Un altro Ulisse

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UN ALTRO ULISSE

UN ALTRO ULISSE

Dramma tragicomico dal gusto aspro
sul declino e il disfacimento di un’isola del Mediterraneo,
nella speranza eventuale di una rinascita.

DUE ATTI
di

Giorgio Serafini


PRIMO ATTO

Itaca. La rocca. Sulla sinistra di chi guarda una strada conduce al mare; a destra vi è il muro di cinta della reggia di Ulisse, alto e impenetrabile, ma diroccato e cadente. Un imponente ulivo, sul fondo, è assalito da erbacce e rampicanti, soffocato, oltre ad essere spoglio. Anche un'antica fonte di pietra non butta una goccia d'acqua. La luce è quella di un crepuscolo livido e nebbioso. Dal mare s'avanza un uomo; il suo incedere è grave e deci-so, ma lento. Pare che sia un parto della stessa nebbia, scudiero della notte. Quando arriva a centro scena ini= zia a parlare. Le sue parole sono taglienti ed ineluttabili.

OMERO - Itaca. Secca, frustata, battuta dal vento. Notti troppo fredde e giorni caldi, troppo caldi, da scoppiare. E sangue, sangue versato per le male azioni degli uo-mini. Ulisse è lontano e con lui il tempo delle fonti pingue e della caccia abbon-dante. Era gonfio di pesci il mare, e la pesca prospera. Ora solo polvere, rovina, siccità. Invece dell'acqua, il sangue bagna i campi e li fa amari, velenosi, avari di frutti. Solo il loto selvaggio vi germoglia, fiore maledetto, che annebbia la vista, che ruba la ragione e inganna i sensi. E loro, i principi feroci ne fanno mercato indegno; e sciolsero l'assemblea, pagarono gli empi ed i disonesti; gli onesti li uc-cisero e li fecero tacere. Telemaco il giovane tuona come tempesta e dice che riu-nisce l'assemblea, che i soprusi e gli sperperi devono finire. Da vent'anni lontano il tuo re, Itaca, e da sette i pretendenti banchettano in casa sua e corteggiano la sposa per la successione. E' chiara la legge antica: l'assemblea designi il nuovo re. Ma essa è dispersa come il gregge senza pastore e minacciata dai lupi. Volgete lo sguardo al sole che nasce, o Itacesi, perché vi dico che non più a lungo la terra sa-rà senza frutto e la fonte senz'acqua. L'albero antico avrà nuove foglie se onesta e guidata da Atena-Occhio-Azzurro sarà la mano di chi gli darà nuova vita. (Omero esce, la nebbia si dirada e scopre Telemaco che ascolta Neobule cantare alla sera che nasce).

NEOBULE (canta, e Telemaco la ascolta rapito)
Saluta il chiaro mattino, 
l'allodola canta gentile, 
il gufo dal canto stonato 
il giorno fa presto fuggire.
Tu gonfia il tuo petto di vino, 
la notte non tarda a venire, 
e con il suo manto di stelle 
gli amanti fa uniti dormire.
Le labbra dischiudi in un bacio, 
che subito il cuore m'accende, 
poi guarda nei neri capelli 
la luna che argentea risplende.
(Telemaco fa per baciarla ed ella si ritrae).

TELEMACO Perché, Neobule?

NEOBULE Perché arriva la notte e non è bene.

TELEMACO Allora canta ancora per me, che il canto mi riempie l'anima.

NEOBULE Non posso, dolce principe.

TELEMACO E' come se tu avessi due nature: una ti lega a me, l'altra ti allontana.

NEOBULE Vuoi dire che il mio agire è doppio?

TELEMACO Dico che mi sembri incerta.

NEOBULE Non lo sono. (Si sentono schiamazzi dal palazzo e risa sguaiate).

TELEMACO Li senti? Loro ridono e cantano, e si saziano in casa mia.

NEOBULE Li sento.

TELEMACO Non ancora a lungo gli sarà consentito. Riunirb l'assemblea, domani. File-mone, Egizio, Critobulo e gli altri sono con me.

NEOBULE Siete in molti?

TELEMACO Non molti, ma fidati. Un pugno di fortunati fratelli.

NEOBULE Vi uccideranno.

TELEMACO Lo so. Ma l'attesa è una morte più lenta. Meglio quella che viver così, col loro piede sul petto, che incatena il cuore e il respiro.

NEOBULE Hai ìl fuoco negli occhi, Telemaco.

TELEMACO E' vero, brucìo. Mi accendo. Io non so cos'è la libertà. Mi sono sempre svegliato ìntorpidito, giorno dopo giorno, con gli occhi pesti, con la bocca amara. Tutto questo finirà.

NEOBULE Tu puoi tutto, sei il figlio di un re.

TELEMACO Che posso io? Meno di un capraio, dì un pescatore. Odio perfino l'aria che ho nel petto. Non ho campi per perdermi e distese d'acqua profondissima dove annegare. Non ho niente.

NEOBULE Puoi cacciare nelle tue terre, sgozzare i tuoi armenti. Puoi camminare solo e a testa alta per giorni interi ...

TELEMACO E andare dove? E' questa la libertà? No, Neobule, solo una triste solitudi-ne. Esser liberi è agire, per se stessi e per gli altri, inseguendo un'idea più grande e più alta. E' avere gli occhi limpidi e aperti. In quest'isola si può far tutto, tutto è legale, siamo tutti ciechi. Possiamo fare tutto, abbiamo tutto, capisci che catena ci lega? Siamo i più afflit ti tra i prigionieri. La libertà è una conquista, con tutto il dolore che porta con sé, non un regalo.Solo cosi ne puoi apprezzare la grandezza. (Neobule piange cercando di celare le sue lacrime). Cosa c'è, piangi?
NEOBULE Sono stanca, vorrei riposare.

TELEMACO Non ora, ora possiamo salvarci la vita. (Le si avvicina). Quando sarà finito vorrei che fossi la mia sposa, che cantassi per me, come stasera.

NEOBULE (Ancora tentando di trattenersi). Basta, Telemaco, non dire così. Se mi vuoi bene, taci. Vorrei stare con te come quando eravamo bambini e correvamo, nei bo-schi e sui sentieri del Nérito. Quando eravamo stanchi ci sedevamo, e allora can-tavo per te. 

TELEMACO E i pastori dicevano: venite, venite tutti a sentire Neobule dalla bella voce! Correte, che il canto leggiadro lo ispirano gli dei. Poi bevevamo il latte appena munto e facevamo il bagno nel fiume.

NEOBULE (Con il pianto nel cuore). Mi sembrano mille anni. (Comincia a cantare, ma è un canto mesto e doloroso).
Bianca è la veste dell'imeneo
e la fanciulla si cinga d'aurora
lasci i fratelli e la dimora
ed allo sposo ... (piange) Vedi? Non mi viene la rima. Non sono più brava come allora.

TELEMACO (La stringe in un abbraccio). Smetti. O finirò per disprezzare il giorno che nasce, domani, se porta la pena nel tuo canto.

(Entra il porcaro Eumeo)

EUMEO (Chiamando) Ehi, Sìgnorino. (Neobule nasconde il volto nelle vesti di Telemaco).

TELEMACO Zitto, sono qui.

EUMEO Affaccendato, vedo.

TELEMACO Quante volte t'ho detto di non chiamarmi Signorino?

EUMEO Non ci ho colpa se in te rivedo sempre il bambino che giuocava con la mia figlio-letta. Ora fai altri giuochi, mi pare.

TELEMACO Non è come credi ...

EUMEO Sia quel che sia, mi pare che tu sia cresciuto. Ma la ragazza piange?

TELEMACO Lacrime di malinconia.

EUMEO Non sia mai, che padre Zeus mi perdoni! Malinconia? Roba da vecchi, d'amore devono essere le lacrime delle ragazze. Niente di più bello del pianto di una don-na. Il guaio è che spesso lo si prende per vero. Talvolta lo è. L'hai, con rispetto parlando, gonfiata?

NEOBULE (Alzando il capo). Padre, no.

EUMEO Tu? E non sei al fiume, a lavare, con le altre?

NEOBULE Ho cantato per questo amico. Ora è già scuro.

TELEMACO (A Eumeo). Non vorrei che credessi ...

EUMEO Zitto, non dire niente, che finché taci ho almeno dei dubbi. E un uomo con una buona scorta di dubbi è sempre al sicuro, per Zeus!

