Spiritismo nell’antica casa

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SPIRITISMO  NELL’ANTICA   CASA

DRAMMA IN DUE ATTI

di Ugo Betti

PERSONAGGI

LAURA

RUGGERO

FEDERICA

ENZO

IRENE, sua moglie

ISOLINA

ESTER

GIUSTINO

IL PROFESSORE

Ai nostri giorni.

ATTO   PRIMO

Una stanza tappezzata di un rosa qua e là sbiadito. Si vede il principio di una scala che sale. Una pendola alla parete. Il lampadario è acceso.

SCENA PRIMA

I padroni di casa, cioè Enzo e sua moglie Irene, ambedue sulla sessantina, hanno finito di cenare. Si vede la seggiola vuota di un terzo commensale già uscito. La domestica Ester va e viene sparecchiando la piccola mensa. Si ode nel silenzio, da una casa vicina, un suonatore di clarino che ripete fino all’ossessione un esercizio elementare.

ENZO    Non dubitare, fra poco li vedrai qui, poverini, se no non digeriscono. Tanto valeva prenderli addirittura con noi. Non ne hanno mica abbastanza, di mezza casa, loro di là e noi di qua: è tanto bello! Noi dobbiamo anche divertirli, distrarli, conversazione, trattenimento. Non è per la spesa: la luce, le ciliegie sotto spirito. Mia sorella è sempre stata tanto disinvolta. ricca, grande;  però i soldi chi li ha li tiene stretti, è curioso.

IRENE  (legnosa, contadinesca, aiutando anche lei a sparecchiare) Oggi sono scesi nell’orto, hanno lasciato aperto il cancello delle galline.

ENZO   Ho detto dieci volte che nel polpettone non ci voglio il prezzemolooo. (cantando con voce nasale) Nel polpettone non ci voglio il prezzemolo. Mi riesce pesante, l’ho detto centoquindici volte.

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(Porgendo orecchio a un rumore della casa) Chi è, ancora Giustino? Ditegli di smettere, può andare a letto.

IRENE  E così sono uscite tutte le galline. (Si è seduta ponendo mano ai suoi gomitoli di lana, aiutata da Ester che siede accanto a lei)

ENZO    (facendo una voce nasale)  Ah, poverine, poverine, sono uscite. 8Condiscendente, tornando alla voce normale)  Le galline sono un episodio, un modesto episodio. La verità è che questa gente poteva benissimo restare dov’era, a casa sua. La guerra, le bombe, nessuno dice di no, però un tantino, poco poco, d’isterismo, che non ci sia, n tantino d’isterismo?  Eh, eh? Pare che mescolarsi alle confusioni sia una consolazione, per la gente. Fare una sciocchezza, quando si è in tanti a farla, pare che sia un sollievo. (Porgendo orecchio) Eccoli. (Infastidito) Dì loro che vengo subito  (Esce)

SCENA SECONDA

Entra da un’altra porta una trasparente vecchia di circa settant’anni: Federica, sorella di Enzo. E’ vestita completamente di bianco, ha in mano un bastoncino di ebano; benché non ne abbia bisogno si appoggia al braccio di Isolina. Fa il giro della stanza, guardandosi intorno.

FEDERICA   Bello, bello, bello. Oh, questo rosa. Sembra di stare proprio…dentro i petali di una rosa, ci si sente estasiati, profumati. Questa è una stanza molto adatta. Sì, sì. E’ molto meglio di tutte le altre.

ISOLINA    Federica, ci siamo venute anche ieri sera, e ieri l’altro.

FEDERICA   Lo so bene, Isolina; non vorrai insegnarmelo. (Tornando a guardare) In qualche punto fuma in argento e madreperla come la bava di una lumaca. (L’osservazione è del tutto arbitraria, ma nessuno obietta) E’ veramente una delizia. (Si è seduta) Siedi pure, Isolina, altrimenti ti stancherai, non sei più una bimba.

ISOLINA   (siede accanto a Federico)

IRENE     Enzo viene subito.

FEDERICA  sì, CARA. ANCHE Ruggero tarderà poco. (Guardandola coi suoi occhiali che adopera a modo di occhialetto) Irene, ti trovo proprio molto bene, sai? (Ride) Oh, se tu fossi stata delicata, mio fratello ti avrebbe fatta morire da molto tempo, figurati un po’. (Guarda Ester) E tu? Tu sei Ester.

ESTER    Sissignora.

FEDERICA    Sei una bella donna. Devi essere una birbacciona. Non occorre che tu ti vergogni, nemmeno tu sei più di una bambina. Immagino che mio fratello si sarà affrettato a darti noia.

IRENE    E’ con noi da parecchi anni.

FEDERICA   Lo so, lo so. Mio fratello è molto attirato dalle donne di servizio. E’ un vero don Giovanni. E tu? Lo lasci fare?

IRENE   (poco affabile) Per me è proprio lo stesso.

FEDERICA  Oh, non v’è casa, la più corretta, dove non esistano delle situazioni che si direbbero scandalose e che invece si realizzano con una tranquillità, una mancanza di attriti veramente carine. Un tempo è stato detto persino di me, che la mia benevolenza per Ruggero fosse impura. E’ una calunnia che mi lusingava un po’, trovavo che mi ringiovanisse. Già già. Però è incredibile come mi conferisce l’aria di qui. Sto così bene, in questi giorni, mi sento giovane. E come dormo! Come un angelo. E tu? Tu Ester? Tu dormi bene?

ESTER     Sissignora.

FEDERICA  Ci sarà l’amore, te, a farti smaniare, non è vero?  (Cambiando, a Irene) Sicuro. Ora occorrerebbe organizzare qualche cosa. Che fa mio fratello? Si fa aspettare.

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IRENE    Credo che verrà subito. (Va ad una porta, chiama) Enzo. C’è tua sorella, ti vuole.

FEDERICA   Queste serate sono così lunghe; così tranquille. Prima che io mi sposassi, da signorina, si giocava a picchetto, era straordinariamente noioso. Sì, le persone che vivevano qui, allora, erano veramente deprimenti. Lo zio Claudio…lo zio Ermete…(a Ester) Io ho preso tre mariti, sai? Tre. A te piacerebbe? (Abbassando la voce) Ma sentire questo silenzio. Che meraviglia. (Nel silenzio si odono alcuni colpi battuti a intervalli regolari)

FEDERICA  (senza voltarsi) Oh. Ma cos’è’ chi è?

ENZO  (è apparso a una porta, picchia sul muro altri colpi, poi dice, con voce sepolcrale) Sono  - lo – spirito . di – Napo-leone…..

FEDERICA  (leggera, ridendo) Oh scioccolone, quanto sei sciocco, Enzo.

ENZO  (c.s.) Cucu. Cucu. Napo-leone….

FEDERICA   Vedrai che lo spirito di Napoleone finirà per castigarti.

SCENA  TERZA

ENZO  (viene avanti)

FEDERICA  Dicevo, Enzo, che occorre organizzare qualche cosa di interessante.

ENZO   Perché non ci affidiamo a Napoleone? (A Ester) Tu vattene, sei sempre fra i piedi a spettegolare. ( A Federica, mentre Ester esce) Ruggero chiama lo spirito di Napoleone e poi ci pensa Napoleone, a organizzare la cosa interessante.

FEDERICA   Enzo, come sei rozzo coi tuoi scherzi, manchi della menoma leggerezza

ISOLINA   (guardando       Federica, zelante) Persone intelligentissime, hanno dovuto convincersi.

FEDEERICA   Brava Isolina. Pensavo una cosa. Che ci sono stati dei fatti importanti nella mia vita, montagne, vere montagne: e sapete che io le ho quasi dimenticate’ le vedo come se fossero cadute laggiù…(quasi vedendole) Nel fondo di un pozzo. Quelli che ricordo bene non sono i fatti importanti; sono i colori. Io ho vissuto a lungo e ricordo dei colori…incredibili. Sì, come veli…veli di diamanti; oppure dei verdi…da far paura. Che bei colori…Io dico…(Tace)

Si è appisolata. Evidentemente gli astanti sono abituati. Enzo fa qualche passo avanti e indietro.

ENZO   (pensando) La più bella cosa non sono i colori. La più bella cosa è capire, e poi trovare ogni volta la parola…che esprima, che inchiodi. (Canticchia) La parola precisa, il diamante. (Canticchia)

FEDERICA  (riaprendo gli occhi) Quello di ieri sera secondo me è stato un messaggio tanto significativo. Conciso, si capisce, occorre interpretarlo. Ma non si era mai espresso così. si è capito fin dal principio della serata che era ben disposto.

ISOLINA  (zelante) S’è mostrato tanto carino, in certi momenti.

FEDERICA  (ride) Starei per dire birichino! Come fa piacere, vero?

ISOLINA  (con un sospiro)  Non capisco perché sia stato così reticente circa la mia povera sorella Maria Giuseppina.

FEDERICA  Sembra che abbiano anche essi i loro sghiribizzi, le loro antipatie. Io per esempio vorrei tanto sapere della mia cassetta forte a Roma. Sono tanto in pensiero per la mia cassetta forte a Roma. Queste banche, si sentono notizie orribili. (Ride) Sarebbe anche opportuno chiedere se ci sarà  la rivoluzione e se ci taglieranno la testa a tutti. (A Isolina) Credi che il nostro spirito sia autorizzato a rispondere a domande di questo genere?

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ENZO   Federica, pagherei per sapere se tu credi veramente a queste grullerie, o se fai finta.

ISOLINA   (con zelante rimprovero) Io dico che dopo i risultati, specie di ieri sera, essere scettici…- scusatemi – ma vuol dire essere ciechi.

ENZO   (buffonesco) E dunque ieri sera c’era?

ISOLINA    Sicuro che c’era.

ENZO  (ingenuo) E che cosa c’era’

ISOLINA   (imbarazzata) La…l’entità fluidica.

FEDERICA   Oh! (a Enzo) Hai sentito la nostra Isolina?

ISOLINA  (offesa) Domando scusa, io non ho molti studi.

ENZO     Federica, sai che io mi ci diverti più di te? E stato meglio che a teatro, questi giorni.

FEDERICA   Enzo mio, io ho paura che tu non abbia molto gradito il mio ritorno qui.

ENZO  Per carità. Ci annoiavamo tanto in questo paesetto. E poi, Federica, questa casa è tua, o mi sbaglio?

FEDERICA  (melliflua) No, non ti sbagli. E’ per questo che posso portarci chi mi pare, e posso farci quello che voglio.

ENZO   E poi è sempre usato, cara, che alle vecchie signore ricche si attacchi una piccola corte di parassiti, con giovanotti dotati di forte potenza medianica e spalleggiati dai cosi, le entità fluidiche. Dico bene, Isolina?

FEDERICA  (senza dare importanza) Enzo mio. Sei sempre stato privo di ogni generosità; devi anche avermi rubato un sacco di soldi,uno di questi giorni guarderemo i conti. Leggi dei libri. Leggi di libri per poter attribuire a essi la colpa della tua barba lunga, della tua avarizia, della tua condotta immorale, per poter nobilitare tutto ciò con delle citazioni. Eccoti lì, vecchio, sgradevole, unto…Sembri decrepito, sai? (Ride) A proposito, io non sono mica una vecchia signora molto più vecchia di te, sai?

ENZO  Vedo che consumi ancora parecchia cipria.

FEDERICA    E anche un pochino di rossetto, Enzo, sì. Allora hai paura che i parassiti mi spoglino del patrimonio?

ENZO   Questo mai. Sei troppo furba, Federica, e poi avara, tu sì. I conti, quando vuoi, sono pronti.

FEDERICA    Ho piacere di saperlo, sai cos’è Enzo? Che tu non hai mai potuto soffrire il povero Ruggero. Ti secca che sia giovane.

ENZO   (fintamente compassionevole) Però mi è sembrato un po’ sciupato.

FEDERICA   Ti umilia il fatto che sia decente, pulito.

ENZO    Federica, vuoi sapere perché fra tutti i parenti Ruggero è l’unico che tu sopporti? Perché è un depravato, un cupo rottame, reduce da spiacevoli incidenti.

Non visto da alcuno, Ruggero, è apparso sull’uscio, fa qualche passo avanti, tranquillo, ascoltando.

FEDERICA    Per lo meno non è un ragazzo noioso. Non sempre nasconde che lo annoio e che mi avvenelerebbe volentieri, ma è troppo sprovvisto di risorse sue, per poter fare a meno delle mie. (Vedendolo) Oh, caro Ruggero.

RUGGERO   (tranquillissimo)  Buona sera, zia. (Va a baciarle la mano)

SCENA   QUARTA

FEDERICA  (con leggerezza) Tin difendevo. Tuo zio ha dell’astio per te, dice che sei un depravato e che mi imbrogli.

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ENZO   (inquietandosi) Ma sicuro, che ti imbroglia! Sì, l’entità fluidica! T’imbroglia, e non fa neanche grandi sforzi per nasconderlo. Ha troppo veleno in corpo per essere un imbroglione deferente. (Brontolando) A lui gli basta di mangiarti dei soldi.!

FEDERICA   Non troppi, se mai, non troppi.

ENZO    Pochi o tanti, è una trappola.

RUGGERO  (tranquillo) Zia Irene, stasera non ci sono le ciliegie sotto spirito?

IRENE  (si alza per andare a prendere le ciliegie)

ENZO  (alla moglie, brontolando) Di’ a Giustino che mi cavi del vino fresco, m’è venuta sete.

IRENE  (esce)

FEDERICA   Pare che ti venga sete tutte le sere.

ENZO   Be’, sono un ubriacone. (A Ruggero) Vedi, figlio mio, invece tu mi piaci. Tu nella vita non hai mai fatto niente di decente. Tu sei un essere antisociale, anormale. ( A Federica) Pare che lui possieda una vera tecnica per fare di un essere pulito un cencio assolutamente lurido.

FEDERICA  (leggera) Oh, ma perché vuoi far arrabbiare il povero Ruggero? Vieni qui, Ruggero, non gli dar retta.

ENZO  Generalmente gli imbroglioni almeno sono umili, servizievoli. Tu invece trovi il modo d’essere anche insolente. Bravo. Tu ce l’hai con tutti…

RUGGERO   (duro e tranquillo) Zio Enzo, ti dilunghi troppo; cominci ad annoiarmi.

