giannina! Venite giù!

Giannina                       - (d, d.) Se n'è andata?

Mitchell                         - (gridando) No, ma muore dalla voglia di conoscervi. (Si appoggia alla piccola ringhiera molto divertito) Stai per vedere questa scaletta dram­matizzata, come il tuo straordinario omino della Ma­dison Avenue non avrebbe mai sognato di fare. (Nita siede a destra del piamo. Giannina fa capolino dalla porta di Mitchell, vedendo Nita vorrebbe ritirarsi. Mitchell, affabilmente) Venite, venite. Non c'è da temere. (Giannina apre completamente e viene sul pianerottolo, indossa ancora la vestaglia. Ha un pic­colo riso nervoso. Mitchell, graziosamente presen­tando) La signorina Havemeyer... la signorina Blake.

Giannina                       - (nervosa) Piacere.

Nita                               - (cortese) Piacere.

Giannina                       - (scendendo) Ho cercato nel vostro ar­madio qualcosa da poter mettere, ma siete troppo alto.

Mitchell                         - State tanto bene vestita così...

Giannina                       - (avvicinandosi al sofà. A Nita) Scom­metto che vi ha detto tutto di me...

Nita                               - (molto affascinante e molto femminile)  Veramente, no. A quanto pare eravate completa­mente scomparsa dalla sua memoria.

Wilbur                           - (rientrando) Vuol darmi una mano, adesso, per il baule, signor Mitchell?

Mitchell                         - Con molto piacere, Wilbur. (Esce in fretta con Wilbur).

Giannina                       - (seguendolo con lo sguardo) E' l'uomo più simpatico che io abbia mai conosciuto. Non è straordinario?

Nita                               - Sicuro.

Giannina                       - Devo essere ridicola con questo accap­patoio. Ma non avevo nulla di mio, qui.

Nita                               - Interessante.

Giannina                       - Scommetto che vi state chiedendo che diavolo faccio qui.

Nita                               - (seccamente) Avete vinto la scommessa.

QUADRO SECONDO

 (Pomeriggio della domenica, cinque giorni dopo. La stanza è in un simpatico disordine. Settimanali illu­strati sono sparsi sul sofà e sul tappeto. Sul piano un gran vaso di rose bianche, all'estremità del piano un grosso flacone avvolto in cellofane con un bel nodo di nastro. Sulla panchetta del piano una sca­tola da cappelli chiusa. Sul tavolino del caffè una grossa scatola di dolci e sulla tavola-consolle dietro al sofà, una coppa piena di rose rosse. Mitchell con­tento, soddisfatto e affabile è seduto sulla poltrona e fuma la pipa. Indossa calzoni da casa e una vec­chia giacca. Sta leggendo. Giannina accovacciata sul sofà è immersa nei giornali. Indossa un abito grazio-sissimo molto semplice. Il caminetto è acceso).

Giannina                       - (abbassando il giornale) Avete visto il giornale d'oggi?

Mitchell                         - Ho guardato le vignette.

Giannina                       - No, voglio dire proprio il giornale. (Seccata) C'è qualche cosa qui... a proposito di noi. Nella colonna mondana. (Si alza e gli mostra il gior­nale) Guardate.

Mitchell                         - (dà appena un'occhiata. Tollerante) Oh, beh. Walter ha sempre bisogno di far delle chiacchiere.

Giannina                       - Non vi secca?

Mitchell                         - Non eccessivamente. Ci sono abituato. (Pausa) Ve l'avevo detto che ci sarebbero stati del pettegolezzi. Vi disturba?

Giannina                       - (sorridendo) Non lo so, (Guardando il giornale) Non avevo mai visto il mio nome stam­pato. Fa una impressione molto strana. (Va a raccogliere altri giornali) Come fanno i giornalisti a sapere tante cose?

Mitchell                         - Immagino che la rosea linguetta della signorina Havemeyer si sarà data molto da fare.

Giannina                       - Siete innamorato di lei?

Mitchell                         - (scanzonato) Pazzamente.

Giannina                       - No, sul serio. Lo siete?

Mitchell                         - Il giornalista dice così. Gli credete, no?

Giannina                       - (continuando a raccogliere ì giornali. Av­vicinandosi al piano su cut posa i giornali, vede la scatola da cappelli) Che cos'è questa?

Mitcheix                        - (voltandosi a guardare) Il cappello più buffo che mai sia stato fatto. L'ho portato a casa ieri sera. (Giannina prende la scatola sorridendo un po' confusa) Avanti, apritela. L'ho comprato per voi.

Giannina                       - (posa la scatola su una sedia. Imbarazzata) Sentite... Non intendo affatto che mi compriate dei cappelli. Assolutamente non voglio.

Mitcheix                        - (voltandosi e allungandosi pigramente) Non fate la sciocca. E' già comprato.

Giannina                       - No, dico davvero. Non è giusto. Perché dovreste...? Mi avete già comprato... (Mitchell si copre il viso col giornale. Giannina glielo toglie) Sta­temi a sentire. Mi avete già comprato un sacco di profumi e dolci e non so che altro, non avrei dovuto accettare neanche quelli. (Lascia cadere il giornale sul tavolino del caffè).

Mitchell                         - (sorridendo) Ma io mi diverto a com­prare cappelli buffi. Potete cominciare a preoccuparvi il giorno in cui mi verrà in mente di comprarvi dei mantelli di visone. (Si toglie gli occhiali).

Giannina                       - (prende gli occhiali e guarda attraverso) Non li pulite mai i vostri occhiali? (Scavalca le sue gambe tese e va a sedere sul sofà) Bill ha assoluta­mente ragione. Dice che nessuno crederebbe che tutto questo è assolutamente platonico.

Mitchell                         - (confidenziale, sorridendo) Detto fra noi, Giannina, credo che Bill sia della stessa opinione.

Giannina                       - (mentre pulisce gli occhiali) Oh, no. Bill no. Vi conosce, e ora conosce anche me.

Mitchell                         - Mah, forse ci sarà il beneficio del dubbio. A proposito, dov'è Bill?

Giannina                       - La signora Early gli sta dando una seconda colazione. (Ride) Quel ragazzo divora come un orco. (Dà a Mitchell gli occhiali) Mangia sem­pre qui?

Mitchell                         - Quasi sempre. Si può dire che è sem­pre vissuto in questa casa da quando ha cominciato a camminare. Vi secca? (Mette gli occhiali in tasca. Non avendo risposta si volge a Giannina) Hmm?

Giannina                       - (che si è appoggiata a un bracciolo del sofà guardando altrove, ora si alza e fa qualche passo) No no. E' un ragazzo simpatico.

Mitchell                         - (scherzando) Fa dei tentativi troppo galanti...

Giannina                       - (prontamente) Oh, per questo li fanno tutti. (Mitchell si volta a guardarla. Giannina con una piccola riverenza) Eccettuati i presenti.

Mitchell                         - Perché non guardate nella scatola?

Giannina                       - (esita un attimo poi va ad aprire la scatola e ne trae un cappellino rosa elegantissimo e bizzarro; con entusiasmo) Dio, com'è carino! Non si è mai visto niente di più delizioso! Dove l'avete trovato?

 (Corre allo specchio del camino, se lo mette e poi si volta per farlo vedere).

Mitchell                         - Vi sta benissimo e vi dà un'aria squi­sitamente infantile.

Giannina                       - Lo so... ma non dovrei accettarlo. Mi pare di essere...

Mitchell                         - (suggerendo) ... una mantenuta? (Va a sedere sul sofà).

Giannina                       - No, sentite, non scherzate. Mi sembra già tanto strano stare qui, accettare la vostra ospita­lità... (Si toglie il cappello e lo posa su una poltrona) E non mi lasciate far niente in cambio. (Va a sedere sulla cassetta della legna) Mi avevate detto che mi assumevate come segretaria, ma non mi avete dettato neanche una lettera da quando sono venuta... con­tinuo a domandarmi perché mi tenete!

Mitchell                         - Sono assolutamente soddisfatto di que­sta sistemazione.

Giannina                       - Davvero? Così com'è?

Mitchell                         - Sicuro.

Giannina                       - Bill dice che siete di animo superlati­vamente nobile, perché state cercando di redimere ai miei occhi il sesso maschile.

Mitchell                         - In che modo?

Giannina                       - Cercando di compensare le mascalzonaggini di tutti gli altri.

Mitchell                         - (ridendo) Quando ve l'ha detto?

Giannina                       - L'altro giorno quando mi avete por­tato quella scatola di dolci... e avete indietreggiato in fretta quando ho cercato di darvi un bacio per ringraziarvi.

Mitchell                         - (pigramente) Provate adesso. Non ho modo di indietreggiare.

Giannina                       - (si alza, gli va vicino e si china sopra di lui. Mitchell le dà due colpetti sulla punta del naso. Andando verso il camino) Non vi capisco.

Mitchell                         - (si alza. Va vicino a lui) E' Bill che vi confonde la testa. Non sono affatto di animo così nobile... (Si appoggia alla mensola con una mano, vicinissimo a lei in modo da renderle quasi impos­sibile muoversi) ... proprio per niente. (Dall'antica­mera entra Bill. Li vede e si raschia rumorosamente la gola. Mitchell leggermente imbarazzato si scosta e va lentamente verso il piano. Prende il giornale e va a sedere su una poltrona).

Bill                                - (venendo sul davanti) Dovrebbe esserci una legge contro le frittelle di questa donna. Ne ho man­giate dieci.

Giannina                       - Lo credo, mangione.

Bill                                - Calma, bambina. Non mi mordete! (Volge lo sguardo da lei a lui) Oh... avevo torto. Fa piut­tosto freddo qui. (Giannina facendogli cenno di ta­cere, gli indica Mitchell) Volete far due passi? E' una bella giornata fuori. Vi farebbe bene.

Giannina                       - (con sollievo) Ma sì. Con piacere.

Bill                                - (si alza contento, va verso l'anticamera) Non avete neanche bisogno del mantello. E' primavera.

Giannina                       - (lancia uno sguardo a Mitckell che finge di essere sprofondato nel giornale. Gli si avvicina alquanto dubbiosa) Vi dispiace, signor Mitchell?

Mitchell                         - Che cosa?