TELEMACO (A Eumeo). Che notizie mi porti?

EUMEO Tutto è pronto.

TELEMACO Parla, dunque.

EUMEO Vorrei che fossimo soli.

TELEMACO Lo siamo.

EUMEO Meglio tu venga qui, vicino a me, che il fiato accarezza le orecchie di una don-na con tocco di miele e queste son capaci di render fuori veleno.

TELEMACO Non ti fidi di lei? E' tua figlia ...

NEOBULE Lascia andare, ha ragione. (Con verità amara). E' meglio per me che io non senta. (Si allontana di qualche passo dai due).

TELEMACO Non dirlo, vieni qui. Per l'amicizia che ci lega.

NEOBULE (Debolmente). No, Telemaco, no.

TELEMACO Non diremo una parola, allora.

NEOBULE Ti prego, no.

TELEMACO Te lo comando.

EUMEO (Piano). Tale e quale a quando era piccolo, voleva sempre comandare. Tutto suo padre.

NEOBULE (Amara). Verrò. (Esegue).

TELEMACO (Ad Eumeo). Parla, ora.

EUMEO Presto detto: ciò che resta della gloriosa assemblea è pronta ad unirsi a te. Ab-biamo con noi i più nobili itacesi.

TELEMACO Quanti in tutto?

EUMEO Circa quindici ...

TELEMACO Valorosi.

EUMEO Piuttosto. Però tre hanno più di sessant'anhi ed Egizio quasi settanta.

TELEMACO Ah, e sono ben armati?

EUMEO Per quello sì, solo che i più son schiacciati dal peso del bronzo.

TELEMACO (Sconsolato). Dov'è la gente di Itaca?

EUMEO Nelle case, a dir male dei pretendenti.

TELEMACO Perché non agiscono, allora?

EUMEO Quando sarai più esperto lo capirai. Si esercitano nel proposito più nobile, l'atte-sa. Aspettano che tutto cambi. Per poi vestirsi a festa e spartirsi i meriti. Lo fece-ro ai tempi di tuo nonno Laerte, quando ci fu la guerra civile e lo fecero ancora quando partì tuo padre. Bastò lo spazio di una notte perché gli oppositori divenis-sero i più convinti sostenutori, i vinti vincitori ed i vigliacchi e gli assassini i più onorati ed incensati. E' la politica: bisogna che non si sappia da che parte stai, o che tutti stiano, a turno, dalla stessa.

TELEMACO Può darsi che non si arrivi alle armi ...

EUMEO E che ti lascino convocare l'assemblea? Tu sogni.

TELEMACO Abbiamo dalla nostra i più nobili, i più saggi ...

EUMEO I più vecchi, i più rispettati. Li faranno parlare, ne tesseranno gli elogi, avalle-ranno le loro tesi e si prenderanno ogni merito. Quandlanche non li ammazzino.

TELEMACO La spada!

EUMEO Più onorevole ed altrettanto sciocco. Un'onda di sangue e poi il silenzio, come se lanci un sasso in uno stagno. Credimi, è bene aspettare. Rafforzarsi. Crescere, nell'attesa che torni tuo padre, Ulisse.

TELEMACO Itaca, sei dunque così sorda? Mi senti, Itaca? (Pausa). Mio padre. Tornerà, poi? L'avete mai visto mio padre? Non sarà l'alibi di questo silenzio, non sarà so-lo uno sbiadito fantasma? (Va verso il mare). Ulisse! Dove sei? Sei solo un no-me, un soffio di vento, ingannevole, oppure tornerai davvero? (Cade in ginocchio. Neobule gli si avvicina). Ci credi tu? Ci crederanno i nostri figli? (La ragazza volge il capo, senza parlare).

EUMEO Verrà. Bisogna crederci e preparare lo sbarco. Può essere questione di giorni, di ore. Saremo noi ad aprirgli la strada. (Salgono gli schiamazzi dalla reggia, come per un chiassoso commiato). Andiamo, gli altri ci aspettano. E non canteranno a lungo, (indicando la reggia) che il boccone gli andrà di traverso. Pazienza! 

(Eumeo e Telemaco escono verso il mare). (Neobule resta sola in scena, immobile, mentre gli schiamazzi diventano un frastuono).

(Lentamente Antinoo esce dalla reggia, si guarda attorno e si appressa a Neobule).

ANTINOO Ti saluto, Neobule, aspetti qualcuno?

NEOBULE Te, se hai qualcosa da darmi.

ANTINOO Se ho da darti qualcosa? Trovo sempre qualcosa da dare alle belle donne.

NEOBULE Dubito che il vino che hai in corpo ti permetta di questi propositi. Alludevo a quel che mi devi.

ANTINOO Mi diverti. Ed in effetti ho esagerato, ma non c'è bevanda migliore del vino degli altri, è come se scendesse più svelto. E poi nelle cantine di Ulisse ce n'è dell'ottimo. Rosso come il sangue, profumato come l'amore (ride).

NEOBULE Se l'odor del tuo amore è come quello del vino che hai nello stomaco, sfor-tunata colei nella quale lo versi, quel vino.

ANTINOO Tu sei una brocca perfetta.

NEOBULE Oh, no. Con me rischi che quel vino si mischi ad altri, e prenda d'aceto.

ANTINOO Alludi a Telemaco? Allora è un guaio, che il mio vino s'annacqua.

NEOBULE Il vino giovane fa girar la testa.

ANTINOO E subito disgusta e ti rivolta lo stomaco.

NEOBULE Berrei solo quello, se avessi sete.

ANTINOO Lo ami? Meglio. Molto meglio di quanto sperassi. Che t'ha detto? Avete parlato?

NEOBULE Io ho cantato per lui.

ANTINOO Basta che poi abbia cantato anche lui.

NEOBULE La sua voce non è leggera, è stonato. Ascoltava.

ANTINOO Invece io credo cantasse. Come si canta coi vecchi amici, o con le amanti: farò ... dirò. Mi intendi? (Mostra un piccolo sacchetto). Ogni promessa è debito.

NEOBULE (Improvvisamente seria). Non mi ha detto niente.

ANTINOO Neobule, io ti conosco, non c'è strumento che tu non sappia suonare ...

NEOBULE Ho provato con ogni armonia, con ogni accordo.

ANTINOO Certo quel principe dovrebbe portar vesti più lunghe. E studiare il ricamo. (Getta un po' del contenuto del sacchetto in terra, Neobule ne è scossa). Peccato.

NEOBULE Dammene o gettala tutta. Non sopporto quest'attesa.

ANTINOO (Falso) E' polvere, bella Neobule, solo polvere, non è una gemma, un'ambra, un berillo. E' solo l'estratto di un comune fiore. Poetico. Una donna ai miei piedi per un fiore.

NEOBULE Ai tuoi piedi mai.

ANTINOO (Lasciando cadere il sacchetto, che Neobule tenta di raccogliere). Sicura? (Mette il piede sul sacchetto).

NEOBULE Hai ragione, Antinoo. Dammi il tuo piede, che lo possa baciare.

ANTINOO La canzone.

NEOBULE Il mio strumento è scordato, non intende musica.

ANTINOO (Togliendo il piede dal sacchetto). Ho capito.

NEOBULE Che io sia maledetta.

ANTINOO Questo fiore è portentoso. E' una chiave d'accesso. Una panacea. (Neobule annusa un po' della polvere bianca nel sacchetto). Ha cambiato volto a quest'isola. Prima pastori, caprai, ora ricchi e rispettati.

NEOBULE (Ridendo convulsamente). Però è tutto secco, non c'è un filo d'acqua. (Il riso aumenta d'intensità). Ed il digiuno ci ha fatto ingordi, incapaci di non ingoz-zarci, fino a farci scoppiare!

ANTINOO (Le strappa di mano il sacchetto). Basta! Mi servi ben sveglia.

NEOBULE (Lunare). Chi sei? Chi sono? La amo, capisci? Mi fa fuggire da tutto. (Al sacchetto) La amo perché è grazie a lei che tu non esisti.

ANTINOO Sei tu che non esisti, senza di me.

NEOBULE Gli dei ti ascoltassero. Siedi qui, mi va di parlare.

ANTINOO Effetto immediato.

NEOBULE Vuoi sapere di Telemaco? Ecco che ti dico: Telemaco parlava ... parlava ...

