Ordine e matrimonio

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ORDINE E MATRIMONIO

Atto unico

di ALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

LUI

LEI

Commedia formattata da

 (La scena: una camera da letto composta da pochi elementi che devono evitare di dare un'atmosfera realistica. Un letto nel quale sta riposando Lei. Su di un carrello boccette, flaconi, scatole di me­dicinali, ovatta, garza, ecc. Per terra una bombola di ossigeno. Accanto al letto una sedia bassa dalla spalliera altissima. In un angolo un cavallo da palestra con sella e staffe. A una parete un grande ritratto di un uomo in uniforme. Su di un'altra parete due spade incrociate o delle vecchie pistole. Lui è un uomo sulla cinquantina, alto e secco. Indossa un abito borghese, ma che sembra squa­drato da un sarto militare. Porta stivali con spe­roni e cammina sempre come se sfilasse in corteo. Lei è una donna che ha passato la quarantina, un tipo di pacioccona ancora belloccia, anche se se­gnata dalla malattia).

Lui                                - (entra nella stanza e si avvicina al letto di lei: sta un attimo ,a guardarla, poi, con meticolosità e dolcezza, aggiusta il risvolto del lenzuolo, facendo piano per non svegliare la moglie. Dà uno sguardo all'orologio, poi perderà tempo aggiustando il cu­scino sulla poltrona finché non raggiungerà la po­sizione desiderata. Quindi metterà in ordine le bot­tigliette sul carrello con pignoleria, spostandole e rispostandole finché l'ordine ottenuto non lo sod­disfa. Potrà fare altri movimenti che caratterizzino il suo carattere meticoloso e ordinato. Poi, torna a guardare l'orologio e si avvicina al letto. Piano, alla moglie) Povero tesoro... Ora tu mi lasci... Dopo che siamo vissuti insieme vent'anni... Vent'anni, tre mesi e ventitré giorni... (E' visibilmente commosso) E ci siamo voluti tanto bene... Spero solo che ora sia finita veramente... che tu non sof­fra più... Io cos'altro potevo fare? Ho preparato tutto come meglio ho potuto... (Tira fuori il faz­zoletto, si asciuga gli occhi. Sì soffia il naso con una soffiata secca. Ricontrolla l'ora, poi sceglie un flacone di medicina, versa nel bicchiere dell'acqua e lo posa sul comodino. Alla moglie) Tesoro? te­soro, mi senti?

Lei                                 - (risponde con un debolissimo lamento).

Lui                                - Sono io, tuo marito, che ti vuol tanto bene... Apri gli occhi, guardami, mi riconosci ancora?

Lei                                 - (debolmente) Sì...

Luì                                - Sono le sette. Devo darti il Panvitcittome-lina Gocce. (Fa scendere le gocce nel bicchiere contandole come se impartisse ordini di ginnastica) Un-duè-trè-quattro-cinque-sei-settè-ottò-novè-dieci. Dieci gocce alle sette, sette gocce alle dieci. Su, tesoro... cerca di mandar giù. (La fa bere) Uuuuun-duè. Brava!

Lei                                 - (ha bevuto la medicina senza muoversi).

Lui                                - (la guarda con affetto, poi con scrupolosità va a rimettere al proprio posto bicchiere e medicina).

Lei                                 - Oh!

Lui                                - (senza voltarsi) Vuoi dire qualcosa? Ora vengo...

Lei                                 - (con sorpresa) Oh!

Lui                                - (accorrendo) Eccomi, tesoro: dimmi, cosa c'è? Puoi ancora parlare?

Lei                                 - (con stupore e meraviglia) Mi sento me­glio... mi sento meglio...

Lui                                - (con lo stesso stupore) Meglio? Come sa­rebbe a dire?

Lei                                 - Non so. Meglio.

Lui                                - Si tratterà di uno di quei miglioramenti momentanei dovuti all'ipertensione arteriosa. Mi­glioramenti che, purtroppo, non risolvono la malat­tia. Stai tranquilla, non agitarti.

Lei                                 - Ma da quando sono malata, non mi è mai successo di star così bene...

Lui                                - (la guarda tristemente e scuote il capo, poi sceglie un altro medicinale) E ora, il Prospasmiticicol. La pillola bianca e la pillola rossa. Non capisco perché non venga specificato se si deve prendere prima la pillola bianca o prima la pil­lola rossa.

