Commedia in tre atti
di John Boynton Priestley
TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA: DANGEROUS CORNER
VERSIONE ITALIANA DI SANDRO BRISSONI
pubblicata su Il Dramma
Nuova Serie n. 158
1° giugno 1952 Anno 28
LE PERSONE
FREDA CAPLAN
LA SIGNORINA MOCKRIDGE
BETTY WHITEHOUSE
OLWEN PEEL
ROBERTO CAPLAN
CARLO G. STANTON
GORDON WHITEHOUSE
La scena rappresenta un salotto in casa Caplan,
a Chantbury Close. Dopo pranzo. Oggi. L'azione è senza
soluzione di tempo fra un atto e l'altro.
ATTO PRIMO
A SIPARIO CHIUSO: VOCE DI DONNA E DI UOMO
Voce di Donna — Sei stato tu, sei stato tu a volerlo.
Voce di Uomo — Sì, e ho ottenuto quello che desideravo.
La Donna — Che cosa?
L'Uomo — La verità.
La Donna — Da oggi, allora, dovrai rassegnarti a vivere senza più nessuna illusione.
L'Uomo — Ho vissuto nell'illusione tutta la vita. Non mi è mai stato possibile farne a meno.
La Donna — Hai voluto tu arrivare a questo, ad ogni costo.
L'Uomo — Sino ad oggi le illusioni mi avevano dato la forza di continuare, m'aiutavano a vivere. Non credo in altro, io. Non avevo altro che mi aiutasse.
SI APRE IL SIPARIO AL BUIO COMPLETO
La Donna — E perché allora hai insistito, perché hai voluto continuare nella tua pazzaricerca della verità?
L'Uomo — Volevo giocare come un bimbo gioca col fuoco. Ed ora sono completamento bruciato.
La Donna — Calmati, passerà. Domani, vedrai, tutto sarà passato.
L'Uomo — Domani, domani, non c'è più domani per me. Finita l'illusione, finita la vita. Ci sono realtà che non si possono sopportare.
(Colpo di rivoltella e grido di donna. Dopo un breve silenzio Freda dice con un leggero accento di ironia: « Là» e accende la luce sulla mensola del camino presso cui rimane in piedi per un minuto o due. Si vede Olwen seduta in poltrona vicino al fuoco a sinistra. Betty è seduta sul divano al centro. La signorina Mockridge è in poltrona a destra e fuma da un lungo bocchino. Ed ecco chi sono: Freda Caplan è sulla trentina; piuttosto calma, slanciata, bionda. E' elegantissima, padrona di sé, apparentemente fredda, ma capace di mostrare i segni di una profonda emozione. Olwen Peel ha circa l'età di Freda, bruna, non così elegante ma vestita con molta proprietà. Essa ha una piacevole maniera aperta, ma è talvolta un po' scostante. Betty Whitehouse è sul finire della ventina. Molto graziosa, piuttosto piccola e decisamente bionda. Vestita in modo da apparire più giovane. Petulante, smorfiosa nelle scene leggere, ma con toni striduli ed isterici nei momenti emozionanti. La signorina Mockridge, fra i quarantacinque e i cinquanta; è una donna pesante, complicata, ben vestita. Ha modi autoritari e occhi penetranti. Sono tutte in abito da sera ed hanno evidentemente ascoltato la radio aspettando che gli uomini le raggiungano. Freda si alza per andare a spegnere la radio, quando l'annunciatore dice con tono professionale)
L'Annunciatore — Avete ascoltato « Il cane che dorme », commedia radiofonica in otto scene di Humphrey Sort.
Freda (avvicinandosi lentamente alla radio) — Ecco qua; spero non vi siate annoiata, signorina Mockridge.
La Signorina Mockridge — Per niente.
Betty — Io non posso soffrire le commedie e le conferenze alla radio: mi piace solo la musica da ballo. Anche Gordon la pensa come me.
Freda (spegnendo la radio) — Benedetta mania; sapete, signorina Mockridge, tutte le volte che mio fratello Gordon viene qui ci fa ammattire con la sua musica da ballo strimpellata al pianoforte. (Si avvia al piano ed accende la lampada).
Betty — E io provo gusto a far tacere i solenni conferenzieri con un semplice giro di chiavetta.
Mockridge — Com'era il titolo della commedia?
Olwen — «Il cane che dorme».
Mockridge — Perché «Il cane che dorme»?
Betty — Non bisogna svegliare il cane che dorme.
Freda — Non svegliare chi? (Prende una sigaretta dalla scatola sul piano e passando dietro la poltrona della signorina Mockridge si avvicina al tavolo di centro).
Betty — Se continuavano ancora un po' sarebbero perfettamente riusciti a farci dormire tutti.
Mockridge — Quante scene abbiamo perso?
Olwen — Cinque, credo. (Freda accende la sigaretta prendendo i fiammiferi dal tavolo).
Mockridge — Credo che quelle scene fossero piene di argomenti soporiferi. Ecco perché quell'uomo era così furioso. Il marito, dico.
Betty — Il marito? Qual era? Quello con la voce con le adenoidi?
Mockridge (vivacemente) — Proprio quello. Ed alla fine si è ucciso. Molto patetico.
Freda — Si vede che le adenoidi gli davano noia.
Mockridge — Una cosa proprio dolorosa e commovente.
(Ridono e si sente da destra un sommesso scoppio di risa degli uomini che sono nella sala da pranzo).
Betty — Sentite i maschi.
Mockridge — Stanno certamente ridendo per qualcosa di molto piccante.
Betty — No, semplici pettegolezzi. Gli uomini sono molto più pettegoli di noi donne.
Freda — Parole sante.
Mockridge — In fondo cosa c'è di male? Chi non ama fare pettegolezzi dimostra di non provare alcun interesse per il suo prossimo. Per me è un buon segno quando i miei editori fanno pettegolezzi sul mio conto.
Betty — Ma gli uomini pretendono e sono convinti di parlare d'affari.
Freda — Ed hanno una scusa meravigliosa ora che sono tutti e tre direttori nella stessa impresa.
Mockridge — Naturalmente. Signorina Peel, io credo che voi dovreste sposare il signor Stanton.
Olwen — Oh, perché dovrei?
Mockridge — Per completare quest'unione esemplare. Ci sarebbero così tre coppie di coniugi modello. Ci ho pensato durante tutto il pranzo.
Freda — Coraggio allora, Olwen.
Mockridge — Sarei disposta a sposare io Carlo Stanton pur di far parte del vostro incantevole circolo. Formate tutti insieme una così bella compagnia.
Freda — Trovate?
Mockridge — Sì, non vi pare?
Freda (con un sorriso, alzandosi) — Una bella compagnia. (Avvicinandosi al piano) Spaventoso.
Mockridge — Non c'è nulla di spaventoso. E' così carino.
Freda — Disgustoso.
Betty — Sì, proprio come un romanzo di Dickens o un biglietto natalizio.
Mockridge — E' una cosa magnifica, invece; specie di questi tempi. Troppo bello per essere vera.
Freda (apparentemente scherzando) — E perché! Chi vi dice che sia vera?
Olwen — Non sapevo che voi foste così pessimista, signorina Mockridge.
Mockridge — Non lo sapevate? Allora non leggete le critiche dei miei libri; mentre dovreste farlo, in qualità di impiegata dei miei editori. Protesterò per questo con i miei tre direttori appena verranno. (Sorride leggermente) Certo sono pessimista, ma non in questo caso: voi, tutti insieme, formate un'eccezione alla regola. Una meravigliosa eccezione.
Freda — Certo, qui è molto carino, siamo stati felici qui.
Olwen — Un soggiorno incantevole. Mi spiace, ma devo andarmene. (Alla signorina Mockridge) Sapete, non lavoro più qui. Mi sono trasferita nell'ufficio in città. Ma appena posso, scappo sempre qui.
Mockridge — Ci credo. Dev'essere così bello per voi starvene qui tutti insieme.
Betty — Una vera gioia.
Mockridge (a Freda) — Dovete sentire molto la mancanza di vostro cognato. Era sempre con voi, non è vero?
Freda (imbarazzata, volgendosi verso la signorina Mockridge) — Volete dire Martino, il fratello di Roberto.
Mockridge — Appunto, Martino Caplan. Io ero in America in quel tempo e non ho mai capito bene cosa sia successo. Qualcosa di piuttosto grave, no? (Pausa. Betty e Olwen guardano Freda. La signorina Mockridge guarda ora l'una ora l'altra) Oh, scusate. Ho fatto una gaffe; sono così stordita. Quando me ne accorgo è sempre troppo tardi.
Freda (sedendo al piano e parlando pacatamente) — No, nessuna gaffe... Fu un brutto periodo per noi, quello. Ma ora va tutto bene di nuovo. Martino si è ucciso. E' accaduto circa un anno fa; in giugno, precisamente. Non qui, ma a Fallows End, lontano da qui. Aveva preso un cottage da quelle parti.
Mockridge — Che cosa terribile. Credo di non aver incontrato Martino più di due volte. Ricordo di averlo trovato molto interessante e divertente. Era quello che si dice un bell'uomo, no?
(Carlo Stanton e Gordon Whitehouse entrano. Stanton è sulla quarantina, castano, con piccoli baffi. Ha una voce profonda e maniere aspre e autoritarie. Gordon sui ventiquattro anni, slanciato, di bell'aspetto. Ha un accento indolentemente grazioso da posatore ma con frequenti scatti di mal-celato isterismo. Entrambi portano eleganti dinner-jackets).
Olwen — Sì, un bell'uomo.
(Stanton passa dietro al divano e rimane in piedi di fronte al camino. Gordon va al divano e siede a destra con le spalle rivolte al pubblico. Prende la mano di Betty).
Stanton (con gioviale condiscendenza) — Chi è bello?
Freda — Non voi, Carlo.
Stanton — Posso saperlo, o è uno dei vostri soliti grandi segreti?
Gordon — Stavano parlando di me, Betty; perché permetti che si parli di tuo marito in modo così scandaloso? Non hai un po' di pudore, ragazzina?
(La conversazione continua fino all'ingresso di Roberto).
Stanton — Come va il nuovo romanzo?
Mockridge — Benissimo, grazie.
Stanton — E' così insulso come il precedente?
Mockridge — Ho paura di sì.
Betty (stringendo la mano di Gordon) — Caro, credo che stasera hai fatto il pieno con i pettegolezzi e il brandy. Hai la faccia rossa e gonfia. Il tipico grosso dirigente d'azienda. (Gordon le bacia la mano).
Roberto (viene da destra, accende la luce mentre entra. E' sui trenta-trentacinque anni, di statura media, ben piantato, sbarbato, con un sorriso piacevole. Può talvolta sembrare un po' distratto, ma non stupido. Indossa un elegantissimo dinner-jacket) — Spiacente di aver fatto tardi, Freda. Ma è colpa di quel tuo disgraziato cucciolo.
Freda — Che ha combinato di nuovo?
Roberto (andando verso la signorina Mockridge) — Ha mangiato un po' del manoscritto del nuovo romanzo di Sonia Williams. E gli è venuto male.
Betty — Oh, poverino.
Roberto — Vedete, signorina Mockridge, come noi parliamo di voi romanzieri?
Mockridge — Ho sentito, sì. Avevo appena finito di dire che eravate una compagnia bella e piacevole.
Roberto — Felice che la pensiate così.
Mockridge — Penso che avete avuto tutti una buona dose di fortuna.
Roberto — Sono d'accordo con voi.
Stanton — Non è tutta fortuna, signorina Mockridge. Sappiamo anche superare gli ostacoli con una certa dose di sangue freddo.
Roberto — Tranne Betty che è troppo sensibile.
Stanton — Questo accade solo perché Gordon non la bastona abbastanza spesso; ecco.
Mockridge — Vedete, signorina Olwen? Il signor Stanton è sempre il solito cinico scapolo. Ho proprio paura che finirà col rovinare questo bel quadro di famiglia.
Stanton — Alla signorina Olwen non è permesso parlare. Essa si è trasferita negli uffici di Londra e ci ha abbandonati. (Passeggia a sinistra. Prende un gioco di pazienza che sta sul tavolo. Si siede sul bracciolo della sedia di Olwen e traffica con il suo gioco).
Olwen — Ma io sono qui tutte le volte che mi si chiama.
Gordon (si alza. Va alla radio passando vicino a Roberto e lo fa girare su se stesso) — Ma non è ancora chiaro se venite per vedere me o Roberto. Ad ogni modo le nostre mogli ne saranno gelose.
Betty (ridendo) — Oh, in modo pauroso.
Gordon (armeggiando con la radio) — Con che cosa guastano la pace dell'etere questa sera? Nessuno lo sa?
Roberto — Aspetta un momento, cerco io per te. (Prende il giornale-programma della radio sul tavolo e lo consulta).
Freda — Oh, Gordon! Non ricominciare, ti prego. L'abbiamo spenta ora.
Gordon — Cosa avete ascoltato?
Freda — La seconda parte di una commedia.
Olwen — «Il cane che dorme».
Stanton (senza alzare gli occhi dal suo gioco) — Cosa?
Mockridge — Sì, una storia del genere. Una disquisizione sulla bontà del sonno e un signore che alla fine si uccide.
Stanton (c. s.)— Che gente allegra alla radio.
Freda — Già. Revolverate e compagni.
Olwen (si alza e va alla poltrona all'angolo sinistro) — Sapete, credo di aver capito cosa volevano dire con quella commedia: il cane addormentato era la verità, capite? E quell'uomo, il marito, insisteva nel disturbarla. (Siede).
Roberto — Aveva perfettamente ragione di farlo. (Si gira verso il piano, posa il giornale, prende una sigaretta e l'accende).
Stanton (alzando gli occhi) — Non so se aveva ragione. Però mi sembra indovinato raffigurare la verità come un cane che dorme.
Mockridge — Certo, noi spendiamo molto del nostro tempo a dire bugie e a crederci.
Betty — Ah, ma è necessario. Io racconto sempre frottole. Non faccio altro tutto il giorno.
Gordon (armeggiando di nuovo alla radio) — Lo so, cara, lo so.
Betty — E' il segreto del mio fascino.
Mockridge — Sì, ma noi adesso stavamo parlando di qualcosa di più serio.
Roberto (andando al divano e sedendo a destra di fronte al pubblico) — Serio o no io preferisco la verità. E' più sana.
Stanton (alzandosi, va alla tavola di sinistra e si appoggia) — Io credo che dire la verità sia pericoloso come infilare una curva a cento all'ora. (Tiene ancora tra le mani il gioco).
Freda — E la vita purtroppo, è piena di svolte pericolose. Non vi pare, Carlo?
Stanton — Può esserlo, se non sapete scegliere bene la vostra strada. (A Olwen) Menzogna o verità? Essere o non essere? Uomo o donna? Che ne pensate, Olwen? Avete l'aria pensierosa.
Olwen — Sono d'accordo con voi. Io penso che dire sempre tutto è pericoloso. C'è verità e verità.
Gordon (volgendosi) — Pienamente d'accordo. (Appoggiandosi al piano). Un poco e un poco. Mezzo e mezzo.
Stanton — Zitto, Gordon. Olwen, continuate.
Mockridge — Sì, continuate, vi prego.
Olwen (pensierosa) — Ecco: la vera verità, qualunque essa sia, non dovrebbe essere pericolosa. Io credo che Dio è la verità. Ma quello che la gente intende per verità, quello che quest'uomo della radio intendeva, è solo una mezza verità. Non si può dire tutto quello che è nascosto dentro ciascuno di noi. Si può arrivare a scoprire una certa quantità di fatti a voi sconosciuti che forse non sono i migliori. Ma sarà sempre un'indagine a tranello.
Gordon — Sì, come le confessioni che si strappano a chi cade nelle reti della legge: «Dove eravate nella notte fra il 26 e il 27 novembre»? Come si fa a rispondere subito, con precisione?