ANTINOO (Impaziente) Parlava ...

NEOBULE (Senza respiro). Parlava di niente.

ANTINOO Bada che perdo la pazienza.

NEOBULE Non sia mai, signore, non sapremmo - poi - dove cercarla.

ANTINOO Non vorrei doverla cercare dove hai perso il tuo senno.

NEOBULE Troppo buono, troppo buono. Vuoi cercarla sull'Olimpo?

ANTINOO O forse sul palmo di questa mia mano? (Minaccia di darle uno schiaffo).

NEOBULE Puniscimi. Ti ho detto la verità. (Ride). Non sei proprio capace di ricono-scerla, eh? Ti compatisco.

ANTINOO Non sarà troppo forte, quella roba?

NEOBULE Troppo poco, signore, se sono ancora qui. Troppo poco per non farmi tace-re.

ANTINOO Vuoi dirmi allora che t'ha detto?

NEOBULE Subito ti accontento. Mi parlava dell'aria.

ANTINOO Ah, si? E verrà, la pioggia? Andiamo, concludi.

NEOBULE Ne avessi la forza! Se vuoi ti dirò: parlava del vento.

ANTINOO (Spazientito). Va all'inferno!

NEOBULE Non gridare. Mi fa male la testa. Parlava proprio di niente. Ti spiego: par-lava di niente. Parlava della libertà, non è forse più che niente? Parlava di aria. Penso si riferisse alla giustizia; e poi di vento, di una tipica libecciata giovanile: vuole riunire l'assemblea. Ti ho forse mentito?

ANTINOO (Subito interessato). Vuol riunire l'assemblea? Quanti con lui?

NEOBULE Quindici, credo, tra vecchi e malconci.

ANTINOO Il vecchio Egizio è con lui? E Filemone?

NEOBULE Mi pare.

ANTINOO Buono a sapersi. C'è pure Critobulo, e con lui Climedonte?

NEOBULE (Estenuata). Sì, sì, sì. (Poi subito glaciale). Non pensavo fosse così facile.

ANTINOO Cosa?

NEOBULE Firmare delle condanne a morte.

ANTINOO Sei stata preziosa.

NEOBULE Non sai quanto mi disprezzi.

ANTINOO Succede all'inizio, poi ci si fa l'abitudine. Bisogna imparare a convivere con il proprio disprezzo. Tu non sai quel che vali.

NEOBULE Lo so, invece, per questo mi valuto il giusto.

ANTINOO Ora va, ungiti di balsami e poi scaldami il letto, che stanotte starò con te.

NEOBULE (Cambia registro). Non lasciarmi sola. Da sola ho paura.

ANTINOO Così mi piaci. Mansueta come una bimba.

NEOBULE (Tenta di riprendersi e scherzare). Questo no. Non più.

ANTINOO Eppure c'è qualcosa di puro nel tuo sguardo, che quasi mi spaventa.

NEOBULE Oh, non temere, passa subito. (Si avvìa mestamente all'uscita di sinistra. Salgono ancora gli schiamazzi dalla reggia, come un leit-motiv sgangherato e sini-stro; si fanno quasi insopportabili).

ANTINOO (Chiamando, nervoso, all'interno della reggia). Eurimaco! Eurimaco!

EURIMACO (Uscendo, ancora pregno dell'atmosfera festosa del banchetto). Cosa c'è, fratello? Ti vedo crucciato. Vieni dentro, che il cibo e il vino cancellano tutto.

ANTINOO Ancora? Ma non sappiamo dunque far altro che mangiare?

EURIMACO E che altro c'è? Un po' di formaggio? (Ne trae dalla tasca e, ad ogni rifiuto dell'altro, ne assaggia un boccone e ne getta a terra).

ANTINOO No, sono sazio.

EURIMACO (Come sopra) Forse vuoi pane, e agnello?

ANTINOO Sono sazio, t'ho detto.

EURIMACO Mi rispondi male. Mi preoccupo della tua salute.

ANTINOO Ed io della nostra.

EURIMACO Non può esser vero, se non vuoi unirti al banchetto. Dell'uva? (Come so-pra).

ANTINOO Basta, Eurimaco, mangiamo da stamattina.

EURIMACO Da stamattina? Mangiamo da sette anni, e non ti sei mai lamentato. L'im-portante è non smettere. Lo stomaco s'abitua col tempo e si allarga, come una bi-saccia. Più la riempi e più roba contiene. Ma se ti fermi, ti viene il disgusto. Al-lora devi subito mangiare, e ti passa tutto.

ANTINOO E se la bisaccia, a forza di roba, si rompe?

EURIMACO Se si rompe, si rompe domani. E domani non è oggi, mi pare. Do mani ci penseremo. Vieni dentro.

ANTINOO Ci sono dei problemi.

EURIMACO Dovevi dirlo subito. Per i problemi cambia la dieta. Ci vuole del cibo grasso, che arriva più svelto a cullare i pensieri. Li dondola delicatamente fino a farli dormire. Del lardo? (Come sopra).

ANTINOO Lascia andare. Ti dico che questi problemi potrebbero farci restare a sto-maco vuoto ...

EURIMACO A me questo lardo, per Zeus! (Lo trangugia). Dobbiamo scacciare quel cat-tivo pensiero.

ANTINOO Per questo non hai torto. Lo si deve sradicare.

EURIMACO Ebbene, facciamolo subito e poi prepariamoci per la cena.

ANTINOO Ma non deve ancora concludersi il pranzo?

EURIMACO Può darsi. Chi lo sa? Lo dico per convenzione, perché è sera. Del resto, se non ci fosse il cielo ad indicarci i giorni e le stagioni, non potremmo saperlo. Ma è bene avere dei punti fermi (ride) per variare le pietanze. Della ricotta? (C.s.).

ANTINOO Prestami ascolto per un momento. La situazione può essere grave. Telema-co ed alcuni suoi fidi vogliono riunire l'assemblea ed esautorarci. 

EURIMACO (Ride forte). E se fosse? L'assemblea non si riunisce da vent'anni. Mi pia-ce, l'idea. 

ANTINOO E se decidessero di rimandarci a casa?

EURIMACO Amico, loro possono accusarci, è vero. E allora andremmo di fronte alla suprema corte dei nobili. I nobili siamo noi; ci assolveremo, e accuseremo Tele-maco di tradimento. Ho qui del cacio di capra.

ANTINOO (Convinto del discorso). Dammene un po'.

EURIMACO Sai che ti dico? Ti nomino giudice unico della corte suprema.

ANTINOO (Mangiando). Ed io ti faccio pubblico ministero e difensore.

EURIMACO (Mangiando anchlegli). Non sarà un po' troppo? (Ride).

ANTINOO Mi pare di no.

EURIMACO Hai ragione. Così prima mi accuso, poi mi scagiono ed infine mi assolvi.

ANTINOO (Biascicando). Proprio buono, questo cacio.

EURIMACO Viene dalle greggi sul monte.

ANTINOO Bisogna che me ne faccia mandare un po' a casa. Dimmi, Eurimaco, di Fi-lemone, Egizio e degli altri, che ne facciamo?

EURIMACO Come al solito. Io prendo quelli dalla mia parte, tu gli altri.

ANTINOO Come abbiamo stabilito?

EURIMACO Certo. Ci unimmo nel gesto estremo. Tu hai il mio sangue, quindi me; io ho il tuo. Verso la notte, ad Oriente, è il tuo comando; il mio qua, verso Aurora ed il sole.

ANTINOO Il confine taglia la reggia in due.

EURIMACO Esattamente. Ecco il segno. (Traccia una linea immaginaria).

ANTINOO Bene, e che non vedano il giorno, gli oppositori. Andiamo a cena ...

EURIMACO Così mi piaci, fratello, ma non era il pranzo?

ANI'INOO (Frastornato). Cena, credo. E' sera, mi pare.

EURIMACO Buon Apollo, bisognerà ordinare delle altre portate! (Getta il resto del ca-cio. Antinoo ed Eurimaco entrano nella reggia, mentre i soliti schiamazzi salgono a salutarne l'ingresso, per poi temperarsi e diventare un sottofondo stabile).

(Entrano Penelope ed Euriclea).

EURICLEA (Lentamente osserva il cibo in terra, si china e ne raccoglie i resti voltando la veste a mo' di sacco, come se fosse la cosa più naturale che possa fare). Buona ricotta, cacio fresco e grasso di porco.