Giannina                       - (semplice) Se Bill ed io andiamo a fare due passi?

Mitchell                         - (freddamente, abbassando il giornale) Figliuola mia, non avete alcun obbligo di chiedere il mio permesso per andare a far una passeggiata o qualunque altra cosa che vi faccia piacere. (Alza di nuovo il giornale).

Giannina                       - (è sconcertata dal suo tono sgarbato) Lo so, signor Mitchell, ma credevo...

Mitchell                         - (la interrompe abbassando di nuovo un giornale) Credo che se voi vi comportate sempre ricordando quali sono realmente i nostri rapporti, questi verrebbero ad essere semplificati.

Giannina                       - (lo guarda stupita. Poi calma) Credo che sarebbe ancora più semplice se io facessi le mie valigie e me ne andassi.

Bill                                - (si è stretto nelle spalle ed è lievemente imba­razzato. Dopo le parole di Giannina, interviene calmo anche lui) Mi pare, signor Mitchell, che abbia ragione.

Mitchell                         - (balza in piedi rabbioso) Tu che c'entri?

Bill                                - Dio mio, signor Mitchell, volevo soltanto...

Mitchell                         - (rimpiangendo il proprio scatto) Scu­sami, Bill. Dio sa che non ho proprio nessun desi­derio di litigare con te. (Passa fra loro due) Certo non è sempre facile... capirmi.

Bill                                - Non importa, signor Mitchell. Comprendo benissimo e sono certo che anche Giannina si rende conto...

Giannina                       - E' naturale. Siete ancora amareggiato... e comprendo anch'io il vostro stato d'animo.

Mitchell                         - (urtato) Vi ho già detto che non ho bisogno di condoglianze. (Sbatte il giornale sulla tavola e fa qualche passo).

Giannina                       - Lo so, signor Mitchell, ma sono passati così pochi giorni dal funerale di vostra moglie...

Mitchell                         - (bruscamente) Vi scandalizzereste mol­to se vi dicessi che sarebbero più indicate le congra­tulazioni che le condoglianze? Ora sentirete quello che nessuno al mondo ha saputo da me: la verità. La verità sulla mia cara defunta moglie. (A Bill) Neanche tu sapevi molto di lei, è vero, Bill?

Bill                                - So soltanto che è stata ammalata molti anni.

Mitchell                         - Sì. Nove anni lunghi ed amari. Lun­ghi per lei e terribilmente amari per me. (Evidente­mente prova una specie di selvaggio sollievo rivelando per la prima volta la verità).

Giannina                       - (lo osserva sbigottita e affascinata) Soffriva molto?

Mitchell                         - Non particolarmente. (Tetro) Ma io sì.

Giannina                       - Non sarebbe meglio non parlarne?

Mitchell                         - Al contrario. E' un sollievo liberarmi una buona volta.

Bill                                - Perbacco! (Siede su una poltrona) Siete riu­scito ad ingannarci tutti.

Mitchell                         - Grazie.

Giannina                       - Non la amavate affatto?

Mitchell                         - Dieci anni fa la amavo profondamente. Tu sei venuto alle nostre nozze, Bill. Te ne ricordi?

Bill                                - Sì.

Giannina                       - (semplicemente) E non vi pare che sia una grande crudeltà smettere di amare una persona perché è inferma?

Mitchell                         - Non era ammalata. Fu mezza sfracel­lata in uno scontro di automobili.

Giannina                       - (guarda Bill il quale accenna di sì) Mi pare che sia lo stesso, no?

Mitchell                         - Non sempre. E lei fuggiva col suo amante. Lui morì sul colpo. Lei ha sofferto nove anni. (Va verso il sofà, si appoggia al bracciolo. A Giannina) Non è molto grazioso il modo come ve lo sto raccontando, ma me lo avete strappato di dentro.

Giannina                       - (seria) Sì.

Mitchell                         - (il suo tono va diventando sempre più cinico) Forse ora, Giannina, capirete perché si crede che io sia un uomo profondamente colpito dal dolore. (Passa dietro la tavola e va verso il centro) Ho avuto più repliche de « La via del Tabacco». Si­curo! Andate ad ascoltare Preston Mitchell nel doloroso dramma di un cuore umano che si intitola « Noblesse oblige:».

Giannina                       - Che significa?

Mitchell                         - E' una frase francese. E significa che ; non si può divorziare da una moglie infedele quandoil destino si immischia nella faccenda e ne fa una storia, proprio quando sta per consumare la sua infedeltà. (Indica i fiori) Significa che si mandano i fiori al funerale del suo amante perché nessuno, nemmeno la servitù, possa sospettare qualche cosa. Significa stracciare il biglietto che era stato lasciato sul caminetto... credetelo o no, lo lasciò proprio la sopra...! (Amaro) Tre righe glaciali scarabocchiate in fretta.! Diceva che era stufa di me e se ne andava con lui,! e dovevo farle il piacere di non ostacolare il divorzio perché non voleva intralciare la carriera di lui. Era l'attor giovane... ed era anche molto cane. (Fa una pausa e fissa la scala che va al piano superiore) Ei così, quando l'hanno riportata su una barella, il marito ha fatto quel che ha potuto per lei, in ricordo del suo antico amore e perché era una donna paralizzata e finita. «Noblesse oblige» che significa diventare per nove anni quello che voi disprezzati…. Giannina. Un ipocrita. (Cammina per la scena) Significa lasciare che gli amici vi acclamino come un monumento di cristiana bontà e devozione, mentre siete stato pieno di odio e di amarezza e non vedete l'ora che muoia. (Si appoggia alla mensola del camino col viso volto altrove. Bill si alza. Passa dietro al piano e va sul davanti a sinistra) E quando la notte ero sveglio ed ascoltavo i gabbiani che stridevano, un simpatico pensiero veniva a consolarmi: dicevo a me stesso che ero nobile e generoso... ma non c'era altra alternativa. (Si volta -e li guarda) Non c'era altro da fare finché era viva. Un attore... un uomo in vista... La verità, cioè che lei stava fuggendo con l'attor gio­vane, avrebbe fatto più danno alla mia reputazione che a quella di lui: una pubblicità deplorevole. E invece l'aureola mi stava talmente bene!

Giannina                       - Oh, basta! Detesto sentirvi dire queste brutte cose!

Mitchell                         - (con bonomia) E va bene. Non dirò altro. Ma allora rimanete qui senza fare tante storie.

Giannina                       - (si alza e gli si avvicina) Davvero? Desiderate proprio che rimanga?

Mitchell                         - Certamente.

Giannina                       - (lungo sguardo grave) E... «noblesse oblige »?

Mitchell                         - Il corso di recite è terminato col fune­rale... finalmente. Non mi pare di avere altri ob­blighi. Ho recitato ottimamente per tutto questo tempo. E finalmente, almeno voi e Bill sapete tutto. (Campanello alla porta).

Bill                                - (va alla finestra e guarda) Oh... è la mamma.

Mitchell                         - Bene, facciamola entrare.

Bill                                - Signor Mitchell, ha ancora quell'espressione, sapete? Da tanti giorni...

Mitchell                         - (sorridendo) Non importa. Ho affron­tato tante volte delle espressioni...

Bill                                - Beh, vi ho avvertito. (Va in anticamera per aprire e per qualche istante rimane invisibile).

Giannina                       - (nervosamente) Non sarà meglio che io sparisca?

Mitchell                         - Niente affatto. Non vi muovete.

Bill                                - (d. d.) Ciao, mammetta! (Breve pausa. Poi ridendo) Bada che ti sentono! Vieni avanti. (Entra dall'anticamera la signora Tremaine seguita da Bill. Ha la stessa pelliccia malandata ma un altro abitò).

Mitchell                         - Buon giorno, Margherita.

La signora Tremaine     - Buongiorno, Preston. (Scende i due gradini e viene avanti).

Giannina                       - (cortese) Riverisco, signora Tremaine.

La signora Tremaine     - (scarsamente gentile e con voce scarsamente percettibile) Buongiorno.

Mitchell                         - (andandole incontro) Come state? E' quasi una settimana che non vi vedo e non vi sento. La signora

Tremaine                       - (a denti stretti) Vi stu­pisce?

Mitchell                         - (asciutto) Non mi stupirebbe da parte di molti dei miei amici, ma da parte vostra, un po­chino. (Bill e Giannina, tutti e due molto a disagio, scambiano occhiate eloquenti. Bill si avvia verso l'an­ticamera).

La signora Tremaine     - Non potrei parlare un momento da sola con voi, Preston?

Mitchell                         - (divertito, guarda Ì due giovani) Perché no? (Giannina sta per raggiungere Bill).

Bill                                - Venite, Giannina. Andiamo in biblioteca e guardiamo qualche bel libro. (Escono).

Mitchell                         - Sono alla vostra mercè... Margherita... (La signora va a sedere sul sofà) Quando siete pronta, sparate pure.

La signora Tremaine     - Non vi capisco. Non so come fate a scherzare su tutto. Non sapete che cosa dice la gente?

Mitchell                         - Lo immagino.

La signora Tremaine     - E non ve ne importa?

Mitchell                         - Francamente, Margherita, non me ne importa nulla.

La signora Tremaine     - Ma, non vi pare che do­vreste, per un riguardo alla santa memoria di Isa­bella... occuparvi di quel che dice la gente?

Mitchell                         - (pensieroso) Credete che l'ospitalità e la cordialità possano offendere la sua memoria?

La signora Tremaine Ma... (Vede il cappellino sulla poltrona, si alza e va a prenderlo) Ospitalità! Andiamo, via, Preston!

Mitchell                         - Sì, va bene. Le 'ho comprato un cap­pellino stravagante. Lei non voleva accettarlo... ma io mi sono divertito a comprarlo. A molti uomini non piace spendere per le donne. A me sì.

La signora Tremaine     - Non scherzate su questo!

Mitchell                         - Per l'amor di Dio, Margherita! Cre­dete proprio che io vada a letto con quella ragazza? (La signora si irrigidisce. Mitchell nota che sta guar­dando il cappello. Irritato fa scricchiolare i denti) E smettetela di guardare quel cappello! Il cartellino del prezzo è stato tolto in bottega. La signora

Tremaine                       - (tornando a sedere sia sofà) Sentite, Preston... quando uno comincia a comprare abiti per le donne...