ENZO   (buttando la cosa in celia) Hai capito, eh? Lui non ci penserebbe un minuto a mettermi le mani addosso. Hai capito, eh? (Ridacchiando e avvicinandosi al vino che un vecchietto zoppo – Giustino – gli sta recando) Hai capito, boia di un sacra mestolo, hai capito!

Sono state portate anche le ciliegie sotto spirito. Stranamente immobili e come assorti tutti le assaporano. Nel silenzio si ode il suonatore di clarino.

FEDERICA  Ecco il suonatore di clarino.

ENZO  (pensando e bevendo)  Ha detto Federica che sono decrepito. Io non ho mai fatto eccessi, questo bicchiere non è un eccesso, ma forse sono andato un po’ giù.

ISOLINA   (mangiando le ciliegie in un accesso di tosse)

FEDERICA   Isolina, non essere così avida, ti rimpinzi sempre.

ISOLINA   (offesa) Io mi rimpinzo? Io non mi sono mai rimpinzata.

RUGGERO   Pensando e mangiando) Mi tratta sempre male perché sono povera, ma io ho otto anni di meno, e lei morirà parecchio prima.

ENZO  8pensando) Certe sere faccio finta d’essere un po’ brillo, ma non lo sono mica, faccio soltanto finta, mi diverte. (A Ruggero schermendosi) Eh, via! Ruggero!

RUGGERO   (sta tirando in viso a Enzo, prendendoli fra il pollice e l’indice, i noccioli delle ciliegie rimaste sui piatti)

ENZO   E smetti. Oh, ma sei antipatico.

RUGGERO   (continua)

ENZO    (infuriandosi) La vuoi finire di tirare i noccioli di ciliegie? Lo vedi che sporchi tutto? Sei un gran maleducato! Tu credi di salvarti con l’impertinenza, non so davvero come ti sopportino!

RUGGERO  (con sghignazzate buffonesche) Hiii! Huuu! Quanto sei, zio Enzo! Sembri un coso, un tacchino…che somigli a un rospo! Heee! Huuu! Hiiii!

UNA VOCE    Buona sera, signora Federica. Buonasera a tutti.

Un uomo di mezza età, sta entrando introdotto da Ester. E’ il Professore, ospite consueto. Grasso, biondastro, continui ammiccamenti, gesti vaghi, pause arbitrarie, dovute anche ad affanno.

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SCENA  QUINTA

FEDERICA    Oh, buona sera, professore. Che novità.

PROFESSORE   (sorridendo)  Orribili.

FEDERICA  (leggera)  Per carità. Allora non diteci nulla

PROFESSORE   La gente non sa che fare di sé stessa, si uccide con grande facilità. Sapete quanto sono arrivate a costare le caldarroste?  (Ne tira fuori un cartoccio, fa per offrirlo , lo mette su uno sgabello)

ISOLINA  (precipitandosi sulle castagne) I bottegai fanno a gara per approfittarsi.

FEDERICA   Professore, credete che ci taglieranno la testa? Io sono tanto in pena per la mia cassetta forte a Roma.

PROFESSORE  (occupato a chiudere la finestra) Da una settimana non fa che tirare vento di nord est, io mi sono occupato anche di meteorologia.

ISOLINA   E’ tanto umido, poi. Specie la sera. Mah. (Sospira)

FEDERICA   Non sospirare tanto, isolina. (Al professore) Isolina è una di quelle persone che si nutrono di disgrazie. Ella ha collezionato una quantità di lutti.

PROFESSORE   (col tono di chi cita) La verità è che una cupa melanconia si impossessa delle razze incivilite col declinare della fede in una potenza ordinatrice e benefica.

FEDERICA  Oh, tutto è così complicato. Fra l’altro occorre un’infinità di certificati.

ISOLINA   C’è una gran confusione, purtroppo.

ENZO   (facendo una vocetta nasale)  Ma voi, voi, Isolina, voi ci credete alla vostra resurrezione dopo la morte?

ISOLINA   (offesa) Lo so io, a cosa credo, non occorre che lo dica a voi.

RUGGERO   (siede, si alza, torna a sedere qua e là) Sentite un po’, se invece stasera si combinasse una bella partita a picchetto?

FEDERICA   Per me va bene.

ENZO  (con furore)  Sì, proprio, la partita! Sei un po’ troppo bravo, carino. Non mi avrai preso per un idiota!

FEDERICA   Ma Enzo! Io per esempio ho vinto anche l’altra sera. Io vinco spessissimo.

ENZO   Tu sì. A te ti lascia vincere. Perché tu poi glieli restituisci. (Ingenuo) Io invece perdo sempre, e così la partita non la faccio.

ISOLINA   (timidamente) Se fosse possibile, invece…avere qualche notizia della mia defunta sorella Maria Giuseppina…ieri sera la seduta è riuscita così bene…

ENZO  (sghignazzando)  Oh, quella sì, la seduta! Qualche informazione sul paradiso.

PROFESSORE     (sorride e scuote la testa) Caro amico, il gran torto degli scettici sapete qual è? Di volere che nella nostra casa una certa porta resti chiusa: hanno persino paura a passarci davanti. (Sbuccia una castagna) Morte vita, vita morte: un’unnica grande casa dove noi abitiamo. E perché non ci abituiamo a camminarvi liberamente, fiduciosamente? Di qua e di là. Noi ne ricaveremo cognizioni molto utili. (Ride, mette in bocca la castagna)

FEDERICA   (indicando il piano superiore) C’è qualcuno che cammina di sopra?

IRENE   Sarà Ester; o Giustino.

PROFESSORE    (prendendo un bicchiere e reggendo con due dita) Se le mie dita si aprono che cosa fa questo oggetto? Case. Non c’è rimedio. Non c’è supplica o preghiera. Noi viviamo da millenni dentro le quattro pareti di una piccola prigione; e questo che ci fa impazzire. Noi attendiamo il miracolo; il giorno in cui io apro le dita….e l’oggetto non cade. (Ammiccando) Signora Irene, devo provare a lasciarlo?

IRENE    (gli toglie sgarbatamente di mano il bicchiere)

PROFESSORE   (ridendo) La signora Irene è contraria a questi esperimenti.

FEDERICA   Vi dico che c’è qualcuno, di sopra.

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ENZO    (spazientito)  Ma sì. Dev’essere Laura. Sta andando a letto.

FEDERICA   Laura? Chi Laura?

ENZO     Ma sì, Federica: Laura. E’ venuta a salutarti anche l’altra sera, le hai parlato varie volte.

FEDERICA  (a Irene)  Ah, ho capito, Laura la vedova.

IRENE    (con durezza)  Sì, la vedova.

ENZO    E’ venuta a stare con noi dall’estate.

ISOLINA    Sembra una persona tanto per bene, educata.

FEDERICA  Ma perché non si fa mai vedere! La sera, perché non viene un po’ in conversazione? 

ENZO    Non ne avrà voglia. Di giorno lavora, insegna in una scuola. Si trova un po’ a corto.

FEDERICA    Ma noi non la mangiamo mica. Chiamala, Enzo. Più siamo e più ci divertiamo.

RUGGERO    (maligno) Si vede che zio Enzo la tiene molto riguardata. Ha paura che gli si svii.

ISOLINA   (interessata)  E’ stata un po’ disgraziata, poverina; ho sentito.

FEDERICA   Così si svagherà un momento anche lei. Va’, chiamala, Irene.

IRENE  (non se ne dà per inteso)

FEDERICA    Sembra che Irene non l’abbia simpatica. Enzo, va’ tu a chiamarla.

ENZO   Vo io. (Sale qualche gradino, chiama verso l’alto) Laura! Vieni. Basta un momento. Ti vogliono salutare.

Qualche istante di attesa, poi appare e scende le scale Laura. E’ una giovane donna vestita modestamente.

SESTA   SCENA

LAURA   (un po’ imbarazzata) Buona sera.

FEDEERICA    Vieni, vieni…Laura, non è vero? Laura. Dicevamo che ci trascuri.

LAURA   Ho la scuola, che mi dà un po’ da fare. La sera sono stanca.

FEDERICA   (trattenendole le mani)  Sei una bella bruna, hai degli occhi…vellutati, non occorre che tu li abbassi. Mi fanno venire in mente un vestito che ho avuto tanto tempo fa. Tu saresti…

ENZO   (accennando a Irene) La vedova di suo figlio; suo figlio di primo letto.

FEDERICA   Sì, sì. Sei giovane. Quanto sono complicate queste parentele, vero? Hai una bellissima pelle, è raro nelle brune. Anche io sai, ero una vera magnolia. Sono stata piuttosto bella e ancora dicono che sono interessante. Oh, che mani calde!

LAURA   (si sottrae leggermente)

PROFESSORE    Insegnate qui?

ENNZO    Da due settimane. Le ho fatto avere una supplenza. (Con una affettuosità un po’ insinuante) E’ così Laurina, come va? Come si comportano i ragazzi? Ti fanno disperare? Come va con il preside?

RUGGERO   (maligno) Gli state piuttosto a cuore, allo zio Enzo.

FEDERICA     Non ti fidare delle premure di mio fratello. Io poi sono un mostro di natura, sai? Ho dei nipotini, ma morirei di noia a fare la nonna.

LAURA   (d’un tratto inaspettatamente) Sono preoccupata…nei programmi.

FEDERICA   (meravigliata) Quali programmi?

LAURA   I programmi della mia materia: scienze naturali. Sono mutati, dal tempo mio.

FEDERICA   Ah. E’ così?

LAURA    (già vergognosa) Dovrei rivedere un po’, rinfrescare.

ENZO    Ti sei fatta prestare il libro?

8

LAURA     Sì. Ma non riesco…non riesco proprio…sono materie un po’ complicate…(Tentando un sorriso) Io non ho mai avuto una gran memoria. Poi il preside ci ha dato da riempire dei prospetti.. Sono un po’ preoccupata, sono cose troppo complicate per me.

FEDERICA   (guardandola e poi voltandosi man mano al Professore come se Laura avesse cessato dal suscitarle ogni interesse) Sicuro…sicuro…sicuro…Un’unica grande casa dei vivi e dei morti; nella quale è possibile camminare liberamente, incontrando persone scomparse, spiriti che vanno, vengono, parlano familiarmente…

PROFESSORE   Essi non si rifiutano mai di venire e parlarci: solo sta a noi il meritaccio. Cioè il persuaderli, l’invogliarli; e in che modo? (Ride, come se la risposta fosse troppo ovvia) Col desiderarli, col pensare ad essi! Noi scaviamo in tal modo, tra noi e loro, dei misteriosi passaggi, veri buchi in un muro.

ENZO   (caricaturando la voce) Buchi. Buchi da topi. Topi, topi.

PROFESSORE   8sorridendogli con indulgenza) No, no, essi non resistono a lungo, se noi veramente li chiamiamo, se siamo leali con essi, liberi da puerili ribrezzi. Essi vengono. La questione è un’altra.

ISOLINA   Basterebbe ieri sera. Sono stati…così nobili, così affabili. Perché invece, delle volte , sono un po’ cattivi!

PROFESSORE    (col tono di chi spiega cose elementari) E’ anche un po’ bugiardelli, delle volte; e magari scioccherelli….

ENZO  (ride)

PROFESSORE  …gli scettici ne ridono. Ma se è tanto naturale: vino ancora torbido; vino non ancora schiarito. Essi sono deboli.

ISOLINA   Naturale.

PROFESSORE   E’ il grande sforzo che essi fanno per arrivare a noi. E il medium, come qui il nostro Professore, che fa, chi è? (Sorridendo) No, no, niente di eccezionale: una persona qualsiasi, del cui sopravanzo vitale essi approfittano, quei ladruncoli. Un semplice mezzo materiale, puro gesto, pura voce, senza del quale volendoci parlare, come rimarrebbero, quei poverini? Come uno che fosse lì dietro l’uscio, ma senza braccia, sicchè non potrebbe mica girare la maniglia, non potrebbe entrare.

LAURA  (a Isolina, sottovoce) Vengono….e parlano veramente?

ISOLINA   (le fa di sì, accennandole insieme di tacere e non disturbare il professore)

PROFESSORE   E il medium, come qui il nostro Ruggero, è semplicemente una persona che va alla porta, magari senza nemmeno capirlo, e apre. 8Come per dare un esempio, va ad aprire una porta e dice, rivolto verso il buio) Avanti, avanti, cari. Favorite, venite. (Torna indietro fra un gran silenzio, facendo gesti vaghi e ridendo fra sé)  E allora, quando essi sono con noi, tranquilli, mansueti, senza forze contrarie, senza diffidenze, allora…eh, allora…(quasi toccando l’aria intorno) tutto diventa vivo, l’aria non è più vuota, tutto è… un germoglio, una primavera. Essi, vengono.

LAURA  (senza dare importanza) E noi parliamo veramente con essi?

PROFESSORE    Noi parliamo, noi scherziamo, noi giochiamo, noi intrecciamo tenere amicizie, con essi! Essi ci portano fiori rudagiosi e profumati! Noi cantiamo con essi!

ISOLINA   (zelante)  Nella Nuova Inghilterra un pastore metodista udiva sempre la voce della sorella….

PROFESSORE  (approvando, spiegando)…defunta, naturalmente…

ISOLINA   …cantargli un inno che egli aveva suonato con lei.

PROFESSORE   Per carità, non vi confondete con tutte quelle materialità meschine, che so io, il tavolino, il tavolino che batte…sì, stai fresco, il tavolino! Quando essi veramente sono con noi, qualunque cosa serve loro per manifestarsi. La nostra mano si alza?

ISOLINA   (pronta e zelante) Ma sono essi a muoverla.

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PROFESSORE   La voce del medium risuona; ma chi è che parla?

ISOLINA    Sono essi!

PROFESSORE    E’ la loro voce…che parla con la voce mettiamo di coso, di Ruggero. Si sono avuti fatti straordinari, a migliaia. Che qualche cosa venga, a parlarci, a farci rapide fredde carezze, è più che certo. La questione è un’altra. (Con improvvisa agitazione) Essi vengono….Ma che cosa è, di essi, che viene? (Inopinatamente, eccitato, angosciato) Che cosa è? Che cosa è?

