PROCESSO A GESÙ
PERSONAGGI
I GIUDICI
Elia
Rebecca
Sara
Davide
Un giudice improvvisato
LA “TROUPE” DEI TESTIMONI
Maria di Nazareth
Maria Maddalena
Giuseppe
Pietro
Giovanni
Tommaso
Giuda
Caifa
Pilato
Lazzaro
GLI SPETTATORI
Una signora irrequieta (La Bionda)
Un sacerdote
Un intellettuale
Il contraddittore bonario
Un infelice
Un provinciale
La donnetta delle pulizie
Un commissario
Altri spettatori.
PRIMO TEMPO
Quando gli spettatori entrano in teatro trovano il sipario già alzato e un inserviente che mette a
posto la scena dove si svolgerà la rappresentazione. Si tratta di una scena estremamente semplice:
una stanza nuda, con un finestrone e due porte. Un tavolo in mezzo coperto da un panno rosso, e
cinque sedie dalla spalliera alta.
Qualcuno dei manifesti che hanno già dato al pubblico l’annuncio dell’avvenimento, è attaccato
anche dentro il teatro, ai lati del boccascena e sui palchi di prima fila. I manifesti dicono:
«STASERA — il pubblico è invitato a partecipare al — PROCESSO DI GESÙ—L’ingresso è libero
a tutti; e in fondo, stampato più piccolo, ma ben leggibile: «Autorizzato dalla Questura».
La rappresentazione ha inizio verso le nove con l’abbassarsi delle luci in platea. Dalle due porte
entrano alla spicciolata dieci o dodici persone che si siedono lungo la parete della scena; qualcuno
che non trova posto va a prendersi una sedia. Sembrano un po’sorpresi e intimiditi di trovarsi in un
teatro così vasto: fissano con insistenza la platea bisbigliando tra loro qualcosa.
Il borbottio viene interrotto dall’ingresso dei GIUDICI. Le persone che sono già in palcoscenico si
alzano e ammutoliscono. Questo movimento, più che la particolare austerità dei Giudici, dà
solennità al loro ingresso. Appare per primo Elia seguito dalla moglie Rebecca.
Elia è un vecchio sessantenne, asciutto, molto comunicativo e cordiale, talvolta perfino
cerimonioso. Ha un vestito nero, un po’ consunto.
Rebecca è più solida e vigorosa del marito, è certamente più giovane di lui nonostante i capelli tutti
bianchi, soffici e come continuamente arieggiati. Porta gli occhiali e veste semplicemente, di scuro.
ELIA (è venuto avanti fino al proscenio, s’è inchinato al pubblico) Signore e signori: buona sera.
REBECCA (ancora sulla soglia, volgendosi) Venite, su!
ELIA Ringrazio dell’ospitalità e dell’affluenza...
(Sentendo il borbottio di Rebecca che parla sottovoce a qualcuno che è ancora dentro, si
interrompe e si volge. In quel momento fanno la loro entrata Sara e Davide)
SARA (ancora dentro) Ma si, eccomi! (Pianissimo) Eccomi...
(Sara è una ragazza sui ventotto-trent’anni, dal volto estremamente mobile che non nasconde
niente. Entra togliendosi nervosamente l’impermeabile. Davide glielo prende di mano e lo posa su
una sedia. Sara è eccitata, come se avesse discusso animatamente prima di entrare. Davide — che
è un giovane stempiato, sui quaranta anni — le sta vicino e cerca di dirle qualcosa per calmarla,
ma la ragazza non gli bada, anzi a un certo punto scrolla le spalle)
ELIA (si raschia un po’ la gola, e riprende) Chiedo scusa... (Accennando a Sara) È mia figlia Sara.
Da qualche tempo si agita un po’ proprio al momento di cominciare. Stasera, poi, in questo locale
più grande, e con questo pubblico... (Rivolgendosi agli altri che gli sono alle spalle, piano, ma
fermo) Vogliamo incominciare?
(Sara, silenziosa, rassegnata, annuisce. Viene avanti seguita da Davide, impassibile. Anche
Rebecca avanza leggermente. Si trovano, adesso, allineati dietro ad Elia in uno schieramento che
deve essere abituale. Elia li guarda con la coda dell’occhio, e sembra soddisfatto. Si volge, allora,
all’altra gente che è in scena, fa un leggero cenno con la mano — un comando—, e tutti, con una
evoluzione ormai preordinata, «formano gruppo» dietro i quattro. Elia avanza ancora e guarda
insistentemente il pubblico, qua e là, su e giù, come se tentasse di riconoscere qualcuno, e
finalmente comincia a dire il suo preambolo che evidentemente sa già a memoria. Nonostante questo la sua voce, da principio un po’ strascicata e titubante, si fa a mano a mano più ritmata e
fervida, quasi appassionata)
Rispettabili ascoltatori: quella a cui assisterete, stasera, sarà una rappresentazione insolita. Noi
celebreremo ancora il processo a Gesù di Nazareth. Ci domanderemo: Gesù di Nazareth era
innocente o colpevole secondo la legge giudaica? Fu o no condannato ingiustamente? Discuteremo
pubblicamente, a cuore aperto. Siamo qui per sapere se quel che accadde lassù... (e indica una
sommità lontana in fondo al teatro).
UNA VOCE IRONICA Dove, lassù?
ELIA Voglio dire sul monte Calvario: cosa accadde veramente? Quella crocifissione fu soltanto
una dolorosa crudeltà umana o invece una colpa ben più grave, smisurata, che in qualche modo ci
segue? — Per cercare un po’ di verità ho messo assieme questa rappresentazione ormai antica. Eh,
si, poiché risale agli anni in cui io ero giovane professore all’università di Tubinga. Cominciammo
appunto allora in Germania... aiutato da mia moglie Rebecca e da altri discepoli e amici che adesso
non ci sono più... Mia figlia Sara, allora, era una bimbetta... Ne sono trascorsi di anni! Abbiamo
girato il mondo, davvero il mondo, con questa rappresentazione che vorrei chiamare «sacra». Vi
confiderò una cosa perché possiate meglio comprendermi e scusarmi. Fin da allora, dagli anni di
Tubinga, scoprii un antico racconto dei nostri padri, o se volete una parabola, che mi fu come di
spinta. Vi si narra come un Rabbi di celebrata saggezza, allorché gli toccava un compito difficile, si
recava in un certo punto del bosco, accendeva un fuoco propiziatorio, si raccoglieva in preghiera, e
la cosa desiderata si adempiva. Alcune generazioni dopo un altro illuminato Rabbi, Mosè Leib,
trovatosi di fronte allo stesso compito andò nel bosco e disse: «Non possiamo più accendere il
fuoco, non conosciamo più le parole delle antiche, segrete preghiere, però sappiamo ancora dov’è
questo punto del bosco». E ottenne quanto chiedeva. Passarono altre generazioni e Rabbi Israel,
nella medesima situazione, chiamò a sé i suoi e disse «I secoli sono trascorsi, non possiamo più
accendere quel fuoco, non possiamo più dire quelle misteriose preghiere, non conosciamo più
nemmeno quel luogo nel bosco, ma possiamo raccontare di come la cosa si è adempiuta nel passato.
E la cosa si adempì ugualmente anche quella volta per forza di commemorazione.
(Una sospensione)
Come avvennero i fatti allora, i fatti di Gesù di Nazareth? Se riusciremo a raccontarli così come
avvennero, quel che noi desideriamo si avvererà… Perché noi, da duemila anni, siamo stati
perseguitati da tutti? Dagli Imperatori, dai papi, dai re, dai borghesi, dagli straccioni, dai russi, dai
francesi, dai polacchi, dagli spagnoli, dai... tedeschi? Perché la naturale cattiveria degli uomini si è
concentrata con tanta assiduità proprio su noi ebrei? Perché? Qual è il popolo di appena sedici
milioni di persone che abbia avuto oltre sei milioni di morti: — e che morti! — soltanto in
quest’ultima guerra come li abbiamo avuti noi? E, badate bene, morti, i più, non sui campi di
battaglia, ma nei luoghi di tortura. Perché è accaduto, perché accade questo… come avvennero i
fatti, «allora»? Ricostruiamoli, riviviamoli, rifacciamo il processo di allora; ma in mezzo alla gente
di oggi. Cosi abbandonai la scuola e mi misi a girare il mondo insieme a questa «troupe» di esimi
attori... (i componenti la «troupe» s’inchinano lievemente) proponendo ogni giorno, per le strade
dapprima, poi in baracche, in sale, in teatri, come stasera, la stessa domanda, facendo ogni sera la
stessa rappresentazione... Sono diventato vecchio per questo assillo che non mi ha più lasciato.
UNA VOCE Dev’essere propaganda.
REBECCA (che ha individuato la voce) No, no, signore. Se fosse propaganda non ci saremmo
ridotti così. Nessuno ci aiuta. Non c’è nessuno dietro di noi. Mi creda. Sapesse! Nemmeno i nostri
ci vedono di buon occhio. Ci credono un po’... (e si tocca la fronte).
In sala qualcuno ride.
SARA Ci considerano degli ebrei in crisi..
REBECCA Prima eravamo abbastanza ricchi, ma tutto se n’è andato in questa impresa.
DAVIDE (intervenendo, secco) Che c’entra tutto questo? Si incominci.
ELIA Si. Possiamo incominciare.
SARA (prende un sacchetto dalle mani di uno della «troupe» e lo alza per mostrarlo al pubblico
un po’ come fanno i prestigiatori quando danno inizio ad un «numero») Egregi signori, ogni sera,
prima di iniziare il dibattito, noi ci dividiamo i compiti processuali. Scegliamo, cioè, l’Accusatore, i
vari Difensori e il Presidente. Il Presidente, veramente è sempre lo stesso: è mio padre. (Elia
s’inchina) I nostri compiti invece cambiano ogni sera poiché li affidiamo al sorteggio. (Mette la
mano dentro il sacchetto ed estrae delle palle colorate. Indicandole a una a una) L’azzurra: Caifa;
la bianca: Pilato; la rossa: Gesù; questa nera designa l’Accusatore. (Le fa ancora vedere intorno, al
pubblico) Ed ora procediamo al sorteggio. (Rimette le quattro palle dentro il sacchetto e le porge ad
Elia)
UNA VOCE Manca un giudice perché il conto torni!
Un po’ di rumore in sala.
VARIE VOCI Ssst! Silenzio!
Ma non disturbi, lei!
Dev’essere un ragioniere...
ELIA (fa il gesto di calmarsi)È vero. Manca un giudice perché il conto torni. Eravamo infatti in
cinque quando cominciammo le nostre rappresentazioni. C’era anche Daniele, il marito di mia figlia
Sara. È scomparso in Germania, in circostanze molto dolorose. Ha lasciato un posto vuoto. E ogni
sera, come vedrete, rimediamo alla meglio. (Sara si agita un po’, le riprende il nervosismo; Davide
la guarda fisso, e la ragazza si irrita ancora di più) Dunque... procediamo. (Smuove il sacchetto e
lo porge a Rebecca perché scelga. Rebecca estrae la palla rossa)
REBECCA Gesù di Nazareth.
ELIA (indicando Rebecca) Mia moglie Rebecca, assumerà la «difesa» di Gesù di Nazareth. (Altro
movimento, poi allunga il sacchetto a Sara)
SARA (estrae la palla bianca).
ELIA (sempre un po’ col tono dell’aggiudicato) Ponzio Pilato!
SARA (calma ma ferma) Rifiuto. Si, rifiuto di essere la difesa di Ponzio Pilato.
ELIA (mormorio) Siamo alle solite...
SARA Proprio alle solite. (Restituisce la palla bianca al padre) Sarebbe meglio toglierla
addirittura. Dovresti essere persuaso che nessuno di noi vuoi difendere Pilato: sono mesi e mesi che
ci rifiutiamo di farlo, noi almeno— io e Davide —, ma tu no, ti ostini. — Del resto è bene si sappia
subito quel che io penso di Ponzio Pilato: lo considero un uomo accomodante e cinico che non fece
quel che doveva, lo considero un politico romano. In sostanza lo disprezzo. E poi… — non è
nemmeno della nostra razza.
REBECCA Sara, non sono cose da dire!
SARA Fu lui la causa di tutto.
ELIA (placa col gesto il brusio che s’è mosso in sala) Che c’entra la razza!
SARA Mi scusino. Non volevo offendere nessuno. Ma nonostante certe apparenze, quel che vedrete
qui è una cosa troppo seria perché non si debba dire schiettamente quel che si pensa e si sente, fin
da principio..
ELIA (cercando di sdrammatizzare) Ci siamo purtroppo abituati a questa scena.. Avviene tutte le
volte che la sorte affida la difesa di Pilato a Sara o a Davide. Avete visto! Io le giudico...
intemperanze, intemperanze giovanili, mah! (Scuote la testa, guardando Sara) - Quando capita
questo incidente del... rifiuto, io son solito chiedere se c’è qualcuno del pubblico che intenda
prestarsi, e debbo dire che finora almeno sono sempre stato fortunato. Nonostante le antipatie di
Sara e di Davide, Ponzio Pilato è un personaggio che trova facilmente dei difensori. C’è anche
stasera un compiacente spettatore che voglia assumere la difesa di Ponzio Pilato? (Dopo un
momento d’incertezza, due persone si alzano in due punti diversi della sala) Uno... uno soltanto..
L’ho sempre detto: Pilato piace! (Lo spettatore che si trova più lontano dal palco si rimette a sedere
e lascia l’incarico all’altro. È un signore di mezza età. Raggiunge il palco) (Elia gli porge la palla
bianca) Difensore di Ponzio Pilato! (lo esorta col gesto a sistemarsi al fianco di Rebecca)
(Il giudice improvvisato sorride a Rebecca e le fa un leggero inchino. Elia porge nuovamente il
sacchetto a Sara per la nuova scelta)
SARA (estrae la palla azzurra; mormora) Difensore di Caifa.
ELIA Il Gran Sacerdote Caifa, presidente del Sinedrio. (Poi fa un passo verso Davide e senza fargli
mettere la mano nel sacchetto rovescia l’ultima palla, che è la nera. Prima ancora di completare il
gesto) L’Accusatore! (Dà la palla nera a Davide, restituisce il sacchetto vuoto a chi gli è più
vicino, poi si avvicina al pubblico e dopo un opportuno silenzio) Il processo può incominciare.
(I personaggi della «troupe» si dispongono lungo la parete di sinistra. Elia e gli altri giudici vanno
al tavolo, e ognuno prende il proprio posto. Elia in mezzo, ha a destra a Rebecca, a sinistra
Davide; alla sinistra di Davide c’è Sara; un po’ isolato, quasi di fianco al tavolo, il Giudice
improvvisato, difensore di Pilato. Appena si è raggiunta la disposizione conveniente, Elia si alza e
intona un canto. Subito dopo le prime note anche gli altri tre giudici ebrei lo imitano unendosi al
canto; poi anche gli altri personaggi che sono in scena formano «coro». Soltanto l’ultimo arrivato
- il giudice «cristiano» - rimane un po’ sorpreso: si alza per ultimo e sta a testa bassa fino alla fine
del canto. Si è creata un atmosfera. Tutti, tranne Elia, si siedono senza rumore, con gravità. Elia
prende la parola)
In quel tempo regnava in Israele il Tetrarca Erode Antipa, ma chi governava veramente il paese era
il Procuratore romano Ponzio Pilato. Noi ebrei aspettavamo da secoli, secondo la promessa dei
Profeti, il Messia, il liberatore. Fu in quel tempo che Gesù di Nazareth comparve tra il popolo
dicendo: il Messia, il liberatore sono io; io sono colui che aspettate: ascoltatemi! Mi potreste
chiedere quale fu questo “tempo”. Se consideriamo che secondo le indagini più moderne la nascita
di Gesù di Nazareth cade nell’autunno del settimo anno prima della nostra Era volgare, e la data
della crocifissione dovrebbe fissarsi al 7 Aprile dell’anno 30 dell’Era volgare - quando cioè Gesù
aveva 37 anni - le sue prime apparizioni pubbliche avvennero intorno all’anno 27, circa tre anni
prima della sua morte. Tanto duro la sua attività di... predicatore tre anni. Ci tengo a dichiarare
subito che non abbiamo difficoltà alcuna ad accettare i fatti cosi come li narra il Nuovo Testamento:
non abbiamo motivo di dubitare della loro materiale autenticità. (Pausa) Di che cosa viene accusato
Gesù di Nazareth? Il “Talmud Babilonese” - libro per noi veritiero - così nota... (Cerca un foglio sul
tavolo e vi getta l’occhio, ma evidentemente conosce il testo a memoria) «Gesù di Nazareth, prima
della festa di Pasqua, fu appeso alla croce perché con le sue magie aveva sedotto e sviato il popolo
d’Israele.» Ecco. (Si volge a Davide e gli dà la parola) Volete allora formulare esattamente il capo
d’accusa?
DAVIDE Il capo d’accusa è, in sostanza, uno solo: Gesù di Nazareth si è voluto far credere il
Messia — ma per la chiarezza del dibattito è forse bene specificarlo così: Gesù di Nazareth, primo:
si è proclamato Messia di Israele; secondo: ha svolto, di conseguenza, un insieme di attività
sovvertitrici sia nel campo religioso che in quello della vita pubblica. (Volgendosi a Elia) Chiedo
che il dibattito verta esclusivamente su questi punti..
ELIA (conciliante) Non si potrà essere troppo rigidi. Il nostro è un dibattito così... complesso!
DAVIDE Insisto, Presidente, e non per una preconcetta rigidità, ma per una indispensabile
questione di ordine, di metodo. Il dibattito è un dibattito giuridico: cioè un processo. Altrimenti non
ne usciremo più.
ELIA (batte una palma sul tavolo per togliere la parola a Davide) Vedremo... vedremo. (Poi
volgendosi di nuovo a Davide) Cominciamo con l’ascoltare la testimonianza del Sommo Sacerdote
Caifa.
DAVIDE (chiama) Caifa!
(Dalla «troupe» dei testimoni viene avanti Caifa. È un uomo possente, con un mantello ebraico
sulle spalle e un turbante sacerdotale sul capo)
REBECCA (intervenendo) Faccio notare che dall’ordine con cui viene iniziata l’escussione dei
testimoni, l’impostazione del processo risulta parziale.
DAVIDE Perché? Non mi pare!
REBECCA Ma perché per il solo fatto che il punto di vista dei sacerdoti viene ascoltato per primo
si finirà fatalmente per assumerlo come base della successiva discussione. Allo stesso modo io
potrei chiedere che venissero sentiti per primi gli amici di Gesù.
ELIA E io non avrei alcun motivo particolare per oppormi.
REBECCA Allora!
ELIA Ma un momento: io non ho affatto nascosto agli ascoltatori la natura del nostro dibattito: è un
processo che degli ebrei moderni fanno ad un avvenimento già giudicato dagli ebrei antichi. È
dunque la posizione degli ebrei quella che anzitutto deve interessarci. Ma accetto, almeno in parte,
la vostra obiezione. (Rivolgendosi a Davide) Ci limiteremo in questo primo interrogatorio a
determinare alcune premesse senza entrare ancora nel vivo del l’accusa. (A Rebecca) Soddisfatta?
REBECCA Si.
(Caifa è davanti al tavolo dei giudici)
DAVIDE Dite chi siete.
CAIFA Caifa, Sommo Sacerdote e Presidente del Sinedrio.
DAVIDE Volete spiegare esattamente che cosa era il Sinedrio? Nel corso del dibattito ne parleremo
spesso, e val la pena dare una volta per tutte la spiegazione esatta… a scanso di confusioni.
CAIFA Il Sinedrio era la suprema Assemblea della nazione. Il Sommo Sacerdote, come capo
dell’intero sacerdozio, la presiedeva. Gli anziani rappresentavano l’aristocrazia e i grandi
proprietari. Il partito dei farisei era rappresentato dai suoi Dottori, che per tradizione si chiamavano
Scribi: erano, per così dire, gli esperti in tutte le questioni politiche, civili e criminali; in poche
parole rappresentavano la legge civica.
DAVIDE E quali poteri aveva il Sinedrio?
CAIFA Teoricamente il Sinedrio aveva tutti i poteri tranne quello di eseguire le pene di morte.
DAVIDE E praticamente?
CAIFA Praticamente ci si trovava in una situazione transitoria, difficile da precisare. Noi eravamo
considerati alleati dei romani, e per questo i romani ci lasciavano una certa autonomia, non
amavano immischiarsi troppo nelle nostre faccende, specialmente in quelle di carattere religioso.
DAVIDE Quando parlate dei romani intendete parlare di Ponzio Pilato.
CAIFA Si, di Pilato..
DAVIDE Pilato, prima della crocifissione di Gesù di Nazareth, aveva già eseguito sentenze di
morte pronunciate dal Sinedrio per delitti di empietà o comunque a carattere religioso?
CAIFA Si, più volte.
DAVIDE E con difficoltà?
CAIFA Senza difficoltà alcuna. Fu proprio per questo che non sapemmo spiegarci la sua
opposizione quando lo invitammo a eseguire la sentenza per Gesù di Nazareth che si era proclamato
Messia, Figlio di Dio!
ELIA (arrestandolo) Non anticipate. Rispondete soltanto alle domande. — Voi dite che giudicaste
degni di morte degli ebrei per delitti religiosi. Di che genere di delitti si trattava?
CAIFA A parte certi ladri di bassa lega, quasi tutti profanatori del Tempio, erano sorti in quegli
anni molti «liberatori», molti profeti e anche qualche falso messia, e s’erano dati con gran foga a
fanatizzare il popolo. Si trattava di impostori o di esaltati, di profittatori o di fanatici. Erano, come
ho detto, profeti e messia falsi lontano un miglio. Questo però mi preme precisare perché ci si renda
ben conto del particolare stato d’animo in cui si trovano i Sacerdoti e anche gli altri membri del
Sinedrio di fronte alle voci che sempre più frequentemente annunciavano un profeta o un messia ora
qua ora là. Era uno stato d non solo di profonda diffidenza, ma di crescente preoccupazione e di
aperta opposizione nei confronti di questi mistificatori in buona o in mala fede che fossero.
REBECCA Capisco dove volete arrivare. Ma vi domando: queste apparizioni sempre più frequenti,
come dite voi, di messia e di profeti sia pure falsi, non vi misero in allarme sui desiderio crescente
che il popolo doveva avere del vero liberatore, del vero messia? Da quel che sento, vi preoccupaste
più di soffocare le voci dei falsi profeti che di cercare di comprendere il grido dei vostro popolo che
invocava il messia. E non vi accorgevate che più che sopprimere qualche fanatico, in fondo
innocuo, mortificavate la fede viva del vostro popolo. Quando in mezzo a un popolo si sente parlare
di miracoli e di profeti, veri o falsi che siano, vuol dire che ce n’è sete, e guai allora a chi glieli nega
tutti, guai!
CAIFA Per secondare e mantenere questa fede, non potevamo lasciar correre l’empietà e
l’impostura.
REBECCA Il punto è proprio questo: saper stabilire il confine tra la fede, l’empietà e l’impostura.
ELIA (intervenendo) D’accordo: però non facciamo digressioni di ordine generale. Stiamo ai fatti,
almeno per ora. Caifa ha voluto precisare soltanto questo: che il «caso Gesù di Nazareth» sorse
proprio quando i Sacerdoti e il Sinedrio si trovavano in uno speciale clima di diffidenza e di
sospetto a causa dei troppi falsi profeti che erano spuntati in quegli anni. — Allora proseguiamo.
DAVIDE Quando avvertiste che il «caso Gesù» era per lo meno più grave degli altri?
CAIFA Abbastanza tardi. Lo lasciammo predicare indisturbato per quasi due anni.
DAVIDE E come mai?
CAIFA Niente ci spingeva a intervenire. Era una predicazione pacifica.
DAVIDE Pericolosa, però.
CAIFA Non ci apparve nemmeno pericolosa da principio.
(I Giudici si guardano un po’ interdetti)
DAVIDE Una predicazione che adunava tanti ascoltatori non la consideraste pericolosa?
CAIFA È vero, gli ascoltatori erano tanti, ma chi capiva il senso vero di quelle parole? Nessuno, o
quasi nessuno. Si: ascoltavano, ma non capivano..