Mockridge — Non sono della vostra opinione, signorina Peel. Io sono pronta ad accontentarmi di quella che voi chiamate mezza verità: i fatti.
Roberto (con un piede sul divano tentando di allacciarsi una scarpa) — Anch'io sono così, pienamente d'accordo.
Freda (enigmatica) — Vorresti essere così, Roberto.
Roberto — Cosa vuoi dire, Freda?
Freda — Nulla, niente. (Si alza e va al bar a destra) Parliamo di qualcosa di più divertente. Chi desidera bere? Roberto, le sigarette...
Roberto (si alza e guarda nella scatola sul tavolo al centro) — E' completamente vuota. (Va al piano per prenderne dalla scatola postavi sopra).
Freda — Ce ne sono in questa. (Prende la scatola carillon, bada a tenerla ben chiusa e va verso la signorina Mockridge e Olwen) Signorina Mockridge, Olwen, una sigaretta? (Offre loro la scatola chiusa).
Olwen (guardando la scatola) — Oh! Ricordo, questa scatola ha un carillon. Ricordo. La marcia nuziale. (Apre la scatola, prende una sigaretta e la scatola suona).
Roberto — Grazioso, no?
Freda (chiudendo la scatola di scatto) — Non può essere che vi ricordiate questa scatola. E' la prima volta che l'adopero. Apparteneva a... a qualcun altro.
Olwen — Era di Martino, no? Ricordo che me la mostrò lui stesso. (Gordon va verso la signorina Mockridge. Appena sente il nome di Martino, si ferma un istante. Breve silenzio. Gordon e Stanton si guardano fissamente).
Freda — Non può essere questa, Olwen. Egli non l'aveva ancora quando voi lo vedeste l'ultima volta.
Stanton — Come sapete che egli non l'aveva ancora, Freda?
Freda — Non ha importanza. Lo so. Martino non può avervi mostrato questa scatola, Olwen. Olwen — No? (Guarda Freda con intenzione per un attimo. Poi cambia improvvisamente tono) No, forse no. Devo aver visto una scatola simile in qualche altro posto, e ho pensato di averla vista da lui perché gli piacevano oggetti come questo. (Freda si allontana. Gordon va dietro il piano e legge il radio-giornale).
Roberto (andando cautamente verso Olwen) — Olwen, scusate la mia indiscrezione, ma so che non ci badate. Voi vi siete improvvisamente fermata mentre parlavate. Voi siete sicura che questa è la scatola che Martino vi ha mostrata; così come Freda è sicura che non è vero. (Gordon posa il giornale e si volge di nuovo alla radio).
Olwen — Bene, dove volete arrivare? (Va al tavolo a sinistra, poi torna dietro alla sedia nell'angolo di sinistra con le spalle alla scena).
Gordon (armeggiando con la radio) — Silenzio di tomba. Sto sforzandomi di trovare un po' di musica da ballo, ma questa teiera ha improvvisamente deciso di non funzionare.
Roberto (andando verso Gordon con irritazione) — E, allora, lasciala in pace.
Betty — Non sgridarlo, povero piccolo.
Roberto — Ma fallo smettere! (Ritornando verso Olwen) Non voglio arrivare a niente, Olwen, ma dopo ciò che avete detto nessuno può impedirmi di pensare che la cosa è piuttosto strana.
Mockridge — Proprio quel che pensavo io. Una faccenda stranissima. Parlatemi ancora di questa scatola per piacere.
Freda (venendo fra le poltrone) — E' molto semplice.
Olwen (svelta, avvicinandosi a Freda) — Un momento, per piacere, Freda. Non credo sia così semplice, ma non vedo quale importanza possa avere ora.
Freda — Non vi capisco.
Roberto (con tono leggero andando verso il limite destro del divano e appoggiandovi un ginocchio) — Neanche io. Prima avete detto che non poteva essere la stessa scatola, ed ora dite che non è così semplice. (Olwen va al camino) Io credo che nascondiate qualcosa, Olwen, e questo non è degno di voi. O questa è la scatola che Martino vi ha mostrato, o non lo è.
Stanton — Accidenti a questa scatola. (Passa davanti al divano, va al sedile del piano sempre portando con sé il gioco. Olwen accende la sua sigaretta al camino e siede alla poltrona di sinistra).
Betty — Oh, ma Carlo, noi avremmo voluto sapere...
Mockridge — Ma, signor Stanton... (Dicono queste parole contemporaneamente).
Stanton (sedendo) — Spiacente, ma io odio le scatole che strimpellano, come questa. Dimentichiamola.
Gordon (con improvviso tono di amarezza, volgendosi lentamente verso la scena) — Sì, e anche Martino. Egli non è qui, mentre noi siamo tutti vivi e tranquilli. (Girandosi) Un così bel quadro di famiglia, vero, signorina Mockridge?
Roberto (andando verso Gordon e toccandolo) — Basta, Gordon.
Gordon — Non parliamo e non pensiamo a Martino. Non è piacevole: è morto.
Freda — Non c'è bisogno di cadere in una crisi isterica per questo, Gordon. Chi ti sente direbbe che Martino era di tua proprietà. (Va a destra e posa il carillon sulla tavola).
Betty — Mentre Martino non apparteneva a nessuno. Apparteneva solo a se stesso. Aveva buon senso.
Roberto — Cosa vuoi dire, Betty?
Betty (con un sorriso) — Voglio dire che mi sembra di essere diventata una stupida; voi state dicendo un monte di sciocchezze e come risultato mi verrà un bel mal di testa.
Roberto — E poi?
(Gordon va al camino).
Betty — Non ti pare abbastanza?
Roberto (volgendosi a Freda) — Continua, Freda.
Freda (andando verso la poltrona) — Preferirei che tu non fossi così assurdo nella tua insistenza, Roberto. Non c'è nulla di straordinario. Questa scatola è capitata qui assieme ad altre cose che erano nel cottage di Martino. La misi via e questa è la prima volta che l'adopero. (Siede) Ora, l'ultima volta che Olwen si recò a Fallows End, fu quel sabato in cui ci andammo tutti in comitiva, ricordate? Esattamente ai primi di giugno.
Gordon (svagato, seduto di fronte al fuoco) — Se ricordo! Che giorno fu quello! E che notte meravigliosa, ricordate? Fu quella volta che rimanemmo seduti in giardino per ore ed ore e Martino ci raccontò quella sua ridicola avventura in Cornovaglia... quei tessitori che... (Roberto durante questa battuta passeggia).
Betty — Sì, e ricordo quella donna alta e sottile che domandava sempre: «A quale club appartenete?».
Gordon (improvvisamente emozionato) — Non credo di aver mai trascorso un giorno migliore. Non avremo mai più un giorno come quello.
Roberto (alla finestra) — Sì, fu una bella giornata, ma non avrei mai immaginato che ti avrebbe procurato tante emozioni, Gordon.
Freda — Gordon sembra deciso a lasciarsi prendere da crisi isteriche ogni volta che si parla di Martino.
Betty — Credo che sia colpa del vecchio brandy di Roberto. E di questi enormi bicchieri. Gli sono andati alla testa.
Roberto (a Freda, andando verso la piccola sedia a sinistra del piano) — Nessun dubbio quindi sul fatto che quel primo sabato di giugno fu l'ultima volta che Olwen si è recata al cottage di Martino.
Freda — Sì, e io so che egli non aveva ancora quella scatola.
Roberto — Infatti, io non ricordo di aver mai visto nulla di simile al cottage. Convinta, Olwen? (Siede).
Olwen (con un sorriso indefinito) — Convinta.
Roberto (rialzandosi) — Si direbbe di no.
Olwen (sorridendogli) — Voi siete un ragazzo, Roberto. Non so di che cosa dovrei essere convinta: di essere fuori causa e fuori d'ogni sospetto, spero. (Si volge verso il camino. Betty che è rimasta pensierosa, va al tavolo, prende un cioccolatino poi va a sedere al divano a destra di fronte ad Olwen).
Mockridge — Oh, no, prego, questa sarebbe una delusione.
Betty — Sapete bene che quella non fu l'ultima volta che voi foste al cottage, Olwen. Ricordate che voi ed io vi facemmo una corsa il sabato successivo, nel pomeriggio, per parlare con Martino di quelle piccole acqueforti?
Olwen — Sì.
Roberto — E' vero.
Betty — Ma non ricordo che ci abbia mostrato quella scatola. Infatti, non l'ho mai vista prima che è il vostro turno, Olwen, sono sicura che Roberto sarà indulgente.
Roberto — Non capisco perché parli così, Freda.
Olwen — Sono sicura che non potete capirlo, Roberto.
Roberto — E voi, Carlo?
(Stanton scuote la testa).
Freda (a Olwen) — Potete parlare tranquillamente, Olwen. Martino vi mostrò o no la scatola? Se sì, voi dovete essere stata al cottage quel sabato sera.
Olwen — Sì. Fu dopo cena, verso le nove di quel sabato sera.
Roberto (alzandosi e andando verso il divano) — Anche voi siete stata là? Ma questo è pazzesco. Prima Freda, poi voi. E nessuna di voi due ha detto una parola su ciò.
Olwen — Mi spiace, Roberto. Ma non potevo.
Roberto — Ma cosa eravate andate a fare?
Olwen — Ero preoccupata per... qualcosa che avevo udito; mi sono tormentata per parecchi giorni, e alla fine non ho resistito più. Sentivo che dovevo vedere Martino per parlargli. (Al nome di Martino Gordon appare irritato) Così andai a Fallows End. Feci colazione in viaggio e raggiunsi il cottage poco prima delle nove. Nessuno mi ha visto arrivare e ripartire. Sapete quanto è isolato quel posto. Come Freda, anche io ho pensato che non sarebbe stato di grande utilità deporre ciò all'inchiesta; per questo non l'ho fatto. Ecco tutto.
Roberto (andando di fronte a Olwen) — No, non basta. Voi siete entrata e siete stata l'ultima persona che abbia parlato con Martino. Voi dovete sapere qualche cosa di più.
Olwen (annoiata) — E' cosa passata: non insistete, per piacere, Roberto. (Si alza e cambiando tono) E, soprattutto, io sono sicura che stiamo annoiando la signorina Mockridge.
Mockridge (vivacemente) — Oh no; mi sto divertendo molto.
Olwen — Spero che ciò, non darà luogo a discussioni, vero, Freda? Non c'è nulla da discutere. L'incidente è chiuso! (Siede sul bracciolo della poltrona di Freda).
Roberto (che ha avuto un'idea) — Ma, Olwen, ditemi, la vostra visita riguardava gli affari dell'azienda? Voi dite che eravate preoccupata per qualcosa...
Freda — Roberto, ti prego...
Roberto — Mi spiace. Ma devo sapere. Questo qualcosa era in relazione con la perdita delle cinquemila sterline?
Gordon — Santo Dio! Non mescolate il denaro a tutto ciò! Non stiamo a rivangare il passato. Martino è morto, lascialo in pace! E smettila con i soldi andati in malora.
(Olwen si alza e va alla finestra. Siede a destra).
Freda — Zitto, Gordon; ti comporti come un bimbo che ha paura del buio. (Alla signorina Mockridge) Scusatemi.
Gordon (masticando le parole) — Che vuoi, sono fatto così. Chiedo scusa, signorina Mockridge. (Va alla finestra).
Mockridge (alzandosi) — Prego, prego. Penso piuttosto, se non vi dispiace, che si fa tardi. Freda (alzandosi) — Oh, no.
Roberto — E' ancora presto.
Mockridge — I Patterson mi hanno detto che avrebbero mandato la loro macchina per riaccompagnarmi. Sapete se è già arrivata?
(Betty si alza e va verso la signorina Mockridge).
Roberto (va alla porta di destra) — Sì, l'ho sentita arrivare quando sono venuto via dalla sala da pranzo e ho detto all'uomo di aspettare in cucina. Andrò a trattenerlo un po' mentre vi preparate. (Esce).
(Freda va al centro del divano).
Freda — Oh, volete veramente andare?
(Gordon va alla poltrona di sinistra. Olwen si alza e va verso Stanton cercando di aiutarlo nel suo gioco).
Mockridge — Sì. Debbo proprio andarmene. C'è una buona mezz'ora per arrivare dai Patterson e penso che non avranno piacere che il loro autista e la macchina vengano trattenuti a lungo. (Stringe la mano a Freda) Grazie mille. (Stretta di mano a Olwen. Stanton si alza e va verso Freda) Mi ha fatto un piacere immenso di vedervi tutti di nuovo assieme: una così bella compagnia (Stretta di mano a Betty). Arrivederci, signora Whitehouse, arrivederci. (Saluta Stanton).
Freda (va verso la porta seguita dalla signorina Mockridge) — Credo che abbiate lasciato il vostro mantello nella mia stanza. Vado a prenderlo.
Mockridge (dalla porta) — Arrivederci.
Tutti — Arrivederci.
Freda (uscendo) — Ho saputo che in America avete passato giornate splendide. (Le due donne escono e la porta si chiude. Olwen va alle scansie e guarda i libri. Betty prende una sigaretta da sopra il piano. Stanton sospira e va a destra a prendere un liquore).
Gordon — Non posso sopportare quella donna. Mi ricorda troppo un'insegnante di geometria che veniva sempre a Lorsdale.
Stanton — E questo spiega la vostra debolezza in geometria.
Betty (dando un buffetto a Gordon dopo che questi le ha acceso la sigaretta) — Grazie, caro. (Va a sedere di fronte al camino).
Stanton — Qualcosa da bere, Gordon?
Gordon — No, grazie.
Stanton— E' un po' bizzarra, ma non è una cattiva scrittrice. Non voglio dire che abbia delle idee eccezionali; affermo soltanto che ne ha discrete anche lei. Vorrei però sapere per quale ragione c'è sempre qualche cosa di scostante in tutte queste buone scrittrici.
Gordon — Rinuncio a saperlo. Ma io non classifico Maud Mockridge tra le buone scrittrici.
Betty — E' una cattiva lingua.
Stanton — Lo è, lo sanno tutti che lo è. (Va alla poltrona sinistra e siede) E' questa la ragione per la quale è stato necessario smetterla con questa storia della scatola portasigarette. Essa la incastonerà di mille piccole perle e la porterà in giro per Londra almeno per una settimana. I Patterson, l'avranno per i primi questa sera, tanto per cominciare. Deve essere stato il suo più gran dolore quello di doversene andare senza averne potuto sapere di più.
Gordon — Non se ne sarebbe andata se avesse sospettato di poterne sapere ancora un po'. Ma ne ha saputo quanto le poteva bastare per cominciare un nuovo romanzo domani, e noi vi saremo dentro.
Betty — Bene, dovrà spremersi un po' il cervello nei miei riguardi.
Stanton (con un sorriso) — Non può andare molto lontano con quanto ha saputo, vi pare? Dopo tutto che c'è di eccezionale se Freda ha regalato a Martino un portasigarette, e se Olwen è andata a trovarlo?
Olwen (sta guardando un libro che ha tolto dalla scansia. Distratta) — Appunto. Che c'è di strano?
Betty — Oh, avevo dimenticato che eravate qui, Olwen. Posso domandarvi una cosa?
Olwen — Certo.
Betty — Eravate innamorata di Martino, Olwen?
Olwen (con fermezza) — Affatto.
Betty — Ne ero certa.
Olwen — Al contrario, per essere sincera, mi era piuttosto antipatico. (Gordon, sentendo questo si alza).
Betty — Proprio ciò che pensavo.
Gordon (va alla destra di Olwen) — Impossibile. Non posso crederlo, Olwen. Martino non poteva esservi antipatico. Né a voi, né ad altri. Non voglio dire con questo che fosse privo di difetti, ma in lui non avevano importanza. Era fatto così, doveva piacervi per forza.