Un momento di generale imbarazzo

ISOLINA   Stasera vorrei tanto parlare con la mia povera sorella….

ENZO  (imitando)…Maria Giuseppina…

FEDERICA  Io, invece, vorrei un certo Agenore; era un tipo buffo, con la scriminatura in mezzo. (Con naturalezza, come chiamando uno degli astanti) Agenore! Signor Agenore!

ISOLINA    Signor professore, dobbiamo cominciare a disporre le seggiole?

PROFESSORE   (indulgente) n Le seggiole! Signora Isolina, non sono le seggiole che contano, è la serietà, la concentrazione.   Soprattutto è lui, che conta, il nostro Ruggero. Ruggero, vi sentite ben disposto, stasera?

RUGGERO   Ma sì, certo.

ESTER    (è uscita, poi è rientrata portando un lume)

PROFESSORE   (indicando Ruggero) Dipende da lui, è lui quello che apre la porta! (Essendogli caduto lo sguardo su Laura) Signora, volete prender parte anche voi?

LAURA  (allarmata) No, no…

PROFESSORE   Se volete….

LAURA  (alzandosi impulsivamente) No, no. Anzi, se permettete…vorrei ritirarmi. Sono abituata a coricarmi presto.

FEDERICA  (seccata) Va vene, cara, buona notte.

LAURA    Buona notte. (Fa cenno col capo, esce dalle scale)

FEDERICA   (a Irene) Mi sembra davvero un po’ rustica. Non guardava mai in viso.

PROFESSORE   E dunque? Andiamo, da bravi. Sedete tutti. Ci siamo?

Tutti. Compresa Ester, si dispongono seduti, a testa bassa.

PROFESSORE   Un po’ di concentrazione, un po’ di raccoglimento. (Va a fermare la pendola, poi spegne la luce centrale) Create in voi un silenzio, un’attesa.  (Abbassando la voce) E a poco a poco, sempre silenziosamente, chiamateli. Chiamateli.

ENZO   (col tono di una massaia che chiama le galline) Topi, topi, topini, venite topolini, uscite fuori, giochiamo insieme.

FEDERICA   Enzo! Nessuno ti ha chiesto di rimanere.

RUGGERO   Lo sapevo io, che era meglio fare una partita.

ENZO  Ruggero, la cosa che ammiro di più è la tua faccia, sai? Pochi sarebbero capaci di serbarla così seria.

PROFESSORE   (scuote la testa, si volta a Enzo) Una di queste sere voglio portarvi qualche volume, dei volumetti che se vi cascano su un piede vi lasciano zoppo. Caro amico, il vostro scetticismo dimostra soltanto che siete male informato.

LAURA   ( inavvertita da tutti, sta ridiscendendo le scale)

PROFESSORE   (senza interruzione) Dalle biblbliotecheintiere, caro amico; dimostrazioni granitiche, inattaccabili!

ISOLINA     I migliori scienziati!

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PROFESSORE     Tutto minutamente controllato! Essi vengono. (Abbassando la voce) La questione è quell’altra. (Conciliante) Del resto si tratta di avere un momento di pazienza: speriamo, stasera, di essere fortunati: nel quale caso ve la vedrete coi fatti. (Agli altri) Vediamo un po’, andiamo, sedete….(Si interrompe avendo visto Laura)

LAURA   (timidamente) Mi sono ricordata che domani la mia lezione comincia più tardi. (A Ruggero) Posso prendere parte anch’io?

RUGGERO    Certamente. Sedete, sedete pure.

LAURA   (siede in disparte)

PROFESSORE     (dando un’occhiata in giro) Ci siamo?

Gli risponde un silenzio. Tutti son seduti e come assorti.

PROFESSORE   (con voce sommessa) Pensate ad essi. Create in voi un silenzio. Chiamateli. Ruggero, come sono le condizioni? Senti difficoltà?

RUGGERO   (a voce molto bassa)  No, non mi pare.

Il silenzio è profondo.

PROFESSORE   (dopo qualche altro momento, senza guardare, a voce bassissima) Ruggero, comincia qualche cosa?

RUGGERO  8° voce molto bassa)  Sì. Mi pare…che stia entrando qualcuno.

Silenzio. Ed ecco tutti si voltano verso Laura.

LAURA    (lentamente si è alzata; lentamente si gira quasi aspettandosi di vedere qualcuno accanto a sé, fa un passo, rigida, sicchè la sua sedia urtata, cade)

Tutti balzano in piedi.

FEDERICA ISOLINA  (spaventate) Mio Dio, che c’è? Che è stato?

LAURA   (pallida, rigida, fa qualche passo per uscire; si ferma parlando con voce pacata e leggerissimamente balbettante) Ho creduto si sentire vicino a me la presenza d’una persona cara…(D’un tratto con un grido impreveduto, torcendosi le mani) Carlo! Carlo! Era qui, l’ho sentito, sono sicura. (Coprendosi il volto e correndo via, con cupa pietà di se stessa) Oh povera me. (E’ uscita)

SCENA   SETTIMA

Tutti sono turbati.

RUGGERO   (riaccendendo il lampadario)  Nervi! Nervi e nient’altro!

PROFESSORE    Pura crisi di nervi! Un lutto recente, agita, direi intorbida l’animo della signora.

ISOLINA    (eccitata, zelante) Altro che lutto!  (A Irene) Il marito e il bambino, tutti e due morti, non è vero? (Abbassando la voce) La poverina ha veduto il cuore, pensate, proprio il cuore del marito fra le rotaie…(A Irene) Non è così?

FEDERICA     Ma Isolina!

11

ISOLINA    Per colpa della gran ressa dei profughi! S’aggrappavano a un treno. Il bambino no, è morto dopo. Ma lui, il marito….si dice che la signora, quando la chiamarono, vide proprio il cuore; il cuore del marito sui sassi: sanguinoso e impolverato.

RUGGERO     Ma è già qualche anno, no?

IRENE      (con ostilità) Sì, sì. Mia nuora se ne ricorda quando le fa comodo.

FEDERICA   (a bassa voce) E quel Carlo che ella ha chiamato, è il marito o il bambino?

IRENE     (con la stessa durezza) Il marito; mio figlio. (Breve pausa) Mio figlio.

FEDERICA    L’ha chiamato in un modo che mi ha sconvolto. Ma perché piangeva? Mi sento agitata, vorrei ritirarmi. Professore, Isolina! (Fa per avvicinarsi, poi ci ripensa) E dopo la disgrazia, dove andò, la poverina, che fece in mezzo all’invasione, sola, in mezzo a quel caos?

IRENE    (brusca) Noi siamo stati due anni senza notizie. S’è ricordata di noi l’altro mese. E’ venuta a bussare qui.

FEDERICA   (a Isolina) I suoi capelli sono forti, vitali….Bella, giovane, carica di vita. Tremava.

ENZO  (ecccitato)  Ha avuto una vera crisi…E pensare che sembrava così indifferente, chiusa. L’abbiamo proprio toccata dentro…(ridacchiando) è stato il nostro Ruggero. E’ bello, toccare così l’intimo d’una persona, è emozionante.

FEDERICA    Chiamala. Enzo. E’ fuggita tanto improvvisamente! Chiedile come sta.

ENZO    (si avvia alle scale, si ferma)

LAURA    (è apparsa)

SCENA OTTAVA

FEDERICA     Vieni, Laura. Volevi qualche cosa?

LAURA     (avvicinandosi timidamente)   Volevo solo scusarmi. Non so che sia stato….immaginazione, impressione. (Tace imbarazzata da tutti quegli occhi)

FEDERICA   (sommessa, a Isolina)  Ella vuole qualche cosa.  E’  tornata perché vuole qualche cosa.

LAURA   (come scusandosi)  Voi sapete la disgrazia che mi ha colpito.

FEDERICA     Pensi molto al tuo bambino?

LAURA     (con imbarazzo) No, non molto. I figlia, quando muoiono così piccoli…quasi si pensa…che continuino a crescere e si allontanino. Si pensa quasi che i bambini…trovino sempre chi s’impietosisce e li raccoglie. (A voce più bassa) Mentre lui, Carlo…dopo l’ufficio, non sapeva dove andare, ci facevamo molta compagnia.

FEDERICA    Immagino che avrai sofferto.

LAURA    (evasiva) Sì, poi col tempo….si comincia a dimenticare. Questo rattrista, perché ci si sente vuoti e soli.  (A voce più bassa) Ma anche ricordare è bruttto; ricordare cose scomparse, sapere che non ci sono più. Soltanto ciò che sta con noi, ciò che è vero, ci dà piacere.

FEDERICA     (vagamente) Tutto è così instabile, vero? L’ombra dei pomeriggi scorre veloce sui prati…e noi chiamiamo i nostri cari…loro si voltano…ci sorridono…Domani voglio parlare a lungo con te. Stasera no, perché tutto ciò mi ha agitato, mi tremano le ginocchia. (Toccandosi un piccolo monile) Io ho intenzione di farti dei regali, sai? Questa spilletta: te ne troverò una uguale, starà bene al tuo collo. Tu mi piaci, ti prenderò a ben volere. Buona notte. (Esce con Isolina)

PROFESSORE     (la segue, facendo a Laura un rispettoso inchino; esce)

IRENE ESTER    (già sono uscite)

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SCENA  NONA

ENZO     (accennando e ridendo) Non credere a mia sorella. Promette regali a tutti, poi finge di dimenticarsene.

LAURA    (improvvisamente) Mi era sempre sembrato incomprensibile, troppo brutto che una persona ora vi guarda, dice: “Laura, aspettami un momento…” così mi disse Carlo, e poi invece…Non era possibile. Adesso gli occhi che ridono, la mano che accomoda il berretto al bambino, il cuore…allegro, caldo, riboccante d’amore, di progetti….”Laura aspettami un momento…” e subito dopo tutto finito, soltanto più qualche cosa d’orribile su dei sassi. No, non era possibile. (Vincendosi) Poco fa, signor Ruggero, scusatemi, io credo che lui fosse veramente qui. Non ho voluto dirlo, or ora, perché con la signora Federica mi vergogno. Ma io credo di non sbagliarmi. Non posso dubitarne. Era lui, era qui.

RUGGERO    Carlo?

LAURA    Sì. (Dopo una pausa, timidamente) Vedete, signor Ruggero, volevo prlare con voi…perché mi dispiacerebbe troppo se ora…dopo quello che è successo stasera…io non dovessi più incontrarlo…(con angoscia) se dovesse ancora ricominciare…quella separazione, quel brutto sogno…

ENZO   (avvicinandosi) Tu dici che Ruggero dovrebbe continuare questi….esperimenti…che insomma dovrebbe cercare…di farlo ancora tornare, Carlo, come stasera?

LAIRA   Sì.

ENZO    Pare, fra l’altro, che col tempo, i risultati, man mano, possano diventare….Sicuro. (A Ruggero, ambiguo) Si può andare piuttosto in là per questa strada, non è vero?

RUGGERO     Sì, certo.

ENZO  (a Laura) Se tu proprio lo vuoi…Tutto sommato non trovo che ci sia niente di male. Credo che qui Ruggero…

RUGGERO   Sì, naturalmente.

ENZO   (ridacchiando)  Poi mi farete sapere. Sono piuttosto curioso, ci sono in mezzo anch’io.

Un silenzio

LAURA     (a Ruggero)   Grazie. Buona notte. (Risale la scala, esce)

I due uomini restano immobili.

ENZO    In un paese qui vicino ci fu un’altra vedova. Dopo la morte del marito urlò tre o quattro giorni, credevano che diventasse pazza. Poi si calmò. E poi, per vari anni, mise a tavola il coperto del marito, gli preparava la sedia, la sentivano discorrere con lui per ore e ore. Quanto al resto era una donna equilibratissima e anche furba negli affari.

I due uomini restano immobili, in silenzio.

13

ATTO    SECONDO 

La stessa stanza, poche sere dopo.

SCENA PRIMA

Sera inoltrata. Federica, Isolina e il Professore stanno parlando cautamente, quasi temendo che qualcuno stia ad origliare.

ENZO    In un paese qui vicino ci fu un’altra vedova così. i primi tre o quattro giorni non  fece che urlar. Poi invece si calmò e da quel momento cominciò a parlare col marito morto. Anche la nostra Laura ha avuto questa fortuna.

PROFESSORE     Ella si è data completamente?

FEDERICA    Ella è col suo Carlo, non v’è più altro per lei.

PROFESSORE   (eccitato) Noi dobbiamo interrogarla. Con rispetto, con cautela: ma dobbiamo interrogarla, non mi perdonerei d’aver mancato. Questa potrebbe essere l’occasione di chiarire diversi dubbi. Noi dobbiamo interrogarla. Che cosa dice Ruggero?

FEDERICA  Oh, il solito egoista. Racconta poco, beve il suo liquore da solo.

ENZO   (entrato da qualche istante, ridacchia)

FEDERICA   (indicando la pendola e muovendosi) Adesso bisogna andare, è quasi l’ora. Bisogna evitare che lui ci trovi qui, non lo gradirebbe.

PROFESSORE     Chi lui?

ISOLINA   Lo spirito del povero Carlo!

FEDERICA   Si potrebbe zittire: è qui che viene lo spirito del povero Carlo. Ormai è quasi una persona di casa. Ogni sera un appuntamento.

ENZO   8sempre indietro e ridacchiando) Peccato che siano in tre. Ruggero si sentirà imbarazzato.

FEDERICA    Vieni, Enzo; andiamo. (Si interrompe)

PROFESSORE    (turbato e indicando verso la porta) C’era qualcuno.

FEDERICA   (dopo aver ascoltato) No, no; troppo presto. Sarà stata Ester o magari Giustino. Quando s’avvicina quest’ora tutti camminano in punta di piedi. Siamo tutti sossopra, vorremmo tutti sapere qualche cosa. Vorremmo magari origliare, ma poi ce ne manca il coraggio. (Ride) Intorno a questa stanza si fa buio. Questa sola stanza resta illuminata; e vi si sentono delle voci. E’ Laura che parla con suo marito. Va con lui, passeggia pel paradiso. Però…

PROFESSORE     Però…?