DAVIDE Come spiegate allora il crescere dei seguaci? Le moltitudini lo seguivano.
CAIFA (un tempo prima di rispondere) Era un seduttore.
DAVIDE Che cosa volete dire con «seduttore»?
CAIFA Seduttore: un uomo che «trascina con sé». Gesù aveva il potere di portarsi dietro la gente, e
qualunque cosa dicesse, qualunque cosa facesse gli credevano. Non aveva bisogno di convincere,
perché incantava — che è molto di più. Ce ne accorgemmo anche noi quando ci fu davanti, con
tutto il Sinedrio schierato: vi dico che incantava.
ELIA (fervido) A nessuno di voi, allora, venne il dubbio che questo Gesù di Nazareth potesse
essere il vero messia proprio per questa sua straordinaria facoltà di incanto?
CAIFA Giudico la domanda insidiosa, e non rispondo.
ELIA Vi dispenso dal giudicarla insidiosa. Rispondete.
CAIFA No. Non avemmo mai il benché minimo dubbio.
ELIA Perché?
CAIFA Perché a quel tempo io già sapevo chi fosse Gesù di Nazareth: figlio di un falegname e di
una umile donna di nome Maria - e non era certo l’origine che le Scritture profetizzavano per il
messia. Non ho difficoltà ad ammettere che, a un certo punto, lo facemmo seguire durante le sue
peregrinazioni da nostri confidenti. Cominciammo, allora, a misurare la gravità del pericolo.
DAVIDE Precisate in che cosa consisteva concretamente, questo pericolo. Fatti, però. Lasciate
stare il «seduttore».
CAIFA Provocava il disordine, il più pericoloso dei disordini.
DAVIDE Quali disordini esattamente?
CAIFA Sovvertiva apertamente la legge mosaica: non più dente per dente, ma il perdono delle
offese; non più la liberazione dall’oppressore, ma dal peccato; non più il castigo per l’adultera, ma
la remissione della colpa perché, diceva, chi di voi è senza colpa? E l’uguaglianza! Per la prima
volta si sentì annunciare che tutti gli uomini erano uguali! Tutti.
DAVIDE Sappiamo, tutto questo lo sappiamo — e gli ascoltatori, poi, conoscono i vari punti della
dottrina anche meglio di noi; però... Come poteva provocare disordine tutto questo, se un momento
fa avete detto che il popolo, si, l’ascoltava, ma non l’intendeva affatto?
CAIFA Subiva egualmente il fascino di quelle parole: credeva. Ecco il pericolo nuovo: credere. La
fede in altre cose, in altre verità, in un mondo diverso, nuovo. Ecco il disordine.
ELIA Non è comunque a questo disordine che si riferisce l’imputazione. (Ripete) Attività
sovvertitrice…
CAIFA Proprio questa. Voi stesso avete citato il «Talmud»: «aveva sedotto e sviato il popolo
d’Israele con le sue magie».
DAVIDE Eppure dovettero esserci anche dei disordini, dei veri, materiali disordini, se è vero che fu
necessario l’intervento del Procuratore romano.
CAIFA (sorride) Ci furono certamente anche quei disordini e nessuno nega che il Procuratore non
abbia avuto il suo da fare; ma per la verità, quei disordini non furono provocati direttamente da
Gesù; semmai provocati per causa sua, ma non da lui. Qui si deve essere esatti e veritieri.
DAVIDE (spazientito dal tono un po’ rotondo di Caifa) Perché non si ascolta il Procuratore
romano?
ELIA (chiama) Ponzio Pilato
PLLATO (nel gruppo dei testimoni, si sta infatti già infilando una corazza romana; affretta la sua
preparazione e si avvia verso il tavolo dei giudici. Mentre passa davanti al suo improvvisato
difensore gli dice ammiccando) Tenete presente che io non sarei ebreo.
(Giudice improvvisato gli sorride. Anche il pubblico ride)
ELIA (guarda un po’ severamente Ponzio Pilato che è un uomo piuttosto corpulento e nerissimo di
capelli) Parlateci dei disordini procurati da Gesù di Nazareth.
PILATO Non ebbi a lamentare alcun disordine, che gli si dovesse imputare. Si può dire, anzi, che
noi ci accorgemmo di questo profeta soltanto negli ultimi giorni. Posso anche aggiungere che le
relazioni provenienti dai vari emissari sparsi per il paese, erano tutte improntate a simpatia e ad
ammirazione per il Galileo. Che ragione avremmo avuto, noi, di temerlo? Non era certamente lui
col suo plotone di povera plebe che avrebbe potuto crearci dei fastidi. Né, del resto, pretendeva di
passare per un rivoltoso. Lo diceva schietto: la mia non è una rivolta civile, ma interiore. Sotto
questo aspetto, anzi, e forse senza volerlo, questo profeta nuovo serviva al nostro scopo che era di
mantenere l’ordine costituito.
DAVIDE Che cosa diceva di voi, Gesù di Nazareth?
PILATO Non mi sono mai curato di saperlo. Però a chi cercò, una volta, di metterlo nei guai con
una domanda insidiosa, rispose con quel “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di
Dio» che, nella sua chiarezza, mi pare — scusatemi — una risposta più romana che giudaica.
(Giudice improvvisato non sa trattenere una risata)
DAVIDE (mordace) Non sembra però che questa simpatia gli abbia giovato gran che! Foste proprio
voi a metterlo a morte.
SARA Non vorrei essere difesa dalle vostre leggi.
PILATO Non tocchiamo questo argomento delle leggi. Oramai il gioco è stato fatto e non ho che
da riconoscere la vostra scaltrezza; però dal momento che qui si cerca di ricostruire una verità
piuttosto controversa, prego che si domandi a Caifa chi provocò la sommossa intimidatoria di
piazza. Chi mi forzò la mano portandomi a convalidare con i miei poteri esecutivi una condanna di
morte pronunciata dal Sinedrio? Chi? Risponda su questo punto, e lealmente, se può, il Grande
Sacerdote.
SARA Come mai vi sento tanto ostile a Caifa? Eppure dovreste ricordare che fu proprio il vostro
predecessore Valerio Grato, che lo nominò, anzi lo impose, come Sommo Sacerdote.
PILATO Lo so bene, in sostituzione di Anna che ci era tenacemente avverso. Debbo però dire che
il rimedio fu peggiore del male perché Anna, destituito ufficialmente dalla carica di Gran Sacerdote,
continuò egualmente da dietro le quinte a tirare le varie fila dell’Assemblea e a ispirare tutte le
decisioni importanti. Del resto non vi preoccupaste nemmeno di salvare le apparenze: Caifa poco
dopo s’imparentò con Anna sposandone la figlia. E per la verità, ritornando a Gesù di Nazareth, più
ancora di Caifa, fu proprio Anna a volerne la morte. Quello che avvenne in quei giorni tra le pareti
del Sinedrio s’è risaputo!
CAIFA Nel Sinedrio…
ELIA Non e ancora il momento di toccare questo episodio culminante. Ci si arriverà più tardi,
procedendo con ordine, passo per passo.
PILATO Perché dunque mi si è chiamato adesso? Io fui tirato in ballo soltanto in quell’episodio
culminante.
SARA (balzando in piedi) Io non sopporto più questa procedura! Scusatemi, ma è più forte di me!
Sono anni - anni anni – che ogni sera sento fare appello alla stessa procedura… come se qui
avvenisse un processo vero e non se ne fingesse, invece, uno già preparato, con dei giudici – noi,
tutti noi — ossessionati, si, sinceramente da questo problema, ma già un po’ esausti... e con dei
testimoni — eccoli — che si prestano per pochi soldi a sostenere delle parti, e lo fate bene, con
cura, con slancio, mettendoci talvolta anche del vostro... Ma interlocutori siete, non altro! Eppure,
vedete, se nonostante questo si volesse fare soltanto uno spettacolo originale e stravagante, io direi:
pazienza! Invece no: qui si vuol concludere seriamente. È contro questa serietà ch’io mi ribello.
Perché, si può, si, anche nel nostro caso, fare sul serio, ma allora occorre cambiare formula, occorre
uscire dallo schema. Lo chiedo a te, papà, a voi, lo chiedo al pubblico…
ELIA Ti sbagli, Sara; o per lo meno, hai soltanto una piccola parte di ragione. Noi non fingiamo
niente, noi non ripetiamo niente, come tu credi; noi, al contrario, facciamo ogni giorno del nuovo,
perché se quello che succede quassù, tra noi, è quasi sempre lo stesso dibattito, quel che invece
cambia sempre, ogni sera, è ciò che accade attorno a noi, tra la gente che ci ascolta. Noi, qui, non
siamo che una occasione, un’esca… un fiammifero che dovrebbe servire ad appiccare il fuoco. Se
trova della legna ben stagionata anche un piccolo fiammifero... eh, eh!
SARA Ammettiamo pure che sia così, accettiamo pure la similitudine del piccolo fiammifero... ma
non t’è mai venuto da chiederti se non si tratti, per caso, di un fiammifero già bagnato che non
riesce più ad appiccare il fuoco neanche alla legna più stagionata? Che interesse può avere una
polemica tra Caifa e Pilato? Sarà tutt’al più per qualcuno, una curiosità giuridica.
ELIA L’interrogatorio serve a noi, non a loro.
SARA Ma per noi le posizioni di Caifa e di Pilato non possono riservare sorprese tanto sono
definite. Per Caifa e per il Sinedrio, Gesù di Nazareth, il falegname, il capo di quei dodici straccioni
senza arte né parte, non poteva assolutamente essere il messia. Non lo dubitarono nemmeno per un
istante. Il solo pensarlo l’avrebbero ritenuto un empietà. Ebbero torto o ragione? Non lo so. Ma fu
così.
ELIA Lo so che fu così! Ma io vado oltre: perché non sospettarono nemmeno dal momento che
questo Gesù si manifestava in modo così sorprendente e dava certi segni e compiva certi gesti?
Dovevano almeno chiederselo.
SARA Per i sacerdoti quei segni e quei gesti non potevano rivelare o anche vagamente suggerire la
presenza del messia che si aspettava! No, no: per questa strada non giungeremo mai — mai — a
nulla di conclusivo, non accenderemo il più piccolo fuoco. È una strada priva di sorprese — ve lo
dico io! — Del resto la mia non è una obiezione nuova. Anche Daniele, negli ultimi tempi che restò
con noi, prima di venir ucciso, si era convinto che se volevamo giungere a risultati profondi,
impegnativi dovevamo cambiar strada coraggiosamente. È vero? Lo disse o no «coraggiosamente»?
ELIA Si. Lo disse.
DAVIDE Tu però, almeno allora, non condividesti quel suo atteggiamento.
SARA Non lo condivisi. Allora ero solo spettatrice... (Guarda Davide) Non prendevo parte e...
(quasi commiserandosi) Non avevo nessun coraggio. — Poi sono accaduti tanti fatti... gravi. Oggi
partecipo anch’io e ho cambiato parere... Soprattutto, m’è venuto un certo coraggio, direi perfino un
gran coraggio. Ti par poco! (Guarda Davide, poi scattando con veemenza) Si potrà cambiar parere!
O no?
ELIA Ma in pratica, che proponi? Daniele, allora, ci manifestò, è vero, un suo stato d’animo
mutato, ma non fece alcuna proposta.
SARA Vuoi proposte? Cominciamo a sconvolgere lo schema preordinato del nostro processo,
sentiamo altri testimoni, facciamo, altre domande...
ELIA Quali?
SARA Non lo so... ma estemporanee improvvisate... (Piano, quasi sottovoce) Se si cominciasse col
sentire la madre
ELIA Quale madre?
REBECCA La madre di Gesù. Maria di Nazareth.
SARA (accesa) Ecco! Perché non si prova a sentire che cosa risponde la madre di Gesù.
ELIA Se non l’abbiamo nemmeno tra i nostri testimoni, la madre di Gesù.
SARA Proprio per questo! Qualcuno farà la madre di Gesù. Solo così può venire l’illuminazione
nuova, quella che cerchiamo.
DAVIDE Aspettate prima d’infiammarvi. Siamo seri e prudenti.
SARA (polemica) Propongo invece che non si sia né seri né prudenti!
ELIA Basta! (A Davide) Volevi dire?
DAVIDE Volevo far rilevare quale valore giuridico può mai rivestire per il nostro dibattito la
testimonianza di questa madre? Nessuno. A meno che non si voglia fare tutt’altra cosa.
SARA Ecco! Io vorrei proprio fare tutt’altra cosa! E di quest’altra cosa tu hai paura.
DAVIDE Io, paura? Figurati! Per me… se il Presidente approva un nuovo… esperimento… io sono
pronto.
(Tutti guardano Elia)
ELIA (parlando di preferenza rivolto a Davide) Io approvo… perché penso che non sia per nulla -
come credono loro - fare tutt’altra cosa da quel che si è sempre fatto. Venga pure la madre di Gesù,
Maria di Nazareth. (Questo brusco invito rivolto da Elia verso il gruppo di testimoni provoca una
certa sorpresa) Avanti... Venga lei... se la sente di venire? (La donna annuisce) (Elia rivolgendosi
direttamente agli spettatori) Finora, ha raffigurato Claudia Procula, la moglie di Pilato, che influì
sul marito, secondo il racconto dei testi cristiani, per indurlo ad opporsi all’esecuzione di Gesù. Era
un testimone previsto nel nostro processo. Ma stasera sarà la madre di Gesù. (La donna si è tolta di
dosso il mantelletto romano che l’avvolgeva: ora è in vestito borghese)
MARIA (chiede un po’ timidamente) Che cosa devo fare per essere la madre di Gesù?
SARA (eccitata) Ma niente! Niente! Venga così... naturalmente. Lei è una madre, no?
MARIA No, non ancora.
ELIA Non importa.
(Maria, aggiustandosi il vestito e ravvivandosi un po’ i capelli, viene avanti. Si ferma davanti ad
Elia. Elia la guarda)
SARA Credo anzi che sia meglio così! Entriamo finalmente nel campo delle testimonianze non
previste. (A Davide) Puoi anche rifiutarti d’interrogare, se credi. Sarebbe tuo diritto.
DAVIDE Non me ne servirò.
SARA Credevo. Avanti, allora. Comincia.
DAVIDE (a Elia) Mi è consentito di rivolgere due parole al pubblico prima di dare inizio a questo
interrogatorio?
ELIA (dopo un istante di riflessione) Fai pure.
DAVIDE (si alza, si allontana dal tavolo dei giudici dirigendosi verso gli spettatori) Fino ad oggi
si era sempre evitato di far partecipare al dibattito certi personaggi – Maria, Giuseppe, lo stesso
Gesù - sia per rispettare una linea di vero processo sia, soprattutto, perché l’interrogatorio di questi
personaggi venerati da tutto il popolo cristiano avrebbe potuto non dico offendere, ma forse urtare o
anche semplicemente indisporre la sensibilità di qualche ascoltatore. Ora però che certe circostanze.
ci hanno indotto ad abbandonare questa linea di riserbo e di rispetto, prima di aprire il fuoco di fila
delle domande, vorrei che voi manifestaste il vostro consenso. Innanzitutto noi siamo vostri ospiti.
UNA VOCE Concesso.
UN’ALTRA VOCE Sentiamolo questo interrogatorio.
VOCE FEMMINILE Non si manchi di rispetto, però!
DAVIDE Naturalmente. (E rimane immobile davanti al pubblico quasi aspettasse non si sa quale
altro consenso. Bruscamente si allontana dalla ribalta e va al tavolo. Si ha l’impressione che la
voce del pubblico l’abbia irritato e l’abbia deciso a piantar tutto. Questa impressione è alimentata
dal fatto che giunto al tavolo, anziché sedersi, Davide si mette a raccogliere e a riordinare le sue
carte proprio come chi si disponga ad uscire. Invece apre un libretto che ha presa sul tavolo,
sfoglia le pagine, trova quel che cercava, legge in silenzio per qualche istante, poi alzando gli occhi
su Maria) State bene a sentire (legge) «Figlio, perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io siamo
così angosciati! Ti abbiamo cercato dappertutto! — Ed egli rispose: Perché vi preoccupate tanto di
me? Non sapete che devo curare le cose del Padre mio che sta nei cieli?». (Un silenzio) Quanti anni
aveva quando accadde questo?
MARIA Dodici. Accadde quando andammo tutti e tre a Gerusalemme, per la Pasqua.
DAVIDE Non ebbe, il ragazzo, qualche altra parola di scusa o di pentimento oltre... queste
piuttosto sprezzanti che, secondo i testi, vi rivolse?
MARIA No. Continuò a parlare ai sapienti del tempio che lo circondavano ammirati.
DAVIDE Siete ben sicura che si trattasse proprio di dottori del tempio e non dei soliti pellegrini che
vengono dalla campagna per le feste, e son sempre pronti a meravigliarsi di tutto?
MARIA Erano dottori. Come potevo confondere dei sacerdoti con dei contadini.
DAVIDE E dopo, quando prendeste la via del ritorno e rimaneste sola col ragazzo, che
giustificazione dette dello smarrimento?
MARIA Nessuna. Non cercò nemmeno di giustificarsi. Non aprimmo bocca su quanto era
successo.
DAVIDE Strano. Si, strano soprattutto da parte vostra. A meno che non foste solita lasciarlo solo.
MARIA Oh, no.
DAVIDE E allora! Vi sembrò l’atteggiamento che un figlio – ancora un fanciullo - deve tenere
verso dei genitori angosciati che lo cercano disperatamente per ore e ore e finalmente lo trovano in
circostanze per lo meno sorprendenti?
MARIA (semplice) Che volete: s’era dimenticato semplicemente di noi.
DAVIDE (cercando di capovolgere le responsabilità) E voi di lui.
MARIA Io ero tranquilla: lo credevo con Giuseppe. Sapete come avviene in questi pellegrinaggi: le
donne vanno avanti e dietro gli uomini. Ed ero sicura che Gesù stava dietro con Giuseppe. Ce ne
accorgemmo alla prima sosta. Giuseppe aveva creduto che il bambino viaggiasse con me...
DAVIDE (Ironico) Invece predicava nel tempio come un bambino prodigio, dimentico di voi. Vi
eravate già accorta che era un bambino prodigio, il vostro Gesù?
MARIA Oh! Non era davvero come tutti gli altri.
DAVIDE Perché?
MARIA Fin dal piccolo, all’età che i bambini s’attaccano alla sottana della madre e non la lasciano
mai un momento, lui se ne restava solo, in disparte, e faceva molte cose senza di me. Io mi resi
conto che pur così bambino aveva già certi pensieri da cui io ero esclusa.
DAVIDE Questa non fu per caso una vostra idea, una vostra suggestione di madre? Ogni madre in
cuor suo vede il proprio figlio come una creatura straordinaria.
MARIA Oh no! Quanto sarebbe stato più facile il mio compito se Gesù fosse stato come gli altri!
DAVIDE Allora ditemi: con i compagni com’era? Che faceva?
MARIA Giocava.
DAVIDE Allegro?
MARIA Si.
DAVIDE Prepotente, manesco nei giochi? Desideroso di primeggiare, di vincere a tutti i costi?
MARIA I compagni lo cercavano. Lo chiamavano a lungo, da fuori, quando non si decideva ad
uscire.
DAVIDE Da ragazzi si cerca proprio chi è il più forte ed il più bravo tra i compagni. Sembra che
non si possa giocare senza di lui, anche se questo ci toglie la possibilità di primeggiare e di vincere.
Sembra una contraddizione e non lo è. I ragazzi hanno bisogno di un condottiero.
MARIA Non credo sia stato il caso di Gesù con i suoi compagni.
DAVIDE Dove aveva imparato quello che spiegò ai dottori del tempio, a dodici anni?
MARIA Non saprei.
DAVIDE Evidentemente la lettura dei Libri sacri doveva essere una sua idea fissa. Le vicende della
schiavitù del nostro popolo, le storie gloriose dei Re, gli annunci immaginosi dei Profeti dovettero
esaltarlo fin da ragazzo!
MARIA Eppure non sapeva leggere a quell’età. Non era mai andato a scuola.
DAVIDE (irritandosi) Non importa che sia andato a scuola. Basta che qualcuno gli abbia
raccontato queste storie meravigliose. Ne sapeva molte quasi a memoria... (Accusatorio) Dovete
avergliele raccontate voi o il padre Giuseppe.
MARIA No.
DAVIDE E chi rese, allora, quel ragazzo fanatico dei Libri sacri? Chi gli mise in testa l’idea di un
messia che stava per giungere? Chi lo fece fantasticare, chi lo esaltò? Forse qualcuno a vostra
insaputa montò la testa al fanciullo.
MARIA Non lo credo. La sua vita la conoscevamo bene; e conoscevamo anche bene la gente del
paese: non c’era nessuno che potesse montargli la testa, come dite voi. Un piccolo paese, e una vita
ritirata, la nostra. Sapeste!
DAVIDE Allora? Che spiegazione trovaste a quel ch’era successo nel tempio di Gerusalemme?
MARIA Nessuna spiegazione. La sapienza di quel mio figlio ancora bambino era un mistero: eh, si,
proprio un mistero. (Grave e trepida) Allora ricominciai a tremare.
DAVIDE Ricominciaste a tremare! Perché «ricominciaste»? C’era stato qualcosa, prima, che vi
aveva fatto già tremare?
MARIA Com’era nato quel figlio era stato il mio primo, grande tremore, e il primo mistero.
DAVIDE Un altro mistero! Una catena di misteri! Presto, vedrete, diventeranno tanti che non
sapremo più come districarci! – Per spiegare la vita, il carattere di questo Personaggio, bisognerà ammettere un numero eccessivo di... misteri! A cominciare dalla nascita. (Rivolgendosi ad Elia)
Loro dicono misteri; io potrei dire: favole, delle straordinarie magnifiche favole.
ELIA Vorrei che si evitassero i commenti personali, Giudice Accusatore.
DAVIDE Giusto. Chiedo che venga qualcuno per rispondere a nome di Giuseppe, il padre putativo
di Gesù! (Verso il gruppo dei testimoni) Uno... Uno qualunque... Desidero, anzi, che sia proprio uno
qualunque, e reagisca spontaneamente... Anche uno del pubblico...
ELIA(interrompendo)Un uomo di mezza età... no, non troppo vecchio... chiedo scusa... Io credo
che Giuseppe non dovesse aver toccato nemmeno la quarantina... (Uno dei testimoni s’è fatto
avanti) Si, si: va bene. Per me va bene. Avanti. (Al pubblico) Anche quella di Giuseppe è una voce
nuova nel nostro processo: mai udita prima; una voce improvvisata. Parleremo della nascita di
Gesù. (Giuseppe è in piedi davanti ad Elia e Davide. Persuasivo, a voce più bassa) Stimatissimi
ascoltatori, giunti a questo punto, io sono indotto a rivolgere una doppia raccomandazione:
all’Accusatore, di essere quanto mai delicato e discreto nel formulare le sue domande; e a tutti voi,
di volere ascoltare con... raccoglimento le parole che verranno pronunciate e di misurare dagli
accenni che se ne faranno la portata di questo smisurato evento d’amore. (Una lunga pausa. S’è
fatto un profondo silenzio. Poi Elia si rivolge a Davide e lo invita col gesto a incominciare
l’interrogatorio di Giuseppe)
DAVIDE Vorrei essere dispensato.
ELIA E come mai? L’avevi chiesto tu.
DAVIDE È vero. Ma preferisco rinunciarvi.
ELIA Parlerò io, allora. (Dopo aver fissato Giuseppe) Giuseppe, volete confermare se la promessa
che legò a voi Maria di Nazareth come sposa, contemplava anche il vero impegno - impegno
assunto liberamente - di custodire e proteggere in casa vostra una vergine?
GIUSEPPE Lo confermo. Io fui contento di proteggerla e di viverle accanto. Mi piacque di viverle
accanto. Mi piacque di vivere all’ombra di Maria: il suo sguardo, il suo sorriso, il suo respiro
bastarono al mio amore.
ELIA Parlateci dell’evento, Giuseppe.
GIUSEPPE Io, in quella stagione, ebbi ad assentarmi da casa per dei lavori nel porto di Cafarnao.