Mitchell                         - Permettete, Margherita. Mi spiace do-vervelo ricordare: ma qualche anno fa vi ho regalato per Natale quella pelliccia che avete addosso. Sono diventato il vostro amante per questo?

La signora Tremaine     - Che c'entra! Non è lo stesso! Siete stato sempre così buono e generoso con tutti noi...

Mitchell                         - E allora, perché non posso essere buono e generoso anche con lei? Giannina è sola al mondo. Non vi ha raccontato Bill? La signora

Tremaine                       - (con riluttanza) Sì. E mi pare che abbia anche molta simpatia per la ragazza. Ma in fin dei conti, Preston, non potete prendervela con la gente se trova... che la cosa è un po' strana.

Mitchell                         - Io non me la preciso con nessuno. Pensino un po' quello che vogliono.

La signora Tremaine     - E non credete che forse vi state affezionando troppo a questa figliuola"?

Mitchell                         - No. Neanche per sogno. Non dite stupidaggini.

La signora Tremaine     - Ne abbiamo parlato molto con Enrico, e tutti e due abbiamo l'impressione...

Mitchell                         - Che mi sto innamorando di lei?

La signora Tremaine     - No. Che se ne sta inna­morando Bill.

Mitchell                         - Credete?

La signora Tremaine     - Mah... mi sembra. E vor­rei sapere, è una brava ragazza?

Mitchell                         - Molto. Se voi ed Enrico vi decideste a superare la vostra stupida ostilità e veniste qui spesso come avete sempre fatto, ve ne accorgereste. (Il telefono squilla. Mitchell va a rispondere. Intanto la signora Tremaine vede la scatola di dolci e ne prende uno. Mitchell al telefono) Sì, sono io... sì, Giannina, prendo la comunicazione. (Vede che la si­gnora Tremarne sta mangiando il dolce) Ma sì, Mar­gherita. Le ho comprato anche quelli. Non sono con­taminati: non possono farvi male. (Ride. La signora Tremaine posa il dolce. Mitchell al telefono) Pronto? Sì, pronto, Nita. Sì sì... Sì, sono alzato da un pezzo... Perché no? Venite addirittura a pranzo... Ma sì, ve­stitevi. A Giannina piace mettersi in toletta... Va bene, ci vediamo più tardi. (Mentre riattacca) Sapete, Margherita, la mia anima è immortale e la mia mo­ralità è oggetto di intense ricerche da parte di tutti.

La signora Tremaine     - Parlerò con Bill. Dav­vero: credete che la ragazza sia adatta per lui?

Mitchell                         - - Io sono il suo padrino, il suo guar­diano. Non chiedetelo a me, parlate con lui. (Va verso destra e chiama) Bill! (La signora Tremaine va al piano e prende il flacone avvolto nel cellofane).

Bill                                - (d. d.) Che c'è?

Mitchell                         - Tua madre ti vuole. (Si volta e vede la signora che esamina il flacone. Le va dietro in punta di piedi) Sali da bagno. (Torna verso il ca­mino. La signora si affretta a posare il flacone).

Bill                                - (entra trascinandosi dietro Giannina) Ve­nite, Giannina, non abbiate paura. Non credo che vi mangerà... (Guardando sua madre) Oh, sì, forse.

Giannina                       - Siete insopportabile, Bill.

La signora Tremaine     - Sarà meglio che vada a casa a occuparmi del pranzo. Accompagnami, Bill! Non lo tratterrò molto. (Va in anticamera).

Bill                                - (a Giannina) Vi telefonerò più tardi. La signora

Tremaine                       - (d. d.) Vieni, Bill!

Bill                                - Eccomi. (Esce. Dopo un momento sì sente chiudere la porta).

Giannina                       - (venendo avanti) Suppongo che la si­gnora Tremaine crede ancora...

Mitchell                         - Supponete il giusto. Ma non ve ne curate.

Giannina                       - (mettendo il coperchio sulla cappelliera) Eppure, mi pare che potrebbe essere molto gen-tile, se volesse. (Guardando Mitchell) Ma è tutta mal pensante la gente?

Mitchell                         - Nel suo caso, la linea di demarcazione fra il pensar male e la preoccupazione materna, è  infinitamente sottile.

Giannina                       - (fa qualche passo con la cappelliera in mano) Preoccupazione materna?

Mitchell                         - Oh, non nei miei riguardi. Pensa a Bill... che anche lui è esposto al vostro fascino invincibile.

Giannina                       - Che sciocchezze. (Pausa) Che voleva la signorina Havemeyer?

Mitchell                         - Niente di speciale. Le ho detto di venire a pranzo. Vi secca?

Giannina                       - No, no. La trovo molto divertente... e anche molto attraente. Spero di conservare una figura come la sua quando avrò la sua età.

Mitchell                         - (sorridendo) Tutto merito del busto.

Giannina                       - Sì, sì, lo credo.

Mitchell                         - E' anche una buona attrice.

Giannina                       - Me l'hanno detto.

Mitchell                         - Non l'avete mai sentita recitare?

Giannina                       - Non vado mai a teatro.

Mitchell                         - E, a differenza di me, ha fatto anche parecchi films.

Giannina                       - Davvero? Mi devono essere sfuggiti. Che specie di parti fa?

Mitchell                         - Fa le parti di donna elegante, volubile, fatale... Di solito, V«altra donna»...

Giannina                       - E voi perché non avete mai fatto un film?

Mitchell                         - Le luci della ribalta sono più favorevoli della macchina fotografica. E non ho voglia di essere «l'altro uomo». (Suona il telefono).

Giannina                       - (si alza. Va verso il telefono posando la cappelliera sul sofà) Volete che risponda io?

Mitchell                         - Sì, se vi fa piacere.

Giannina                       - Ma... pensavo che fosse di nuovo la vostra preziosa signorina Havemeyer.

Mitchell                         - Oh là là!

Giannina                       - (al telefono) Casa del signor Mitchell… (Ride) Oh, Bill! Non avete perso molto tempo!... Come?... Aspettate un momento che gli domando. (Mette la mano sul microfono) Che ne direste di far venire Bill stasera a pranzo?

Mitchell                         - Per me...

Giannina                       - Dal momento che viene la signorina Havemeyer e che parlerete tutta la sera di teatro...! Bill potrebbe... non so, equilibrare... E' divertente.

Mitchell                         - Sì, sì.

Giannina                       - Allora, volete invitarlo?

Mitchell                         - Certo verrà più volentieri se lo invi­tate voi. (Dal suo modo di fare si vede che non è  troppo contento).

Giannina                       - (se ne rende conto) Forse avete ragione. (Al telefono) Bill, il signor Mitchell dice... (Ride) Sì, ha detto proprio così... Come? Che vestito? (Occhiata a Mitchell, poi riprende) Perché volete che metta proprio quello? (Ride. Mitchell sbatte sul piano il libro che aveva preso in mano, Giannina smette di ridere) Siete insopportabile... Ma sì, va bene. A rive­derci. (Sorride a Mitchell) Dice che verrà molto volentieri. (Riattacca e viene verso U camino).

Mitchell                         - Bene. (Con indifferenza) State diven­tando molto amica di Bill, vero?

Giannina                       - Sì, molto. E' simpatico. (Fa ondeggiare H cappello sulla punta delle dita) Ora andrò un poco in camera mia... Avete sentito? In camera mia! Vo­levo dire la camera degli ospiti. (Si avvia e sale i due gradini) Avvertitemi quando viene Bill.

Mitchell                         - Volete che il suo arrivo sia annunciato con ventun colpi di cannone?

Giannina                       - Perché no?

Mitchell                         - (andando verso la scala) Credo bene avvertirvi, Giannina, che Bill è capacissimo di farvi una corte spietata senza darvi maggior importanza di quella che ne dareste voi se quel cappello vi ca­desse di mano.

Giannina                       - (sorridendo) Succede a tutte le ragazze, signor Mitchell, di lasciar cadere, in un certo mo­mento, quello che hanno in mano... (Corre su per le scale e scompare. Un attimo dopo il cappellino rosa cade dall'alto ondeggiando. Mitchell lo segue con lo sguardo. E' preoccupato).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO PRIMO

(Lo stesso giorno subito dopo pranzo. Il fuoco arde nel camino, è la sola luce dell'ambiente. Si sentono risate dalla sala da pranzo. Wilbur, tenendo un vas­soio d'argento col servizio da caffè e liquori, è rigido davanti alla tavola del caffè che è coperta di libri e riviste).

Wilbur                           - Marta! Marta!

Early                             - (d. d.) Eccomi! (Entra dal fondo a destra. Va a girare l'interruttore e la scena si illumina. Viene direttamente dalla cucina e il suo grembiule non è molto pulito) Avanti, posalo, quel vassoio! Wilbur /(guardando la tavola ingombra) Fammi un po' di posto. Non ho mica tre mani. (Dentro si sente ancora ridere. La signora Early sgombra il ta­volo e Wilbur posa il vassoio).

Early                             - (posando i libri sulla consolle) E' piaciuto il soufflé?

Wilbur                           - Lo hanno mangiato.

Early                             - Sì, ma non hanno detto niente?

Wilbur                           - No.

Early                             - (brontolando) Tanto, non me lo diresti. (Si dà da fare per la stanza).

Wilbur                           - (ripulendo il caminetto) Io debbo ser­vire, non chiacchierare. (Con un cenno della testa) Torna in cucina.

Early                             - (siede sul divano vuotando i portacenere pic­coli in uno grande) Quella cucina non è costruita bene: non si vede e non si sente niente.

Wilbur                           - Meno male.

Early                             - Dammi la sua pipa. (Wilbur prende la pipa di Mitchell e gliela porge) Di', credi che ne sposerà una?

Wilbur                           - Certo che non le può sposare tutte e due,

Early                             - Come stanno a tavola?

Wilbur                           - Seduti.

Early                             - (si alza) Mi fai rabbia. Chi è di faccia al signor Mitchell, al posto della padrona di casa?

Wilbur                           - Bill.

Earxy                            - (delusa) Ah! (Guarda la tavola del caffè) Chi sa chi delle due lo servirà?