FEDERICA    Il suo viso è impallidito, ella sembra molto agitata. (Bisbigliando)Forse sia lui che lei, dopo tanto che non si incontrano, hanno da farsi confidenze difficili. Bisogna dirsi tutto, nel paradiso. (Si interrompe, indica verso il corridoio) Ecco: il primo ad arrivare è Ruggero…

RUGGERO    (entra, va verso le scale)

FEDERICA    (continuando e indicando appunto verso le scale)…poi scende lei, col suo abitino, piuttosto ben pettinata. E poi…(con un gesto vago) chi sa da dove, arriva il povero Carlo.

RUGGERO    (si volta, bisbiglia) Laura sta venendo. (Fa cenno che se ne vadano)

FEDERICA  Presto, presto, Enzo. Andiamo. (Esce col Professore e con Isolina)

ENZO    (a bassa voce, prima di uscire) Ruggero

RUGGERO     Eh.

14

ENZO    (ridacchiando) Anche tu sei deperito in questi giorni. Di’ un po’: è vero che hai chiesto del povero Carlo, com’era, che tipo era?

RUGGERO    (ambiguo)  Siccome è con la mia voce che lui parla, cerco di figurarmi cosa possa venire in mente…a un tipo come lui…Un farmacista…..

ENZO    (continuando a ridacchiare) Sì, piegava cartine. Ora sta in ozio, sotto una bella lapide….

RUGGERO     (terminando, con durezza)…e tuttavia, con queste notti umide, si muove da tanto lontano per venire a conversare con la sua vedova.

ENZO     (dopo averlo guardato un po’)  Ruggero mio, io credo che tu ti metterai a imitarlo a imitarlo; poi ti crederai un farmacista morto, andrai in giro piegando cartine, e sarai pazzo. (Esce)

RUGGERO   (è restato solo; preparava delle sedie in una certa disposizione; accende una candela fra esse, su uno sgabello, guarda che tutto sia a posto)

Entra Laura.

SCENA    SECONDA

LAURA    (scende le scale; con diffidenza) C’era qualcuno qui?

RUGGERO   Nessuno.

LAURA   (guarda sospettosamente le porte)

RUGGERO   Non aver paura, nessuno s’accosterà. (Si assicura che le porte siano chiuse)

LAURA  (sta un po’ in silenzio, quindi lentamente, quasi amorosamente, accomoda meglio le due sedie, già collocate vicine, come per un colloquio)

RUGGERO   (a bassa voce)  C’è troppa luce? Ti disturba la luce?

LAURA  No.

RUGGERO   Ora la spengo. (Spegne il lampadario, lasciando solo la candela) Sei  calma?

LAURA  Sì.

RUGGERO  Siedi. (Si è accostato lui stesso a una poltrona, collocata in disparte)

LAURA   Sì. (siede docilmente su una delle due sedie, l’altra resta vuota davanti a lei) Fra poco è l’ora.

RUGGERO   Fra poco è qui.

LAURA   (infantilmente) Verrà certamente, vero?

RUGGERO   Non è mai mancato. Senti qualche pensiero, qualche dubbio che possa respingerlo?

LAURA   No, no. (Con una specie di zelo) Io devo solo desiderarlo…chiamarlo….

RUGGERO   (brusco) …e dimenticarti di me. (La pendola suona l’ora, Ruggero va a fermarla; torna alla sua poltrona; dà ancora un’occhiata a Laura; siede, chiude gli occhi)

LAURA   (con ardente bisbiglio) Carlo, Carlo. (Torna ad accomodare infantilmente la sedia vuota) Oh, vieni, Carlo, sta un po’ con me. Sono tanto contenta quando tu sei qui, con me. (Un silenzio) Qualche volta tornavi prima dall’ufficio, e d’un tratto sentivo la tua voce, dalla stanza vicina. (Con ardore supplichevole) Dicevi: Laura. (Pausa) Laura.

RUGGERO    (come un’eco, con voce atona) Laura.

LAURA   (con gioia)  Oh, sei qui. Ho un po’ di paura, quando tardi. Ma tu,di tutti i luoghi del mondo, dell’universo, dove potresti andare, tu preferisci venire qui, vero?

RUGGERO   (sempre con quella voce atona sconsolata) Sì. Qui.

LAURA   (trepidante) Forse altrove non ti ritroveresti: perché eri così abituato a me, non avevi nessuno, fuori di me, vero?

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RUGGERO    (c.s.)  Nessuno.

LAURA    Mi fece tanta pena pensare che invece, l’ultimo momento, sei stato solo. Io non ero lì. E tu in quel momento, in ultimo, a che pensasti? Alla casa?

RUGGERO  (c.s.) A te.

LAURA    (con strana ansia) Tu hai sempre detto che io sola contavo, per te, di tutto ciò che esiste…

RUGGERO   Tu sola.

LAURA   (c.s.) Niente può mutare questo…

RUGGERO    Niente.

LAURA   Tu verrai da me sempre, vero? Delle volte ho paura.

RUGGERO     Di che?

LAURA     Che qualche cosa…di me possa dispiacerti…e che tu…

RUGGERO    E che cosa di te potrebbe dispiacermi?

LAURA   No…niente…

RUGGERO    Sembra che tu venga, ogni sera, per dirmi qualche cosa, ma poi non osi. Se mai, parla cara. Confidati. Non vorrei farti soggezione. Non vorrei averti deluso.

LAURA  (trepidante)  Carlo, qualche volta mi sembra di sentire in te un’asprezza, un rimprovero.

RUGGERO   Sarà che i morti sono ombrosi, difficili. Forse noi sospettiamo che i nostri cari pensino a noi. Tu ti sei ricordata sempre, di me?

LAURA  (balbettando)  Carlo…dopo che t’ho perduto, io sono stata una cosa…misera, stordita….come chi cade per strada. Tu devi capire….

RUGGERO    Che cosa.

LAURA   Quel tempo è stato un brutto sogno…

RUGGERO   Che cosa devo capire? Mi hai sempre aspettato?

LAURA  (quasi tremante)  Sì, Carlo…Vi erano intorno a me cose…confuse, tristi….

RUGGERO     Mi hai sempre desiderato?

LAURA   Sì, Carlo. Perché ero disperata, spaventata…

RUGGERO     Ti infastidisce qualche rimorso? Può darsi che il sentimento dei vivi verso di noi non abbia altro nome: rimorso. Tu perché mi hai chiamato, che volevi da me?

LAURA   Sentirti. Non essere più sola. Carlo, è stato soltanto accanto a te che io mi sono sentita viva, completa. Ricordati, Carlo! Le più piccole schiocche cose: noi le guardavamo insieme….ed esse diventavano…meravigliose! Dopo quei giorni p stato come se io non avessi più parlato con nessuno! Noi due eravamo come nel paradiso. (Un silenzio)

RUGGERO   Potrei dire che tutto ciò non è mai stato mio.

LAURA     Perché?

RUGGERO   Perché nulla di ciò è rimasto.

LAURA   Ma ora tu sei tornato, sei qui. Che importa il resto, se io posso dire: “C’è lui, c’è Carlo…non devo aver paura, lui è buono! Lui mi ama…”

RUGGERO  E perché allora non sei tranquilla, perché tremi? Perché dici che nella mia voce c’è un rimprovero? E’ curioso. (Un silenzio)

LAURA   (con dolore)  Carlo, perché mi respingi?

RUGGERO   Io credo che sia difficile, per i vivi, incontrarsi con noi. Forse a voi fa piacere immaginarci…consolati, mansueti; dei veri agnellini. E se noi invece ci accostassimo a voi avvelenati, gelosi? Se noi indovinassimo nelle vostre parole qualche reticenza, qualche doppiezza? Qualche fandonia? Laura, dovresti confidarti di più, darti di più.

LAURA      Carlo, io ti ho amato tanto! Mi ricordo….

RUGGERO   Che cosa.

LAURA      Oh, nulla. Una bottiglia di profumo! Te l’avevano regalata. Noi eravamo poveri. E invece un giorno la bottiglia si ruppe. Tu eri addirittura impallidito. Mi guardasti, come un bambino. E io d’un tratto…

RUGGERO   D’un tratto?

16

LAURA     ….mi sentii inondare, bruciare tutta d’amore; fu come se quel momento io avessi scoperto tutte le ingiustizie che ti erano state fatte. Le più piccole, le più antiche: quando tu chiamasti “mamma” ma tua mamma era distratta e non ti badò. Quando ti confidasti al tuo amico, e io tuo amico non ti credette.  Le ingiustizie, offese, privazioni…e io me le immaginavo e ardevo di indignazione. Compensarti, volevo: e guarirti; perché sapevo che ognuno di quegli sgarbi aveva lasciato dentro te una specie di ferita. Ma lì m’accostavo io, e tutto guariva. E tu l’avevi capito: qualunque angustia ti capitasse, tu correvi da me. E subito quell’angustia diventava fra noi due un’interazione, una contentezza. E io in tutti quegli anni, non ho mai avuto un vero dispiacere! Non avevo tempo di averlo, perché dovevo divagare il tuo, dei dispiaceri! Sì, tu avevi bisogno di  me molto più del bambino! E così a poco a poco…

RUGGERO     ….a poco a poco….

LAURA    ….fummo uniti, Carlo. Uniti.

RUGGERO     Uniti. E’ molto bello. Mi fa invidia. Mi sento uno straccio di cui vantano le ricchezze d’un altro. Cose non accadute a noi.

LAURA      (angosciosamente)  Ma esse durano sempre, niente può cancellarle! Ricordati, Carlo, ricordati! Quell’altra volta. Era mancata la luce, tu non trovavi la candela in cucina,  dicevi: “ Laura, che disordine, va tutto male , qui”: ma io capivo che tu ti inquietavi perché io non ero accanto a te. E così, al buio, stesi la mano, tu me la prendesti. Eravamo due,  solo noi due soli, uno per mano dell’altro, in una stanza buia, in un certo punto dell’immenso universo. Noi due. Io e te, che ci tenevamo stretti per mano…e io capii che non ci saremmo mai lasciati. Mai.

RUGGERO   Mai.

LAURA  Legati, uniti, sicuri per sempre, Carlo! Nonostante tutto, malgrado tutto!

RUGGERO   (quasi con un grido)  E se la nostra anima mutasse? E se tu non fossi più quella? (Abbassando la voce) oppure io. Mi ameresti se io fossi…diverso, odioso…se io fossi un altro?

LAURA     So che tu non lo sei. Carlo….(Interrompendosi con scoramento) Oh, perché è tanto difficile essere compresi, spiegarsi?

RUGGERO    Sì. E’ difficile. Da vivi e da morti.

LAURA    (con dolore) Ho sempre in mente un cane che vidi, senza padrone. S’accostava, tutto sporco, per farsi gradire, per farsi prendere…ma subito s’impauriva e fuggiva. Si vorrebbe….trovare il proprio padrone, quello che ci porterà con sé! I nostri sbagli: sono soltanto il tentativo di dire qualche cosa che non viene compreso, un rozzo offrirsi! Farsi conoscere, farsi prendere, è tanto difficile, non riesce due volte. Io ero già un po’ spersa quando m’incontrasti. Ti sono tanto grata, Carlo. Io sono tua. Carlo! Mi senti? Mi capisci?.

RUGGERO    Sì. (Con tristezza che man mano diventa acredine) Pensavo che è bello ritrovare nella propria vita tanti bei sentimenti. Non è da tutti. La semplice vera verità è che a me non è toccato nulla di simile.

LAURA   (supplichevole)  Carlo, ma perché dici così?

RUGGERO    (con durezza)  Perché m’annoia vedere noi due, qui dentro, cercarci, chiamarci: e non poterci avvicinare. Perché mi irrita sentire che c’ inganniamo l’un l’altra con delle parole insincere. Mi parli d’amore. Amore! Intanto l’amore non è solo quello di cui parli. Tu sorvoli  sul resto. Laura, i turbamenti del tuo cuore…i desideri…del tuo corpo, che fanno? Dormono? Attendono? Hanno sempre atteso?

LAURA     Carlo!

RUGGERO   Non c’è da sgomentarsi, cara, è la realtà. Mi sogni, almeno? Spesso i sogni hanno meno pudore di noi. Tutto sommato, noi ci siamo amati baciati per anni, non è vero? Mi abbracceresti, ora?

LAURA   Io ti amo sempre.

RUGGERO    Non avresti paura, ora, se posassi la mia mano sulla tua?

17

LAURA    (turbata)  Perchè mi dici queste cose? Sì, dapprima ho provato un timore al tuo avvicinarsi, ma subito ho sentito tanta fiducia.

RUGGERO    Eppure, quando un malato si alza sul letto, delirando, la moglie si scosta da lui spaventata: ella si è data a quell’uomo migliaia di volte, ma ora diventa pallida, chiama aiuto. E non si tratta che di un malato.

LAURA   Ma tu….

RUGGERO    E io, invece, se ora dovessi addirittura apparirti. Con l’aspetto che la vostra mente ci attribuisce? Tu non ti scosteresti, allora?

LAURA     (divincolandosi sotto la tortura)  Ma tu non sei ciò che è stato sepolto laggiù.

RUGGERO  Laura, e se non fosse come dici? Se tu ora dovessi stringere a te quell’orribile cosa?

LAURA    (ansando) Sarei pronta.

RUGGERO     Bugiarda.

LAURA     Carlo, tu ti diverti a spaventarmi. Ti amo.

RUGGERO    Bugiarda. Respiri. Mi ami!

LAURA   Carlo, io ti verrei dietro dovunque.

RUGGERO   Brava.

LAURA    Io ti abbraccerei e bacerei sempre.

RUGGERO    (feroce)  Ma tu sei viva, sei anche bellina! Hai il palmo delle mani caldo, umido! Sai di buono, di giovane sudore1 tu stai al sole e ti stiri, hai ancora un bel seno1 tu vuoi vivere!  Vivere! Vivere!