Era la vigilia della giornata festiva quando m’incamminai verso casa; e arrivai che annottava. La
nostra casa è silenziosa, penso che il sonno abbia vinto Maria prima del mio arrivo. Invece mi
accorgo che è seduta e se ne sta immobile, a capo chino, entro l’ombra che l’albero stampa per terra
in quella gran notte di luna. Io mi avvicino, timoroso. Ma lei, subito: «Giuseppe avvicinati».
(Rivolgendosi a Maria) Fu proprio con queste parole che mi accolse... è vero?
MARIA Si. E Maria aggiunse «Tutto si è proprio avverato».
GIUSEPPE Che cosa si è avverato?
MARIA (a capo chino) Sto per avere un figlio.
GIUSEPPE (con improvvisa disperazione) Ora capisco il patto... Ecco la ricompensa alla mia fede!
Che cosa è mai diventata la mia casa? Non posso più restare…
MARIA Ti supplico, Giuseppe, ti scongiuro: non lasciarmi così! Tu non puoi credere, lo so... ma
devi ugualmente credere... anche se ti occorre una fede più grande di te... devi… devi. (Ma
Giuseppe si è allontanato) Giuseppe? Giuseppe? (Allora Maria singhiozzando si siede chiudendosi
la testa tra le mani)
GIUSEPPE Ero deciso a non rimettere più piede nella mia casa... e l’immensa fede che avevo
avuto nella mia sposa, e la gioia con cui avevo accolto il nostro patto d’amore pur di poterle vivere
accanto, mi si tramutavano, adesso, in compassione di me stesso. Solo a tratti, quando nelle pause
del mio dolore rivedevo il volto di lei, m’usciva detto: «Non è possibile...». — Fu durante una di
queste pause di assurda speranza, che la stanchezza mi vinse, e mi prese il sonno, lì, in mezzo al
prato dov’ero andato a meditare sulla mia sorte. E nel sonno m’apparve una figura luminosa...
ELIA (delicatamente, sottovoce) Fu un sogno o una... apparizione?
GIUSEPPE (netto) Fu un sogno. Ma così chiaro che quando mi risvegliai fui indotto a considerarlo
come un’apparizione.
ELIA Dicevate della figura luminosa... — scusate, v’ho interrotto.
GIUSEPPE Si, luminosa. Mi fu vicina e mi disse: «Hai torto di dubitare della tua sposa. Maria
metterà al mondo un figlio per volontà di Dio. Lo chiamerai Gesù. Egli sarà il Salvatore del tuo
popolo. Torna, torna a casa, uomo giusto». (Pausa)
ELIA Credeste a quelle parole che vi sembrò di aver udito in sogno?
GIUSEPPE (con fierezza e umiltà) Si. Io ho voluto credere quello che nessun altro avrebbe forse
mai creduto. Ho voluto sperare che proprio in casa mia si sarebbe avverata la grande speranza
d’Israele.
ELIA (si alza in piedi, e mormora commosso) La grande speranza d’Israele... Vi capisco.
GIUSEPPE Così, riaprii la porta di casa... (Si avvicina a Maria che è rimasta seduta con la testa
tra le mani, e dice) «Maria, tu sei benedetta tra tutte le donne, e sarà benedetto il figlio che nascerà
da te. Il suo nome sarà Gesù». — E da quel momento cominciai a proteggere la madre e il figlio —
e custodii nel cuore il mistero della sua nascita.
(Lungo silenzio. Elia si siede)
DAVIDE (a bassa voce, lento, ma insofferente) Non vorrei, però, che ci lasciassimo suggestionare
da un clima, da un’atmosfera. Anche io, se volessi, potrei perfino commuovermi. Ma non è la
commozione che cerchiamo. Accade quel che avevo previsto: stiamo addentrandoci sempre più per
la strada dei miracoli, dei misteri, delle apparizioni. Non vorrei che mi si giudicasse irriverente se
torno a dire: favole… favole...
REBECCA D’altra parte se vogliamo continuare ad esaminare il caso di Gesù di Nazareth, non
possiamo sorvolare su certi aspetti straordinari della sua vita. Meglio affrontarli!
SARA Io propongo che la questione dei miracoli venga affrontata apertamente.
CAIFA Lo penso anch’io. Tanto più che furono proprio i miracoli a creargli in mezzo al popolino
la fama di messia. Non capivano la sua dottrina, ma capirono i miracoli.
DAVIDE Un momento. Non vorrei essere frainteso. Non vorrei, cioè, che si pensasse che io nego,
per principio, i miracoli. L’Antico Testamento è pieno di miracoli, io credo nell’Antico Testamento.
Soltanto che qui non siamo venuti per giudicare se quelli di Gesù furono o no veri miracoli. Siamo
impreparati a questo dibattito. Siamo incompetenti a discuterne, penso io. Qui dobbiamo soltanto
discutere se la sua condanna fu o no giustificata dalla legge giudaica. È il solo dibattito che
possiamo fare. Io insisto ancora nel riportare questo processo nel suo giusto quadro; ridurlo, cioè, a
un fatto giuridico.
SARA E qui sbagli! Perché, tu lo voglia o no, questo è un dibattito spirituale, religioso, o quanto
meno di... coscienza.
DAVIDE (ironico) Non sapevo che si corresse anche il rischio di poterne uscire… convertiti! —Mi
rimetto comunque al Presidente.
ELIA Credo anch’io che, a parte la forma che noi abbiamo voluto dare al nostro processo, il
tormento, la febbre — ecco, proprio la febbre — di ricerca che ci muove da anni, sia qualcosa di più... sia molto, molto più di un dubbio giuridico. Si apra pure il dibattito sulla questione dei
miracoli. (Una pausa; poi di slancio) E coraggiosamente! (Si guarda attorno; poi con lieve,
impercettibile ironia) Naturalmente, pur parlando dei miracoli, noi non potremo disporre,
rispettabili ascoltatori, di quelli che si è soliti chiamare «i periti», «gli esperti»... Oggi sono molto
ascoltati. È il loro tempo. Pazienza! Ma cercherò di supplire io alla loro mancanza. (Rivolgendosi a
Maria) Gesù aveva trentaquattro anni quando lasciò il paese e continuò quella che si è soliti
chiamare la sua «vita pubblica».
MARIA (annuisce) Si.
ELIA Come vi lasciò? Come vi lasciaste?
MARIA Oh, come si lasciano una madre e un figlio. Perché, vedete, quel che forse si stenta a
capire, a credere è che nonostante quei segni meravigliosi — segni del cielo — miracoli,
apparizioni, misteri! — che precedettero e accompagnarono la nascita di Gesù e che riapparvero
una volta ancora a dodici anni, lui, per me, continuava ad essere un figlio vero, reale, proprio come
può essere l’unico figlio di una madre qualunque. (Più sottovoce) Io ve lo voglio proprio confidare:
nonostante quei segni eccezionali, ci fu un momento — anni e anni furono! — un momento in cui
pensai che Gesù fosse un figlio come tutti, ed io potessi godermelo come una madre si gode quel
che le appartiene. Più nulla, per anni, era venuto a turbare la nostra vita modesta: più nessuna voce
misteriosa, più nessun segno arcano: la pace, il lavoro soltanto, le abitudini di casa — io e lui io e
lui più vicini che mai, dopo che Giuseppe era morto. Ero in questo stato di materna soddisfazione,
quando Gesù, un giorno, interrompendo un lavoro, mi dice: «Mamma, tessi una tunica nuova per
me. Presto dovrò partire, e mi piace fare il viaggio con una nuova tunica rossa». Il tremore che mi
diedero quelle poche, semplici parole fu più forte di quello che provai — fanciulla — alle parole e
alla vista dell’Angelo Annunciatore. Non ebbi fiato per rispondere. Perché avevo capito. Capito
tutto. Partiva. La sua missione era cresciuta con lui. E doveva lasciarmi. Doveva. E quel giorno,
quando si chiuse alle spalle la porta di casa, e sparì sotto, nel sentiero che scendeva, io piansi.
ELIA E si volse a salutarvi?
MARIA No, non si voltò nemmeno. Mi aveva già detto prima, mentre indossava la tunica che gli
avevo fatto: «Tu mi sentirai di lontano, mamma».
ELIA Quando lo rivedeste?
MARIA Oh, nei primi tempi andava nelle vicinanze, e ritornava a casa ogni tre o quattro giorni.
ELIA Solo?
MARIA Solo. Ma una sera rientrò con tre amici: Pietro, Giacomo e un giovanetto che si chiamava
Giovanni. Si fermarono da noi, e dovetti preparare dei pagliericci perché potessero dormire. Proprio
in quei giorni fummo invitati a un pranzo di nozze, in un paese vicino, a Cana. Andammo: Gesù con
me e i suoi tre compagni. E durante il banchetto, in mezzo ai canti e ai brindisi degli invitati, Gesù
fece il primo prodigio; mutò l’acqua in vino. Lo fece quasi di nascosto, ma io lo sapevo… io e i
servitori. Il giorno dopo ripartì. Le sue lontananze si fecero più lunghe. Mi dicevano che predicava
il regno di Dio, e che molti lo seguivano. Aveva ormai preso la sua strada.
ELIA La sua strada.
DAVIDE Chiamiamola pure la strada dei miracoli. (Rivolgendosi al pubblico) C’è bisogno di
illustrarli questi miracoli o vogliamo cominciare a discuterli subito?
ELIA Illustriamoli, anzitutto.
DAVIDE Ma sono tanti! Sono perfino troppi per essere tutti buoni! Ce n’è, comunque, per tutti i
gusti: pesche miracolose, tempeste placate, malati che guariscono, storpi che si mettono a
camminare — «alzati e cammina» — ciechi che riaprono gli occhi alla luce, perfino morti che
ritornano in vita... Comunque... comunque, se si preferisce, prima, analizzare la natura di questi miracoli, avanti, si invitino a deporre i testimoni diretti. Gli apostoli: Pietro, Giovanni, Tommaso,
quello che volle toccare con mano... vengano pure avanti! (Si distaccano dal gruppo dei testimoni,
Pietro, Giovanni e Tonmmaso. Portano come distintivo qualche emblema caratteristico: Pietro una
rete da pescatore buttata sulla spalla; Giovanni uno strumento musicale a tracolla; Tommaso ha
un occhio bendato)
ELIA Abbiamo davanti tre discepoli, tre uomini che più degli altri hanno avuto la possibilità di
assistere ai miracoli del loro maestro. Lo seguivano dovunque. E hanno visto, tutto: quel che
accadeva prima, durante e dopo un prodigio, i gesti di Gesù, le reazioni della folla… (Indicando i
tre testimoni) Tre uomini differentissimi... uno (Pietro) è un pescatore: lo dovremmo, veramente,
chiamare Simone, ma da quando Gesù lo chiamò «roccia», tutti lo chiamano Pietro; questo
(Giovanni) è Giovanni, il fratello di Giacomo. Erano così pieni di slancio, di impeto che furono
chiamati: «i figli del tuono». Famiglia di pescatori anche la sua (indica Giovanni) ma lui, quando
Gesù lo incontra non ha ancora fatto i calli alle mani per la fatica di tirar su le reti, no, perché già
legge e studia... quest’altro è Tommaso: predilige la vita militare, e ci ha rimesso un occhio. (A
Davide) Passiamo all’interrogatorio.
DAVIDE Vorrei intervenire il meno possibile. Vorrei che parlassero loro. Tu, Pietro. Vieni avanti.
Racconta, e non tanto a me, ma al pubblico degli ascoltatori - volgiti… ecco, così: rivolto a loro -
racconta un miracolo di Gesù, uno qualunque, quello che ti piace di più, quello che di più ti ha
colpito, un miracolo che hai visto proprio tu, con i tuoi occhi e raccontalo con parole tue, senza
servirti di quelle del Vangelo che sai certamente già a memoria. No, Parole tue. (Un silenzio)
Avanti!
GIOVANNI (intervenendo) Non vorrei che credeste che i miracoli fossero la principale
occupazione di Gesù!
DAVIDE (ironico) Ah, no?
GIOVANNI Vi sbagliate!
DAVIDE Prendo atto di questa vostra affermazione. Gesù faceva i miracoli senza dar loro gran
peso, è questo che volete dire?
PIETRO (impetuoso) Si, li faceva quasi a malincuore.
GIOVANNI Anche se non volete crederlo, io vi dico che Gesù diventava triste quando la gente gli
chiedeva un prodigio. Sembrava dire: non capiscono che questo linguaggio! Allora si nascondeva,
scappava perfino.
PIETRO Una volta, che la folla si accalcava sulla spiaggia del lago di Tiberiade, e in un momento
di entusiasmo voleva proclamarlo re, Gesù fu costretto a salire su una barca e a prendere il largo.
Ma quando giunse alla sponda opposta, c’era anche lì la stessa gran turba di popolo che l’aspettava.
Allora riprese a parlare, a predicare... e continuò; continuò finché si fece notte...
GIOVANNI Ecco quel che Gesù faceva con slancio: parlare! Questo si! Parlare… parlare…
spiegare, spiegare: si accaniva, si esaltava, si commuoveva a spiegare.
DAVIDE È vero che la gente, nonostante le sue parole, non capiva quasi niente di quel che diceva?
GIOVANNI Non se ne andava, comunque! Rimaneva ad ascoltarlo per giornate intere, in piedi, al
sole, senza mangiare, senza riposare — anche se non capiva!
DAVIDE Insomma era per i discorsi o in attesa dei miracoli che la gente aspettava con tanta
pazienza?
GIOVANNI I veri miracoli di Gesù furono le parole, gli annunci, i messaggi!
DAVIDE (rivolgendosi ai colleghi) Prendiamone atto. È importante. E forse è vero. Però, adesso
siamo stati esortati dal Presidente a parlare dei miracoli. (A Pietro) Tu dovevi raccontarci qualcosa.
PIETRO Ecco, io... ma avevo già cominciato a raccontare di quella volta che era fuggito su una
barca... E poi era disceso all’altra riva del lago. Erano tre giorni che parlava e parlava. Alla sera noi
gli andiamo accanto, e gli diciamo: «Maestro, smetti un po’ di predicare. La gente così potrà andare
nei villaggi vicini a mangiare un boccone». Gesù sembrò accorgersi solo in quel momento che tutta
quella folla aveva digiunato per ascoltarlo, e subitamente si commosse. «Fateli sedere», ci disse,
«non mandateli via: fateli riposare, e distribuite quel che avete.» Ma noi non avevamo niente. Un
po’ di pane e qualche pesce era proprio niente per tutta quella gente. E glielo dicemmo. Ma lui
rispose: “Date, date tutto quello che avete… date”. E noi cominciammo a distribuire quei pani e
quei pochi pesci; e i pani e i pesci non diminuivano, ma bastavano… E noi a dare, a dare… a dare
sempre… E questo veder sempre colmi i canestri ci riempiva, si, di stupore, ma anche, devo dire, di
allegria, si, proprio di allegria come se si trattasse di un meraviglioso gioco… E sorridevamo tra noi
discepoli perché solamente noi sapevamo del miracolo, solo noi… La turba non s’era accorta di
niente: mangiava e riposava in riva al mare. Quando ritornammo da Gesù, ed egli ci chiede: “Non
hanno più fame?”, e noi gli diciamo di no, che sono sazi, e il cibo è bastato per tutti e ce n’è, anzi,
avanzato, - egli quasi tra sé: “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati”.
GIOVANNI Beati i mansueti perché erediteranno la terra.
TOMMASO Beati coloro che piangono perché saranno consolati. (Queste «Beatitudini» cadute
improvvise e inaspettate, hanno creato una straordinaria tensione di tono)
DAVIDE (sottovoce, come per sfuggire a qualcosa che gli parla dentro, toccandosi la testa)
Basta... basta...
UNA VOCE (dal tono un po’ rauco) Perché basta? (Forte) Beati i disgraziati, beati i poveracci! Il
paradiso sarà loro!
DAVIDE (sempre sottovoce, come se supplicasse) La smetta lei... la smetta! Basta con questa
incontenibile improvvisazione. Lo spettacolo sta diventando increscioso. Chiedo scusa.
UN’ALTRA VOCE Perché chiede scusa? Di che?
DAVIDE Perché questo processo ci sfugge di mano; e voi siete costretti ad ascoltare un dibattito
del tutto diverso da quello per cui siete stati invitati, ecco. Se fossimo restati nei termini del
dibattito, vi assicuro che avreste sentito cose ben più serie… severe... documentate. Un vero
processo. Invece: i prodigi, i sogni, le voci, i miracoli... — Non che mi manchino gli argomenti per
ribattere, eh, no! Quel miracolo collettivo raccontato un momento fa da Pietro il pescatore, potrebbe
essere contestato in cento modi e con cento argomenti. Era una turba, ci ha detto, una turba
numerosa... Ma quale turba? Quanti potevano mai essere? E chi ci dice che ognuno non avesse la
sua brava provvista com’è solita fare la povera gente quando parte per un viaggetto? L’involto, il
cartoccio, la sporta... E quel po’ di provvista che ognuno aveva fu messo in comune, e bastò a tutti!
I pochi pani e i pochi pesci erano quel che avevano i discepoli. In fondo ognuno dovette mangiare
col proprio! Dov’è il miracolo?
GIOVANNI Voi inventate!
DAVIDE Non invento. Interpreto. Do spiegazioni logiche, razionali.
GIOVANNI (impetuoso, aggressivo) E il figlio della vedova di Naim? Era già morto quando Gesù
l’incontrò. Il funerale s’era già in incamminato. La madre piangeva. E il dolore di quella madre
impietosì Gesù. Disse: “Non piangere”. I portatori s’erano fermati e gli avevano deposto ai piedi la
bara. Io ero proprio accanto. La toccò: “Fanciullo, io ti dico, levati su!”. E il fanciullo, si muove, si
alza a sedere e comincia a parlare. — «Ecco, oh madre, ti rendo il tuo figliuolo”.
REBECCA (a Davide) Cosa c’è qui da interpretare? Che spiegazione logica c’è da trovare?
DAVIDE Che il bimbo non era morto, ma solo addormentato.
GIOVANNI Queste, proprio queste son le parole che Gesù disse un’altra volta: «La fanciulla non è
morta, ma dorme». Le disse in casa del capo della sinagoga, Giairo, a cui era morta la figlia.
ELIA (ripete) ... non è morta... ma dorme...
GIOVANNI (alto) Noi abbiamo creduto e crediamo che il mondo non sia morto, ma dorma!
DAVIDE Voi non avete creduto a niente! Voi non avete creduto ai miracoli! Voi li avete visti, ma
non ne siete stati persuasi!
REBECCA Come puoi accusarli di questo?
SARA Sono affermazioni gratuite! Bel modo di fare l’inchiesta!
DAVIDE È l’unico modo per non rimanere impigliati nel misticismo e nelle favole! D’altra parte lo
dimostrerò con prove. Vedrete. (Esce da dietro il tavolo e viene davanti altre testimoni) Voi dunque
asserite di aver creduto fermamente ai miracoli. Lo confermate?
PIETRO Sicuro.
GIOVANNI Certo.
TOMMASO Senz’altro.
DAVIDE (a Pietro) Come mai allora tu l’hai rinnegato - e più volte - questo Gesù portentoso, che
aveva fatto tanti miracoli sotto i tuoi occhi? (Silenzio. Brusco) Rispondi! L’hai rinnegato si o no?
PIETRO Si. L’ho rinnegato!
DAVIDE (verso Tommaso) E tu? Tu, Tommaso, hai creduto così poco a quei miracoli che ti sei
rifiutato recisamente di prestar fede alla notizia che Gesù era risorto. Hai detto: «Non lo credo. Se
non vedo non lo credo». E difatti hai voluto toccare con le tue mani il suo corpo, le sue ferite. I
miracoli che avevi visto non ti erano serviti a niente!
TOMMASO È vero che dubitai. Ma quando vidi e... toccai, mi pentii d’aver dubitato, e tornai a
credere.
DAVIDE Ricordati che vedesti e toccasti le ferite di un vivo, non di un morto.
TOMMASO Di un resuscitato da morte.
DAVIDE Ecco: questo del resuscitato resta da vedere, da provare. E lo vedremo. (Verso il gruppo
dei testimoni) Ehi, tu... tu, Giuda! Vieni avanti, che è il tuo turno. (Giuda viene avanti forse con il
sacchetto delle monete alla cintola e con la corda per impiccarsi buttata sulle spalle come un
arnese di lavoro. È davanti a Davide. Come se volesse ingraziarselo) Tu, Giuda, che pure li avevi
visti quei miracoli — e non uno soltanto, ma molti, ma tanti— tu non hai esitato a tradirlo, a
venderlo, l’uomo dei miracoli. È vero che i miracoli non t’hanno dato una esitazione di più? Non
t’hanno trattenuto un’ora di più? È vero?
GIUDA È vero.
DAVIDE È vero. E che vuoi dire? Pensiamoci insieme, egregi ascoltatori. Ragioniamo. Come si
poteva tradire, come si poteva rinnegare un uomo che crediamo veramente dotato del potere di fare
degli autentici miracoli? Impossibile! Perché? Per gratitudine, per amore? No. Lasciamo stare questi
sentimenti, che pur avrebbero dovuto pesare sulle loro decisioni, sui loro atti. Se davvero avessero
creduto ai miracoli… non avrebbero osato. Ecco il punto. (Vicinissimo ai tre) Avreste avuto paura.
Paura del suo castigo, paura della sua vendetta, se davvero foste stati persuasi che il suo potere
miracoloso era reale. Non avreste osato mai! Perché invece l’avete fatto? Perché sapevate che non
vi avrebbe distrutto, incenerito con il suo castigo! Perché sapevate che egli non aveva quel
prodigioso potere di farei miracoli. Quelli che accadevano non erano veri miracoli — voi lo
sapevate bene, voi soli lo sapevate — ma soltanto suggestioni, simulazioni, invenzioni... per cui quando venne il momento di rinnegarlo e di tradirlo lo faceste, certi della vostra impunità. Voi, voi,
i discepoli, siete la prova più schiacciante contro i presunti miracoli di Gesù di Nazareth.
CAIFA Non siate così perentorio, mi permetto di consigliare. lo non sono affatto qui per
testimoniare se quelli fossero o no veri miracoli, però debbo dire che l’uomo cieco fin dalla nascita
che riacquistò la vista, e il lebbroso che ritornò intatto sono stati episodi per lo meno inconsueti
controllati da noi sacerdoti.
DAVIDE In che modo controllati?
CAIFA Voi sapete che noi sacerdoti avevamo l’autorità di negare o meno l’accesso in città a
chiunque, affetto da lebbra, si dichiarava guarito. Doveva essere visto da noi. Ebbene, quella volta,
constatammo che l’uomo poteva dirsi mondato. Fu proprio in seguito a questi fatti che fermammo la
nostra attenzione su questo Gesù, e lo facemmo seguire.
DAVIDE E a che conclusione arrivaste?
CAIFA Che dei fatti straordinari accompagnavano la sua predicazione.
DAVIDE Ma voi personalmente ne foste qualche volta testimone?
CAIFA No. Personalmente mai.
DAVIDE Allora?
CAIFA Ma Giaìro della sinagoga - quello che ebbe la figlia resuscitata - me ne rese testimonianza.
DAVIDE Parte interessata, Giaìro. Testimonianza non valida.
CAIFA Era un uomo degno della massima fede. E non c’è dubbio che fosse dalla nostra parte.
DAVIDE Evidentemente lo vinse l’amore per la figlia, e fu accecato. Accade.
SARA Accecato? Sentitelo. Ma una figlia vale ben più di un partito!
DAVIDE Che c’entra qui il partito?
SARA I sacerdoti non erano il partito di Giaìro? Se non vuoi dir partito, di’ quello che vuoi!
DAVIDE Sostengo che fu accecato.
CAIFA C’è una tale luce, vedi, in quelli che tu consideri accecamenti, che non l’immagini
nemmeno.
DAVIDE (enigmatico, allusivo) L’immagino bene, invece. Anzi, lo so. Proprio per questo insisto.
Proprio per questo sostengo che tutti furono tratti in inganno. Anche voi sacerdoti. Quel che mi
preme dimostrare, quel che credo d’aver già dimostrato, è che per i discepoli non ci furono mai
miracoli, né prima né dopo. Essi sapevano.
PIETRO Non vero! Non fateci dire quel che non abbiamo mai detto. Noi credemmo in Lui. Noi
credemmo nei miracoli che faceva.
