Trappola mortale

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STYLE Paper 297 mm,PaperWidth 210 mm

 

T R A P P O L A    M O R T A L E

"giallo" in due atti

di

IRA LEVIN

Traduzione italiana

di

Luigi Lunari


P e r s o n a g g i:

SIDNEY BRUHL

          

MYRA BRUHL

CLIFFORD ANDERSON

HELGA TEN DORP

PORTER MILGRIM    

Sinossi delle scene

L'azione si svolge nello studio di Sidney Bruhl, nella casa dei Bruhl a Westport, Connecticut.

ATTO PRIMO

                  Primo quadro: Un pomeriggio di ottobre

                  Secondo quadro: Quella sera stessa

                  Terzo quadro: Due ore dopo

ATTO SECONDO

                  Primo quadro: Due settimane dopo, di mattina

                  Secondo quadro: Una settimana dopo, di sera

                  Terzo quadro: Una settimana dopo, di pomeriggio


La scena

Lo studio di Sidney Bruhl, tratto con molto gusto da una vecchia­stalla e trasformata in un'autentica casa coloniale. Una porta­scorrevole in fondo al centro conduce a un'anticamera, su cui si ­aprono sia la porta d'ingresso che le porte che conducono alla cucina­ e al salotto, e in cui si intravvede la scala che conduce al piano­ superiore.  In fondo a destra delle porte a vetri che danno su un­ patio delimitato da siepi.  In avanti a sinistra vi è un caminetto di­pietra, in cui dovranno potersi bruciare delle carte.

A parte gli scaffali per i libri e un paio di semplici armadi­ cassettati, l'arredamento della stanza si compone di oggetti ­d'antiquariato scelti con gusto: un paio di poltrone, un buffet in ­primo piano a destra, e - centro focale della stanza - la scrivania di­ Sidney, moderatamente ingombra di carte, libri di consultazione, una­ macchina per scrivere elettrica, un telefono, eccetera.  Alle porte a­ vetri vi sono delle tende a disegni. Le pareti sono occupate da una­ serie di locandine teatrali incorniciate e da una collezione di armi ­antiche: pistole, manette, mazze, spadoni, asce.


            

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ATTO PRIMO

Primo quadro.

All'alzarsi del sipario, Sidney Bruhl è seduto pensieroso alla scrivania.  Sui cinquant'anni, indossa un cardigan su una camicia col collo a tartaruga. La macchina da scrivere è coperta. Le tende delle porte a vetri sono aperte. E'­ il pomeriggio di una assolata giornata d'ottobre.  La porta che dà ­all'ingresso si apre, e vi si affaccia Myra Bruhl: quarant'anni, in gonna e­ golf.  Entra tranquillamente con un secchiello per il ghiaccio, che sistema­ sul buffet. Sydney le si rivolge.

SIDNEY (brandendo un copione dattiloscritto) -  "Trappola mortale". Giallo in­due atti. Scena fissa, cinque personaggi. Un robusto assassinio nell'Atto Primo, una serie di bei colpi di scena nell'Atto Secondo. Costruzione­solida, buon dialogo, qualche risata ai punti giusti...  Una barca di ­soldi!

MYRA - Davvero?... Ma... è meraviglioso, tesoro! Sono così felice per te! Per tutti e due!

SIDNEY - Sei felice? E perché diavolo sei felice?

MYRA - Ma.... è quello che hai scritto tu, no? Non è quell’idea che avevi ­avuto questo agosto?...

SIDNEY - L’idea che ho avuto quest’agosto è finita dove sono finite l’idea che avevo avuto in giugno e tutte le altre che avevo avuto prima: nel fuoco,­ su per la cappa del camino, e fuori all’aria libera, a inquinare la ­Contea. Questo mi è arrivato stamattina per posta. Autore un certo....­Clifford Anderson. Uno degli analfabeti del corso speciale di ­drammaturgia...  (Legge la lettera d'’ccompagnamento)

“Carissimo signor­ Buhl, spero non le dispiaccia se le mando in lettura la mia commedia­"Trappola mortale", che ho terminato di ribattere stanotte alle due. Dal ­momento che mai avrei potuto scriverla senza l'ispirazione che mi è­ venuta dalla sua opera, e senza i consigli e l'incoraggiamento che ho ­avuto da lei l'estate scorsa, mi pare giusto che lei sia il primo a­ leggerla. Se la cosa le sembrerà valere almeno un decimo dei gialli che­ ha scritto lei, io sarò certo di aver speso bene il mio tempo e i soldi­ dedicati al corso da lei diretto."

MYRA - Carino.

SIDNEY - No, è ipocrita. "La prego di scusare il dattiloscritto battuto con la ­carta copiativa; la macchina fotocopie del mio paese è al momento fuori uso, ed io non potevo sopportare l'idea di non poter inviare subito il­ mio primogenito al suo padre spirituale." Le sottolineature sono mie, ma­ le leccate son tutte sue.  "Spero vorrà rispondermi - per telefono o per ­lettera appena l'avrà letta, facendomi sapere se ritiene sia il caso di ­proporla..." eccetera eccetera. Figlio di puttana, sa anche scrivere bene­ a macchina.  Mi pare di ricordarmelo. Grassissimo, obeso. Questione di ­ghiandole. Cento chili senz'altro. Chissà dove ha avuto il mio ­indirizzo...

MYRA - Dall’università.

SIDNEY - Probabile.

MYRA - E' davvero così bella? E' la sua prima commedia?

SIDNEY - Non può toppare. Non si può neanche sbagliare a metterla in scena. Questa può star sù per anni. Repliche, riprese, filodrammatiche nutriranno e vestiranno generazioni di Anderson. Probabilissimo anche un­ film: George Scott... e Liv Ullmann.

MYRA - E Kim Basinger.

SIDNEY - Esatto: c'è proprio una parte anche per lei. Questa roba è perfetta.

MYRA - Io dico che tu dovresti essere orgoglioso che uno dei tuoi studenti­ abbia scritto una commedia di successo.

SIDNEY - Myra, per la prima volta in undici anni di matrimonio, tesoro... vaffanculo!

MYRA - O santo cielo...

SIDNEY - Sono verde d'invidia. L'impulso è quello di spaccare la testa a quel disgraziato con questa mazza, seppellirlo da qualche parte in una buca di cento metri, e mandare in giro 'sta roba col mio nome. A Broadway, a Hollywood...  (Un attimo di riflessione)  Eccola, la più bella idea in ­tutta la mia vita.

MYRA (gli si avvicina e gli dà  un bacio su una guancia) - Ah, povero Sidney...

SIDNEY - A pensarci bene: a che cosa serve avere una mazza se non la si adopera almeno una volta nella vita?

MYRA - Ah... uno di questi giorni avrai anche tu la tua bella idea, e  vedrai­ che sarà ancora migliore di questa.

SIDNEY - Non scommetterci. Non che ci sian rimasti soldi da scommettere...

MYRA- Senti: quanto a questo, ce la stiamo cavando abbastanza bene: creditori alla porta non ce ne abbiamo...

SIDNEY - Per quanto tempo ancora? Ti ho fatto fuori tutto quel che avevi: non­ è vero.

MYRA- Abbiamo fatto fuori tutto quel che avevo: ed è stato bellissimo, e ­rifarei tutto daccapo.  (Lo bacia)  La tua prossima commedia sarà una ­bomba.

SIDNEY - Ecco: così mi sento sempre più responsabilizzato: proprio quello di cui avevo bisogno.

MYRA - Perchè non la segnali tu a qualche produttore?  Potresti magari­ avere... una commissione di un qualche tipo... non so...

SIDNEY - Come procacciatore d'affari?

MYRA - Se è così che si chiama...

SIDNEY - Certo: un favoloso uno per cento. Magari addirittura l'uno e mezzo.

MYRA - O meglio ancora: perchè non la produci tu?  Hai fatto tante volte il­ co-produttore, che sai benissimo come si fa. E potrebbe anche essere un'ottima alternativa.

SIDNEY - Tesoro, mi sarebbe già problematico trasformarmi in un assassino di successo, figùrati in un produttore!  Mai sopravvalutare le proprie possibilità.

MIRA - E allora collabora con l'autore. Per quanto sia una buona commedia, non­ dirmi che non c'è spazio per qualche miglioramento. Il tocco dell'esperto, un minimo di messa a fuoco, qualche piccola risistemazione?...

SYDNEY - Questo è possibile...

MYRA - Sono sicura che sarebbe molto lusingato all'idea di lavorare con te.

SYDNEY - Potremmo dividere i diritti a metà...

MYRA - Il primo nome in locandina sarebbe il tuo.

SYDNEY - Certo. “Ordine alfabetico al contrario, ragazzo mio: una cosa che si­ fa sempre.”

MYRA - Ordine d’importanza. Sei pur sempre Sydney Bruhl.

SYDNEY - Sydney Bruhl dai cento fiaschi.

MYRA - Sydney Bruhl l’autore del “Giochi di sangue”.

SYDNEY (parlando con voce senile) - “Ah, sì,"Giochi di sangue"!  Me la ricordo, come no! E' stato all'epoca di Carlo Magno, non é vero?"

MYRA - Beh, un po' dopo.

SYDNEY - Diciotto anni fa, amore mio. Diciotto anni, che se ne sono volati via l'uno più veloce dell'altro. Non c'é niente che invecchi rapidamente­ quanto il successo. Mmm, questa può essere una buona battuta.  (Ne prende ­nota su un block notes.)  Potrebbe anche tornare utile. Può essere detta ­da un qualche vecchio attore... Successo... due “ci” e due “esse”, vero?

MYRA - Sì.  Sono sicura che potresti migliorarla.

SYDNEY - Potrei darle l'inimitabile impronta di Sidney Bruhl.

MYRA - Telefonagli subito. Dove abita?

SYDNEY - A Milford.  A te l'idea della mazza non piace proprio?...

MYRA - No, proprio no. Intanto mi sporcheresti di sangue il tappeto...  E poi Helga ten Dorp magari comincerebbe a sentire le vibrazioni che sente­ lei...

SYDNEY - Helga ten Dorp?  Quell'olandese che si definisce una medium?

MYRA - Quell'olandese che "é" una medium.

SYDNEY - E poi, non è tornata in Olanda?

MYRA - Sidney, che cosa stavi fumando, sabato sera, quando tutti gli altri ­stavan fumando marijuana?  Helga ten Dorp ha preso in affitto per sei mesi la villetta proprio qui, attaccata alla nostra. Saresti proprio­ bravo, come assassino. Helga ten Dorp ce l'hai praticamente in casa, e tu ­neanche te ne accorgi.

SYDNEY - Se non altro vivo tranquillo.

MYRA - Ah, questo puoi dirlo! L'altro giorno é stata a cena dai Wesson: lui soffre di mal di schiena, e lei gliel'ha detto; così come gli ha detto ­della speculazione che aveva fatto con l'argento, e della mania di suo­ padre per le donne alte e magre. Li ha avvertiti che la ragazza che­ avevano alla pari se ne sarebbe andata, cosa puntulamente successa due ­giorni dopo, e gli ha trovato un mazzo di chiavi che lui aveva perso nel­ 1969: erano sotto la lavatrice.

SYDNEY - Uhm. E abita nella villetta qui vicino?

MYRA - Dall'altra parte della strada. E in questo momento, probabilmente, sta­registrando tutto quello che diciamo.

SYDNEY - Beh, sembra che questo Anderson sia in una botte di ferro. Non che io ­creda molto al paranormale...

MYRA - La polizia in Europa sembra che ci creda, però.  E' anche per questo che Helga ten Dorp è qui: per riposarsi un po', dopo tutti gli assassinii­ che ha scoperto.

SIDNEY - Aspetta un momento: quel grassone che non si era fermato lì tutta la settimana, e che si chiamava... Quinn o Quincy. Anderson, Anderson. Mi­ chiedo se è quello che aveva quella tremenda balbuzie...

MYRA (indicando il telefono) - Facile a sapersi.

SIDNEY - Sì. Eh già!  (Studia la lettera per qualche altro istante, poi la posa­e compone un numero al telefono)  Potrebbe essere una chiacchierata di tre­ ore. Occupato. Starà giàparlando con qualche produttore.  Che cosa c’è­da mangiare?

MYRA - Salmone.

SIDNEY - Ancora?

MYRA - Sì. Sidney... saresti capace di uccidere qualcuno, pur di avere un gran successo con un'altra commedia?

SIDNEY - Non essere assurda, tesoro: certo che sarei capace.  (Parlando verso­ le quinte)    Sto scherzando, signorina Dorp!

MYRA - Signora.  E’ divorziata.

SIDNEY - Non mi stupisce. Chi potrebbe resistere, con una moglie dotata di poteri paranormali?  (Le implicazioni dell’affermazione lo mettono a ­disagio. Myra lo fissa con aria inquisitrice.)  Beh, non guardarmi con quello sguardo da basilisco, anche se non so bene che cosa sia un basilisco. Ma non ti piacerebbe tornare da Sardi, o in qualche altro di­ quei ristoranti che frequentavamo una volta, con l'assoluta certezza che ­non ci caccerebbero in cucina? Sai quanto potrebbe rendere una commedia­ come questa, al giorno d'oggi? Due milioni di dollari, senza contare le ­magliette con sù scritto "Trappola mortale". Se questa non é una buona ­ragione, sufficiente per un assassinio, dimmi tu quale potrebbe essere. Mi ­dispiace che tu m'abbia parlato di quella Helga ten Dorp... (Riprova al­ telefono.)

Ecco: stavolta ci siamo. Pronto. Il signor Cliffor Anderson?..­  Parla Sidney Bruhl.  (Copre la cornetta con la mano, per dire a sua­moglie: "No, non era quello che balbettava.")  Senta, ho finito di leggere ­la sua commedia un quarto d'ora fa: non bene, benissimo. Stavo giusto­ dicendo a mia moglie che se solo vorrà rimetterla un po' a posto come­ struttura (cosa di cui ha bisogno), e di chiarire un po' determinati ­punti, e di ficcarci qua e là qualche battuta, potrà senz'altro essere un successo come "Giochi di sangue", "All'ultimo sangue" o "A come­ Assassino". La materia prima c'è, come si suol dire. ... Lo credo bene.­... Conosco molto bene anch'io quella sensazione. Anch'io credevo che­ "Giochi di sangue" fosse a posto così come l'avevo scritta, ma poi uno­ con molta più esperienza di me nel teatro ci ha messo le mani, e insieme­ l'abbiama rivista; un miglioramento da così a così, una cosa incredibile, ­non mi dispiace ammetterlo. ... Kaufman, sì: quello di "Arsenico e vecchi­merletti"...  No, lui non ha voluto firmarla, anche se io naturalmente ho ­insistito: ma lui aveva un po' di debiti, a quei tempi, e non voleva far­ sapere che prendeva una parte dei diritti. Comunque, badi bene: potrei­ anche sbagliarmi; che reazioni ha avuto da altra gente?... Oh? A nessuno?­...  (Guarda Myra) Beh, questo è molto lusinghiero. Ma qualcuno l'avrà ­pur letta, magari al di fuori della gente di teatro: qualche suo amico,­ sua moglie, qualcuno degli analf... ehm, di quelli che han fatto il corso ­con lei...  Oh, capisco.  Ehm. Certo è una condizione ideale: isolamento­ completo: l'unica cosa da fare, guardare il termostato e dar da bere alle­piante. C'è quasi da meravigliarsi che da luglio abbia scritto una commedia sola. Io ne avrei tirate fuori tre o quattro. ... Sì, anch'io: ­un giallo eccezionale, direi. Protagonista una donna con facoltà ­paranormali. Si ispira a Helga den Torp, la conosce? Quella medium­olandese... Abita proprio qui vicino a noi.  (Fissa Myra che lo sta ­chiaramente disapprovando.)  S'intitola "La moglie deprimente"...  ma è ­solo un titolo provvisorio. Dovrò trovare qualcosa di un po' più ­eccitante. Tra parentesi, "Trappola mortale" è anche un bel titolo, oltre ­che una bella commedia. O per lo meno un bel primo abbozzo. Sì, ­volentieri: ma ci son troppe cose da dire, per poterlo fare per telefono.­Potremmo forse trovarci un giorno o l'altro e far passare insieme il ­copione pagina per pagina. Stasera, per sempio, sarei libero: perchè non­ fa qui un salto?  Non è lontano. Oh, già. E allora... perchè non prende­il treno? Veniamo a prenderla noi alla stazione di Westport, e poi ­veniamo qui. Mi sembra la cosa migliore. Trovar la casa è un pasticcio: ­abitiamo fuori mano, in mezzo ai boschi... Quando abbiamo ospiti dobbiamo ­fare le segnalazioni col lanciarazzi...  Prego, guardi pure l’orario: posso aspettare.­  (Coprendo la cornetta con la mano)  Ha la macchina dal meccanico. Lui è lì ­a sorvegliare la casa di una coppia in viaggio in Europa. E' scapolo.

MYRA - Ti è sembrato d'accordo... all'idea di collaborare?

SIDNEY (riflette... evidentemente su molte cose) - Sì, credo che...  Era ­ancora vivo George Kaufman quando ho scritto "Giochi di..."  (Al telefono)­   Sì?..  Veramente è un po' presto: quello dopo quando sarebbe? ... Un po' tardi: facciamo quello delle 7.29. E poi c'è anche un 11 e qualcosa da ­New York che mi pare fermi senz'altro anche a Milford: per il ritorno non c’è nessun problema. Ah, senta: porti anche l'originale. La copia ­carbone è un po' dura, per i miei poveri occhi di vegliardo.  Bene.­ Allora ci vediamo alle sette e ventinove.  Ah, Terence?... Possiamo darci­del tu, no? Ti spiace se ti chiamo Terence?  Come?... Oh, dio, chiedo ­scusa: Clifford! Certo: Clifford.  Potrei essere in ritardo di qualche ­minuto, Clifford: devo fare un paio di commissioni. Quindi magari mi ­aspetti un attimo alla stazione, che io arrivo subito. Una Mercedes blù. ­Bene. Ci vediamo.

(Riaggancia. Myra appare sempre più a disagio.)

MYRA - Quali sono le commissioni che devi fare?

SIDNEY - Non mi avevi chiesto di passare alla biblioteca: a prendere dei­ libri, o a restituirne?...

MYRA - No, io no.

SIDNEY - Oh beh, m'era sembrato.

(Osserva per un istante il bicchiere che ha­in mano, poi di nuovo alza gli occhi verso Myra)

La fotocopiatrice è ­stata aggiustata, ma lui preferisce aspettare un paio di giorni a far le­ fotocopie, nel caso che io gli suggerisca qualche modifica. Nessun altro­ l'ha letta. Nessuno sapeva neanche che lui stesse scrivendo una ­commedia...

MYRA - E nessuno ti vedrà andarlo a prendere alla stazione.

SIDNEY - Effettivamente ho pensato anche questo. Sono troppo abituato a programmare delitti sulla carta...

MYRA - Perchè gli hai detto di portarsi dietro l'originale?

SIDNEY - Non l'hai sentito? La copia carbone mi stanca: e poi, così potremo avere­ una copia ciascuno, da far passare. Non mi va di averlo due ore dietro la ­schiena, a leggermi sopra le spalle, a esalare cheesburger...

MYRA - Probabilmente ha un’altra copia carbone, in qualche cassetto...

SIDNEY - Più che probabile. E tutti gli appunti, gli schemi, i primi­ abbozzi...  (Squilla il telefono. Sidney risponde.)   Pronto? Ciao, ­Lottie: come stai? No, non credo. Io... ho un'idea su cui sto lavorando e preferisco­ non distrarmi; è ancora nella fase embrionale. Ma Myra credo verrebbe­ volentieri. Aspetta un momento: glielo chiedo subito. (Coprendo il­ ricevitore.)  Vanno a vedere quella roba francese alle Belle Arti. Posso­ darti un passaggio andando alla stazione...