LAURA    (sconvolta) vivere con te, Carlo! Non puoi respingermi. Quando tu sei partito, certe notti, io mi svegliavo: e d’un tratto mi veniva un sudore di disperazione! Piangevo, mi facevo compassione….(Si interrompe)

RUGGERO   (alzandosi in piedi di scatto, quasi con un grido) Com’era?

LAURA    (balzando in piedi anche lei e voltandosi spaventata) Chi?

RUGGERO     Lui, il tuo Carlo. (Va a riaccendere il lampadario) Se n’è andato, il tuo Carlo, per questa sera. C’è sempre un che di volubile, nel manifestarsi di queste forze; forse ha sentito in te qualche cosa di non sincero. Ti ho domandato com’era perché mi incuriosiva capire che cosa mai aveva il tuo Carlo, da incantarti tanto. Perbacco, lo amavi molto. Io sono un vero verme, refrattario a certi sentimenti. Era un bell’uomo? Eh? Eh? Dice Enzo, che io mi metterò a imitarlo, e poi stando a letto, la notte, non saprò più se sotto le lenzuola ci sono io o c’è lui. Con te com’era, espansivo’ geloso? Vedo che sei riservata.

LAURA    (cercando di sottrarsi)  Non saprei che dire. E poi è tardi, vo a letto.

RUIGGERO   (con acredine)  Eh, brava. Ora non ti servo più, mi pianti. E io ci rimetto il sonno. Dopo queste serate resto stanco, irritato, stento a dormire. E così….

LAURA    (interrompendolo)  Sono stanca anch’io, Ruggero. Scusami. (Si dirige verso la scala)

RUGGERO    (fa per uscire anche lui, poi torna indietro)  Laura, volevo dirti una cosa. Una semplice…domanda. Tu sei sicura, quando sei qui, come poco fa, sei sicura di parlare con Carlo? Te lo dico perché queste….esperienze danno occasioni a risultati…irregolari.

LAURA     Sono sicura.

RUGGERO     Ah, ecco. Bene. Tu sola puoi saperlo.

LAURA      Non c’è nessuna cosa di cui io sia più sicura. Perché me lo domandi?

RUGGERO   Anche per togliermi una responsabilità. Potrebbero dire, domani, che io ti ho suggestionato; per scopi miei; per spillarti del denaro. Io non ho una bella fama. Anche per la salute: non credo che tutto questo ti giovi.

LAURA    Ero una malata. Mi sono sentita riavere.

RUGGERO    Lo credi; perché questo ti eccita, ti mangia i nervi. Non vorrai arrivare a qualche crach. Sei già un po’ scossa.

LAURA    (ruvida)  Non è così.

18

RUGGERO   (fumando)  Non temi che la tua scuola e il mondo di tutti i giorni possano finire per sembrarti stupidi? Che a poco a poco ti debbano occorrere dosi sempre più…..pericolose? E’ un po’ di morfina. Non vorrei passare per un avvelenatore.

LAURA    (ansiosa)  Ruggero, capisco che a te la cosa riesca fastidiosa. Tu sei….

RUGGERO    (acre) …uno strumento, cara. Una tromba, una trombetta, qualcuno mi suona, qualcun altro mi ascolta, ma io non c’entro, io resto un estraneo, non è vero?

LAURA     (agitata)  Per me è diverso. Mi sento spaventata al solo pensiero che tutto ciò debba cessare. (Una pausa) Io debbo parlargli.

RUGGERO    E non lo hai fatto, finora?

LAURA     (avvicinandosi)  Ruggero, se tu volessi, io potrei…darti qualcosa…denaro, siamo quasi parenti…

RUGGERO    Andiamo, Laura,  mi offendi…..

LAURA     …..lo farei volentieri….

RUGGGERO    Non occorre. A me basta di assecondarti. (Pausa) Il mio timore era semplicemente di farti troppo inoltrare per una strada…solitaria…ombrosa…dove, a un certo punto, tu potessi pentirti, ma troppo in là, troppo tardi.

LAURA    (bisbigliando)  E perché io dovrei desiderare di tornare indietro? La nostra anima desidera la gioia. (China, con ardore) Non gli ho detto tutto. E lui l’ha sentito. Occorre che io gli dica tutto.

RUGGEERO   (acre, guardandola) Si direbbe che i morti esigano davvero molto da noi.

LAURA      Ma solo a questo prezzo essi possono darci un amore che veramente sa e perdona. Solo a questo prezzo potrò riavere veramente la sua compagnia…quei bei giorni….quel bel colore che aveva l’aria….

RUGGERO     (quasi a se stesso) Il passato.

LAURA   ….quella confidenza, quella calma…

RUGGERO      Il passato.

LAURA     Là sono io. Io sono rimasta là; questa, di dopo, non sono stata io.  (D’un tratto con ardore supplichevole) Vorrei udire echeggiare le stanze della casa che avemmo appena sposati! Era nuova. Io cantavo tutto il giorno. La nostra anima eterna può ritornare là, perché essa può andare dove vuole, vero?

RUGGERO    (pensieroso)   Certamente. Nulla più la costringe.

LAURA    E là possiamo ritrovarci, parlare, essere come allora. Eravamo così d’accordo.

RUGGERO    Certamente.

LAURA   (siede) Noi vedevamo un colle, dalla finestra. Colle Alto. Un giorno vi andammo. Quel giorno fui così felice. Vorrei essere lassù. (Chiude gli occhi) Lassù. Lassù.

RUGGERO     (bisbigliando)   Se lo desideri veramente, ci sei.

LAURA   La cima era rotonda, sembrava una cupola fatta di prato, vicino alle nuvole. Essere ancora lassù, con lui…arrivare lassù, di mattina…sulla rugiada…con lui. (Chiude ancora gli occhi) Lassù con lui.

RUGGERO     (bisbigliando)  Chiamalo.

LAURA    (riapre gli occhi; calma, piano) Carlo.  (Pausa; come una che si risvegli) Che aria buona, leggera.

RUGGERO  (sommessamente, pallido) Respirala. Siete lassù.

LAURA   Carlo! Aspettami. Non ti allontanare.  (Ella è col suo caro, il Colle Alto è intorno a lei)

RUGGERO   (dopo un silenzio) Siete lassù, passeggiate lassù.

LAURA   Che bel prato.

RUGGERO    Mio Dio.

LAURA   Non si vede che prato e aria.

RUGGERO    Giocate, giocate su quel bel prato.

LAURA        Corriamo, Carlo. Cerchiamo fiori.

RUGGERO   Coricati con lui.

LAURA    Riposiamoci. Com’è fredda l’erba, a toccarla.

19

RUGGERO    Abbraccialo.

LAURA   (come chi sta supino)  Che bel turchino! Come si sta bene.

RUGGERO    Abbraccialo.

LAURA   L’erba odora.

RUGGERO   (asciugandosi il sudore)  Stringilo. Amalo.

LAURA    Non sei mica triste, vero Carlo?

RUGGERO   (bisbigliando) Ti amo.

LAURA     (con una specie di cantilena) Quando tu vieni, prima sento un freddo sul viso, poi mi batte forte il cuore. Un campanellino d’argento suona di là dal cielo; è la gioia. Mi sento tranquilla e illuminata. Oh Carlo mio, angelo mio, amore mio…Tu mi perdoni, vero?  Sì, Sì, ecco mi perdoni…mi perdoni. (Ella ha un singhiozzo, poi i singhiozzi la sopraffanno; ella è balzata in piedi; i suoi singhiozzi diventano alte grida, urla, una vera crisi)

RUGGERO      (cercando di assisterla)  Calmati, Laura. Piano. Cerca di vincerti. Basta. (Scuotendola) Laura! Laura! (L’ha fatta sedere) Calmati, Laura, calmati….(S’interrompe, si scosta)

SCENA   TERZA

Sta accorrendo Enzo, poi, da un altro uscio Federica con Isolina; poi Irene; poi il professore. Laura abbandonata sul tavolo, seguita a singhiozzare.

ENZO    Laura!

FEDERICA   Lurina! Figliola mia!

ISOLINA      Laurina! Per carità!

PROFESSORE   (corre dentro eccitato, sconvolto, s’accosta a Ruggero) Ruggero, “Che cosa era?”  “Qualcuno” è stato veramente qui, si è incontrato con voi. “Che cosa era”?

FEDERICA   (A Laura)  Dicci, raccontaci, cara. Tu ora torni come da un viaggio….

ISOLINA    Diteci qualche cosa….

RUGGERO    (gridando) Vi pregherei di lasciarla stare e di andarvene. Laura s’è sentita male, ma non è niente.

LAURA   (singhiozza ogni tanto)

PROFESSORE     (a Laura)  Calmatevi, signora, e poi diteci….

RUGGERO   Ma insomma! Si può sapere cosa volete?

ENZO       Qualche informazione sul paradiso! (Si mette a imitare uno strumento che scandisca una marcia; e così farà anche in seguito ogni tanto) Bobom…bom…bobobo – bobobo – bombom….

PROFESSORE   (senza staccarsi da Laura) Era lui, proprio lui, il vostro caro? Oppure “qualche cosa” già un po’ diversa, slegata…una semplice scia…ricordi, affetti rimasti indietro, vaganti, spersi…Che cosa era?

ISOLINA      Diteci qualche cosa, signora.

RUGGERO   (scattando)  Volete smettere di spaventarla?

PROFESSORE    Qualche cosa che ancora a ma…ancora guarda da questa parte…oppure già distratta, estranea?

ENZO   Bobom – bom…

FEDERICA    Io vorrei solo sapere se il suo Carlo soffrì, in quel momento. E’ questo che mi preoccupa.

PROFESSORE     ….qualche cosa che finisce,  che seguita semplicemente a morire, a diluirsi, come cerchi nell’acqua…Oppure…

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ISOLINA     A me piacerebbe sapere di mia sorella. Vorrei tanto parlarle.

PROFESSORE   …oppure al contrario qualche cosa che comincia; che comincia solo ora, di là, a germogliare, a crescere….

IRENE      (d’un tratto gridando) Io non credo che Carlo sia stato qui!

ISOLINA      Per carità, signora, che dite!

IRENE      (gridando) io non credo a codeste cose, non credo, non credo…(Si interrompe, si volta)

Tutti fanno lo stesso. Un vecchietto zoppo, cioè Giustino, è sulla porta, sta lì in silenzio.

SCENA    QUARTA

ENZO     (infuriato)  Benone, bravo Giustino, non bastava la confusione, ci volevi anche tu!

GIUSTINO   (con accento rustico, inoltrandosi) io non volevo disturbare, ma sono parecchi giorni che se ne sentono tante, tutti smaniosi, dico di questa cosa…del signor Carlo…(a Irene) tuo figlio….che se fosse proprio vero , certo sarebbe una bella cosa. Ma si fa tanta fatica a crederci!

ENZO     (infuriato)  E di che ti mischi, tu? Ma guardate! Invece di badare al tuo lavoro! La cantina è una sporcizia…

GIUSTINO   Che vai dicendo, patrone, le botti sono garofani….

ENZO    Ti sei fatto vecchio, questo è: non ci hai più testa! Si può sapere che sei venuto a fare, che vuoi?

GIUSTINO    Che voglio io?

ENZO    Che vuoi.

GIUASTINO   (sta lì confuso, scuote la testa)  La gamba…..

ENZO     Cosa?

GIUSTINO   (si accenna la gamba zoppa, ride) La gamba. (Agli altri, come per scusarsi) Delle volte mi sogno che m’è tornata, m’è ricresciuta bella, sana, e io cammino via, svelto, dritto, come una rondinella. (Gli viene da piangere)

ENZO     Ma che pezzo d’animale! Ma che gabbia di matti! La gamba! E che c’entra, la gamba! E che te ne fai della gamba, che ormai sei vecchio, andato!

GIUSTINO   Lo so, signor padrone, lo so: proprio per questo: (supplichevolmente) sarebbe proprio una consolazione, se per davvero ci fosse, questo posto, questo posto dove ci sarebbe il signor Carlo, tuo figlio, e di lì ci parla…sarebbe una bellezza….Ma si fa tanta fatica a crederci!

ENZO     (scoppiando) Lui vuole un posto dove gli ricresca la gamba, capito? (Un silenzio)

FEDERICA   (sommessa a Isolina) Io una notte me lo sognai. Un posto….bello….Una montagna verde, ombrosa…C’erano fiori come gigli.

ISOLINA   (sommessa)  Io ebbi un fratellino che desiderava tanto d’andare al mare, ai bagni. Noi glielo promettemmo, ma poi lui s’ammalò. Fino all’ultimo non fece che pensare alle barche, alla rena, alle conchiglie…Io dico che lui, ora sta su una bella spiaggia, gioca con la rena, un posto così.

ENZO     (sommesso) Io una volta stavo coricato tra i fili d’erba e sentivo il vento. Come era bello, come mi piaceva.

PROFESSORE     Sì…sì…un luogo…dove tutto è più semplice, più stabile…dove ogni attimo contiene secoli…dove si sente odore…di rose, di gelsomino…e la luce è di madreperla…dove finisce tutto ciò che vi è qui di provvisorio, di brutto…

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LAURA      (alza lentamente il viso) Oh sì, sì…Le cose che ci stanno a cuore non possono restare…sporcate, storpiate…Bisogna per forza che ci sia il momento…in cui tornano nuove, pulite…E così io e il mio Carlo, malgrado tutto…io e il mio Carlo….

IRENE    (d’un tratto)  A me sapete che mi pare di sentire? Dei matti! (Con improvvisa violenza) Matti! Matti! Ecco quello che siete, tutti quanti!

ENZO    (cercando di richiamarla)  Irene!

IRENE     Matti, matti! Mi fate ridere. “Io e il mio Carlo, io e il mio Carlo”  M’avete seccato alla lunga!

FEDERICA  Ma che c’è, Irene? Irene, che succede?

IRENE    (gridando, a Laura)   C’è che intanto il figlio mio se non sposava te non sarebbe morto; sarebbe restato qui. Io non volevo che ti sposasse!

ISOLINA    Ma che c’entra, questo ora?

ENZO    (furioso, indicando Irene) Sicuro, matti; la prima è lei. Gelosa ancora del figlio.