Lei                                 - Il dottore ha detto che è indifferente.

Lui                                - Allora perché fanno pillole bianche e pil­lole rosse? Potrebbero farle tutte bianche. O tutte rosse. O di un altro colore qualsiasi. (Prepara un altro bicchiere e porge una pillola alla moglie) Prima la bianca... Uuuuun-duè. Brava. E ora la ros­sa. Uuuuuuun-duè. Brava! (Rimette ogni cosa al suo posto).

Lei                                 - Però... che strano! Non ero più in grado di muovermi... Ora guarda... (Fa dei movimenti con le braccia à con la testa. Muove anche le gambe sotto le coperte e cambia posizione).

Lui                                - (voltandosi) Non ti sforzare, cara. Potrebbe essere pericoloso.

Lei                                 - Ma non faccio nessuno sforzo. Guarda... (Sie­de sul letto).

Lui                                - (un poco contrariato) Ma non è possibile, cara. Poco fa non potevi più respirare... Questo miglioramento improvviso mi pare esagerato. Non è normale. Non è serio.

Lei                                 - Ma non ne sei contento anche tu?

Lui                                - Certo che ne sono contento, ma mi pare strano. Molto strano. Esattamente succede il con­trario di quanto il medico aveva previsto. Ma sei proprio sicura di sentirti meglio?

Lei                                 - (facendo dei movimenti) Ma non vedi come mi muovo? (Alza le braccia, batte le mani) E, poi, la voce... Stamattina non riuscivo più ad artico­lare... E mi pare anche che mi sia scesa la febbre...

Lui                                - Questo è impossibile, cara. Purtroppo!

                                      - (Prende dal comodino un taccuino) Alle due avevi 39,4. Alle 4 avevi 39,6. Alle sei avevi 39,2.

Lei                                 - Prova a mettermi il termometro adesso...

Lui                                - Il medico vuole che ti misuri la febbre solo ogni due ore. Te l'ho misurata alle sei. Ora sono... (controlla l'orologio) ... le sette, quattro minuti e cinquanta secondi. Te la misurerò tra cinquanta­cinque minuti e dieci secondi. (Le posa una mano sulla fronte) Però... non scotti.

Lei                                 - La febbre... non me la sento più, davvero!

Lui                                - (dopo un'esitazione, con concessione) E va bene: vada per il termometro. Ma che sia un'ec­cezione che non diventi mai abitudine. (Prende il termometro, lo controlla, lo sbatte con forza, con­trolla la temperatura segnata, poi lo mette in bocca a lei) Apri la bocca... così... Un-duè! (Le tasta il polso. Preoccupato) Polso regolare. (le mette una mano sul petto) Cuore normale. (Alla moglie che si agita per la contentezza) Ferma te­soro... Non ti eccitare. Non devi illuderti subito. Questo miglioramento, non previsto dal medico, non significa nulla. Devi star calma. La gravità del tuo stato resta quella che è. (Controlla l'oro­logio, poi sempre con quel tono da professore dì ginnastica) Meno 15, 14, 13, 12, 11, 10, 9, 8, 7, 6,5, 4, 3, 2, 1... Ecco. (Le toglie il termometro di bocca e lo esamina attentamente) Possibile? 36,7.

Lei                                 - Cosa ti dicevo?

Lui                                - (esaminando il termometro) Eppure... non) è rotto... Funziona... Allora, come si spiega? (Scri­ve la temperatura sul taccuino, posa il termometro sul comodino) Tutto questo non è normale. La ma­lattia non segue il suo corso. Qui c'è una frattura. Bisognerà avvertire il medico. Stamattina se n'è] andato molto preoccupato. Senza farsi illusioni, Del resto... lo sai anche tu: non ti abbiamo mai nascosto la gravità del tuo stato... Perciò, prima di rallegrarci... Come ti senti, ora?

Lei                                 - Bene. Sempre meglio.

Lui                                - (scuote la testa) Non ti nascondo che co­mincio a preoccuparmi. Non vorrei che fossero sopravvenute delle complicazioni.

Lei                                 - In che senso?

Lui                                - Mah, non lo so. Certo qualcosa deve essere successo. Una malattia non può interrompersi così bruscamente... La tua è una nefrite cronica vaso-spasmocerebrale...