Wilbur                           - (spingendola) Fatti vedere qui in giro con quel grembiule sporco e poi sentirai. Stanno ve­nendo. (Si ferma vicino all'arco in attesa del gruppo. La signora Early si leva in fretta il grembiule sporco. Va a tirare le tende della finestra a sinistra. Dall'an­ticamera entrano Bill, Nita e Giannina. Nita ha un elegantissimo abito da pranzo. Anche Giannina è in toletta. Ma meno lussuosa e più rivelatrice. Presu­mibilmente è l'abito di cui Bill le parlava al telefono. Entrano insieme, ascoltando Bill che conclude un aneddoto. Wilbur esce da destra).

Nita                               - (ridendo va a prendere una sigaretta dalla sca­tola sul piano) E' divertente, Bill, ma Frank Fay la racconta meglio. (Bill le accende la sigaretta).

Giannina                       - Frank Fay? (La signora Early dopo aver rassettato qualche cosa si avvia per uscire).

Bill                                - (alla signora Early) Un magnifico pranzo, signora Early. Ho mangiato tre porzioni di ogni pie­tanza.

Eapxy                            - Molto gentile.

Nita                               - Proprio delizioso.

Early                             - Grazie, signorina. (Mitchell entra dal fon­do. Early prima di uscire) Il caffè è bollente, signor Mitchell.

Mitchell                         - Grazie. Buona notte, signora Early. Non occorre altro. (Va a sedere).

Early                             - Buona notte. (Esce).

Giannina                       - Chi è Frank Fay?

Bill                                - E' quello che fa la parte principale in « Harvey ».

Giannina                       - Ah, è un attore.

Nita                               - (andando a sedere) Ah... è un attore! L'avete detto come se gli attori non vi piacessero.

Giannina                       - (gentile) Ne conosco pochi, ma quei pochi li ho trovati molto simpatici.

Nita                               - (a Mitchell) Fate un inchino, caro. (Siede sul bracciolo della poltrona di Mitchell).

Giannina                       - Sono contenta che Wilbur abbia acceso un bel fuoco. Fa freddo, stasera.

Nita                               - Eh, con quell'abito non mi stupisce.

Bill                                - A me piace molto, quel vestito.

Nita                               - Anche a me. E' molto carino.

Giannina                       - E' il solo abito veramente grazioso che posseggo. Vi sembra troppo ardito, signor Mitchell?

Mitchell                         - (sì alza. Passa davanti al sofà) Dal mo­mento che me lo domandate, vi dirò che l'aggressi­vità di un abito femminile nasconde quasi sempre la fragile resistenza di chi l'indossa. (Siede sul sofà),

Nita                               - (ridendo) Sei straordinario, Preston. E' una battuta di « Il profondo mare azzurro » di Rattigan. L'abbiamo recitata nel 39.

Mitchell                         - (senza scomporsi) Che vuoi, per noi attori non si riesce più a sapere quando le parole sono veramente nostre o sono delle commedie che recitiamo. Ad ogni modo, una battuta perfettamente appropriata. Tante grazie a Terence Rattigan.

Nita                               - (ricordando) Era bella quella commedia.

Mitchell                         - Il secondo atto valeva meno degli altri.

Bill                                - Adesso continuano per delle vie, Giannina. Sono attori. Una volta imbroccata la strada della ri­balta, anche a parole, tutto è finito.

Giannina                       - Che ora è, adesso?

Bill                                - Le undici passate.

Nita                               - Scusatemi. (Sorridendo dolcemente a Mit­chell) Dimenticavo che la tua piccola Giannina non si interessa al teatro. (Mitchell posa l'attizzatoio).

Bill                                - (allegramente) Che ne è di quel caffè che ci è stato annunciato? (Siede su una poltrona).

Mitchell                         - Eccolo. (Versa il caffè e distribuisce le tazze. Solo Giannina rifiuta. Sorseggiano in si­lenzio).

Bill                                - (posando la tazza) Signor Mitchell, c'è il fuoco acceso nella sala del biliardo?

Mitchell                         - Prima di pranzo c'era un bel fuoco.

Bill                                - (alzandosi) Benone. Venite, Giannina. Vi sfido a boccette. (Con un sorriso disarmante, va verso l'anticamera) Sono sicuro che i grandi desiderano rimaner soli. (Giannina si alza ed esce).

Nita                               - Sai che è proprio graziosa, la tua piccola Giannina?

Mitchell                         - (stizzito, si alza. Passa dietro alla tavola del caffè e va a sedere sulla poltrona in centro) Ti sarei grato se non la indicassi sempre come « la mia piccola Giannina», sottolineando cerne se fosse scritto in corsivo. E' inutile, da parte tua.

Nita                               - Ma... siccome sei tu che la mantieni...

Mitchell                         - Sì. La mantengo. Come vuoi. (Molto sgarbato) Ma per l'amor di Dio, non parliamone più.

Nita                               - (dolce) Non essere sgarbato. Se non ne hai nessun compenso, non sfogare la tua delusione sopra di me.

Mitchell                         - Non sono affatto deluso.

Nita                               - (interrompendolo) Non ti renderà mai felice. E mi sembra anche che Bill sia molto in con­fidenza con lei.

Mitchell                         - Che cosa te lo fa credere?

Nita                               - Vedo che è qui continuamente...

Mitchell                         - E' sempre venuto in questa casa, in tutte le ore.

Nita                               - Ormai è un giovanotto. (Posa il portacipria, sorridendo) Durante il pranzo le premeva il piede molto teneramente sotto il tavolo.

Mitchell                         - Come lo sai?

Nita                               - Ho lasciato cadere il tovagliolo appunto per guardare. E sono rimasta sorpresa. Ti confesso che mi aspettavo che fossi tu a fare «piedino » con lei...

Mitchell                         - (con un gesto dì fastidio si alza. Fa qual­che passo) Per carità, Nita, quante volte ti debbo dire che il mio sentimento per quella ragazza è... pu­ramente paterno. Ti assicuro che non l'ho mai neanche baciata.

Nita                               - Perché no? Sono certa che non proteste­rebbe. (Tutti e due camminano per la scena),

Mitchell                         - Tu non conosci le circostanze. Mi sento costretto...

Nita                               - Ad agire cavallerescamente? Dev'essere una cosa molto fastidiosa. Io mi irriterei moltissimo se fossi trattata come un nipotina dodicenne.

Mitchell                         - Invece pare che lei ne sia contenta.

Nita                               - (pensosa si appoggia al piano) Ne son per­suasa al 99 e mezzo per cento.

Mitchell                         - Per l'altro mezzo hai ancora dei dubbi?

Nita                               - (suona il campanello della porta. Mitchell si agita inquieto) Bill l'ha baciata?

Mitchell                         - (irritato, andando verso di lei) Come diavolo vuoi che lo sappia?

Nita                               - Ritenevo che tu fossi al corrente di tutti i suoi segretucci di giovinetta.

Wilbur                           - (d. d.) 'Sera, signora Tremaine.

La signora Tremaine     - (d. d. un po' affannata) Buona sera, Wilbur. (Entra. Wilbur la segue, poi va in cucina).

Mitchell                         - Salve, Margherita.

La signora Tremaine     - Oh, scusate la mia irruzione, Preston, ma...

Nita                               - (smette di suonare. Molto gentile) Buona! sera, signora Tremaine.

La signora Tremaine     - Buona sera. (Avanza versoi Mitchell). Non vi avrei disturbato se avessi saputo che avevate gente...

Mitchell                         - Ma vi pare!

La signora Tremaine     - E' accaduta una cosa noiosissima. Stavo scaldando il letto con la coperta elettrica, quando c'è stato un piccolo schianto e tutta casa è al buio. Deve essersi fulminata una valvola e ho pensato che Bill potrebbe... (Si guarda attorno vagamente. Nita sorridendo va alla poltrona a del piano e siede).

Mitchell                         - Ora lo chiamo. (Va in anticamera e chiama) Bill!

Bill                                - (d. d.) Eccomi!

Mitchell                         - C'è tua madre che ti vuole.

Bill                                - (d. d.) Vengo subito. (Voce seccata).

Mitchell                         - (tornando) Accomodatevi, Margherita,

La signora Tremaine     - No, no, torno a casa su­bito. Ho lasciato la porta aperta. E poi sono preoccu­pata per quella coperta. Mi pareva che mandasse uno strano odore. (Entra Bill seguito da Giannina. Ha in mano una stecca da biliardo che appoggia su una poltrona).

Bill                                - Salute, mammetta. (Avanzando, agli altri) Dio, come sono bravo! Ho fatto diciassette punti di seguito e quasi senza fare imbrogli.

La signora Tremaine     - Bill, devi venire subito a casa.

Bill                                - Perché? Che è successo?

Nita                               - Pare che vostra madre abbia fatto saltare una valvola.

La signora Tremaine     - Sì, tutta la casa è al buio. Ed io...

Bill                                - Perché non hai cambiato la valvola? Sai be­nissimo dove sono quelle di riserva...

La signora Tremaine     - No, non lo so.

Bill                                - Sì che lo sai. La scatola è dietro aia ghiac­ciaia.

La signora Tremaine     - Già... ma ho paura. Una volta ci ho trovato un topo...

Bill                                - Oh, santa pazienza! E non potevi dirlo a papà?

Giannina                       - (sedendo) Bill, non fate tante storie! Andate a casa con lei e cambiate la valvola.

Bill                                - Se ci vado, venite anche voi fino a casa?

Giannina                       - E va bene.

Bill                                - (abbracciando sua madre) Però, pare impossi­bile! Ogni volta che papà esce, mamma o brucia una valvola, o inonda la casa o qualche altra cosa del ge­nere; poi grida chiamando aiuto. (Alla madre) Come hai fatto tutto il tempo che io sono stato via al di là dei mari?

Giannina                       - (con rimprovero) Forse guardava una carta geografica e pregava Dio che voi tornaste a casa. La signora

Tremaine                       - (a Giannina con gratitudine) Grazie.

Bill                                - (serio) Sarà stato proprio così. Beh, andiamo.

La signora Tremaine     - Vado avanti, Bill. Mi pare di ricordarmi dove sono le candele. Buon notte, Preston, e grazie. Buona notte, signorina Havemeyer. (A Giannina) Non vi saluto... tanto venite con Bill. (Correndo fuori) Mi dispiace di aver disturbato tutti. Fa' presto, Bill, per favore. (Esce. Le ultime frasi sono state dette fuori scena mentre usciva).