MYRA - No, non ne ho voglia: stasera proprio no.

SIDNEY - Lottie?  Anche Myra ci rinuncia; è un po' sottotono. Ci farete una relazione domani, d'accordo? Divertitevi. Ciao. (Riappende.)  Comunque­ non occorre che tu stia qui a sorvegliarmi. Io uccido solo con la luna­ piena.

MYRA - La luna era quasi piena ieri sera: mancava solo una strisciolina in basso...

SIDNEY - Davvero?  Beh, dovrò sfoderare tutta la mia forza d'auto controllo... ­E ricordarmi di quell'altra copia carbone, che esiste quasi certamente.

MYRA - Se non fosse per questo... Sidney... dimmi la verità: saresti davvero capace?...

SIDNEY - Credo di no. Probabilmente avrei troppa paura. Anche se è quello piccolo e magro. Dicono che ad ammazzar la gente sulla carta ci si libera degli impulsi aggressivi, e io sono convinto che è vero. Al tempo stesso, però, apre la porta all'idea che l'assassinio è possibile, dà la­sensazione di un qualcosa di normale, come di un'ipotesi che si può benissimo prendere in considerazione...  come avere un'arma, e ­maneggiarla... (Impugna una daga) ...ti introduce in un certo senso­ all'idea di usarla davvero. Ma tra una vittima sulla carta e una vittima ­vera... c'è un universo di mezzo! (Ripone la daga)   No, sono sicuro che ­Clifford Anderson tornerà a casa sua stasera nelle identiche condizioni di ­salute in cui arriverà a casa nostra, col suo bravo manoscritto in mano,­ magro o grasso o normale che sia.  (Myra gli si avvicina e lo abbraccia. ­Sidney la bacia sulla guancia)

MYRA - Non si lascerà sfuggire l'occasione di collaborare con te, e poi­ scriverai tu una commedia tutta tua.

SIDNEY - O presto o tardi, senz'altro.

MYRA - Magari potresti ispirarti davvero a Helga ten Dorp. Senza intitolarla­ "La moglie deprimente".

SIDNEY - "La moglie sorridente": un giallo comico.

(Le dà un altro bacio, poi ­i due si separano)

Sai, potrebbe essere un'idea. Un commediografo che sta ­attraversando un periodo di vuoto... riceve una commedia, appena scritta, ­da un tizio che ha frequentato un suo corso di drammaturgia...   Potrebbe ­essere un bell'inizio, non ti pare?  La commedia è molto commerciale, e ­il vecchio commediografo ha la casa piena di armi...

MYRA - Prendi un appunto.

SIDNEY - Senz'altro.  Peccato si intitoli "Trappola mortale"...

(Myra si ferma ­un istante, incerta, poi esce verso l'anticamera.  Sidney immerso rimane immobile, ­chiuso nei suoi pensieri, con il manoscritto tra le mani, mentre la luce si­ attenua e poi si spegne.)


 

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Secondo quadro.

Al riaccendersi della luce, Sidney sta aprendo la porta di casa dall'esterno [1]e­sta introducendo Clifford Anderson, cui si fa incontro Myra per salutarlo. Le­ tende sono tirate, e le lampade sono accese.  Clifford è un giovane sui venticinque anni, privo di segnii particolari: un simpatico giovanotto in­ jeans, stivali ed un pesante maglione. Ha in mano una grande busta di carta da ­pacchi piuttosto disordinata e malconcia.

SIDNEY - In realtà è stata costruita nel millesettecentonovantaquattro, ma al­negozio di ferramenta non avevano più nove e allora l'ho invecchiata di­dieci anni.

CLIFFORD - E' una splendida casa...

SIDNEY - Sì, io ci sto molto bene.

MYRA (porge la mano a Clifford, che gliela stringe con calore) - Myra, piacere!

SIDNEY - Il signor Clifford Anderson, cara. Mia moglie Myra.

CLIFFORD - Buonasera, signora Bruhl. Molto piacere di conoscerla.

MYRA - Si accomodi. Stavo già cominciando a preoccuparmi.

SIDNEY - Sta attento alla testa.  (Chinando la testa, Clifford passa nello­ studio, seguito da Sidney.)

SIDNEY - Si distingue sempre una casa del periodo coloniale dai bernoccoli sulla­ fronte degli ospiti.  (Myra ride, nervosamente.  Clifford si guarda in giro,­ quasi con devozione.)

CLIFFORD - Questo è il tuo studio?

SIDNEY - Come hai fatto a capirlo?

CLIFFORD - Dalla macchina da scrivere, e da tutti quei manifesti...

           (Si muove­per la stanza, osservando le vetrinette alle pareti; Sidney lo osserva, ­Myra lancia un’occhiata a Sidney. Clifford sfiora con le dita la macchina ­per scrivere del Maestro, poi indica la mazza sul muro.)

E’ la mazza che è ­stata usata nel "Figlio dell'assassino"?

SIDNEY - Sì. La daga invece viene da “Giochi di sangue”.  Attento, è molto affilata. Quella finta entrava in scena nel second'atto.

CLIFFORD (toccando il manico di un'ascia) - "Pronto ad uccidere"?

SIDNEY - Esatto.

CLIFFORD - Bellissima commedia: non capisco come mai non sia stata sù di più...

SIDNEY - Perché i critici hanno deciso che andava tirata giù.

(Clifford procede­ nella sua ispezione.)

MYRA - Il treno era in ritardo, immagino.  (Sidney non raccoglie.)  Non è vero?

CLIFFORD - No, era in ritardo suo marito. Il treno era in orario.

SIDNEY - Ho dovuto far benzina, e il benzinaio ha voluto a tutti i costi pulirmi le candele...

CLIFFORD (indicando una vetrinetta) - Lo sai che "Punto di fuoco" è stata la prima cosa che ho visto a teatro? Avevo una zia che abitava a New York, e ­io un sabato sono capitato lì in treno da Hartford - da solo: altra prima assoluta. E mia zia mi ha portato a una pomeridiana. Avevo dodici anni.

SIDNEY - Se stai cercando di mettermi in crisi, ci sei riuscito.

CLIFFORD - Perchè?... Oh, mi dispiace. Ma è stato così che son rimasto incastrato nei gialli.

SIDNEY - A me è successo con "Via degli angeli".  "Bella, dov'è il conto del droghiere? Che cosa ne hai fatto, eh, povera piccola sciagurata?" Avevo­quindici anni.

CLIFFORD - Sembra quasi una malattia, che si trasmette da una generazione­all'altra.

SIDNEY - E' una malattia: giallite acuta e maligna: la febbrile ricerca della formula magica - "cinque attori, scena fissa" - che faccia un sacco di­soldi.

CLIFFORD - A me non interessano tanto i soldi. Non che non mi piacerebbe averne, ­naturalmente: per comperarmi magari una casa come questa, per lavorare... ­Ma non è per i soldi che ho scritto "Trappola mortale".

SIDNEY - In effetti, sei ancora molto giovane.

CLIFFORD - Non è una malattia, è una tradizione: una struttura teatrale estremamente stimolante, di cui si direbbe che tutte le possibili­variazioni sono già state sfruttate. Ebbene: è possibile inventarne di ­nuove?  E' ancora possibile dare dei brividi a un pubblico che è già caduto ­in una trappola per topi, che ha già visto morire dieci piccoli indiani,­ che è già stato in Via degli Angeli, che ha già fatto il testimone per ­l'accusa, che ha già giocato giochi di sangue...

SIDNEY - Ottimo discorso! E grazie per avermi lasciato per ultimo.

CLIFFORD - Stavo arrivando anche al “Destino del detective"...

SIDNEY - Ho fatto bene a fermarti.

CLIFFORD - Credo anch'io. Sono un po'... sovreccitato, per tutto questo che mi sta succedendo.

SIDNEY - Più che comprensibile.

MYRA - Desidera qualcosa da bere?

CLIFFORD - Sì, grazie.  Ha per caso un'aranciata?

MYRA - Sì. Sidney?...Un whisky?

SIDNEY - No, grazie, meglio un'aranciata anch'io. (Il che lascia Myra per un ­istante sorpresa. Poi essa si avvicina al mobile bar.)

CLIFFORD - Non è tutta roba delle tue commedie, vero?

SIDNEY - Oh cielo, no, non ho scritto così tanto. Un po' me le regalano gli­ amici, un po' sono io che setaccio gli antiquari...

MYRA - Questa sì che è una malattia.

SIDNEY - Eh, sì, e anche una grande scusa per non lavorare. (Indicando una pistola)  Questa l'ho trovata a Ridgefield proprio l'altro giorno:­ settecento tedesco.

CLIFFORD - Bellissima.

SIDNEY (aprendo con la chiave il cassetto della scrivania) - Come vedi, il mio "figlio spirituale" è custodito con ogni cura. Sotto chiave...

CLIFFORD (aprendo la busta) - Ho qui l'originale...

SIDNEY (tirando fuori il dattiloscritto dal cassetto) - Molto bene. A dir la verità, dovrei portare gli occhiali, ma il dottore ha detto che meno li uso meglio è.  (Tira fuori il copione.)  Eccolo qui. Oh,­eccoti qui.  (Clifford sorride. Myra si volta a guardare,  poi ritorna ai­ bicchieri. Clifford tira fuori dalla busta un dattiloscritto tenuto insieme ­da un elastico.)

CLIFFORD - Non l’ho neanche puntato, perchè la fotocopiatrice...

SIDNEY - Va benissimo così.  (Si scambiano i copioni.)

CLIFFORD - Ho qui anche la prima stesura.  C'è una scena, tra Diana e Carlo, nel­ primo atto, che forse ho fatto male a tagliare, mentre la scena tra Diana e­ Riccardo comincia un po' prima, prima che si sappia che Carlo è tornato.

SIDNEY - Hai fatto molte stesure?

CLIFFORD - Solo questa. E' un po' un pasticcio, ma tu ti ci ritroverai­ senz'altro, se vuoi dare un'occhiata alle due scene...

SIDNEY - Certo. M'interessa molto.  (Clifford tira fuori dalla busta un pacco di­fogli meno ordinati del precedente.)  In effetti ho avuto come la sensazione ­che si fosse saltata appunto una scena tra Diana e Carlo...  Prima ­dell’assassinio, no?

CLIFFORD - Sì. Avevo paura che il primo atto venisse troppo lungo.  (Gli porge­anche questo secondo copione. Ora i due uomini sono seduti alla scrivania.)­

SIDNEY - Grazie. E lì, che cos'altro hai?

CLIFFORD - Oh, questa èla scaletta, che peròpoi ho molto cambiato. Ho lavorato come tu ci avevi insegnato: fogli sciolti, una pagina per scena. E certe­ attute le ho buttate giùe poi non le ho neanche usate.

SIDNEY - E buttate via quelle che hai usato man mano che le usavi?

CLIFFORD - Sì.

SIDNEY - Stesso mio metodo...

CLIFFORD - Era tutto lìin quella busta: non ho fatto altro che prenderla sù. (Myra sta portando le bevande.)   Grazie.

MYRA - Prego. (Porge un bicchiere anche a Sidney, fissandolo con intensità.)

SIDNEY - Grazie...

CLIFFORD - Ci son due ore di strada, da casa mia alla stazione: quindi mi son messo in moto subito dopo la tua telefonata.

SIDNEY - Due ore di strada?!

CLIFFORD - A piedi sì: anche di più. Io sono uno scrittore che non diventerà  mai ­flaccido e grasso come tanti scrittori. Ogni mattina lavoro un po' con i pesi. Non sono entrato nella ­squadra olimpionica di decathlon per tanto così.

SIDNEY - Davvero?

CLIFFORD (allargando le mani) - Beh, tanto così.

SIDNEY - Starò attento a non litigare con te. Io sono nella squadra olimpionica dei poltroni. Medaglia d'oro. Posso addormentarmi in qualsiasi posizione.

(Alza il bicchiere, si addormenta, si sveglia)  Alla “Trappola mortale.”

CLIFFORD - Alla "Trappola mortale".

MYRA - Alla "Trappola mortale". (Sidney si volta a guardarla. Myra è seduta, un­ bicchiere in mano, il lavoro a maglia in grembo.)  Un giorno si brinderà alla sua commedia con ben altro che aranciata, se Sidney ha visto giusto: e­ io son sicura di sì.

CLIFFORD - Lo spero. La notte scorsa ho brindato con della birra.

MYRA - Birra ne abbiamo. Ne vuole?

CLIFFORD - No, no, l'aranciata va bene, grazie.

SIDNEY - Hai intenzione di stare qui anche tu?

MYRA - Sì.

CLIFFORD (con il copione sulle ginocchia) -  Non pensi che io abbia un po’ esagerato con la descrizione della scena?  L'esatta collocazione di tutti i mobili e i soprammobili...

SIDNEY - La descrizione della scena?  (Guarda il copione.)  Non mi pare ci fosse­niente che non andava...  No, è perfetta: non potrebbe esser meglio.

(Sfoglia il copione.)   Bellissima scrittura a macchina...  Macchina elettrica?

CLIFFORD - No, odio le macchine elettriche: se manca la corrente non si può lavorare.

SIDNEY - E' questo il loro bello.  No, il vero guaio con le macchine elettriche­ - o per lo meno con la mia - è che con la carta carbone si può fare solo ­una copia decente. La seconda è così confusa che è praticamente ­illeggibile. Un problema che non esiste con...

MYRA (interrompendolo) - Sidney ha avuto delle splendide idee per migliorare ancora la sua commedia, signor Anderson!

CLIFFORD - Io... ne sono sicuro. E non vedo l'ora di sentirle.

SIDNEY - Tesoro, non potresti andare a lavorare in salotto?

MYRA - No, non c'è la luce giusta per lavorare a maglia.

SIDNEY - Mi sembra di ricordare una sedia a dondolo con una luce al fianco  che ­basterebbe per scrivere la Bibbia sulla capocchia di uno spillo.

MYRA - E' una luce troppo forte, e la sedia è troppo bassa. Me ne starò zitta e non darò nessun fastidio.

SIDNEY - Tesoro, questa è la prima commedia del signor Anderson, e io sono la­ prima persona a leggerla. Sono sicuro che lui preferisce discuterne quanto ­più in privato possibile.  (A Clifford)  Non è vero? Dillo pure senza ­riguardi.

CLIFFORD - No, non mi dispiace che la signora stia qui. Anzi: preferisco. Mi fa ­sentire un po' meno a rapporto dal capo ufficio. E poi... mi sarebbe piaciuto che l'avesse letta anche lei: sono curioso di sapere come una donna può reagire alla decisione di Diana... A proposito del fucile.

MYRA - Sidney mi ha raccontato un po' la storia a tavola, ma si è fermato ai­primi colpi di scena. Io non so neanche chi ha ucciso chi.

CLIFFORD - Oh dio, ma infatti non deve.  (A Sidney)  Io credo che fosse proprio ­questo il guaio del "Figlio dell'assassino", se mi permetti l'osservazione.­ Fin dall'alzarsi del sipario, è così evidente che il dottor Mannso avrebbe­ fatto fuori il povero Teddy!...  Non hai lasciato nessun margine di dubbio.­Voglio dire... il pubblico  dovrebbe sospettare, sì, ma non avere la ­certezza assoluta, non ti pare?  Non è che così venga un po' meno la­ suspence...?

SIDNEY - Uhm... Può darsi tu non abbia tutti i torti...  Peccato che tu non m'abbia accennato per telefono che volevi che la leggesse anche Myra: t'avrei detto di portarne un'altra copia e lei poteva leggerla adesso,­ mentre noi parliamo.

CLIFFORD - Non pensavo che le sarebbe interessato. E comunque... altre copie non­ ne ho.

SIDNEY - Non ne hai un'altra copia?

CLIFFORD - A macchina ho fatto solo questa. Pensavo di farla fotocopiare appena ­finita...

SIDNEY - Eh già! Nell'epoca delle fotocopie, le copie con la carta carbone sono un'inutile fastidio... (I suoi occhi incontrano quelli di Myra e si volgono­ subito altrove.)

CLIFFORD - Potrei passare alla signora un po’ di fogli alla volta... Oppure posso sedere vicino a te.

SIDNEY - Aspetta un momento, lasciami pensare. Ho bisogno di pensare un momento.  (Si mette a pensare: profondamente. Myra tenta di dominare la­ propria crescente ansietà, ma non vi riesce.)

MYRA - Signor Anderson, mio marito è pieno di idee formidabili sulla sua commedia! Non l'ho mai visto così entusiasta!  Riceve sempre un sacco di­ copioni, commedie finite, presumibilmente pronte per andare in scena: dal suo­agente, dai suoi produttori, da aspiranti autori; di solito ride e sghignazza e ­dice le cose più atroci e distruttive che si possano immaginare! Io so che ­potrebbe migliorare enormemente il suo testo! Trasformarlo in un successo in ­grado di stare in scena per anni e anni, e fare un sacco di soldi per tutti!...

(Si ferma. Clifford la fissa un po' attonito, Sidney la inquisisce con lo sguardo.)

SIDNEY - E' questo che intendevi, dicendo "Me ne starò zitta"?

MYRA - Non voglio star zitta. Voglio dire una cosa che ho qui in testa fin da­quando vi siete telefonati.  (A Clifford:)  Lei si sbaglia se pensa che­ Sidney voglia darle il frutto di tutti i suoi anni d'esperienza, la sua ­conoscenza, costruita con tanta fatica, senza un preciso "do ut des", come­se foste ancora al corso di drammaturgia!

CLIFFORD - Ma è stato lui a offrirsi di...

MYRA (rivolgendosi ora a Sidney) - E tu hai sbagliato a offrirti di aiutarlo ­come hai fatto! In questa casa sono io, quella che ha i piedi per terra!, e che si occupa dei conti e dei bilanci!... E adesso io voglio dirti una cosa, ­Sidney! Voglio farti una proposta che sarà per te uno shock, lo so, ma­ voglio che tu l'ascolti e che la valuti in tutta calma e in tutta serietà. ­D'accordo, Sidney?  Me lo prometti?..  (Sidney annuisce.)  Metti da parte la commedia che stai scrivendo.  Sì: lascia perdere la commedia su Helga ten­ Dorp, e di lei che scopre gli assassini, e che trova le chiavi sotto le­ lavatrici: lasciala perdere, Sidney, e aiuta il signor Anderson con la sua commedia. Questa è la mia proposta. Questa è, per me, l'unica cosa giusta,­ sensata e ragionevole da fare in questa occasione. "Trappola mortale", di­ Clifford Anderson e Sidney Bruhl. A meno che il signor Anderson, per­ riguardo alla tua età e al tuo nome, non pensi all'ordine inverso.

SIDNEY - Uhm. Certo è uno shock...  Metter da parte "La moglie sorridente"

CLIFFORD - Credevo fosse "La moglie deprimente"...

SIDNEY - "La moglie deprimente"?!  No, che razza di titolo! "La moglie sorridente".  Per adesso, almeno, è intitolata così. Un testo su certi esasperazioni del femminismo... più un pizzico di paranormale...  Sono temi ­così attuali...

MYRA - Resteranno attuali per chissà quanto tempo, Sidney. Il pubblico si interesserà sempre a una donna che punta il dito contro qualcuno e dice...­  (Punta l'indice prima contro Sidney, poi contro Clifford)    ..."Quest'uomo ­ha ammazzato quell'uomo"...   Lasciala perdere. Per piacere. Fa per il­ signor Anderson... quello che George Kaufman ha fatto per te. 

SIDNEY - Non è che non sia allettante, Myra...   (A Clifford:)  A te che­ effetto fa?