Betty — In altre parole, un idolo. Sapete, Gordon lo idolatrava, letteralmente. Vero, caro?
Stanton — Certo aveva un suo fascino. Ed era certamente un uomo in gamba. Debbo ammettere che la ditta non è stata più la stessa dopo la sua morte.
Gordon (va alla tavola a sinistra) — Sfido io. (Siede sulla tavola).
Betty (beffarda) — E come no?
Roberto (entra seguito da Freda. Va alla tavola a destra e si versa un liquore. Freda davanti al piano prende una sigaretta. Olwen posa il libro) — Ora possiamo arrivare alla conclusione.
Olwen (va verso destra) — No, vi prego, Roberto.
Roberto (girandosi) — Mi spiace, Olwen, ma voglio sapere la verità, ora. C'è qualcosa di strano in tutta questa storia. Prima Freda che va a trovare Martino e non ne fa mai parola; poi voi Olwen, e nessuno apre bocca. Non mi persuade. Tutte e due avete tenuto nascosto tutto questo per troppo tempo. Allo stesso modo potete nascondere altre cose. (Olwen va a sedere presso la finestra) Credo sia ora che qualcuno incominci a dire la verità.
Freda — Tu la dici sempre la verità?
Roberto — Mi sforzo.
Stanton (con ironia prendendo una sigaretta dal suo portasigarette) — Nobile anima. (Va alla sedia nell'angolo a sinistra) «Ma non ti attendere troppo dagli altri mortali, e perdona le nostre debolezze».
Freda — Quali debolezze? (Si alza, va al tavolo di centro e accende la sua sigaretta). Stanton (scrollando le spalle) — Non so neppure io quali. Comprare un carillon, per esempio, sono sicuro che è una debolezza.
Freda (a Stanton. Con intenzione) — O visitare troppo spesso un certo piccolo cottage. Penso che anche questo, in certi casi, può essere considerato una debolezza.
Stanton — Intendete dire il cottage di Martino? Ci andavo di rado.
Freda — No, non intendevo quello. Intendevo un altro cottage: il vostro, forse.
Stanton (guardandola fisso) — Mi spiace, ma non capisco.
(Freda avanza verso la poltrona a destra).
Roberto (andando a sinistra della finestra) — Cosa sono tutte queste sciocchezze? Vi lasciate prendere anche voi, Stanton?
Stanton (con un sorriso) — Rassicuratevi.
Roberto — Meno male. Io voglio andare in fondo a questa faccenda di Martino, e subito.
Gordon — Ohimè! Dovremo sorbirci un'altra inchiesta? (Siede incrociando le gambe sul bracciolo).
Roberto — Perché no? Non sarebbe stato necessario se avessimo saputo tutto ciò durante l'inchiesta ufficiale (Andando verso Olwen) Ce l'ho con voi, Olwen. Voi foste l'ultima a vedere Martino. Perché andaste fin lassù? Per via di quel denaro, vero?
Olwen — Sì.
Roberto (sedendo a sinistra di Olwen) — Sapevate allora che Martino l'aveva preso?
Olwen — No.
Roberto — Ma lo pensavate.
Gordon (amaramente) — Voi eravate tutti disposti a pensarlo.
Betty — Desidero andare a casa ora, Gordon.
Roberto (alzandosi) — Così presto, Betty? (Va verso il centro).
Betty — Corro il rischio di buscarmi un orribile mal di capo se resto ancora un po'; voglio andare a casa a dormire. (Si alza e va verso Gordon).
Gordon — Bene, un momento solo.
Stanton — Vi accompagnerò io, Betty, se Gordon desidera rimanere ancora.
Betty — No, desidero che Gordon mi accompagni.
Gordon — Benissimo. (Si alza) Vengo anch'io se aspetti un momento.
Betty (con improvviso scatto isterico) — Ti ho detto che desidero andarmene ora. Accompagnami, insomma! (Va al centro).
Roberto (andando verso di lei) — Perché, che hai, Betty?
Betty — Non so, sono stordita, credo. (Va a destra).
Gordon — E va bene. Andiamo. (La segue. Freda si alza e va al piano).
Stanton — Vi lascio anch'io. (Va verso il centro).
Roberto (a Betty) — Sono molto spiacente per questo pasticcio che ti ha sconvolto. Anche perché so che sei al di fuori di tutta questa faccenda.
Betty (respingendolo e andando verso la porta) — Oh, smettila e lascia piuttosto le cose come sono. (Esce sbattendo la porta).
Gordon (sta per uscire; si volta) — Bene, buona notte a tutti. (Esce).
(Freda va a destra della finestra; Stanton passeggia a destra).
Stanton (sulla soglia. Si gira) — Vado a mettere a letto questi ragazzi, e ci vado io stesso. Olwen (con ironia) — Degno di voi. (Si alza).
Stanton — Appunto, no? Buona notte. (Esce).
(Olwen va al camino e siede vicina alla scranna).
Roberto (guarda verso la porta. Spegne la luce alla porta ed al piano. Va poi deciso verso la poltrona di sinistra e siede di fronte ad Olwen. Freda è in piedi a destra della finestra) — Ed ora, Olwen, volete dirmi perché vi precipitaste da Martino per quel danaro?
Olwen — Dobbiamo parlarci a cuore aperto?
Roberto — Dobbiamo.
Olwen — Volete, Freda?
Freda (venendo lentamente a porsi fra i due) — Ma sì, sì. Che m'importa? Che importanza ha ormai?
Roberto (guardandola) — Strano modo di rispondere.
Freda — Trovi? (Va lentamente alla poltrona a sinistra) In fondo, Roberto, io sono una donna strana. Tu mi conosci appena. (Siede).
Olwen — Voi avete sollevato per primo la questione, Roberto. Ed ora tocca a voi essere sincero con me.
Roberto — Buon Dio! Certo che desidero esserlo. Detesto tutti questi sciocchi misteri. Ma non tocca ancora a me. Io vi ho rivolto una domanda alla quale non avete ancora risposto.
Olwen — Ma debbo anch'io rivolgerne una a voi prima di rispondere. Da tempo avrei voluto chiedervelo, ma non ho avuto mai né l'occasione né il coraggio. Ora l'ho. E vada come vuole: Roberto, avete preso voi quel denaro?
Roberto (sbigottito) — Io?
Olwen — Sì.
Roberto — Mille volte no. Voi siete pazza, Olwen. (Olwen con un gran sospiro di sollievo si stringe la testa fra le mani) Ma pensate che se l'avessi preso avrei lasciato ricadere la colpa su Martino? No, no. E' stato Martino, lo sappiamo tutti.
Olwen — Oh! Che sciocca sono stata.
Roberto — Non vi capisco. Dovevate saperlo meglio di ogni altro. Non potete aver pensato che l'abbia preso io.
Olwen — Sì, l'ho pensato. E non l'ho solo pensato. Mi ci sono torturata.
Roberto — Ma perché? Perché? Maledetta faccenda. Ma tutto ciò non ha senso. (Si alza e va a destra) Avrei potuto prendere quel denaro -penso che in date circostanze tutti noi l'avremmo fatto - ma mai, vi assicuro mai, avrei lasciato ricadere la colpa sulle spalle di un altro, e tanto meno su Martino. Come potete credermi capace di un gesto simile? Pensavo di godere la vostra fiducia, Olwen. Che voi foste la mia più vecchia e fidata amica.
Freda (alzandosi) — Devi sapere, Roberto...
Olwen (alzandosi, agitata) — No, no, Freda, vi prego, vi prego...
Freda (calma, prendendo il braccio di Olwen) — Perché no? Che importa! Devi sapere, Roberto, e mi meraviglio che tu sia così ottuso, che Olwen non è amica tua. (Olwen si gira).
Roberto — E perché no?
Freda — No. Essa è innamorata di te, e questo è un po' differente. E' stata innamorata di te per anni.
Olwen (imbarazzata, rigirandosi) — Freda! E' disonesto questo, è cattivo! (Si siede sul bracciolo della poltrona con le spalle rivolte al pubblico).
Freda — Non lo dico per farvi del male. Roberto desiderava conoscere la verità. Ora la conosce.
(Olwen si alza e lentamente si siede sulla poltrona a sinistra).
Roberto (andando verso di lei) — Mi spiace immensamente, Olwen. Penso che mi sono comportato come un idiota. Noi siamo sempre stati ottimi amici e la vostra compagnia mi ha sempre fatto immenso piacere.
Olwen — Basta! Basta! Oh, Freda, questo è imperdonabile. Non avevate il diritto di dire questo.
Freda (a Roberto) — Ma è vero. Volevi la verità, Roberto, ed eccotene una parte. Le mogli si accorgono di queste cose, lo sai? E ti dico ora quello che da tanto tempo desideravo dirti, che sei stato uno stupido a non accorgertene tu stesso, per non aver corrisposto; insomma, per non aver saputo prendere una qualsiasi decisione prima d'adesso. Ma, se qualcuno ti ama come costei, godine il più possibile, accetta questo amore prima che sia troppo tardi.
Olwen (alzandosi e andando a lei) — Freda, ora capisco.
Freda — Cosa capite?
Olwen — Voi. Avrei dovuto capirlo prima.
Roberto — Se intendete dire che voi ora capite che io non conto molto per Freda, avete ragione. (Olwen è di nuovo seduta) Noi non siamo stati molto felici insieme. Nel nostro matrimonio qualcosa non andava. Nessuno sa...
Freda — Sanno, sanno.
Roberto (a Freda) — Intendi dire che tu hai detto loro...
Freda — Non c'era bisogno che parlassi. Era talmente chiaro.
Roberto — Ma Olwen ha detto di averlo capito oggi soltanto.
Olwen (gentile) — No, questo lo sapevo da tempo, Roberto. Alludevo ad altro.
Roberto — Altro, che cosa?
Olwen (sfuggente) — Preferirei tacere.
Freda — Volete fare un bel gesto adesso, Olwen? Non serve, lo sapete. Abbiamo ormai superato queste cose.
Olwen (imbarazzata) — No, non è quello che pensate. E'... è perché io non posso parlare. C'è qualcosa di terribile per me e non posso dirvi cosa.
Freda (fissandola) — Qualcosa di terribile?
Olwen — Sì, qualcosa di veramente terribile. Non parliamone più.
Freda — Ma, Olwen...
Olwen — Mi spiace di aver detto di aver capito. Mi è sfuggito, scusate.
Freda — Bene, quand'è così! (Siede vicino al fuoco) Ma noi si parlava di quel denaro, poco fa. Voi avete detto d'aver sempre pensato che se lo sia preso Roberto.
Olwen — Avevo questa impressione.
Roberto — Ma se pensavate questo perché non me ne avete mai fatto cenno?
Freda — Oh, Roberto, ancora non capisci perché?
Roberto — Perché... perché voleva difendermi?
Freda — Ma sì, per questo.
Roberto (verso Olwen) — Mi spiace immensamente, Olwen. Non ci avevo pensato. (Va alla poltrona di sinistra) Benché mi sembra impossibile che abbiate avuto di me una simile opinione e abbiate continuato a tacere.
Freda — Ma non è per niente impossibile.
Olwen — Appunto per questo mi torturavo.
Freda — Quando si è innamorati si perdona qualsiasi cosa alla persona amata. O per lo meno si trova sempre una scusante, una giustificazione. Molte donne farebbero questo.
Roberto (sedendo) — Non tu, Freda.
Freda — No? Eppure, potrei serbarti qualche sorpresa. (A Olwen) Ma c'è un'altra cosa che voglio sapere, Olwen; se voi sospettavate Roberto vuoi dire che sapevate con sicurezza che Martino non l'aveva preso.
Olwen — Infatti. Ero sicura, dopo aver parlato con Martino quell'ultima sera, che egli non lo aveva preso.
Freda (amara) — Ma voi ci avete lasciato credere il contrario.
Olwen — E' vero, lo so; ma non sembrava importante, allora. Non poteva danneggiare Martino in nessun modo. Egli non c'era più e mi sembrò opportuno tacere.
Roberto — Per me?
Olwen — Sì, per voi, Roberto.
Roberto — Ma Martino deve averlo preso.
Olwen — No.
Roberto — E' stato per questo che Martino ha fatto quello che ha fatto. Pensò che sarebbe stato scoperto. Era molto giù di nervi in quel periodo, povero ragazzo. E non poté sopportare l'idea.
Olwen — No, no, dovete credermi. Sono certa che Martino non ha mai toccato quel denaro.
Freda — Mi è sempre sembrato strano che fosse stato lui. Non era nel suo stile approfittare di denaro. Alle volte poteva essere cattivo, e anche crudele, ma non un ladro. Lui non dava davvero importanza al denaro.
Roberto — Aveva le mani bucate. Era pieno di debiti e lo sai.
Freda — Esatto, è questo il punto. Non gli importava di aver debiti. Tirava avanti allegramente. Tu invece hai orrore dei debiti. Sei completamente diverso da lui.
Olwen — Appunto, fu per questo che pensai a voi...
Roberto — Sì, capisco. Benché sia convinto che questi cari signori che non amano il denaro e non si curano dei loro debiti, siano proprio coloro che tirano avanti alle spalle del prossimo.
Freda — Altra gente, bassa e meschina. Martino non era così.
Roberto (pensieroso) — Mi meraviglia, Olwen, l'idea che abbiate sospettato di me. Olwen — Ma è perché Martino stesso era sicuro che l'avevate preso voi. Me lo disse lui.
Roberto (esterrefatto) — Martino vi disse questo?
Olwen — Sì, fu la prima cosa della quale parlammo.
Roberto (alzandosi) — Perché ha detto questo? E' orribile.
Freda — Tu non hai fatto niente di meglio sospettando lui, mi pare.
Roberto (andando di fronte a Olwen) — Sì, ma è diverso. C'erano alcune circostanze ed io sapevo qualcosa. (Olwen improvvisamente si volta verso di lui) Prima avevo qualche dubbio; il suicidio me ne dette poi la certezza.
Olwen (con crescente eccitamento) — Dite di aver saputo qualcosa? Ma anche Martino sapeva qualche cosa. Gli era stato detto chiaro e tondo che voi avevate preso lo chèque.
Roberto (fissandola) — Dio mio!
Olwen — E sapete chi glielo disse?
Roberto — Credo di capire, ora.
Freda — Chi?
Roberto (con un gesto brusco verso Olwen) — Stanton, no?
Olwen — Sì, Stanton.
Roberto — Ma Stanton ha detto a me che Martino aveva preso lo chèque. (Freda si alza).
Freda e Olwen (assieme) — Oh, ma lui... Mio Dio, non...
Roberto — Egli mi convinse. Disse che non desiderava allontanare Martino, che dovevamo continuare a stare uniti, e altre cose del genere.
Olwen — Ma, capite, egli ha detto la stessa cosa a Martino. E Martino non me lo avrebbe mai confidato se non avesse saputo... Sì, insomma, che io non vi avrei mai abbandonato.
Roberto (pensieroso, passeggiando) — Stanton!
Freda (decisa) — Ma allora Stanton ha preso quel denaro.
Olwen — Sembra.
Freda — E' certo: ed egli è capace di cip. Ha giocato Martino e Roberto mettendoli l'uno contro l'altro. Può esserci qualcosa di più vile?
Roberto (pensieroso va al centro) — Ma questo non prova che Stanton sia il ladro.
Freda — Lo è certamente.
Roberto — Aspetta, lasciami raccapezzare. Il vecchio Slater desiderava del denaro e Whitehouse firmò uno chèque per cinquemila sterline al portatore. Slater aveva insistito per avere lo chèque al portatore, Dio sa perché. Lo chèque era sul tavolo di Whitehouse. Slater non venne il giorno dopo come aveva promesso e quando ritornò tre giorni dopo, lo chèque non c'era più. Nel frattempo era stato presentato alla banca e incassato. E la banca non era la solita della ditta, perché lo chèque era stato emesso sul conto privato di Whitehouse. Solamente Stanton, Martino o io possiamo avere incassato lo chèque. E, qui sta il nodo, nessuno di noi era conosciuto in quella banca; ma è stato detto che colui che incassò lo chèque poteva avere l'età e la figura di Martino o mia. Dati abbastanza vaghi, ma tali da escludere Stanton, per quanto gli impiegati se ne ricordavano.