PENELOPE (Anche lei fa lo stesso). C'è anche un po' di pane e una coscia d'agnello.

EURICLEA Allora son passati di qua, non ci si sbaglia. Lasciano sempre una traccia, come una mandria di vacche.

PENELOPE E le scorte son quasi finite. Mangiano da sette anni senza sosta e ogni gior-no che viene hanno più fame.

EURICLEA (Furba). Chissà che non gli venga il bruciore di stomaco ... (mima il gesto di un colpo di spada all'addome).

PENELOPE Che dici? Sai forse qualcosa?

EURICLEA Niente, ma ho visto Telemaco piuttosto agitato, stamane.

PENELOPE Tu mi nascondi qualcosa.

EURICLEA Credo voglia convocare l'assemblea.

PENELOPE Mio figlio. Non vorrei compisse azioni avventati.

EURICLEA Inevitabili, mia signora, adesso che è un uomo. C'è una stagione, sapete, in cui il sangue dei giovani prende a pulsare. E pulsando pulsando finisce per mutare di consistenza, si libera dell'acqua in eccesso e si fa sangue d'uomo. Cambia per-fino l'odore. La stessa cosa la vidi in suo padre, Ulisse, ed ora in lui. (Riprenden-do il discorso interrotto).E' tutta roba buona. Buttano tutta roba buona.

PENELOPE Dimmi, nutrice, ha pranzato quest'oggi mio figlio?

EURICLEA Telemaco? No, signora.

PENELOPE Eppure ti avevo detto ...

EURICLEA Ho nascosto del cibo per lui; non ne ha voluto: “'un sorso di latte mi basta - mi ha detto - e dell’uva. Il resto dàllo ai servi e agli amici e fa che ne abbia mia madre, che è tanto pallida. Per me, mangio aria e veleno". Poi è andato, non pri-ma di avermi versato un bicchiere di vino.

PENELOPE Vedi che faccio bene a temere per lui?

EURICLEA Quantè vero che l'ho tenuto in braccio, quel ragazzo non ci deluderà. E' onesto, è forte, è leale. Forse più ancora di suo padre.

PENELOPE E' così giovane ...

EURICLEA E non era forse giovane, il vostro Ulisse, ai tempi della guerrá civile? Do-veva stare nascosto, eppure non ha mai smesso di venirvi a trovare.

PENELOPE Mi portava un fiore ogni giorno, qualsiasi cosa accadesse.

EURICLEA E noi andavamo in giro a raccogliere avanzi di cibo, per sfamarlo, proprio come ora. (Riflettono entrambe sull'atto che stanno compiendo).

PENELOPE (Incredula). E' la stessa cosa, Euriclea, la stessa cosa. Solo che allora era chiaro chi si dovesse combattere. Ora è tutto così oscuro, e noi siamo così ciechi ...

EURICLEA E' il cibo che annebbia la vista; finché si è sazi non si pensa troppo e questo ci fa schiavi. La fame aguzza l'ingegno. Avevo inventato questo bastone appunti-to per raccogliere il cibo senza chinarsi. (Trae un bastoncino. Penelope lo guar-da).

PENELOPE Ora è tutto chiaro, ora so cosa dobbiamo fare.

EURICLEA Erano anni che non vi sentivo parlare così.

PENELOPE Sarà che son digiuna da ieri.

EURICLEA Fosse così avrei il fuoco in corpo, non mangio un boccone da ieri l'altro!

PENELOPE La dieta comincia a sortire i suoi effetti.

EURICLEA Pancia vuota, cuore pieno. (Ridono di gusto).

(Entrano Telemaco ed Eumeo).

TELEMACO Madre, Euriclea, cosa avete da star così allegre?

PENELOPE Il fatto che siamo di nuovo sazie, dopo tanto tempo.

EURICLEA Da scoppiare.

EUMEO Per Zeus, dov'è la dispensa?

PENELOPE E' proprio qui, sotto queste stelle.

TELEMACO Di che parli, buona madre?

PENELOPE Della dispensa del nostro orgoglio, che ci fa sazi di belle parole.

EUMEO Ho capito. Verbi arrostiti anche oggi, con contorno di sostantivi.

TELEMACO E non hanno un buon sapore, le parole?

EUMEO Per me son leggerine.

TELEMACO Coraggio. Ti piace, non senti com'è fragrante?

PENELOPE Purché sia condito con sale di saggezza.

EUMEO Almeno una salsina d'alloro.

TELEMACO Prova il secondo, ecco: libertà.

EUMEO Per taluni la trovo indigesta.

PENELOPE Ottimo piatto, se non svapora quando alzi il coperchio e spegni il fuoco. Mi piace accompagnata da un piatto di prudenza.

TELEMACO La prudenza mi nausea: fa da pietanza ai codardi.

PENELOPE Ma almeno non è (fa un gesto come se si recidesse la gola) portata di chiu-sura.

TELEMACO Se va come io dico, sarà il mio piatto forte domani.

EUMEO Bada che quella è buona anche stufata e neanche è malvagia se la riscaldi. Do-mani.

PENELOPE Fai attenzione che il pranzo non si fermi all'antipasto.

TELEMACO Conto di servire anche la frutta.

EUMEO Senza troppo rischiare, però.

EURICLEA (Scherzando). Per Apollo, che abboffata di belle parole! Chi mangia aria - però - aria gli sorte dal corpo. Meglio un po' di questo pane, che ho serbato. (Lo trae dalla veste).

EUMEO Questo è parlar saggio, e per non esser da meno ecco qui un po' di vino.(Tira fuo-ri un piccolo otre dalla saccoccia).

EURICLEA Gli avanzi sono qui, basta lavarli.

PENELOPE No, danne ai servi, che si sfamino.

EURICLEA Ve ne saranno grati, buona signora.

TELEMACO (Si fa a centro scena e prende a parlare mentre gli altri, religiosamente pon-gono a terra una tovaglia e apparecchiano per un pasto frugale). Pane e vino per noi, ecco la ricetta del più lauto pasto di Itaca: la portata più forte è la libertà. Domani, appena il sole araldo del giorno si affaccia sul mare lucente, l'assemblea sarà convocata. Tutto è deciso. E che Efesto forgi le mie parole affilate di bron-zo, che queste si scaglieranno sui pretendenti insidiosi come uno sciame di frecce!

PENELOPE E che questa sia l'ultima cena di magro.

EURICLEA E' poco, ma basterà. Stasera c'è aria di festa.

TELEMACO Che si vuole di più? Non c'è re in tutto il mondo che abbia un pasto più ric-co del nostro. Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. Abbiamo per amiche le stelle, che ora si conquistano il cielo, e la brezza del mare. Il cuore tra-bocca d'affetto e d'orgoglio e si spalanca agli amici. (Tutti si siedono attorno al ci-bo, dando l'idea della continenza e del calore domestico. Eumeo prende un fluato intagliato, i quattro si prendono per mano ed intonano una canzone).

EUMEO (con gli altri che fanno coro)
Riempi il piatto di cibo all'amico
che l'aria già si riscalda.
Versa dolce il vino aprìco
che il canto intanto s'innalza.
Sai che liba pure il nemico
ma il cibo ha privo di gusto.
Il gusto più dolce è un gesto d'amico
la stretta di mano del giusto
(La canzone ha un ritmo festoso ed antico. Sulle ultime note si innestano velenosi gli schiamazzi della reggia, quasi a sporcarne l'armonia. Man mano si fa buio sulla zona del convito, mentre è in luce Omero, che entra dal lato del mare). 

OMERO Siede ora crucciato Telemaco dai bei capelli e attende che passi la notte, che molte insidie nasconde. Intanto sull'Olimpo frondoso Atena-Occhio-Azzurro me-dita di andare in Itaca a spronare il giovane eroe, a infondergli forza nel cuore, ché non receda dal giusto proposito e che, chiamati gli Achei dai lungli capelli al consiglio, imponga ai pretendenti di lasciare la casa ed il regno. Bella ed altera è la dea, in tutto simile a Penelope nello sguardo acceso; di lei prende infatti sem-bianza, per meglio accostarsi a quel figlio caro agli dei e saggiarne in segreto la volontà. Sotto i piedi legò ella i bei sandali d'oro che la pórtan sul mare e sulla terra infinita, sulle ali del ventoi Venne dalla cima dell'Olimpo e con un balzo fu tra le genti di Itaca. Trovò nella casa i pretendenti superbi: chi il vino nel cratere mesceva, chi la carne tagliava e giuocava coi dadi. Telemaco fuori vegliava, in-ferno nell'anima. Ed io ti dico, Telemaco: di colei che viene non temere il discor-so. (La luce su Omero si spegne gradualmente per illuminare Telemaco, seduto a terra vicino al grande albero).