CLIFFOD - Beh, mi sento... come nell'occhio del ciclone.

SIDNEY - Certo. Anch'io: il ciclone Myra.

MYRA - Mi è sembrato giusto sollevare subito la questione, prima... prima che succeda qualcosa.

SIDNEY - Certo, certo, hai fatto bene.  La tua reazione, Clifford?

CLIFFORD - Oh, beh: anzitutto... mi sento... travolto: sono davvero onorato, sorpreso... che Sidney Bruhl prenda in considerazione anche solo l’ipotesi ­di metter da parte una commedia che sta scrivendo per lavorare con me sulla ­mia. Voglio dire... ero lì, a dodici anni, seduto in quel teatro... chi avrebbe mai pensato che un giorno mi sarei trovato qui, a considerare la­possibilità...

SIDNEY (interrompendolo) - Questa l'abbiamo già sentita.

CLIFFORD - Per me è un’occasione d’oro, che senz’altro non dovrei lasciarmi scappare...

MYRA - Certo.

CLIFFORD - Ma... il fatto è che... è come se fossi andato da un dottore, un qualche grande specialista di fama mondiale, e lui mi suggerisse un'operazione.  Beh, pur con tutto il rispetto per la sua competenza e la­sua esperienza... io credo che preferirei sentire anche un'altra opinione, non le pare?  Che tu abbia avuto delle idee straordinarie per la mia commedia, non ho il minimo dubbio; lei però ha ragione, signora Bruhl: non ­sarebbe corretto da parte mia... stare qui ad ascoltarle, senza un qualche ­accordo preventivo. E se devo essere sincero fino in fondo, pur senza avere ­sentito queste idee, adesso come adesso, devo dire che "Trappola mortale"­ mi sembra molto buona anche così com'é.  Non che sia perfetta, ­naturalmente: credo anzi che una piccola messa a punto le possa far bene.­ Ma... sono sicuro che non è una questione di chirurgia. Quello che credo di­ dover fare, è di tirarne qualche fotocopia domani stesso e mandarla in giro­ a qualcuno di quegli agenti di cui tu ci hai parlato durante il corso. Se ­anche loro diranno che ha bisogno di un qualche tipo di riscrittura, allora ­tornerò qui a pregarti di fare quel che tua moglie ha suggerito, ben­ contento di prender tutti gli accordi che tu vorrai. La stessa cosa che tu ­avrai fatto con George Kaufman, suppongo.  Spero che questo non ti abbia ­offeso...

SIDNEY - No assolutamente.

MYRA - Signor Anderson, per piacere.  Gli agenti s'intendono di contratti, e non­ di...

SIDNEY (interrompendola, e raccogliendo insieme i due copioni) - No, Myra, per ­piacere: non mi sembra il caso di supplicarlo. Lui pensa di avere qui le­ ricchezze dell'Eldorado, e noi sembriamo i pirati che vanno all'arrembaggio...

CLIFFORD - Non penserei mai una cosa del genere, signor Bruhl. Sono anzi molto ­grato, che lei possa pensare di mettere da parte un suo lavoro per aiutare me...

SIDNEY - Non credo sia il caso. Anzi, adesso che ho avuto un attimo di tempo per­ valutare la questione, non credo proprio che metterò da parte una commedia ­così attuale e così interessante come questa “Moglie sorridente”, per far da balia asciutta a ­un copione così problematico come "Trappola mortale".  Siediti, Myra. Mi­ fai venire i nervi, lì in piedi, a far esercizi di iperventilazione...  (Porge i dattiloscritti a Clifford)   Fa come credi: falla vedere a tutti gli agenti che vuoi. E se alla fine ti sarai convinto che c'è bisogno di un seria ­riscrittura, fatti vivo. Chissà: con la mia commedia, potrei anche­ bloccarmi. Un paio di volte mi è successo.

CLIFFORD (infilando i dattiloscritti nella busta) - Grazie, farò così ­senz'altro.

SIDNEY - Anche se ne dubito molto: la trama è completa, il testo l’ho già steso ­più di metà…...  E subito dopo, poi, ho un’’ltra commedia in testa: sulla vita di Houdini.

CLIFFORD - Oh?

SIDNEY - Sì, anche la magia è molto di moda. Pensa al successo di “Magic”. E poi Houdini è sempre stato un mio idolo. (Predendo qualcosa dal muro)  Queste­ sono un paio di manette sue...

MYRA (di nuovo tesissima) - Sidney...

SIDNEY - Rilassati, tesoro: Clifford non è certo il tipo da rubare le idee degli altri.   (A Clifford:)    Faresti mai una cosa del genere?

CLIFFORD - Ma certo che no.

SIDNEY - Visto? Non è il caso di allarmarsi. "Puro è il suo cuor di cavaliere­antiquo.. " Un grosso personaggio, Houdini. Tutta l'attrezzatura magica se­ la faceva lui: lo sapevi?

CLIFFORD - No, non lo sapevo.

SIDNEY - Straordinaria abilità artigianale. Prova a guardare. 

(Getta le manette ­a Clifford.)

MYRA - Sidney, per piacere!

SIDNEY - Siediti, Myra.

MYRA - Sidney, no! Ti prego! Per l'amor di Dio, sta attento!

SIDNEY - Clifford è un bravo e onesto giovanotto! E adesso vuoi metterti a sedere e­ smetterla di essere così maledettamente sospettosa di tutti quelli che­ entrano da questa porta?   (A Clifford.)   Abbiamo avuto un’esperienza molto ­sgradevole, qualche anno fa, protagonista uno scrittore dedito al plagio,­ di cui però non dirò il nome, tanto più che nel frattempo è ritornato al creatore, probabilmente richiamato indietro per riparazioni.  Da­ allora, Myra entra in allarme se mi arrischio a dire a un qualche collega­ anche solo in che lingua scrivo. Non prendertela come un fatto personale.­ Dà un'occhiata alle manette: sono veramente notevoli.

(Myra appare­ impaurita e ansiosa. Sidney le dà un'occhiata imbarazzata  mentre Clifford, ­che ha posato la busta con i copioni ai piedi della sedia, esamina le ­vecchie manette.)  

CLIFFORD - Sembrano molto antiche...

SIDNEY - Sono finte antiche: fatte così. E molto robuste, e apparentemente a prova di fuga.

CLIFFORD - Si direbbe proprio.

SIDNEY - Fa come se fossi a casa tua.

CLIFFORD - Vuoi dire... mettermele sù?

SIDNEY - Sì. E' questo che voglio dire, quando tu sei lì con le mie manette marca Houdini, da mille duecento dollari, e io "Fa come se fossi a casa­tua.":  "Mettitele sù."

CLIFFORD - Milleduecento dollari...  Salute!

(Impressionato, si fa scattare le­manette ai polsi.)

SIDNEY - Adesso gira i tuoi polsi così, schiaccia e tira.   (Clifford segue le­ istruzioni ma senza risultato.) No, così è sbagliato: dev’essere un solo ­movimento, veloce. Prova di nuovo.  (Clifford ritenta, anche stavolta senza­risultato.)  Gira, schiaccia, tira: tutto insieme. (Clifford tenta ancora ­più volte.)

CLIFFORD - Macchè, non si aprono.

SIDNEY - Uhm. Ieri a me si sono aperte: non ‚ questione di essere arrugginite o­meno.

CLIFFORD (ancora provando) - Evidentemente non sono Houdini...

SIDNEY - Non importa. Prendo le chiavi. Devono essere qui... da qualche parte. ­(Comincia a frugare nervosamente sul piano della scrivania.)   Non­ strapazzarle troppo: potresti anche rovinarle.

CLIFFORD - Scusa.   (Siede e sta fermo. Myra si muove lentamente, come atterrita.­ Clifford le sorride con aria un po' ottusa, ed essa cerca di restituirgl iil sorriso. Sidney continua la ricerca.)

SIDNEY - Chiave, chiave, chiave, chiave...  Dove siete, piccole chiavi di bronzo?...  (Comincia a cercare nei cassetti. Clifford si guarda i polsi ammanettati, guarda Myra, guarda Sidney... ed ha un'idea.)

CLIFFORD - Sapete una cosa? Questo potrebbe essere un ottimo giallo!

(Sidney lo­ guarda.)  Davvero! Dico sul serio!

SIDNEY - E cioè?

CLIFFORD - Beh... c'è un giovane autore teatrale che manda la sua prima commedia­ a un autore teatrale più anziano, che mesi prima aveva tenuto un corso al­ quale aveva partecipato anche il giovane autore. La commedia non l'ha­ ancora letta nessuno, ed ecco che lui arriva lì, a trovare il vecchio ­autore, per averne qualche consiglio in merito alla commedia, e si porta dietro l'originale, gli appunti e tutto quanto. Naturalmente, bisogna anche che la fotocopiatrice sia fuori uso, bisogna spiegare come mai ci son solo­due copie, la commedia deve essere molto bella - quella del giovane autore,­ voglio dire - e il vecchio autore dev'essere un po' in un momento di­ stanca...

SIDNEY - Troppe circostanze un po' anomale, non ti pare?

CLIFFORD - Sì, può darsi... Però non è che ci siamo molto lontani, no? L'unica differenza è che tu hai un ballo "La moglie sorridente" e  la commedia su­Houdini, e che non ti val la pena dannarti per la "Trappola mortale". Scommetto che nessuno mi ha visto salire sulla tua macchina...

SIDNEY - Beh, ecco: benissimo: hai già lo spunto per la tua seconda commedia.

CLIFFORD - Credo potrebbe venirne fuori qualcosa di interessante... Lei che cosa­ ne dice, signora Bruhl?

MYRA - Io... A me non piace. Mi fa paura.

SIDNEY (voltandosi verso le armi appese al muro) - Mi domando se per caso non le ­ho messe lì...

(Clifford guarda Myra, poi Sidney, che sta toccando­ nervosamente le varie armi, poi si guarda i polsi ammanettati. Riflette un­ po',  poi un altro po', ancora un po'. Sta pensando molto intensamente.)

CLIFFORD - Oh, dimenticavo una cosa: sto aspettando una telefonata, che ormai ­dovrebbe arrivare da un momento all'altro. C'è una ragazza che doveva venire da me alle otto e mezza - e penso che ormai ci siamo, non é vero? - ­ma siccome non sono riuscito ad avvertirla prima di partire, così le ho lasciato un appunto sullo specchio in anticamera, dicendole dov'ero andato ­e lasciandole il numero, che almeno possa dirle con che treno sarò di ­ritorno. Che almeno mi venga a prendere alla stazione. Due ore di camminata al giorno mi possono anche  bastare.   (Si volta e sorride) Quindi ­spero che trovi in fretta le chiavi, altrimenti qualcuno dovrà reggermi la­ cornetta.

SIDNEY - Come fa a leggere l'appunto, se la porta é chiusa?

CLIFFORD - Ha le chiavi di casa.

SIDNEY - Non sei molto coscienzioso, come guardiano di una casa di amici.

CLIFFORD - E' una ragazza di cui ci si può fidare.

SIDNEY - Mi avevi detto in macchina che a Milford non conosci nessuno, salvo un ­paio di negozianti.

CLIFFORD - Quella ragazza è di Hartford. Si chiama Maria Klenofski, e insegna­ ginnastica alla Quirk Midel School.

SIDNEY - E il mio numero dove l'hai trovato. Io non sono nell'elenco.

CLIFFORD - Me l'hanno dato all'Università: indirizzo e numero di telefono.  Sono­ molto amico della signora Beecham.

SIDNEY - La signora Beecham?

CLIFFORD - Quella carina, coi capelli rossi... Con gli occhi tutti bistrati...

SIDNEY - Spero che ti abbia dato il numero giusto. Me l'hanno cambiato poche settimane fa - eravamo perseguitati da un maniaco sessuale che chiamava a­tutte le ore del giorno e della notte - ma non mi pare di averlo dato all'Università. Che numero hai lasciato, a questa signorina Klenofski?

CLIFFORD - Non me lo ricordo.

SIDNEY - Due due sei, trenta quarantanove?  O due due sei, cinquantaquattro cinquantasette?

CLIFFORD - Il primo: trenta quarantanove.

SIDNEY - Quello nuovo. Uhm. Evidentemente l'ho comunicato all'Università e poi ­me ne sono totalmente dimenticato. Molto strano. Son cose che di solito non­ faccio.

CLIFFORD - Ti dispiacerebbe cercare ancora le chiavi?

SIDNEY - Subito. 

(Si volta, riflette, raggiunge la parete.)

MYRA - Non potrei sopportarlo!

SIDNEY (afferrando qualcosa da una mensola) - Che cos'è che non potresti  sopportare, tesoro? Che io trovi la chiave?  (Si volta e fa vedere la­ chiave.)  Scommetto una cosa: voi due avete pensato che avrei preso la mazza e fatto come il mostro di Londra...  Clifford! E' per questo che ti sei ­ritirato così in fondo alla scena?

CLIFFORD (si stringe nelle spalle, un po’ a disagio, e indica in direzione della propria sedia) - Non si può scrivere un giallo come quello senza avere un­ cervello... che passa in rassegna tutte le ipotesi...

SIDNEY - Vero, verissimo. Anch’io soffro un po’ di questa paranoia. E tu, invece, che scusa hai, o mia dolce e fedele consorte? 

(Myra lo guarda,­ mentre egli posa la chiave sulla tavola acccanto alla sedia di Clifford.)

­Undici anni che siamo sposati, e mia moglie mi crede capace di un uccidere ­un uomo a sangue freddo. Questa è un'utile lezione per te, Clifford. ­Vieni, togliti le manette. La tua commedia può essere un ottimo affare, ma ­non fino a questo punto.

CLIFFORD - Beh, la cosa mi fa piacere.

SIDNEY - Già. Secondo me, la tua trovata migliore fino a questo momento è stato ­quel nome: Maria Klenofski. Bella idea. Complimenti.

CLIFFORD - Grazie.

(Siede sulla sedia, prende sù la chiave e china le mani alla ­luce della lampada.)

SIDNEY - M'immagine perfino il sudore delle sue braccia dopo la partita di pallacanestro... Gli occhi bistrati della signora Beecham, però, sono un­po' troppo.

CLIFFORD - Mi sembrava potesse essere uno di quei dettagli convincenti su cui hai tanto insistito durante il corso...  Sei sicuro che sia questa la­ chiave?

SIDNEY (avvicinandoglisi) - Dio del cielo, Houdini le apriva raggomitolato in un ­bidone del latte, tre metri sott'acqua; non dirmi che tu non sei capace...

(Gli passa attorno al collo una garrota, e stringendo le due maniglie solleva quasi Clifford dalla sedia. Clifford cerca di insinuare le dita sotto la corda, ma non vi riesce. Myra grida:)

MYRA - Per l'amor di dio, Sidney!  Smettila! Basta!

SIDNEY (gridando) - Tirati via! Cavati dai piedi!

MYRA - Oh dio, dio! Dio mio!

           (Clifford tenta di voltarsi, di afferrare Sidney­ alla gola, ma non vi riesce, scalcia, ma Sidney ha progressivamente la ­meglio: e mentre Myra appare in preda al terrore e continua con le sue­ grida, Sidney forza Clifford a terra, e lo uccide. Vediamo il  sangue sulla ­gola di Clifford. Myra è seduta in una poltrona,  piange e grida; Sidney si ­rialza ansimante, tremando un poco: tira fuori di tasca un fazzoletto, si asciuga le mani e la faccia. Poi prende la chiave delle manette, libera i ­polsi di Clifford, si rialza, pulisce le manette con il fazzoletto, e le ­riappende alla parete. Poi torna ad avvicinarsi al cadavere di Clifford.)

SIDNEY - Giusto sulla stuoia. Massima pulizia.

(Si inginocchia, libera il collo ­di Clifford dalla garrotta, poi ripiega la stuoia in modo da coprire il­ corpo di Clifford. Si alza, pulisce la garrota con il fazzoletto e­ incontra lo sguardo attonito di Myra.)

Direi che lo hai sopportato ­abbastanza bene.

MYRA (atona) - Non lo so.

SIDNEY - Ti aiuterà una bella vacanza sulla Costa Azzurra, subito dopo l'andata ­in scena. Avremo di nuovo la cameriera, così potrai lavorare un po' meno. E­ una macchina nuova, una bella Rolls Royce.

(Guarda il fazzoletto macchiato ­di sangue, e continua a pulire la garrota.)

MYRA - Finiremo in galera.

SIDNEY (gettando il fazzoletto nel caminetto) - Un giovane aspirante autore teatrale si allontana dalla casa che doveva custodire. La polizia non muoverà un dito.

(Rimette a posto la garrota.)

MYRA - E lascia lì tutti i vestiti? E la macchina da scrivere?

SIDNEY - E perché no? Chi li capisce, i giovani del giorno d’oggi? Specialmente ­gli aspiranti scrittori. Magari si è reso conto che non poteva aspirare a niente... e si è dedicato­all'ecologia. O si è rinchiuso in monastero buddista. Chissà: magari in casa arrivano i ladri, e portano via la vecchia Remington...

(Prende uno dei­copioni., ne strappa la prima pagina, la mette via, a fa altrettanto anche con l'altro copione e con l'abbozzo.)

MYRA - Che cosa... pensi... di fare... di lui...

SIDNEY - Seppellirlo in giardino. Dietro il garage. No: nell'orto: si scava­ meglio. (Esamina bene tutte le carte che ha preso dalla busta: mette  i­copioni nel cassetto della scrivania, che poi chiude a chiave. Raccoglie­ poi le carte da eliminare, si avvicina al caminetto, mentre Myra nasconde ­il viso tra le mani, sempre in preda al terrore e allo shock.)  

Non è ­meglio se ti prendi un whisky, o qualcosa del genere?

(Accende un­fiammifero e, inginocchiato accanto al caminetto e al     cadavere di­ Clifford, brucia il tutto, soffiando sulla fiamma. Poi si alza e si ­avvicina a Myra, affrontandola.)

Tornerò al successo, farò di nuovo un sacco di soldi!­E tutti i tuoi cari amici ti vedranno vivere e sfoggiare con i soldi che io­avrò guadagnato! Te l'immagini, la faccia che faranno?

(Myra abbassa lo­ sguardo. Sidney si avvicina alle finestre, scosta le tende, apre le porte a­vetri, e guarda verso la cima degli alberi.)

E’ proprio luna piena....

(Torna in mezzo alla stanza, si china accanto al cadavere e lo sistema pe r­portarlo via.)

           Spero non succeda ogni mese...

           (Si alza, si toglie la ­giacca, si frega le mani e si predispone al lavoro. A un tratto incontra ­lo sguardo di Myra.) 

Ti dispiace darmi una mano? 

           (Myra lo fissa, poi­ distoglie lo sguardo.)   

           Ormai è fatta, Myra, non vedo perché dovrei farmi ­venire l'’rnia...

           (Myra lo fissa ancora, poi dopo un momento si alza e si­ avvicina. Le luci cominciano ad attenuarsi mentre Sidney afferra per la­ testa il corpo di Clifford avvolto nel tappeto. Myra lo prende per i piedi.­Lo portano verso la porta a vetri, Sidney indietreggiando.) 

Meno male che  ­non era quello grasso.

(Le luci si attenuano e si spengono.)


 

Terzo quadro.

Quando la luce torna a illuminare la scena, Myra è seduta, con un bicchiere uoto tra le mani, e sta pensando. La luna splende ora più forte, attraverso le ­porte a vetri. Myra guarda il bicchiere e dopo un momento si alza e si avvicina ­al buffet, per versarsi un goccio di whisky. Sidney entra attraverso la porta a ­vetri, si pulisce i piedi, scuote la polvere dai calzoni. Chiude la porta a­ vetri, e tira la tende. Poi tira fuori il fazzoletto e si pulisce le mani.