DAVIDE Perché allora non moriste tutti con lui, per lui?
PIETRO (dolorosamente) È vero: non morimmo... anzi lo rinnegammo, chi apertamente, come me,
chi con la fuga o rinchiudendosi in casa... lo dissi: «Non lo conosco... non l’ho mai visto... Non
sono dei suoi!». Disprezzatemi pure. Ma quel che non volete capire e che purtroppo io, forse, non
riuscirò a farvi intendere, è che si può nello stesso tempo credere e tradire, amare e rinnegare... si!
Si! Ve lo dico io che si può! L’amavo, io, mentre dicevo nel cortile del palazzo di Anna: «Non l’ho
mai visto... non lo conosco»... l’amavo sempre!
DAVIDE (un po’ sconvolto) Ma perché allora...?
PIETRO Perché? È così... Senza alcun perché. Eravamo deboli: perché non volete tener conto di
questo: che fummo deboli… tre manti… che avemmo paura. Vili. Dei discepoli vili, d’accordo. Che
volete farci se siamo fatti così. Non eravamo degli eroi. Lui lo sapeva. Ci scelse tra la gente
comune. Disse: tu, tu e tu - venitemi dietro, seguitemi... così come siete, si... Ed eravamo niente. -
Poi vedendo quel che faceva ci gonfiammo un po’. Ci pareva di essere anche noi un po’ gli autori di
quei prodigi, o per lo meno dei collaboratori; ci sentivamo appartenenti al «gruppo dei fedeli» mi
capite? E quando lo vedemmo preso, picchiato, sanguinante, sconfitto... aspettammo da lui il gesto..
una luce, una voce che venisse dal cielo e umiliasse i suoi nemici... — ma il miracolo non venne. Fu
allora che ci prese la paura. Si, avemmo tutti paura. L’abbandonai. Eppure — dovete credermi —
gli volevo ancora bene; credevo che era il messia.
GIUDA Io invece non lo credevo più. Quando lo consegnai in mano al Sinedrio, non avevo più
alcun dubbio: Gesù di Nazareth non era il messia che aspettavamo; non era lui che avrebbe liberato
il nostro popolo. Tutti mi considerano il più mostruoso dei traditori, lo so bene. Ma ci si sbaglia sul
mio conto. Non sono stato un volgare traditore: sono stato soltanto un uomo coerente.
SARA Come? Ripetete!
GIUDA Coerente, ho detto.
DAVIDE Spiegatevi.
GIUDA Quando non ebbi più fede in lui, sentii che era mio dovere darlo in mano alla giustizia. E lo
feci.
ELIA Parlate di dovere?
GIUDA Si, di dovere. Perché se Gesù non era colui che avrebbe liberato il nostro popolo dalla
servitù, diventava all’improvviso ai miei occhi, il più tenace oppositore di questa riscossa. Mi
appariva come un rinunciatario. E pericoloso, per l’ascendente enorme che aveva sul popolo.
Quando me ne convinsi lo diedi alle autorità per il bene del mio paese. Del resto molto prima che io
lo tradissi, lui aveva tradito noi; anzi: aveva tradito me.
PIETRO Te?
GIUDA Si, con delle promesse non mantenute.
REBECCA Fatto personale?
GIUDA Ammettiamolo. Tutto è fatto personale. Sempre.
SARA Approvo.
REBECCA Approvi?
SARA Si, quello che ha detto adesso: che tutto, in fondo, si riduce sempre a fatti personali.
DAVIDE (troncando) Come e quando entraste in contatto con Gesù di Nazareth?
GIUDA Fui uno degli ultimi a far parte del gruppo dei discepoli. Gesù attirava già le turbe dietro di
sé quando io m’inserii. A quel tempo il gruppo dei seguaci era quanto mai disordinato e disperso: io
entrai e lo organizzai.
PIETRO Chi vuol toglierti questo merito!
SARA Lo sappiamo bene che foste l’amministratore, il tesoriere della piccola comunità. Il denaro
era in mano vostra.
GIUDA Giusto. Ma non sapete una cosa: io non sono stato soltanto l’amministratore, ma il
finanziatore.
ELIA Come? Spiegatevi.
GIUDA Volentieri. (Pausa) Io impiegai tutto il mio per organizzare e mantenere la vita degli
apostoli.
ELIA Come... mantenere?
GIUDA Mantenere — semplicemente. Dapprincipio la vita era dura. Predicavano: la gente
ascoltava, ma poi se ne andava. Passarono dei mesi e dei mesi prima che ci prendessero sul serio.
Come movimento organizzato non esisteva ancora fino al giorno in cui arrivai io. È vero? (Pietro
annuisce) Nonostante questo io credetti fin dal primo momento che quel piccolo gruppetto
capeggiato da Gesù di Nazareth avrebbe potuto appiccare il fuoco della rivolta al nostro paese. Lo
credetti con tutte le mie forze. Per questo dissi a loro: Voi badate a parlare, a predicare, a far
proseliti; voi viaggiate per tutto il paese, non pensate ad altro, smettete di lavorare e di occuparvi
dei vostri affari. D’ora in poi io mi occuperò di farvi vivere. Il mio denaro è vostro. Solo così
diventammo un gruppo, e in poco tempo si parlò di noi.
ELIA (rivolto agli apostoli) È vero?
PIETRO Si.
GIOVANNI È vero.
TOMMASO Mise in comune tutto il suo.
SARA (ironica a Davide) Tu, allora, non puoi che considerarlo un precursore!
ELIA Questo dovrebbe darvi una posizione di preminenza in seno al gruppo.
GIUDA Da principio, si. Ma poi, quando cominciarono a giungere le offerte dei seguaci e non
ebbero più bisogno di me, presero a guardarmi meno benevolmente.
ELIA E il motivo di questo atteggiamento mutato?
GIUDA Il risentimento, forse inconsapevole, verso chi li aveva «amministrati», verso chi aveva
organizzato la loro vita. Quando il gruppo pensò di poter essere indipendente, cominciò a
considerarmi con altro animo. Mi rimproverarono di non intendere il messaggio di Gesù.
GIOVANNI Non era un pretesto. Ti spiegammo il perché.
ELIA Perché?
GIUDA (precedendo Giovanni) Perché ero stato il banchiere, il mercante: per questo non potevo
intendere. Insomma: mi fecero capire che avevo fatto il mio tempo, e non servivo più.
ELIA Loro. Gli apostoli. Ammettiamolo, per un momento. Ma Gesù?
GIUDA (dopo una reticenza) Gesù no. Continuava a darmi fiducia, a lasciarmi fare.
ELIA Allora!
GIUDA Cercate di capirmi. Come amministratore non servivo più, come discepolo ero fuori strada
in quanto il Regno predicato da Gesù non era quello che avevo sognato — che dovevo fare ormai?
Mi avevano isolato e mi sentii inutile.
ELIA E ve ne dispiacque?
GIUDA Forse.
ELIA Vi dispiacque sentirvi all’improvviso senza amici?
GIUDA Si. E mi accorsi che ero attaccato a loro anche col cuore proprio nei giorni in cui
palesemente cercarono di allontanarmi. Non credevo di provare questo sentimento per loro — o
almeno verso qualcuno di loro!
ELIA Verso chi, per esempio, vi sentiste più legato?
GIUDA Mi sarebbe piaciuto restare amico con Giovanni. (A Giovanni) Invece proprio tu, Giovanni,
fosti il più aspro verso di me, mi facesti sentire più degli altri la tua superiorità intellettuale, mi
ponesti il dilemma: «Se abbracci senza riserve il messaggio di Gesù, resta; altrimenti vai altrove,
Israele è grande».
GIOVANNI (irrequieto) Ti ricordai semplicemente la parola di Gesù: «Chi non è con me è contro
di me». Ma forse la verità è un’altra.
ELIA Qui occorre dirla.
GIUDA Dilla la tua verità.
GIOVANNI La verità è che Giuda, d’un tratto, divenne invidioso di me per la predilezione che
Gesù mi dimostrava. Venute meno certe necessità pratiche della nostra comunità, i contatti di Giuda
col Maestro si fecero sempre più radi. Fui io, invece, che da un certo momento in poi, cominciai a
raccogliere le confidenze di Gesù.
GIUDA Sentitelo, il ragazzo! Che sensibilità da adolescente!
GIOVANNI Sostengo che fu gelosia, la sua. In un primo tempo cercò di avere la mia amicizia,
benché fino a quel momento mi avesse completamente ignorato...
GIUDA Avevo ignorato tutti, non te solo! Non potevo perder tempo a coltivare le amicizie, avevo
da fare, mi muovevo di qua e di là tutto il giorno.
GIOVANNI Poi mi si mise contro, apertamente. Non c’è dubbio che qualcuno del Sinedrio seppe
del nostro contrasto, e ne approfittò per indurlo al tradimento.
GIUDA Adolescente! E presuntuoso, anche! Dunque avrei agito più per una rivalsa su di te che per
una opposizione a Gesù? Vuol esserci lui, non Gesù, al centro della mia azione! Lui — Ma su
questo punto può parlare il Gran Sacerdote Caifa, se crede.
CAIFA (a malincuore) Su quale punto? Sul prezzo del tuo mercato?
GIUDA Su quel che passò di segreto tra noi, gli ultimi giorni.
CAIFA Passò di segreto? Niente passò. Non passò proprio niente. Che poteva passare tra noi del
Sinedrio e te, Giuda di Kerioth?
GIUDA (ai Giudici) Non vuol parlare. È evidente. Ma io vi giuro che ci furono parlamentari e
intese, anche se Caifa vorrà smentirle.
DAVIDE Parla. Dì quel che passò in quei giorni.
GIUDA Quando entrammo a Gerusalemme, prima della Pasqua, e fummo accolti con fiori e drappi
stesi per terra, io ero oramai convinto che Gesù aveva abbandonato ogni proposito di sollevare
Israele. Fu proprio in quei giorni che i vostri emissari mi invitarono a parlamentare.
ELIA (a Caifa) È vero?
CAIFA Non nego che qualcosa del genere possa essere accaduto.
GIUDA Non lo nega.
CAIFA In una riunione tra anziani, all’indomani dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, s’era infatti
deciso di giungere a un accordo con lui.
DAVIDE Lo consideravate dunque tanto potente da spingervi a venire a patti?
CAIFA Devo riconoscere che il fenomeno mi apparve piuttosto preoccupante.
DAVIDE I termini del patto?
CAIFA Noi lo avremmo lasciato predicare liberamente purché nei suoi discorsi avesse precisato
che il regno che ognuno doveva conquistare era quello di Israele.
PILATO Volevate in questo modo metterlo contro di noi!
CAIFA Volevamo solamente che ci fosse utile.
DAVIDE Prendeste o no contatto con Giuda?
CAIFA Non io.
DAVIDE Non sofistichiamo!
GIUDA Vi assicuro che trattai questo accordo con uno dei loro.
DAVIDE Non col Sommo Sacerdote Caifa.
GIUDA Chi parlò con me veniva espressamente da parte del Sommo Sacerdote; e il Sommo
Sacerdote era Caifa.
DAVIDE Andava da parte vostra?
CAIFA Si.
GIUDA Avrei dovuto riferire a Gesù i termini della proposta.
DAVIDE Sono esatti i termini enunciati da Caifa?
GIUDA Esatti. E dico subito che avrei fatto tutto quanto stava in me per indurre Gesù ad accettare.
Se Gesù avesse accettato mi sarebbero rinate tutte le speranze.
DAVIDE Ma quali speranze? Non capisco.
GIUDA Come fate a non capire! Se Gesù, d’accordo con i Sacerdoti, avesse accettato di predicare
la rivolta del popolo d’Israele, io sarei ritornato a lottare al suo fianco, sarei stato io il suo primo
generale. La mia vita avrebbe avuto il suo scopo.
DAVIDE (anticipando) Invece...?
GIUDA Invece non mi fu neanche possibile avvicinare Gesù. Per due giorni cercai in tutti i modi di
parlargli da solo. Giovanni sembrava che non l’abbandonasse di proposito nemmeno per un istante.
Allora mi decisi a chiedere la complicità di Giovanni. Gli parlai del patto che si sarebbe potuto
concludere con i Sacerdoti. Ne avremmo parlato a Gesù insieme, gli dissi. Ma Giovanni rifiutò la
mia presenza: ne avrebbe parlato da solo al Maestro. (Pausa. Davide guarda Giovanni)
GIOVANNI Io parlai a Gesù quella sera stessa.
GIUDA Ne parlasti davvero? Ho sempre dubitato che Gesù non abbia saputo mai niente di quel
patto.
GIOVANNI (senza dargli ascolto) Il Maestro mi ascoltò, poi scosse il capo. Era no. Era un no
reciso. (A Giuda) E te lo dissi.
GIUDA Allora sentii che era mio dovere impedire che Gesù seminasse ancora la confusione tra il
popolo che lo ascoltava. E coi rappresentanti del Sinedrio concordammo la cattura.
REBECCA Come potrete persuaderci che il vostro gesto fu dettato da un caso di coscienza? Sarà
difficile.
DAVIDE Difficile, ma non impossibile. Vediamo.
REBECCA Si potrebbe discuterne, se non ci fossero quei famosi trenta denari?
SARA (a Giuda) Non fu un gesto disinteressato, il vostro: fu un volgare mercato.
GIUDA Dovete pensare che avevo messo nell’impresa tutto il mio, e che m’ero del tutto rovinato.
Quei trenta denari mi consentivano di cominciare un’altra attività…
REBECCA Altra attività con trenta denari? Che cos’erano trenta denari?
SARA Una notte di baldoria, altro che una nuova attività!
GIUDA Trenta denari erano più di quel che si pensa. E credo che gli ascoltatori siano indotti nello
stesso errore vostro. Infatti si dice «trenta denari» come si direbbe «pochi spiccioli»: e non è così,
Trenta denari di quei tempo corrispondono a oltre dodici milioni di lire di oggi, quasi quindicimila
dollari... — comunque il mio non fu un mercato. Non vendetti Gesù per denaro!
DAVIDE (a Caifa) Caifa, fu o no un mercato?
CAIFA Io seppi che uno dei discepoli era stato corrotto con denaro perché ci consegnasse Gesù.
Ecco.
DAVIDE Difficilmente, allora, riuscirete a convincerci del contrario, Giuda.
GIUDA (agitando la corda) Il mio suicidio —impiccato all’albero — dovrebbe almeno farvi
riflettere. Dovrebbe convincervi che c’era ben altro in me oltre il denaro.
GIOVANNI Non cercare di alleviare la tua colpa. Tu solo hai compiuto il misfatto.
GIUDA (sbottando) Io! Ma voi — tutti voi — che avete fatto per impedirlo?
PIETRO Se l’avessi saputo, sta sicuro che te lo avrei impedito con queste mani!
GIUDA Lo so, Pietro, tu l’avresti fatto, sei impetuoso e manesco — ma gli altri?
PIETRO Io non l’immaginavo nemmeno. Debbo anzi dire che non ti ritenevo capace di tanto.
GIUDA C’era, però, chi sapeva e non fiatò, e lasciò fare! Chiedo a te, Giovanni; a te che eri il puro,
l’angelico, il prediletto tra tutti noi. Ti chiedo: perché non mi fermasti la sera famosa della cena
quando mi vedesti uscire prima che ci fossimo alzati da tavola? Gesù t’aveva già confidato che sarei
stato io a tradirlo, ti aveva già svelato il segno: «Quello che inzupperà un po’ di pane nel mio piatto,
è lui che mi tradisce». Tu mi vedesti compiere il gesto, e mi guardasti. Dunque, sapevi. Ma non ti
sei mosso. Non hai detto: «Fermati, Giuda; aspetta, che vai a fare?». Perché non ti sei aggrappato a
me, perché non mi hai impedito con la forza di varcare la porta, perché non hai gridato a tutti: «E’
lui il traditore! Fermiamolo!” Perché non l’hai fatto? Pietro l’avrebbe fatto!
GIOVANNI (un po’ scosso) Non potevo parlare. Gesù, non l’avrebbe permesso.
GIUDA Non importa! Dovevi disobbedirgli, se gli volevi davvero bene! Sapevi che gli avrei fatto
del male. È che tu lo credevi onnipotente, e pregustavi la gioia malsana di vedermi scoperto,
smascherato, umiliato, scacciato dal gruppo. Così saresti rimasto veramente solo, accanto a Gesù!
Non c’era né amore né pietà nei tuoi occhi quando mi guardasti uscire. (A Davide) Degli altri non
parlo nemmeno! Erano intenti a spiarsi l’un l’altro cercando d’indovinare chi tra di loro fosse il
traditore. Gesù aveva detto un momento prima: «Tra voi c’è uno che mi tradisce»… e ognuno
dubitava dell’altro. Nessuno, in fondo, aveva la coscienza tranquilla.
PIETRO Forse. Tu solo, però, l’avevi veramente sporca, perché tu solo andavi a metterlo a morte.
GIUDA (gridando) No! Io lo tradivo, è vero; io lo tradivo per trenta denari, però — dovete crederlo
— io non sapevo che sarebbe stato messo a morte, crocifisso! Non lo sapevo! Pensavo che sarebbe
stato soltanto imprigionato, isolato… Le cose presero invece un piega impreveduta. La morte — ve
lo giuro! — non era nei patti! Non era prevista. Mi appello a Caifa.
DAVIDE Caifa?
(Caifa viene avanti)
ELIA (intervenendo, e fermando con la mano l’azione) Ecco. La morte. Stasera siamo arrivati
all’epilogo per vie assolutamente inconsuete. - Caifa, era prevista la morte di Gesù? (Silenzioso)
Dico a voi Caifa.
CAIFA No. Il Sinedrio non pensava di crocifiggere Gesù quando fece il patto col traditore.
ELIA Come fu, allora, che si giunse a tanto?
CAIFA (dopo una pausa) Non potete immaginare quel che successe in noi sacerdoti - e giudici -
quando ce lo trovammo davanti. Era di notte - l’avevamo preso la sera -; eravamo riuniti in
molti in casa di mio suocero Anna, curiosi, ansiosi, perfino eccitati di vederlo in faccia questo
cosiddetto profeta. Ed ecco che lì finalmente ci è davanti, e cominciamo ad interrogarlo. Ma a mano
a mano che le domande incalzano, e la curiosità lascia il posto a un esame più attento del
personaggio, si forma nell’aria, ancora imprecisato ma evidente, una specie di disagio... di
imbarazzo, che ci inquieta… e diventa timore... quasi paura. Perché ci rendiamo conto con terrore
che il caso di quell’uomo è di quelli che non si accomodano con manovre o patteggiamenti o
minacce - no. Non ce lo dicemmo, ma lo pensammo tutti dentro di noi. Anna, a un certo punto
dell’interrogatorio, si chinò verso di me, e mi disse: “Meglio che non ci fossimo immischiati in
questa faccenda” — ma ormai era troppo tardi.
ELIA Perché troppo tardi? Lo stavate solo interrogando.
CAIFA Lo stavamo interrogando... ma come si interroga qualcuno che è considerato già colpevole
e che deve essere condannato. E invece scoprivamo che non era colpevole di nulla… e le sue
risposte avevano anzi il timbro non solo della buona fede, ma della verità. Fu allora che avemmo
paura.
ELIA Paura di che?
CAIFA Paura di non poterlo condannare.
ELIA E questo vi faceva paura?
CAIFA Pensammo al popolo ebreo, alla sorte riserbata al popolo ebreo, se quel Gesù fosse uscito di
lì innocente, e avesse ricominciato a predicare. Chi gli avrebbe contrastato il passo? Non certo noi,
che lasciandolo libero l’avevamo, agli occhi del popolo, assolto da ogni colpa, da ogni accusa. Ecco
donde nasceva la nostra paura! Ci rendevamo conto in maniera sempre più impressionante che
saremmo stati costretti a non farlo più uscire di lì... ma non sapevamo come fare… come
rimediare… Bisognava metterlo a tacere, assolutamente, ma come? Bisognava nasconderlo, farlo
scomparire agli occhi del popolo, ma in che modo? Allora cominciò, tra noi, quella notte, la
confusione... la confusione delle lingue — la Babele — si, si: un’agitazione, un affanno, un subdolo
scaricare l’uno sull’altro le responsabilità… Cercavamo qualcuno che ci aiutasse a far tacere, a far
scomparire Gesù… — ma alla morte non pensavamo ancora.
PILATO Fu per questa paura che lo mandaste da me.
DAVIDE E fu la stessa paura che spinse voi a mandare Gesù da Erode Antipa.
PILATO No, non fu per la stessa paura - anzi, non fu per niente paura la mia: fu soltanto pigrizia,
se volete, desiderio di non immischiarmi in una faccenda che consideravo di fanatici. Fanatici voi -
e fanatico lui. Io, in fondo, non c’entravo. Per questo lo rinviai ad Antipa. Ma dopo poco mi ritornò
al Pretorio. Dovevo giudicarlo proprio io.
CAIFA Se Pilato lo avesse imprigionato, noi saremmo stati soddisfatti. Avremmo ottenuto lo scopo
di isolare Gesù.
PILATO Ma io non potevo imprigionarlo. Non aveva alcuna colpa per me, quel Nazareno. Ma se
anche mi fossi prestato al vostro gioco e avessi preso su di me la responsabilità di un arresto, voi
non sareste stati soddisfatti. Voi volevate la sua morte.
CAIFA Non è vero.
PILATO Quando mi rifiutai di condannarlo voi non montaste la piazza per forzarmi la mano?
CAIFA Certo che montammo la piazza! Dovevamo farlo. Ma che vuol dire? Quello che non
capisce Pilato, è che ognuno deve sostenere fino in fondo la sua parte: noi continuare a screditare
Gesù per riguadagnare la fiducia del popolo che si era allontanato da noi; ma Pilato, dal canto suo,
mantenere ferma la sua opposizione alla morte di quell’uomo dal momento che la sua legge lo
autorizza a resistere alle nostre richieste. (a Pilato) Se aveste veramente rispettato la vostra legge
come noi pensavamo, avreste sottratto Gesù di Nazareth tanto al popolo che a noi. Non potete
rimproverarci di aver creduto più di voi nella inflessibilità della legge romana. Invece preferiste
darcelo nelle mani nonostante fosse, ai vostri occhi, innocente. Bella giustizia, la vostra!
PILATO Ma che altro c’era da fare?
CAIFA Metterci nelle condizioni di far vedere al popolo che Gesù non si può materialmente
crocifiggere perché il Procuratore lo custodisce con la forza delle sue leggi. Noi Sacerdoti non
potevamo niente contro il Procuratore. Se voi l’aveste fatto, Gesù non sarebbe stato crocifisso!
SARA Ognuno vuole avere le sue buone ragioni logiche! Perfino Giuda, vuole avere le sue —
eppure io credo che la vera, profonda, sotterranea ragione comune a tutti, ai discepoli e al Sinedrio,
al popolo di Israele e ai romani, a Giuda e a Pilato sia un’altra. — Una ragione che ha una speranza,
speranza che si faceva sempre più impossibile e assurda e disperata a mano a mano che gli
avvenimenti si sviluppano: la speranza che questo Gesù che si proclama orgogliosamente Figlio di
Dio dimostri di esserlo veramente, lì, davanti a tutti, compiendo un miracolo, il grande miracolo!
Tutti in fondo, aspettavano, chiedevano, volevano un segno straordinario per potersi gettare in
ginocchio e dire finalmente: “Ecco, è veramente il Messia!». È questo che sperano tutti mentre
urlano “a morte”, “crocifiggetelo”, è questo che sperano Giuda e Pietro quando lo tradiscono,
quando lo rinnegano! Direi che tutti, col loro comportamento, spingono Gesù verso una posizione
così disperata, così estrema e senza alcuna via di uscita umana, per indurlo, per violentarlo a
manifestarsi con un miracolo, con un segno del cielo! Forse non lo fanno apposta, ma tutti, tutti lo
mettono alla prova.
(Dal banco dei Testimoni si fa avanti una ragazza bellissima, con un ampio mantello scarlatto, che
si tira dietro per il braccio un giovanotto. È Maddalena con il fratello Lazzaro. Balza al centro
della scena, impetuosamente, gridando)
MADDALENA Non è nemmeno questo che cercano! Non credo che cerchino un miracolo!