TELEMACO Ho bevuto sangue vivo ed ho sentito lo spirito farsi caldo, stasera, ma l'at-tesa si pasce del dubbio. Non t'ho mai visto, padre, ma questa notte vorrei che ci fossi. (Si alza). Ho aspettato, aspettato ed ancora aspettato, fino a comprendere di saper solo aspettare. Ed è di questa attesa continua che si nutre l'odiosa schiera di quei prepotenti. Il loro potere ti entra nel corpo come un vino leggero all'apparen-za, ma che ti fiacca le gambe e la ragione. Impari a vivere dei falsi elogi che san-no elargire, delle parole vuote imbellettate di vesti d'oro, finché ti sembra che quello e quello solo sia il mondo. Prendi a pensar come loro. Ma in apparenza no, tutto è perfetto, tutto funziona. Più di vent'anni ho vissuto in quest'illusione e adesso, adesso che ho squarciato quel velo? Mi pare d'intossicarmi alla vista di tanta aria pulita, così vicina, eppure tanto difficile da conquistare. Sta saldo, cuo-re nel petto, deve trascorrere solo questa notte; angoscia abbandonami, io devo tentare di vedere al di là. (Entra Atena in sembianza di Penelope). Madre, hai a-scoltato il mio discorso?

ATENA Si, figlio.

TELEMACO Proprio tutto?

ATENA Si, Telemaco.

TELEMACO (Infantilmente) Non devi credere che mi voglia tirare indietro

ATENA Non lo credo.

TELEMACO (Come sopra). Anche se ho detto quelle cose non è che le pensassi ...

ATENA (Dolce). Non parlare, sa già tutto l'occhio di una madre.

TELEMACO Non vorrei che credessi ...

ATENA (Rapida). Che hai paura? Lo so.

TELEMACO Non esiste la paura, in Telemaco.

ATENA (Arguta). E' questa paura che mi piace di te, che ti fa umano. Ti puoi sempre fi-dare di chi ha paura, se questa non lo domina.

TELEMACO (Si lascia andare). Non mi hai mai parlato così.

ATENA Fino ad oggi non ho mai avuto un figlio.

TELEMACO (Credendolo un rimprovero). E' vero, fino ad oggi sono stato un bambino. Ma da domani, giuro sull'Olimpo ...

ATENA Meglio non giurare sull'Olimpo.

TELEMACO Perché?

ATENA Sono suscettibili.

TELEMACO Mi pare siano anche volubili.

ATENA Perché dici così?

TELEMACO Non mi pare ci aiutino molto.

ATENA Te lo concedo, ma dillo a voce bassa.

TELEMACO Perché, se è vero? (Quasi subito si ode un tuono).
ATENA Che ti avevo detto? (Materna). Non devi dubitare, gli dei sono vicini, molto più di quanto tu creda.

TELEMACO Vorrei allora che la bella Atena, che più di tutti onoro, mi sgombrasse la mente da tanti pensieri e che guidasse la mia mano.

ATENA E' il suo primo proposito.

TELEMACO Se fosse con me la farei accomodare lì, dove si vede il mare, le slegherei i calzari d'oro e le ungerei i piedi bianchi di olii e di unguenti profumati. Poi le scioglierei i capelli e li pettinerei con ghirlande di fiori intrecciati.

ATENA E lei ti prenderebbe la mano, così (esegue) e la tua mente sarebbe libera.

TELEMACO Mi pare di sentirla, questa forza.

ATENA Vieni allora con me, dove si vede il mare (lo porta a sedersi vicino a lei) e perdi lo sguardo dove il suo azzurro si unisce col cielo.

TELEMACO (Sdraiandosi sulle ginocchia della dea). Ho il cuore libero ed il sonno mi accarezza col suo cocchio d'argento ...

ATENA Dormi, e sta' saldo, ora che conosco il tuo animo so che non puoi fallire, anche se ti aspettano delle difficoltà.

TELEMACO (Rapito). Madre, mi sembra di poterle annientare, mi perdo nell'azzurro marino dei tuoi begli occhi. (La guarda, poi, spaventato). Madre?

ATENA Figlio, che c'è?

TELEMACO Ma ... non avevi tu occhi marroni? Aiuto! (Balza in piedi sgomento).

ATENA Non c'è nulla che tu debba temere di me.

TELEMACO Chi sei tu? La vista m'inganna? Sei forse un demonio? E' la fame?

ATENA Sei del tutto savio, non ti ingannano i sensi. I miei sandali sono d'oro e ho lunghi capelli.

TELEMACO (Trasecolato). Atena-occhio-azzurro, bellissima, saggissima tra le dee, a me carissima. E t'ho chiamato madre ... (Si inginocchia).

ATENA E son forse meno che madre, io?

TELEMACO Di più, di più, mia signora. Mille volte madre per me e ancora non basta. (Si precipita sui sandali di Atena). Lascia che ti lavi i piedi, ti unga, che dia cor-po alle mie parole ... (Elettrizzato). Acqua, dove trovo dell'acqua? Vorrai forse mangiare. Ah, no, solo nettare e ambrosia si addicono agli dei. Vuoi forse del vi-no ...

ATENA (Lo tacita). Fermo, onesto Telemaco. Le tue parole volavano così alte e sincere che non si può dar loro vesti umane. Mi inebrio del loro bel suono e te ne ringra-zio. Ora torna qui (gli fa segno di poggiare la testa sul grembo di lei, come pri-ma) e lasciati vincer dal sonno. Sta certo che ti veglierò e che non ti accadrà nul-la. Ti verserò sugli occhi un sonno soave, e senza sogni.

TELEMACO Non credo di poter accettare

ATENA Non giacciono forse con chi vogliono, gli dei?

TELEMACO Appunto. Se son loro a giacere.

ATENA E invece qui sarai tu che mi giacerai ...

TELEMACO (Imbarazzato) ... in grembo.

ATENA (Ride). Ed io che credevo tu fossi un bambino. Hai invece del sale amaro sulla lingua. Ma è vero: non sarebbe conveniente farmi giacere in grembo. Anche se l'idea non è del tutto illogica. Sei molto bello, Telemaco, e fiero. Chissà che un giorno ...

TELEMACO (Scandalizzato). Signora!

ATENA Non prima di aver assunto una sembianza più consona. (Si volta, rispetto al pub-blico, e compie il gesto di cambiare volto. Muta anche la luce e la dea si sveste dei panni di Penelope. Resta tuttavia in controluce per non dare adito a sospetti edipici). Vieni qui, voglio essere sposa di un giovane nobile eroe, per dargli la forza di un letto divino.

TELEMACO Vuoi questo?

ATENA Oggi voglio per me la tua giovane, incerta saggezza, ed il tuo animo scaltro ed o-spitale. Ci uniremo e godremo l'amore come è costume dei mortali.

TELEMACO Come vuole Atena divina. Non sei la più casta delle dee?

ATENA Questo nome mi pesa davvero. Ed è falso. Telemaco non lo vuole? Non si farà.

TELEMACO Mai, padrona, offenderei la tua volontà.

ATENA Furbo Telemaco, tessitore d'inganni, non ti dispiace il disegno che ho nel cuore. Che ti frena?

TELEMACO (Evasivo). Temo l'inesperienza. Non sono guerriero di molte battaglie.

ATENA Prima o poi deve essere fatto.

TELEMACO Io imparo svelto.

ATENA (Ride dolcemente). Ti piacerà, sarà dolce quel frutto, acuto Telemaco dal braccio possente. Stanotte sarai un uomo simile a un dio. (Via la luce di colpo sui due. Subito luce su Omero, che è già in scena).