Lei                                 - Il fatto è che mi sento meglio...

Lui                                - Me lo auguro... Certo, però, ora cambia tut­to. (E' decisamente contrariato).

Lei                                 - Tutto?

Lui                                - Sono vent'anni che siamo sposati. Ormai mi conosci. Sai che per temperamento cerco sem­pre di essere all'altezza di ogni situazione. E avevo fatto il possibile per esserlo anche in una circo­stanza dolorosa come questa. Il medico aveva fatto mandar su anche la bombola dell'ossigeno... Guar­dala è qui. Perciò come potevo immaginare che tu, invece... Io sono un uomo ordinato, preciso, meto­dico. Tu dici pignolo, ma la pignoleria è una virtù, non un vizio. Perciò avevo pensato a tutto, proprio a tutto... Invece, guarda un po'...

Lei                                 - Non sei contento che sia migliorata?

Lui                                - Non è che non sia contento. Anzi. Ma sai che certe situazioni non mi piacciono. Io sono il tipo che ha dato le dimissioni dall'esercito solo perché con la circolare 346 sbarra Esse abolivano un paragrafo del regolamento riguardante l'uso degli speroni in libera uscita... Per me da quel momento la situazione non è stata più chiara e ho preferito tornare borghese... Perciò, capirai...

Lei                                 - Ma adesso che c'entrano le tue dimissioni?

Lui                                - Dicevo così per dire. Gli speroni li volevano o non li volevano? Visto che non l'ho capito, me ne sono andato. Mi piacciono le situazioni nette. Perciò non mi piace vederti così. O stai male o stai bene. Ora siccome tutto m'ha fatto credere che stai male, medico compreso... Capirai, date le tue condizioni, ho dovuto avvertire i parenti... Sai come sono preciso, io... Zii... cugini... nipoti... oltre alle persone della famiglia... Non ti dico che sofferenza è stata convincere tua madre...

Lei                                 - Mia madre?

Lui                                - Ha telefonato giorno e notte... Voleva con­tinuamente notizie... Certe scene per telefono... Quella povera donna non voleva farsene una ra­gione. Stamattina, dopo aver parlato col medico, l'ho chiamata io. Ho fatto cinque unità, per pre­pararla. E non te lo dico per orgoglio, ma ci sono riuscito, ho trovato le parole giuste... Piangeva, ma si sentiva che era rassegnata.

Lei                                 - Povera mamma! Però... avresti anche potuto aspettare...

Lui                                - Già. Per dirglielo così di colpo. Ha anche il cuore malandato, poveretta, e alla sua età non si regge a certe emozioni. E, ora, dovrò ritelefo­narle. Darle un'altra scossa, un'emozione nuova. Io lo faccio, ma ti avverto, non voglio responsabilità.

Lei                                 - Forse se le parlassi io...

Lui                                - Sarebbe peggio. No, no, lascia fare a me. Fammi riordinare le idee. Perché adesso bisogna organizzarsi, devo farmi un programma preciso. Perché sai come io sono meticoloso: avevo già di­sposto ogni cosa. Bastava una telefonata e... Ma è meglio così. Molto meglio. Certo però per quello che riguarda certe spese... non c'è più niente da fare... E ne sono andati di soldi...

Lei                                 - Mi spiace.

Lui                                - Ma non importa. Quello che conta è che tu stia bene. Per quello che riguarda la tipografia,.. terremo il materiale. Tanto avevo lasciato la data in bianco... Per i tre mesi di cauzione, invece, non c'è più nulla da fare, purtroppo.

Lei                                 - Quale cauzione?

Lui                                - La cauzione per l'appartamento. Questo per me sarebbe stato troppo grande... e soprattutto troppo pieno di ricordi. (La voce gli si incrina) Siamo vissuti felici qui insieme vent'anni... Perciò ne avevo trovato un altro più comodo... più ra­zionale... adatto a un uomo solo. E vicinissimo all'ufficio...

Lei                                 - E questo?

Lui                                - Questo l'avevo disdetto, naturalmente. Ma sì, saranno tre mesi di deposito andati al diavolo, ma non importa. Meglio così. (Pausa) Piuttosto, bisognerà che motivi altrimenti la mia assenza dall'ufficio. Venti giorni che sto a casa per curarti. Come li giustifico questi venti giorni?