Freda (lentamente) — E Stanton cosa ti ha detto?
Roberto — Mi disse di aver visto Martino uscire dalla stanza di tuo padre.
Olwen — Stanton ha detto lo stesso di voi a Martino.
Freda (decisa) — Stanton ha preso il danaro.
Roberto (furioso) — Preso o no, Stanton ci deve delle spiegazioni. (Va rapido a destra alla porta. L'apre e stacca il telefono) Ora capisco perché non gli piaceva questa discussione, e non vedeva l'ora di andarsene. Aveva qualcosa da nascondere.
Olwen -— Tutti abbiamo qualcosa da nascondere.
(Freda gira dietro Olwen e siede al piano).
Roberto — Voglio veder chiaro in tutta questa storia, a qualunque costo. Stanton è obbligato a darci una spiegazione. Pronto? Chantbury 1-2. Probabilmente sono già a letto. (Gira da un capo all'altro della porta) Pronto, sei tu Gordon? Vorrei che veniste qui tutti e due. Sì, il più presto possibile. E' importantissimo. Sì, siamo ancora alzati. Oh no, certamente. Puoi lasciare Betty a casa. Lei è fuori discussione. (Freda e Olwen si scambiano occhiate) Va bene, allora. Fai più presto che puoi. (Riappende il ricevitore e rientra nella stanza. Chiude la porta, spegne la luce) Saranno qui fra poco.
ATTO SECONDO
Continua l'azione nella stessa scena.
(Roberto, Freda e Olwen si trovano, all'alzarsi del sipario, nella medesima posizione della fine del primo atto).
Roberto (accendendo la luce ed entrando) — Saranno qui fra poco.
Freda — Tutti e tre? (Si alza e va verso il piano).
Roberto (venendo avanti) — No, Betty no. Stava andando a letto. (Va a destra verso Olwen che si è seduta in poltrona).
Olwen (con un leggero accento amaro) — La piccola saggia Betty!
Roberto — Non capisco questo tono ironico, Olwen, come se Betty avesse da nascondere qualche cosa. Sapete meglio di me che lei non c'entra per nulla in questa faccenda.
Olwen — Davvero?
Roberto (allarmato) — Forse no?
Freda — Povero Roberto, guardatelo ora come se la prende. E come tutti ce la prendiamo. E' incredibile quanti segreti possiamo tenere in serbo.
Roberto — Olwen, voi non avete diritto di dubitare di Betty. Voi sapete benissimo che è inutile immischiarla in questo affare.
Olwen — Certo, non dobbiamo sporcare la sua anima candida di fanciulla.
Roberto — Esatto. Essa è la più giovane fra noi. Ed è molto sensibile. Avete visto come stava poco fa prima di andarsene. Non poteva più sopportare quest'aria di tensione.
Olwen — Ma questo non...
Roberto — A quanto vedo, Betty non vi va a genio, Olwen? Non capisco perché. Essa ha sempre avuto grande stima di voi.
Olwen — Bene, mi spiace, Roberto, ma non posso ricambiare la sua ammirazione, eccetto forse per il suo aspetto fisico. Non è che non mi vada a genio. Ma... insomma io non posso provare per lei tanto dispiacere come vorrei o dovrei.
Roberto (va verso il piano) — Betty non ha bisogno della pietà vostra o di chiunque altro. Voi non sapete quello che dite, Olwen.
Freda — Ho paura di saperlo, Roberto. Ad ogni modo sembra che questa sera sia stata fatta su misura per dire cose che non si sanno. Ma ora io mi trovo davanti ad un problema molto grave; uno di quei problemi che forse solo una donna può affrontare. Se un uomo è strappato dal suo letto per venire a casa vostra per sentirsi dare del bugiardo, mascalzone, vigliacco, e magari del ladro è il caso o no di preparargli qualche sandwiches?
Roberto — Non è il caso.
Freda — Niente sincerità e niente sandwiches: è il tuo nuovo motto. (Si volge verso il piano e accende la lampada) Oh, caro, come si sente in questa casa la mancanza di Martino! Come si sarebbe divertito lui in tutto questo pasticcio. Avrebbe certamente inventato qualche colpa stravagante inconfessabile. Oh, non mi guardare in quel modo e cerca di prendere le cose un po' meno sul serio per un minuto.
Roberto — Mi spiace di non avere il tuo spirito, mia cara.
(Un campanello suona all'ingresso).
Freda — Eccoli! Devi andare a riceverli tu stesso, Roberto. (Roberto esce).
(Appena sole le due donne, l'atmosfera cambia. Parlano concitate sottovoce).
Olwen (alzandosi) — Lo sapevate già da molto tempo? (Va verso la poltrona di sinistra). Freda (va verso la poltrona di destra) — Sì, da più di un anno, e più volte mi era venuto voglia di dirvelo.
Olwen — Cosa volevate dirmi?
Freda — Non so esattamente. Qualcosa di sciocco forse, ma sincero e amichevole. (Le prende le mani).
Olwen — Ed io invece vi ho capito solo stasera, Freda. Ed ora mi sembra così semplice! Non mi rendo conto come non l'abbia capito prima.
Freda — Neanch'io.
Olwen — E' una cosa piuttosto sciocca, no?
Freda — Assolutamente. E che sta diventando sempre più sciocca. Ma non importa, vero? E' quasi un sollievo.
Olwen — Lo è infatti in un certo senso. Ma è anche un po' emozionante: come essere sopra una automobile senza freni.
Freda — E incroci e curve pericolose ad ogni passo.
(Si sentono gli uomini. Olwen va alla finestra a sinistra. Freda alla poltrona a destra, Stanton entra primo seguito da Gordon e poi da Roberto).
Stanton (entrando) — Non capisco il perché. Mi spiace, Freda, ma è colpa di Roberto. Ha insistito perché tornassimo qui.
Freda — Lo so, e credo che Roberto abbia avuto ragione.
Gordon (che è andato direttamente al divano e vi si è disteso) — Beh, ad ogni modo un po' d'imprevisto non fa mai male. E allora di che cosa si tratta?
Roberto (sulla soglia) — Si tratta di quel denaro.
Gordon (seccato) — Oh, ma è una ossessione! Ma perché non lasciamo il povero Martino in pace?
Roberto (andando al piano) — Un minuto, Gordon. Martino non ha mai preso quello chèque.
Gordon (alzandosi in piedi sul divano) — Cosa? Ne sei sicuro?
Freda (andando verso la poltrona a destra) — Sì.
Gordon — L'avevo sempre sentito. Non era una cosa che Martino poteva fare. (Olwen viene verso la poltrona di sinistra).
Stanton (a Freda e Roberto) — Credete veramente che Martino non sia colpevole? E allora, se non l'ha preso lui quel denaro, chi l'ha preso? E se non l'ha preso, perché si è ucciso?
Roberto (con sicurezza, poggiandosi al piano) — Non sappiamo, Stanton, ma però sappiamo che voi potete spiegarcelo.
Stanton — State scherzando, Roberto?
Roberto — Per niente. Non vi ho fatto ritornare qui per scherzare. Voi mi avete detto - ricordate? - che avevate le prove della colpevolezza di Martino.
Stanton — Sì, ricordo. E vi dissi anche perché ne ero sicuro. C'erano prove evidenti. E quello che accadde poi, provò che io avevo ragione.
Freda (non potendosi trattenere, venendo avanti fino alla tavola centrale) — Se lui prese il denaro, perché diceste allora a Martino che sospettavate Roberto? (Olwen va dietro alla poltrona).
Stanton (incerto) — Non siate ridicola, Freda. Perché avrei dovuto dire a Martino che sospettavo di Roberto?
Freda — Appunto: perché? Questo vogliamo sapere da voi.
Stanton — Ma io non ho mai detto questo.
Olwen (tranquilla, andando verso Stanton) — Voi l'avete detto.
Stanton (guardandola disperato) — Anche voi, Olwen?
Olwen — Sì, anch'io. Poiché voi dicendo a Martino che Roberto aveva preso lo chèque, mi avete procurato ore ed ore di disperazione.
Stanton — Mi dispiace, Olwen. Come potevo supporre che sareste andata a trovare Martino e che egli vi avrebbe raccontato tutto?
Olwen — Non ha importanza che vi dispiaccia o no. E' stata una meschina e bassa menzogna. Credo, dopo ciò, che mi sia passata la voglia di vedervi.
Stanton (completamente avvilito) — Olwen, non avrei voluto mai arrivare a questo, credetemi. (La guarda ma senza ottenere risposta. Olwen si volta. Va alla finestra e poi siede).
Roberto — Sarà bene che smettiate di fingere, Stanton. Lo avete fatto per troppo tempo. Perché ci avete giocati Martino e me, mettendoci l'uno contro l'altro?
Freda — C'è una sola spiegazione. E' stato lui a prendere lo chèque.
Gordon — Mio Dio! E' vero, Stanton?
Stanton — Sì, è vero.
(Gordon si slancia verso Stanton eccitato. Freda lo trattiene).
Gordon (eccitato) — Siete una canaglia, Stanton. Non mi importa del denaro; ma avete permesso che Martino fosse incolpato. Avete lasciato credere a tutti che era un ladro.
(Freda siede davanti al fuoco).
Stanton (spingendo Gordon verso la sedia a sinistra del piano) — Calmate i nervi, giovanotto!
Roberto (facendo accomodare Gordon) — Zitto, Gordon!
Stanton — State buono e smettetela di agitare le mani sotto il mio naso. Nessuno vuole risolvere questa faccenda con un incontro di lotta libera.
Gordon — Ma voi avete permesso...
Stanton — Affatto. Non ho permesso che Martino si addossasse quella che voi dite una colpa. Non era tipo da addossarsi colpe non sue. E' successo che nel bel mezzo di tutto questo pasticcio egli si è ucciso. Voi tutti arrivaste alla conclusione che era perché si era appropriato del denaro ed aveva paura di essere scoperto. E io non ho fatto nulla per disingannarvi. Ecco tutto. D'altra parte, dove lui è ora. non ha. importanza che la gente creda che abbia rubato cinquemila sterline oppure no.
Roberto (andando verso destra all'altezza di Stanton) — Ma voi deliberatamente avete cercato di incolpare Martino o me.
Freda — Sì. E questo è veramente ignobile.
Stanton — Non è così. Ho cercato solo di destreggiarmi per qualche tempo. Ho preso quello chèque perché avevo bisogno immediato di denaro e non sapevo dove rivolgermi. Contavo di restituirlo in una settimana. Ma quando sopravvenne la morte improvvisa di Martino ho pensato che non avevo più bisogno di stare a preoccuparmi, perché l'incidente mi offriva la via più breve per uscirne.
Roberto — Ma lo chèque non l'avete incassato voi?
Stanton — No. Ho incaricato un altro, un tale che non avrebbe parlato. Ed è stata pura coincidenza che egli avesse la statura e l'età vostra e di Martino. Non pensate che vi fosse sotto qualche piano diabolico. Niente di tutto questo. Nella vita non succede. E' stato tutto talmente stupido, banale ed imprevisto. (Va verso la poltrona di sinistra).
Roberto — Perché non l'avete confessato prima?
Stanton — E perché diavolo avrei dovuto farlo?
Freda — Se non arrivate a capirlo da solo è inutile sperare di farvelo capire. Ma esistono cose che si chiamano onestà e correttezza.
Stanton — Sì? Strano. Non dovete dimenticare, prima di avere una troppo alta opinione di voi stessa, che siete stata ad un pelo dallo strapparmi gli occhi. E prima che abbiamo finito, le cose possono anche cambiare aspetto.
Roberto — Possibile. Ma questo non spiega perché voi siete rimasto così tranquillo tutto questo tempo.
Stanton — A me sembra invece chiaro. Il suicidio di Martino accomodò tutto. Nessuno desiderava parlarne. Il caro Martino doveva aver fatto ciò; così non si doveva parlarne. Questa era la parola d'ordine. Non era per le cinquemila sterline. Io sarei stato contento di restituirle. Ma sapevo abbastanza bene che se avessi confessato, il vecchio mi avrebbe cacciato fuori dalla ditta in due minuti. Io non ero come voi e Martino. Io ho dovuto tirarmi su dal nulla. Né sono stato assunto per via di lauree o di raccomandazioni. Se vostro padre avesse dubitato un minuto che io ero il colpevole non si sarebbe fatto tanto silenzio intorno alla faccenda. Si sarebbe chiamata la polizia. Non dovete dimenticare che io ho cominciato da fattorino nei nostri uffici. Voi, cari soci, no. E questo fa una piccola differenza, credetemi.
Freda (alzandosi e andando alla sinistra di Stanton) — Ma mio padre si è ritirato dalla società da sei mesi.
Stanton — E con questo? Quando lui si ritirò, la cosa era già sepolta; perché riportarla a galla? Non se ne sarebbe mai più parlato se voi questa sera non vi foste ingolfata in quella sciocca discussione. Roberto, Gordon ed io si lavorava bene insieme. Che cosa sarebbe successo se avessi confessato? Chi ne avrebbe guadagnato qualcosa?
Freda — Non voi, questo è certo. Ma Martino sì, e coloro che amavano Martino.
Stanton — Ce ne sono?
Freda — Certo, ce ne sono.
Stanton — Ne siete così sicura?
Freda — Almeno ora sappiamo che non è stato un ladro.
Stanton — E questo è tutto. Ma non sapete perché si è ucciso; non crederete, spero, che egli sia improvvisamente impazzito. (Va verso sinistra).
Freda (colpita) — Oh, voi... voi.
Gordon (furioso) — Voi siete un delinquente, Stanton!
Roberto — Smettetela di fare dello spirito, Stanton!
Stanton (volgendosi) — E perché? Voi volevate la verità? L'avete avuta. Non sono stato io a voler tornare qui in veste d'accusato. L'avete voluto voi. Ed ora dirò anche di più. (Freda si volge verso Stanton) Martino si uccise e lo fece sapendo di non aver mai preso il denaro; allora ci deve essere stata un'altra ragione. Quale? Eccovi giunti alla conclusione desiderata.
(Gordon siede di nuovo).
Freda (freddamente) — Quale conclusione? Voi parlate come se voi ne sapeste molto di più di noi sul conto di Martino.
Stanton — Quello che io so è che ci deve essere stata qualche ragione per fare quello che 'ha fatto.
Roberto (pensieroso) — Forse Martino si è ucciso perché credeva che io avessi preso il denaro.
Stanton (ironico) — Ancora con questi soldi! Se credete che Martino si sia ucciso al pensiero che avevate preso quel denaro, allora non conoscevate vostro fratello. Ma se rise quando glielo dissi. Ciò lo divertì. Molte cose divertivano quel giovanotto.
Olwen (colpita) — Questo è vero, lo so. Non gli importava di nulla.
Roberto (a Stanton) — Ascoltatemi bene. Voi sapete perché Martino si è ucciso?
Stanton — No, e come potrei?
Freda (eccitata) — Voi parlate come se lo sapeste.
Stanton — Posso trovare delle ragioni.
Freda (fissandolo) — Cosa volete dire con questo?
Stanton — Dico che era uno di quei giovanotti che conducono una vita piuttosto ingarbugliata.
Roberto — Non credo che questo...
Stanton — Non intendo con questo esprimere un giudizio.