Bill                                - Certo non troverà le candele. Avete una pila tascabile, signor Mitchell?

Mitchell                         - Sì, ce n'è una in dispensa. Vengo a dartela.

Bill                                - Meno male. (Escono e vanno in cucina. Giannina si alza seguendoli con lo sguardo. Anche Nita si alza e fa qualche passo),

Nita                               - Credo, Giannina, di dovervi delle scuse. Sono stata un po' maligna, stasera. Non è nelle mie abitudini.

Giannina                       - Veramente, non credo sia una cosa molto insolita.

Nita                               - Non siete tanto ingenua, come sembra.

Giannina                       - A paragone vostro, forse sono molto ingenua... ma non sono stupida!

Nita                               - No, no, tutt'altro. Per lo meno, pare sap­piate bene da che parte è imburrato il vostro pane.

Giannina                       - Alludete al signor Mitchell?

Nita                               - Sì, soltanto vi piace mettere il burro da tutte e due le parti.

Giannina                       - Alludete a Bill?

Nita                               - Sì. Avete il rosso delle labbra un pochino sbavato, cara.

Giannina                       - Giustissimo: Bill mi ha baciata.

Nita                               - E' stato piacevole?

Giannina                       - Sì... proprio piacevole.

Nita                               - Mia cara... se dobbiamo fare una gara di-malignità, tengo ad avvertirvi che sono imbattibile.

Mitchell                         - (è apparso in anticamera durante l'ultima parie della battuta di Nita. Ora viene avanti) Questa è una battuta di « Circostanze attenuanti »... L'abbiamo recitata nel '43. (Siede sulla poltrona in centro).

Bill                                - (appare in anticamera portando la pila tascabile, A Giannina) Eccomi, bimba. Andiamo.

Giannina                       - (avviandosi) Prendete il mio mantello, Bill, è lì nell'armadio.

Bill                                - (eseguisce e poi l'aiuta a indossare il mantello) Grazie mille. Signor Mitchell... ci vediamo più tardi.

Giannina                       - Dov'è il vostro pastrano, Bill?

Bill                                - Non ne avevo.

Giannina                       - (tirandogli su il colletto della giacca) Ma perché? Fa tanto freddo fuori...

Bill                                - Macché freddo! E poi, sono solo pochi passi. (Sono andati. Mitchell li ha seguiti con lo sguardo, mentre Nita è andata a mettersi accanto al camino).

Nita                               - Non essere tanto preoccupato, caro. Sono andati semplicemente a cambiare una valvola. (Mit­chell la guarda) Mi piace Bill. E' un caro ragazzo.

Mitchell                         - Sì. Un po' egoista.

Nita                               - Sono una bella coppia.

Mitchell                         - Uh-huh.

Nita                               - Non ti pare?

Mitchell                         - Non so. Non ho mai pensato di con­siderarli come coppia.

Nita                               - (va al tavolino e versa del caffè) E' meglio che cominci a pensarci. Si legge in faccia a tutti e due che sono innamorati uno dell'altro... E poi me lo ha detto lei.

Mitchell                         - (sorride) Confidenze?

Nita                               - (guardandolo) Sì. M'è sembrata anche una cosa carina. Caffè?

Mitchell                         - No, grazie.

Nita                               - Povera piccola! (Siede sul sofà tenendo la-tazza) E' tanto turbata...

Mitchell                         - Davvero? Perché?

Nita                               - Ma sei cieco, tesoro? Non lo vedi come si dibatte nell'incertezza. Innamorata come è di Bill...

Mitchell                         - Non vedo la ragione di essere turbata o incerta.

Nita                               - Ma sì! Per te! E' confusa, dolente... perché si sente talmente grata...

Mitchell                         - (subitaneo impeto di collera) Se la gente la finisse di parlare di questa gratitudine! Gra­titudine! Chi vuole la gratitudine? La ragazza non mi deve un accidente. Almeno ho sentito qualche risata in casa mia invece del grido lugubre di quei malinconici gabbiani.

Nita                               - (tranquilla) Non ci sono gabbiani nella 63a strada e io ho sempre riso delle tue spiritosaggini. Anche quando erano vecchie.

Mitchell                         - Mi stai facendo una domanda di ma­trimonio?

Nita                               - Precisamente. E non ti offro la più piccola traccia di gratitudine. Debbo anzi dire che mi hai trattata abbastanza male. (Una pausa) Preston... non sei mai stato molto felice in questa casa. Perché non la vendi?

Mitchell                         - (pensieroso) Non lo so. Forse farei bene. Giannina dice che è una bella casa.

Nita                               - Benissimo. Regalala a lei e a Bill come dono di nozze.

Mitchell                         - Vuoi scherzare?

Nita                               - No. So che ti piace essere generoso.

Mitchell                         - C’é una piccola differenza fra com­prare un cappellino bizzarro per una ragazza e rega­larle una proprietà.

Nita                               - Un cappello? Che cappello?

Mitchell                         - (imbarazzato) Le ho comprato un cap­pellino.

Nita                               - (incredula) Forse quello che abbiamo vi­sto insieme nella vetrina di Carnegie?

Mitchell                         - Beh, tanto non ti stava bene...

Nita                               - Ma questo è peggio di un adulterio!

Mitchell                         - E che cosa ti fa pensare che deside­rino sposarsi?

Nita                               - Se lei non ha ancora detto di sì, è solo per un riguardo a te. La sua riconoscenza...

Mitchell                         - (interrompendola) Non ne ho chiesta.

Nita                               - Dio mio, non è possibile non averne, dopo tutto quel che hai fatto per lei! (Posa la tazza) E sono sicura che le avrai fatto sapere quanto ti piace sentire per casa il ticchettio dei suoi piedini e la sua risata giovanile. Mi sembra una figliuola molto sem­plice e sensibile. E certo si sente dilaniata fra il suo amore per Bill e il suo sentimento di lealtà e grati­tudine verso di te.

Mitchell                         - (desolato) Non sai quello che dici.

Nita                               - (senza badargli) E continuerà a sentirsi dilaniata e incerta, mentre tu continuerai ad essere così... così... (decisamente crudele) stupidamente ge­neroso.

Mitchell                         - (si alza e va verso il piano) Non mi fa piacere ammetterlo... ma può darsi che tu abbia ragione.

Nita                               - Certo, ho ragione.

Mitchell                         - (appoggiandosi al piano) E che dia­volo posso fare?

Nita                               - Per carità, Preston! Non sei un attore?

Mitchell                         - E con questo?

Nita                               - Ebbene... recita! (Si alza e va verso destra) Suscita in lei tanta antipatia quanto ne ha lei per me.

Mitchell                         - Proprio tanta?

Nita                               - (si ferma e si volge) Sì... proprio tanta. Scendi dal piedistallo. Falle vedere che l’idolo ha i piedi d'argilla.

Mitchell                         - Senti... se tu smettessi di fare delle stupide osservazioni e mi dicessi invece che cosa...

Nita                               - Ma come, Preston, c'è bisogno che te lo insegni io? Invece di fare l'eroe, fatti vedere volgare, non so... un individuo diverso... Perché non la ac­cusi di avere una relazione con Bill?

Mitchell                         - Vai avanti.

Nita                               - Ricordati tutte le più ignobili battute di ; certe commedie artificiose e buttagliele in faccia, Tanto lei non capirà. Dille che non vuoi che la tua I casa sia trasformata in una casa di appuntamenti.!

Mitchell                         - Un po' troppo forte, no?

Nita                               - No. Se trovi il momento buono e non esageri... Dille che non è neanche capace di fare lai dattilografa. Dille qualunque cosa immagini che! possa ferirla. Dille che ti costa un patrimonio dì regali - come quel cappello - e che non ricevi nulla in cambio... e che sei stufo di essere sfruttato. Puoi farlo benissimo, sai. Hai già tanto ascendente sul quella ragazza! Puoi perfino piangere, se per caso! ne hai voglia... Ma è preferibile che tu non ne abbia voglia. Spacca qualche cosa. Getta qualche oggetto in terra. Non c'è che la violenza per spaventa un'ingenua.

Mitchell                         - Già... potrebbe funzionare.

Nita                               - E giacché ti trovi, mi piacerebbe anche che tu mettessi i puntini sugli « i » per quello che riguarda noi.

Mitchell                         - E’ così carina che mi dispiace met­terla a contatto con tante cose.

Nita                               - Oh, caro, ti sei comportato proprio come un adolescente, in tutta questa faccenda. (Siede sul sofà).

Mitcheix                        - Mi troveresti meno... adolescente, se avessi tentato di sedurla?

Nita                               - Molto meno. E infinitamente più sano.

Mitcheix                        - E che cosa ti fa credere che non avrebbe resistito?

Nita                               - Non sarebbe la prima donna che si dà ad un uomo per pietà... in una serata fredda. (Si sente aprire e richiudere la porta d!ingresso. Giannina en­tra. Getta il mantello su una poltrona nel vestibolo e viene davanti al camino).

Giannina                       - (con un brivido) Brr! Come fa freddo fuori! Comincia a nevicare ed io sono tutta gelata. (Si scalda le mani alla fiamma).

Mitcheix                        - Dov'è Bill?

Giannina                       - Non è riuscito a trovare la valvola.

Nita                               - Non erano dietro la ghiacciaia?

Giannina                       - Ad ogni modo, gli ho detto di restare con sua madre. Era molto seccato.

Nita                               - Nevica molto?

Giannina                       - No. Ha appena incominciato. Ma credo che aumenterà. Ho chiuso il finestrino della vostra macchina. Lo avevate lasciato aperto.

Nita                               - Forse farò meglio ad avviarmi. Non mi piace guidare la macchina quando la strada è vi­schiosa.

Mitcheix                        - Vuoi passare la notte qui?

Nita                               - (lo guarda. Poi guarda Giannina) Mah... sì... non è una brutta idea...

Mitcheix                        - Sono sicuro che Giannina non avrà difficoltà ad ospitarti nel secondo letto della sua camera.

Nita                               - Lo credo che ne sei sicuro!