IRENE    (gridando) M’avete spogliato di tutto, ecco che c’è! (A Enzo) Tu mi hai rubato la roba, brutto ladro! E, quella là il figlio, sicuro. Me l’aveva disonorato, capito? Eccomi qui, in un angolo, a far la serva! Sola, senza nessuno. (Corre qua e là frenetica, esce e rientra)

RUGGERO    (d’un tratto, urlando)   Volete smetterla, una buona volta? Mi fate rabbia, tutti!

IRENE    (a Ruggero)  La scia telo in pace il figlio mio, almeno ora che è morto! (A Laura) Lascialo in pace dov’è; matta, matta, sei stata la rovina.

ENZO     Gelosa! Gelosa d’un morto!

IRENE      Dovevi riprendere marito, se t’occorreva un uomo!

FEDERICA   Irene, Irene! Mi sento male.

IRENE        “Io e il mio Carlo”! Che ne sai tu di lui! Per tre anni che ci sei stata! (D’un tratto) Ma poi, dopo che è morto, dove sei andata, con chi sei stata, che hai fatto? Matta, isterica, trovati un uomo, che di questo hai bisogno! (E’ uscita, la si sente gridare nell’interno della casa)  “Io e il mio Carlo”! Lo sai?  (chiama) Ester! Ester! Sì, cara. Eccola! Diglielo, Ester! (Rientra trascinando Ester e buttandola avanti con una spinta) Questa c’è stata assieme prima di te, più di te, col tuo Carlo! Questo non te lo aveva detto, lo spirito!

ENZO    (gridando)  Smettila, Irene!

IRENE     (sempre a Laura) E tu sei come lei, tutta una pasta, donnacce! Matta, matta, non sei neanche sicura, lo spirito, se veniva per te o per quest’altra, povera matta!

ENZO   (urlando e spingendola via) Vattene1 vattene di qui!

IRENE   (andandosene e mettendosi a singhiozzare) Certo che me ne vado. Vado in cucina, a far la serva. (E’ uscita)

SCENA  QUAINTA

ESTER    (rimasta in mezzo)  Io non ho colpa! Fu lui, il signorino Carlo, che una sera mi disse….Fu colpa sua. Io non ho colpa…(S’interrompe, fugge)

PROFESSORE   (eccitato e smarrito) La colpa! Eccolo il punto! La colpa. Dura? Seguita? Ha conseguenze? (A Ruggero) E noi seguitiamo a sentire nostri quei fatti, quei giorni, quelle responsabilità’ ci ricorderemo di noi, seguiteremo a essere noi? Cioè un gomitolo, un peso si azioni umane…- ecco il punto – oppure tutto viene buttato via…(con ambascia e smarrimento crescente)…perduto lungo la strada, come da un sacco bucato….tutto inutile, stupido, nel qual caso…nel quale caso…(Esce, accompagnato e quasi assistito da Ruggero)

FEDERICA    (andandosene e bisbigliando a Isolina) Oh, se anche io ho commesso brutte azioni, si tratta di tempi lontani, credo di aver dimenticato….

ISOLINA      (andandosene con Federica) La mia povera sorella, in ultimo, mi incolpava di trascurarla. E io vorrei spiegarle. (Esce con Federica)

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GIUSTINO       (ormai sull’uscio, pensieroso)  E io che colpa ho della mia gamba? (Sospira) Io ho lavorato tanto, spero che vi sarà un riposo. (Esce)

SCENA   SESTA

ENZO    (è rimasto solo con Laura: fa per uscire anche lui, poi si avvicina lentamente alla donna) Mi dispiace. Sei rimasta…addolorata..per quello che ha detto Irene a proposito…di Ester…e di te?

LAURA   (rialza il viso)  Non so. Mi sento confusa. (D’ un tratto, con angoscia)  Zio Enzo, nemmeno io questi giorni sono stata sincera con Carlo! Avevo una cosa da dirgli , e non gliel’ho detta. (Pausa, con un grido soffocato)  Zio Enzo, sai che mi succede, questi giorni? Faccio fatica a ricordarmi il viso del mio Carlo, capisci? Mi si confonde. Gli parlo, e quasi non riesco più a vederlo!

ENZO   (d’un tratto ride)

LAURA     Che c’è?

ENZO       (la guarda scuotendo la testa)

LAURA    Che c’è, zio Enzo?

ENZO    Laurina, ma è possibile che non te ne sei accorta?

LAURA     Di che?

ENZO   Di che?  Di che. Non hai capito che non c’è nessun Carlo che torna, nessun Carlo che ti parla, queste cose non succedono, è Ruggero, è tutta una commedia, una cattiveria di Ruggero….(Un silenzio)

LAURA    Che dici?

ENZO    La verità, Laurina. La verità.

LAURA     Sei un bugiardo invidioso.

ENZO      Un bugiardo? La verità! E’ per questo che ti si cancella dagli occhi, il tuo Carlo. E’  per questo che tremi, piangi. Lui, Ruggero, ne ride; il “morto” è lui, Ruggero ce l’ha confessato.

LAURA      Non ti crederò mai.

ENZO     Ah.  E perché non fai una prova, Laurina?

LAURA     Che prova?

ENZO     (indicando il corridoio, dal quale si avvicina il passo di Ruggero e avviandosi per uscire) Eccolo. (Fermandosi ancora) Prova a vedere se il tuo Carlo di ora si ricorda qualche cosa di allora. E’ tanto semplice. (Ridacchiando a Ruggero, che è apparso sull’altro uscio) Buonanotte, Ruggero. Ricordati di spegnere. (Esce)

SCENA  SETTIMA

RUGGERO     (guardando Laura)   Che c’è? (Inoltrandosi) Quei cialtroni mi avevano veramente annoiato. Che gentaglia.

LAURA     (fra sé, balbettando) Una prova, una prova.

RUGGERO     (guardandola)  Tu non devi dar peso. Stai bene, adesso?

LAURA    (c.s.)  Una prova.

RUGGERO      Povera Laura, sembri sfinita. Fra l’altro è tardissimo, e poi fa freddo, si batte i denti. Anche io sono stanco, vado a dormire. (Fa per avviarsi)

LAURA     (con un grido) Ruggero!

RUGGERO    (la guarda) Che c’è dunque?

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LAURA   (ansando, affannosa)  Io non potrei dormire. Non potrei resistere fino a domani. Voglio sapere. (Un silenzio) Ruggero, voglio sapere. Perché….(A poco a poco, cambiando) Ma no. No. Perché una prova? Io sono sicura. Era Carlo. Credo, sono sicura.

Un lungo silenzio.

RUGGERO   (calmo, cupo) E invece, Laura, è proprio così: è stato un inganno. Ti ho mentito.

LAURA     Come?

RUGGERO     Non è questo che vuoi sapere? Sì, Laura, era tutto un inganno. Ti ho mentito. Ti ho mentito tutte queste sere, mentito, mentito! Auff, mentito! Anche io non ne potevo più. E poi a quest’ora sono troppo stanco per recitare ancora: me ne è passata la voglia.

LAURA   Mai stato vero.

RUGGERO    (alzando le spalle) Anche Federica, in fondo, sa benissimo che la imbroglio.

LAURA       Sempre mentito.

RUGGERO    (con cupa veemenza) Ma sì, cara. Non so neanche perché l’ho fatto. Per quale motivo si fa una cosa oppure l’altra? Io delle volte, stando solo, mi metto a fare delle smorfie, mi pare d’essere un sonnambulo. Perché l’ho fatto! Si vede che la parte d’un morto geloso e di malumore mi piaceva, m’andava a pennello! Soltanto, vedi Laura, non è mica vero che una donna ami e baci un morto; le immaginazioni sono tante, ma una cosa simile non è mai vera. Ti venivano le guance rosse e gli dicevi delle parole…che gli avrebbero fatto piacere, a lui, se avesse potuto sentirle! Io rimuginavo delle belle risposte…e tu le bevevi, col petto che s’alzava e s’abbassava, le pupille che ti s’ingrandivano!....E il motivo era questo: che tu invece eri viva, vera! Era il tuo petto che voleva battere, erano le tue braccia, le tue mani, che volevano accarezzare, volevano abbracciare…e a tutto questo tu, siccome sei ostinata, orgogliosa, tu gli mettevi nome Carlo, povero Carlo, che c’entrano i morti; l’odore che si sentiva era di persona viva, di donna giovane. (Cupamente permissivo) Sei stata tu, cara, a volerlo: a implorarmi; a spingermi se io esitavo; sempre più in là, magnetizzata, cieca a tutto, assetata di quelle parole. Ma quelle parole erano mie. Ho perso delle ore di sonno per inventarle, era mia, la voce con cui esse ti facevano impallidire e arrossire. Sei trasformata, sai Laura? Sono stato io: semmai l’intruso era lui, Carlo, l’amante di Ester. Perché l’ho fatto! Perché ero invidioso. Perché una donna così innamorata io non l’ho avuta mai! Perché quello che tu gli dicevi, a quell’altro, avrei voluto che fosse stato per me, capisci? (Una pausa) Ed era per me! Nessun Carlo mai è venuto, noi due siamo sempre stati soli! Andavamo via di qui con gli occhi pesti come dopo un appuntamento. Colui che tu chiamavi, colui al quale ti offrivi, ero io. Al Colle Alto or ora, ci sei salita con me, i fiori lassù li hai dati a me. Noi due, ci siamo coricati lassù. Quell’altro era una semplice maschera; ora la togliamo di mezzo e tutto è chiaro. Non avresti dovuto dirmi tante cose, ormai è tardi. Ci siamo frugati e aperti fino in fondo. E’ raro che un uomo e una donna si stringano così. (Le ha preso una mano)

LAURA      (con voce atona) Sono stanchissima, proprio sfinita.

RUGGERO   (carezzandole la mano) Sì, ti si vede, ti sei agitata troppo. Povera Laura. E’ quasi l’alba, fra poco un raggio sfiora l’orlo della terra, batte sulle case più alte, e tutto ricomincia. E’ tutto molto semplice.

LAURA    (c. s.)  Ciò che avrei voluto dire al povero Carlo è che dopo la sua morte cambiai tanto. Lui mi credeva onesta, savia. Invece io cambiai, feci una cattiva vita, mi macchiai. E’ vero. Fu prima di venire qui. Irene lo sa, lo ha indovinato. Ha ragione lei.

RUGGERO    (dopo un silenzio)  Ma sicuro. E’ così. siamo così. (Pausa) La causa è questo freddo, che entra nelle ossa; e essere sempre soli. Si ha bisogno di qualcuno. (Con una specie di dolore) Ora noi due ci abbracceremo. Ci scalderemo. Poi dormiremo. A me la stanchezza dà una specie di disperazione.

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LAURA     Anch’io: ho freddo e sonno. Mi pare di fare un sogno, mi pare che se io faccio uno sforzo, mi sveglio.

RUGGERO   (con trasognata consolazione) Ecco. Tutte le volte che son andato con una donna mi ha sempre rattristato che tutto ciò fosse così povero. Tutto ciò che si può fare per amarsi e tenersi compagnia è così poco, così poco. E invece si vorrebbe….(Si è accostato a Laura: Lentamente, in silenzio, la prende fra le braccia)

ATTO   TERZO

Stessa stanza, la sera dopo.

SCENA   PRIMA

FEDERICA    (entra eccitata, va a spiare verso la scala, chiama qua e là infantilmente) Isolina! Isolina! Ruggero! Mi odiano tutti, vorrebbero vedermi morta, sono tutti egoisti, bricconi. (Lamentosa) Laura! Laura! Laura! Lo fanno apposta, ad abbandonarmi dopo quel che è successo, vorrebbero lasciarmi sola. La colpa però è di Ruggero, è stato lui a combinare questo disastro, mi ha sempre odiato. (Fermandosi come a ragionare con qualcuno) Quel giovanotto ha sempre dimostrato un accanimento nello sputare sopra i benefici della fortuna; e sopra i suoi benefattori. Ho avuto dei cavalli, dall’occhio piccolo e cattivo, che cercavano di calciare proprio quando portavo loro delle zollette di zucchero. Che gratitudine. (Infantilmente, accostandosi a un uscio) Ruggero? Ruggero, lo so benissimo, che se nascosto lì dietro. Sei un birbaccione. (Guarda dietro l’uscio, scuote la testa) Isolina! Laura! Quelle pettegole fanno finta di non sentire. Come se poi i soldi non li avessi io. (Ride) in fondo sono sempre, io, ad aver ragione. Questi birichini scalpitano, scalpitano, e poi si persuadono. Sostiene Ruggero che lui mi ha sempre imbrogliato. Me l’ha detto per odio, perché vuole partire e vuole andarsene con un dispetto. Chi glielo dice, a lui, che gli spiriti non venissero lo stesso? (Ride) non dovevano mica chiedere il permesso a lui, vero? Sarebbe bella se adesso io mi volto e sulla mia poltrona ci vedo il povero Carlo seduto. Sarebbe proprio bella. Non c’è, non c’è. (S’accosta alla poltrona, guarda dietro di essa e poi sotto il tavolo, chiamando piano)  Carlo? Carlino? (Si ferma) Quante cose buffe si fanno quando si è soli, vero? Succede a tutti, ci prenderebbero per matti. Oh, se noi dovessimo confidare alle nostre conoscenze tutti, ma proprio tutti i pensieri che ci passano per il capo, temo che avremmo qualche occasione di arrossire. Io sono anche padrona di mettermi a cantare, se voglio. (Canticchia e va a vedere ancora sotto la tavola) Il bello è che io non lo so mica se ci credo o non ci credo, agli spiriti. (Ride) Quel birbaccione di Ruggero ha dichiarato che se ne andrà via con Laura, come se Laura, ormai, gli stesse in tasca come un fazzoletto. (Ride) Ma lei non lo vuole mica. S’ illudono tutti. (Si volta verso un angolo) la verità, mio povero Carlo, è che ti hanno fatto un brutto servizio. Oh era chiaro che finiva così! Tutti prevedevano e pregustavano l’avvenimento, mio povero Carlo. Un tale avvenimento, non conosciuto ufficialmente, avrebbe soltanto accresciuto il piccante nelle nostre serate….(avvedendosi di Enzo, entrato da qualche tempo)….non è vero Enzo? (Improvvisamente lamentosa) Queste serate sono così tristi, si ha veramente bisogno di movimentarle. (Guardando la pendola) Ecco, le altre sere  a  già la casa era sossopra; passavamo la giornata ad aspettare questo momento. Noi lasciavamo libera questa stanza; tutti, in varia maniera, si preparavano a riceverlo. Fa dispiacere pensare che il nostro povero Carlo non debba più venire, che nessuno più sia qui ad aspettarlo…

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ENZO    (facendole cenno di tacere e indicando) Zitta. Dev’essere lei.