Freda (furiosa) — Giudicarlo voi? Voi non siete neppure degno di nominarlo. Con i vostri inganni avete cercato di sporcarne la memoria, ed ora che siete stato scoperto ed il nome di Martino è di nuovo senza macchia, volete ricominciare da capo e insinuare che era un criminale e un maniaco, o qualcosa di simile.
Roberto — Giusto. Meno dite da questo momento e meglio sarà.
Stanton (aspro) — Meno dirò e meglio sarà. Dovevate pensarci prima. Vi avevo messo in guardia prima di tirar fuori tutta questa faccenda. (A Roberto) Ma voi come un pazzo non avete voluto lasciare le cose come stavano.
Roberto — Intanto il nome di Martino è riabilitato.
Stanton — Voi non avete riabilitato niente e se aveste un briciolo d'intelligenza lo capireste da voi. (Roberto va al piano) E' inutile che dica il mio pensiero, ora. Potete immaginarvelo.
Freda (ancora feroce) — Una cosa che voi potete fare ora, è di liberarci della vostra presenza.
Gordon — Sperate di poter rimanere nella nostra società dopo questo?
Stanton — Non lo so, e non me ne importa.
Freda — Un anno fa vi importava.
Stanton — Sì, ma adesso non più. Oggi posso continuare da solo fuori dalla vostra azienda molto meglio di quanto non possiate voi senza di me.
Gordon — Bene, dopo tutto potevate anche cavarvi questa voglia. Io so che avete sempre odiato Martino.
Stanton — Avevo le mie ragioni. Al contrario della famiglia Whitehouse padre, figlia e figlio, che cadevano in adorazione davanti a lui.
Roberto (lentamente a Stanton) — Significa qualche cosa questo, Stanton? Altrimenti, ritirate ciò che avete detto.
Stanton — Non ho niente da ritirare.
Olwen (alzandosi e venendo fra loro) — Stanton, per piacere, non dite più niente. E' stato già detto abbastanza.
Stanton — Mi spiace, Olwen. Ma non potete rimproverarmi.
Roberto (con freddezza) — Sto aspettando la vostra spiegazione.
Freda — Non capisci? E' a me che allude.
Roberto — E' vero, Stanton?
Stanton — Non capisco perché dovrei fare eccezioni per lei.
Roberto — Badate a quello che dite.
Stanton — E' troppo tardi per badare a quel che si dice. Per quale ragione credete che Freda mi avesse tanto in antipatia? C'è una sola ragione e io la conosco da un pezzo. Lei e Martino si amavano.
(Freda con un grido siede sulla scranna. Olwen ritorna al suo posto e siede. Roberto guarda ora Freda ora Stanton).
Roberto — E' vero, Freda? Devo sapere. Se non è vero scaravento questo signore per sempre fuori di questa casa.
Stanton — Non parlate come un eroe da melodramma, Caplan. Non l'avrei detto se non avessi avuto la certezza della verità. Che essa lo ammetta o no è un'altra faccenda. Ma anche se dice di no, voi non scaraventerete me fuori di casa. Uscirò da solo, come il solito. Grazie.
Roberto — Freda, è vero?
Freda (in un sospiro) — Sì.
(Gordon si alza imbarazzato. Gira attorno la poltrona e siede. Stanton al bar si muove agitato in su e in giù poi si versa da bere).
Roberto — E' da molto?
Freda — Sì, da molto.
Roberto (parla come se fossero soli) — Quando cominciò?
Freda — Molto tempo fa. O mi sembra molto tempo fa. Secoli.
Roberto — Prima che ci sposassimo?
Freda — Sì. Pensai che dopo avrei dimenticato. E dimenticai infatti. Ma poi tutto ritornò più forte di prima.
Roberto — Avrei voluto che me l'avessi detto. Perché non lo hai detto?
Freda — Volevo. Infinite volte sono stata sul punto di dirlo. Mi facevo coraggio. Ma le parole non venivano fuori.
Roberto — Vorrei che tu l'avessi fatto. Vorrei
che tu l'avessi fatto. Ma come non ho potuto accorgermene da solo? Mi sembra così evidente ora. Devo essere stato pazzo. Ricordo, ora, quando cominciò. Fu quando andammo tutti quell'estate a Tintagel.
(Gordon ancora seduto sul bracciolo si volge).
Freda — Sì, fu allora, Tintagel, quella magnifica estate. E' stato come un sogno da allora.
(Olwen appoggia la testa sulla mano).
Roberto — Martino si allontanò per qualche giorno, e tu dicesti che saresti rimasta alcuni giorni con gli Hutchinsons. Fu allora?
Freda — Sì. Martino ed io passammo quei pochi giorni insieme, il solo tempo che noi restammo insieme. Ciò non significò niente per lui. Un esperimento qualsiasi, ecco.
Roberto — Martino non si interessò a te?
Freda — No, non molto. Ecco perché non te ne ho mai parlato. E pensai che quando saremmo stati sposati, sarebbe stato differente. Non ero fatta per te, lo so, ma pensavo che sarebbe andata bene ugualmente. Non fu così. Lo sai anche tu. Non c'era scampo. Ma tu non puoi sapere quanto sia stato senza scampo... per me.
(Roberto sospira. Si agita e la interrompe).
Roberto — Perché Martino non me ne parlò mai? Sapeva che non eravamo felici.
Freda — Non poteva. Aveva piuttosto paura di te.
Roberto — Martino aveva paura di me? E' assurdo: egli non aveva paura di nessuno, e di me meno di ogni altro.
Gordon — Mi diceva che quando sei veramente in collera, niente può arrestarti.
Roberto (pensieroso) — Strano. Non mi sono mai accorto che Martino pensasse così. Ed era lui che... mi domando se... No, non è possibile. Non è possibile.
Freda (si alza e appoggia la testa al camino) — Non gli importava niente. (Lasciandosi andare) Oh! Martino. (Siede nella poltrona a sinistra).
Olwen (andando verso Freda e abbracciandola) — Oh, Freda, Freda? Vi prego.
(Roberto passeggia verso destra).
Stanton (mentre Olwen sta confortando Freda) — Ecco il bel risultato, Caplan. Un magnifico lavoro svolto in una sola serata.
Roberto — Non me ne pento. Sono soddisfatto che tutto questo sia accaduto. Solo, avrei voluto saperlo prima.
Stanton — A che avrebbe servito? Che avrebbe potuto fare?
Roberto (andando lentamente verso il piano) — Per cominciare, avrei saputo la verità; qualcosa ne sarebbe uscito. Non avrei voluto essere loro di ostacolo.
Stanton — Ma non lo siete stato affatto
Gordon — Affatto. A Martino non importava niente. Freda ve l'ha detto, e anch'io lo sapevo. Lui me l'aveva detto.
Roberto (volgendosi incredulo) — Lui ti aveva detto?
Gordon — Sì.
Roberto — A te? Al fratello di Freda?
Freda (scostando Olwen e fissandolo) — Gordon, io non ti credo.
Gordon — Perché dovrei mentire? Martino me lo disse. Aveva l'abitudine di dirmi tutto.
Freda (andando verso Gordon) — Sciocchezze. Non ne poteva più di te che gli stavi sempre fra i piedi.
Gordon (alzandosi) — Non è vero.
Freda — Lui stesso me lo disse, proprio quel famoso sabato in cui gli regalai la scatola. (Olwen va al camino) Mi disse che eri stato tutta la notte fuori dal cottage e che aveva dovuto penare parecchio per sbarazzarsi di te.
Gordon — Freda, è tutta una tua invenzione ; dalla prima parola all'ultima, ne sono sicuro. Martino non avrebbe mai detto questo di me. Sapeva quanto gli volevo bene e lui pure mi voleva bene, a suo modo.
Freda — No.
Gordon — Sei sempre stata gelosa perché Martino andava d'accordo con me.
Freda — Non è vero. Lui mi confessò come era stufo di vederti sempre attorno con le tue crisi isteriche. Capisco ora cosa voleva dire. Ogni volta che lo abbiamo nominato stasera, ti sei fatto prendere da una crisi. (Portandosi le mani alla testa e girandosi) E poi, cosa vuoi farmi credere?
Roberto (freddo) — Freda, calmati!
Gordon (agitato. In collera e rivolto a Roberto) — E' gelosia, solo gelosia. Se io fossi stato veramente un seccatore per lui, Martino non mi avrebbe invitato al cottage. (Rivolto a Freda) Di te era stanco, che lo annoiavi e lo asfissiavi continuamente. Me lo disse. Mi pregò anzi di dirtelo.
Olwen (alzandosi e scostando Gordon) — Basta, basta. Tutti e due.
Stanton (con occhio torvo, posando il bicchiere vuoto sul piano) — Lasciateli andare avanti. E' meglio, ora che hanno cominciato. (Va a sinistra e siede sul bordo della scranna davanti al fuoco).
(Olwen ritorna al suo posto).
Gordon (a Freda) — Dovevo dirtelo. Ma fu inutile perché... si uccise.
Freda — Non ci credo. Non ci credo. Martino non avrebbe potuto essere così cattivo.
Gordon (vicinissimo a lei) — Non ci credi? Che cosa ti disse quel pomeriggio che andasti a portargli il regalino?
Freda (sfuggendogli) — Che cosa importa quello che disse? Ora stai fabbricando un'altra delle tue ignobili bugie.
Roberto (seccato, andando verso Freda) — Oh! basta. Ne ho abbastanza di questa storia. Mi sembrate una coppia di isterici che litigano accanto a un morto. (Freda si lascia andare sul divano. Olwen va alla finestra) Ti comprendo, Freda, e me ne dispiace. Ma per l'amor di Dio, fatela finita. Non ne posso più. Quanto a te, Gordon, devi essere ubriaco o qualcosa di simile.
Gordon (di cattivo umore) — Per niente. Sono lucidissimo.
Roberto — Non si direbbe. Non sei più un bambino. (Andando verso il piano) So, Martino era un tuo caro amico.
Gordon (volgendosi a Roberto sprezzante e violento) — Mio amico! Non era mio amico. Non era amico mio. Tu parli come uno sciocco. Martino era la sola persona di cui m'importasse al mondo. Avrei fatto qualsiasi cosa per lui. Le avrei rubato io le cinquemila sterline se Martino me l'avesse chiesto. Era l'uomo più straordinario che io abbia mai conosciuto. E' vero che qualche volta mi trattava male ma non erano cose veramente importanti. Mi faceva piacere stare con lui, anche se mi avesse preso in giro tutto il giorno. (Si volta. Porta le mani sul viso e si rigira di nuovo) Come Freda, dal giorno che Martino è morto, non mi è importato più di niente, ho voluto soltanto tirare avanti. Sì, le donne gli piacevano, ma non ci credeva. Me lo diceva spesso. Cercava di divertirsi con loro ma non lo interessavano. Martino mi diceva tutto. Tutto. Ed ora pensate di me quello che volete. Non m'importa. (Va a sinistra e siede prendendo nervosamente una sigaretta. C'è una pausa. Egli guarda tutti con aria sfrontata).
(Roberto fa per andare verso Gordon, esita e devia).
Roberto (tornando da Gordon) — Ma, e Betty?
Gordon (rabbioso) — Puoi lasciarla fuori da tutto questo.
Roberto (andando a destra di Gordon) — Vorrei, ma non posso.
Gordon — Puoi. Può pensare a se stessa da sola.
Roberto — Ed è proprio questo che non può e non deve fare. Dovresti capirlo.
Gordon — Non capisco. In fondo io conosco Betty meglio di te.
Freda — Tu conosci sempre tutti meglio di qualsiasi altro, no?
Gordon (accendendo un fiammifero) — Non è colpa mia se Martino voleva bene più a me che a te.
Freda — Come puoi dire che...
(Gordon accende la sigaretta).
Olwen (venendo alla sinistra di Gordon) — Oh, basta, basta, tutti e due. Non capite che Martino giocava con le parole per divertirsi? (Roberto va al piano).
Gordon (imbronciato) — No. Martino non era così.
Stanton (con ironia) — Oh, no, per niente. Era impossibile trovare un tipo più tranquillo, semplice, sincero.
Freda (irritata) — Nessuno dice questo. In ogni caso Martino non ha sottratto del denaro addossando la colpa ad altri.
Stanton — Possiamo continuare fino a domani parlando su questo tono, Freda. Accusandoci l'un l'altro. Ma credo non sia il sistema migliore.
Olwen — Sono d'accordo. Ma io vorrei far capire a Freda ed a Gordon che è sciocco continuare a bisticciare per tutto quello che Martino può aver detto loro. (Gordon si lascia andare nella poltrona) Egli era falso, crudele ed egoista come un gatto. Questa è una delle ragioni per cui non mi piaceva.
Roberto (venendo al centro) — Non vi piaceva?
Olwen — Sì, sono dolente, Roberto, ma Martino non mi andava a genio. Anzi lo detestavo. Voi avreste dovuto capirlo.
Stanton — Lo capii. E avevate quasi ragione. E ho paura che l'abbiate sempre.
Olwen — Non sempre.
Stanton — Io credo nei vostri giudizi. E siete la sola persona che può uscire di qui a testa alta, come è entrata.
Olwen (imbarazzata e un po' allarmata) — No, non è vero. (Va verso sinistra).
(Roberto va al tavolo a destra, si versa da bere, poi si appoggia al piano).
Gordon (ora seduto correttamente) — No, è stata Olwen con quella maledetta scatola a dare l'avvio a tutta la faccenda.
Stanton — Non ha importanza. Sapevo ciò da un pezzo.
Olwen (di fronte a lui) — Sapevate che cosa?
Stanton — Sapevo che eravate stata a trovare Martino Caplan quel famoso sabato.
Olwen (allarmata) — Sapevate?
Stanton — Sì.
Olwen — Ma come lo sapevate? Non capisco.
Stanton — Quella fine di settimana ero al mio cottage. Vi ricordate il garage dove la strada si biforca? Vi siete fermata là, quella notte, a far benzina.
Olwen — Sì, mi pare.
Stanton — Mi dissero che avevate preso la strada di Fallows End e così ho immaginato che andavate da Martino. Non avreste potuto andare in nessun altro luogo, no? E' evidente.
Olwen (davanti a lui) — E voi 1'avete sempre saputo?
Stanton — Sì.
Roberto — Credo, Stanton, che non sia necessario chiedervi perché non ne avete mai parlato.
Stanton (freddamente) — No. Credo di aver detto quanto era necessario... questa sera.
Gordon — Bene. Vorrei sapere ancora una cosa e cioè perché sono stato trascinato in questa stupida inchiesta. (Olwen si appoggia alla finestra) Mio Dio, ed io ero proprio quello che ne sapeva meno di tutti. Freda fu lassù nel pomeriggio. Olwen, la stessa sera. Quasi nello stesso istante... per quanto ne sappiamo.
Stanton — Non dite sciocchezze.
Gordon — Ah, sciocchezze?! (Indicando Olwen) Dopo tutto, che ne sappiamo? Che cosa faceva Olwen lassù?
Roberto (andando verso Gordon) — Ce l'ha già detto. E' andata lassù per parlare a Martino di quel denaro.
Gordon — E poi?
Stanton — Cosa, e poi?
Freda — Vuol dire, credo, che Olwen non ha detto abbastanza. Noi sappiamo che essa andò da Martino per parlargli di quell'assegno. E sappiamo che Martino sospettava Roberto, ed anche Olwen la pensava così. E questo è quanto sappiamo.
Gordon — Appunto, noi non sappiamo quanto tempo si fermò lassù: che cosa Martino disse, o altro. Ringrazi Iddio che non è comparsa davanti al giudice... altrimenti sarebbe stata costretta a confessare. (Gordon si mette al centro della sinistra, volgendosi a Olwen) Credo che sia ora per lei di dirci qualcosa di più.
Stanton — Bene, non c'è bisogno di assumere quel tono feroce per questo.
(Olwen che guarda fuori dalla finestra, abbassa un po' le cortine, si ritrae e dà un piccolo grido).