Mitcheix                        - Può anche prestarti un pigiama.

Nita                               - Tesoro... lo sai che porto sempre camicie da notte.

Mitcheix                        - Non ne so niente, io. (Si scosta).

Nita                               - Ma sì, che lo sai. Ho ancora quella camicia di pizzo nero che mi comprasti a Chicago... quella col fiocco azzurro.

Giannina                       - Veramente, non posso prestarvi né ca­micie, né pigiama. Dormo nuda.

Nita                               - Come siete sincera! (Rabbiosa) Insomma, Preston è così ospitale... ma detesto disturbare la gente... (Guardando Giannina) Creerebbe una tal confusione... meglio no. (Va in anticamera. Mitchell la segue e prende la sua pelliccia nell'armadio) Ho anche appuntamento domattina col parrucchiere, e se non sono puntuale mi sgrida.

Mitchell                         - (aiutandola) Non potrei dargli torto.

Nita                               - (a Giannina) Buona notte, cara.

Giannina                       - Buona notte, signorina Havemeyer!

Nita                               - Dio, come fa freddo! (A Mitchell) Non farle prendere un raffreddore, col tuo vizio di ti­rarti sempre le coperte. (Avviandosi) Grazie per la bella serata... Ci vediamo domani a teatro.

Mitchell                         - (seguendola fuori) Certamente.

Nita                               - (d. d.) Buona notte, tesoro.

Mitchell                         - (d. d.) Buona notte, Nita. (Velenoso) Stai attenta nel guidare. (Rientra e va a spegnere la lampada da pavimento e quella da parete. A Gian­nina) Ancora freddo?

Giannina                       - Ora no. Devo mettere un altro pezzo di legna?

Mitchell                         - Troppo tardi.

Giannina                       - Perché avete lasciato andar via la si­gnorina Havemeyer con quell'ultima frase?

Mitchell                         - Perché è un'attrice. Ha sempre bi­sogno di fare un'uscita ad effetto. Ma non parliamo di Nita.

Giannina                       - Scommetto che lei ha parlato di me.

Mitchell                         - Ho imposto anche a lei di tacere.

Giannina                       - Ha obbedito?

Mitchell                         - Sì. Ha imparato la virtù dell'obbe­dienza.

Giannina                       - Io no. La sposerete?

Mitchell                         - Ne dubito.

Giannina                       - Non lo desiderate?

Mitchell                         - Non lo so.

Giannina                       - Ma lei lo desidera. Ne ha una voglia matta.

Mitchell                         - Intuizione femminile?

Giannina                       - No. Ho parlato con Wilbur. Gli ho detto: « Credete che la signorina Havemeyer de­sideri di sposare il signor Mitchell? ». Mi ha risposto di sì. (Si sorridono) Vi dà fastidio se rimango un po' qui a sedere con voi?

Mitchell                         - No. (Giannina siede a terra ai suoi piedi e lo guarda alzando' il capo).

Giannina                       - Perché la vostra stanza è separata dal resto della casa?

Mitchell                         - Isabella aveva il sonno leggero. Quan­do tornavo tardi dal teatro la disturbavo. Perciò feci costruire quest'altra camera.

Giannina                       - (dolce e molto sincera) Credo che siate l'uomo più buono, più fine, più premuroso che io abbia mai conosciuto. (Sì curva a baciargli la ma­no. Istintivamente Mitchell la ritrae. Spiaciuta) Scu­sate. Volevo soltanto... avete fatto tanto per me...

Mitchell                         - (rigido) E' tardi. E' meglio andare a letto. (Cerca di alzarsi, ma Giannina seduta davanti a luì glielo impedisce).

Giannina                       - Siete in collera con me per qualche cosa?

Mitchell                         - No di certo.

Giannina                       - In collera perché vi ho baciato la mano?

Mitchell                         - Ma no, non sono in collera. Finitela.

Giannina                       - Mi spiace vedervi così sconvolto. Siete stato talmente buono con me che non so che cosa non farei per voi. Qualunque cosa! (Mitchell rimane immobile per un attimo. Poi balza in piedi violente­mente respingendola e si avvia alla sua camera) Non ve ne andate, signor Mitchell! Che è successo?

Mitchell                         - (si volta a guardarla) Andate a letto! (Comincia a salire),

Giannina                       - (si alza, corre a raggiungerlo sul primo pianerottolo) Non mi guardate così! Vi prego! Che cosa ho fatto? Sapete che non vorrei offendervi per nessuna cosa al mondo: né per amore né per denaro.

Mitchell                         - (davanti alla sua porta) Allora vi darò un consiglio: non offritevi mai ad un uomo se non per amore o per denaro. E' il solo modo di salvare il suo orgoglio.

Giannina                       - (salendo un gradino) Perché dovreste salvare il vostro orgoglio a spese del mio?

Mitchell                         - (aprendo la porta) Compassione e gratitudine non servono, Giannina. A volte la pas­sione è un fac-simile ragionevole. Ma la compassione mai.

Giannina                       - (comincia a piangere) E perché mi avete pregata di rimanere qui da principio? Non era per compassione? E non sapete che anche a me la pietà non piace? (Ridiscende il gradino con la testa voltata altrove e singhiozzando. Si sente la por­ta d'ingresso aprirsi e richiudersi).

Bill                                - (d. d.) Aveva proprio fulminato una val­vola! Ma ho aggiustato tutto e sono tornato! (Entra e vede Giannina che piange) Che c'è? Che è suc­cesso? (Va verso la scala).

Giannina                       - Niente.

Bill                                - (guarda Mitchell. Burbero) Perché piange?

Mitchell                         - Che diavolo vuoi che ne sappia? Buo­na notte! (Bill corre sul pianerottolo e prende Gian­nina fra le braccia. Mitchell vede e se ne va in ca­mera sua).

Bill                                - (confortandola) Non piangere, pupa. Non piangere. (Cerca di baciarla).

Giannina                       - (ritraendosi) Non cercate di baciarmi. Non risolverebbe nulla.

Bill                                - Che è successo. Forse lui ha cercato di...

Giannina                       - (subito, ma ancora piangendo) Non è successo niente. E' stato un perfetto gentiluomo. (Irritata) Andatevene. E' tardi. Andate a casa. Vi prego.

Bill                                - (rigirandola in modo da averla di fronte) Sentite... se vi rende infelice... se fa qualche tenta­tivo con voi... lo ammazzo

Giannina                       - Oh, Bill! L'esercito vi ha reso certo ardito e coraggioso... ma intelligente no davvero.

 QUADRO SECONDO

(La sera seguente, tardi. Mezzanotte è passata da parecchio. Il chiarore lunare penetra attraverso le finestre. Bill è seduto all'angolo del tavolino del caffè e mescola un mazzo di carte. Dopo qualche momento entra Wilbur dalla cucina portando un vassoio che posa sul tavolino del caffè. Vi sono dm tazze da caffè e un piatto coperto).

Bill                                - La signorina Giannina è ancora in cucina?

Wilbur                           - Sì.

Bill                                - Che sta a fare tanto tempo?

Wilbur                           - Prepara il caffè per il signor Mitchell come piace a lui. (Trae l'orologio, accentuando) Si sta facendo tardi!

Bill                                - E allora perché non andate a letto, Wilbur?

Wilbur                           - Giovanotto, non faccia l'impertinente con me!

Bill                                - Vorreste dire che dovrei io andarmene a casa?

Wilbur                           - Sì.

Bill                                - Con che treno arriva il signor Mitchell?

Wilbur                           - Non è andato col treno... Ha preso un macchina. (Entra Giannina dalla cucina con una caffettiera di terraglia piena di caffè. Indossa un grazioso abito da casa di taffetà chiuso da una cerniera lampo) Desidera altro, signorina Giannina?

Giannina                       - No, Wilbur, grazie. Grazie per essere rimasto alzato fino a quest'ora. (Va a posare la caffettiera sul tavolino).

Wilbur                           - Buona notte, signorina. (Via dal fondo a destra).

Bill                                - Venite, Giannina. Facciamo un'altra partita.

Giannina                       - (raccoglie le carte e il segnapunti e va a posare tutto nella mensola del camino) Noi Basta ramino per questa sera. Andatevene a letto

Bill                                - (si alza. Va verso di lei) Perché tanta fretti di liberarvi di me?

Giannina                       - (cordiale) Fretta! Siete qui dalle dunque... Ed è l'uria passata.

Bill                                - Oramai arriverà da un momento all'altro! Voglio parlare con lui.

Giannina                       - Di che?

Bill                                - Di ieri sera. Voglio sapere perché stavate piangendo quando io sono tornato.

Giannina                       - Non sono affari vostri. Non può piangere una ragazza?

Bill                                - (prendendole le mani) Non quando è il mia ragazza. E non senza che io sappia la ragione

Giannina                       - (svincolandosi) Sentite, Bill... io non sono la vostra ragazza.

Bill                                - (osservando il svio abito) Carino quest'abito da casa... un altro regalo del signor Mitchell?

Giannina                       - No. Compro da me i miei vestiti

Bill                                - Compresi i cappelli.

Giannina                       - Ma sì... gli ho permesso di regalarmi quel cappello.

Bill                                - E dove stabilite il punto che delimita... certi rapporti?

Giannina                       - Credete quel che vi pare. In realtà, anche se quest'abito è stato, in fondo, pagato col suo denaro, io lo considero come lo stipendio della mia prima settimana. Mi dà 75 dollari per setti­mana... e fino ad oggi credo di avere scritto cinque lettere per lui. (Le indica sulla mensola).

Bill                                - Un magnifico impiego, a poterlo trovare!

Giannina                       - (violenta, stuzzicandolo) Sì, un ma­gnifico impiego. (Prende la scatola di dolci sul ca­minetto e torna verso Bill) E mi colma di un'infinità di regalucci: profumi, dolci, calze... (Gli offre la scatola) Servitevi. (Siede sul sofà).

Bill                                - - No, grazie. Sicuro, piacerebbe anche a me uno stipendio di 75 dollari per settimana. (Siede ac­canto a lei) Potrei comperarmi anch'io qualche abito nuovo.

Giannina                       - Non è nuovo questo che avete ad­dosso?