SIDNEY - A me dammelo doppio. Ho l'impressione di essermi preso un colpo di­ freddo.  Oltre a un principio di veschiche sulle mani, dolori alle braccia,­ e un esercito di piccoli demoni che mi punzecchiano con le forche lì dove­ dovrebbero esserci le reni...  Nel "Figlio dell'assassino" il dottor­ Mannheim seppellisce Teddy in quarantacinque minuti. La prossima volta ­starò più attento.  Adesso siamo rimasti senza stuoia, ma l'altro giorno ne­ ho viste di mica male al supermercato.

(Osserva Myra, che si è riseduta ­senza versargli il whisky.) 

Ho come una sorta di impressione che tu stia­ per fare un discorso. Ti dispiacerebbe rimandare fino a che non mi sono ­preso qualcosa da bere e non mi sono seduto anch'io?

MYRA - Infatti, stavo proprio per dire alcune cose. Ho imparato anch'io qualcosa, in undici anni di ­drammoni a fosche tinte.

SIDNEY - Brava!   (Si versa da bere, poi - lamentandosi e massaggiandosi la­ schiena - va a  sedersi e si mette a suo agio.)  Attacca pure.

MYRA (dopo un istante, comincia) - Io... sono stata molto felice, quando si viveva con i tuoi soldi, ma non mi diverte l'idea di vivere dei soldi di­ quel disgraziato. Ho cercato di capire come tu abbia potuto farlo, anche tenendo conto delle tue delusioni e del tuo... imbarazzo per la nostra situazione economica...  ma proprio non ci riesco. E come potrai sentirti di nuovo un autore di successo, quando tutti e due sappiamo che la commedia­ non è tua?  Anche questa è una cosa che non riesco a capire. Tu sei... sei­ un estraneo per me, Sidney, e non è possibile che questo sia vero solo ­dalle cinque di questa sera. Evidentemente tu sei sempre stato diverso­ dalla persona che io credevo tu fossi.  (Sidney appare turbato dal discorso­ di Myra.) Io non credo che la polizia se ne starà così tranquilla come ­credi tu, e non voglio che ci sia niente di sospetto, nel caso che vengano­ qui a interrogarci...

SIDNEY - Ma come è possibile? Quello è sparito da Milford; e qui siamo a Westport.

MYRA - Andranno a frugare tra le sue conoscenze! Troveranno il nostro indirizzo,­ che ha avuto dall'Università, anche se ha mentito sul numero di telefono!

SIDNEY - Se verranno dirò che mi ha scritto e basta. La solita letterina­ melliflua, in cerca di consigli. E io gli ho risposto. O forse, ­semplicemente, l'ho buttata via.

MYRA - Se tra circa un mese non saremo ancora stati arrestati, voglio che tu te n­e vada. Ci faremo vedere in giro in qualche salotto a litigare un po' - tu magari potresti scrivere i dialoghi, qualche battibecco in tema di soldi o cose del genere - e poi te ne andrai. Vorrei che ti portassi dietro anche l'orto, ma dal momento che non è possibile, non appena cominceranno davvero ­ad arrivare i soldi, io te lo venderò e tu me lo comprerai. Prima della ­Rolls Royce, e prima della Costa Azzurra!  (Sidney, preoccupato, si alza e­le si avvicina: lei si fa sempre più agitata e violenta.)  Ti prenderai ­l'orto, e la casa, e tutti i nove ettari e mezzo!  Chiederemo a una qualche­ agenzia di stabilire un giusto prezzo...

SIDNEY - Tesoro, tu hai avuto uno shock e...

MYRA - Lasciami stare!

SIDNEY - Hai avuto uno shock, hai vissuto una brutta esperienza, e così è stato anche per me. Sono terrorizzato all'idea di poter essere scoperto, e mi sento profondamente in colpa al pensiero di essere stato in grado di fare quello che ho fatto. Darò metà dei diritti all'Associazione dei Giovani Autori Drammatici: lo giuro!  Ma non mi sembra che in questo momento sia il ­caso di parlare di tutte quelle cose. Tra pochi giorni, quando torneremo ad essere noi­ stessi, vedrai che tutto ci apparirà più facile.

MYRA - Tu sei te stesso, qui, adesso. E anch'io lo sono. E tra pochi giorni...­

(Il suono del campanello la interrompe.)    Va ad aprire. "Mi ha solo scritto una lettera, signor commissario."

SIDNEY - Saranno Lottie e Ralph, che vorranno raccontarci del film...

MYRA - Sarà Helga ten Dorp.

SIDNEY - Non essere ridicola.  (Di nuovo il campanello.)  Sono Lottie e Ralph, ­accidenti a loro. Bisogna farli entrare: ce la fai? Forse è meglio che tu ­vada disopra: gli dirò che hai...

MYRA (interrompendolo) - No. Voglio stare qui: voglio almeno farti stare con la paura ­che io esploda o crolli da un momento all'altro...

(Sidney la guarda, preoccupato. ­Il campanello suona per la terza volta.  Sidney si avvia verso la porta.)

SIDNEY - Vengo!  Chi è?

UNA VOCE (da fuori) - Sono la sua vicina, abito qui nella casa dei McBains. Può aprirmi un momento, per piacere?

(Sidney si volta, attonito. Anche Myra­ appare sorpresa e impaurita.)

Io devo parlare a voi molto urgente. Ho ­domandato ufficio informazioni, ma la signora non voluto darmi il vostro ­telefono. Per piacere, può farmi entrare? Sono amica di Paul Wyman. E'­ molto urgente!

SIDNEY (aprendo la porta) - Si accomodi.

(Entra Helga ten Dorp: una donna­ robusta, dalla mascella quadrata e dall'aria teutonica, cinquant'anni ­passati da poco, in preda a grande  agitazione. E' vestita in qualche modo,­ con una giacca infilata di fretta e sbottonata.)

HELGA - Chiedo scusa per l'ora così tardi, ma mi perdonerete quando io spiegare­ tutto.  (Entra nello studio. Sidney chiude la porta.)  Ja, ja, questa ­proprio stanza che io visto. Lampade, e finestre così... (Si prende la­ fronte tra le mani, dolorosamente)  E dolore! Grande dolore!  (Vede Myra e ­la identifica come la fonte del dolore: le si avvicina, e poi muove le sue ­mai attorno a lei, come se volesse toccarla, ma senza   riuscirvi.)

Dolore,­dolore, dolore, dolore, dolore...  (Si volta, vede le armi.)  Ehi! Sono ­quelle... le armi che ho visto!  Ach! Perchè tenete quelle brutte cose,­tutte piene di dolore?

SIDNEY - Sono armi antiche, ricordi della mie commedie. Io sono uno scrittore di ­teatro.

HELGA - Ja, Sidney Bruhl: Paul Wyman mi ha detto. Stiamo facendo un libro insieme.

SIDNEY - Mia moglie Myra...

MYRA - Molto piacere...

HELGA - Che cosa dà a lei tanto dolore, cara signora?

MYRA - Niente. Io sto... benissimo, davvero.

HELGA - No, no: qualcosa che lei visto le fa molto dolore.   (A tutti e due:) ­Paul ha detto qualcosa di me?  Mio nome Helga ten Dorp. Io sono medium.

SIDNEY - Sì, Paul ci ha parlato di lei. E stavamo anzi per chiederle...

HELGA (interrompendolo) - Sono ore che io ho sentito da qui un grande dolore. E ­anche più di dolore. Tutto cominciato ore otto e mezza, quando comincia il Mary Griffin Show. Io sarò ospite settimana prossima: se voi­volete vedere..?

SIDNEY - Sì, certo: molto volentieri. Ricordatelo, Myra.

HELHA - Giovedì sera. Ci sarà anche Peter Hurkos.  Perché televisione chiamato ­anche Peter Hurkos, io non so. Ho domandato ufficio informazioni, ma la ­signora non voluto darmi il vostro telefono. Ho telefonato a Paul, ma lui non in casa; lui in una stanza con muri tutti rossi, e sta mangiando con bastoncini cinesi. Allora chiamato ancora informazioni. Ho detto: "E' molto­ urgente, lei deve darmi numero di telefono: io sono Helga ten Dorp, sono­ una medium, una veggente."  E signora mi dice: "E allora lei scoprire ­numero." E io ho cercato, ma vedo solo prefisso: due due sei, come tutti ­altri, ja? Allora adesso ecco che venuta qui. (Guardando Myra con­atteggiamento di solidariet… e di simpatia:)  Perché dolore diventa sempre­ più grande. E più che dolore...  (Si muove per la stanza tenendosi una mano­ sulla fronte. Sidney e Myra si scambiano un'ansiosa occhiata.)

MYRA - Più che dolore?

HELGA - Ja, c'è qui altra cosa, qualcosa terribile.  No, grazie, mi disturba.

SIDNEY - Che cosa la disturba?

HELGA - Il whisky che lei stava adesso per offrirmi. Devo tenere testa senza nuvole, limpida. Io non bevo mai. Solo quando vedo troppe cose. Allora mi ­ubriaco.

(Si avvicina alle armi, e prende a sfiorarle con una mano,­ continuando a  tenere l'altra sulla fronte. Sidney e Myra rimangono­ immobili mentre la  mano di Helga passa sulla garrota. Helga afferra poi ­la daga, si volta  con la daga in pugno, chiude gli occhi.)

Questa molte­ volte usata da bellissima donna con capelli neri. Ma solo per finta...

SIDNEY - Questo è incredibile! E' un ricordo della mia commedia "Giochi di sangue", e veniva in effetti usata ogni sera da un'attrice bellissima, dai capelli neri!

HELGA - Verrà usata ancora.  Da un'altra donna. Non in commedia. Ma... a causa ­di commedia...  A causa di commedia, altra donna usa­ questo coltella.  (Sidney e Myra la fissano. Helga rimette a posto la daga.)­ Dovete voi mettere via tutte queste cose.

SIDNEY - Sì, sì, credo che lo farò. Uno di questi giorni vendo tutta la­ collezione. Sono anche stufo di vederla, tra l'altro.

HELGA - Forse “uno di questi giorni” già troppo tardi.   (Guarda Sidney e Myra con­ serietà)  Io non piace volentieri fare gente infelice, ma quando vedo cose­‚ mio dovere dire, ja?

SIDNEY - Beh, non saprei. Potrebbe anche starsene tranquilla. Voglio dire... lei­ è in vacanza, non è vero? Oltretutto è all'estero...

HELGA - Io devo parlare. Per questo Dio dato a me questo dono. Qui è pericolo.­ Pericolo molto.  (A Sidney, e poi a Myra:) Per lei... E anche per lei. ­C'è... morte, in questa stanza. Qualcosa che... invita morte, che porta­ morte...  Come... trappola mortale. Esiste in vostra lingua questa parola­"trappola mortale"?

MYRA - Sì...

SIDNEY - E' il titolo di una commedia che sto scrivendo. Forse è questo che lei ha sentito. E infatti nella commedia c'è uno che muore. Sono sicuro che è questo che lei ha "sentito" o "visto". Stavo lavorando qui, a questa scrivania...

HELGA (si avvicina alla scrivania, la tocca) - Forse... Ma io sento morte ­vera...

SIDNEY - Io cerco in effetti di essere molto convincente, tutto quello che­ scrivo me lo immagino vero...

(L'attenzione di Helga è  ora attratta dalla ­sedia su cui era stato seduto Clifford. Essa esita, le si avvicina, afferra­ lo schienale con ambe le mani, chiude gli occhi, rovescia la testa ­all'indietro. Myra trema, Sidney le posa una mano sulla spalla.)

HELGA - Un uomo... con stivali... Un giovane uomo...

(Apre gli occhi, guarda­ Sidney)  

Qui in questa stanza... lui lo aggredisce...

SIDNEY - Lui... aggredisce me?

HELGA (indicando le armi) - Con una di quelle. Viene come un amico. Per aiutare ­lei? Per lavorare con lei? E invece aggredisce...  (Chiude gli occhi, scuote ­la testa.)   Molta confusione qui...

SIDNEY - Beh, non dubiti che staremo attenti: un giovanotto con stivali! D'ora­ in avanti faremo come in Giappone: scarpe e stivali... fuori dalla porta!

HELGA - Lui è seduto in questa sedia... e parla di... Diana...

SIDNEY - Nella commedia c’è una Diana, sì...

HELGA - E di due altre persone... Smith... e Colonna. No, è una persona sola. Piccolo. Nero.  C’è in commedia un negro di nome Smith­ Colonna?

SIDNEY - Mai sentito questo nome.

HELGA (torna a chiudere gli occhi) - E' una visione molto confusa...

(Scuote la ­testa, riapre gli occhi.)   Adesso andata. Non viene altro.

SIDNEY - Beh... Una dimostrazione nolto efficace. Non è vero, cara?  (A Helga,­che sta ricomponendosi.) Il fatto di tirar fuori il titolo della commedia,­ e il nome di Diana, e quella storia della daga: veramente impressionante!

HELGA - Ricordi che altro io ho detto. Daga è usata ancora, da donna, per causa ­di commedia. E uomo con stivali aggredisce lei. Di queste due cose io molto ­sicura. Tutto il resto... molto confuso.  (A Myra) Adesso dolore molto meno, ­ja?

MYRA - Sì. Ma non sono mai stata male, davvero, mi creda.  (Le sorride nervosamente.)

SIDNEY- Una cosa straordinaria!  Confesso di essere stato sempre molto scettico ­per tutto quel che riguarda il paranormale, ma lei mi ha convinto che non sono frottole.

HELGA - Oh, no, niente frottole: e qualche volta non una bella cosa per chi l'ha avuta in dono da dio.

MYRA - Lei è sempre stata così?

HELGA - Fin da quando io bambina. Mai potuto giocare a nascondino o a guardie e­ ladri. Per me troppo facile, capisce? E papà e mamma mai incartati regali­di Natale: perchè sprecare bella carta d'oro e d'argento? E anche dopo, da­ ragazza, quando io andata a spasso con ragazzi...  ach, che brutte visioni!

SIDNEY - Adesso lo prende, qualcosa da bere? Mi piacerebbe molto parlare un po'­ con lei.

HELGA - No, grazie. Devo tornare a casa. Potete venire un giorno mia casa fare colazione con me. Io racconto a voi tutta la mia vita. Può essere davvero bellissima commedia.  (A Myra.)   Da bambina lei abitato grande casa con­ persiane gialle, ja?

MYRA - E’ vero! Sì!

HELGA (annuisce con soddisfazione) - Sempre quando luna è piena io in grande ­forma.  (Stringe la mano di Myra.)  Buona notte.

MYRA - Buona notte.

HELGA (la sua faccia si oscura, essa sfiora la guancia di Myra) - Stia­ attenta... (Lascia la mano di Myra, e porge la mano a Sidney, che gliela­ stringe, un po’  a  disagio.)    Anche lei...

SIDNEY - Non dubiti. Proibito l’ingresso agli stivali. Buona notte.

HELGA - Buona notte.  (Si volta e si avvia verso l'anticamera, accompagnata da­Sidney. Ad un tratto si ferma, si volta)    Ricordatevi... Giovedì sera, il ­Mary Griffin Show.

(Si volta ed esce. Sidney chiude la porta e torna nello ­studio.)

SIDNEY - Beh, se questo è tutto quel che sa fare, non dobbiamo preoccuparci di­niente.

MYRA - Non hai paura del pericolo che ha visto?

SIDNEY - Non particolarmente.

MYRA - Verremo scoperti!

SIDNEY - Non vedo come. Metti anche che arrivi la polizia, e che coinvolga Helga­ ten Dorp - il che mi pare molto poco probabile - beh, e allora?  Gli farà ­settacciare tutta la regione in cerca di un negro di nome Smith Colonna... o di un ragazzo con gli stivali

MYRA - Lo ha visto seduto qui! Lo ha sentito parlare!

SIDNEY - Ma la cosa più importante l'ha vista al contrario!  Sta a sentire: non­ c'è niente di cui preoccuparsi. Domani... brucio quella roba, o la butto­ nella spazzatura, e così la facciamo finita. Una settimana, e non ci­ ricorderemo neanche più niente di niente. ­E' stato più forte di me, Myra. Mi son visto quella commedia andare in giro­in tutto il mondo, e lui lì seduto, così giovane, così fortunato....  Non­ decidere adesso di sbattermi fuori a calci. E soprattutto, ti prego, non ­cominciare a pensare di usare quella daga. (Myra si volta, scioccata.)    Sto ­scherzando. Un’altra di quelle sue visioni tutte confuse, non c’è dubbio.­ Certo è che se mai riprenderemo una cameriera, dovrà avere della referenze ­a prova di bomba.

MYRA - Vendi le armi.

SIDNEY - Eh, dovrei proprio...   Lo farò­ senz'altro. Non subito, però: potrebbe essere un po' troppo sospetto.  ­(Prende in mano la daga, e vi gioca.) Incredibile, non ti pare?  Son ­passati diciott'anni, eppure si sente ancora il sapore di Tanya.

MYRA - Mettila via da qualche parte.

SIDNEY (alza le spalle, apre un cassetto della scrivania, vi mette dentro la daga, lo richiude) - Esce la daga, verso il cassetto. 

(Spegne la ­lampada della scrivania.)

MYRA - C’era una parte di me... che sperava che tu lo facessi. Nel momento stesso in cui ero atterrita all’idea, una parte di me lo sperava. Ho­ pensato anche ai soldi. E alla tua carriera...

(Sidney le si avvicina, la ­prende tra le braccia: essa lascia fare,  passivamente.)

SIDNEY - Tu hai cercato di fermarmi, hai fatto di tutto per impedirmelo. Quel­che è stato l'ho fatto io, e soltanto io. Mi hai aiutato a portarlo fuori­ perchè io te l'ho chiesto, e tu eri troppo sconvolta e troppo...  abituata ­ad aiutarmi per rifiutarti. Se mai qualcosa dovesse andare storto, su ­questo punto non ci dev'essere il minimo dubbio. 

(Le solleva il viso­ prendendola per il mento e la bacia sulle labbra: ed  essa comincia a­rispondere al suo bacio.)

Ma non c'è niente che possa andare storto.  E tra­poche settimane festeggeremo la notizia che "Grande produttore di Broadway­ acquista un'opzione sul nuovo thriller di Sidney Bruhl. L'invidia dei ­colleghi autori teatrali." 

(Myra si sforza di sorridere.)

E adesso­spegnamo tutto e andiamo a letto.

(Spengono un paio di lampade.)

E' ­possibile che l'omicidio sia afrodiasco? Pensa che colpo sarebbe per gli­ importatori di ginseng, senza contare il Ministero della Sanità, della Pubblica Istruzione, e...    ...AAAAAAH!

(Sidney ha urlato perchè, avendo infilato ­una mano tra le tende per controllare la chiusura della porta a vetri, si è ­visto afferrare la mano da Clifford, il quale, tutto sporco di terra, esce­ da dietro le tende tentando di spaccargli la testa con un pezzo di legna da ­ardere. Myra rimane paralizzata dal terrore. Alla luce del caminetto e ­dell'unica lampada rimasta ancora accesa, si può vedere la gola sanguinante ­di Clifford. Sidney cerca di ripararsi con la mano libera, ma Clifford, ­torcendogli l'altro braccio dietro la schiena lo forza verso la scrivania­ obbligandolo poi a sedervisi. Clifford lo colpisce con il pezzo di legna­ sulla testa, con pesanti colpi di cui si sente tutto il rumore, fino a che­Sidney giace immobile. Clifford scuote Sidney, come a sincerarsi che sia ­morto, poi si alza, respira profondamente, si volta, e sollevando il pezzo­ di legno avanza lentamente verso Myra, che emette dei versi di terrore, mordendosi le dita.)