OMERO Così ha deciso la potente Occhio-Azzurro, bella e grande, esperta di opere splen-dide. Il riparo gradito ha offerto a colui che molto la onora. Per lui ha serbato il dono d'amore divino. Ecco, ora canta il grillo canto d'amore, così piace alla dea e il mare si unisce alla sacra armonia. L'onda, sua sposa, si adagia sul manto lucente di sabbia dorata. Gli uccelli piume variopinte danzano in cielo, le ali schiudendo, per la gioia di questo imeneo. (Buio. Musica. Poi la luce si riaccende gradual-mente svelando dapprima le avvisaglie del giorno, poi una alba livida. Mentre sa-le la luce, la musica si abbassa e si ode la voce di Omero registrata, che seguita). E quando brilla, figlia di luce, l'aurora dalle dita rosate, Itaca è pronta ad amman-tarsi di lutto e a versare altre lacrime.

(Entrano Eurimaco ed Antinoo, i quali mangiano per tutta la scena; trasportano pesanti far-delli).

EURIMACO Speriamo che Neobule si sbrighi, e che suo padre ci tolga d'impaccio.

ANTINOO Non credevo fossero così pesanti (riferendosi ai sacchi, che poggia).

EURIMACO Prima non lo erano davvero. Vuoti come l'aria. Discorsi farciti di parole.

ANTINOO Dei nomi, tutt'al più. Hai del latte cagliato?

EURIMACO Mi è rimasta solo della zuppa d'orzo. (Ne trova in un piccolo otre).

ANTINOO Forse dovremmo offrirne agli dei.

EURIMACO Penso lo stesso. (Guarda in alto). Mi pare che il cielo sia minaccioso, sta-mane.

ANTINOO Però non sei stato corretto. (Sistema, con Eurimaco, i sacchi, allineandoli).

EURIMACO Dimmi la mia colpa, fratello e che io ne risponda.

ANTINOO Non te ne avvedi?

EURIMACO Giuro che mai ti offenderei.

ANTINOO E' questione di non grande entità, ma di principio. (Guarda il cielo). Offri quell'orzo ad Apollo protettore.

EURIMACO (Esegue, versando un'esigua quantità della zuppa su un'immaginetta votiva). Io più d'ogni altro mi piego al principio. Parla.

ANTINOO Si tratta di Egizio.

EURIMACO Ci ho pensato io, come previsto.

ANTINOO Ecco il nodo: ci hai pensato tu.

EURIMACO Eravamo d'accordo, mi pare.

ANTINOO Non condanno l'azione, ma il luogo. Della carne di porco?

EURIMACO Non sarà pesante a quest'ora?

ANTINOO (Piccato). Rifiuti il gesto d'amico?

EURIMACO Per farti contento, ne prenderò un pezzetto. M'è rimasto ancora del lardo rappreso. (Lo mostra e lo assaggia).

ANTINOO Mi comprendi, allora?

EURIMACO In verità, no.

ANTINOO Dove dormiva Egizio stanotte?

EURIMACO In casa del fratello, Strabone. Per non sbagliare ho portato anche lui.

ANTINOO Bene, e dove abita Strabone?

EURIMACO (Ride). Ora proprio non so.

ANTINOO Dove ha la casa?

EURIMACO Ai piedi della rocca, al confine.

ANTINOO Giusto, al confine.

EURIMACO Ma è in terra mia.

ANTINOO Sei un po' distratto, Eurimaco, e non è bene.

EURIMACO Al dunque. Andiamo in fondo.

ANTINOO Ti pare di forma regolare, quella casa?

EURIMACO Uguale alle altre.

ANTINOO Tranne ...

EURIMACO (Sorpreso). Tranne le camere da letto.

ANTINOO (Impaziente). Che sono ...

EURIMACO (Rapido abbraccia Antinoo, costernato). Scusa. Mancai. Fu grave il mio torto.

ANTINOO Ne convieni?

EURIMACO Sì, come ho fatto a non pensarci? Le stanze sporgono, sono in terra tua. Puoi perdonarmi?

ANTINOO Mi basta la tua onesta ammissione.

EURIMACO No, no. Devo pagare, è giusto.

ANTINOO Non fa nulla.

EURIMACO Ti dico che devo essere punito.

ANTINOO Ti perdono.

EURIMACO Non lo permetto. Mi pento. Guarda: ti do due dei miei (indica i sacchi). Per uno te ne consacro due.

ANTINOO Accetto per non offenderti. Quali?

EURIMACO Ah, scegli pure tu. Prendi i migliori. I più grossi. (Ride). (Antinoo si china sui sacchi).
(Entra Neobule, seguita da Eumeo).

NEOBULE Ho portato mio padre.

EUMEO Eccomi, signori.

ANTINOO Giusto te, porcaro. Devi toglierci un peso dal cuore ...

EUMEO Se posso.

EURIMACO Te ne saremmo grati.

EUMEO Ed io sono schiavo della vostra gratitudine.

NEOBULE (Pavida). Ho fatto quel che dovevo, ora vorrei andare.

ANTINOO Perché questa fretta, bella Neobule, non aiuti tuo padre?

NEOBULE Son certa che è forte abbastanza.

EUMEO Rimani, Neobule, se te lo chiedono questi signori.

NEOBULE Vorrei proprio andare.

ANTINOO No. Voglio che tu canti e che pianga.

NEOBULE Non ho voce e, quanto alle lacrime, vi assicuro che ho pagato quel tributo. Vi chiedo d'andare.

EUMEO Piangere. Perché mia figlia dovrebbe piangere?

EURIMACO Perché in questi casi, così vuole il costume.

ANTINOO (Indicando i sacchi). Il feroce Ade ha avuto il suo pegno.

EUMEO (Si precipita sui sacchi, assalito da un sospetto). Filemone, dolce amico, Egizio, Strabone, Critobulo. Erodione. Climedonte. Morti! Che è stato, quale la causa di questo massacro ... (Guarda Neobule, che si ritrae).

ANTINOO Il capriccioso volere del fato.

EUMEO Che capriccio assassino.

ANTINOO Assassino? Hai detto tu proprio assassino?

EUMEO (Comprende che è meglio tacere). Dico che è un fato assai triste.

ANTINOO Meglio.

EUMEO E quale fu una così dolorosa causa?

EURIMACO Ce ne furono diverse.

EUMEO Capisco.

EURIMACO Filemone lo colse una tempesta, che lasciava il porto.

EUMEO Di notte?

ANTINOO Fu il mare rabbioso a inghiottire l'amico.

EURIMACO Con le sue spume, spietato, spense il respiro costante.

EUMEO Annegato?

ANTINOO Per questo s'oscurò l'occhio lucente.

EUMEO E' strano davvero (chinato sul cadavere). Qui sembra che il bronzo abbia inse-guito il sangue nel corpo. E poi qui, e qui, e qui ancora ...

EURIMACO (Risoluto). Tu vedi questo mattino che viene?

EUMEO Com'è vero che pascolo porci.

EURIMACO E vedi il mare che bagna la riva?

EUMEO Come vedo te adesso.

ANTINOO E ti preme vedere lo stesso, domani?

EUMEO Lo stesso no, signore. Ma il mattino lo voglio vedere come ho fiato nel cuore.

ANTINOO Allora, porcaro, ciò che vedi non è che un sogno, che un demone ti ha man-dato. Svegliati, ora.

EUMEO Son desto, purtroppo.

EURIMACO Sei desto. E non hai vento, nelle mani callose?

EUMEO Vento di morte.

ANTINOO Vuoi tu che quel vento spieghi la tua vela come spiegò quelle di questi ami-ci?

EUMEO (Duro). Ho la barca in bonaccia, signore, e vorrei ci restasse se. Per questo ti di-co che non è sangue questo che ho sulle mani e che non fu mio amico chi giace ora in terra. Ma che dico? Io non vedo nessuno. Filemone? Non so chi sia.

EURIMACO Sei veloce di mente, porcaro.

EUMEO (Freddo e agro). So stare coi porci: l'hai detto, sono un porcaro.

ANTINOO (Non raccoglie). Vorrei che questi corpi fossero arsi in uno splendido rogo e tumulati.

EUMEO Qui, nel centro di Itaca, così che tutti li onorino?

EURIMACO No, dove il Nérito protegge i campi con l'ombra.

EUMEO E' molto lontano

ANTINOO Così comando.

EUMEO Bisogna che s'avvertano i parenti, che le salme siano lavate, come piace agli dei.

EURIMACO Per gli dei abbiamo già sacrificato. Al più presto le fiamme purifichino queste spoglie mortali.