Restano a guardare le scale. Laura appare, si ferma.

SCENA  TERZA

FEDERICA   (pensando) Che ostinata. E’ di nuovo all’appuntamento. Stenta a persuadersi.

ENZO   (pensando) Che stupida. Non ha saputo vincersi.

LAURA    (pensando) che pazza sono. (E’ tentata di fuggir via)

FEDERICA   Vieni Laura, vieni, ti desideravo tanto. Vieni dalla zia Federica.

LAURA   (le si avvicina)

FEDERICA    Non volevi vedermi oggi, non rispondevi; non è mica bello, sai? (Si interrompe)

La pendola suona. E’ l’ora in cui veniva Carlo. Laura è rimasta ad occhi bassi.

FEDERICA    (terminato il suono, si piega verso Laura, l’accarezza) Cara Laura, non c’è proprio motivo perché tu sia triste. Non vuoi parlare? Non vuoi dire qualche cosa alla tua amica? (Sommessamente) Ti fa pena pensare…che nessuno verrà più?

LAURA   La verità è che nessuno è mai venuto.

FEDERICA  La verità, la verità! Niente al mondo è tanto importante, da sacrificargli la nostra quiete. Forse tu eri un po’ abituata…

LAURA    Sì. Ora mi trovo spersa.

FEDERICA     Ma poi ci si persuade. (Maliziosa) E poi, cara, se stasera il tuo Carlo fosse davvero venuto, sei sicura che tu e Ruggero non vi sareste trovati un po’ imbarazzati bell’affrontarlo?

LAURA   (si tira indietro e resta in silenzio)

FEDERICA   (riaccostandosi) Oh ma non devi fare quella faccia. Lo sai, io, in tanti anni, qual è la cosa più importante che ho imparato? Che bisogna essere molto molto indulgenti verso se stessi. Sembra semplice e invece si impiega la vita, per capirlo. L’errore è di dar peso. (Con rimprovero, accomodandole i capelli) abbiamo sentito di queste idee, queste partenze, queste valigie, queste sciocchezze.

LAURA  (con una certa angoscia) Dovrei preparare mille cose, ci sono anche dei visti, la carta di soggiorno, ci perdo la testa.

FEDERICA  (indignata) Ma Laura, vuoi davvero partire! Vorrebbe dire che mi odi, anche tu! Una fuga così puerile! (Abbassando la voce) Che se poi tu pensassi di partire…non sola…

LAURA    No, no…

FEDERICA   …non mi parrebbe brillante, sai, ritrovarsi fra un paio di mesi, in un alberguccio di terz’ordine, con un uomo di cattivo umore, a temere l’arrivo del conto.

ENZO     Non è affatto necessario che tu parta: né sola né con Ruggero.

FEDERICA   Sai che pensavo? Che io ho intenzione, a suo tempo, viaggiare ancora molto! Ci sono dei posti bellissimi, visti alla loro stagione. Ti piacerebbe vederli con me? Ti piacerebbe?

LAURA   (docilmente) Sì. Certo.

FEDERICA   Verrai con me. Oh, io vado pazza per i giovani, sudo di rabbia, quando mi si accompagna un vecchio, dico fra me: “ ma che vuole, questo impiastro, perché non muore”. Lo dico piano, perché poi anche un vecchio è meglio di nulla.  (Come in segreto) I vecchi si odiano terribilmente l’un l’altro; mentre i giovani…odorano tanto, sai? E’ la loro liscia pelle, il

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Loro respiro, i loro forti capelli, e quando essi si arrabbiano un po’ mandano un odore più forte, come certe erbe; e quando essi desiderano, quando amano, quando il loro sangue diventa furioso, allora odorano ancora di più; è così divertente stuzzicare un giovane, farlo disperare…essi si uccidono persino, poverini. Anche tu sai molto di buono, sai? Oh, noi andremo molto d’accordo, vero? Vero?

LAURA   Sì, certo.

ENZO   Non capisco perché Laura non potrebbe star qui….

FEDERICA    (con cattiveria) Piaci anche a lui, sai? E’ un uomo vizioso, prima gli facevi soggezione, ora non più. La verità è che tu ci hai reso tutti ghiotti, tutti vorremmo utilizzarti, io, Ruggero, Enzo, sto per dire anche il tuo Carlo; e tu devi scegliere. (Pausa) Ma questi altri sono tutti degli egoisti, l’hai capito?  Mentre io…io ti lascerei vivere. Sarei la tua confidente, berrei una gocciolina dal tuo bicchiere anch’io…Sono simpatica vero?

LAURA   Sì.

FEDERICA  (cui viene sonno) E in fondo anche Ruggero…anche lui, è un ragazzo così curato…quel buon odore di sapone, di tabacco…Tu hai sul braccio…una vera peluria dorata….(Si addormenta)

ENZO     (a bassa voce) Non vorrai fidarti di quella svanita, e andare con lei. Troppo vecchia, una di queste mattine la troviamo stecchita, testamenti guai a parlargliene, e tu come rimani? Peggio che con Ruggero. Ti sei trovata male qui, finora?

LAURA    No, no.

ENZO   Qui la stabilità. La quiete. Le valigie! Sul serio le valigie?

LAURA   Non sapevo cosa fare.

ENZO     E per andar dove?

LAURA   In un posto qualsiasi.

ENZO    (scuotendo la testa) figlia mia, se un dente duole, partire giova poco. E poi tu avrai mille strade, va bene, si tratta per te di scegliere, scegli pure. Ma perché questa furia, questa mancanza di calma? Giusto?

LAURA      Sì.

ENZO      Sai, Laurina, ora che fai? Per prima cosa vai di sopra, vuoti le valigie, rimetti tutto a posto, per lo meno ci pensi su.

LAURA      Sì, è meglio. (Si alza)

ENZO     Decidere oggi o domani sarà lo stesso.

LAURA    Sì. Io poi a far le cose in fretta sto male. (Tenta un sorriso) Per me ci vogliono le cose semplici. (Va verso l’uscio, ma qui si ferma, torna indietro lentamente)

ENZO     C’è qualche cosa?

LAURA     (guardando in terra)   Stavo pensando…al mio tiretto di comò, da bambina.

ENZO    E cioè?

LAURA   Lo tenevo così in ordine. Non eravamo ricchi: dicevano che io ero economa, savia. Mi piaceva tanto avere un oggetto proprio mio, provavo dolore scoprendo che cominciava a sciuparsi. Mi affezionavo, mi attaccavo molto. (Un silenzio, poi a bassa voce) Adesso mi pare di essere rimasta proprio senza nulla, a mani vuote.

ENZO    Le illusioni, le pazzie, fanno presto a cascarci dalle mani.

LAURA     (si volta per tornare via; di nuovo si ferma) Pensavo che hai ragione tu. Partir è lo stesso. Ma anche restare è lo stesso.

ENZO      E cioè?

LAURA     (un po’ ansante) E’ finito tutto, zio Enzo. Tutto sciupato.

ENZO      (turbato)  Laura!

LAURA   (sopraffatta) Tutto, zio Enzo, tutto.

ENZO    (incollerito) Che cosa è che è finito, che cosa è che è sciupato?

LAURA     Tutto, tutto. Non posso sopportarlo.

ENZO     Sai che cos’è? Ti dispiace d’aver aperto gli occhi, stai lì ancora aggrappata. E’ testardaggine.

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LAURA   (con una specie di ipocrisia)  E’ stato tutto un inganno, vero?

ENZO     Non sei persuasa, ancora?

LAURA    Dice zia Federica che certe volte….

ENZO   (duro)   No. Nessuno è venuto. Nessuno poteva venire. La verità è quella che è, cara. (Pausa) Riposo e sonno. Ecco quello che ti manca. Questi giorni ti hanno bruciata. (D’un tratto, con una specie di compassione) Laurina, ma tu che cosa avevi nella testa; che cosa pensavi?

Un silenzio.

LAURA     (gli occhi a terra e una specie di sconsolata calma) Zio Enzo, io pensavo…pensavo che tutti quei fatti, quei giorni che uniti insieme formano la nostra vita…pensavo che non potessero finire così.

ENZO     Ecco, ancora il tuo Carlo. Malgrado tutto, è lui che viene ancora a tirarti la manica..

LAURA   (continuando, con pacatezza ostinata)  Cose che vediamo, discorsi che sentiamo, tutte quelle belle ore…ma soprattutto quelle immaginazioni e ragionamenti dentro di noi, che tornano sempre, anche di notte; e noi a poco a poco…li perfezioniamo, li ripuliamo, sempre più belli, come se fabbricassimo qualche cosa con le nostre mani…tutta quella fiducia, quella pazienza…(con un grido) quella felicità, quella felicità…

ENZO    Carlo. Tu torni sempre lì, sei fissata.

LAURA    (continuando, un po’ sudata) …tutto questo, anche se non si vede e non ha peso, c’è, non è vero? E’ una cosa che è avvenuta, e deve stare lì, in qualche posto dentro di noi, non è possibile che la più piccola gocciolina d’acqua debba durare in eterno, e invece debba svanire questa gran cosa, e nulla ne rimanga di vero, di vivo! (Battendo leggermente i denti) Non ci sarebbe nessuna logica, vero? (A voce molto sommessa) Ecco, cosa pensavo; che qualche cosa di tutto ciò doveva restare.

ENZO      Laurina, quasi mi faresti paura.

LAURA     E’ tutto ciò che noi siamo, tutto ciò che portiamo. (Ride quasi, stringe infantilmente il pugno) Mi fa rammentare un bambino che portava due soldi stretti così.

ENZO    Laurina, mi fai star male.

LAURA  (con intensità man mano crescente)  Non c’è stato pensiero, sospiro mio, fin da bimbetta, che non fosse un mettere in serbo, in disparte. Così fa la formica quando raduna il suo grano, e lo scopo è di ritrovarlo nell’inverno, non è vero? E noi, nel nostro raccolto, del raccolto della nostra vita, che cosa ritroveremo?

ENZO     Laurina!

LAURA   ….non certo il nostro danaro…né la nostra persona, perché tutto ciò noi sappiamo che si guasta e finisce…(con un breve tremito) basta un attimo, basta una ruota di ferro, perché tutto ciò diventi qualche cosa di triste fra i ciotoli. Ma l’altro? L’altro noi non lo vediamo mica, fra i ciotoli. L’altro…

ENZO   (ridendo, con melanconia) No, fra i ciotoli no. E’ qui dentro che quell’altro si guasta e muore. L’anima, vero? L’anima! Quando si diventa così, con queste borse sotto gli occhi, non è mica la pelle che è diventata troppa: è qualche cosa dentro, che è diventata piccola: secca, ipocrita, e poi muore; finchè un bel giorno debbono sorvegliarci, se no si andrebbe a rubare il lesso avanzato. (Come in segreto) E ci si piscia addosso.

LAURA    (quasi bisbigliando, a se stessa) Ma io avevo sempre pensato….che almeno quell’affetto, quel volersi bene e star vicini  e capirsi, nessuno potesse portarceli via e guastarli…

ENZO   (con crudeltà e insieme melanconia)  Ma sono già guasti, cara. Non ce n’è stata una, di quelle vicinanze, che non avesse dentro il suo verme, il suo rancore, la sua reticenza, il suo tradimento, e tanta solitudine. La voce che abbiamo amato, più volte ci è suonata odiosa, più volte ci ha mentito, più volte le abbiamo mentito…il guasto è in noi!

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LAURA   (bisbigliando, a se stessa)  Sì, ma sarebbe troppo crudele se non potessimo almeno giustificarci…spiegare…parlare con chi potrebbe perdonarci. Zio Enzo, il mio povero segreto era che io avevo mancato. Irene l’aveva capito. Io ero già una donna sporca. E’ vero. (D’un tratto supplichevole e come parlando a qualcuno non visibile) Orribili giorni, orribili anni, prima che io arrivassi, qui, un lungo brutto sogno: una povera pazza donna dipinta! Sperduta! Sola! Ebbene, sarebbe davvero crudele se io non potessi più chiedere perdono a chi mi conosce e mi ama!

ENZO       (scuotendola)  Ma con chi parli, Laura! Con chi è che vuoi giustificarti? (Ridendo, con doloroso accanimento) Ma dunque è proprio così; malgrado tutto, per te è come se Carlo potesse entrare da quell’uscio e sentirci? Rispondi.

LAURA   (a testa china) Sì.

ENZO   (tranquillo)  Sei una pazza.

LAURA   (calma, a voce bassa) Io posso incontrarlo. Esiste. io gli dirò tutto.

ENZO   (canterellando)  Sei una pazza, una vera pazza. (Improvvisamente urlando a voce altissima) Una pazza! Una pazza!

FEDERICA  8svegliandosi e gemendo)  Eh..che c’è’ La mia Laura…

ENZO     La tua Laura! Credevo che tutto questo l’avrebbe rinsavita! Ma è poco, non basta ancora!

FEDERICA    (ridendo e scuotendo la testa)  Laura è tanto ostinata, tanto orgogliosa…

LAURA  (fissa nel suo pensiero)  Io nel mondo ho parlato con lui solo. Se penso che davvero lui debba allontanarsi da me per sempre e io da lui…

FEDERICA   (cercando di accarezzarla) Ma lo dimenticherai, cara. 8Bisbigliando) Ci penserà Ruggero!