MYRA  - No, no... per piacere... E' stato più forte di lui. 

(Clifford le si­avvicina, sollevando il pezzo di legno.)  

Io ho cercato di fermarlo...­

(Indietreggiando si trova contro una sedia, cade a terra, si aggrappa al­bracciolo con una mano, riparandosi con l'altro braccio da  Clifford che sta per­colpirla, poi ad un tratto i suoi occhi rimangono sbarrati, ed essa ­scivola lentamente a terra dove giace immobile.. Clifford esita un attimo. ­La guarda, poi si china su di lei, il pezzo di legno sempre levato, pronto ­a colpire. Con la sua mano sinistra lo vediamo toccare il corpo della donna ­- seminascosto  - tenerle il polso, muoverle la testa da una parte e­ dall'altra, toccarle la gola. Poi depone il pezzo di legna e si alza in piedi, ancora per qualche  istante guarda la donna, respirando profondamente.)

CLIFFORD - E' morta. Non c'è dubbio.

(Sidney si riscuote e si alza dalla ­scrivania: massaggiandosi un poco e  risistemandosi la giacca, si avvicina­a Clifford e in piedi accanto a lui guarda la donna.)

Ha funzionato...

SIDNEY - Non poteva non funzionare. Aveva avuto dei mezzi infarti anche per molto ­meno.

(Guarda tristemente il corpo di Myra. Clifford guarda Sidney e si allontana di qualche passo, voltandosi, come a rispettarne il dolore. Si mette sotto il braccio il finto pezzo di legno, e tira fuor di tasca un fazzoletto, per ripulirsi la faccia dal terriccio e il collo dal sangue­ finto. Sidney, dopo un sospiro alla memoria di Myra, si avvicina a Clifford massaggiandosi la nuca.)

Vuoi saperla la novità? Anche il polistirolo fa ­male.

(Clifford si stringe nelle spalle come scusandosi.) 

Hai picchiato ­maledettamente più forte che al motel.

CLIFFORD - Supplemento di adrenalina dovuto alla recita dal vero.

(Sidney prende ­il pezzo di legno finto e si avvicina alla porta a vetri.) Neanche la ­garrota è stata un'esperienza divertente... 

(Sidney apre le tende, esce, ­e dopo un istante ritorna, senza il pezzo  di legno e con la stuoia ­arrotolata. Chiude la porta.)

E quando è arrivata quella Helga ten Dorp?  A­ me, lì fuori, è quasi venuto un infarto.

SIDNEY - Idem qui dentro.

(Tira le tende, accende una lampada, e rimette a posto ­la stuoia davanti al caminetto.)

CLIFFORD - Incredibile, come ha previsto il fatto che io ti avrei aggredito...

SIDNEY (sistemando bene la stuoia) - Comunque non l’aveva azzeccata in pieno. Ti ­aveva visto aggredirmi con una delle mie armi...

CLIFFORD - Dev'essere stata la garrota che l'ha tirata fuori strada.

SIDNEY - "Ja, visione molto confusa..."

(Sistemata la stuoia, si volta e sorride ­a Clifford. Si tocca un lato  del naso:) 

Lì, di fianco al naso.

(Clifford si pulisce dove gli è stato indicato.) 

Va benissimo che sia venuta. Adesso­ potrà dire a tutti che aveva sentito il dolore fisico dell'attacco di cuore ­imminente.  Tutto fa gioco. Io era già molti giorni che dicevo in giro che­ Myra era un po' giù di tono. Non che occorrano prove di nessun genere,­ naturalmente.

CLIFFORD (rimettendosi il fazzoletto in tasca) - Meglio che porti dentro le mie cose.

SIDNEY - Non c'è fretta. Il dottore lo chiamo tra un po'. Non dobbiamo rischiare­ resurrezioni miracolose, non credi?

CLIFFORD - E se torna qui la signora ten Dorp?

SIDNEY (sostituendo la garrotta al muro con un'altra simile) - Non vedo perché ­dovrebbe tornare. Il dolore non c'è più, non ti pare?

CLIFFORD - Già.  Non ci avevo pensato.

SIDNEY (mettendo la garrota dalla parete nel cassetto) -  Non andare troppo in­ giro, per piacere: stai seminando terra dappertutto.

(Apre un altro ­cassetto, e tira fuori la daga.)

Sarai stato contento a sentirmi dire "Esce ­la daga, verso il cassetto."

CLIFFORD - Era in mio onore?

SIDNEY (rimettendo la daga al suo posto) - Certo. Stavo quasi per proporre io di ­metterla via, se non lo faceva lei. Temevo che la profezia della veggente ­potesse crearti dei problemi. 

(Aprendo il cassetto centrale della­ scrivania.)

Ho avuto a un tratto il sospetto che tu potessi tagliare la­corda, lasciandomi qui con una moglie in piena salute, un cadavere­ immaginario...    (Tirando fuori i copioni.)    ...senza un giallo a prova di­bomba con cui giustificare l'uno con l'altro.

CLIFFORD - E' una cosa che non avrei mai fatto.

SIDNEY (avvicinandosi al caminetto con i copioni) - Beh, ho pensato che era pur­ sempre meglio toglierti i pensieri.  Forse non è il caso di bruciare 'sta­roba proprio adesso. Ci vuol troppo tempo.

CLIFFORD - Si può anche fare a meno di bruciarli. Sono vecchi copioni...

SIDNEY - Vero. Potremmo separare i fogli e usare il retro per gli appunti. Bella idea brillante! Oh, al diavolo!

(Getta i copioni nel caminello, si piega, ­prende un fiammifero.)

Dirò che stavo buttando via un po' di roba­ dall'archivio quando..       

CLIFFORD - Meno bugie si dicono, meglio è.

SIDNEY - Sei una vera e propria fonte di saggezza, Cliffy, ragazzo mio. ­(Appicca il fuoco ai copioni.)

Addio, "Trappola mortale". 

CLIFFORD - La mia scrivania potremmo metterla qui.

SIDNEY - No, ho una sorpresa per te.

CLIFFORD - Lasciami indovinare. Mi dai la stanza della cameriera.

SIDNEY - Ti pare che potrei fare a te una cosa del genere?  Tu lavori qui, in­questo stallazzo rifatto e ristrutturato, come ti avevo promesso.

CLIFFORD - E allora quale sarebbe la sorpresa.

SIDNEY - Lo vedrai, dopo il rito funebre.  Vorrei proprio scrivere qualcosa sul­paranormale. Quella donna ha fatto veramente un numero incredibile: malgrado gli errori di dettaglio.

CLIFFORD - Anch'io non vedo l'ora di mettermi al lavoro.

SIDNEY - Su quell'idea di cui avevi parlato al corso?

CLIFFORD - No, ho un'idea migliore...  La settimana scorsa, stavo svuotando la­mia scrivania, e mi sono improvvisamente reso conto che proprio lì vicino­a casa mia, in un tipico ambulatorio della mutua, si stava svolgendo un ­dramma.

SIDNEY - Un giallo?

CLIFFORD - No. La verità è che i gialli mi interessano un po' meno. Voglio provarmi in qualcosa... di più autentico, di più importante.

SIDNEY - Bene: ti lascerò stare qui, malgrado queste tue affermazioni. (Tira­ fuori di tasca le chiavi della macchina e le porge a Clifford.) Va a­prendere i tuoi bagagli; io intanto chiamo il dottore.

CLIFFORD - Okay. (Si avvia verso la porta d'ingresso, la apre ed esce. Sidney­ compone un  numero al telefono, siede guardando il corpo di Myra e assumendo un'aria  più seria.) 

SIDNEY - Pronto, il dottore...  Parla Sidney Bruhl.  Dottore, per piacere, può richiamarmi?  E' urgente. Mia moglie ha avuto un attacco di cuore. E temo­ che non ci sia più niente da fare. Il mio numero è due due sei, trenta ­quarantanove. (Riappende, sospira. Clifford rientra con due valigie, una­ racchetta da  tennis, e una borsa.)

CLIFFORD - Le cose pesanti le porto dentro domani. Compresa la macchina da scrivere. (Lascia cadere le chiavi, che Sidney raccoglie.)

SIDNEY - Ah, già: il piccolo Smith Colonna.

CLIFFORD - La marca della mia macchina da scrivere. Buffo, no? Sta arrivando?

SIDNEY - Segreteria telefonica.

CLIFFORD - Ma pensa. (Raccoglie le sue cose.) 

Beh, ci vediamo più tardi. Quanto­ pensi che ti ci vorrà?

SIDNEY - Almeno un paio d'ore.  Può darsi che debba andare... con lei. Non lo so.

CLIFFORD - Va beh... Ciao.

SIDNEY - Ciao. (Clifford si avvia, Sidney lo richiama.) 

Ah, Cliff...  Il ­pavimento di sopra scricchiola da matti. Quindi datti una lavata in fretta, ­poi va a letto e aspettami.

CLIFFORD (ci pensa, sorride) - Ben volentieri. (Esce, salendo le scale. Squilla­ il telefono. Sidney, dopo un attimo di pausa per recuperare la  giusta­atmosfera, risponde.)

SIDNEY - Pronto?...  Sì, un brutto colpo. Ho provato con la respirazione bocca ­a bocca per dieci, quindici minuti, ma... (Il dolore del marito rimasto­ solo comincia a sopraffarlo.)     ...tutto inutile, non c’è stato niente... da ­fare.  Era qualche giorno che non si sentiva bene, io volevo chiamarLa, ma­ lei non ha voluto:  diceva che era solo...

(Il sipario si è chiuso.)

FINE DEL PRIMO TEMPO


 

ATTO SECONDO

Primo quadro

All'alzarsi del sipario, Clifford sta lavorando sodo, a differenza di Sidney.  I­due uonini sono seduti l'uno di fronte all'altro, ad una grande scrivania a due­ posti, che sostituisce la scrivania vista nel primo atto, e che ora è scomparsa.  E' mattina e una bella luce entra dalle finestre a vetri. Clifford sta scrivendo di ottima lena sulla sua vecchia Smith Corona, mentre­Sidney è inoperoso, un foglio bianco infilato sulla sua Zenobia. Sidney sembra irritato della furia con cui Clifford lavora: scrivendo, coreggendo, terminando fogli che poi corregge a penna, eccetera eccetera. ­Vediamo Sidney agitarsi nervosamente, e le labbra ogni tanto muoversi in ­un'esclamazione muta: c-a-z-z...

Clifford toglie il foglio appena scritto, lo cumula ad altri al suo fianco, e, ­penna in mano, lo rilegge per eventuali correzioni.

SIDNEY - Doveva essere ben animato, come ambulatorio.

CLIFFORD - Infatti. Ciascuno con una sua storia. E il dramma nasceva così, con ­tutti i vari apporti...

SIDNEY - Niente appunti, niente schema...?

CLIFFORD - Ma questo non è un giallo, Sidney. Non si regge su una trama complicata, su un'architettura di colpi di scena...  Questa è gente vera. ­Io non faccio altro che metterla lì, e lasciare che ciascuno esprima i suoi sogni,­ le sue frustrazioni, la sua rabbia contro la burocrazia...

SIDNEY - I produttori staranno già facendo la coda qui davanti.

CLIFFORD - David Szelnick lo conosci?

SIDNEY - Un po'.  Mi fai leggere qualcosa?

CLIFFORD  - Sì, se proprio ci tieni. Io però preferirei aspettare, fino a che­ non sono arrivato in fondo, in modo da darti tutta l'opera nel suo compiuto fulgore. Ti dispiace?

SIDNEY - No. Sarà questione al massimo di una o due ore.

CLIFFORD - Credo che ci vorranno ancora tre o quattro settimane.

SIDNEY - A quel ritmo avrai scritto un trilogia.

CLIFFORD (guardandolo, con partecipazione) - Tu non fai niente?

SIDNEY - Sto pensando...

CLIFFORD - Perchè non la fai benir qui?  Dico Helga ten Dorp. Parlando con lei ti si­ accende magari qualcosa.

SIDNEY - Non pensi che sia un po’ rischioso averla qui in giro­ per la casa?

CLIFFORD - Forse quando c'è la luna piena, ma in altri momenti perchè no? Pensa ­a come ha toppato quella sera in televisione.

SIDNEY - Beh, l'ha messa in crisi Peter Hurkos, quando ha cominciato a descrivere tutti i suoi ex-mariti nei minimi dettagli.

CLIFFORD - A proposito: ha chiamato Bella Forrester, prima che tu scendessi. Voleva sapere se doveva venire a far qualcosa da mangiare o a riattaccare ­qualche bottone.  Le ho detto che ce la stiamo cavando bene anche da soli.­

(Suona il campanello. Clifford fa per alzarsi ma Sidney lo ferma con un  ­gesto.)

SIDNEY - Sta fermo. Non vorrai correre il rischio di bloccare la fiumana dell’ispirazione, non ti pare?

(Si avvia verso l'anticamera, mentre­Clifford riprende a scrivere.   Sidney apre la porta, introducemdo Porter­ Milgrim, sui cinquant'anni dall'aspetto danaroso: veste da uomo d'affari,­con cappello, soprabito, e borsa in mano.) 

Porter, che piacere vederti! ­Accomodati.

PORTER - Come stai?

SIDNEY - Abbastanza bene, grazie.

PORTER - Vorrei parlare con te di un paio di cose. Ti disturbo?

SIDNEY - Assolutamente no. Mi fa anzi piacere interrompere un po' il lavoro. Tu­ piuttosto, come mai non sei già in ufficio?

PORTER - Devo andare a New Haven questo pomeriggio.

(Tende ­l'orecchio al rumore della macchina per scrivere.)

Il tuo segretario?

SIDNEY - Sì.

PORTER - Accidenti, come scrive in fretta...

SIDNEY - Vero?   Vieni, te lo presento.

(Passano nello studio: Clifford smette ­di battere a macchina e si alza ad incontrarli.)

Il signor Clifford­Anderson...  Il mio amico signor Porter Milgrim.

PORTER - Molto piacere.

CLIFFORD - Piacere mio, signor Milgrim.

SIDNEY - Avrei potuto dire “il mio avvocato”, ma poi lui mi mette in conto la visita.

PORTER - Se è per questo te la metto in conto comunque: è una visita d'affari. Per lo meno in parte.

SIDNEY - Clifford ha frequentato il corso che ho tenuto l'estate scorsa. Mi­ aveva chiesto di trovargli un posto di segretario, e così... quando Myra è morta... e mi son reso conto che avrei avuto bisogno di qualcuno che mi desse una mano, ho provato a chiamarlo. Il giorno dopo era già qui.

CLIFFORD - Con la mia macchina da scrivere, posso andare dove voglio senza problemi.

PORTER - Beato lei!

CLIFFORD - Per me è un grande onore poter aiutare uno scrittore come il signor ­Bruhl.

PORTER (notando la scrivania) - Ah, ma guarda... E’ bellissima.

SIDNEY - E' una scrivania gemella.

PORTER - Mmmm! E dove l'hai trovata?

SIDNEY - Da un'antiquario. L'ho vista lì per caso la settimana scorsa. Mi sembra­ una soluzione migliore che ingombrare la stanza con due scrivanie singole.

PORTER - Dev'essere costata una bella cifra.

SIDNEY - Beh, è detraibile.

PORTER - Sì, non credo che possano obbiettare sull'acquisto di una scrivania da ­parte di uno scrittore. Aspetta che la veda Elisabetta...

SIDNEY - Come sta Elisabetta?

PORTER - Bene, grazie.

SIDNEY - E le ragazze?

PORTER - Non potrebbero star meglio.

SIDNEY - Accomodati.

CLIFFORD - Io potrei andare al supermarket, intanto. Così lei e il signor­Milgrim potrete parlare in privato...

(Sidney guarda Porter, che fa un­ quasi invisibile cenno d'assenso.)

SIDNEY - Le dispiace?

CLIFFORD - Prima di mezzogiorno devo andarci: tanto vale che ci vada adesso.

SIDNEY - Okay. (Avviandosi verso l’anticamera.)  Tra un attimo sono da te, Porter.

PORTER - Fa con comodo. Non ho ancora fatto partire il cronometro!

(Sidney esce.­Clifford sorride, e tira via il foglio dalla macchina per scrivere.) Mi­ piace questa stanza.

CLIFFORD - Bella, non è vero?  E' un piacere lavorare qui. (Aggiunge il foglio alla cartella in cui sono raccolti gli altri.)

PORTER - Mi sembra che stia bene...

CLIFFORD - Sì, si è abbastanza ripreso, in questi ultimi tre o quattro giorni (Mette la cartella nel cassetto della scrivania.)  E' stata un po' dura la prima settimana. Di notte piangeva. Io lo sentivo. E beveva anche forte.

PORTER - Ah...

CLIFFORD - Comunque se ne sta tirando fuori. Il lavoro lo aiuta moltissimo.

PORTER - Sì, questo posso immaginarlo. E' una cosa che ho sempre  invidiato ai­ miei clienti scrittori. Anch'io ha provato a scrivere una commedia, una volta.

CLIFFORD - Davvero?

PORTER - Sulla Corte suprema di giustizia... che io ammiro e rispetto molto, sia­ ben chiaro. Ma anche il titolo era già un problema. "Hamburger"..

(Scuote­la testa amaramente: Clifford si avvia per uscire, mentre Sidney rientra, ­portafogli in mano.)

SIDNEY - Bastano venti?

CLIFFORD - Anche troppo: devo prendere un po' di roba per l'insalata e il latte.

SIDNEY - Mi prenda anche un po' di yogurt. Qualsiasi tipo, purchè non con le prugne.

CLIFFORD (infilandosi una giacca) - Okay. (A Porter.) La sua macchina non è sul ­passaggio, vero?

PORTER - No, l'ho parcheggiata di fianco.

CLIFFORD - Ci vediamo più tardi, o piacere di averla conosciuta: a seconda se farò a tempo o meno.

PORTER - Sono sicuro che ci vedremo ancora, signor Anderson.  (Clifford fa un­ cenno a Sidney ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.) Simpatico...  e­ anche un bel ragazzo.

SIDNEY - Sì... Pensi che sia gay?  Cioè... omosessuale...

PORTER - Lo so cosa vuol dire gay, Sidney.  Le mie figlie me l'hanno spiegato, molto tempo fa. No, non mi ha dato questa impressione.

SIDNEY - Io ho un piccolo sospetto che lo sia... In ogni caso, finchè fa bene ­quel che deve fare, la cosa non mi interessa assolutamente.

PORTER - Beh, si tratta essenzialmente di un dipendente che vive in casa, e date ­le circostanze anche le sue tendenze sessuali potrebbero essere oggetto di considerazione.

SIDNEY - Non ti ho chiesto un parere legale: stavo solo dicendo che la cosa non­ è affar mio.

PORTER - Oh, no, beh, certo: in questo caso no.

SIDNEY - Oltre tutto, la gente sospetterebbe qualcosa, se mi pigliassi in casa­ una segretaria donna.

PORTER - Sotto gli ottanta, certo.

SIDNEY - Quel che ho pensato anch'io. E così ho telefonato a Clifford.

PORTER - Mi fa piacere, trovarti così bene. E' la principale ragione per cui­ sono venuto. Sono stato demandato a farlo da Elizabeth, dai Wessons, dagli Harveys... Quel giovanotto ha scoraggiato tutte le visite, e avevamo paura­ che tu stessi peggio di quel che lui voleva far credere.  Ma evidentemente ­non è così.

SIDNEY - Infatti. Non mi sento ancora in umore di frequentar salotti... Comunque ­me ne sto tirando fuori. (Toccando la macchina da scrivere.) Il lavoro mi­ aiuta moltissimo.

PORTER - Che cosa stai scrivendo?