Bill                                - No. E' uno dei suoi. Me ne ha dato un paio quando sono stato smobilitato. Sembra nuovo, è vero... ma è sempre roba usata. (Si sporge e af­ferra un volante dell'abito' di lei) E voi non siete la sua figlioccia. (Prende un dolce).

Giannina                       - No... non ho proprio nessun diritto.

Bill                                - E contate di rimanere qui per tutta la vita? (Lascia cadere il dolce, senza averlo toccato, mi portacenere).

Giannina                       - Non lo so. Non ci ho pensato.

Bill                                - Quando avrete deciso, me lo farete sapere.

Giannina                       - Inutile, Bill.

Bill                                - Ma sì... visto che ci sposeremo...

Giannina                       - (dolce) No, Bill. (Richiude la sca­tola) Non torniamo su questo discorso.

Bill                                - Cambierete idea quando lui avrà sposato Nita.

Giannina                       - Chi dice che la sposerà? (Mette la scatola sul 'tavolino del caffè).

Bill                                - Lei.

Giannina                       - E non deve esser d'accordo anche lui?

Bill                                - La sposerà. Ne sono sicuro. E farebbe bene a sposarsi... (Guarda l'orologio) Tardi, no? Forse resterà in città...

Giannina                       - No. Verrà a casa. (Allunga il brac­cio dietro al sofà per prendere il telefono, lo posa accanto a sé sul sofà).

Bill                                - La signorina Havemeyer ha un bell'ap­partamento proprio vicino al teatro.

Giannina                       - Ah sì? (Stacca il ricevitore).

Bill                                - Telefonate al teatro per sapere a che ora è uscito,

Giannina                       - No. Telefono per sapere l'ora esatta.

Bill                                - (mostrandole il proprio orologio da polso)   L'una e un quarto. Il mio orologio va sempre bene.

Giannina                       - (riattaccando) Speriamo che non gli sia accaduto nulla.

Bill                                - (rimettendo il telefono sul tavolino) Io ho l'idea che sia rimasto in città.

Giannina                       - Io no.

Bill                                - Perché? In fin dei conti è un uomo...

Giannina                       - Sì... Ma è molto gentile. Avrebbe telefonato.

Bill                                - Perché? Non siete mica sua moglie?

Giannina                       - Sa che lo aspetto sempre alzata. Gli fa piacere rimanere un poco a discorrere.

Bill                                - (canzonatorio) Non è una cosa carina?

Giannina                       - (alzandosi) Perché non ve ne andate a casa, Bill? Mi avete seccata. (Va a mettere la scatola sul camino).

Bill                                - Scusate. Dico delle cose antipatiche e villane perché non posso farne a meno. (Si alza. Cammina) Vorrei... vorrei poter distruggere questa vostra pazzesca e malsana devozione... (Le si avvi­cina) Che il diavolo mi porti, sono innamorato di voi. Non lo vedete?

Giannina                       - (grave) Sì. E mi dispiace di avervelo permesso. Civetteria. Non dovevo.

Bill                                - Perché?

Giannina                       - Perché non vi amo, Bill. E mi di­spiace di avervi incoraggiato.

Bill                                - Non potevate impedirmi di innamorarmi...

Giannina                       - Oh sì! Bastava che vi lasciassi cre­dere quello che credono tutti gli altri... e la vostra fiamma si sarebbe spenta.

Bill                                - (l'afferra per le spalle e la rigira verso di sé) Sentite, piccola... non sono assolutamente certo se mi avete detto la verità, anche adesso, e se men­tite per lealtà verso di lui. Ma in tutti i casi, non me ne importa nulla, capite? Proprio nulla.

Giannina                       - (scostandosi con un gesto di disgusto) Oh, che schifo! Avete fatto presto a modificare le vostre impressioni sulla roba usata!

Bill                                - No, Giannina... non volevo dir questo.

Giannina                       - (si volge a lui) Sì, volevate proprio dirlo... e questa è una delle molte ragioni per le quali non vi sposerei mai.

Bill                                - Perdonatemi. Sinceramente devo confes­sare... sì, sono geloso. (Prorompe violento andando verso il sofà) Perché quell'uomo non esce dalla nostra vita? Lo odio a morte!

Giannina                       - (irritata, andando verso il sofà) Come osate dire una cosa simile! Col bene che vi vuole!

Bill                                - (voltandosi) Lo so... e gliene ho sempre voluto tanto anch'io. (Amaramente) Voi avete rovi­nato tutto questo... completamente rovinato, (Nel silenzio che segue si sente una chiave che gira nella serratura della porta d'ingresso, la quale viene aperta e richiusa).

Giannina                       - Ora vi prego, Bill... andatevene a casa.

Mitchell                         - (d. d.) 'Sera. (Appare in anticamera. Pastrano e cappello. Ma in mano un pacchetto).

Giannina                       - (andandogli incontro) Salve.

Bill                                - Oh, salute. Ci stavamo chiedendo che cosa poteva avervi fatto fare così tardi...

Mitcheix                        - (togliendosi il pastrano che mette su una sedia in anticamera) Non credo che il mio ritardo sia riuscito sgradito. (Guarda Bill te­nendo ancora in mano il pacchetto) Hai fatto compagnia a Giannina?

Bill                                - Huhuh. Abbiamo fatto qualche partita a ramino. Chiacchierato. Lasciarla qui sola fino ad un'ora così avanzata... Non ho voluto.

Mitcheix                        - Nessuna legge la obbliga a rima­nere alzata se non le fa piacere.

Giannina                       - Siete stanco, vero?

Mitchell                         - No. Per nulla.

Giannina                       - (quasi materna) Vado a prendervi le vostre pillole di vitamina. (Esce da destra. Mitchell le lancia un'occhiata dura poi va a posare il pacco su una poltrona in centro e va a sedere sul sofà).

Bill                                - Vi ho aspettato perché volevo parlarvi.

Mitchell                         - Ora no. Ho altre cose da pensare.

Bill                                - No, signor Mitchell. Proprio ora.

Mitchell                         - (freddo) E avanti. Fuori. Di che vuoi parlare?

Bill                                - Di Giannina.

Mitchell                         - E perché vuoi parlarne con me? Non sei stato con lei tutta la sera? Non l'hai avuta tutta per te?

Bill                                - Sono stato con lei, sì; ma non l'ho avuta per me. Lei non pensa che a voi.

Mitchell                         - Continua.

Bill                                - (andando davanti al sofà) Sono inna­morato di lei. (Siede sul sofà) Come un pazzo.

Mitchell                         - E perché lo dici a me? Dillo a lei. E' libera, sola e maggiorenne.

Bill                                - Gliel'ho detto molte volte. Ma volevo dirlo anche a voi.

Mitcheix                        - Non sono cieco.

Bill                                - Credo che se ne siano accorti tutti. Non posso nasconderlo. E' così... così cara... Una ra­gazza straordinaria, signor Mitchell... e vi è tanto grata per tutto...

Mitcheix                        - (scoppio di collera) Ah no, non cominciare anche tu con la sua gratitudine!

Bill                                - Ma non si può non parlarne... (Alzan­dosi) E' quella che ostacola ogni cosa. (Una pausa).

Mitchell                         - (si alza. Fa due passi. Poi si volge a Bill) Hai chiesto a Giannina di sposarti?

Bill                                - Sì... non più di dieci minuti fa.

Mitcheix                        - E allora? Che ti ha risposto?

Bill                                - Ha detto di sì. (Va in fretta verso Mitchell) Oh, lo negherà se glielo chiedete, ma ha detto di sì. Mi ama, capite? E fra noi tutto è semplicissimo e senza complicazioni. Non c'è la seccatura della gratitudine. Siamo innamorati... e che il diavolo si porti tutti quanti! Questo è il modo in cui debbono andare le cose.

Mitchell                         - Bene, non ti eccitare.

Bull                               - Sentite... siamo sinceri. Forse voi non vorrete ammetterlo... ma la desideriamo tutti e due. Io vorrei sposarla. E voi?

Mitchell                         - Visto che lei ha già fatto la sua scelta...

Bill                                - (volgendosi altrove) Perché mi sento una canaglia, signor Mitchell. Ecco perché. E Dio sa... (Entra Giannina col flacone delle pillole che posa sulla radio. Bill la vede e volta le spalle a Mitchell) Scusatemi, signor Mitchell.

Mitcheix                        - (a Bill) Fuori dalla mia casa!

Bill                                - Come?

Mitchell                         - Hai capito benissimo. Fuori, ti ho detto. Vai all'inferno!

Giannina                       - (trasecolata) Ma signor Mitchell...

(Va verso Bill).

Mitchell                         - Voi non c'entrate.

Giannina                       - (spingendo Bill in anticamera) E’ meglio che andiate, Bill. (Scompaiono verso la porta d'ingresso).

Mitchell                         - (seguendoli) Sì, e non disturbatevi a tornare! Sono stufo di vedere che si abusa della mia ospitalità in un modo così vergognoso!

Bill                                - (d. d.) Ma che diamine ha? (Mitchell si guarda rapidamente attorno. Poi va a prendere alcuni libri sulla consolle e li mette sulla estremità della tavola. Poi si affretta al camino e si volge dì faccia al vestibolo dove Giannina deve riapparire. Prende una posa irritata con le braccia incrociate. Giannina, rientra, sconcertata e stupita).

Mitchell                         - Gentile, lui, a rimanere a farvi compagnia. Molto commovente.

Giannina                       - Siete irritato perché avete trovato qui Bill?

Mitchell                         - Mi sto abituando a trovarlo qui sempre. A tutte le ore.

Giannina                       - Siete stanco, non è vero?

Mitchell                         - Niente affatto.

Giannina                       - Meno male. (Gli sorride).

Mitchell                         - Forse non sono nel fiore della giovinezza come Bill... ma non sono ancora tanto decrepito che una recita, anche di lunedì sera, basti a buttarmi a terra. (Va a guardarsi nello specchio) Sì, ho l'aria stanca, ma non lo sono.

(Torna verso il sofà).

Giannina                       - (vedendo il pacco sulla poltrona lo prende) Che cos'è?

Mitchell                         - (sedendo sul sofà) Per una volta tanto, è qualcosa per me. Lozione per la se volete saperlo.