Roberto e Stanton (insieme) — Che c'è? Che cos'è?
(Roberto va alla finestra e guarda fuori, Gordon si alza e va alla sinistra di Olwen, Freda va alla finestra a sinistra, Stanton non si muove).
Roberto (sempre guardando fuori) — Non c'è nessuno.
Olwen — Sono scappati, ma giuro che c'era qualcuno. Stavano ascoltando.
Stanton (torvo) — Non avrebbero potuto scegliere una notte migliore.
Roberto — Impossibile, Olwen. Non c'è anima viva.
Gordon — Ringraziamo il Signore.
(Tutti si allontanano e mentre si muovono si sentono alcuni squilli di campanello alla porta. Tutti si fermano e si guardano l'un l'altro sorpresi e impauriti).
Roberto — Chi diavolo può essere?
Freda — Non ne ho la minima idea. Va' a vedere!
Roberto — Ma non desideriamo essere disturbati.
Freda — Bene, non lasciarci disturbare, chiunque sia. Ma devi andare a vedere chi è.
(Il campanello squilla ancora e Roberto esce. Nessuno parla. Freda va al piano, Olwen è in piedi alla sinistra della finestra. Si odono poi le voci di Roberto e di Betty. Gordon va rapido incontro).
Roberto (da fuori) — Ma no, ti assicuro, non abbiamo parlato di te.
Betty (da fuori) — Lo so. Lo sento. E' per questo che sono tornata qui.
Roberto (c. s.) — Ti ripeto di no.
(Apre la porta e appare Betty seguita da Roberto).
Gordon — Credevo fossi andata a letto, Betty. Che è successo?
Betty (sulla soglia) — Voi state parlando di me; tutti voi. (Guardandoli) Lo so. Volevo andare a letto. Avevo cominciato a spogliarmi, e poi non ho potuto. Sapevo che qui stavate parlando di me. Non ho potuto resistere.
(Stanton si alza e va a sinistra).
Freda (freddamente) — Bene, hai torto. Anzi, posso dirti che sei la sola persona della quale non abbiamo parlato.
Betty (guardando Gordon, Stanton e poi Roberto). — E' vero?
Roberto — Ma sì, t'assicuro.
(Tutti annuiscono).
Olwen (indicando Betty) — Voi eravate fuori, poco fa, no? Fuori della finestra, ad ascoltare. Betty (confusa, viene avanti. Si toglie il cappotto, lo pone sul divano) — No, non stavo ascoltando. Volevo dare un'occhiata per vedere chi c'era e cosa stavate facendo. Vedete, ero sicura che voi stavate parlando di me. Volevo andare a letto, ero stanca; ma sentivo che non avrei potuto dormire, allora presi tre di quelle pasticche che ho per dormire; ed ora mi sento come ubriaca. (Va alla poltrona nell'angolo a destra) Fra poco, Dio sa quello che dirò. Vi prego, non badateci. (Si lascia cadere sulla poltrona).
Roberto (chiude la porta e va a destra verso Betty) — Mi spiace, Betty. Hai bisogno di qualcosa? (Lei accenna di no) Veramente? (Essa scuote di nuovo la testa) Non abbiamo neppure accennato a te, anzi eravamo tutti d'accordo nel lasciarti fuori da questa spiacevolissima faccenda.
Freda (ironica) -— Ma considerando che Betty fa parte di una delle famiglie in causa, mi sembra che non sia abbastanza protetta dai colpi di questa terribile verità.
Roberto (spazientito) — Smettila, Freda.
Freda — Proprio no! Perché poi? (A Olwen) Mi pare che Roberto sia cambiato, ora.
Roberto (verso Freda) — Dopo quello che hai detto stasera, non riesco a capire che cosa t'importi se sono cambiato.
Freda — Forse niente, ma ti preferisco ancora quando conservi lo stile e le regole dell'educazione.
Roberto — E allora danne un esempio. (Va dietro la sedia di Betty).
Gordon (appoggiandosi alla tastiera del piano) — Smettetela tutti e due.
Betty — Ma di che cosa avete parlato fino ad ora?
Gordon — Di quel denaro.
Betty — Quello che Martino...
Gordon — Martino non l'ha neppure toccato. Ora lo sappiamo. Stanton l'ha preso. L'ha confessato egli stesso.
Betty (dà un breve grido, con sorpresa, un po' eccitata) — Confessato, Stanton? E' impossibile.
Stanton (alzandosi e andando a sinistra della tavola) — Sembra impossibile, Betty, ma è così. Mi spiace di crollare nella vostra stima e in questo modo, mia cara Betty; ma pare che questa sia la notte della verità, ed ho dovuto ammettere d'aver preso quel denaro. Terribile, vero?
Roberto (andando verso Stanton) — Cosa volete dire, Stanton?
Stanton — Niente di più di quel che ho detto.
Roberto — Perché avete parlato in quel tono a Betty?
Stanton — Forse... perché penso che Betty non ha una eccellente opinione di me e perciò non deve essere rimasta troppo sorpresa.
Roberto (lentamente) — Non riesco a capirvi.
Freda (sarcastica) — Certo che non puoi capirlo.
(Stanton va alla scranna davanti al camino).
Roberto (guardandola risentito) — Credi?
Freda (dolcemente) — Ma certo, caro.
Betty (in fretta) — Ma se Martino non ha preso quel denaro allora... perché... perché... si è ucciso?
Gordon — Questo è quel che vorremmo sapere. (Olwen va a sinistra della finestra) Olwen lo vide per ultima, proprio quella sera, e seppe che lui non aveva preso il danaro.
Olwen — Vi ho detto che egli sospettava Roberto. (Siede a destra della finestra).
Roberto (andando alla destra del divano) — E questo è bastato nello stato in cui si trovava per fargli perdere ogni controllo. (Eccitandosi sempre più, andando a sinistra e ritornando al centro) Egli si fidava di me. Voi stessi mi avete detto che egli in certo qual modo mi temeva. Il che vuoi dire che mi rispettava. Certo, deve essere stato un duro colpo per Martino.
Olwen — Non credo, Roberto.
Stanton — Neanch'io.
Roberto Ma nessuno di voi lo conosceva come lo conoscevo io. Si trovava in uno stato di dispe-razionenervosa, e quando seppe che avevo preso lo chèque capì che non c'era più nessuno di cuisi potesse fidare, che anch'io lo avevo ab-bandonato. Si deve essere tormentato giorno e notte: era così. (A Olwen) Né ve lo avrebbe mai lasciato capire, Olwen. Però questo pensiero lo bruciava dentro. Che pazzo sono stato! (Viene avanti fra le poltrone e si siede in quella sinistra).
Gordon — Tu?
Roberto — Io, io, e chi altri? Avrei dovuto andate da Martino e dirgli che Stanton mi aveva detto...
Gordon — Se questo è vero, allora la vera e sola causa è Stanton?
Freda — Sì.
(Olwen si alza. Va alla finestra e poi si risiede).
Stanton — Sciocchezze!
Freda — Per niente. Non vi rendete conto di quello che avete fatto?
Stanton — No, perché non ci credo.
Gordon — Vi fa comodo non crederci.
Roberto — Ciò che ha spinto Martino a uccidersi fu la mia stupidità e la vostra sporca menzogna, Stanton. (Si alza).
Betty (scoppiando in lacrime) — Oh!
Roberto (andando verso Betty) — Oh, mi spiace, Betty, ma è meglio chiarire la cosa una volta per sempre.
Stanton — Nessuno di voi è in grado di chiarire niente.
Roberto (andando verso Stanton) — Badate a voi, Stanton.
Stanton — Badate a voi?
Gordon (andando a sinistra del divano) — Dovete rispondere.
Roberto — Non vi perdonerò mai di averlo ingannato in quel modo. Mai.
Stanton — Avete sbagliato strada.
Gordon — No, non sbagliamo, miserabile ladro! (E gli va contro minaccioso).
Stanton (respingendolo) — Oh, dico, basta!
Gordon (andando di nuovo verso di lui) — Voi siete il solo responsabile del suo suicidio.
Olwen — Fermatevi un momento, Gordon... (Tutti si volgono verso di lei che li guarda fissi restando presso la finestra) Martino non si è suicidato.
ATTO TERZO
La scena è la stessa.
(All'alzarsi del sipario tutti sono nella stessa posizione come alla fine dell'atto precedente).
Olwen — Martino non si è suicidato.
Freda — Martino non...?
Olwen — L'ho ucciso io.
(Betty dà un grido. Gli altri tengono il respiro e la fissano).
Roberto (andando verso Olwen) — E' assurdo, Olwen, voi non avete potuto farlo.
Gordon — Vi è venuta voglia di scherzare?
Olwen — Vorrei poter scherzare. (Si siede di scatto e nasconde la faccia tra le mani ma senza piangere).
Gordon — Olwen!
Roberto (con voce alterata) — E' un'isterica. (Gordon va a sinistra e siede) In uno stato simile la gente confessa ogni sorta di sciocchezze.
Stanton (scuotendo la testa) — Olwen non è isterica. Essa sa quello che dice. (A Olwen) Ditemi quello ch'è successo, Olwen, se potete. (Olwen lo guarda e accenna di sì) Da parte mia posso assicurarvi, prima che cominciate, che di ciò io non sono affatto sorpreso. L'avevo quasi sospettato.
Olwen (fissandolo) — Voi lo avete pensato? Perché?
Stanton — Per tre ragioni: la prima è che non riuscivo a capire per quale motivo Martino avrebbe dovuto uccidersi, io sapevo che non aveva preso il denaro. E benché fosse sempre in mezzo ai guai non era tipo da ricorrere al suicidio per evitarli. Sapevo poi che voi eravate andata da lui quella sera, e la terza ragione... quella ve la dirò dopo. Meglio che diciate voi prima quello che successe. E' stato per caso, vero?
Olwen (con voce alterata) — Sì, è stato soltanto per caso. (Si alza) Vi dirò come avvenne, ma non posso scendere in particolari. E' tutto così confuso ed orribile. Ma vi dirò la completa verità, ve lo prometto. Io penso che al punto in cui siamo è meglio dirci tutto.
Roberto — Esatto.
Stanton — Un minuto, Olwen. volete bere prima?
Olwen — Solo un po' d'acqua, grazie. (Barcolla e sta per cadere).
Roberto — Sedete qui. (Le porge una sedia e la sorregge. Freda è dall'altra parte, Stanton le versa l'acqua e gliela porge).
Olwen (a Stanton) — Grazie. (Sorseggia, poi a Roberto) No grazie, siederò vicino al fuoco. (Va vicino al fuoco, siede. Roberto va alla sua sinistra) Andai a trovare Martino, lo sapete già, per quel denaro. Il signor Whitehouse me ne aveva accennato. Egli sospettava di Martino e di Roberto; io pensai che la cosa era più probabile per Roberto. Così andai a parlare con Martino. Non avevo simpatia per lui e lui lo sapeva, ma sapeva anche quello che sentivo per Roberto. Infine, era vostro fratello. Pensò subito che Roberto avesse preso il denaro ma non se ne turbò. Mi spiace, Roberto, ma è proprio così. Sentii di odiarlo ancora di più. Egli ne era invece divertito. Pensava forse: il fratello modello c'è cascato, o qualcosa del genere.
Freda (con voce spenta) — Posso credere a questo. Egli era così qualche volta. E quel giorno lo era.
Olwen (gentile) — Ve ne siete accorta anche voi quel giorno?
Freda — Sì, era in uno dei suoi momenti peggiori. Poteva diventare cattivo, ossessionante in quei momenti.
Olwen — Non l'ho mai visto come in quella notte. Non doveva essere in uno stato normale. Roberto (colpito) — Olwen!
Olwen (gentile) — Mi spiace, Roberto. (Poggiando la mano sulla spalla di Roberto) Non avrei mai voluto che veniste a sapere tutto questo, ma ormai è inutile. Martino aveva ingerito qualche droga.
Roberto — Droga? Volete dire stupefacente?
Olwen — Sì, ne aveva sempre con sé.
Roberto — Siete sicura? Non ci posso credere.
Stanton — E' vero, Caplan. Io lo sapevo.
Gordon — Anch'io. Ne offerse anche a me, una volta. Ma non ci provai gusto. Anzi mi fece nausea.
Roberto — Quando questo?
Gordon — Vi ricordate quando andò a Berlino? Come egli era anormale a quel tempo? Stanton — Ricordo.
Gordon — Bene, un tale che conobbe là gli fece prendere il vizio. Una droga nuova molto di moda negli ambienti artistici e letterari.
Freda — E anche Martino...
Gordon — Sì, gli piaceva, e ne prendeva in dosi sempre maggiori.
Roberto — Ma come poteva procurarsela?
Gordon — Attraverso un tedesco che conobbe in città. Quando non ne aveva era intrattabile.
Stanton — Ma perché non avete cercato di farlo smettere?
Gordon — Ho tentato, ma lui mi prendeva in giro. Non lo biasimo in fondo. Nessuno di voi può capire che sorta di vita fosse quella di Martino. Egli era sensibile e nervoso. Non poteva essere contrariato. Era nato per essere felice.
Stanton — Tutti noi siamo nati per essere felici. Martino non era un'eccezione per questo.
Roberto (che ha poggiato le spalle agli scaffali) — Capisco quello che Gordon vuol dire.
Freda — Puoi capirlo se capivi Martino. Con lui non c'erano possibili vie di mezzo o compromessi. Se era contento lo era come nessuno al mondo; altrimenti era profondamente infelice.
Betty (impulsiva) — Anch'io sono fatta così. Tutti dovrebbero essere fatti così.
Roberto (senza darle retta) — Parlavamo di quella droga, Olwen.
Olwen — Ne ingerì un po' - era in piccole tavolette bianche - mentre io ero là, e ne accusò subito l'effetto, una specie di euforia diabolica. Lo ricordo ancora. I suoi occhi strani, anormali mi fissavano.
Roberto — Cosa successe?
Olwen (cercando di restare tranquilla) — E' orribile. Da allora mi sono sempre sforzata di non pensarci. Sapeva di non essermi simpatico, ma non credeva di riuscirmi addirittura disgustoso. Era spaventosamente presuntuoso e convinto che chiunque, uomo o donna, avrebbe subito il suo fascino.
Freda (con voce spenta) — E' vero. Ne aveva diritto.
Olwen — Cominciò a schernirmi. Egli mi credeva una bigotta; così diceva. Piena di desideri repressi, che non aveva realmente vissuto. Tutte fantasie; perché non sono affatto di quel tipo. Ma egli era convinto e cominciò col dire che il disgusto che io provavo per lui significava che io cercavo di reprimere dentro di me l'ammirazione che avevo per lui. E che naturalmente facevo male a comportarmi così. Che non avevo mai e non avrei mai vissuto. Continuò su questo tono per un bel pezzo. Pensai di scappare e di lasciarlo, ma capii che era impossibile finché era in quello stato. In un certo modo mi spiaceva per lui perché veramente si vedeva che stava male, e pensai che avrei potuto calmarlo. Poteva non piacermi, è vero, ma in fondo non era un estraneo. Era uno di noi. (Sì alza) Tentai inutilmente di calmarlo; tutto quello che dicevo lo inaspriva. Continuò a parlare dei miei desideri repressi e quando tentai di riderne si eccitò ancora di più. Volle mostrarmi alcuni disegni sconci, disegni veramente disgustosi, di un pittore belga.
Freda (barcollando) — Oh, no, mio Dio... (Singhiozza).
Olwen (andando a lei) — Freda, mi dispiace, scusatemi, vi prego. Capisco quanto ciò vi addolori.
Freda (senza badare va verso la finestra) — Martino! Martino!
Olwen — Non state ad ascoltarmi. Smetterò, se volete. Andate a riposarvi, è meglio.