SARA Ma tu chi sei?
MADDALENA La Maddalena, la peccatrice. E questo è il mio fratello Lazzaro.
ELIA Ma... questo ingresso imprevisto... Siamo ormai alla fine!
SARA Lasciala parlare! Dobbiamo sentirli tutti!
DAVIDE (ironico) Ma si! Sentiamoli tutti!
SARA (alla Maddalena) Perché dici di no, Maddalena, che non è un miracolo quello che tutti
cercano?
MADDALENA Perché non l’avrebbero visto. I miracoli sono misteriosi e segreti: anche quelli che
potrebbero avvenire qua. Non li vede che chi può e vuole vederli. (Volgendosi al fratello) Più
miracolo di questo. Lazzaro, il mio fratello, non è forse il miracolo vivente?! Un miracolo
convincente come la stessa resurrezione di Gesù! Morto da tre giorni , lui - già avvolto nelle bende,
già sepolto nella tomba di casa. — «Lazzaro vieni fuori.» Il prodigio. Alla presenza di tutti. Voi,
Sara, che pensate che un miracolo finale compiuto da Gesù in mezzo al Pretorio di Pilato o
addirittura sulla croce avrebbe mutato, rovesciato tutto... - ma niente, dico io — niente avrebbe mutato! Questo prodigio non è forse avvenuto pubblicamente? C’erano i discepoli, c’era tutta la
gente di seguito. E vedono. Vedono un morto di tre giorni uscire da un sepolcro. Ebbene che cosa
credete che domandino a Lazzaro appena cade il sudario? Immaginate! Indovinate! Dite qualcosa!
(Ai discepoli) Ditelo voi che a assistito a quel miracolo d’un amico sublime che rende alla vita un
altro amico fedele: che cosa chiedeste a Lazzaro? (Silenzio) Di tu Lazzaro: che t‘hanno chiesto?
LAZZARO (in mezzo a un gran silenzio) Oh Lazzaro, tu che sei stato morto per un po’ di tempo,
dicci che cosa hai visto di là! Che cosa c’era? Com’era?
MADDALENA (dopo una lunghissima pausa) Com’era fatto il paradiso, volevano sapere gli
apostoli e gli altri! E Gesù che li aveva uditi far quelle domande, s’era fatto triste...
SARA Perché?
MADDALENA Non capite che il vero miracolo era quello dell’amore! Non capite nemmeno voi -
come non capirono loro - che quel che contava per Gesù era l’amore, e i miracoli che erano?
Soltanto gesti e parole e atti d’amore!
SARA (improvvisamente colpita) Gesù... parole... atti d’amore…
DAVIDE (fissa Sara, poi reagisce) Amore, amore... Che c’entra l’amore? Troppe donne, qui,
troppe donne!
MADDALENA (a Sara, alludendo a Davide) Gli fa paura l’amore?
SARA (con intenzione guardandolo fisso) Ti fa paura?
MADDALENA Dovete imbattervi per forza nell’amore, se volete continuare a parlare di Gesù. Io
ho creduto in lui perché era l’amore!
DAVIDE (ironico) Voi difatti, ve n’intendevate d’amore, Maria di Madgala… Mi piacerebbe
sapere da voi, Maria di Magdala, che cos’è l’amore.
(Un silenzio)
MADDALENA L’amore... come vi posso dire che cos’è l’amore. Te lo devi trovare, scoprire da te,
con la sofferenza tua. Non te lo posso insegnare. Nessuno può pagare per noi il prezzo del nostro
amore. Ognuno deve pagare per sé.
DAVIDE Ma se andiamo avanti così finiremo per assolvere Gesù di Nazareth attraverso… prove
d’amore!
SARA È probabile.
ELIA Silenzio! considero terminata l’escussione dei testi.
(I testimoni di ritirano verso il fondo, ai loro posti di partenza)
SARA Terminiamo cosi, senza avere concluso nulla?
ELIA Non è vero. Qualcosa abbiamo concluso. (Al pubblico) Ci siamo resi conto, rispettabili
ascoltatori, che ci sono almeno due strade per fare questo processo; quella strettamente giuridica
che noi abbiamo percorso fino a stasera, e l’altra, più avventurosa direi quasi favolosa — che
abbiamo tentato qui, davanti a voi, per la prima volta , coni risultati che avete visto. È però una
strada che difficilmente ci permetterà di concludere… perché difficilmente si adatta alle maglie del
nostro abituale dibattito. Rispettabili ascoltatori, debbo chiedervi scusa per il fatto che vi abbiamo
forse promesso una cosa e ne abbiamo, poi, mantenuta un’altra. Io vorrei che almeno adesso che
siamo sul punto di concludere la nostra indagine, ci ricordassimo della domanda che ci siamo posti
all’inizio e cioè: secondo la legge giudaica Gesù di Nazareth meritava o no di essere condannato?
(Un silenzio)
Parli il difensore di Caifa.
SARA Caifa è stato quanto mai efficace nell’illustrare e difendere la sua posizione, quella dei
Sacerdoti e del Sinedrio. Vorrei soltanto far rilevare che Caifa si trovò di fronte un uomo
indubbiamente eccezionale che si proclamava Figlio di Dio. Si può rimproverare a Caifa di non
averlo creduto? Il punto è questo. Si può accusare Caifa di non aver avuto fede? Ma dal momento
che non lo credette, la pena dovuta a un falso messia era la morte. Furono coerenti, logici. Se vi
accontentate della logica e della coerenza devo dire che Gesù fu «ben condannato». Ma devo anche
aggiungere che per arrivare a questa conclusione formale non c’era proprio bisogno di tanta
messìnscena. Io ho finito.
ELIA Parli il difensore di Pilato.
GIUDICE IMPROVVISATO Di che cosa è accusato Pilato? Se ho ben capito, l’accusa più
insidiosa gli è stata lanciata da Caifa nell’ultimo intervento. Dice Caifa: Se Pilato avesse difeso
Gesù con tutta la forza che gli dava la legge, Gesù non sarebbe stato crocifisso. Se la legge romana
secondo cui Pilato doveva giudicare fosse stata ferma nella difesa di Gesù — che per Pilato non
aveva colpa alcuna — così come altre volte era stata ferma nel castigare dei colpevoli, Gesù non
sarebbe stato crocifisso. Perché, se è vero che Caifa, per conto suo, aveva già sentenziato di
crocifiggerlo, il potere per farlo era soltanto nelle mani di Pilato. Dunque il responsabile della
crocifissione fu soltanto Pilato. Questa l’accusa. Innegabilmente grave. Però… però, io vi prego di
domandarvi con me: chi era Pilato? Formalmente, un giudice che deve applicare la legge; in
sostanza, invece, un giudice politico che è spinto da altre considerazioni nell’interpretazione della
legge. Ora pensate: che cosa poteva rappresentare un messia ebreo per un uomo politico romano?
Colpe non ne ha, è vero; eppure la città è in fermento per causa sua. Un agitatore, sia pure
involontario — e i politici, si sa, hanno in sospetto gli agitatori, specialmente se involontari. Sono i
puri, cioè gli intrattabili! Pilato, allora, comincia a fare i suoi calcoli: questo profeta è solo? Ha
seguaci? E quanti? E difatti finché Pilato fu persuaso che Gesù avesse dalla sua una parte del
popolo, resistette con una certa energia alle pressioni dei Sacerdoti; ma quando si accorse che quel
profeta era rimasto solo e la sua assoluzione avrebbe significato irritare non solamente i Sacerdoti,
ma anche il popolo e forse avere delle lagnanze perfino dai superiori di Roma, anche l’argine
incrollabile della tanto decantata giustizia romana cominciò a sbrecciarsi. Finché cedette. Caifa,
sacerdote politico, aveva detto: bisogna sacrificare quell’uomo per la salvezza d’Israele; meglio che
uno paghi per tutti. Pilato disse in sostanza lo stesso: «Devo rassegnarmi a condannare a morte
quell’innocente per mantenere la tranquillità di una colonia, anzi di una provincia romana». Sembrò
a un certo momento, che la morte di Gesù rimettesse a posto tutto, per tutti. Tutti lo misero a morte
con nascosto rammarico, ma con un sospiro di sollievo. Domani, quando l’agitatore del regno delle
anime, sarà sparito tutto rientrerà nell’ordine — pensarono forse Caifa e Pilato. Invece... (Pausa)
Ma questo è tutt’altro discorso. (Si siede) Ho finito.
ELIA E questa sarebbe la difesa di Pilato? Lo difendete accusandolo, sminuendolo? È la prima
volta che la sento fare in questi termini e con questi argomenti. Non nascondo la mia sorpresa.
DIFENSORE IMPROVVISATO Non nascondetela. Eppure, vede, Pilato, a mio avviso, può
essere difeso e assolto solamente se accettiamo e giustifichiamo, a priori, certe caratteristiche
dell’uomo politico; solamente se siamo disposti a legittimare l’attività pratica di un uomo che è
chiamato — sempre — a decidere in base al criterio dell’utilità immediata. Ciò che sarà buono
domani non serve al politico. Gli serve ciò che è buono oggi. Il suo tempo è il presente. Risultato
immediato. E risultato concreto, anche: qualcosa che si veda, che si tocchi, che si misuri. Per Gesù
di Nazareth c’era ben poco da sperare dall’uomo politico Ponzio Pilato. «Regno di Dio», «Figlio di
Dio», «un giorno vedrete», «non di solo pane vive l’uomo»: questo linguaggio di Gesù non pesava
sulla bilancia di Pilato. E Pilato finì per non tenerne conto. Io non vi dico perché dovete assolvere
Pilato, vi dico perché non potete condannarlo, che è poi lo stesso.
ELIA Lo dica, invece, il perché: potremmo non averlo capito.
GIUDICE IMPROVVISATO Perché dovreste condannare in blocco tutti i giudici politici. Che
credete? Che ognuno di loro non abbia sulla coscienza un piccolo profeta condannato
ingiustamente? Una speranza mortificante, la promessa di un Regno delusa, la voce di un poeta
soffocata? Ogni giudice politico — lo sappia o no — ha sulla coscienza molti di questi reati. Ma se
provate ad accusarli, vi dicono, no, che non c’entrano: per quei reati, loro, i politici, sono autorizzati
a lavarsi le mani, assolti in precedenza. Autorizzati, dicono. Ma da chi? Da chi? Da noi, forse. Da
tutti noi. E allora? Se assolviamo tutti gli altri, perché non assolveremo Ponzio Pilato? Forse perché
a lui capitò d’avere tra le mani il Redentore degli uomini? Di questo proprio non gliene si può far
colpa.
(L‘ultima parte dell’argomentazione del Giudice Improvvisato è stata accompagnata da qualche
mormorio)
UNA VOCE E chi lo dice? Quando si elimina un giusto, addirittura Gesù, si finisce sempre per
rimettere in circolazione un Barabba. Oggi come ieri. E non è una colpa, secondo lei? È la peggiore
fonte del disordine.
GIUDICE IMPROVVISATO Forse ha ragione. Ma allora condanniamoli tutti in blocco i giudici
politici!
(Rumori, voci)
ELIA (intervenendo con apprensione) Silenzio! Un po’ di calma, signori. (Al Giudice
Improvvisato) Stiamo davvero sconfinando! Mi pare che adesso si esageri!
GIUDICE IMPROVVISATO Sono pronto a tacere.
ELIA Ma lei, scusi, chi è? Cos’è? (Silenzio) Un avvocato… un filosofo... non mi sembra né un
deputato, né un uomo politico…
(Si ride)
GIUDICE IMPROVVISATO Non ha importanza. Mi consideri uno del pubblico, uno come gli
altri, curioso, anzi interessato a questo processo. Nient’altro. E chiedo scusa se ho deviato un po’ il
corso del dibattito.
ELIA Anzi. Molto acuto. Molto serio. — E adesso parli l’accusatore.
DAVIDE Che cosa è risultato dalle testimonianze? Che Gesù era solo — incompreso da tutti: i
discepoli erano divisi — l’invidia... — ci fu il traditore — ci fu l’abbandono da parte delle masse al
momento culminante — ci fu, fatto strano, l’improvviso estinguersi di quella forza miracolosa che
aveva per tanto tempo sedotto le folle. Rimase lui solo, con la sua temeraria empietà: «Io sono il
Figlio di Dio!». Voglio dire, o signori, che non furono soltanto Pilato, Caifa e il Sinedrio a volerlo
morto, ma tutti: il popolo, e Giuda, e i discepoli, tutti vollero che Gesù morisse sulla croce. La sua
morte non è imputabile a qualcuno, ma a tutti, direttamente o indirettamente: ai giudici — a noi
giudei, come ai romani — a tutti gli altri, cioè anche a voi! (E tende l’indice accusatore verso il
pubblico della sala) La sola differenza, semmai, è questa: che mentre noi — giudei — ci siamo
assunti la responsabilità dei nostri atti, voi avete cercato di scansarla...
VOCI Ssst!
DAVIDE (rientra) Ma che dice! Che dice!
ELIA (sottovoce) Davide! Che ti succede!
DAVIDE Che mi deve succedere? Voglio dire ad alta voce la verità!
ELIA La verità… che cos’è la verità? Lo chiesero anche a Gesù di Nazareth ma tacque. Siamo qui
per scoprire un po’ di verità, e tu…
SARA Ma lascialo, lascialo dire... lascia che si scaldi... che si sfoghi... (A Davide) Mi piaci quando
ti butti un po’ allo sbaraglio!
DAVIDE Ti piaccio?
SARA Si, perché allora ti scopri!
ELIA (troncando) L’arringa dell’Accusatore è finita.
DAVIDE Finita?
ELIA Si, finita con una chiamata universale di correo. Per uno che voleva restare entro il binario di
un dibattito strettamente giuridico, non c’è male! Comunque... meglio così. È un’altra prova, direi,
che il binario non basta. Si esce fuori fatalmente. D’altra parte dobbiamo pur giungere a una
conclusione. (Volgendosi a Rebecca) Parli la difesa di Gesù.
REBECCA (viene avanti, uscendo di dietro il tavolo) Difesa di Gesù... Ma chi ha detto una sola
parola di accusa contro Gesù? Signori, signori miei che ci avete seguito... io vi chiedo soltanto una
cosa: abbiate compassione, abbiate comprensione di noi... Se non fossimo tanto inquieti non
faremmo quel che facciamo da tanti anni. Noi non riusciamo ancora a vedere quel che vorremmo...
Noi siamo sempre, come si dice, tra l’incudine e il martello... guardati di traverso dai nostri e
giudicati un po’ matti da voi... Vi chiedo un po’ di rispetto, per la nostra pena... Questo vecchio,
sapeste... E questa figlia... anche lei, che dramma... che spaventoso dramma... Voi che credete in
Gesù di Nazareth abbiate un po’ di pietà... Ecco: dico solo questo... e scusatemi... (Elia si avanza e
fa per parlare. Rebecca gli fa cenno di tacere) Mio caro, lascia finire me, stasera... Adesso, lui,
voleva dirvi: interrompiamo per un po’ il dibattito e ci ritiriamo per discutere tra noi, e giungere alla
sentenza. Facciamo sempre così... Fa parte dello… spettacolo... Posso dirvi che non ci siamo mai
arrivati, finora — ad una sentenza convincente. Non so però a che conclusione si arriverà, stasera.
Ci sono tante novità per l’aria... Alzatevi, pure, signori, se volete, e divagatevi un po’. Noi ci
ritiriamo.
Grazie signori.
Tutta la «troupe» fa un inchino e si scioglie.
LA RAPPRESENTAZIONE SI INTERROMPE
INTERMEZZO
Sul palcoscenico, pochissimi testimoni - due o tre in tutto - sono rimasti seduti in attesa che il
processo si concluda con la sentenza. Saranno ormai venti minuti che dura la pausa quando Sara
irrompe in scena e va a prendere il suo impermeabile. Davide, in un baleno, le è accanto. Dopo un
po’ si vedranno Elia e Rebecca affacciarsi alla porta e spiare quel che succede senza, però,
intromettersi.
DAVIDE Che fai, adesso?
SARA Me ne vado. Questa è la volta che me ne vado!
DAVIDE Aspetta, Sara. Non lasciarti prendere dall’impulso.
SARA Che impulso Me ne vado subito. Proprio tu vuoi trattenermi? Ti piace tanto continuare nella
tua parte di giudice? Che bel giudice sei! (Guardandolo) Io lo posso dire: che bel giudice! Che
coraggio, che coraggio abbiamo! Anch’io sai: tutti e due - io e te che coraggio abbiamo a continuare
a fare i giudici! Certe volte mi viene voglia di mettermi la maschera, la maschera perché nessuno mi
riconosca!
DAVIDE (persuasivo e cinico) Nessuno ti riconosce, sta tranquilla.
SARA Nessuno? Lo dici tu! (Vede i genitori che sono apparsi sulla soglia a guardarli) Loro
almeno ci credono... loro sono “puri”.... quei candidi vecchi… ma io no... e sono stanca, ormai, di
vergognarmi di me stessa.
DAVIDE Vergognarti di te stessa? Ti hanno rovinata i cristiani. Si, perché ti hanno messo il dubbio
dentro. Perché vuoi mescolare dei fatti, dirò così, privati, personali, tuoi, nostri… con un dibattito,
con un processo... con una commedia che continuiamo a rappresentare per compiacere... il vecchio.
Noi ne restiamo fuori!
SARA E tu puoi?
DAVIDE Sicuro che posso.
SARA Tu riesci davvero a non mescolare mai le... nostre vicende... personali, private... a certe frasi,
a certi improvvisi trasalimenti di questo processo, di questa commedia, di pure commedia? Tu puoi
discutere senza sentirti chiamato in causa ad ogni momento. È un’ossessione, ormai! Accusata, mi
sento, personalmente: condannata... Talvolta mi entra dentro una speranza di essere assolta... ma poi
è di nuovo la disperazione di non poter ottenere un perdono! Tu no?
DAVIDE (secco) Io no.
SARA Non è vero! Tu fingi. Tu sai nascondere...
DAVIDE Io non fingo. Distinguo.
SARA E non è una finzione anche questa? Tu fingi. Te lo dico io. E io lo so bene. Tu sai fingere.
Mirabilmente. Sei il miglior commediante tra tutti noi. Ma quando arriverà il tuo momento di
sincerità...
DAVIDE Aspettalo.
SARA L’ho aspettato. Tutto questo tempo l’ho aspettato.
DAVIDE Davvero?
SARA Ma la tua forza di finzione supera ormai la mia pazienza. Continuando a stare qui rischio di
perderla io la mia sincerità. Cosi ho deciso di andarmene.
DAVIDE E se anche fingessi, come dici tu, per che cosa lo farei? Per che cosa?
SARA Lo saprai tu!
DAVIDE Lo sai anche tu: tu che hai aspettato il mio... momento di sincerità.
SARA (fa per parlare, poi ha uno scatto e gli volge le spalle) Non lo so, io. Me ne vado.
DAVIDE (fermandola per un braccio) È per poterti vivere accanto che fingo d’interessarmi ancora
a questo… processo.
SARA (irridente) La grande rivelazione! Lo sanno tutti! Non ti curi nemmeno di nasconderlo.
DAVIDE E dunque? Non sono forse da... comprendere, da perdonare? Qualunque cosa facessi sono
da perdonare.
SARA (irritata come da una dissonanza) Ssst! Smetti! Non cercare di fare la vittima! Con me, poi!
Questa un’altra delle tue finzioni. Si, si! L’innamorato sottomesso, disperato, disposto a tutto. Non
sei tu. Prima non eri così. Violento, prepotente, egoista — si, egoista — prima! Ma hai capito che
dopo “quel giorno tremendo” io mi sarei ribellata: allora ti sei trasformato di colpo. Perché?
DAVIDE Avevo capito il tuo turbamento. Sara, e volevo comunque starti vicino.
SARA (acre) Comunque! L’ho ben capito che volevi “comunque”, che vuoi starmi vicino. (Forte)
Ma lo fai per torturarmi. La tua persecuzione é starmi vicino. L’hai trovato bene il castigo.
DAVIDE Persecuzione? Come se ti avessi chiesto qualcosa. E si che ne avevo il diritto.
SARA Diritto, poi!
DAVIDE Si, diritto: almeno di chiedere. Ma nemmeno questo ho fatto. Nemmeno chiedere, da
quando all’improvviso, direi da un minuto all’altro, mi hai detto: «è finita tra noi».
SARA Non te l’ho detto.
DAVIDE Me l’hai fatto capire anche troppo bene. E sono ammutolito. È verissimo quel che tu dici:
sono cambiato perfino nei modi da quel giorno.
SARA Perché non te ne sei andato, piuttosto? Perché non sei scappato?
DAVIDE Perché poteva esserci pericolo anche per te, per voi. Per questo sono rimasto.
SARA No, la ragione vera è un’altra.
DAVIDE Qual’è la ragione vera? Sentiamo.
SARA Con la tua presenza hai voluto ricordarmi ogni giorno, ogni sera, ogni ora che io lo tradivo
con te... — lo tradivo, lo tradivo, lo tradivo fino all’ultimo minuto... Credo che noi fossimo uno
nelle braccia dell’altro quando, sotto, nel cortile, i nemici gli tesero l’imboscata.
DAVIDE Sapere che ci ha lasciato senza avere sospettato mai, dovrebbe esserti di conforto.
SARA No. Al contrario. Perché poi ha saputo, ha certamente saputo tutto.
DAVIDE (allarmato) Come ha saputo?
SARA Si, dopo. Da morto, ha saputo. Di là. Ha visto. Ha visto tutto. Anche noi. Il nostro passato.
Deve aver inorridito. Povero Daniele. (Si chiude la faccia fra le mani quasi per non vedere)
Gliel’avessi almeno confessato, gliel’avessi almeno detto io - adesso sarei come liberata - si, più
contenta, tranquilla. No. L’ha visto da solo, appena ha varcato quel limite, quella soglia: gli è
venuto subito incontro insieme alla luce del Dio, il mio tradimento. La prima rivelazione. «Sara, che
hai fatto!» Gli ho avvelenato il primo istante di paradiso... Come si può pagare, come si può
espiare!
DAVIDE Sara, tu lo tradivi, é vero, ma non avevi mai cessato d’amarlo. Io no: lo tradivo, pur
essendogli... amico, anche perché non l’avevo mai amato.
SARA Come puoi dire, tu, che non avevo tralasciato d’amarlo... se tante volte, con te, l’abbiamo
deriso, l’abbiamo compatito... — l’ho abbassato, quell’uomo... come siamo miserevoli in certi
vaneggiamenti d’amore! Schifo, schifo mi faccio! (Aggrappandosi a Davide) Eppure tu dici che
l’amavo lo stesso? Lo credi veramente? Davide, non mentire, non dirmelo per compassione!
DAVIDE Nessuna compassione. Lo credo.
SARA Una prova. Dammi almeno una prova che mi possa persuadere.
DAVIDE La sera stessa... quando volli consolarti mi dicesti: «lasciami stare».
SARA E che vuol dire?
DAVIDE Ti sentisti schiacciata dalla colpa, non liberata della sua presenza. Tentasti di riprendere il
suo amore, non di buttarti nel mio. Anzi da allora ti ritraesti per sempre.
SARA Perché mi parve - vedi - che avessero catturato e portato via... Gesù di Nazareth. Che strana
sensazione.
DAVIDE Eri così immedesimata nel processo che ti venne naturale...
SARA Non lo so. Eravamo nell’intervallo del dibattito, ricordi? - proprio come adesso. Ci si doveva
riunire per giungere alla sentenza. Tu tardavi ad arrivare, non so dove t’eri messo, ed io aspettavo,
ansiosa di vederti, in quel corridoietto oscuro… Fu Daniele, non tu, che mi venne accanto...
Sembrava che mi avesse proprio cercato in quella specie di nascondiglio... Lo sentii dal respiro, qui
sulla nuca, vicino all’orecchio... E mi misi a tremare... ma mi volsi fissandolo altezzosa, pronta a
non so quale disputa... Si, disputa, perché, in quel momento, m’ero immaginata che avesse capito,
scoperto qualcosa di noi, e volesse parlarmi. E avevo paura, mi accorsi di aver proprio paura.
Eppure reggevo ancora il suo sguardo mettendo nel mio tutta la sfrontatezza che m’era possibile.