Lei                                 - Alla peggio li prenderai come ferie...

Lui                                - Sì, prendo le ferie, dopo aver sgobbato tutto l'anno, per passarle al capezzale di mia moglie. Non ha senso. E poi ho già prenotato dal 15 luglio al 16 agosto al solito albergo, l'Excelsior, però una camera singola, la 211... Ma non importa, rimedie-remo. Piuttosto... la figura che farò coi colleghi... col capufficio... Quello penserà che ho inventato la storia della tua malattia per non andare a la­vorare...

Lei                                 - C'è sempre il medico che può testimoniare...

Lui                                - Capacissimo di pensare che mi sono messo d'accordo col medico. Ma gli parlerò io, non preoc­cuparti. Mi farò dare questi venti giorni come per­messo senza assegno. Senza assegno. Proprio ora, con tutto il danaro che ho speso...

Lei                                 - Chissà quanto ti è costata la mia malattia. Ma appena potrò riprendere a lavorare e...

Lui                                - Non credo.

Lei                                 - Perché? In ufficio mi aspetteranno a brac­cia aperte. Sono insostituibile...

Lui                                - Hanno già assunto un'altra impiegata di cui sono contentissimi...

Lei                                 - Ma perché?

Lui                                - Perché... perché... Lo capisci anche tu, no? E, poi, sono stato io con un pretesto a convincerli a licenziarti. Almeno così ho potuto avere la tua liquidazione. Che non immagini come mi è servita. Altrimenti, se fosse successa una disgrazia, non ti avrebbero dato nemmeno una lira... Bisogna es­sere pratici, purtroppo. Anche nelle situazioni più dolorose.

Lei                                 - E m'hanno licenziata così... dopo tanti anni

Lui                                - Non prendertela, tesoro. In questo momen­to cosa vuoi che importi? Quello che conta è la salute. Ah, prima che me ne dimentichi... Bisognerà farsi ridare la pelliccia da tua sorella...

Lei                                 - Come mai ce l'ha lei?

Lui                                - Be', avevi lasciato delle disposizioni pre­cise e tu sai quanto io sia meticoloso... Poi, lo sai anche tu, c'erano ancora delle rate da pagare... Perciò è subentrata lei... M'è parso più logico. Con tutti i pensieri che avevo... Perché mi sono tanto prodigato in questo periodo. Mi sento i nervi a pez­zi. Capirai, le notti in bianco che ho passato per as­sisterti... E col pensiero di perderti... Ero convinto di non saper resistere a questo dolore... Quanto m'è costato riuscire a farmi forza... Non è facile rassegnarsi... E, ormai, che ero quasi riuscito a... Ma meglio così; meglio così.

Lei                                 - T'ho dato tante preoccupazioni, mi spiace. Ora, vedrai, ti ripagherò di tutto quello che ti ho fatto soffrire. Ma a che cosa pensi?

Lui                                - A tutti quei telegrammi che ho mandato stamattina... Ma non ti preoccupare: ho qui la lista. Manderò altri telegrammi per tranquillizzare tutti. Perché tu continui a sentirti meglio, vero?

Lei                                 - Sì.

Lui                                - Anche il mal di testa ti è passato?

Lei                                 - Completamente.

Lui                                - Strano però che il medico non abbia pre­visto nulla di tutto questo...

Lei                                 - Non avrà sbagliato diagnosi?

Lui                                - Com'è possibile? C'è stato anche un con­sulto. Tutti professoroni d'università. Scienziati che non sbagliano mai. (Colto da un dubbio) Non sarà che dici di star bene perché deliri?

Lei                                 - Non sono mai stata tanto lucida come adesso...

Lui                                - Però... sei capricciosa. Lo sei sempre stata.

Lei                                 - Io?

Lui                                - Sei lo spirito di contraddizione personifi­cato. Il medico dice che stai male, fa portare su la bombola dell'ossigeno e tu migliori... Ma non sarà che ti sei talmente abituata a star male, che ora credi di star bene?

Lei                                 - Ma, allora, non hai fiducia in me...

Lui                                - Non è questo, voglio solo rassicurarmi. Sai, per non fare altre brutte figure...