SIDNEY - Una commedia sul paranormale. Nel cottage di McBain è venuta ad abitare­Helga ten Dorp, lo sai.

PORTER - Sì, lo so. Dimmi un po': è vero quel che si dice in giro...  Ti­ dispiace se ne parlo?

SIDNEY - No, no, assolutamente. Di' pure.

PORTER - E' vero che ha indicato proprio il punto del pavimento dove Myra sarebbe caduta?

SIDNEY - Ma no, no, no, no. Non è vero, non è assolutamente vero. Quel che ha ­fatto è stato di venir qui e dire "Qui grande dolore, qui grande dolore,­ nel petto di questa signora."  E Myra ha detto: "Ma no, è un piccolo­dolore", e lei: "Eppure, con il suo problema lei dovrebbe farsi vedere da ­un dottore." Che è quello che io le andavo dicendo da giorni.

PORTER - E' incredibile sentir le cose a questo modo.  Potrai scrivere­ senz'altro un bellissimo giallo su questo argomento.

SIDNEY - Sta venendo bene. (Porter dà un'occhiata al suo orologio e comincia ad ­aprire la borsa.) Veniamo agli affari.

PORTER - Gi…à  Primo punto all'ordine del giorno, il tuo testamento. Adesso che­ Myra non c'è più, dovresti riguardarlo un po'. Così com'è adesso, se ti ­succede qualcosa ereditano tutto quei tuoi cugini canadesi. Ti va bene lasciare così?

SIDNEY - Non lo so; devo pensarci un momento.

PORTER - Okay, fallo. E questo è il secondo punto. (Gli porge dei fogli.) E' un­calcolo approssimativo, perchè non ho stime recenti delle varie proprietà,­ ma questo è quello che ti puoi aspettare, mille dollari in più o in meno.

SIDNEY (guarda i fogli e appare sorpreso) - Non pensavo che ci fosse così tanto...

PORTER - Si vede che Myra ha tenute le cose un po' nascoste. Lei lo sapeva: le carte erano tutte in perfetto ordine.

SIDNEY - Quando mi porteranno via con le tasse?

PORTER - Non molto, a dir la verità. Sui primi duecento cinquantamila dollari non ci sono tasse statali, e le tasse comunali, che partono dai cinquantamila dollari, sono una piccola percentuale.

SIDNEY - Hmmm!

PORTER (richiudendo la cartella) -  C'è un'altra questione, Sidney.  Stavo parlando con Maury Escher, ieri sera, alla riunione per il piano­ regolatore, e mi ha detto che volevi vendergli un po' di terreno.

SIDNEY (guardando le carte) - Non credo che adesso ne avrò più bisogno...

PORTER - Intanto non puoi: per adesso, almeno. Devi comunque aspettare che il ­testamento sia esecutivo.

SIDNEY - Lo so. Gli ho soltanto chiesto quanto avrei potuto prendere.

PORTER - Oh, allora era lui che voleva fare l'affare, non tu. Volevo esser­ sicuro che te ne rendessi conto. (Sidney piega le carte, le ripone, ­pensieroso. Porter guarda l'orologio.) Fine degli affari. Te la sei cavata­ con poco.

SIDNEY - Sì, lo so: sono fortunato.

           (Si alzano)

PORTER - E come lavorate?  Tu detti e lui scrive a macchina?

SIDNEY - No, no, le mie cose me le scrivo io. Lui, poi, le mette in bella quando sono finite. E mi tiene la corrispondenza.

PORTER - E prima cosa stava facendo: scrivendo lettere?

SIDNEY - No. Sta scrivendo una commedia sua.

PORTER - Ah, aveva seguito il corso, già.

SIDNEY - Ieri l'ha cominciata e domani probabilmente la finisce. (Si aspetta che­ Porter si avvii, ma Porter sta ancora studiando la scrivania.)

PORTER - Spero non ti rubi l'idea del paranromale...  Gliene hai parlato?

SIDNEY - Perchè dici questo?

PORTER - Perchè ha chiuso a chiave la sua roba nel cassetto. Senza farsi notare,­ ma io l'ho notato. (Sidney lo guarda, poi si avvicina alla scrivania e­ tenta di aprire il cassetto centrale dalla parte di Clifford: è chiuso.)

SIDNEY - Uhm.

PORTER - Oppure, può aver paura che tu gli rubi la sua.

SIDNEY - Difficile. E' uno squarcio di vita vissuta in un ambulatorio: delusioni­ e speranze di una mezza dozzina di persone, che proprio non mi pare possano ­interessare un pubblico.

PORTER - Ha lavorato in un ambulatorio?

SIDNEY - Sì. Prima di venire qui.

PORTER - Potrebbe essere la forza dell'abitudine, allora. La gente che lavora a contatto col pubblico chiuse sempre i propri cassetti.

SIDNEY - Senza farsi notare, hai detto?  Proprio il contrario, direi. "Ehi,­attenti tutti: sto chiudendo a chiave il mio cassetto."

PORTER - Può darsi semplicemente che sia il suo modo di fare le cose. (Sidney appare a disagio.) Mi dispiace averti messo questa pulce nell'orecchio. E' ­la mia mentalità avvocatesca. Probabilmente è proprio soltanto quel che sembra: un bravo e simpatico giovanotto, di assoluta fiducia.

SIDNEY - Sì, è probabile.

PORTER - Beh, sarà meglio che mi muova, se devo essere a New Haven a mezzogiorno. (Prende il soprabito, e Sidney lo aiuta ad infilarlo.) L'assegno dell'assicurazione ti è arrivato?

SIDNEY - No, non ancora.

PORTER - Domani mattina, per prima cosa, gli mando un sollecito.

SIDNEY - Grazie. Mi fai un favore.

PORTER - Quando vieni a cena da noi?

SIDNEY - Entro un paio di settimane credo che sarò in grado di affrontare di­nuovo il mondo.

PORTER - Va bene. Abbiti cura.

SIDNEY - Anche tu. Salutami Elisabetta.

PORTER (da fuori) - Okay.

SIDNEY - E le ragazze! (Rimane fermo un istante ad osservare Porter che scompare, poi chiude la porta. Ritorna lentamente nella stanza, osserva la ­scrivania vi  tamburella nervosamente con le dita, poi prova ad aprire il­ cassetto di Clifford con varie chiavi, compresa quella del proprio cassetto, ma senza riuscirvi.)  Cazzo!  (Riprova ancora, inutilmente. Prende dalla parete uno stiletto a lama piatta, e prova ad insinuarlo nella­ fessura del cassetto.) E dài, apriti, accidenti a te!... Ma guarda come­ costruivano la roba una volta, 'sti maledetti... (Rimette a posto lo stiletto, poi ha un'altra idea. Toglie il cassetto centrale dalla propria parte della scrivania, e infilando il braccio nell'apertura cerca di raggiungere l'altro cassetto. Si sforza quanto più che  gli è possibile, ma ad­ un certo punto - dalle sue esclamazioni - è evidente che le dita gli sono­ rimaste imprigionate) Ah, ah, ah, ah...  Oooh, oooh, oooh...  Oh, dio­ buono! Porca...!   (Faticando e sudando, riesce finalmente a liberarsi. Si­rialza, si succhia le dita ferite e sanguinanti, rimette a posto il­cassetto, che chiude sbattendolo con forza e con rabbia, poi sente qualcosa­ da fuori: corre alla porta, guarda fuori, ritorna nello studio bestemmiando ­tra i denti. Apre un poco la porta a vetri, corre alla scrivania, tira­ fuori una cartella e - da un altro cassetto - dei fogli di carta, che mette ­nella cartella e che poi posa sulla scrivania, coprendo il tutto con dei ­fogli anonimi e innocui... e terminando proprio mentre Cliffor entra con­ un sacchetto da supermercato in mano.)  Hai fatto in fretta!

CLIFFORD - Sono stato solo al supermarket. (Chiude la porta, Sidney gli si avvicina allegro e cordiale.)

SIDNEY - Da' qua, metto via io.

CLIFFORD - No, no, non importa.

SIDNEY - Sù, lascia che faccia io: tu hai fatto la spesa, io metto a posto. Tu­ torna pure al tuo ambulatorio.

CLIFFORD - Dio me ne guardi. (Sidney fruga nel sacchetto della spesa.)  Il resto­è nel vaso. Dicono che l'avocado sia iperproteico.

(Sidney ha un­inintelligibile verso di approvazione. Clifford si avvicina alla scrivania, ­tira fuori di tasca la chiave, apre il cassetto riprende la propria­ cartella, tira fuori il foglio che stava scrivendo, lo pone sul carrello­ curando bene l'allineamento, poi riprende a  scrivere.)

SIDNEY (da fuori) - Clifford!  Mi puoi dare una mano?

(Clifford si alza, esce­ per raggiungerlo, ma come esce verso l'anticamera Sidney irrompe nello studio attraverso la porta a vetri, e scambia tra loro le due cartelle...)

CLIFFORD (da fuori) - Dove sei?

(...tira fuori di tasca una bottiglia di­ birra...)

SIDNEY - Tu, dove sei?

(...e ritorna verso l'anticamera, mentre Clifford entra­ dalla porta a vetri.)

CLIFFORD - Ehi, aspetta.

SIDNEY - Ah, eccoti qui. Credevo non avessi sentito, e sono venuto io.

(Sidney ­gli porge la bottiglia di birra.)

Ho bisogno delle tue dita d'acciaio.

CLIFFORD - Una birra a quest'ora?

SIDNEY - Una voglia improvvisa, come negli sketch pubblicitari... Me la apri?

(Clifford la apre, e gli porge bottiglia e tappo.)

CLIFFORD - Si può usare anche l'apribottiglie, con questa confezione.

SIDNEY - Davvero?

CLIFFORD - Sì. C'è scritto sul tappo.

SIDNEY (sforzando gli occhi per leggere) - E chi ce la fa a leggere, scritto ­così in piccolo?

(Esce verso l'anticamera. Clifford torna alla scrivania e ­riprende il proprio lavoro. Sidney ritorna, versandosi la birra in un ­bicchiere. Siede  nella propria sedia, assaggia la birra, la riassaggia, la ­qualità lo soddisfa, appare molto soddisfatto. Poi, con indifferenza, come casualmente, allunga un braccio a prendere la cartella che ha posto sul proprio tavolo, la apre, dà un'occhiata, ha un sobbalzo che quasi gli manda ­la birra di traverso: continua a leggere: sopresa e sgomento aumentano. ­Guarda con aria incredula Clifford, che sta continuando a battere ­furiosamente, fa passare anche gli altri fogli, poi chiude la  cartella, ­chiude gli occhi, mormora un "Oh, dio mio!", poi riapre gli occhi, ripone ­la cartella, rimane a fissare Clifford come se si trattasse di Giuda­ Iscariota. Clifford finisce la pagina...  Sidney beve un altro sorso.)

E­ così... i gialli non ti interessano più, vero?

CLIFFORD - Mmm.

SIDNEY (altro sorso) - Non hai più gusto per le trame complicate, e per i­personaggi tirati giù con l'accetta...

CLIFFORD - Mm mmm.

SIDNEY - Vuoi far qualcosa di vero e di importante, con significati sociali...

CLIFFORD (sorride, come con comprensione) - Ehi, dagli un taglio, se non ti dispiace. O ti sta venendo un'idea?

SIDNEY - Potrebbe anche darsi...

CLIFFORD - Tu rilassati, e smettila di occuparti di me. Vedrai che l'idea ti viene.

(Ritorna al proprio lavoro. Sidney mette giù il bicchiere, riprende ­in mano la cartella, se la pone sulle ginocchia, la apre, legge:)

SIDNEY - "Trappola mortale". Giallo in due tempi.  (Clifford lo fissa, attonito. Sidney sorride e passa al foglio seguente.) Personaggi: Julian Crane. Doris­Crane. Willard Peterson. Inge van Bronk."  (Clifford apre la propria­cartella, poi la richiude.)   "L'azione si volge nello studio di Julian­ Crane, nella casa dei Crane a Westport, nel Connecticut."

(Volta pagina.)

CLIFFORD - Hai un bel coraggio, a rubare...

SIDNEY (interrompendolo con un fortissimo) - "LA SCENA! Lo studio di Julian­ Crane, tratto con molto gusto da una vecchia stalla e trasformata in­un'autentica casa coloniale. Una porta scorrevole in fondo al centro...

(La ­indica, così come andrà indicando tutte le successive “coincidenze") ...conduce a un'anticamera, su cui si aprono sia la porta d'ingresso che le porte che conducono alla cucina e al salotto, e in cui si intravvede la­ scala che conduce al piano superiore. In fondo a destra delle porte a vetri­ che danno su un patio delimitato da siepi.  In avanti a sinistra vi è un caminetto di pietra, IN CUI DOVRANNO POTERSI BRUCIARE DELLE CARTE!"

(Si­alza, e completa la lettura e la descrizione girando per la stanza. Clifford aspetta rassegnato che la bufera finisca.)

"A parte gli scaffali ­per i libri e un paio di semplici armadi cassettati, l'arredamento della­ stanza si compone di oggetti d'antiquariato scelti con gusto: un paio di ­poltrone, un buffet in primo piano a destra, e - centro focale della stanza ­- la scrivania di Julian..."

La scrivania di Julian te la ricordi, vero? ­Era quella a cui lavorava prima di prendersi in casa quel pazzo di Willard ­Peterson!  "Alle porte a vetri vi sono delle tende a disegni. Le pareti sono ­occupate da una serie di manifesti teatrali incorniciati..." A differenza ­di queste, che non sono manifesti ma locandine...  "...e da una collezione­ di armi antiche: pistole, manette, mazze, spadoni, asce..."  ... molte­ delle quali ho una gran voglia di usare adesso, da un momento all'altro.

­(Chiude la cartella, rimane a fissare Clifford.)

CLIFFORD - Finito? Non è che hai intenzione di recitarmi tutte le dodici pagine?­ Potresti spiegarmi?

SIDNEY - Che cosa c'è da spiegare? Tu sei un pazzo completo, con un inconscio ­desiderio di morte: che Freud ha nascosto fino a questo momento...

CLIFFORD - Io ho lo stesso desiderio che hai tu, nient'altro: desiderio di affermazione, voglia di successo.

SIDNEY - E "questo" dovrebbe darti il successo?

CLIFFORD - L'idea mi è venuta quella sera, non ti ricordi? Ho improvvisato tutto­ quel discorso, mentre tu stavi cercando la chiave delle manette... Potrebbe ­essere un giallo eccezionale.

SIDNEY - In cui uno come me e uno come te fanno venire un infarto a una come­ Myra.

CLIFFORD - Sì, e questa è la fine del primo atto.

SIDNEY - Ti dispiacerebbe dirmi, di grazia, qual'è la tua nozione di successo?  Trovarti nudo nella sala doccie di un penitenziario in mezzo a una banda di ­ergastolani, è un buon esempio si successo, per te?

CLIFFORD - Lo so che avresti avuto delle obbiezioni. E' per questo che il mio primo istinto è stato quello di dirti che non si trattava di un giallo.­Però non è che mi piacesse dirti una cosa per un altra, Sidney. E son­ contento che sia venuta fuori.

SIDNEY - Lui sapeva che avrei avuto delle obbiezioni!...

CLIFFORD - Beh, non è così?

SIDNEY - Il pazzo di casa sta scrivendo un dramma che ci manderà tutti e due in­ galera...

CLIFFORD - Ma neanche per idea!

SIDNEY - ...io sono qui terrorizzato, pietrificato, inorridito, attonito, e lui­ questo lo chiama "avere delle obbiezioni".  Hai ragione: non userò nessuna­di quelle armi contro di te: ti pesterò a morte con un dizionario. Ti­ lapiderò con i volumi dell'Enciclopedia Britannica.

CLIFFORD - Nessuno potrà mai provare che cosa ha fatto o non ha fatto venire un ­infarto a tua moglie.  Sta a sentire: se avessi potuto cambiare qualcosa,­ l'avrei fatto: ma non è possibile: "deve" essere uno scrittore di teatro! ­Chi al mondo può sognarsi di ricevere un testo compiuto che possa fare ­montagne di soldi?

SIDNEY - E un romanziere? E un compositore?... Oh, ma perchè sto qui a­discutere?

CLIFFORD - Una sinfonia che sfondi, a colpo sicuro? No. E poi: cosa vuoi che ne ­sappiano un romanziere, o un compositore, di dove si compra una garrota ­che sprizzi sangue, e di come si mette in scena un assassinio che risulti­ convincente...?  Non solo uno scrittore di teatro, ma uno scrittore di ­gialli: perchè probabilmente Arthur Miller avrà tutt'altre cose attaccate­ alle pareti, che non armi strane e antiche. Sì, penso che si possa ambientare la storia a Wilton anzichè Westport...

SIDNEY - Che bisogno c'è‚ di ambientarla in qualche posto?  Che bisogno c'è di scriverla?

CLIFFORD - Perchè "esiste", Sidney!

SIDNEY - Le montagne esistono, non le commedie!  Le commedie non esistono se­ prima non c'è una qualche testa di cazzo che le scrive!

CLIFFORD - Calmati un momento, e prova a pensarci, okay?  Pensa! Pensa a quella­ sera! Sforzati di vedere tutto dal punto di vista del pubblico. Tutto quello che abbiamo fatrto per convincere tua moglie che stava assistendo a­ un vero delitto - potrebbe avere un identico effetto sul pubblico. Non stavamo rappresentando una commedia?  Non l'avevamo scritta, provata...? ­Non era lei il nostro pubblico?  Primo quadro: Julian racconta a Diana di­ questo straordinario copione che gli è arrivato per posta. Qualche battuta­ sul fatto se lui sarebbe più o meno in grado di uccidere per una cosa del­ genere, poi Julian telefona a Willard e lo invita a venir lì portandosi­ dietro il copione originale. Il pubblico pensa esattamente quel che Doris­ pensa: Julian potrebbe uccidere Willlard. Secondo quadro: esattamente ­quello che è successo dal momento in cui siamo entrati da quella porta.­ Con tutti gli alti e bassi che  ci abbiamo messo per far che la cosa ­suonasse vera: io che aspetto la telefonata, eccetera eccetera. Un po' più ­stretto, naturalmente. Poi lo strangolamento, che spaventa il pubblico non ­meno di quanto spaventa Doris.

SIDNEY - Ecco perchè non avevi bisogno di fare una scaletta!

CLIFFORD (battendosi sulla tempia) - E' tutto qui, Sidney: tutto qui dentro. Quadro Terzo: "Inga van Bonk".  Una scena un po' divertente non fa mai male, non ti pare?  Poi Julian e Doris si preparano ad andare a letto - e­ la gente pensa ad un finale in minore - quando improvvisamente... z…cchete:­ arriva Willard, fuori dalla tomba, a consumare la sua vendetta. Sorpresa?­ Orrore? Doris ha l'infarto, Julian resuscita dal finto massacro... e il ­pubblico si rende conto che Juliam e Willard erano d'accordo, che non c'‚è nessun copione a prova di bomba, e che Willard viene lì ad abitare. L'atto ­finisce che Julian sta bruciando i copioni, o che telefona al dottore: non­ so bene quale dei due. E adesso dimmi sinceramente: è o non è un primo atto­ a prova di bomba?

SIDNEY - Sì. E con che intervallo! Da trent'anni all'ergastolo.

CLIFFORD - Nessuno può dimostrare che sia successo davvero. E' impossibile. Come­ è possibile?

SIDNEY - E che cosa dirai al giornalista del Times, quando lui ti dirà "Ma lei non lavora per Sidney Bruhl, e sua moglie non è morta di cuore più o meno ­il giorno in cui è arrivato lei?"

CLIFFORD (come ovvia risposta) - "No comment"

SIDNEY - Oh, dio mio...