Invece, lui mi sorrise, e parlandomi sottovoce mi confidò che s’era persuaso che Gesù fosse
davvero il Salvatore di tutti...
DAVIDE Disse di tutti?
SARA Di tutti, anzi aggiunse: “anche il nostro Salvatore” - e lo avrebbe proclamato quella sera
stessa al momento della sentenza. Dovevo essere preparata. Lo ascoltai appena. Ero rimasta così
spossata dall’emozione di poter essere stata scoperta... ed ero così presa dalla nostra passione che il
mio animo si rifiutò di concentrarsi su quella rivelazione improvvisa... preferii restare come
assente... - tu non giungevi ancora... Forse, inconsapevolmente, io avevo anche paura che potesse
essere vero, che Daniele potesse aver ragione... Se fosse stato vero? Non poteva, non doveva essere
vero! Scrollai le spalle. Ma lui, aprendo quella porta a vetri che metteva sulle scale – lo vedo ancora
-, mi disse: “Ascolta bene, Sara, quel che dirò stasera pubblicamente, ascolta bene...” - e se ne andò.
Non è più ricomparso. Sotto, nel cortile, dov’era sceso a fumare la sua sigaretta, lo aspettava
l’agguato: i... nemici di Gesù.
DAVIDE (scattando e scuotendola) Tu vaneggi! Che c’entrano i nemici di Gesù!
SARA (calma) Sono sempre gli stessi quando uccidi un innocente. Da quando abbiamo ripreso il
processo dopo la scomparsa di Daniele la mia angoscia è diventata ossessione. Non ne posso più,
Davide, più! Se fossi stata coraggiosa avrei dovuto staccarmi non solo da te, come ho fatto, ma da
tutti, e mettermi a cercare quel che Daniele aveva già trovato. Per anni mi è mancato questo
coraggio. Ma stasera me lo sento. Me ne vado. Vi lascio. Tutti.
DAVIDE Non in questo modo clamoroso, però. Tuo padre dovrebbe dare al pubblico una
giustificazione della tua scomparsa.
SARA La darà.
DAVIDE Non puoi agire cosi.
SARA Vedrai se non posso! (E fa per andarsene)
DAVIDE (la ferma violentemente per un braccio e la tiene lì) No! Dico di no!
SARA Bada, che grido! Urlo! Chiamo...
DAVIDE (scioglie di colpo la stretta) Non chiamar nessuno. E fa quel che vuoi. Se proprio vuoi
andartene, andiamo. Partiamo insieme.
SARA Insieme? Chi te l’ha messo in testa?
DAVIDE Dovunque tu vada, io ti verrò dietro — ricordalo!
SARA (rimettendosi a sedere, con grande sicurezza) Quando me ne andrò davvero, tu non mi
verrai più dietro, sta sicuro. (E si guardano. Poi Sara si volge verso Elia e Rebecca e li chiama con
un gesto della mano. I due vecchi si avviano per attraversare il palcoscenico e raggiungere Sara e
Davide. A metà strada si fermano)
ELIA (un po’ rabbuiato) Gli parlerò chiaro! Non vorrei proprio che Davide finisse per
influenzarla!
REBECCA Davide influenzare Sara? Oh, come ti sbagli! Vuoi dire che conosci male tua figlia.
ELIA Ma... allora? Che si dicono con tanta... agitazione?
REBECCA Continuano questo processo... per conto loro... (Elia guarda la moglie) Anche gli altri,
del resto, gli ascoltatori, che credi che facciano in questo momento di pausa? Tutti, in un modo o
nell’altro, continuano... il tuo processo...
ELIA Forse dentro di loro, intimamente.
REBECCA Anche.
ELIA Come mai, allora, siamo ancora cosi lontani da una conclusione soddisfacente?
REBECCA Non è giunto ancora il momento. Aspetta, e abbi fiducia.
(Si avviano e raggiungono i due giovani)
SARA (nervosa, al padre) Vogliamo concluderla questa serata?
ELIA E come?
SARA Ma come vorrai! Non ha importanza la conclusione! Tanto... Scusami, sai. Potresti
concludere nel solito modo.
ELIA Davide?
DAVIDE (soprappensiero) Eh?
ELIA Tu sei d’accordo nel solito modo?
DAVIDE (sempre assente) Per me...
ELIA Ma… ti vedo pensoso. Davide: tu continui ad essere per la condanna, oppure...?
DAVIDE (si volge e guarda Elia. Una pausa. Tutti sono fissi sul volto di Davide, che
all’improvviso si decide a rispondere) Ma certo! Per la condanna!
ELIA (come deluso) Pensaci bene, Davide, se hai qualche dubbio: sei rimasto solo ad assumere
questa posizione di... intransigenza.
DAVIDE Lo so. Condannatelo pure con il mio solo voto.
ELIA (mortificato) Un giorno o l’altro sospenderò... le repliche di questo processo. Temo che stia
diventando inutile
SARA Intanto chiudiamo quello di stasera! Su, andiamo.
(Elia si guarda attorno un po’ smarrito, poi va al tavolo e suona uno strumento che emette un
suono alto e lamentoso. Rientrano tutti i testimoni della «troupe» vestiti dei loro abiti borghesi.
Intanto Rebecca è andata verso l’interno del palcoscenico e ha fatto dei gesti come per dare il
segnale della ripresa della rappresentazione. Si sentono subito squillare i campanelli del teatro.
Tutta quella parte di pubblico che è rimasta nei corridoi, rientra in sala. Gli inservienti del teatro
chiudono le tende. Si fa silenzio)
SECONDO TEMPO
La rappresentazione riprende. Elia è in mezzo al palco, davanti al pubblico.
Rebecca e Sara hanno tolto da una custodia una specie di toga, meglio una lunga stola sacerdotale
e la mettono sulle spalle di Elia.
Gli porgono anche un libro che il vecchio apre ad un segno ormai noto.
Poi intona un canto al quale tutti si uniscono.
Finito il canto i giudici – tranne Elia – riprendono i loro posti al tavolo, e i testimoni della
«troupe» si schierano come al primo atto, ma più riposatamente.
ELIA Rispettabili ascoltatori (china lievemente la testa, più sottovoce) tocca a me, come presidente,
pronunciare la... sentenza. (Sospira) Quando cominciammo fu stretto un patto tra tutti noi, un patto
solenne... (Indica Sara e Davide) Se giungeremo — dicemmo — all’assoluzione di Gesù dovremo
giungerci all’unanimità. Ci siamo promessi di giungere insieme a qualcosa di nuovo— ma insieme.
Perché lasciare qualcuno per strada, se abbiamo cominciato insieme? Se siamo stati tormentati
insieme dalla stessa idea? Noi siamo così uniti — lo vedete — più che una famiglia… addirittura
una piccola tribù... Vorremmo salvarci insieme, se è in gioco un problema di salvezza, ma dovremo
ancora camminare perché non tutti sono concordi… e basta che uno solo non sia persuaso perché
tutti gli altri debbano attendere. Non so se mi capite, rispettabili ascoltatori, non so se mi approvate:
attendere… attendere fino al giorno in cui accadrà, per tutti, il fatto muovo, l’evento! E fino a quel
giorno toccherà a me pronunciare la solita sentenza. Eh, si: la solita... (Guarda insistente gli
spettatori; poi piano) È difficile, sapeste. distaccarsi da un mondo per entrare in un altro... anche se
ormai si sente che una volta o l’altra questo passaggio dovrà pur compiersi... — ma si ritarda
sempre il giorno in cui diremo addio a tutto questo… gioie della nostra comunità... (si commuove e
si interrompe) Non vi dispiaccia troppo - ve ne prego - la formula della nostra sentenza. È un modo
di manifestare ancora la nostra appartenenza alla legge che condannò Gesù di Nazareth... non vuol
significare altro che questo. (Come tra se) Chissà, del resto, se dovrò pronunciarla molte altre volte.
Proprio stasera mi sono reso conto che questo processo è forse inutile, almeno nella sua forma
attuale. Perché dunque - mi chiederete - mi sono ostinato a ripeterlo tante volte, perché? Ve lo dirò,
rispettabili ascoltatori... (E si volge ai suoi che lo guardano preoccupati) Stasera voglio dir tutto...
— Mi ero illuso che continuando a tener viva la memoria di questo Personaggio Supremo e a
domandare una testimonianza a voi, cristiani di oggi, non solo saremmo riusciti a trovare una
soluzione al dilemma di un nostro antico e smisurato errore, ma saremmo perfino riusciti a suscitare
una prova imprevista che ci avrebbe aperto una strada nuova per intendere quell’annuncio.
Purtroppo l’attesa rivelazione non si è ancora manifestata, almeno ai nostri occhi. E se devo
concludere che la mia impresa rischia, oramai, di sembrare, e forse di essere, soltanto la mania
senile di un mistico ebreo, devo anche prendere atto - e vogliate perdonarmi la sincerità con cui vi
parlo, io ebreo, di qualcosa che può perfino offendere la vostra coscienza di cristiani — devo anche
prendere atto, dicevo, che il mondo cristiano non sembra aver abbracciato il messaggio di Gesù di
Nazareth in modo talmente vivo ed evidente da rivelarlo nella sua vita. Forse la vera civiltà cristiana
deve ancora incominciare... - può essere -: forse siamo ancora nei secoli dei “primi cristiani” -
anche questo può essere... -; io, però, chiamato stasera, forse per l’ultima volta, a pronunciare il
nostro giudizio, dico - ancora... (apre macchinalmente il libro che ha in mano)… che Gesù di
Nazareth fu appeso alla croce per ordine del Procuratore Romano perché con le sue magie aveva
sedotto e sviato il popolo d’Israele.
SARA (scattando) Papà aspetta. Cerca di trovare una formula diversa... che rispecchi meglio il
nostro stato d’animo d’incertezza, di perplessità... di dubbio.
ELIA Quale dubbio?
SARA Dubbio, si! Il mio, almeno, è un dubbio.
UNA VOCE Ma si! È giusto! Non ripeta la stessa formula dell’inizio! Non valeva la pena parlare,
discutere tanto per giungere dove s’è incominciato!
PRIMO SPETTATORE (si alza, chiedendo la parola. È un uomo di una cinquantina d’anni, con
occhiali, vestito di scuro) Ma certo! (Un silenzio) Oltre tutto, poi, si esagera in questa... finzione. Si
esagera... (brusio, interruzioni).
UN ALTRO Lasciatelo finire! Seduti!
ELIA (turbato, balbettando) Ma… che si vuole da me? Io avevo già detto che...
PRIMO SPETTATORE (che non si è affatto seduto incalza con evidente padronanza di sé) Si
esagera con questo “processo”; ci si spinge troppo oltre!
UN ALTRO Che significa troppo oltre?
PRIMO SPETTATORE Si cerca di dare, certo inconsapevolmente e con le migliori intenzioni,
parvenza di autenticità e di serietà a una discussione... estemporanea su argomenti di capitale
importanza. Sono problemi, questi, che non possono essere presentati e dibattuti in questo modo:
c’è pericolo che il pubblico se ne faccia un’idea del tutto sbagliata.
UN ALTRO Non si preoccupi, lei, dell’idea che ce ne facciamo.
PRIMO SPETTATORE (un po’ piccato) Mi preoccupo di dire ad alta voce il mio pensiero!
Questo si potrà!
VARIE VOCI Sicuro!
No!
Sentiamo...
PRIMO SPETTATORE Dopo tutto si tratta di una… commedia! Oooh! L’hanno riconosciuto,
l’hanno ammesso loro (e indica i giudici). C’è molta, molta fantasia! E in questo sono d’accordo
con il Giudice Accusatore... (e indica Davide che rimane impassibile; poi affrettandosi a
correggere) in questo soltanto, però: non vorrei che si pensasse che io condivido il suo
atteggiamento... - come pure non vorrei... (e si rivolge allo spettatore che l’ha rimbeccato) che si
pensasse che io biasimo questa riunione... io lodo, anzi — se cosi posso esprimermi — mi
compiaccio proprio di cuore con questo pubblico che si è dimostrato tanto pensoso di certi problemi
da preferire questo raduno, certamente austero, ai tanti divertimenti frivoli che potevano più
facilmente allettarlo... — Ma ciò non toglie che il presentare problemi delicati, che esigono studio e
preparazione specializzata per essere discussi, a gente… necessariamente impreparata…
impreparata a causa delle quotidiane occupazioni, possa costituire un pericolo, costituisce, anzi,
senz’altro un pericolo!
IL CONTRADDITTORE BONARIO La ringraziamo. Benché lei stia dando a tutti noi una bella
patente di ignoranza e di incompetenza!
PRIMO SPETTATORE No. Non vorrei essere frainteso.
IL CONTRADDITTORE BONARIO Stia tranquillo per questo! Come può fraintenderla? Ha
parlato papale papale!
ALTRA VOCE (al Primo spettatore) Scusi, sa: ma vuol dirci quale preparazione si richiede per
discutere questi problemi? (Ironico) Occorre forse un diploma, una laurea? Ce lo dica!
NUOVA VOCE Non facciamo dell’ironia, della facile polemica!
IL CONTRADDITTORE BONARIO Niente ironia, d’accordo. - Se i giudici, lassù, permettono,
io vorrei chiedere qualcosa a questo signore... (al Primo spettatore) qualcosa che mi pare
importante chiarire. (Si raschia la gola) Gli uomini che ascoltarono la prima volta Gesù, che
“preparazione” avevano? Forse meno di quella che abbiamo noi. Non le pare? O lei crede che la
dottrina di Gesù sia come una scienza che ha bisogno di uno studio speciale per essere interpretata?
Io credo di no! A me pare chiara, evidente. Mi sbaglierò, ma sono persuaso che tutti possano
intenderla a prima vista. Tutti: i colti e gli ignoranti. La parola di Gesù — il suo linguaggio — è
quello di un maestro che vuole insegnare a tutti la medesima dottrina. Il bello è proprio qui: che non
occorre alcuna specializzazione per capirla! Le interpretazioni, i commenti complicano tutto. Se lei
mi parla d’ignoranza, è un altro paio di maniche! Io sono con lei! Come pure sono con lei nel
rilevare che in questo processo ci sono molte lacune...
ELIA Certamente. Siamo i primi ad ammetterlo.
PRIMO SPETTATORE Caro signore: lei dice d’essere d’accordo con me se intendo parlare
d’ignoranza. Io non volevo usare questo termine, ma dal momento che l’ha usato lei... ne farei
proprio una questione d’ignoranza, da una parte... (gli ebrei) e dall’altra (il pubblico).
ELIA Riconosco che in questa materia l’ignoranza non è mai del tutto sconfitta, ma vorrei farle
presente che ho dedicato tutta una vita di studi a questi problemi…
PRIMO SPETTATORE Si, si... non volevo affatto disconoscere... mi scusi.
ALTRA VOCE (con una certa violenza) Ma dopo tutto lei chi è che si prende l’autorità di metterci
tutti sono accusa?
IL CONTRADDITTORE BONARIO Se c’è un guaio, semmai, è che tutto è fin troppo chiaro, e
se quelle parole, quegli ordini - perché si tratta di veri e propri ordini — fossero presi alla lettera,
altro che rivoluzione!
PRIMO SPETTATORE Rivoluzione!
IL CONTRADDITTORE BONARIO Se le dà fastidio la parola, diciamo trasformazione.
PRIMO SPETTATORE Ma non mi dà nessun fastidio, anzi! Ri-vo-lu-zio-ne. Proprio rivoluzione.
Rivoltare il mondo da così a così. Ci abbiamo mai pensato a quel che potrebbe succedere se davvero
ascoltassimo quegli ordini? “Amatevi l’un l’altro come fratelli”, “se ti colpiscono una guancia offri
— offri! — anche l’altra”. E senza ma o però o nel caso che. No! Non è mai scritto che in certi casi
particolari, di fronte a certe circostanze la guancia non la devi più offrire. Sempre. Ragione o torto.
Sempre. (Mormorii) È dura, eh! Lo So. Ma è così. È un ordine. Nemmeno sulla ricchezza ci sono
eccezioni: “da tutto ai poveri – tut-to! - vieni e seguimi”. Non dice: “dai tutto meno un po’, meno
quello che ti serve”, no: tutto. — E sulla pace? Deve essere la pace. Intera. Sempre. E basta. Anche
se mi colpiscono e ho un’arma in tasca, non devo usarla. Perché? Ma perché devo cambiare il
mondo solo con l’amore. A colpi di amore. Senza limiti. I cristiani sono questo. Sarebbero!
IL CONTRADDITTORE BONARIO Eeeh! Magari! Però se si applicasse alla lettera sarebbe una
utopia bella e buona, con i tempi che corrono.
PRIMO SPETTATORE Perché utopia? Se nessuno ci ha ancora provato! Quel che succede con le
guerre, con le violenze, con le rapine, con i piani politici non lo chiamiamo utopie, no: lo
chiamiamo realtà. E lo sappiamo tutti quello che è: qualcosa di mostruoso, di veramente mostruoso.
— Quello che succederebbe con l’amore, con la pace assoluta a tutti i costi, non lo sa nessuno, noi
non lo sappiamo ancora perché in duemila anni di storia cristiana è un esperienza che non è mai
stata fatta. E forse perché tutti abbiamo creduto che fosse un’utopia, e si è preferito —
ragionevolmente restare dentro la realtà. Ma lei, loro, sono contenti di questa realtà? Io no. Ma... (si
interrompe) ho finito.
IL CONTRADDITTORE BONARIO Ma lei, scusi, chi è? Prima gliel’hanno chiesto e lei ha
cambiato discorso. Perché si tira indietro?
UNA VOCE Ma sarà il Papa!
PRIMO SPETTATORE Dal momento che volete proprio saperlo, sono un sacerdote, diciamo un
Prete.
VOCI Contestatore!
Del dissenso...
Come? Ssst! Silenzio!
Si capiva che c’era sotto qualcosa!
Pare impossibile! Li trovi dappertutto!
Adesso poi non li riconosci nemmeno!
Vestiti come noi!
UNA SIGNORA Sono sempre una forza! Bisogna riconoscerlo!
VOCI Si, purché si giochi a carte scoperte!
Vogliamo un contraddittorio.
ELIA Silenzio! Per favore, silenzio! (Sporgendosi verso il Sacerdote) Reverendo noi non potevamo
supporre che una personalità come la sua potesse celarsi in mezzo al nostro uditorio. Ne siamo
sinceramente lusingati… e la preghiamo di voler compiacersi di prender posto… qua, tra noi... - e
rivolgere di qui, se crede, quelle parole che ritenesse più convenienti... - La prego... (e lo invita a
salire)
SACERDOTE (si muove dal suo posto e si dirige verso il tavolo dei giudici. Si volge al pubblico
con un certo imbarazzo) Sinceramente… non avrei mai immaginato di trovarmi su un
palcoscenico... (lievemente ironico) invitato a parlare a un pubblico di teatro. Non è davvero il mio
posto! Ma forse tutti loro, cari signori, apprezzeranno che io sia uscito dall’incognito per parlare a
viso aperto... È così frequente che ci si accusi di… falsità e di doppiezza. Del resto, non ho gran che
da aggiungere a quanto ho già detto. E cioè: tutto interessante. tutto degno di considerazione quello
che è accaduto qui, ma non vorrei che si potesse credere che i fatti si sono svolti così come sono
stati presentati qui. Sarebbe un errore. Diciamo che si sta cercando insieme di ricostruire i fatti
come si svolsero. (A Elia) Del resto è proprio quello che lei ha proposto in principio ricordando la
bella parabola tramandata di generazione in generazione: non si può più accendere quel fuoco... s‘è
perduto anche il senso misterioso delle antiche preghiere... e non si ritrova più nemmeno il luogo
esatto, però se riusciremo a ricostruire come i fatti si svolsero, quel che chiediamo si compirà
egualmente.
ELIA Grazie di avermelo ricordato.
SACERDOTE Come si svolsero i fatti per noi uomini di oggi? Com’è oggi la verità di allora
tramandata di generazione in generazione? Dove cercare la verità?
ALTRA VOCE Non vorremmo sentire una predica, adesso! Non siamo qui per questo!
DAVIDE (che dal momento in cui il Sacerdote si è alzato, è andato in fondo al palcoscenico a
parlottare con il Commissario di Polizia apparso a scrutare la piega degli avvenimenti viene fino al
proscenio inserendosi autorevolmente nel dialogo) Ssst! Per favore. (Si fa silenzio, per lo meno un
certo silenzio) Facciamo le nostre discussioni per bene, cioè con calma… altrimenti... (e guarda il
Commissario che è ancora sulla porticina del palcoscenico) allarmiamo chi sovrintende all’ordine
pubblico. Avete visto? (più piano) È il Commissario che ha questo teatro sotto la sua giurisdizione.
È un po’ preoccupato dai nostri discorsi. L’ho tranquillizzato, ma cerchiamo di star calmi, ve ne
prego.
L’INTELLETTUALE (un signore in blu, sui quarantacinque anni, vanamente tirato per un
braccio da una vistosa ragazza bionda, si leva in piedi) Calmissimi, staremo. Ma non per questo ci
sarà impedito di fronteggiare la presa di posizione del sacerdote balzato in maniera così inaspettata
al centro di questo “processo a Gesù”. (Ha una reticenza, con un mezzo sorriso) A meno che anche
questo — ma non voglio nemmeno pensarlo – non facesse già parte della rappresentazione, nel qual
caso mi siedo subito e vi dico: bravissimi, recitato alla perfezione!
ELIA No, signore! Nessuna commedia! La prego di crederlo! Noi, eravamo già alla sentenza…
SARA Abbiamo fretta di concludere sapesse! Io almeno!
L’INTELLETTUALE (con la bionda che gli borbotta qualcosa e lo tiene per la manica) Chiedo
scusa, allora, della insinuazione... sia pure ipotetica — (alla donna) sta buona… sta zitta! — che mi
sono permesso di fare.
DAVIDE È una... brusca impennata che il dibattito ha preso del tutto naturalmente... L’ha visto
anche lei: sono stati gli stessi spettatori che l’hanno provocata… tanto che noi, come avranno
notato, ci siamo tirati un po’ in disparte... non dico semplici spettatori... ma quasi... Lasciamo
volentieri il posto ad altre voci… (Il Sacerdote fa per avviarsi verso il suo posto)
ELIA Se ne vuole andare?
SACERDOTE Non vorrei che il signore che ha parlato un momento fa ritenesse questo posto...
usurpato. Preferisco ritornare alla mia «poltroncina».
L’INTELLETTUALE Rimanga, rimanga pure. Non sarà certo il pulpito a cambiar la predica.
SACERDOTE (riprendendo il suo posto sul palcoscenico) Quand’è così...
L’INTELLETTUALE Secondo lei, allora, come sarebbero andati i fatti?
SACERDOTE Il Vangelo li racconta esattamente.
ELIA (affrettandosi) Anche noi accettiamo la versione del Vangelo. L’ho già detto.
SACERDOTE La versione dei fatti esteriori, accetta — ma poi... beh! E la figura umana e divina, e
la missione di Gesù? Vero uomo e vero Dio! Sta qui l’equivoco! Voi sostenete d’aver messo a
morte un uomo che s’illudeva o si vantava di essere Figlio di Dio. Continuate a credere d’averlo
condannato giustamente. Il vostro cosiddetto processo ha sorvolato la questione principale: Gesù
era o no il Salvatore, il vero Messia? Voi avete risposto: no, non era perché non poteva essere. Ma
non è un modo di affrontare seriamente il problema. Stasera non se ne è nemmeno discusso.
L’INTELLETTUALE D’accordo! Discutiamone noi, allora! Consideriamo il processo ancora
aperto, se volete; oppure apriamone uno nostro, tra noi, se i giudici ebrei non consentono...
ELIA No. Preferirei mantenere aperto il nostro.
DAVIDE (al nuovo Spettatore) Lei sarebbe un nuovo testimone... testimone dell’ultima ora,
diciamo.
L’INTELLETTUALE (ironico) Come vuole: sarò il testimone dell’ultima ora.
SACERDOTE Parliamo, allora.