Lei                                 - Non ho più febbre...

Lui                                - Potrebbe darsi che il tuo corpo sia così debole da non poter nemmeno più sopportare la febbre...

Lei                                 - Non tremo più... non sudo più...

Lui                                - Potrebbe darsi che tu non possa più avere reazioni...

Lei                                 - Non è vero: mi muovo... siedo sul letto... parlo... ragiono...

Lui                                - Mah! Certo che è un bel mistero.

Lei                                 - Sembrerebbe che ti secchi...

Lui                                - Ma cosa stai dicendo? Unicamente voglio sincerarmene, ecco. Facciamo un ultimo esperi­mento. Distenditi... mettiti giù... Su, ubbidisci: chiudi gli occhi e prova a dire forte che soffri... che stai male... come per convincere te stessa...

Lei                                 - Scusa, ma perché?

Lui                                - Così, per togliermi ogni dubbio. Sii buona: obbedisci. Fallo per amor mio. Cerca di collabo­rare anche tu.

Lei                                 - (si distende e poco convinta) Sto male... Sto male... Sto male...

Lui                                - Alt! Con più convinzione... Con più energia...

Lei                                 - (con più convinzione) Sto male... Sto male... Sto male... (Ribellandosi) Inutile! Sto benissimo, Non sono mai stata così bene!

Lui                                - Non discuto. Meglio così. Volevo esserne sicuro.

Lei                                 - Tu non mi credi... Pensi che ti dica che sto meglio solo per farti dispetto...

Lui                                - Ma che dispetto. Ne sono contento più io di te. Siamo stati così felici insieme... Dove la trovo un'altra come te? Tu sei una buona moglie, una1 buona cuoca, una buona massaia, ma soltanto pri­ma di rallegrarmi per la tua guarigione volevo esserne sicuro, te l'ho spiegato...

Lei                                 - Guarda, sto così bene che per dimostrar­telo mi alzo dal letto.

Lui                                - No, per carità, non lo fare. Il medico ha detto che qualsiasi sforzo fisico nelle tue condi­zioni sarebbe fatale...

Lei                                 - E io mi alzo lo stesso. Così ti convinco.

Lui                                - No, tesoro, non puoi essere in condizioni di alzarti. Non ti reggeresti in piedi...

Lei                                 - Dammi la vestaglia. Te lo faccio vedere io se non mi reggo in piedi.

Lui                                - Stai attenta, però. (Le dà la vestaglia e l'aiuta ad alzarsi. Quando è in piedi) Ecco, adesso ho visto. Stai meglio. Ma ora torna a letto perché non sei assolutamente in grado di camminare. Il1 medico ha parlato chiaro, tant'è vero che io...

Lei                                 - Tu non sei ancora convinto. Guarda come cammino...

Lui                                - (lentissimamente) Un-duè... un-duè... un due... (Poi accelera, ma sempre lentamente coman­dandola come si fa coi soldati) Un-duè... un due...

Lei                                 - Hai visto?

Lui                                - Adesso basta. Torna a letto. Non puoi essere in grado di fare altri movimenti...

Lei                                 - Ah, no, eh? (Comincia a fare qualche fles­sione) Guarda!

Lui                                - Un-duè... Uuuuuno-duuuuuè... Brava! Ades­so basta!

Lei                                 - No, voglio ancora dimostrarti fino a che punto mi sono ripresa. Avanti, dammi ordini», dim­mi cosa vuoi che faccia...

Lui                                - Io sono contrario, ma se proprio vuoi... Vai fino alla finestra... (Lei esegue) Un-duè, un-duè; un-duè... Alt! Dietro-front! Avanti, march! Un-duè.,. un-duè... un-duè...

Lei                                 - (cammina sempre più svelta finché, quando è vicino al letto, vi si accascia)

Lui                                - (accorre e si china su di lei) Tesoro? Te­soro... Su, rispondi... Tesoro... (Poi, tristemente al­zandosi) E voleva farmi credere di essere guarita, povera creatura! Ed è mancato poco che mi la­sciassi convincere... e disdicessi tutto!... Dopo che siamo vissuti insieme vent'anni... (Quasi piangen­do) Vent'anni, tre mesi e ventitré giorni... (Scop­pia a piangere mentre cala la tela).

FINE