CLIFFORD - Lo so che può essere un po' audace, ma... beh, non è di moda mettere ­tutto in piazza, al giorno d'oggi?  Giornali, televisione... E perché non­ in teatro, dal momento che la cosa non può essere provata?  Ci ho pensato ­molto seriamente, Sidney, e io credo sinceramente che aiuterà molto la­commedia, l'aver intorno un'atmosfera di... inquietanti interrogativi.

SIDNEY - Di questo sono sicuro. Pensa solo a un bel riquadro sul New York Magazine Post: "Si fa un gran parlare sulle curiose analogie tra la vicenda­ della nuova commedia "Trappola mortale" e la vita privata dei suoi due ­autori, Clifford Anderson e Sidney Bruhl, che si è suicidato proprio la­ sera della prima. Interrogato in proposito, il signor Anderson ha risposto: ­No comment."  Beh, io il commento ce l'ho, Clifford. No. Assolutamente,­ definitivamente NO!  Io ho un nome e una reputazione... un po' sbiadita,­ forse, ma buona ancora per inviti a cena, biglietti a teatro, e conferenze ­e corsi estivi sul teatro. Vorrei continuare ad essere considerato "lo ­stimato autore di "Giochi di sangue"", e non "quel pervertito che ha fatto­fuori la moglie". (Si volta.) Oh, guarda, un caminetto in pietra.  Chissà ­se "vi si potranno bruciare delle carte"!

(Si avvicina al caminetto con in­ mano i fogli del copione.)

CLIFFORD (lo interrompe, gridando) - Guai a te! (Sidney si ferma.)  Brucia quei ­fogli... e io esco da questa casa, e vado a riscrivere tutto di nuovo da un'altra parte.  Mi troverò... un posto di guardiano di case. (Si avvicina­a Sidney e gli tende una mano.)  Dalli qui a me. Dalli a me, Sidney. (Sidney gli dà  i fogli.) Ti ho aiutato ad uccidere perchè mi si offriva la possibilità di diventare quello che ho sempre voluto. Questa possibilità tu non me la toglierai. Speravo che una volta che ti avessi fatto leggere la prima stesura, ti sarebbe piaciuta tanto da farti passar sopra ai tuoi­ pudori da "Via degli angeli" e da convincerti a starci, ma credo che questa ­posso mettermela via.

SIDNEY (sorride appena) - Una collaborazione?

CLIFFORD - L'idea è soprattutto tua, no? Non pretendo che questa sia tutta­ farina del mio sacco. E so che il primo quadro mi è venuto fuori un po'... pesante e prolisso. Speravo potessimo essere una ditta: Bruhl e Anderson. E­ sono convinto che un'occasione così capita una volta nella vita.

SIDNEY - Mi dispiace, ma non me la sento di collaborare alla mia pubblica vergogna.

CLIFFORD - Il grande successo della prossima stagione. Non dirmi che non te l'ho ­offerto. (Sidney appare turbato.) Forse è meglio che me ne vada via in ogni ­caso...

SIDNEY - Perchè?...

CLIFFORD - Quando Helga den Torp dice che una donna avrebbe usato la daga a ­causa di una commedia... forse non è che sia andata troppo fuori bersaglio.

­(Sidney rimane in silenzio per un istante.)

SIDNEY - Non dire sciocchezze. Io... io ti voglio bene: io non penserei mai....­a farti del male. A parte il fatto che mi romperesti il collo.

CLIFFORD - Cazzo, se lo farei!

SIDNEY - Quindi non parlare di andartene.

CLIFFORD - Non lo so...  Non è che mi sentirei molto a mio agio, con te che odii­ questa cosa...

(Sydney si avvicina alla scrivania. Clifford fa passare i fogli della­ cartella. Sidney gli lancia una breve occhiata preoccupata, poi guarda in­ aria, pensierosamente.)

SYDNEY - Può darsi che io sia davvero fuori moda, con i miei ­pudori...

CLIFFORD - Sì. Lo sei. Al giorno d'oggi, accidenti... chi è che ha più riguardo per niente?

SIDNEY - Certo che metà dei diritti di un buon successo mi farebbero comodo...

CLIFFORD - Secondo me può venirne fuori anche un film.

SIDNEY - Porter mi ha appena dato le cifre delle proprietà di Myra. Ancora meno­ di quanto pensassi.  Ventiduemila dollari, metà dei quali se ne vanno per ­le tasse. C'è questa casa, e il terreno, certo, ma non posso disporne fino­ a che non sarà decretata la successione, e lui dice che la cosa può andare ­avanti anche due o tre anni.

CLIFFORD - Saluti!

SIDNEY - I soldi dell'assicurazione non è che sian tanti...

CLIFFORD - La mia offerta è ancora valida...  

SIDNEY - Sai una cosa? Pensavo proprio l'altro giorno che la storia del copione che arriva per posta potrebbe essere un ottimo punto di partenza, indubbiamente...

CLIFFORD - L'idea è stata tua, Sidney. Io ho contribuito solo con qualche dettaglio...  (Sidney sta evidentemente lottando con la difficile decisione­ da prendere. Clifford gli passa i fogli. Sidney li prende e­ sorride.)  Niente male, come sei riuscito a metterci le mani.

SIDNEY - Ho cercato di aprire il cassetto, ma questa dannata scrivania è una cassaforte. Porter ti ha visto chiudere a chiave... e io ho avuto paura che stessi facendo qualcosa sul paranormale.

CLIFFORD - E io che credevo di aver fatto tutto con tanta naturalezza!...

SIDNEY - E' un uomo attento, Porter. Pedante, ma acuto. (Clifford sorride, e guarda la ­sua pagina finita. Sidney soppesa la decisione.) E va bene: ci sto. La ­gente dica pure quel che vuole: il dado è tratto.

CLIFFORD - Dici davvero?

SIDNEY - Bruhl e Anderson.

CLIFFORD - Magnifico! (Gli porge la mano, che Sidney stringe al di sopra della­ scrivania.)  Il paese lo chiamiamo Wilton, invece di Westport.

SIDNEY - Lascia pure Westport: al diavolo tutto!

CLIFFORD - Gesù, ma ci pensi?  Io, Clifford Anderson, che firmo una cosa assieme­ a Sidney Bruhl!

SIDNEY - Questo lo dici nel primo atto.

CLIFFORD - Il secondo atto sarà un po' un problema....

SIDNEY - Come sarebbe a dire?

CLIFFORD - Beh, c'è un assassinio nel primo atto. Due assassinii, in effetti. Il second'atto corre il rischio di calare.

SIDNEY - Non necessariamente...

CLIFFORD (infilando un foglio nella nacchina per scrivere) - Ci metteremo dentro­ un ispettore, naturalmente... il quinto personaggio. Stavo pensado a una­ versione aggiornata del detective di “A come assassino”.

SIDNEY - L’ispettore Hubbard.

CLIFFORD - Già. E anche Inge van Bronk deve avere un'altra scena. Un bel personaggio divertente come quello... sarebbe una follia non sfruttarlo­fino in fondo.

SIDNEY - Tu va avanti a buttar giù il primo atto. E al secondo atto lascia che­ ci pensi un po' io....

(Clifford gli sorride, e riprende a scrivere a ­macchina. Sidney lo guarda con un'espressione dolorosa e malinconica,­ riprende il suo bicchiere di bitta, si appoggia all'indietro contro lo­ schienale della poltrona, e pensa, pensa, pensa, mentre le luci si ­attenuano e si spengono.)


 

Secondo quadro.

Al riaccendersi delle luci, Clifford ‚ in piedi accanto alla scrivania, dall a­sua parte, e sta mettendo a posto, con aria compiaciuta, un notevole pacchetto ­di fogli scritti a macchina. La macchina per scrivere di Sidney è coperta, a ­differenza di quella di Clifford. La stanza è illuminata soltanto dalla lampada ­della scrivania e dalle luce che si trova all'esterno, davanti alla porta della ­casa. Si sente il rumore del vento. Attraverso la porta a vetri, nel buio,­vediamo il chiarore di una pila tascabile che si avvicina. La persona che arriva ­con la pila bussa piano alla porta a vetri. Clifford ha un sobbalzo. Mette giù i ­fogli di carta, e poichè la persona da fuori torna a bussare, si avvicina­ cautamente alla porta.

HELGA(dirigendo la luce della pila verso il proprio volto) - Il signor Bruhl? Sono io: Helga ten Dorp!

CLIFFORD - Si accomodi. Il signor Bruhl non è in casa.

HELGA (entra, in impermeabile e scialle) - Io venuta attraverso bosco. Meno strada da camminare.

CLIFFORD - Dovrebbe comunque essere qui da un momento all'altro.

HELGA - Lei chi è?

CLIFFORD - Sono il suo segretario: Clifford Anderson.

HELGA (porgendogli la mano) - Io sono Helga den Torp. Io medium.

CLIFFORD - La conosco. Il signor Bruhl mi ha molto parlato di lei. Ho saputo che ­lei aveva predetto la morte di sua moglie.

HELGA (si avanza nella stanza, rimettendo in tasca la pila) - Ja, ja, c'era qui molto dolore. Proprio qui. (Si tocca il petto) Molto triste cosa. Tanto una brava signora. Ehi, questa stanza... Il signor Bruhl, lui sta bene?

CLIFFORD - Sta bene, grazie. E' uscito a cena, per la prima volta da...  Ha detto che alle dieci sarebbe stato a casa, e sono già le dieci e un quarto.

HELGA - Tra poco grande temporale! Molto vento e pioggia, e fulmini e tuoni. Cadranno molti alberi.

CLIFFORD - E' sicura?

HELGA - Sì. Io sentito alla radio. (Si toglie lo scialle dalla testa.)  Io­ venuta qui a chiedere in prestito candele. Voi avete qui in casa? Sì?

CLIFFORD - Non lo so. Non mi pare di averne viste, ma ci saranno senz'altro. Vado a vedere. Se intanto vuole accomodarsi...

HELGA - Grazie. (Clifford si avvia verso l’anticamera. Helga fa per sedersi poi­si ferma e tende la mano indicando)  Lei porta stivali! (Clifford si ferma­ e dopo un istante si volta.)

CLIFFORD - Tutti li portano al giorno d'oggi. Sono molto comodi.

HELGA - E' molto tempo che lei segretario del signor Bruhl?

CLIFFORD - No. Sono arrivato solo... un tre settimane fa. Dopo la morte della signora Bruhl. (Helga si volta dall'altra parte, preoccupata e perplessa.)  Vado a vedere se...  (Lo interrompe il rumore della porta d'ingresso che si­ apre.  Entra Sidney, accendendo la luce in anticamera. Indossa un impermeabile sopra giacca, camicia e cravatta. Chiude la porta  esclamando:)

SIDNEY - Ciao. Una rottura di palle...

CLIFFORD (interrompendolo) - Signor Bruhl! Buonasera. C'è qui la signora ten­Dorp. (Clifford e Sidney si scambiano un'occhiata.)

SIDNEY - Oh. (Entra nello studio.)  Buonasera.

HELGA - Buonasera, signor Bruhl.

SIDNEY  - Come sta?

HELGA - Bene.

SIDNEY - Ha ricevuto il mio biglietto?

HELGA - Ja, grazie.

SIDNEY - La sua lettera è stata molto gentile. E anche i fiori...

CLIFFORD - Ci sono candele in casa? Sta arrivando un temporale, e la signora è venuta a vedere se possiamo prestargliene qualcuna...

SIDNEY - Sì, ce n'‚ una scatola da qualche parte. Credo che mia moglie le tenesse sopra il refrigeratore. Se non sono lì, forse allora sullo scaffale ­sul pianerottolo... Una grossa scatola di cartone, grigia..  (Clifford­ esce.) L’ho vista, poi, quella sera in televisione. Non è stata un gran­serata, vero? (Ma Helga gli sta facendo pressanti segni perchè si­ avvicini a lei.)  Che cosa c'è?

HELGA (sussurrando, a bassa voce) - Lui uomo che io ho avvertito lei di stare attento! Uomo con stivali che aggredisce lei!

SIDNEY(sulle prime sorpreso, poi riflette) - Oh dio mio... Con tutta ­l'agitazione per... la morte di Myra, mi ero completamente dimenticato di­quell'avvertimento!

(Il vento sibila.)

HELGA - E' lui! Non per candele io venuta qui! Casa mia piena di candele! Ma io ­stasera sentito ancora grande pericolo, e in questa stanza si sente molto ­forte! Lei meglio non avere lui qui!

SIDNEY - Sa una cosa? Proprio questa sera ho preso la decisione di licenziarlo. Ne ho parlato con il mio avvocato. Ho cominciato a sentirmi a disagio con­lui la settimana scorsa, e così ho chiesto al mio avvocato di fare una...

HELGA (interrompendolo) - Ehi! (Fissa la macchina da scrivere di Clifford.) Smith-Corona! E' sua?

SIDNEY - Ja. Sì.

HELGA - Ma naturalmente! Corona, non Colonna! Ach! Ecco perchè sulla faccia di­ piccolo uomo nero io letto Qwertyuiop... Lei deve mandare via quello uomo­ stasera!

SIDNEY - Stavo proprio per mandarlo via: per dargli gli otto giorno, cioè. E non ho certo intenzione di rinunciarci, adesso che anche lei viene qui a mettermi in guardia. Lei é sicura di averlo visto aggredirmi.

HELGA - Come con televisione, immagini molto precise!

(Clifford appare sulla­soglia, ed esita a entrare.)

SIDNEY -Venga avanti, Clifford! (Entra Clifford con una scatola di candele, che­ porge a Helga, la quale sorride con aria di diffidenza, evitando di­guardarlo negli occhi.) Grazie. Io prendo due.

SIDNEY -Ne prenda pure anche di più.

HELGA - No, due bastano.

SIDNEY - Si sta veramente preparando il diluvio.

HELGA - Ja, qualche volta loro imbroccano previsioni... (Allacciandosi il­foulard, piano, a Sidney:)  Meglio che io stare qui?

SIDNEY (piano, a lei) - Non occorre, grazie. (Ad alta voce:)  Spero faccia tempo­ a non prendere l'acqua.

HELGA - Io vado attraverso bosco: meno strada da camminare. (A Clifford) Buona­notte.

SIDNEY (aprendo la porta a vetri) - E' buio pesto. Riesce a trovare la strada?

HELGA - Sì, io pila.

SIDNEY - Buona notte. (Helga si ferma, si volta, annaspa.) Cosa succede? (Clifford e Sidney si scambiano occhiate preoccupate, mentre Helga rimane­ qualche istante ancora in silenzio.)

HELGA - Mia figlia è incinta! Ohhh! E' tanti anni che loro ci provano! Da tanti­dottori sono andati! E adesso, finalmente, ecco che io divento nonna! Ehi!­ Goddank! Goddank! Devo subito telefonare e dirglielo!

(Esce di corsa.­Sidney sorride, chiude la porta, tira le tende.)

CLIFFORD - Ti ha detto che io sono l'uomo dagli stivali, quello ­dell'aggressione?

SIDNEY - Sì.

CLIFFORD - Se n'è accorta poco prima che tu tornassi. (Sorride.) Gliel'hai detto che non ho usato nessuna di quelle armi, e che il pezzo di legno era polistirolo?

SIDNEY - Non mi sembrava il caso. Però le ho detto che tu mi stai dando lezioni­ di karatè e che ci aggrediamo sempre per tutta la casa. (Sorride.) "Meno­ bugie si dicono, meglio è".

CLIFFORD (mette giù la scatola delle candele) - Ho finito il primo atto.

SIDNEY - Davvero? Hai impiegato la serata meglio di me... (Prende il pacco di fogli che Clifford gli ha indicato con un gesto.)

CLIFFORD - L'ho fatto finire con la telefonata di Julian.

SIDNEY (legge l'ultima battuta, poi guarda Clifford con aria perplessa) - E adesso come farò senza di lei?...

CLIFFORD - Beh... vuol far credere al dottore di essere sconvolto, non ti pare?

SIDNEY - Mmm.  (Rimette giù il copione.) Beh, hai un dialogo un po' troppo esplicito, qualche volta, ma il ritmo non potrebbe essere migliore. Intanto ho pensato tutto il second'atto: è pronto per andare in macchina.

CLIFFORD - Eccezionale!

(Attraverso le tende vediamo per un attimo la luce di un ­lampo.)

SIDNEY - Ci sono ancora un paio di cose che non sono ben sicuro che funzionino. ­Comunque le proveremo, e se van bene ti darò tutta la baracca pagina per pagina. E' piena di colpi di scena.

CLIFFORD - Non vedo l'ora! (Un tuono.)

SIDNEY - Prima fa un giro disopra a vedere se le finestre son chiuse bene; ti dispiace? Sembra quasi stia arrivando un tifone.

CLIFFORD - Quanti quadri ci sono?

SIDNEY - Tre, come nel primo atto. Mi piacciono, questi tipi di simmetrie... (Clifford esce. Sidney rimane fermo per un istante, poi si toglie la giacca­ e la sistema con cura sullo schienale della sedia. Altro lampo, più forte ­del precedente. Sidney si avvicina al caminetto, e dalla mensola sopra il ­caminetto prende una rivoltella, la punta verso il fondo, finge di sparare. ­Poi, alla luce della lampada, toglie accuratamente la sicura. Il rombo d'un ­tuono, e il rumore della pioggia che cade. Il temporale andrà aumentando di ­intensità durante tutta la scena che segue. Sidney ripone la rivoltella, ­ora pronta a far fuoco, sulla mensola, in modo che sia agevole prenderla. ­Poi si guarda in giro, controllando evidentemente posizioni e movimenti, e ­si frega le mani soddisfatto. Rimane in attesa, in evidente tensione. Si­ sentono passi sulle scale, poi Clifford entra.)

CLIFFORD - Chiuso tutte le finestre.

SIDNEY - Bene.

CLIFFORD - Quali sono i problemi?

SIDNEY - Son tutti nel finale. Allora: Willard ha spifferato tutto ai quattro­venti e la versione aggiornata dell'ispettore Hubbard è venuto a sfidare­ Julian nella sua tana. Julian, invasato, ferisce l'ispettore al braccio­ sinistro, ma nella pistola gli è rimasta una pallottola sola, e lui sta ­cercando di arrivare al muro di fondo in modo da prendere una qualche arma ­e farlo fuori definitivamente. Problema numero uno: può un ispettore in ­buona forma fisica ma con un solo braccio utile, impedire a un­ commediografo di mezza età, ma con due braccia, di andare dove vuole? La­ risposta che ci serve dovrebbe essere no. Proviamo. Io faccio Julian, tu ­fai Hubbard. Più o meno così come siamo...

CLIFFORD - E braccio sinistro fuori uso.

SIDNEY - Sì. Pronto?

CLIFFORD - Pronto.

(Sidney si dirige verso la parete di fondo. Clifford cerca di­ impedirglielo usando solo il braccio destro. Ma Sidney si libera piuttosto ­facilmente.)

SIDNEY - Devi mettercela un po' di più.

CLIFFORD - Mi sembrava abbastanza convincente.

SIDNEY - Ma per carità: neanche a un ballo in maschera. Sù, sii un po' più deciso.

(Riprovano con un po' più di convinzione, con accompagnamento di lampi e tuoni. Ma anche stavolta Sidney sfugge a Clifford con buona facilità.)  Che sia il caso che faccia tu la parte di Julian?

CLIFFORD - Avevo paura di stracciarti la camicia.

SIDNEY - Clifford, tesoro, stiamo cercando di diventare ricchi e famosi; non ci faremo condizionare in questo da una vecchia camicia di flanella, non ti pare?

CLIFFORD - Non possiamo lasciare che ci pensino gli attori e il regista?