ANTINOO E Neobule canterà perché il sovrano degli inferi le accolga.

EUMEO No. Conservi le lacrime, le ombre di costoro ne fanno volentieri a meno ed i nomi gloriosi aprono da soli la strada.

EURIMACO Non farà dispiacere agli dei, che non si canti?

EUMEO Se ne faranno una ragione. Ai dispiaceri umani son già abituati.

ANTINOO Ma tua figlia ha una così bella voce ...

EUMEO (Guarda Neobule). Figlia, signore? Non ho figlie, io. Una l'avevo, ma è morta che non è molto.

ANTINOO Tuo padre è in collera con te, Neobule. Non capisce il servizio che hai reso alla patria. Ma gli passerà, non temere. Vieni con noi, per ora, andiamo. (Si ap-pressa a Neobule, che resta muta).

EURIMACO Fa un buon lavoro, porcaro. Pulito e silenzioso.

EUMEO Cambio mestiere, signore: guardiano di porci m'ha fatto mio padre, ma ora sono traghettatore. Non manca lavoro. Toglierò l'arte a Caronte. (Antinoo, Eurimaco e Neobule fanno per uscire assieme). Ancora una cosa, amici: di che morì il buon Egizio, e suo fratello Strabone?

ANTINOO Incornati da un cinghiale feroce, alla caccia.

EUMEO A quell'età la caccia è pericolosa, si sa. E Critobulo?

EURIMACO (Fa per parlare). Critobulo ...

EUMEO (Lo tacita, sarcastico). Lascia che te lo dica io, signore, che ho fantasia in avan-zo. Critobulo morì di crepacuore, tradito dal figlio che amava. (Neobule volge il capo).

EURIMACO Mi sta bene.

EUMEO Erodione lo faccio più semplice: gli si fermò il cuore.

ANTINOO Così pare. Addio, Eumeo, ti aiuteremmo, ma ci aspetta la colazione.

EURIMACO Già, credo che stiano per servirla. (Entrano nella reggia ed Eumeo resta solo coi corpi).

ANTINOO (Sulla porta). Dì a Telemaco che ci chiami, per l'assemblea. (Esce ridendo e si sentono nuovamente gli schiamazzi).

EUMEO (Sul cadevere di Filemone). Eri qui, nobile amico, non più tardi di ieri, coi tuoi discorsi onesti. Ecco la colpa. Cosa sei ora che l'alito donato dal cielo veleggia nel mare insidioso che accompagna la morte? Tre volte ti bacio la fronte bianca e ti stringo la destra, ma tu - ombra infelice - non tornerai. E voi? Cosa siete, voi, bocche sacre di Itaca? Muti scrigni vuoti di gemme, abiti lasciati alla polvere sen-za più calore di uomini. Eravamo amici! E come amici vi onorerò in quest'ora ul-tima. Vi canterò canto di caccia e di libagione. Facciamo bagordi. Che i vostri nomi volino come uccelli sulle mie labbra d'amico, e che Itaca non dimentichi.

(Carica in spalla un sacco).

(Entra Telemaco tutto eccitato per l'impresa divina).

TELEMACO Non occhi tristi, non lacrime, Eumeo. Stamattina mi sento una energia ...

EUMEO Son sicuro che se parlo si dissolve.

TELEMACO Nemmeno la morte potrebbe. Vi sia solo giubilo, quando gli dei si con-giungono. Lo fanno quando scende la notte, coi migliori dei mortali.

EUMEO (Ironico). Felicità a loro, e abbondanza. A me la notte ha portato altre messi.

TELEMACO Mi vuoi dunque guastare il nuovo giorno? Oggi è il nostro giorno, ricordi?

EUMEO Per me, starò in silenzio. Il mio carico non parla più. Ma parlava, un tempo.

TELEMACO Che porti?

EUMEO Non porci sgozzati.

TELEMACO Che, allora?

EUMEO Porto in spalla Filemone ... le sue gambe non lo reggono più.

TELEMACO Filemone? Ieri gli ho parlato, in casa sua ...

EUMEO Adesso - sicuro - non parla più.

TELEMACO Chi l'ha ucciso?

EUMEO La febbre di Itaca: coglie chi ha il vizio di accordare occhio e orecchie alla voce.

TELEMACO Assassinato?

EUMEO Svuotato di sangue e di vita. Peggio di un maiale, che io delle bestie ho rispetto: un colpo teso, ben dato; non le scanno, io.

TELEMACO Chi è stato?

EUMEO Il vento, figlio di Eolo, non lo sai?

TELEMACO Antinoo? Eurimaco?

EUMEO Tu hai detto quei nomi.

TELEMACO E cosa fai qui? Bisogna avvertire gli altri, che si salvino.

EUMEO Non preoccuparti, son tutti qui, per un consesso politico. Un dibattito. Parlano di vermi, di topi, di cani. (Indica gli altri sacchi).

TELEMACO (Prostrato). Infami. Assassini. Bestie.

EUMEO Non bestie, signore, ché io le conosco le bestie. Non fanno così.

TELEMACO Ci son così ostili, dunque, gl’immortali? A tal punto ci odiano? Io stravolto da quelle attenzioni, ubriacato, vinto, e mi si scannano impunemente gli amici. Perché? Non vi ho forse sempre onorato? E tu, signora, regina dei falsi e dei tra-ditori, che dici? Sono stato almeno all'altezza, t'ho scaldato il letto per bene? Non parli, adesso. Non affondi pugnali mielosi, non versi veleni sottili in queste mie orecchie. Come potresti, ora? Hai avuto ciò che volevi. Mi hai ingannato dell'in ganno più dolce. Atena dagli azzurri occhi di serpe, io ti maledico!

EUMEO Che dici? Sei impazzito?

TELEMACO Io dormivo con lei e il silenzio di quella luna complice copriva i delitti.

EUMEO Plàcati, plàcati, Telemaco. Io, ed io solo son stato due volte tradito. Gli dei son distratti, pensano ad altro. E' degli uomini l'agire. Sarebbe troppo facile, altri-menti.

TELEMACO Che dici?

EUMEO Non è divina, la serpe dai begli occhi.

TELEMACO Chi è dunque, ch'io la faccia tacere per sempre.

EUMEO Me l'avessero data brutta, almeno,gl’immortali! Ecco la beffa. Non armoniosa la voce e il corpo sfatto e deforme.

TELEMACO (Capisce). Neobule! La delicata Neobule. Non può essere. Mi vuole be-ne, lo so. Da quando eravamo bambini.

EUMEO Ti avevo detto di non parlare.

TELEMACO (Patetico). Lo vedi? E' mia, mia la colpa. Sono stato io, io solo.

EUMEO (Gli prende la testa tra le mani). Torna in te, principe, non fare che la nebbia di un ricordo che t'è caro e che era il mio vanto di padre ti oscuri lo sguardo. Lei è colpevole.

TELEMACO Devono averla costretta. Non può averlo fatto di sua volontà. Non ci credo.

EUMEO Che potenza ha, quel bene che ti acceca.

TELEMACO Quel bene, l'hai detto. Una potenza che deve esser benigna. Può farti ve-dere oltre le cose.

EUMEO Ti invidio. Quel bene io non l'ho più.

TELEMACO (Si riferisce a Neobule). Dov'è ora?

EUMEO Nella reggia. Si accompagna a quegli aguzzini.

TELEMACO Falla venire qui, ti prego, e non dirle niente, vorrei che avesse parole capaci di farci ricredere.

EUMEO Non devi esser debole, Telemaco. Devi invece raccogliere la tua rabbia, la devi nutrire e farla poi esplodere su chi ti offende.

TELEMACO E che serve? Chi mi offende ha ragione. Sono morti i miei amici, è prigio-niero chi amo. A che vale tanta furia? Prendano anche me. Voglio partecipare a quel dibattito. Non eri tu a consigliarmi prudenza?

EUMEO No, Telemaco. Non adesso. Non privarmi del tuo braccio in un'ora così dolorosa. Io sono in lutto più di te. Ho il doppio degli anni in saccoccia, il tempo tiranno mi ha ucciso tutte le illusioni. Mi resta solo l'arbitrio di scegliere come morire. Non ho più niente per cui vivere. Mi basta di farmi accompagnare da un buon drappel-lo di tagliagole che m'aprano la strada. Non negarmi questo, dopo che ho atteso per anni, in questa terra senza padrone. Vagavo e brancolavo, suddito di questa carne malata che s'innesta sul ceppo ancora sano della rocciosa Itaca. Ho armi affi-late e ancora la vista aguzza e il corpo saldo, me ne andrò in compagnia.