Giannina                       - Scusate. Non volevo essere indi­screta. E' incartato come un profumo e credevo..,

Mitchell                         - Mi pare di avervi comprato parec­chi profumi... O non sono abbastanza?

Giannina                       - (posa il pacchetto sul tavolino) Sì, Più che abbastanza. (Siede e alza il coperchio del piatto) Volete un sandwich?

Mitchell                         - No, grazie. Ho mangiato qualche cosa dopo la recita.

Giannina                       - Ah... siete andato da Sardi?

Mitchell                         - No... sono stato in casa della signo­rina Havemeyer. Vi interessa?

Giannina                       - Perché siete così sgarbato?

Mitchell                         - E voi perché così ingenua? (Gian­nina emette un piccolo suono dì protesta. Si alza e va verso sinistra) Un abito nuovo?

Giannina                       - Sì. Per casa.

Mitchell                         - Non ve lo avevo mai visto.

Giannina                       - Me lo hanno portato oggi. Grazioso, vero? C'è la cerniera lampo da cima a fondo.

Mitchell                         - (brutalmente) Molto comodo.

Giannina                       - (lo guarda) Sì. (Siede sulla poltrona in centro)

Mitchell                         - Bill vi ha aiutata a chiuderla, la lampo?

Giannina                       - (divertita) Non dite sciocchezze... è troppo goffo. (Mitchell si batte una mano sul gi­nocchio con irritazione. Si alza e va al caminetto) Che c'è, signor Mitchell?

Mitchell                         - (volgendosi a lei) Sentite... di quello che fate con Bill o con chiunque altro, non me ne importa nulla... ma mi seccherebbe e non poco se la mia diventasse una casa di appuntamenti. Ma mi dà noia essere sfruttato e fare la figura dell'imbecille. Nita aveva ragione.

Giannina                       - In che cosa?

Mitchell                         - Ha sempre detto che ero stato uno stupido a tenervi qui con me. (Risata sardonica) Frase infelice. Siete stata voi che avete tenuto me... E Nita ha visto chiaramente nel vostro giuoco.

Giannina                       - Davvero?

Mitchell                         - Sì. Ma essendo donna, ha creduto, logicamente, che in compenso della mia genero­sità mi sarebbero state fatte delle concessioni. (Torna al caminetto) Avete scritto quelle lettere come vi ho pregato?

Giannina                       - Sì. Sono dietro al candeliere.

Mitchell                         - (va a prenderle) Che idea, metterle lì dietro! (Aguzza gli occhi per leggere).

Giannina                       - Non vi sforzate gli occhi. Prendete gli occhiali.

Mitchell                         - (le dà un'occhiata poi tira fuori gli occhiali, se li mette e legge) Santo Dio, non sapete neanche l'ortografia! Ufficio postale sono due parole. (Sbatte le lettere irritato).

Giannina                       - (chinando la testa) Perdonatemi.

Mitchell                         - (rimette gli occhiali in tasca) Avrei dovuto immaginare che capacità lavorativa e abiti con chiusura lampo vanno raramente d'accordo. E dire che eravate così restia all'idea di vivere qui. (Si appoggia al tavolino dietro al sofà) Ho perfino dovuto inventare un impiego di segretaria per vincere i vostri scrupoli di ragazza per bene. Santo Dio! Devo proprio farmi visitare da un alienista. (Dà un colpo alla fila di libri sbattendoli a terra. Poi va verso il piano sempre tenendo le lettere) Beh, perché non dite niente?

Giannina                       - (durante tutta la battuta ha tenuto il viso volto altrove) Non posso.

Mitchell                         - Ma sì, piangete... piangete. Io sono fatto apposta per far piangere la gente. Vero?

Giannina                       - Sì. (Siede su una poltrona).

Mitchell                         - (strappando le lettere) Beh... è stata una lezioncina che mi è costata un po' cara e senza dubbio voi e il vostro amante l'avrete tro­vata molto divertente. Ma mi sta bene. Ecco! (Scaglia i brandelli delle lettere in aria al di sopra del capo di lei; poi va verso il fondo e nel passare prende un pesante portacenere sul tavolino e lo scaraventa a terra senza soffermarsi mentre va verso la scala) Riterrò un grande favore se avrete la bontà di non farvi più trovare qui demani mat­tina, quando io scendo. E portatevi via tutto. (Sale la scala e si appoggia alla ringhiera) Potete di­sporre di tutto quello che è infisso alle pareti. (Fa per aprire la porta della sua stanza).

Giannina                       - (incapace di dominarsi più a lungo scoppia in una risata) Oh, caro, come recitate male!

Mitchell                         - (afferrandosi alla ringhiera. La guarda incredulo) Che avete detto?

Giannina                       - Che siete un pessimo attore. Spero che sulla scena siate migliore. Francamente, non vi siete mostrato affatto convincente! Volevate ren­dervi odioso, non è vero?

Mitchell                         - (è ridisceso lentamente) Che ne ca­pite voi di recitazione? Non avete mai messo il naso in un teatro.

Giannina                       - Questa era l'idea, non è vero? Farvi odiare e spingermi, piangente e amareggiata, nelle braccia di Bill... senza rimpianti. Questo era il programma, vero?

Mitchell                         - (un po' imbarazzato) Ma... ecco... un'idea di Nita.

Giannina                       - (andando a sedere sul sofà) Lo sa­pevo! Lo sapevo! Ma sul serio, mio caro, avete recitato malissimo. Tanto da accorgermene per­fino io.

Mitchell                         - (andando verso il sofà) Non capisco come avete potuto...

Giannina                       - (confortandolo) Sono sicura che sul palcoscenico recitate meglio. Voglio dire... sì... l'in­tonazione era buona... anche quel gesto di buttar le lettere... ma quello che avete detto! Non dovete dimenticare che quando recitate una commedia le battute sono scritte da uno che ne ha la pratica. Perciò sono sicura che le dite meglio.

Mitchell                         - Accidenti! (Siede sul sofà) Davvero, sono stato proprio cane!

Giannina                       - Ma avete creduto davvero che quelle frasi brutali potessero cancellare tutto quello che avete fatto per me?

Mitchell                         - Credevo di farvi rabbrividire. No?

Giannina                       - Neanche l'ombra del brivido.

Mitchell                         - C'erano tante altre cose che avrei potuto dire...

Giannina                       - (scusandosi) Lo so... vi ho interrotto troppo presto... Mi dispiace.

Mitchell                         - (si alza e cammina) Già. Il male è che... ho cominciato su una nota falsa. Nita non ne capisce niente. Sì, ora mi rendo conto. Non era abbastanza sottile. Dovevo arrivarci a poco a poco. O forse avrei dovuto cominciare con qualche tentativo galante.

Giannina                       - Sì... sarebbe stato molto meglio.

Mitchell                         - Sicuro... Avrei dovuto fare proprio così. Un ottimo effetto. (Cita una battuta di una vecchia commedia) « Se potete essere un giocattolo fra le mani di un altro uomo... perché sfuggire il mio contatto?». (Va verso di lei illustrando) Poi afferrarvi, baciarvi violentemente e respingervi co­me se mi sentissi disgustato.

Giannina                       - Terribile! Questo avviene nelle com­medie?

Mitchell                         - (va ad appoggiarsi al piano) Sì, av­viene. Ma in teatro tutto è logico perché è pre­parato da un altro: l'autore.

Giannina                       - Vi adoro.

Mitchell                         - (gravemente) Bill vi ha chiesto sta­sera di sposarlo. Mi ha detto che avete risposto di sì.

Giannina                       - (calma) Ha mentito.

Mitchell                         - Ha detto che eravate molto turbata.

Giannina                       - Non sono mai stata turbata per lui. Lo ero per voi... (Si è alzata e gli si è avvicinata. Lo circonda con le braccia) Ma ora non più.

Mitchell                         - Ora sono io ad essere turbato.

Giannina                       - Perché siete uno sciocchino. (Lo ba­cia sulla bocca) Ancora turbato? (Lo bacia ancora. Mitchell la abbraccia e ricambia i baci con fervore; Giannina scosta la testa e gli ripulisce dall'angolo della bocca le tracce del rossetto) Questa non è compassione. Mi auguro molto che tu te ne sia accorto.

Mitchell                         - Giannina... ma ho quindici anni più di te.

Giannina                       - Venti. L'ho già guardato nel «Di­zionario delle celebrità».

Mitchell                         - (volge la testa altrove. Stancamente) E va bene. Venti.

Giannina                       - Benissimo, così quando ne avrai cento, io ne avrò solo ottanta. Terribile, no? (A un tratto) Senti, a proposito di Bill, ma davvero eri pronto ad abbandonare il campo per lui?

Mitchell                         - (esitando) Perché facevo mentalmente i conti, ed anche a rubarne cinque su venti, erano troppi lo stesso.

Giannina                       - Erano. Adesso non trovi che siano! più troppi.

Mitchell                         - Mi sembrano meno, ecco tutto, Credevo che tu fossi davvero innamorata di Bill. Può capitare.

Giannina                       - Certo, può capitare. Ma per fortuna non è capitato a me. (Spingendo il ginocchio che lui ha accavallato' sull'altro) Ma sì! Perché non] mi fai posto? Cosa credi che stia a fare qui m piedi? (Siede sulle sue ginocchia).

Mitchell                         - Dispotica. (Giannina balza in piedi e si inginocchia vicino a lui sul sofà. Il telefono squilla. Mitchell stende il braccio dietro il som Prende l'apparecchio e lo posa accanto a sé. Stacca il ricevitore) Pronto! (A Giannina) Intercomunale. Sarà Nita.

Giannina                       - (cercando di prendere il ricevitore) Oh... lascia che le parli io.

Mitchell                         - (scostandola) Sta' ferma! (Al tela fono) Pronto?... Sì... oh, pronto, Nita... Sì, soni arrivato benissimo a casa... No, non ero ancori addormentato... Sono a Ietto, sto leggendo... (Giannina gli sta strofinando il naso sull'orecchio) Che diavolo... non ho avuto la possibilità di... E' andata! a letto anche lei... Eh?... Come?...

Giannina                       - (gli strappa il ricevitore) Preston, se devi parlare con quella donna... almeno non tirarti tutte le coperte! Sono nuda. (Mitchell le strappa il ricevitore e lo riattacca).

FINE