SIDNEY - Questo non è il modo di fare di un serio autore professionista, baluba. ­Un serio autore professionista non manda in giro un copione finchè non è ­assolutamente sicuro che tutto quel che c'è dentro è recitabile e ­fattibile. E quindi, facciamogli vedere perchè Bruhl e Anderson entreranno ­a vele spiegate nella storia del teatro! (Riprovano, questa volta con­sincero impegno, lottando a lungo tra esclamazioni e commenti, fino a che­Sidney riesce a liberarsi di Clifford e raggiunge la parete di fondo.) Voilà! Funziona!

CLIFFORD (ricomponendosi) - Sì, ma guarda la camicia! Gesù, e la mia! Ti ho graffiato sul collo.

SIDNEY - Sopravviverò, non aver paura. E adesso, il secondo problema:  molto meno­ faticoso, e brevissimo.

CLIFFORD - Meno male.

SIDNEY - Adesso io sono l'ispettore Hubbard e tu sei Julian. Va vicino al muro.­Prendi la scure.  (Clifford esegue: prende l'ascia dal muro, si volta,­impugna l'arma con le due mani.) No, così non mi sembra naturale.

CLIFFORD - Io me la sento naturale.

SIDNEY - Prova a impugnarla in un altro modo.

(Clifford cambia la presa ma­ scuote la testa.)

CLIFFORD - Così non me la sento giusta.

SIDNEY - Okay, torna pure come prima. (Clifford esegue.) Adesso mettila giù. Per ­terra. (Un po' perplesso, Clifford obbedisce. Sidney si volta, prende l la ­pistola dalla mensola sopra il caminetto, e la punta contro Clifford.) Resta immobile. Dobbiamo dirci addio.  (Clifford sbarra gli occhi.) La­"Trappola mortale" è superata. Adesso siamo nel teatro-verità.

(Il temporale aumenta di intensità.)  La pistola di "Bersaglio di morte". Ma non­ caricata a salve come al caro vecchio teatro Apollo: pallottole vere,­ cortesemente fornite dalla pregiata fabbrica Remington and Co. L'ho­ caricata ieri sera, dopo che t'eri addormentato. Il fatto è che non voglio­che si scriva nessun giallo su quel che è successo. Anche se niente potrà essere provato, troppo se ne potrà parlare: e io sono un po' troppo vecchio­ e, diciamolo pure, un po' troppo snob, per andare a finire anch'io tra le­ segretarie del congresso, le ex-amanti di ex-presidenti, e i giovani arrembanti, e i vecchi arrembati, alla grande Esposizione Nazionale del­Cattivo Gusto. E sinceramente, non riesco a pensare a nessun altro sistema ­per assicurarmi che tu non mi ci iscriva, in un qualche bel padiglione ­centrale. Ho chiesto a Porter di dare una controllatina al tuo passato. Un paio di macchioline sono state trovate: proprio quelle di cui­ tu mi avevi parlato, del resto; ma secondo Porter - ne abbiamo discusso­proprio stasera - tanto basta a giustificare il disagio che ho avvertito. Così sono tornato a casa e ti ho licenziato: al che tu sei diventato­volgare e violento, e si è realizzata la scena prevista tre settimane fa da­Helga ten Dorp. Fortunatamente sono riuscito a prendere la mia rivoltella,­ per la quale ho regolare porto d'armi a scopo di difesa personale. Meglio ­che scavare una fossa nell'orto, non ti pare? Sono molto dispiaciuto,­ Clifford. Se tu non fossi caduto in preda a quell'attacco di giallite­ maligna, in quello che certamente è uno dei più gravi casi negli annali, ­chissà: forse davvero avremmo potuto essere la ditta Bruhl e Anderson. Così come è andata, ahimè, saremo soltanto... Sidney Bruhl. La mia battuta è finita. Tocca a te.

CLIFFORD - Che cosa posso dire? Posso gettarmi in ginocchio?

SIDNEY - Pensavo che mi avresti giurato di cambiar mestiere: di fare il fornaio, o il fuochista...

CLIFFORD - Ti fideresti?

SIDNEY - No.

CLIFFORD - E allora? (Alza le spalle.) Potresti avere un po' di pietà per i miei occhi, che ti piacevano tanto. 

SIDNEY - Oh dio, sì, sentirò molto la tua mancanza. Addio, Clifford.

CLIFFORD - Addio, Sidney.  (Sidney esita un istante, poi spara: lo scoppio è più ­forte del tuono. Clifford sta fermo per un istante.)  Ho pensato che un­ normale click di rivoltella non sarebbe stato molto spettacolare, quindi ­stamattina ho comprato dei petardi. Le pallottole vere, le ho messe in "questa" pistola. (Prende una pistola dalla parete e la punta contro­Sidney.)  Siediti giù, baluba. (Sidney è immobile.)  Siediti, ho detto! Peripezia?, dal greco peripeteia? Nemesi drammatica? Ti ricordi che al­corso ce ne hai parlato subito, al primo giorno. Elemento fondamentale della struttura drammatica. Metti giù quella roba. (Sidney, attonito, siede­ e depone l'arma.)  La questione è che io sono in possesso di un formidabile­ primo atto, ma non assolutamente nessuna idea di come mandare avanti il­secondo. Molto frustrante, come situazione. Tanto più che io condivido­ desco e letto con il sommo maestro dei costruttori di gialli, l'autore di­ "Giochi di sangue". E di "Pronto ad uccidere", che io considero, come ­congegno, ancora più elegante.

SIDNEY - Grazie, siamo in due.

CLIFFORD (prendendo un paio di manette dalla parete) - Sì, per il momento. (Si­ avvicina a Sidney e gli porge le manette)  Prego, si accomodi.

SIDNEY (con finta ingenuità) - Vuoi dire...che devo mettermele sù?

CLIFFORD - Voglio dire proprio questo. (Sidney con aria rassegnata prende le manette e comincia ad ammanettarsi un polso.)

SIDNEY - Che cosa hai intenzione di fare?

CLIFFORD - Va avanti col lavoro. Attorno al bracciolo della poltrona. Non fare­ il finto tonto! Ho detto attorno al bracciolo! (Sospirando, Sidney si ammanetta anche l'altro polso, facendo passare la catena attorno al bracciolo della poltrona. Cliford siede su un angolo della scrivania.) Quindi, eccomi qui con il mio problema. Sidney non mi darà nessun aiuto, ­perlomeno di sua libera iniziativa: questo mi è chiaro come il sole. E' uno­ che usa tre deodoranti e quattro lozioni per sciacquarsi la bocca: non è uno che apprezzi il sapore dello scandalo. Ma forse c'è un modo per ­sfruttare quel meraviglioso cervello da diciotto rubini e farlo lavorare­ per me, anche suo malgrado! E così� ho cominciato a scrivere il primo atto,­ e ogni volta che mi alzo dalla scrivania, con noncuranza, chiudo a chiave il cassetto. Con tanta noncuranza, in realtà, che per un giorno e mezzo l'astuto Sidney neanche se ne accorge. Ma ecco che arriva l'ottuso vecchio ­Porter, grazie a Dio, che mi salva dall'umiliazione di ricorrete a trucchi volgari e grossolani, come quello di lasciare in giro una pagina del testo.

SIDNEY - Sei una merda: questo lo sai?

CLIFFORD (sollevando la pistola) - Le dispiace ripetere al microfono?  E così, nasce la ditta Bruhl e Anderson. Io scrivo, e Sidney pensa. Io dormo poco:­ la notte scorsa, per esempio, non son quasi riuscito a chiuder occhio, con ­tutti i tamburellamenti sul tavolo che si sentivano... ma conto di rifarmi­ la prossima settimana. Grazie per l'atto secondo. Niente ispettore Hubbard. ­Il quinto personaggio è l'avvocato di Julian. Primo quadro: Julian scopre­ che Willard sta scrivendo la vera "Trappola mortale" sull'assassinio di ­Doris. Nomi di fantasia, naturalmente. (Il temporale sta raggiungendo il ­culmine.) Julian fa finta di collaborare, ma intanto chiede al vecchio­ Peter di informarsi un po' su questo Willard, sapendo benissimo che­ salteran fuori solo piccole e ingiuste calunnie di cui lui è già al­corrente. Quadro secondo: Julian fa in modo che Willard provi con lui un­ paio di momenti del giallo, in modo che ne risulti l'esatta messinscena per ­giustificare un omicidio per legittima difesa. Questo è splendido, Sidney! ­E' proprio quello che abbiamo fatto noi: funziona da dio, e io non ci sarei ­mai arrivato in vita mia! Veramente non so come ringraziarti!  (Sidney lo­ fulmina con lo sguardo.)  Julian spara a Willard, che fondamentalmente è un ­povero ragazzo innocente che Julian ha traviato...

SIDNEY - Ooh, figlio di puttana!...

CLIFFORD - ...ma in quel preciso istante entrano Inge van Bronk e il vecchio Peter. Lei lo ha chiamato perchè per tutta la notte non ha fatto altro che brutti sogni... Willard fa ancora a­tempo a dire tutta la verità… sul conto suo, di Julian, e della morte di ­Doris. E Julian si spara. Sipario.

SIDNEY - Niente terzo quadro?

CLIFFORD - Per dire che cosa? Sono morti tutti e due. La storia è finita.

SIDNEY - Non mi persuade del tutto. Preferirei pensarci ancora un po'.

CLIFFORD (intascando la chiave, si avvicina a Sidney con l'arma puntata) - No,­ grazie. Se ci son dei punti deboli, vedrò di farcela da solo.  (Si infila la pistola nella cintura, e dalla tasca della giacca di Sidney, sistemata sullo schienale della sedia di fronte alla scrivania, tira fuori il portafogli.)  E adesso faccio le valige, e chiamo un taxi. Mi prendo tutti i soldi che trovo.  (Intasca i soldi che ha trovato nel portafogli, posa il portafogli sulla scrivania, prende dalla parete le chiavi delle manette e­se le mette in tasca.)  Prima di uscir di casa, col taxi già davanti alla ­porta, ti darò la chiave. Dirai a tutti che mi hai licenziato e che io ho­ accettato il licenziamento con animo ilare e ben disposto. Se dirai che ti ­ho rubato qualcosa o se tenterai di danneggiarmi in qualsiasi modo, ti­ caccerai nel peggiore dei gineprai possibili. (Vividi lampi, rombo di­ tuoni. Le luci tremano, si affievoliscono, poi tornano sù di nuovo.) Che ­cosa te ne pare? Hai il clima di "Via degli angeli" a tenerti compagnia. ­Magari disopra trovo qualche gioiello. Ci vediamo tra un attimo.

(Esce­ verso l'anticamera, sale le scale. Come esce dalla vista, Sidney si libera ­delle manette, si alza, prende un piccolo arco  dalla parete sopra la mensola, e - predisponendolo - esce in anticamera e lo punta in direzione delle scale.)

SIDNEY - Clifford? Le manette erano quelle di Houdini.

(Scarica l'arco. Si sente­ un colpo di pistola, e poi il rumore della pistola che cade sulle scale. ­Poi cade anche Clifford, che sarà in parte visibile ai piedi della scala. ­Sidney, che si è tirato indietro al colpo di pistola, ora ha fatto ritorno­ nello studio. Guarda il corpo di Clifford poi prende la pistola che è ­caduta e la rimette al suo posto sul muro. La luci si attenuano, poi­riprendono, ma senza riportarsi all'intensità di prima.  Sidney posa l'arco ­accanto alla poltrona su cui era seduto, raccoglie le manette e con mano ­tremante le rimette al loro posto, poi rimette a posto sul muro anche la­ rivoltella che egli aveva usato. Asciugandosi la fronte riflette per un ­momento, poi torna accanto a Clifford, lo prende e lo trascina nello­ studio, accanto all'ascia che si trova per terra. Vediamo la freccia­ piantata nel petto di Clifford. La luce diminuisce ancora e Sidney mette ­Clifford nella giusta posizione. Egli guarda preoccupato la lampada più ­vicina.)  Ancora un po' di luce, Azienda Elettrica... 

(Le luci ritornano.)­  Molto riconoscente..  (Lascia Clifford, va alla scrivania, prende il pacco dei­ fogli, si avvicina al caminetto per gettarveli. Si inginocchia, accende un­ fiammifero, appicca il fuoco. Le luci spengono.)  Accidenti! (La stanza è ­ora illuminata solo dalla luce della fiamma, e dai fulmini che accompagnano ­i tuoni. Sidney si avvicina al corpo di Clifford, si china accanto a lui.­ Poi torna alla scrivania, ficca dei biglietti nel suo portafogli e il ­portafogli nella sua giacca. Prende le chiavi delle manette e le getta a ­caso. Un altro sguardo attorno, poi si avvicina al telefono e ­compone un numero, aspettando poi la risposta con ansia.) E dài, muoviti... ­Gesù...  La polizia, per piacere... (Aspetta ancora, in silenzio: si strappa­un po' di pi— la camicia, e aspetta, aspetta.)  Pronto? Parla Bruhl. Sidney­ Bruhl. Abito in Rabbit Hill Road. Poco fa ho ucciso il mio segretario. Mi ­stava aggredendo con un'ascia. Esatto. Aspetti di sentire anche il resto.­ Penserà che sono ubriaco, e invece sono perfettamente a posto. L'ho ucciso ­con una balestra medievale. Era l'unica cosa che avessi a portata di mano.

­(Siede alla scrivania.) Ma no, glielo assicuro. Venite qui a vedere. Ma sarà meglio che vi portiate dietro delle pile. Bruhl. Sidney Bruhl. Molto gentile: lieto che mi conosca... Lui si chiamava Cliff....

(Una mano lo ­afferra per la gola, troncamdogli la parola. Clifford emerge da dietro la ­potrona, colpendo Sidney più volte, in pieno petto, con la freccia della ­balestra. Poi smette di colpire e si mantiene dritto con grande sforzo, gli ­occhi sbarrati e lo sguardo vitreo, la freccia in mano, il petto ­insanguinato. Poi cade al suolo. Sidney, le mani sul proprio petto­ insanguinato, annaspa e muore. Tuoni, e buio.)


Terzo quadro

Si accendono le luci. Le tende sono aperte: ‚ un pomeriggio con cielo coperto. L'ascia, la faretra, e la giacca di Sidney sono spariti, come pure i due cadaveri. Il caminetto è vuoto. Per il resto, tutto è come prima. Helga, in ­semi-trance, è in piedi, accanto alla sedia dove è morta Myra. Porter le è ­accanto e la sta guardando con attenzione.

HELGA - Loro uccidono signora Bruhl.

PORTER - Come? Ma se ha avuto un infarto.

HELGA - Loro... fatto succedere infarto. (Aggrappandosi alla sedia con tutte e due le mani, con gli occhi chiusi.)  Grande dolore che lei sente... perchè lei vede Bruhl che uccide ragazzo.

PORTER - Aspetti un momento: quel ragazzo non ha...

HELGA (interrompendolo) - Zitto! (Sempre in trance)  Bruhl fa vedere a lei commedia di ragazzo, buona commedia. Ragazzo arriva, Bruhl uccide attorno ­al collo, stretto stretto - per prendere commedia. Lei aiuta a portare il ­ragazzo fuori. Suo dolore mi chiama, io vengo ma adesso sono andata... e il ­ragazzo viene fuori dalla tomba!  E' qui con pezzo di legno!  No! No!­ Prego! Io cercato di fermarlo...  Aaaahi! (Ha un fremito e un grande­respiro)  Lei muore. (Esce dal trance)

PORTER - Dio del cielo! Un finto assassinio per arrivare a un assassinio vero!­ E' sicura che è proprio questo quel che è successo? (Helga annuisce.) Mi ­era sembrato un po' strano, un segretario che arriva così, con neanche un giorno di preavviso...

HELGA - Non c'era nessun dramma scritto...

PORTER - Inventato anche il copione?

HELGA - Ma ecco che ragazzo scrive... tutto quello che loro hanno fatto... ­Bruhl lo scopre...

PORTER - Ho visto il ragazzo chiudere a chiave il cassetto!

HELGA - Bruhl molta paura. Dramma porterà vergogna, scandalo.

PORTER - Un dramma su di loro?  Su di loro che uccidono Myra? (Helga annuisce) ­Lo credo bene che avesse paura!

HELGA - Lui fa finta di aiutare, ma... inganna il ragazzo, fa in modo che lui prenda scure... per prove commedia... e... spara con rivoltella?  Ja, ma in rivoltella niente pallottole!  Ragazzo ingannato lui, per andare avanti con­commedia! Ragazzo incatena Bruhl, vuol andare via! Ma catene si rompono.

PORTER - Le manette di Houdini!

HELGA - Uccide ragazzo con freccia!  Su scale!

PORTER - E lo trascina vicino alla scure!

HELGA - Brucia commedia...

PORTER - Le ceneri nel caminetto...

HELGA - Chiama polizia...

PORTER - E mentre parla al telefono...

HELGA - Ragazzo tira via freccia dal petto... e aggredisce Bruhl. Proprio come­ io visto qualche settimana fa.

PORTER - Dio del cielo, che razza di storia! Questa... è ancora meglio di­"Giochi di sangue"! (Un pensiero lo colpisce. Lo vediamo riflettere,­avvicinandosi alla  sedia di Clifford.)

HELGA- Lei sta pensando...  se questa può essere commedia?

PORTER - Ne ha tutta l'aria, non le pare?  (Si guarda attorno.)  Tutto succede ­in una sola stanza....  (Conta sulle dita) Cinque personaggi...

HELGA (con lo sguardo perso lontano) - “Trappola mortale”.

PORTER - Certo: è un titolo che attira. Forse è‚ meglio che lasci perdere il mio “Hamburger”... potrei scrivere “Trappola mortale”...

HELGA - Ja, ja, io vedo teatro! Dentro teatro, molto applauso!  Fuori, lunga­ coda di gente per comperare biglietti, tutti tremanti per freddo!

PORTER - Dio del cielo, questo è incoraggiante!

HELGA- Sì, ma... (Si batte la mano sul petto.) ...questa mia idea!

PORTER - Idea sua?! Come sarebbe a dire? E’ un’idea... è  stata un’idea di Sidney, e del ragazzo!  Loro l’hanno vissuta!

HELGA - Ma se io non dire, lei non sa.

PORTER (considera la cosa) - Questo è vero; non posso negarlo. E per giunta lei ­mi ha fornito il titolo... che io posso usare o non usare...

HELGA - Noi dividiamo soldi fifty-fifty.

PORTER - Sta scherzando? Io ho in programma di tornarmene a casa, e lavorare di­ notte, al sabato e alla domenica, rinunciando magari anche alle ferie. E­ lei, invece, che cosa ha fatto? E' venuta qui, ha toccato un po' di mobili per un paio di minuti... Ma se io...

HELGA (interrompendolo) - Se noi non dividere soldi, io dico tutto di telefono.

PORTER - Telefono?

HELGA (di nuovo con lo sguardo perso nel vuoto) - Lei parla con fazzoletto­davanti alla bocca, con voce diversa, più alta... Dice porcherie a tutti­ suoi amici... (Porter impallidisce, Helga gli si rivolge) Che vergogna, ­uomo come lei, così importante avvocato, con moglie e due figlie... No,­ tre figlie... fare telefonista osceno! Ts, ts, ts!

PORTER (le si avvicina minaccioso) - Brutta ficcanaso...

HELGA (corre alla parete, brandisce una daga) - Attento, lama molto affilata. La ­polizia di Amsterdam insegnato a me difesa personale. Io lei avverto: io ­molto forte e paura di niente!

PORTER (contemporaneamente) - Maledetta! Puttana! Stronza olandese! Europea di ­merda!

(Il sipario cala sui due che si inseguono attorno alla scrivania.)

F  I  N  E