L’INTELLETTUALE (abile, dialettico, perfino elegante) Se me lo consentite, io vorrei rovesciare
le posizioni. C’è una ragione. Se ci si mette a discutere, come s’è fatto finora, sulla figura di Cristo
atteso dal popolo come un liberatore politico, che si rivela, invece, nella migliore delle ipotesi,
come un taumaturgo - taumaturgo, però, che al momento buono non sa scendere dalla propria croce
e non riesce a salvare nemmeno se stesso - se ci si mette per questa strada non si arriverà mai a niente di serio. Meglio non parlarne. E in questo ha ragione lei: occorrerebbe tutt’altra preparazione.
Ma se se ne deve parlare, in generale, mi pare che non ci rimanga altro che capovolgere le
posizioni.
SACERDOTE (attento) in che senso?
L’INTELLETTUALE In questo senso: cominciare col chiedere quello che fuggevolmente s’è
chiesto, prima, il giudice Presidente. “Come mai in un mondo che si dice e si crede cristiano, non si
vede o si vede troppo pallidamente la presenza di questo Cristo?” Signori miei: la traccia che ha
lasciato è troppo scarsa, troppo tenue perché si possa ragionevolmente credere che è la traccia
lasciata, impressa nientemeno che da un Dio! Basta che ci si guardi attorno...
SACERDOTE Perché vuol guardarsi attorno? Guardiamo piuttosto entro le cose, entro noi stessi!
L’INTELLETTUALE Guardiamo pure, se vuole. Lei le trova cristiane le opere, diciamo pure le
intenzioni di questo mondo? Mi accontenterei — vede — che soltanto le intenzioni fossero
cristiane: che cioè si partisse dall’amore e si fosse poi trascinati nell’odio; che ci si muovesse
apertamente verso la pace e ci si trovasse invece condotti a fare la guerra... Potrei concludere che è
una oscura fatalità che piega al male, la buona volontà dell’uomo plasmato a nuovo dal messaggio
di Gesù. Invece no! Nemmeno l’intenzione buona io riesco a trovare. Non trovo l’uomo nuovo, non
trovo il cristiano! È proprio l’uomo che non è cambiato nonostante il passaggio di Cristo! È l’uomo
che non cambia! E questo il fatto spaventoso, disperante che rende questo «processo» perduto per la
causa di Cristo, perduto senza possibilità di appello. Gesù di Nazareth non solo non riuscì, allora, a
cambiare la viltà di Pietro, la gelosia di Giovanni, la doppiezza di Giuda, ma non è riuscito, poi, nei
secoli, a mutare la cieca incredulità degli uomini. Perché un Dio non dovrebbe poter cambiare quel
che ha fatto, non dovrebbe poter restaurare l’opera sua, se fosse davvero un Dio? Io non posso
accusare gli uomini di non aver fatto – loro - deboli, peccatori — quel che Lui non seppe fare; non
posso accusare gli uomini di non essersi presi, nei secoli, la rivincita per lo smacco subito sul monte
Calvario! Accuso soltanto la presunzione di chi pretende di possedere la verità, accuso la scaltrezza
di chi alimenta delle false, fatue speranze in nome di questa verità… — accuso chi si leva, oggi, per
difendere il Cristo con la foga dialettica degli avvocati in tribunale, ed è pronto, domani, a
ricrocifiggerlo senza riconoscerlo, se dovesse, per un miracolo, riapparire nel mondo. Non si può,
non si deve proporre come possibile un messaggio, una dottrina che non ha più alcuna possibilità di
essere attuata. È una ostinazione colpevole! Meglio che ognuno viva per quello che è, seguendo la
sua immutabile sorte... illudendosi, se vuole, in speranze messianiche, ma sapendo, almeno,
d’illudersi.
SACERDOTE E i santi?
L’INTELLETTUALE Appunto i santi. Degli eroi illusi. Ma niente di più che un pugno di uomini,
si, un gruppo sparuto a confronto delle moltitudini pazze, cieche, ottuse che si sono succedute nei
secoli...
SACERDOTE (lo interrompe, prima ancora col gesto che con la parola) No... no... questa
obiezione non è degna di lei, signore…
L’INTELLETTUALE (interdetto) E perché?
SACERDOTE Perché, se ho ben capito, sembra che lei ne faccia addirittura una questione di
quantità... una specie di bilancio numerico! Quei santi, quei pochi santi... (un brevissimo arresto) —
e poi, perché pochi? — ma passiamo oltre! — quei santi con le loro avventure cristiane sono entrati
nella vita degli uomini, di quelle moltitudini cieche e ottuse, come lei le chiama, e l’hanno...
lievitata di nuove speranze...
L’INTELLETTUALE Glielo concedo. I santi imitatori eroici di Cristo e come lui ammirabili:
d’accordo! (Più penetrante, più adagio) Ma, come lui, regolarmente contraddetti e traditi dai loro
discepoli. Casi isolati, apparizioni occasionali... Ora, lei mi deve concedere questo: che una dottrina,
un esempio che perde sempre non può avere il sigillo della divinità. L’inanità è propria della parte
sublime dell’uomo, ma è la vittoria che costituisce il segno infallibile della perfezione e della
potenza divina. E qui, invece, si è continuamente perduto!
SACERDOTE Lei trova proprio che si sia continuamente perduto? (Qualcuno ride in sala) Glielo
chiedo, badi bene, senza alcuna ironia. Un momento fa, quando sono stato… scoperto, non so chi
esattamente, forse una signora, mi pare, ha detto che siamo una forza…
L’INTELLETTUALE Una forza, certamente! Lo riconosco anch’io. Lo riconosciamo tutti, credo.
I sacerdoti, del resto, furono sempre una forza, anche nell’antichità pagana... (altro tono) Ma qui, se
non sbaglio, si stava parlando non del gioco alterno delle varie forze storiche, in cui quella religiosa
ha avuto sempre una parte preminente!, ma di quella eccezionale, unica forza cristiana che avrebbe
dovuto — badi bene — non già urtarsi da pari a pari con le altre forze storiche, ma cambiare di
colpo la faccia del mondo. E questo non accadde.... e non dico di colpo, ma nemmeno dopo venti
secoli! Dovrà ammetterlo, reverendo. Ad un Cristo, uomo sublime, siamo tutti pronti a fare l’elogio,
ma sia ben chiaro che il suo messaggio e le sue speranze furono crocifissi e morirono con lui!
SACERDOTE (vibrato) Risorsero anche con lui, quando Lui risorse dal sepolcro!
L’INTELLETTUALE Questa è una frase ad effetto! Se ne renda conto! Una frase che può colpire
un pubblico di chiesa non questo... di stasera. Lei per volgere a suo favore la piega del dibattito, non
può puntare tutto sul fatto... favoloso della resurrezione! Sarebbe stata, comunque, una resurrezione
poco produttiva, perché nonostante ci si sforzi di moltiplicare i segni, gli emblemi, le strutture
visibili della cristianità, lei sa bene quanto me, meglio di me, anzi, che il messaggio di Cristo, il
vero messaggio di Cristo, quello autentico, quello evangelico sta morendo nella vita degli uomini di
oggi. È l’agonia. Si parla ormai apertamente di morte di Dio!
SACERDOTE E chi le dice che non si sia invece ancora all’alba della vita cristiana?
L’INTELLETTUALE (dispettoso) Ma come! Non li vede anche lei i segni premonitori della
fine… direi addirittura i segni dell’Apocalisse, per esprimermi col suo linguaggio! Che vuole di
più!
SACERDOTE Vedo, vedo anch’io quel che vede lei, signore; ma vedo anche quel che forse lei non
vede.
L’INTELLETTUALE E cioè?
SACERDOTE Che quei fermenti che lei crede siano stati crocifissi con Cristo, si sono invece
sparsi, da allora, per la terra e hanno inquietato gli uomini... e li inquietano sempre di più... oggi
come mai, direi! Questo io vedo. Vedo perfino che inquietano anche lei... forse lei non se ne
accorge, ma nel calore della sua polemica, nell’aggressività della sua accusa c’è proprio
l’inquietudine per Cristo...
L’INTELLETTUALE (irritato, come vergognandosi) Ho capito! Lei adesso, tenta di sedurmi...
ma sappia che io sono ben premunito contro questa tattica... la conosco!
SACERDOTE (un po’ confuso) Nessuna tattica, mi creda. L’ho detto perché lo sento, signore.
Sincerità per sincerità.
UNA SPETTATRICE (è la bionda vistosa che finora ha trattenuto per la manica l’intellettuale).
(Al Sacerdote) Lei ha ragione! Chi credete che sia questo che parla così? Eh? Indovinatelo un po’.
Ve lo dico io che lo conosco bene!
L’INTELLETTUALE Smettila, tu! Che c’entri tu nei nostri discorsi! Siedi!
LA BIONDA (una spettatrice) Vostri discorsi! Sono vostri come sono miei! Di tutti sono! Ve lo
dico io chi è!
SACERDOTE (alla donna) Chi… è?
LA BIONDA È uno dei vostri. Un mezzo prete. Ha imparato da voi tutte le cose che dice, tutte le
ragioni che porta...
SACERDOTE Come, da noi?
LA BIONDA Da voi preti! Se vi dico che è un mezzo prete. È stato lì lì per diventarlo intero! (Una
risata) Ma si! Me l’ha raccontato lui in queste... notti! Mi faceva venire un sonno... ah, ah, ah... ma
me lo ricordo bene! S’è fermato in tempo! E vi si è rivoltato contro... Ha il dente avvelenato contro
di voi — avete sentito?
L’INTELLETTUALE Le donne! Bel modo di ragionare! (Alla bionda) Già, prima, prima di
ritrarmi, m’ero rivoltato contro, come dici tu; già prima m’ero convinto che l’essenziale non andava
più. Per questo mi sono rifiutato. Non è stato un risentimento del cuore ma la conclusione di lunghi
pensieri... Non mi è accaduto quel che accade a voi, quando un amore contrastato o tradito vi si
tramuta subito in odio!
LA BIONDA Magari fosse stato così anche per te come per noi, magari! Saresti salvo! — Mica che
m’importi molto di lui... ci conosciamo cosi poco... (lisciandosi il dorso della mano) conoscenza
di... superficie, ah, ah!, ma mi fa pena vederlo cosi disperato, senza un momento di pace né di
giorno né di notte... - e mi fa anche rabbia, si rabbia, quando fa l’arrogante, come adesso... Si,
rabbia mi fai! Io non ho la tua testa - oh no - eppure io sono sicura che Gesù è il salvatore di tutti, e i
discorsi che fai tu li sento, si, ma non toccano tanto cosi! (Indicando attorno tutti quelli interessati
al dibattito) Voi, tutti voi, nessuno escluso - gli ebrei un po’... commedianti, il Prete che non si
riconosceva se non l’avesse detto, e lui che ha studiato da prete e adesso fa la parte di Giuda - si,
Giuda, è inutile che t’inquieti: noi diciamo così di uno che si rivolta contro dopo aver mangiato in
quel piatto, diciamo “far la parte del Giuda” - tutti voi potete condannarlo o assolverlo, Gesù di
Nazareth, potete fare quei che volete: a me non me n’importa niente! Per me è il Salvatore, e basta!
Ma per tutt’altri motivi da quelli che avete detto, proprio tutt’altri. Parlo per me, si capisce, soltanto
per me. Non c’entrano nemmeno i miracoli, se volete saperlo, benché io creda ai miracoli… tanto
che ne sto sempre aspettando uno. (Fermandosi e guardandosi attorno leggermente divertita) Oh,
ma non vorrei che pensaste che io... Chi credete che io sia? Io, per dirvela in forma educata, dato il
luogo, io sarei una... una come Maria Maddalena... ecco. Ci siamo capiti. Vi rendete conto, allora,
che io non valgo molto come donna. Lo so da me che non valgo molto, anche se mi tengo un po’
su... - eppure vi dico - e mi potete credere perché, non lo dico per orgoglio — che lui fa tutte queste
chiacchiere da intelligentone... — che testa, che testa!, gli dicono gli amici, e se vedeste come gli fa
piacere, cambia perfino il colore degli occhi tanto gli ridono — beh, lui, l’intelligentone, vale ancor
meno di me, come uomo! E non dico altro. (Più piano) Io, se voglio, gli faccio fare quel che mi
pare. Io vi dico che l’ho… umiliato, maltrattato... svergognato come nessuno, mai, ha osato fare con
me: E lui buono, sottomesso... Lui che a furia di ragionamenti, di pensieri è giunto a negare, a
respingere Gesù, lui finisce per mettere me — così come sono — quella che sono — finisce per
mettere me al posto del Salvatore. A queste conclusioni arriva la gente come lui — le gran teste!
Non gli date retta! Non credete a quel che vi dicono! Mai! Si sbagliano sempre! Prima, ha detto,
Dio è morto. Bella frase! Come suona bene! Complimenti (All’uomo) Ma che ne sai tu di quel che
c’e nel mondo? Che ne sai, se non vivi! Che ne sai tu di me, per esempio? Che ne sai oltre quello
che vedi? Lui non se lo sognava nemmeno ch’io potessi prender fuoco per Gesù si capisce… Ha
creduto che io sia soltanto come m’ha veduta… Che hai da guardare? Ti accorgi che sono un'altra?
(L’uomo fa per alzarsi ed uscire) Dove vuoi andare, adesso? Non vuoi sentire? Mi ci hai portato tu,
qui, e adesso ci stai! Io devo dire che non ne avevo proprio nessuna voglia; ma adesso che ci sono
mi piace tanto quel che succede... non mi sono mai appassionata tanto in vita mia… nemmeno ai
tempi del primo amore... (si guarda attorno) È questo il primo amore! (Mormorio) Vi dan fastidio
le parole? Pardòn! Va bene così?
L’INTELLETTUALE Scusatela... (tormentato). È vero ch’io fui quasi sul punto di... (accenna al
Sacerdote. Poi volgendosi a lei) Credi che non sia straziante accorgersi che quel che speravi con
tutto te stesso non puoi più, ragionevolmente, sperarlo... credi che non sia straziante dire addio… a
tutto quello che era la tua ragione di vita... di più, addirittura una speranza di vita eterna, era! Credi
che non sia uno strazio?
LA BIONDA (per nulla smontata) Sarà anche! Quel che so io è che per calmare questo strazio ti
sei messo con me. Io, al tuo posto, se proprio avessi provato tutto questo... strazio, me ne sarei stata
sola... non avrei saputo che farmene di una come me... che se ne sta a letto tutto il santo giorno... (e
ha una smorfia di sorriso).
L’INTELLETTUALE (piano) Forse hai ragione... Ma si ha bisogno talvolta di qualcuno che ci
stia semplicemente a sentire...
LA BIONDA Credi che non l’abbia capito che avevi bisogno di parlare, parlare, e basta! Io,
d’altronde, non capivo quasi niente, ma ci provavo gusto... si, adesso te lo posso dire, dal momento
che ci siamo. — Io, un uomo come te, della tua specie, non l’avevo mai avuto; non m’era mai
capitato per le mani un uomo che invece di far l’amore... ti si mette a parlare di cose complicate...
l’anima... Dio.... e il Nulla... quante chiacchiere su questa storia del Nulla... roba da far venire una
noia e un sonno da morire... ma che v’ho da dire: in questo non capir niente — tranne tre, quattro
parole — c’era qualcosa di... eccitante. Come siam fatti! Non capisci, e stai attenta! Perché? Mah!
(Più interiore) Se non ci fosse stato lui, sapete, io, a parte che non sarei qui, ma non so dove, non mi
sarei mica alzata per difendere Gesù! No davvero! (S’è fatto uno strano silenzio in cui disagio, pena
e il senso oscuro delle misteriose comunicazioni tra gli esseri si sentono mischiati. Poi Davide,
intervenendo con la sua voce autoritaria, calda ma senza ondeggiamenti di toni particolarmente
passionali rompe la tensione che s’è formata)
DAVIDE (al Sacerdote) Non le sembra che in questa strenua difesa si mescoli esageratamente
l’elemento sentimentale... e, direi un po’ troppo femminile? Le Maddalene! Gesù di Nazareth,
bisogna riconoscerlo, esercita il suo fascino specialmente su loro!
LA BIONDA E che vorrebbe dire lei con questo discorso? Che ci s’innamora di Gesù? Lei non
capisce niente, mi scusi. Noi... (e indica la Maddalena della «troupe» dei testimoni) noi siamo le
meno inclinate, sa, a innamorarci di un bell’uomo che passa. Noi! Facciamo finta, spesso, ma se
sapesse, lei! È ben altro che ci colpisce, che ci... commuove!
MADDALENA (intervenendo dal suo posto) Come ha ragione! Gesù non la guardò nemmeno, la
Maddalena... non la guardò come un uomo guarda sempre una donna — almeno credo che sia
andata così.
LA BIONDA Ma io sono sicura! La Maddalena deve essere, anzi, rimasta ferita, da principio,
proprio perché Gesù sembrava non si fosse nemmeno accorto di lei...
MADDALENA “Che sei venuto a fare?” - gli dico. E lui: «A rimettere in libertà gli oppressi». “E
io che c’entro con gli oppressi?” “Tu sei più che oppressa: sei una schiava, una schiava di te stessa.”
LA BIONDA Gli vai dietro anche in capo al mondo a uno che ti dice così!
SACERDOTE Lei, dunque, intende difendere Gesù?
LA BIONDA Perché? Non s’era capito?
SACERDOTE Si, si. Ma saprebbe portare una testimonianza... una ragione sua, beninteso...
LA BIONDA Io non ho ragioni speciali. È lui (l’uomo che le siede accanto a testa china) che ne
ha.
SACERDOTE Avrà per lo meno le ragioni del cuore.
LA BIONDA (mormora tra sé) Le ragioni… del cuore... (Improvvisamente pudica, raccolta) Si...
c’è una ragione... intima, mia... — Vede: la gente come me — ce n’è tanta di gente come me — se
non avesse la certezza... che Gesù è venuto per capire e per perdonare e per salvare anche noi…
sarebbe disperata! Più niente da fare! C’è sempre un momento nella nostra vita che rimane soltanto
Lui a difenderci, a prendere le nostre parti — proprio quando non abbiamo più difese, e la vita,
tutt’intera, ci sputa addosso. Come faremmo a continuare a vivere con un po’ di speranza ancora
con un filo di speranza nella bontà della gente, se anche Lui, parlo di Cristo, viene condannato? Non
voglio che lo condanniate — nemmeno per gioco, qui, stasera — non provateci nemmeno! Io dico
di no, di no, di nooooo!
UNO SPETTATORE PROVINCIALE (sporgendosi in avanti dal suo posto) Ma che condannano!
Dico di no anch’io! Tutti quelli che non vogliono... dicano di no! (Si guarda attorno, ma tutti
tacciono un po’ imbarazzati)
ELIA (agitato, balbettante) Però... però parlino uno alla volta, per favore… non facciamo troppa
confusione... (Pausa, silenzio. Al giovanotto che ha parlato per ultimo) Avanti, parli lei che aveva
qualcosa da dire.... Si alzi... venga avanti… si faccia vedere…
LA BIONDA (incalzando) Dica quel che voleva dire! Mi dava ragione, no? E allora! Non mi lasci
sola a protestare contro questi qui! Mi dia una mano! Parli!
IL PROVINCIALE Io... veramente... non ho niente di speciale da dire... Mi oppongo anch’io!
Ecco.
SACERDOTE Ma perché si oppone anche lei? L’avrà un perché!
IL PROVINCIALE Un perché ce l’avrei. Vede: ognuno difende la propria posizione, ecco. Si
potrà dire che non sono disinteressato a mettermi dalla parte di Gesù, è verissimo.
LA BIONDA Meno male!
IL PROVINCIALE Io non sono disinteressato!
SACERDOTE (al giovane) Perché dice di non essere disinteressato? In che senso? Potrebbe
spiegarsi, o chiediamo troppo? (Occhiata ad Elia)
ELIA Lei, mi scusi, chi è?
IL PROVINCIALE Io, chi sono? Nome… cognome, vuol sapere?
ELIA No, no. Mi riferisco alla sua particolare condizione giacché ne ha parlato lei, prima.
IL PROVINCIALE Già.
ELIA Allora?
IL PROVINCIALE (sottovoce) Vede: io sarei… come il figliuol prodigo... (le ultime due parole
non si sentono quasi).
VARIE VOCI Forte.
Voce.
Che ha detto?
LA BIONDA (intervenendo, ad alta voce) Ha detto che è come il figliuol prodigo.
ELIA Parli. Qui ormai, non ci sono segreti.
IL PROVINCIALE È vero, non ci dovrebbero essere segreti... ma se sapeste la fatica che si fa!
Come una vergogna...
ELIA Oh, ci scusi se abbiamo insistito...
IL PROVINCIALE No, no... Io, dopo tutto, non ho mica niente da nascondere... ma è come se mi
sentissi mescolar dentro... si, insomma: la vergogna. (E si prende la faccia entro le palme)
SACERDOTE (dopo una pausa) Vorrei soltanto sapere da lei perché crede di essere come il
figliuol prodigo?
IL PROVINCIALE Non vorrei sbagliarmi... Ma non è il figliuol prodigo quello che se ne va di
casa portando via i soldi del padre...
SACERDOTE Si, il figliuol prodigo volle la sua parte.
IL PROVINCIALE Anch’io me ne sono andato con dei denari di casa, ho diciamolo pure —
rubato a mio padre e ai miei fratelli... — c’era anche la dote di mia sorella. Un grosso commercio di
olio, il nostro. Era bello a vedersi, gli ulivi, i frantoi... - ma non mi piaceva starci. Io avevo in
testa… altri progetti. Pensavo: i genitori non mi capiscono, fratelli e sorelle badano solo ai poderi e
al capitale... Così sono scappato di casa. E loro sono stati zitti, non mi hanno rincorso, non mi
hanno cercato, denunciato: niente. Tutto merito di mio padre, perché credo che gli altri, i fratelli, i
parenti non me l’avrebbero passata liscia... Invece: scappato via - silenzio. Non mi sono fatto più
vivo. Nemmeno con mio padre. Con gli altri è stato per orgoglio; ma con lui, con mio padre, è stato
per... vergogna. Ho avuto vergogna, ho ancora vergogna! - Sono un mascalzone! Anche il figliuol
prodigo era semplicemente un mascalzone... - no?
DAVIDE (si fa avanti, mette una mano sulla spalla del figliuol prodigo) Si rimetta pure a sedere.
Direi che basta. Noi almeno ne abbiamo abbastanza. Tutto questo non ci riguarda.
SARA (insorgendo) Non è vero! Tutto questo mi riguarda, invece! Stimatissimo Sacerdote, la
prego, continui lei questo dibattito… se i miei non intendono più interessarsene...
ELIA Ma no: noi restiamo. (A Davide che si è allontanato) Davide! (Davide si ferma sulla
porticina del palcoscenico. Con tono imperioso, maestoso) Ritorna qui. Te lo ordino. (Davide
lentamente ridiscende il palcoscenico, e si siede al banco dei giudici, al proprio posto. Si prende la
testa tra le mani rimanendo in questo atteggiamento fino alla fine)
SARA (al giovane spettatore) E lei, per piacere, vada avanti, vada pure avanti... senza tenere alcun
conto dell’interruzione...
IL PROVINCIALE Oh, ma io non devo mica dire più niente...
SARA Come mai? Doveva esporci le sue ragioni... e invece...
IL PROVINCIALE Dopo quel che ho detto mi pare che si capisca tutto! (Agli ascoltatori) Non si
capisce?
SARA Forse si capisce, ma ci spieghi meglio...
IL PROVINCIALE Ma s’immagini, lei, che mi decidessi, un giorno o l’altro, a tornare a casa...
LA BIONDA Ne avresti voglia, eh!
SACERDOTE Perché non torna? Sa quel che dice il Vangelo sul ritorno del prodigo? “Mentre egli
era ancora lontano, il padre lo vide, uscì di casa, gli andò incontro e gli buttò le braccia al collo e lo
baciò...”.
IL PROVINCIALE Magari. Troppo facile. Io non ci spero. Altra gente quella di casa nostra.
SACERDOTE Ma lei ci ha detto di non aver ricevuto nemmeno un rimprovero.