Freda — E' impossibile... Oh... Martino non era così. (Scosta le tende e apre la finestra) Se voi lo aveste conosciuto prima come io lo conoscevo...
Olwen (tornando al centro) — Lo so, tutti lo sappiamo, egli non era stato sempre così. Ma ora stava male.
Freda (girandosi a metà, con tono smorzato) — Continuate, Olwen.
Roberto — Sì, adesso non potete fermarvi.
Olwen (appoggiandosi di spalle al camino) — Non c'è ancora molto da dire. Quando respinsi quei suoi vergognosi disegni e me ne mostrai indignata, si infuriò ancora di più. Finì col dirmi di spogliarmi.Gli dissi che era pazzo e cercai di andarmene. Si mise fra me e la porta. Aveva una rivoltella in mano e sragionava di pericolo, terrore e amore. Non era una minaccia, credo volesse solo recitare una parte. Non immaginavo fosse carica. Non ne potevo più. Non avevo più nessun dovere di sopportarlo e gli dissi di togliersi di mezzo. Si rifiutò, tentai di allontanarlo. (Imbarazzata, ora, e un po' incoerente) Lui cercò di strapparmi gli abiti di dosso. Lottammo e mi accorsi che non era molto più forte di me. Gli afferrai la mano che teneva la rivoltella e gliela rivolsi contro. Doveva avere il dito sul grilletto. (Si copre il volto con le mani) Il colpo parti. (Si lascia cadere sulla scranna) Oh, è orribile! Orribile! Ho cercato, ho cercato disperatamente di dimenticare. Se egli si fosse soltanto ferito, sono certa che mi sarei trattenuta presso di lui, quantunque fossi in preda al terrore. Ma non c'era più nulla da fare.
Roberto — Sì, possiamo comprendere quello che avete passato.
Olwen — Quando mi resi conto di quello che era accaduto, fui presa dal panico; uscii e restai immobile, seduta nella mia auto per non so quanto tempo. Non riuscivo a muovere un dito. Non c'era nessuno. Doveva essere piuttosto tardi. E voi sapete com'era solitario e lontano quel cottage. Rimasi così immobile, rabbrividendo. Il cottage era così terribilmente silenzioso; non potrò mai dimenticare quel silenzio. (Nasconde il volto fra le mani, piange silenziosamente).
Betty (in un sussulto e volgendo altrove la testa) — Dio!
(Freda chiude la finestra e si volta).
Roberto — Nessuno potrà rimproverarvi, Olwen.
Stanton — Certamente, nessuno. (Alzandosi deciso viene fra le poltrone) E non dobbiamo dire nemmeno una parola su ciò a nessuno, mai. Dobbiamo prometterlo.
(Tutti annuiscono o mormorano il loro assenso).
Olwen (esaurita) — Una sigaretta, Roberto.
(Roberto toglie dal suo portasigarette, una sigaretta e la porge a Olwen. Essa ne prende una ed egli la accende).
Gordon (alzandosi va al piano, prende una sigaretta dalla scatola, poi, amaramente) — Mi dispiace ma non posso restare indifferente di fronte a ciò. Non tutti hanno la fortuna di possedere, come Stanton, sangue freddo e opportunismo.
Stanton — Non è per sangue freddo o opportunismo che la mia sorpresa non è così grande come la vostra. Da tempo sospettavo qualcosa di simile.
Roberto — Tutto lasciava credere a un suicidio. Non posso pensare che sospettavate di Olwen perché sapevate che era stata da lui.
Stanton — Vi ho detto che ho una terza ragione; eccola: mi ero alzato presto, la mattina dopo. La postina di Follows End mi aveva svegliato e giunsi al cottage prima di tutti voi, subito dopo il capo della polizia e il dottore. Scoprii qualcosa sul pavimento che al poliziotto era sfuggito. Lo raccolsi mentre non guardava. L'ho conservato nel mio taccuino fino ad oggi. (Toglie di lasca un taccuino e ne cava un lembo di seta cincischiato) In queste cose sono abbastanza preciso.
Olwen (alzandosi ed andando verso di lui) — Lasciatemi vedere. (Lo esamina) Sì, è un lembo del vestito che indossavo. Fu strappato nella lotta. Per questo indovinaste?
Stanton (andando al camino e gettando il lembo nel fuoco) — Per questo. (Ritorna seduto). Olwen — Ma perché non avete mai detto nulla?
Gordon (ancora sedendo al piano) — Ve lo dirò io. Non l'ha detto perché gli faceva comodo che tutti credessero al suicidio di Martino.
Roberto — Deve essere così. Tutto coincide, ormai.
Stanton — No, è stato per un'altra ragione, molto più importante. Io sapevo che se Olwen era entrata per qualche cosa nella morte di Martino, essa non ne aveva certamente colpa. La conoscevo meglio di tutti voi o almeno credevo. Mi fidavo di lei. Essa è l'unica persona della quale ho sempre avuto fiducia. Gliel'ho detto più volte. Questo non la interessa, ma è così.
Olwen (sorpresa) — Non mi avete mai lasciato capire che sapevate.
Stanton (sorpreso) — Curioso, no? Quale occasione perduta per riuscire ad ottenere il vostro interessamento anche per pochi minuti! Ma non potevo seguire questa via con voi. Ho sempre saputo che non avreste mai parlato perché immaginavate che era stato Roberto a prendere quel denaro e che ormai era fuori sospetto dopo che tutti ne avevano dato la colpa a Martino. Non è stato facile per me, ma sapevo di esservi utile con il mio silenzio.
Betty — Meraviglioso! (Si alza e viene avanti sulla scena all'altezza del limite destro del divano) Che bel carattere delicato e romantico, non vi pare?
Roberto (gentilmente) — Stai buona, Betty, tu non puoi capire.
Freda (amara) — E come potrebbe?
Betty (indignata, rivolgendosi a Freda) — Che ne sai, tu? E perché parli con quel tono?
Freda (annoiata) — Che tono dovrei adoperare?
(Betty va al piano e consulta il giornale della radio).
Olwen (a Stanton) — Sapete: io sono stata sul punto di dirvi tutto. E questo avrebbe potuto cambiare le cose. Ma scelsi male il momento.
Stanton (vivace) — Perché? Quando? Dite.
Olwen — Vi ho detto di essermi seduta nella mia automobile, quella notte, per qualche tempo, senza potermi muovere ma alla fine quando cominciai a riprendermi, capii che avrei dovuto dirlo a qualcuno e voi eravate la persona più vicina...
(Betty si volge verso Olwen con aria spaventata).
Stanton (allarmato, alzandosi) — Siete venuta da me quella notte?
(Betty si avanza e ascolta attentamente).
Olwen (tranquilla) -— Sì, sono salita fino al vostro cottage a Cherc Marley, quella notte. Arrivai là verso le undici o poco dopo. Lasciai la mia macchina al principio di quello stretto sentiero e salii a piedi fino al vostro cottage. E poi ritornai indietro.
(Betty, allarmatissima, vacilla spaventata. Si appoggia al piano per non cadere, sta per gridare, ma vedendo Gordon si trattiene e cerca di darsi un contegno, sorridendogli. Poi rapida guarda altrove. Gordon la guarda insospettito).
Stanton — Voi siete salita a piedi al cottage?
Olwen — Sì, siete diventato sordo. Stanton? Salii direttamente da voi. e vidi quanto era sufficiente per consigliarmi di tornare indietro.
(Betty si gira e ritorna al piano. Freda la guarda ed un lento sorriso la illumina. Anche Gordon la guarda).
Stanton — Deve essere stato terribile per voi.
Olwen — Oh, sì! Credo che mi abbia dato il colpo finale in quella notte. Non credo di aver provato nei riguardi di qualcuno, conoscente o estraneo, quello che provai quella sera. So che è sciocco. Ma non posso farci niente. E (sforzandosi di sorridere) voi dovete tutti aver notato che non ho più voluto saperne di cottage.
Freda (maliziosa) — Sì, e anche Betty se n'è accorta.
(Betty scoppia in lagrime e piega la testa).
Roberto (alzandosi) — Cosa succede, Betty?
Gordon — Sei una piccola sporca bugiarda, Betty.
Betty (con voce soffocata) — E chi di noi non lo è stato?
Roberto (meravigliato e andando al tavolo di centro) — Ma cos'hai, Betty?
Gordon — Non capisci, Roberto. Anche lei ha barato al giuoco.
Roberto — Perché? Freda — Perché non lo chiedi a lei?
Olwen (annoiata) — Ma che importanza può avere, ormai; lasciatela in pace, povera ragazza.
Betty — Non sono una bambina, questo è il vostro errore.
Roberto (che era distratto andando verso Betty) — Forse tu... e Stanton. (C'è una pausa; essa non risponde) E' questo che essi intendono? (Betty non si muove e solo guarda con sospetto) Ma perché non dici che è ridicolo?
Freda (sprezzante) — Proprio lei. Ma non essere assurdo!
Olwen (gentilmente) — Sì, Roberto. Li ho visti io, insieme, quella notte nel cottage di Stanton.
Roberto (verso Olwen) — Mi spiace, Olwen, ma non posso crederci; ci sarà stata una ragione.
Stanton (venendo al tavolo) — Oh, basta, Caplan. Ne abbiamo abbastanza, me ne vado.
Roberto (inviperito verso di lui) — Voi non ve ne andate.
Stanton — E' assurdo; non sono affari vostri.
Freda (maliziosa) — Avete torto. E' proprio questa la cosa che interessa soprattutto a Roberto.
Roberto (volgendosi a Betty senza badare a Freda) — Sto aspettando una risposta, Betty.
Betty (impaurita) — Cosa vuoi che ti dica?
Roberto — Eri al cottage di Stanton?
Betty (in un sussurro) — Sì.
Roberto — Sei la sua amante?
Betty — Sì. (Si volta e nasconde la testa).
Roberto (cercando di rimanere calmo) — Mio Dio... Ma perché... perché in nome di Dio... perché, come hai potuto?
Betty (improvvisamente risvegliata) — Come ho potuto? Perché non sono una bambina e neppure una piccola bambola sciocca, ecco perché! Voi avete voluto saperlo ed ora ve lo dico. Sì, ero con Stanton quella notte. Sono stata da lui altre volte. Egli non mi ama, lo so; e neppure io lo amo. Anche potendo non lo sposerei. Io l'ho voluto. Gordon mi faceva impazzire. Se voi volete chiamare bambino qualcuno qui, chiamate lui, lui solo lo è. Questo maledetto matrimonio, che voi tutti avete invidiato è il più grande imbroglio che si sia mai visto. Non è un matrimonio. Non è niente. E' una finzione, una finzione, una finzione. Betty cara, Gordon tesoro. Soltanto a vederlo mi vien voglia di urlare. (La sua voce diventa un grido).
Freda — Betty, non devi.
Betty — Non è colpa mia. Ero innamorata di lui quando ci siamo conosciuti. Io non avrei pensato ad altri, se mi avesse voluto bene. Alle volte non mi rivolgeva neppure la parola. C'era l'ombra di Martino.
Gordon (alzandosi) — Per Dio, basta, Betty.
Betty — Oh, no! Vogliono la verità? Eccola! Non me ne importa, non ho avuto niente dal mio matrimonio, niente tranne disgusto e vergogna.
Olwen — Betty, questo è assurdo.
Betty — Se io fossi stata la piccola bambola sciocca che tutti credono forse non avrebbe avuto importanza. Ma non lo sono. Non sono una bambola, sono una donna. E Stanton è stata l'unica persona che abbia indovinato quello che succedeva e mi abbia trattata come una donna.
Gordon — Ti avrei capito se ti fossi innamorata veramente di qualcuno. Ma questo non è che una tresca volgare, degna della tua doppiezza. Immagino che Stanton fosse il generoso zio d'America che ti inviava continuamente preziosi regali.
Betty — Sì, lui. Sapevo fin dal principio, che non interessavo a Stanton, così non gli ho chiesto niente più di quello che mi poteva dare. (Stanton si volge a lei e sogghigna divertito e sorpreso) E ciò andava bene anche per te. L'uomo che dice di essere innamorato di una donna e passa le sue vacanze con un'altra, non si merita altro.
(Stanton volge un po' la testa verso Olwen per vedere come essa reagisca. Olwen si volge a guardare il camino).
Freda (a Stanton alzandosi e andando verso la finestra) — Ed è per lei che avete avuto bisogno di molto denaro e avete preso quello chèque?
Stanton — Sì. Vedete, come tutti i conti tornano, ora?
Gordon — Allora, Betty è la prima causa di tutto. Persino di quella morte.
Betty (guardando gli altri) — Vedete? Sempre Martino. (Ritorna al piano) Se io sono la causa di tutto questo, la colpa è tua, Gordon. Tu non avresti mai dovuto sposarmi.
Gordon — Non potevo immaginare. E' stato un errore. (Siede al piano).
Freda (amara) — A quanto pare nella nostra famiglia si commettono spesso simili errori.
(Roberto va al tavolo e si versa un abbondante bicchiere di whisky).
Betty — Avrei dovuto abbandonarti in tempo. Ed in questo ho sbagliato io, nel restare, cercando di salvare le apparenze, continuando a credere di essere sposata a qualcuno che non esisteva. Ad un cadavere. (Siede nella sedia vicino al piano).
Gordon — Sì, credo di essere un cadavere. Devo essere morto la scorsa estate. Olwen mi ha ucciso.
Stanton (seccato e disgustato) — Auf!
Olwen — Gordon, quello che dite è sciocco e di cattivo gusto.
Gordon (tranquillo) — Può sembrarvi così, ma non lo è. So quel che ho detto, Olwen.
Roberto (dopo aver bevuto un mezzo bicchiere di whisky e venendo verso Betty) — Io ho voluto tutto questo, no? Io? Bene. Io ho cominciato; adesso voglio finire. Dirò io qualcosa, ora. Betty, io ti ho adorata, credo che te ne sarai accorta.
Freda — Avrebbe dovuto essere cieca.
Roberto (si volge a Freda, senza essere ubriaco parla ingarbugliato e un po' confuso) — Sto parlando con Betty, ora. Voi potete lasciarci soli un minuto. (Freda esita e va alla finestra. Roberto rivolgendosi a Betty) Ti sei mai accorta di quello sentivo per te, Betty? Betty — Sì, ma non mi importava nulla.
Roberto — E infatti perché avrebbe dovuto importartene?
Betty — No, non è questo. E' che sapevo che non eri innamorato di me. Non mi capisci. Adoravi solo l'idea che ti eri fatta di me. E questa non è lo stessa cosa.
Roberto — Non ho fatto niente per fartelo capire. E non potevo, sai? Credevo che tu e Gordon foste felici insieme.
Betty — Siamo stati dei buoni attori, vero?
Roberto — Sì. (Va al tavolo per bere ancora).
Gordon — Io credo che se avessimo continuato a fingere ancora, avremmo forse potuto essere felici insieme. Succede così alle volte.
Betty — Mai.
Olwen — Succede, invece. Ecco perché è profondamente sbagliato aver fatto quello che abbiamo fatto stasera. La verità è qualcosa di così profondo che non lo si può raggiungere in questo modo. Non è civile.
Stanton — Sono d'accordo.
Roberto (cinico) — Voi siete d'accordo. E chi più di voi?
Stanton — Voi non ci tenete alla mia simpatia.
Roberto — La vostra simpatia! Desidero non avervi più davanti agli occhi. Siete un ladro, un baro, un impostore ed un basso sporco dongiovanni.
Stanton (dopo una leggera pausa) — E voi uno sciocco, Caplan. Sembrate un uomo di solidi principi, ma non lo siete. Voi avete una bella virtù in comune con quel pazzo di vostro fratello. Siete incapace di affrontare le situazioni. Finora avete vissuto in- una specie di paradiso di pazzi, ed ora che i discorsi di questa notte ve ne hanno scaraventato fuori, e per colpa vostra, cercate disperatamente di costruirvi un inferno, sempre per pazzi, per viverci dentro.