LAURA     (senza udirla)…se penso che questo veramente avvenga… ho paura. La notte mi sveglierei, mi drizzerei su…(con spavento) e lo sentirei! Lontano, lontano…”Laura, Laura”. (Con disperazione)…lontano, come uno che cammina, per una gran pianura nera, lontano, lontano…E tutti e due correremmo spaventati, ma senza mai più incontrarci, senza mai più tirtovarci, e capirci…soli e spaventati, per tutta l’eternità, lontano, chiamandoci senza speranza…

FEDERICA   Ma si dimentica, cara; ed è un gran riposo. (Vagamente) Io volevo bene a mio nipote, un biondino. Fra poco non vedrò mai più quei capelli, li avrò dimenticati, ma a me non importa, sai? (Con interesse) Vedo le siepi di quando andavo a scuola, col bucato sopra..però non so bene se questo è stato vero, o che io me lo sia figurato.

LAURA   Ma io non voglio dimenticare.

FEDERICA   (vagamente) Si dimentica, e tutto è come le foglie di mille anni fa, coprivano montagne, brillavano, odoravano, mormoravano, e dove sono ora esse?

LAURA      (selvaggiamente) Ma io non voglio dimenticare! 

FEDERICA     Perché sei avara. Vai stringendo il tuo salvadanaio; e ti pesa. (Ride) Ma lo troverai vuoto. Quei bei giorni, eh? Quelle parole…quelle carezze…(Le soffia via dalle dita).

LAURA    8sudata ansante)  Ma quelle cose sono la mia vita!

FEDERICA    Sei larga di spalle, sana. I ragazzi crescono così rigogliosamente! Mi fa compassione la fretta, la credulità con cui le loro spalle, i loro seni, i loro pensieri seguitano sempre a venir su.

Inavvertita da tutti, Irene è entrata e man mano s’inoltra.

LAURA   (ansando)….se io le dimenticassi…allora sì, io sarei morta…

FEDERICA   (ridacchia)  E invece tu non vuoi essere morta, ecco tutto. Non ti importa di Carlo. Vuoi vivere.

LAURA   (sommessamente, conclusa)  Se in qualche momento io mi sono sentita felice…se dunque, nonostante tutto, io posso essere qualche cosa di felice e completo, perché a ciò non dovrebbe spettare dignità e durata?

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ENZO   (turbato) Laura!

LAURA   …perché ciò dovrebbe consumarsi inutilmente in uno stato di privazione e pena?

ENZO   (c.s.)  Laura!

LAURA    Questa condizione provvisoria confusa, mi rattrista. (Con cupo ardore) La mia anima desidera uno stato splendido e stabile. Sì, desidero parlare con Carlo, perché io voglio essere viva e sincera. Desidero la sua compagnia per essere viva e allegra. (Quasi gridando) Desidero essere con lui e toccarlo. Laura aspettami un momento. Credo che ciò avverrà. Ne sono sicura.

IRENE  (d’un tratto, gridando)  Bugiarda! Bugiarda! Non è vero! Sei tu avessi soltanto dubitato che qualche cosa del “tuo Carlo” si era salvato dalla terra dove l’hai sepolto, che qualche cosa di lui si ricordava di te, ti cercava…ti vedeva…(gridando) perché tu avresti fatto quello che hai fatto? Ieri sera…e prima…e tutti questi anni…e domani, e sempre…e tutte le volte che un uomo ti vorrà.

FEDERICA    Oh Dio, Irene, perché gridi così?

IRENE   perché lo sa anche lei, d’essere una bugiarda. Perché è una cattiva donna. Perché vorrebbe ingannarci! Bugiarda! Dice che è sicura, capito? Sicura! E perché allora gli hai fatto torto,  al  “tuo Carlo”?  L’hai seppellito un po’ più giù, ieri sera, gli hai calcato sopra l’altra terra, al figlio mio. Perché eri sicura; sì: (cominciando a piangere) sicura che lui è morto; un po’ di roba sotto un sasso. (Seguita a singhiozzare)

LAURA  (smarrita)  Sono sola, nessuno mi aiuta.

ENZO   (aspro anche lui)  Sarebbe stato comodo, vero? Che fosse venuto lui il tuo Carlo, ad aiutarti, a porgerti una mano; tutto semplice. 8D’un tratto, con una specie di grido) Il guaio è che non ce n’è, non ce n’è di là, mani che ci vengono incontro! Sono tutte storie! (Vincendosi) Lo sappiamo benissimo, noi, che cosa vuol dire quando diventiamo freddi e ti mettono giù in una buca. (Quasi spaventato, a bassa voce) Sappiamo dacchè i nostri occhi si sono aperti, saranno migliaia di anni, e nessuno è mai venuto testimoniare il contrario. Lo sappiamo perfettamente, per questo siamo così attaccati alla salute. E tuttavia, che sa perché, tutti d’accordo, fingiamo di non saperlo, fingiamo di credere tutt’altro….

FEDERICA   (lamentosa e spaventata)  Enzo, non è bello dire queste cose…

ENZO   (indicando Federica)  Finge anche lei sai, sai? E poi Isolina, Ester, Irene, Giustino: fingiamo tutti. Anche quando qualcuno, mettiamo lei Irene, s’inginocchia e chiude gli occhi e prega…

FEDERICA  Enzo, sono discorsi tanto brutti…

ENZO    …..e anche allora, dentro di sé, in fondo, ognuno di noi lo sa benissimo, come stanno le cose; che ne è di Carlo, che ne sarà di noi. Fingiamo. Se ci pensi bene, vedrai che fingi anche tu, Laura.

FEDERICA  Ho un po’ paura che sia così.

ENZO  (quasi a se stesso) E se così non fosse, mi troverei io qui, ormai vecchio, a fare il buffone, a divertirmi di te e di Ruggero, in modo così sudicio e miserabile, a far finta di leggere dei libri chiuso in una stanzaccia, dei libri che in realtà non apro mai, da anni, a ubriacarmi un po’ tutte le sere, a farmi carpire dei soldi da qualche contadina sporca, a sghignazzare, a sbavare, dicendo cose….(con una specie di disinteresse lamentoso) che mi amareggiano, mi stancano…cose che non mi interessano affatto…

FEDERICA     (con una specie di cantilena) Anche io: mi stanco tanto e mi avvilisco.

ENZO    (alzandosi) Poi per fortuna ci viene appetito, sonno. ( A Laura ) Tu, per esempio – che ne sappiamo noi – potresti già essere incinta, cara, e avere dentro un figlio di Ruggero, guarda un po’ che razza di gancio. (Pausa) E  Carlo è morto. (A Irene, con rabbia dolorosa) Morto! Morto! Morto! E noi possiamo andare a letto.

IRENE    (singhiozza forte; si alza per uscire, assistita da Federica; escono tutte e due)

LAURA  (un po’ china, sudata, con voce bassa e monotona) Però io non credo che le cose stiano così.

ENZO   (si ferma sulla porta)  Perdio. Brava. Sei un vero muro, brava. Ti sei persuasa.

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LAURA    (c.s.) Sì, sono persuasa. Non potrei sopportare una cosa diversa.

ENZO   Tu credi davvero ancora che…il tuo Carlo ti aspetti in qualche luogo? Che tu potrai vedere lui e quel luogo?

LAURA   Sì.

ENZO    ( con un grido d’ira) Non sei sincera! Questo è un puntiglio! Morboso, inumano, contro tutto e anche contro te stessa! (Pausa, con voce improvvisamente diversa, un bisbiglio spaventoso) Ti ammiro, sai Laura? Ti ammiro, perché anche io vorrei…essere come te, ma non ci riesco, capisci? Bisognerebbe dire: (con energia disperata) “Sì! Sì! E’ così” E se qualche dubbio – io lo so – ancora parla in qualche angolo di noi stessi…testimoniare! Testimoniare a noi stessi la verità. (Bisbigliando, con dolorosa pietà di se stesso e degli altri) Dato che non possiamo chiederla ad altri, questa verità: dato che Dio, se c’è, pare ci abbia lasciati a noi stessi, sicchè siamo soli a doverci pensare: dato che dentro di noi è la battaglia, noi non abbiamo che un modo, per vincerla  – nel tuo caso  per vincerla su Ruggero, su Ester, su di me, su Irene, su Federica, sul figlio, su tutto ma specialmente su quella parte di te che non ti ubbidisce – noi non abbiamo che un modo: testimoniare a noi stessi la verità. (Afono e atterrito) Se noi pensiamo veramente che quel luogo e quella mano amica ci attendono, di là, perché dovrebbe turbarci andare noi verso di essi? Io penso a queste sciocchezze, delle volte, mentre fingo di leggere. Per esempio tu ora (angosciato, indicando il soffitto) Sali a finire le tue valigie, e invece che fai? (Quasi solo a se stesso) Ti scosti da esse, e ti metti a pensare, a risolvere se veramente saresti così sicura…da andare tu volontariamente verso ciò che tu credi e desideri. (Assorto, a occhi bassi) Dio. “Dio non vuole che si faccia questo”. Ma ognuno, Dio, per cercarlo, bisognerà che s’ingegni a suo modo. Tanto l’assassino che il chirurgo hanno in mano un coltello, ma penso che il giudice li tratti in modo diverso. Non sarebbe per disperazione. Al contrario. Non sarebbe per castigarsi da soli, cioè per superbia. Non sarebbe per uscire da tutti questo imbroglio e trovare un riposo, cioè pigrizia. No:  sarebbe per un altro scopo: per arrivare a stringere la verità, a rassicurarsi, e vincere, e portare in salvo la propria vita, il proprio grano. (Assorto indicando) Tu guardi la finestra, con la luna sui vetri, l’apri, noi di qui la sentiamo cigolare. Tu sei sola, fredda, calma. E se in quel momento… - ho paura persino a parlarne – se in quel momento ti senti abbastanza sicura…. (con cupo impeto) sii testimonio a te stessa! Non chiudere gli occhi! Va, inoltrati!  E nel lasciarti cadere, grida! Grida forte! Perché non potrai più tornare indietro. Perché avrai vinto1 e anche per noi. Un forte tremendo grido di vittoria, che faccia impallidire il mondo!

LAURA  (pallida, bisbigliando)  Non avrei il coraggio.

Federica è riapparsa. Nel fondo s’affaccia Ester.

ENZO   (ridendo e rabbrividendo) E neanche io, sai? Sono sciocchezze. Ragionamenti. Le chiacchiere sono tante; ma poi le cose sono come sono, e bisogna piegarsi. (Alza le spalle)  E poi è andata sempre così; e poi…in fondo sentirsi in quella colla fa anche piacere, si scalpita, magari, e poi si è contenti d’ubbidire. Tu sei una vera donna…

FEDERICA   Sei graziosa, Laura, ti si guarda volentieri.

ENZO     Sei nel pieno fiore. (D’un tratto indicando l’uscio e col tono di chi è arrivato a una conclusione) Ruggero. Eccolo. Viene a prenderti.

LAURA  (quasi con un grido) Non farlo entrare, non voglio incontrarlo…(Si ferma)….

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SCENA   QUARTA

RUGGERO   (è già sulla soglia, avanza lentamente, fra un gran silenzio, si guarda intorno con una specie di sfida. Dietro di lui sono scivolati dentro incuriositi Isolina, Giustino, il Professore)

RUGGERO   (parlando a Laura e a tutti, con una specie di sfida) Laura credevo che tu fossi di sopra a chiudere le valigie. Speriamo che non ce ne siano molte. Perché non vai?

LAURA   (dopo un lungo silenzio) Sì, ora vado.

RUGGERO   (c.s.) Ho pensato che ci conviene partire prestissimo, all’alba. Non vorrei trattenermi qui un’ora più del necessario. Anche tu capisci, vero?

LAURA   (dopo un lungo silenzio) Sì.

RUGGERO    Hai detto che non volevi vedermi. Ma io so che questo non è vero. Io ti aiuterò, Laura; ci aiuteremo a vicenda. So che anche tu lo desideri. Va, presto. Non vedo l’ora di essere fuori di qui.

LAURA     Sì. (si avvia un po’ rigida, lentamente, e quasi sulla porta)

FEDERICA  (d’un tratto, come avvertita da un presagio) Laura!

LAURA   (si ferma)

FEDERICA    Vorrei darti un bacio.

LAURA    (torna indietro, si accosta alla vecchia)

FEDERICA  (la bacia, la guarda, le fa una carezza)

LAURA    (torna alla porta; fa, come soprapensiero) Che splendida giornata è stata oggi. Per le mura a sud era quasi caldo, si sentiva il clarino…(Si volta, esce)

SCENA    QUINTA

RUGGERO   Sì, io posso aiutarla; e anche lei me. E’ un carattere che si affeziona, capace di vero, tenace sentimento. Non vedo perché proprio io dovrei rimanere solo, escluso. Eh?  (Si è fermato, un po’ sorpreso)

Tutti, prima uno poi l’altro guardano verso il soffitto in ascolto di ciò che avviene nella stanza di sopra.

RUGGERO    (riprendendo) Anche io ho sofferto, come chiunque altro, dei torti, delle ingiustizie. Avrei diritto anche io a esserne compensato. (Ascoltando un attimo verso il soffitto indottovi dall’atteggiamento degli altri) Sta trafficando con le valigie. Parte con me, non aveva altra via. (Riprendendo) No, io non credo sia bene, per i morti, essere ricordati, amati, non è bene che i morti insistano a contenderci l’affetto di persone vive. (Interrompendosi un momento)  Eh? Che c’è?

ENZO   (è andato alla finestra e l’ha aperta)

Tutti guardano verso l’alto col respiro mozzo)

RUGGERO   Non credo che sia bene, perché così, in qualche modo, essi restano voltati indietro. (Indicando verso l’alto) Ha aperto qualche cosa, lassù, dev’essere l’armadio che cigola..

ENZO    (col respiro mozzo, in un soffio) No, è la finestra.

RUGGERO   (riprendendo) Essi, i morti, si sentono trattenuti; invogliati a fermarsi, a rammaricarsi. Mentre invece, se mai, il loro interesse, è quello di dare le spalle a tutto questo…e di affrettarsi…là dove pare siano attesi. Addio Carlo. Vattene. Laura sceglie me. (Si interrompe, guarda gli altri; con angoscia) Ma che c’è, dunque? Che succede?

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Gli astanti prima l’uno poi l’altro , pallidi, si alzano lentamente. Un momento di assoluto silenzio. Poi un grido terribile, immenso, viene dalla finestra.

ENZO       (guardando aventi a se)  Vittoriosa.

SIPARIO