IL PROVINCIALE Non vuol mica dire! Altra gente: glielo dico io. Se tornassi, e i miei fratelli e
mio padre mi chiudessero la porta in faccia, non avrebbero mica torto. Io credo che farebbero
proprio così. Nemmeno mia sorella mi verrebbe in aiuto... Mi farebbe forse dormire una notte in
casa sua se fossimo d’inverno… ma tutto qui... E nemmeno il prete della nostra chiesa vorrebbe
prendersi l’incarico di andare da mio padre e di supplicarlo per me... — Perché io ho davvero
esagerato, e non si può pretendere... — mi capisce? (Pausa) — E allora? Dove lo trovo, allora, il
padre che vedendomi di lontano — come dice lei: è bello, è bellissimo! — corre fuori di casa e mi
viene incontro e mi abbraccia e mi bacia? Dove lo trovo più, o signori, se questi qua — tutti
vogliono continuare a discutere per convincerci che Gesù detto il Nazzareno (e si fa il suo solito
segno di croce) non era altro che un imbroglione... o per lo meno era uno che s’era sbagliato? Per
carità, fermatevi con le vostre discussioni! Perché io ne ho bisogno d’un padre che un bel giorno mi
perdoni e mi accetti in casa sua... così come sono! Non toccatelo! Gesù detto il Nazzareno... non
toccatelo!
UN INFELICE (un giovanotto si alza in piedi e levando pacificamente un bastone, dice) Ve ne
prego anch’io: non toccatelo!
VARIE VOCI Che ha?
UN INFELICE Io sono... così.
VOCI È cieco? — È cieco...
UN INFELICE Io sono cieco. Sono nato così. È stata proprio un’ingiustizia... Ma lasciatemi
almeno la speranza... (si rimette a sedere. Si è fatto un profondissimo silenzio)
ELIA (sempre più spaurito, rivolgendosi al Sacerdote) Quel che succede qui... da qualche
momento... è indubbiamente al di fuori di ogni previsione... di ogni aspettativa... Come lo spiega
Lei?
SACERDOTE È... la coscienza cristiana che si risveglia un po’ in tutti, nelle forme più
impensate... e reagisce in difesa di Gesù.
ELIA (agli spettatori) Lo vedo, lo vedo bene! Ma come mai, finora, eravate tutti rimasti
indifferenti, o quasi? Io debbo dire francamente che non supponevo che molti di voi nascondessero
nel cuore una fede così tenace in Gesù di Nazareth. Me ne rendo conto in questo momento, e ne
sono turbato... si, scosso. Perché - vi domando, o egregi ascoltatori — perché con la certezza che
custodite in fondo al cuore, perché con lo slancio, direi quasi con la violenza, che avete manifestato
adesso contro di noi, che volevamo, sia pure simbolicamente, condannarlo ancora, perché non siete
stati capaci di cambiare il mondo? Perché non lo cambiate? Che cosa vi manca? Perché nascondete,
invece di manifestarlo, quel che avete di prezioso dentro di voi? Ditemelo!
LA BIONDA (fervida, ma abbandonata, con un tono del tutto diverso da prima) Lei ha toccato il
punto giusto, signor giudice. E io darò la mia risposta. Posso?
ELIA Dica, dica pure.
LA BIONDA (sospira) È una risposta che fa pena, la mia, ma è sincera. (Pausa, più piano) Non ci
pensiamo. Non ce ne ricordiamo. È come dice lei — dentro, in fondo, sepolto... Non viene su... E
facciamo tutto... come se quel sentimento non fosse in noi... — giornate intere, sa, mesi... talvolta
anche anni, senza pensarci...
IL PROVINCIALE (incalzando) E quelle poche volte che ci pensiamo... ci vergogniamo. Si, si, ci
vergogniamo!
LA BIONDA È verissimo! Ci vergogniamo anche. Stasera è stato un caso. Non so dove l’abbiamo
trovato tutti — il coraggio di saltar su, d’infiammarci in questo modo! Non lo so proprio!
IL PROVINCIALE (pacato) Ci vergogniamo di Gesù detto il Nazzareno... (e si segna con il suo
gesto rapido e un po’ furtivo). Ecco, secondo me, eccola la ragione perché non cambiamo il mondo.
Noi almeno. Come facciamo a cambiarlo se non abbiamo nemmeno il coraggio di dire che lo
conosciamo. Lei, signor giudice, lei e i suoi seguaci, non hanno fatto altro, ci ha detto, che discutere
e affannarsi per anni e anni intorno a Gesù detto il Nazzareno: noi, i cristiani, ce ne ricordiamo si e
no, veramente, sul punto di morte. È la vergogna, signore mio, la stessa vergogna che deve aver
provato san Pietro quando ha detto: «Non lo conosco... mai visto...» - e stavano per ammazzarlo. Io,
perché son capitato, qui, stasera? Non lo so davvero. Io, alla sera, vado altrove: al cinema...
insomma, altrove... Stasera mi sono infilato qui, a caso... Ingresso libero, ho letto. Non sapevo
nemmeno che cosa si facesse. Sarà comunque uno spettacolo, mi son detto. Vi debbo anzi
confessare che se avessi saputo che c’era di mezzo un discorso su Gesù detto il Nazzareno, io, di
certo, avrei tirato diritto.
SACERDOTE Perché?
IL PROVINCIALE (lo guarda fissamente, poi piano) È timore. Non si ha mica il coraggio di
imbattersi frequentemente in questo Gesù detto il Nazzareno. Io preferisco stare un po’ alla larga.
Bisogna sbattergli proprio la faccia contro... allora si deve affrontarlo. Allora, in un istante, accade
quello che non è avvenuto in tanti anni... Si prende fuoco... si urla... si piange... ci si batte il petto...
si osa parlare in pubblico… come me, adesso: non so chi me l’abbia dato questo coraggio. Chi ci
sente, adesso, io e la signora (indica la bionda) sembriamo dei... dei missionari, e invece siamo
quello che siamo, siamo niente, proprio niente...
ELIA (caparbio, rivolgendosi al Sacerdote) Io, sa, la capisco la loro testimonianza, il loro
controsenso di essere e di non voler essere; praticamente, di essere cristiani a loro insaputa, e
bisogna quasi prenderli a tradimento per farli sbottare... — è perfino commovente: personaggi
evangelici, direi; come se incontrassero la prima volta Gesù di Nazareth. Li capisco, loro. Ma gli
altri?
SACERDOTE Quali altri?
ELIA Gli altri cristiani. Quelli consapevoli, quelli che danno una aperta testimonianza, che fanno
aperta professione… quelli che hanno perfino dei segni... degli ordini (e si tocca la giacca per
alludere alla veste).
SACERDOTE Noi, vuoi dire?
ELIA Ecco: tutti loro. Perché finora non siete riusciti a cambiare il mondo? Scusi, sa, capisco che è
una domanda molto delicata… e potrebbe anche non rispondermi.
SACERDOTE No, no, non si preoccupi della delicatezza... (rimane un po’ pensoso) Io posso
risponderle.
ELIA L’ascoltiamo tutti. (Si fa assoluto silenzio)
SACERDOTE (agitandosi un po’, come pentendosi) Risponderle... del tutto personalmente,
s’intende. Noi, noi preti, abbiamo tradito Cristo. Siamo i più vicini a Giuda, parenti stretti talvolta.
Lo so, e chiedo perdono. Perdonateci perché nel nostro caso... non si tratta né di dimenticanza, né di
vergogna... Noi non abbiamo imitato Cristo, non ci comportiamo nella realtà, nella pratica di tutti i
giorni, non ci comportiamo come si sarebbe comportato Cristo. Ho parlato di tradimento. E non
intendo cercare scuse.
IL CONTRADDITTORE BONARIO (bonario) Molto coraggioso quel che lei dice! Molto
coraggioso il suo “esame di coscienza personale”, ma in pratica che cosa propone?
SACERDOTE (sorprendentemente umano e avventuroso) Noi dovremmo sempre chiederci:
qui, in questa circostanza, come si sarebbe comportato, come si comporterebbe Gesù? E
immaginarla, prevederla, indovinarla la strada che avrebbe presa Lui, ed abbracciarla
coraggiosamente fino in fondo... Non le pare che sarebbe questa la strada veramente cristiana? La
rivoluzione vera. Eccola! E invece...
IL CONTRADDITTORE BONARIO Bello! Ma tenga presente che Cristo faceva i miracoli;
voglio dire: moltiplicava i pani, guariva i malati, resuscitava i morti... Come faremmo noi se
scegliessimo la stessa strada audace, imprevista che probabilmente sceglierebbe Cristo? Noi... non
facciamo i miracoli.
SACERDOTE (ormai impegnato) Se credessimo veramente in Lui... smuoveremmo le montagne.
La fede.
LA BIONDA E l’Amore.
IL PROVINCIALE E i fatti... le opere...
IL CONTRADDITTORE BONARIO (contando sulle dita) La fede… l’amore... e le opere!
Dovremmo essere santi!
SACERDOTE Ecco.
IL CONTRADDITTORE BONARIO Ma santi non siamo! Non possiamo essere tutti santi!
SACERDOTE Per questo non abbiamo ancora capovolto il mondo. L’abbiamo appena un po’
mosso... un po’ inquietato.
L’INTELLETTUALE (amaro, sottovoce) Troppo poco. Ci voleva ben altro! Dopo tutto, oggi, nel
mondo ci sono gli stessi peccati, gli stessi peccatori di quei secoli lontani...
SACERDOTE (fermo) No. È qui, mi scusi, che lei sbaglia,
L’INTELLETTUALE Vorrei proprio sbagliarmi. Mi creda. Vorrei.
SACERDOTE Si sbaglia perché non ci sono gli stessi peccati, non ci sono gli stessi peccatori, ma,
da allora, sono nati dei peccatori nuovi, dei peccatori cristiani... Lo stesso per i peccati! Lei mi
capisce! Questa nuova consapevolezza di fare il male, questa sofferenza, questo rimorso, questo
strazio, questo bisogno di perdono prima non c’era... L’ha fatto germogliare Lui, nel mondo,
bagnandolo del suo sangue! È nato, mi creda, un uomo nuovo, che non e santo, d’accordo,
purtroppo, ma che è, anche senza saperlo, anche senza volerlo, cristiano! Ora io le dico che questo
fatto è immenso!
(Dal fondo, entrata dalla porticina del palcoscenico, viene avanti una donnetta di mezz’età, più
verso i cinquanta che i quaranta, vestita dimessamente. Tiene alzato a metà un braccio, non si sa se
per dare un mite allarme o per chiedere altrettanto mitemente la parola)
LA DONNETTA Posso parlare anch’io? Vedo che parlano tutti, oh!
ELIA Si accomodi.
LA DONNETTA Non dovete dire, signore, che il mondo è rimasto quello che era, no, no, oh! È un
grosso sbaglio! Voi, ho capito, vorreste addirittura vederlo sui giornali e scritto grosso così: «il
mondo stanotte è stato capovolto dall’amore di Gesù...». Oh! Una specie di bomba atomica... (molti
spettatori ridono) Non c’è niente da ridere, signori. Il mondo ha un modo suo di camminare... e di
capovolgersi... Bisogna avere occhi per vedere… e stare attenti, pazienti, oh!
L’INTELLETTUALE E allora?
LA DONNETTA Un momento. Perché anch’io voglio dire quel che hanno già detto la signora, lì...
e il giovanotto: non ce lo dovete toccare, Gesù. Noi non abbiamo l’intelligenza per stare delle
giornate intere a ragionare... Noi siamo poveri… e semplici, e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo,
chiedo scusa, come fosse uno dei nostri. È il nostro tesoro. E allora non dovete toglierci questa sola
cosa che abbiamo, ma che per noi è tutto. Gesù è tutto, per noi! Oh! Io sono una madre, lavoro qui,
nel teatro - spazzo... le pulizie - oh! prendo proprio due soldi, e mi danno un buco di casa...
ELIA (forse temendo una rivendicazione salariale, fa decisamente il gesto di congedarla) Grazie,
signora. Abbiamo capito, adesso.
LA BIONDA Ma la lasci parlare!
SARA (spalleggiandola) Ma si, dica. Voleva dire ancora qualcosa?
LA DONNETTA Eh! Che sono una madre con un figlio morto, volevo dire. Una vedova. Le madri
alla mia età non dovrebbero lavorare, se avessero ancora il figlio… ma il figlio... (si commuove e si
interrompe) Io ho ascoltato tutto — non ho capito tutto, però… (indicando Maria di Nazareth nella
«troupe» dei testimoni) la madre... la Madonna... l’ho capita, e mi son detta: «anch’io sono un po’
come lei...». Per carità, per carità... non è che io faccia dei paragoni. Mi perdoni, sa... Io mi son
permessa di venire avanti... così pubblicamente... perché non capita mai di incontrarsi con la madre
di Gesù a faccia a faccia... così come stasera... (e s’inchina di lontano alla Madre di Gesù). Io
vorrei dire due parole... sul mio caso, e scusatemi se alzo un po’ la voce... Sono fatta così...
questione di carattere.
MARIA DI NAZARETH Dica. L’ascoltiamo.
LA DONNETTA Grazie... (comincia rivolgendosi a Maria) Anche mio figlio un bel giorno se ne
andò... I figli, buoni e cattivi, se ne vanno tutti... È un destino. Non mi disse nemmeno dove. Non
portò via niente... perché non c’era niente da portar via da noi... (e si rivolge al giovane figliuol
prodigo) Ma è lo stesso: i soldi di casa non contano... non avere troppi rimorsi per i soldi!
(Riprende) Quando si rifece vivo era un altro uomo. Io non lo potevo capire più. Era andato via
biondo e mi ritornava per così dire, più scuro di capelli, e cupo, pensieroso, chiuso... — Avevo
perfino un po’ di timore di guardarlo — sapete com’è coi figli che vi diventano degli sconosciuti —
oh! Rimase lì in casa — era mio figlio — senza far niente. Lì in casa— e diceva certe parole,
coglievo certe frasi... — noi stiamo attente a tutto! Che discorsi, che discorsi, Dio mio! — e non
potevo capire. E quando si comincia a non capire più i discorsi dei figli è finita. Si deve star zitte, e
aspettare. (Pausa. Sospira) Oooh! E una notte, battono. Chi è? Vengono a prenderlo, perché —
dicono — è un sovversivo. — Non domandatemi se era di questi, di quelli o di quegli altri... non
importa proprio saperlo per quel che sto per dirvi... credetemi. Io dico: ma come un sovversivo?
Mio figlio, che sta chiuso in casa? Che ha detto? Che ha fatto? Quelle solite domande... — Portato
via, scomparso, l’unico figlio. (Fa un gesto di annientamento) Un momento fa c’era. Dormiva.
Dopo un momento... non c’è più! E poi mi mandano una carta: che è morto. Da non crederlo... da
dar di volta il cervello... — Non c’è più... ma io lo sento parlare, lui che non parlava mai con me...
lo sento perfino chiamare — oh! Voi, signori del processo, voi prima, avete parlato dei miracoli —
ho sentito: ci sono, non ci sono, sono veri, sono falsi... un gran discutere... — poi ci si son messi
anche i signori delle poltrone: altro discutere... — Io non lo so se ho capito, ma posso dire che a me
è successo proprio un miracolo. Io ho detto, prima che da un certo momento in poi, mio figlio era
diventato come uno sconosciuto, per me — ma ecco che dopo la morte, mentre l’ammazzavano
all’improvviso è resuscitato... resuscitato dentro di me. Me lo son sentito vicino, vivo — proprio
come se fosse vivo e avesse confidenza in sua madre... Parla, dice quello che per anni non ha mai
detto - le cose meravigliose... le parole che dice... e i sentimenti che mi confida, sapeste! E io so,
ormai - lo sento - lo so, vi dico, lo so! che non passerà molto tempo che lo rivedrò - ci rivedremo -
perché è vivo, è ancora vivo... — Non è una favola... è una cosa vera, proprio vera, come se si
toccasse... una certezza. C’è, là, in un posto, in un altro posto, ed è vivo! C’è, e mi aspetta, e ci
ritroveremo - è così! È così! - Io volevo dirvelo, ecco... Loro ci aspettano! Queste sono le sole cose
che contano in questa nostra vita disgraziata! Non le toccate! Sono le sole che abbiamo... Siate
buoni, signori giudici, siate un po’ buoni verso il Salvatore... e verso di noi... Buoni... buoni, buoni.
(E fa per avviarsi)
DAVIDE (fa un cenno alla donna di fermarsi) Fui io... a denunciarlo... perché venissero a
prenderlo. «E’ Daniele, è lui.» Non vostro figlio… ma è lo stesso. Fermatevi a sentire anche voi.
SARA (ha un grido soffocato e si mette a singhiozzare) No! Daniele no!
DAVIDE A quel tempo eravamo a Monaco, e celebravamo il processo di Gesù da più giorni. Erano
settimane che in quel vecchio palazzo ebrei e cristiani discutevano su Gesù di Nazareth. Quei
tedeschi sembravano come impazziti per il nostro dibattito che si prolungava talvolta fino al
mattino. Già s’erano manifestati i primi segni della persecuzione contro gli ebrei, ma la nostra
«troupe» non era stata ancora toccata. Fu in quei giorni che io pensai di liberarmi di Daniele, il
marito di Sara. (Accennando, senza guardarla, a Sara) Sara ed io ci amavamo. Mi fu facile
denunciarlo. Lo indicai, come Giuda, da una finestra del palazzo. «È lui, quello che passeggia nel
cortile fumando...» Debbo confessare che non lo facevo soltanto per gelosia d’amore come si
potrebbe pensare. Denunciavo in Daniele un ebreo che s’era già quasi fatto cristiano. Credevano di
colpire un capo ebreo e io gli mettevo fra le mani il primo di noi che s’era già fatto, in cuor suo,
cristiano. Mi vendicavo di tutto quello che c’era di buono in quell’uomo che non amavo. Credevo di
sottrargli definitivamente la sua donna, credevo di soffocare sul nascere la sua nuova fede. Però...
però non sapevo... non credevo che non l’avrebbero più rilasciato... che sarebbe sparito... mai più
visto — non lo sapevo.
REBECCA Quando facciamo il male, tutti pensiamo che si fermi lì, fin dove l’abbiamo voluto,
entro quei confini: invece quel male che abbiamo voluto, che abbiamo smosso noi, cresce, cresce...
non lo controlliamo più... ci travolge… diviene irreparabile...
DAVIDE Non lo dico per invocare attenuanti. Accusatemi pure per la sua morte. Un denunciatore,
del resto, non è da meno di un assassino. Però io vi dico che non volli la sua morte, ma soltanto la
sua cattura.
(Silenzio. Si sente soltanto il piangere di Sara)
SARA Sentii subito che non l’avrei mai più rivisto!
DAVIDE Sospettasti subito di me?
SARA No. Ma ebbi immediatamente orrore della nostra colpa... della mia... soprattutto della mia!
Daniele si riprendeva di prepotenza il mio amore. Tu mi rendevi a lui nel momento stesso che
credevi d’avermi definitivamente per te... (balbettando) Chi vuol conquistare un amore... lo perde...
e chi è disposto a perderlo... invece lo conquista... Ma a che prezzo! Daniele! Perdono! Daniele! (E
torna a singhiozzare)
DAVIDE Per me nessuno avrà una parola di perdono, nessuno dovrà averla! Non la voglio.
(Indicando la donnetta delle pulizie) Soltanto lei, forse, potrebbe trovare la parola... (Sara ha alzato
la testa e fissa la donna delle pulizie. Intanto il Commissario è entrato dalla porta del palcoscenico
e s’è avvicinato lentamente a Davide)
DAVIDE (vedendoselo vicino) Cercate me? Eccomi.
ELIA (intervenendo) Non credo vi appartenga, signore. Appartiene alla nostra famiglia, alla nostra
comunità; dunque alla nostra giustizia: alla nostra vendetta o alla nostra pietà. Lasciatelo. Nessuno
di noi lo accusa. Chi lo accusa? (Silenzio) Perché allora vi intromettete?
COMMISSARIO (ritraendosi) Mi pareva d’aver sentito...
ELIA Avete forse sentito bene. Ma è una confessione fatta per un altro giudice. M’intendete?
COMMISSARIO (fa una smorfia per dire che non ha proprio capito niente, e se ne va dal
palcoscenico) È una commedia...
DAVIDE Perché fate ancora delle distinzioni? Non vi siete dunque ancora accorti che da «allora»
non ci sono più ebrei e cristiani, ma soltanto un’unica famiglia di peccatori che domandano un
unico perdono?
ELIA Forse ce ne accorgeremo alla fine di questo processo.
DAVIDE (scattando) Basta con questo processo! Interrompetelo... e chiedete scusa agli ascoltatori.
Ritiriamoci a parlare tra noi...
ELIA (caparbio) No. Questo processo deve giungere alla sua conclusione. Tu non hai ancora capito
che è proprio da questo processo che le... nostre pene — anche le tue, Davide, anche le tue — sono
giunte a compimento. E dobbiamo concludere con la sentenza. (Allargando le braccia) Fate silenzio
— tutti — rispettabili ascoltatori... (Si fa silenzio) Pronunceremo la sentenza, ma vorrei chiedervi,
prima: chi era… chi è — chi è — per voi, Gesù di Nazareth? (Un silenzio)
SACERDOTE È certamente il Figlio di Dio!
L’INTELLETTUALE È il figlio dell’Uomo.
LA BIONDA Il primo e l’ultimo amore — il vero amore!
UN INFELICE Venuto non per giudicare, ma per salvare.
IL PROVINCIALE Se vedrò uno che mi viene incontro, e mi butta le braccia al collo, e mi dà un
bacio, io saprò che è lui.
LA DONNETTA Mi consola, sapeste, tutti i giorni... qui, sola, in questo teatro vuoto... Lui c’è, e
mi dice: coraggio, verrai con me in paradiso.
DAVIDE Mi ha perseguitato per anni... mi ha accecato... ora ha vinto!
SARA Anche tu, Gesù di Nazareth, sei un ebreo morto anche per noi. Siamo tutti eguali.
ELIA Perché non lo gridate forte, dovunque e sempre, quel che avete detto stasera? Tutti dovete
gridarlo! Tutti! Perché altrimenti si ripete anche per voi, quello che accadde per noi, allora. Di
rinnegare... di condannare... di crocifiggere Gesù... (forte) Io debbo ormai proclamare... alto... e al
cospetto di tutti.. che non so ancora se Gesù di Nazareth sia stato veramente quel Messia che noi
aspettavamo… non lo so... ma è certo che Lui, Lui solo, alimenta e sostiene da quel giorno tutte le
speranze del mondo! E io lo proclamo innocente... e martire... e guida...
SACERDOTE Salvatore del mondo. Risorto da morte!
IL PROVINCIALE Talvolta hai l’impressione di sentirlo vicino, in mezzo alla gente... Ti volti, lo
cerchi! Ti sei sentito chiamare...
LA BIONDA Ci passa vicino… non visto...
SARA Allora, bisogna mettersi a spiare il suo passaggio...
REBECCA Continua a cercarci in questo nostro mondo…
LA BIONDA Nel nostro mondo marcio! Mondaccio sporco, ma forse benedetto...
QUATTRO VOCI (Provinciale — Bionda — Rebecca — Sara) Forse ancora — tra noi — vivo.
(Dalla «troupe» dei testimoni si levano varie voci)
PIETRO L’aveva detto!
GIOVANNI Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
MADDALENA Se due o tre di voi si riuniscono nel nome mio, anch’io vengo, e resto in mezzo a
voi!
TUTTA LA «TROUPE» Resta — in mezzo a noi — fino alla fine — del mondo.
ELIA (viene avanti e fa con le braccia un larghissimo gesto d’interruzione) Ecco, è finito. Il nostro
processo si è veramente concluso. Grazie a tutti voi. (Insieme agli altri giudici e agli attori della
«troupe» si inchina leggermente)
Ma dal suo angolo, la donnetta delle pulizie attraversa lentamente il palcoscenico e viene verso
Davide, che riluttante a questo estremo inchino, s’è già incamminato per rientrare il più presto
possibile. Si incontra con la donnetta quasi di faccia ad Elia.
Allora la donnetta lo ferma con un gesto, poi si alza sulla punta dei piedi e lo bacia due volte sulle
guance.
LA DONNETTA Non aver paura figliuolo… Il Giudice Vero è Lui.
Su quel bacio di universale perdono scende per la prima volta il velario.
VELARIO
FINE DELLA RAPPRESENTAZIONE