Roberto (va al piano, prende il bicchiere di Stanton)— Questo è il vostro bicchiere, credo, Stanton. (Va alla finestra e lo butta fuori) Ed ora seguitelo; fuori. (Va al tavolo e si versa ancora da bere).
Stanton (andando da Olwen) — Buona notte, Olwen. Mi spiace di quanto è successo.
Olwen — Anche a me. (Gli offre la mano e gliela stringe) Buona notte.
Stanton — Buona notte, Freda.
Freda — Buona notte, Carlo.
Stanton (va fino alla porta e sulla soglia si volta a Betty e Gordon) — Uscite anche voi?
Gordon — Non con voi, spiacente. E non dimenticate, Stanton, che voi dovete alla ditta cinquemila sterline e le vostre dimissioni.
Stanton — La intendete così?
Gordon — Esattamente.
Stanton — Ve ne pentirete. Buona notte. (Con esagerata cortesia) Oh, prego non vi disturbate, conosco la strada. (Esce).
(Freda viene al centro, Gordon si alza impaziente, guarda dov'è uscito Stanton, poi va a sinistra del divano, Roberto si versa da bere).
Olwen — Non lasciatevi trascinare dagli impulsi, Gordon. Qualunque siano i suoi difetti, Stanton è un uomo che sa il fatto suo. Se lui se ne va, chi ci rimette è la ditta.
Gordon — Non c'è altra via. Non posso lavorare con lui dopo tutto quel che è successo. La ditta ci rimetterà, tanto peggio.
Roberto — Non preoccuparti. Non è il caso di parlare di rimetterci. Tutto andrà in malora ormai. Freda — Sciocchezze! (Si volge alla finestra, la chiude, tira le tende).
Roberto — Sciocchezze? Non la penso così.
Gordon (amaro a Betty mentre va verso la porta) — Bene, Betty cara, credo sia meglio andare a casa, rientrare nel nostro piccolo nido felice.
Betty (alzandosi) — Ah. No, prego, Gordon. (Va al divano e prende la sua pelliccia)
Freda (andando verso la porta) — Ti accompagno.
(Esce seguita da Gordon).
Roberto (venuto vicino a Betty. Ha ancora un bicchiere in mano mentre Betty sta per andarsene) Buona notte. (La fissa).
Betty — Buona... Ma... Perché mi fissi in quel modo?
Roberto — Non dico buona notte a te, io non ti conosco, non ti ho mai conosciuta. (Indica la sua faccia e il suo volto) Io dico buona notte a questi, semplicemente. (Si volge bruscamente e va a versarsi ancora da bere. Betty rimane immobile a fissarlo per un momento, e poi esce rapida).
Olwen (appena essa è uscita si alza e va a sinistra di Roberto, impacciata) — Roberto, per piacere, non bevete più. Capisco il vostro stato d'animo, ma questo non vi aiuta, credetemi.
Roberto — Cosa importa ormai?
Olwen — Roberto, non posso vedervi così. Non potete sapere quanto mi dispiaccia.
Roberto — Dolente, Olwen, credetemi. Siete la sola ad uscir pulita da questa faccenda. Strano che abbiate potuto sospettare di me in questo tempo.
Olwen — Già, tutto questo tempo. (Va al piano di fronte a lui e vi si appoggia di spalle).
Roberto (va alla poltrona a destra e siede) — E' finita. Qualcosa si è rotto... qui dentro...
Olwen — Andrà meglio domani, datemi ascolto.
Roberto — Queste faccende non sono di quelle che si aggiustano l'indomani, Olwen.
Olwen (appoggiandosi al piano fissandolo) — Freda vi aiuterà; nonostante tutto, vi ama.
Roberto — No, non è così. Non che mi disprezzi, ma di tanto in tanto ho sentito che mi odiava, ed ora capisco perché. Mi odia perché sono Roberto Caplan e non Martino. Perché lui è morto e io sono vivo.
Olwen (andando verso di lui alla sua destra) — Dopo questa notte cambierà.
Roberto — Può darsi, ma ne dubito. Non è tipo da cambiare facilmente. E poi, vedete, in fondo, non mi importa più che essa cambi o no. Non m'importa più, ora.
Olwen — Vorrei poter fare qualcosa per voi, Roberto, io... (Essa sorride leggermente) Io potrei fuggire con voi in questo istante, se lo voleste.
Roberto — Vi sono immensamente grato, Olwen. Ma dentro di me, non succederebbe niente. Tutto è crollato questa sera. Tutto freddo, vuoto.
Freda (entra e chiude la porta dietro di lei sulla soglia) — Penso che non sia la cosa più adatta da dire in questo momento, ma il fatto è che io ho fame. (Va al piano) E voi, Olwen?
(Olwen si alza, va a sinistra del divano e siede di fronte a Roberto)
E tu, Roberto? O hai già bevuto troppo?
Roberto — Sì, ho già bevuto troppo.
Freda (andando dietro a lui) — Non è molto intelligente da parte tua. (Gli toglie il bicchiere e lo posa sul tavolo a destra).
Roberto (annoiato) — Infatti. (Si nasconde la faccia nelle mani).
Freda (andandogli dietro la sedia) — E sei stato tu a voler tutto questo.
Roberto (guardando a mezzo) — Sì, ed ho avuto quel che volevo.
Freda (andando alla poltrona di sinistra e seden-dosi) — Quantunque io credo che non ti è dispiaciuto molto finché non si è trattato di Betty.
Roberto — Non è vero. Ma capisco che tu possa pensare così. Vedi, più questa intricata matassa si scioglieva più io mi rifugiavo nell'idea che mi ero formato di Betty, come se essa sola possedesse le qualità migliori.
Freda — Avevo immaginato che stavi diventando sentimentale e nobile nei suoi riguardi. Io avevo capito di Betty e sono stata spesso sul punto di parlartene.
Roberto — Non mi spiace che tu non l'abbia fatto.
Freda — Dovrebbe dispiacerti il contrario, invece.
Roberto — E perché?
Freda — Perché, questo genere di auto-disinganni è piuttosto stupido.
Roberto — E allora Martino?
Freda — Non mi piace ingannare me stessa. Sapevo tutto, o quasi di lui. Io non potevo essere innamorata di qualcuno che non esisteva veramente, che esisteva solo nella mia fantasia.
Roberto — Eppure era così. Probabilmente siamo tutti così.
Olwen — Non è poi un sistema così cattivo! Voi potete sempre costruirvi una immagine per voi stessi, da adorare.
Roberto — No, non si può sempre, questo è il guaio! Si perde la capacità di fabbricare castelli in aria, la voglia di costruire soltanto illusioni. Come se qualche glandola non funzionasse più.
Olwen — Allora dovete imparare da stasera a
vivere senza illusioni.
Roberto (alzandosi) — Impossibile. (Va a destra) Almeno per noi. Abbiamo cominciato troppo presto a vivere in compagnia delle illusioni, forse c'è ancora qualcuno abituato a farne senza, per me è impossibile, ci ho sempre vissuto in mezzo.
Freda (torva) — Tu.
Roberto (eccitandosi sempre più) — Sì, esse mi hanno dato speranza e coraggio. Mi hanno aiutato a vivere. Soltanto esse mi hanno dato fiducia nella vita. Io non ho fede né religione, non credo in nulla. Sepolto in questa fattoria, il sangue, le ghiandole, i nervi funzionavano. Non era poi tanto brutto. Avevo le mie illusioni.
Freda (amara) — E perché non ti sei tenuto le tue illusioni, invece di agitarti tutta la sera come un pazzo per sapere la verità?
Roberto (terribilmente eccitato, andando verso Freda) — Perché sono un pazzo; Stanton aveva ragione. Questa è l'unica risposta. Volevo giocare, come un bimbo con il fuoco. Al principio avevo ancora qualcosa che mi sosteneva. Avevo un buon ricordo di Martino. Avevo una moglie che non mi amava, ma che dopo tutto mi sembrava anche troppo buona per me. Avevo due soci che amavo e rispettavo. V'era una donna che io potevo adorare in segreto. Ed ora...
Olwen (imbarazzata alzandosi rapida e andando verso Freda) — No, Roberto, basta. Sappiamo.
Roberto (frenetico) — Voi non sapete; non potrete mai sapere come io so, altrimenti non sareste così tranquille come se aveste fatto una futile discussione durante una partita a carte.
Olwen — Freda non potete...
Roberto — Vedete. Noi non viviamo più nello stesso mondo. Ora tutto è svanito. Mio fratello ero uno sporco lunatico.
Freda (freddissima, alzandosi) — Basta, ora.
Roberto (facendo un passo verso Freda) — E mia moglie perdeva la testa per lui. (Freda si gira e va alla finestra) Uno dei miei soci è un bugiardo, un impostore, un ladro. L'altro, Dio sa cos'è, una specie di essere isterico ed ibrido. (Le donne cercano di calmarlo) E sua moglie è una gatta lurida in cerca d'amore, sui tetti. (Va al piano).
Olwen (mezzo gridando) — No, Roberto, basta. Per piacere, vi prego, basta. (Più calma) Già domani le cose vi appariranno in altro modo.
Roberto — Domani, domani. Io vi dico che è finita. Finita. Non ci può essere più un domani per me. (Si volta ed esce).
Freda (gridando, andando da Olwen e afferrandole un braccio) — Ha la sua rivoltella di là.
Olwen (gridando e correndo alla porta) — Roberto, fermo, fermo!
(Tre secondi di buio, poi un colpo di rivoltella. Un grido di donna, un momento di silenzio, poi il singhiozzo di una donna, come al principio del primo atto)
Non può essere; non può essere vero.
(Al buio le quattro donne prendono posizione, esattamente come all'inizio della commedia. La signorina Mockridge canterella quietamente. Danno l'effetto di una dissolvenza della radio che riporta alla realtà).
Mockridge — Quante scene abbiamo perso?
Olwen — Cinque, credo. (Freda spegne la radio).
Mockridge — Abbiamo perduto poco. Credo che quelle scene fossero piene di argomenti soporiferi. Ecco perché quell'uomo era così furioso. Il marito, dico.
(Si ode un sommesso scoppio di risa degli uomini dalla sala da pranzo).
Betty — Sentite i maschi. (Freda va alla scrivania).
Mockridge — Staranno certamente ridendo per qualcosa di molto piccante.
Betty — No, semplici pettegolezzi. Gli uomini sono molto più pettegoli di noi donne.
Freda — Ed hanno una scusa meravigliosa ora che sono tutti e tre direttori nella stessa impresa.
Mockridge — Che simpatica e bella compagnia formate tutti insieme!
Freda (di fronte a lei) — Simpatica e bella compagnia? Non troppo!
Olwen — Incantevole, ma mi spiace lasciarla.
Mockridge — Vi credo. Deve essere così bello per voi starvene qui tutte insieme.
Betty — Una vera gioia.
Mockridge (a Freda) — Dovete sentire molto la mancanza di vostro cognato, non è vero?
Freda — Volete dire il fratello di Roberto? Martino?
(Olwen, Betty e Freda si scambiano occhiate).
Mockridge — Oh, scusate, ho commesso una gaffe, sono sempre così stordita, quando me ne accorgo è sempre troppo tardi.
Freda (calmissima) — No, nessuna gaffe; fu un brutto periodo quello per noi, ma ora tutto va bene di nuovo. Martino si è ucciso.
Mockridge — Oh! Una cosa terribile! Era un uomo molto bello no?
(Entra Stanton e va al camino, seguito da Gordon che va al divano, siede e afferra la mano di Betty fra le sue).
Olwen — Sì, un bell'uomo.
Stanton (con tono giovanile) — Chi e bello? Si può sapere?
Betty — Non voi, Carlo.
Gordon — Stavano parlando di me, Betty; perché permetti loro di parlare di tuo marito in modo così scandaloso? Non hai un po' di pudore?
Betty (stringendogli la mano) — Caro, credo che stasera hai fatto il pieno tra pettegolezzi e brandy.
Roberto (entra. Accende la luce alla porta e va a destra della signorina Mockridge) — Spiacente di essere in ritardo, Freda, ma è colpa di quel tuo disgraziato cucciolo.
Preda — Che ha combinato di nuovo?
Roberto — Ha mangiato un po' del manoscritto del nuovo romanzo di Sonia Williams e gli è venuto male. Vedete, signorina Mockridge, come parliamo di voi romanzieri?
Mockridge — Sì, ho sentito. Avevo appena finito di dire che eravate una compagnia piacevole. Credo abbiate avuto fortuna.
Stanton — Non è tutta fortuna, signorina Mockridge. Vedete, noi siamo tutta gente che ama prendere le cose per il loro verso.
Roberto (andando a destra del divano) — Tranne Betty; essa è un'inquieta.
Stanton — Questo succede perché Gordon non la bastona abbastanza spesso. (Gordon va alla radio).
Mockridge — Vedete, signorina Olwen, il signor Stanton è sempre il solito cinico scapolo. Credo che rovinerà la compagnia.
Gordon (cominciando ad armeggiare con la radio) — Con che cosa guastano la pace dell'etere questa sera? Nessuno lo sa?
Freda — Oh! Guarda, non ricominciare, ti prego. L'abbiamo appena spenta.
Gordon — Cosa avete ascoltato?
Freda — La seconda parte di una commedia.
Olwen — «Il cane che dorme».
Stanton — Che cosa?
Mockridge — Sì, una cosa del genere con un signore che alla fine si ammazza.
Stanton — Che gente allegra alla radio.
Freda — Già, revolverate e compagnia bella.
Olwen (si alza, va alla poltrona a sinistra e siede sul bracciolo sinistro) — Credo di aver capito cosa volevano dire con quella commedia. Il cane addormentato era la verità, e quell'uomo, il marito, insisteva nello stuzzicarlo.
Roberto — Ne aveva pieno diritto. (Siede sul divano alla destra di Betty).
Stanton — Che avesse diritto, non so. Io credo che voler sapere la verità è pericoloso come voler infilare una curva a cento all'ora.
Freda — E la vita è piena di curve pericolose, no?
Stanton — Può darsi, se non sapete scegliere bene la vostra strada.
Freda (senza importanza) — Parliamo di qualcosa di più divertente. Chi vuol bere? (Si alza e va al tavolo al centro) Roberto, le sigarette.
Roberto (si alza ed esamina la scatola sulla tavola al centro) — E' desolatamente vuota.
Freda — Ce ne sono qui dentro. (Viene avanti con una scatola carillon che essa tiene attentamente chiusa) Signorina Mockridge, Olwen, una sigaretta? (Offre loro la scatola chiusa).
Olwen (guardando la scatola) — Oh! Ricordo questa scatola: ha un carillon. Ricordo la marcia nuziale. (Apre la scatola e questa suona).
Roberto — Graziosa, no?
Freda — Non può essere che vi ricordiate...
Gordon (che è stato ad armeggiare alla radio improvvisamente dice) --— Silenzio, sentite. (Una musica da ballo conosciutissima si ode alla radio).
Betty (alzandosi) — Oh, la conosco! Mi piace questa vecchia lagna.
Stanton — Anche a me. Com'è il titolo?
Betty — «Insieme».
Mockridge — Come? (Si alza).
Gordon — «Insieme».
(A questo punto Roberto allontana la poltrona in cui era seduta la signorina Mockridge, Freda va alla finestra, la signorina Mockridge va alla destra del camino e siede. Freda ritorna. Le offre della cioccolata e rimane in piedi davanti a lei. Stanton invita la signorina Mockridge a ballare. Essa rifiuta. Olwen va da Roberto e Betty è fra le braccia di Gordon. Essi incominciano a ballare. Il sipario scende mentre essi ballano. Si rialza ed essi stanno ancora ballando. Stanton sta ora ballando con Freda).
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