TELEMACO Il prezzo è onesto, Eumeo. Forse troppo a buon mercato. Tu mi chiedi solo la vita. Troppo poco, amico mio, in cambio del ser vizio che mi rendi. Con te posso esser libero di scegliere il male, senza attendere col capo basso che vibrino il colpo. Eravamo in pochi, ma forse in numero eccessivo per esser certi di questa dorata ricompensa. Ora non c'è più dubbio. Vai pure a chiamare Neobule, che spe-ro si discolpi.

EUMEO Mi chiedi un altro pedaggio, ma ti accontento, in cambio avrò un figlio nuovo.

TELEMACO (Gli dà la mano). E fa in modo che l'araldo suoni il segnale per l'assemblea, presto. Affila il bronzo, poi, e versa nei calici furia di belva, bollente. Così che, bevutala, si possano avere umori selvaggi. Va.

EUMEO Vado, ma non t'abbeverare alla fonte guasta delle calunnie di colei che dicevano mia figlia. (Entra nella reggia. Telemaco resta solo in scena, guardando il mare; canta con voce stonata una canzone infantile).

TELEMACO Le stelle attorno
alla chiara luna
nascondono il loro bel viso
quando questa più colma di luce
le oscura col suo sorriso.

(Entra Neobule, cantando la seconda strofa senza tono).

NEOBULE E quando lei stanca riposa 
le belle guardiane del cielo 
la cullano dolci nel sonno 
coprendola d'arcobaleno.
La ricordi ancora, Telemaco?

TELEMACO Cantavo per non dar corpo ai pensieri.

NEOBULE Succede spesso anche a me, ma quelli non li puoi fermare.

TELEMACO Vorrei da te una parola. Mi basterebbe una parola.

NEOBULE Una parola? E' meno di quanto ti debba; assai più di quanto possa.

TELEMACO Non mi dici niente?

NEOBULE No.

TELEMACO Sappi, Neobule, ti crederei.

NEOBULE Per questo non parlo.

TELEMACO Il tuo silenzio è un pugnale.

NEOBULE La mia voce e la mia debolezza lo sono stati di più. Meglio tacere.

TELEMACO Perché?

NEOBULE Vorrei poterlo sapere. Vorrei con una parola poterti dare un bersaglio da colpire e colpire, senza alcuna pietà, ma t'ingannerei di nuovo. Perché? Perché sono Neobule, perché sono qui, ora.

TELEMACO Ti hanno costretta.

NEOBULE Se lo dicessi ti salverei? Potrei forse ridare la vita ai tuoi compagni? No. E allora a chi gioverei?

TELEMACO A me. Potrei perdonarti.

NEOBULE Questo mi uccide più del tuo sgomento. Forse ho esitato, io, nel consegnar-ti ai tuoi nemici? E tu vuoi liberarmi dell'unica dignità che ho conservato, vuoi privarmi della colpa.

TELEMACO In nome dei nostri giuochi, delle canzoni ...

NEOBULE Apri gli occhi Telemaco, credimi, non siamo più noi, quelli.

TELEMACO Non è colpa nostra; ci hanno rubato quel tempo senza che ce ne accorgessi-mo, siamo cresciuti troppo in fretta.

NEOBULE Siamo cresciuti e basta. Non esiste nessuna regola.

TELEMACO Ma non possiamo dimenticare.

NEOBULE Non dobbiamo. Se non avessi quel tempo sarei già lontana da qui. E' ciò che mi lega.

TELEMACO E' ciò per cui è giusto lottare.

NEOBULE Non ci posso credere più.

TELEMACO Ti hanno costretta, lo vedi?

NEOBULE Non tentarmi. Non è onesto.

TELEMACO Non voglio dire quello che devo dire, ti prego ...

NEOBULE Fa il tuo servizio, te ne sarò grata.

TELEMACO Non io.

NEOBULE Chi meglio di te? Di mio fratello?

TELEMACO Debbo dirti di andartene.

NEOBULE Migliori. E' giusto.

TELEMACO Ti prego, non farlo.

NEOBULE Ahi, ahi, ecco Telemaco l'indeciso che fa a spintoni con la volontà. Lo dirò al ciclope, che ti porti via.

TELEMACO Siamo sempre tu ed io, come allora.

NEOBULE Perfetto, fallo adesso.

TELEMACO Se ti scaccio maledirò me stesso.

NEOBULE Se non lo fai, io ti maledirò, e con te quei giorni.

TELEMACO Che io sia maledetto, non me ne importa.

NEOBULE Andrò lo stesso, non fare che io vada senza il tuo sostegno.

TELEMACO Lo avrai sempre; che posso fare?

NEOBULE Fa che ti ricordi diverso. Fa che tra noi conti ciò su cui giuravamo. Fa che il tuo gesto ci unisca. Mi salverai.

TELEMACO (Comprende, dolorosamente). Vattene, Neobule, che Itaca non debba rive-derti mai più.

NEOBULE Che gioia. Ora lo so: Itaca è in buone mani.

TELEMACO Se vinco sarà per te.

NEOBULE (Amara). Se perdi avrò un merito più grande.

TELEMACO Sarà il merito dell'altra Neobule, quella che non ho mai conosciuto. Prima di andare dammi quel bacio che non ho avuto mai.

NEOBULE Lo hai chiesto a quell'altra Neobule, questa non te lo darà. Avrà più sapore il suo bacio e non lo guasterà il tempo. Sarà aspro e felice come un bacio mai da-to.

TELEMACO Non ci sarà bocca tanto perfetta da riceverlo, né cuore tanto grande da con-tenerlo.

NEOBULE Addio e addio. (Esce, mentre l'araldo chiama a raccolta l'assemblea, seguìto da alti schiamazzi).

(Entrano Antinoo ed Eurimaco, seguìti da Eumeo, che porta un piccolo banco oratorio. I proci, durante la scena mangiano olive e semi di zucca).

ANTINOO Sei solerte, Telemaco: detto e fatto; hai convocato l'assemblea.

EURIMACO Dopo vent'anni di silenzio. T'è spuntato il pelo, non c'è che dire. Torna forse l'esercito? Ulisse è qui?

TELEMACO Siete accorsi in fretta. Sapete il motivo. Sono qui per denunciare dei delit-ti e degli abusi.

EURIMACO Se sarai di poche parole, ti ringrazieremo e poi siederai al banchetto con noi. E' quasi ora di pranzo. Ci sono novità.

TELEMACO Avrò chiare e veloci parole, così come sono le leggi antiche. Sono pronto a cominciare: non appena ci saremo tutti.

EURIMACO Vuoi del seme di zucca? Non intralcia il parlare.

TELEMACO Vorrei che la lingua corresse spedita.

ANTINOO Allora prendi un po' di queste olive.

TELEMACO Con la foga del discorso potrei soffocare.

EUMEO (A Telemaco). Ammazziamoli subito, ho due spade nella veste.

TELEMACO (A Eumeo). No, finché mi sostiene la legge.

EUMEO (Da sé). Allora affilo la lama.

ANTINOO Ecco lo scettro oratorio. A te la parola.

TELEMACO Vorrei che il consiglio fosse completo.

ANTINOO Lo è. Alcuni di noi diserteranno.

EURIMACO Per cause di forza maggiore.

TELEMACO Non credo che quelli verranno. Aspetto gli altri.

EURIMACO Molti sono partiti, per mare, altri non stanno bene. Eurinomo ha un attacco di gotta; Piseno la cataratta.

TELEMACO Bisogna invalidare la convocazione. Non c'è il numero sufficiente di consi-glieri.

ANTINOO Abbiamo delle deleghe firmate. Tutto in regola.

TELEMACO Mi sono legato da solo. Ecco un buon modo per cadere dalla padella nella brace. E le imputazioni saranno giudicate ...

ANTINOO (Mordendo volgarmente un'oliva). Equamente. Da me. Ecco la nomina (mostra altre carte).

TELEMACO In bocca al lupo. Non mi tiro indietro, parlerò.

EURIMACO (Indaffarato con i semi). Finalmente!

EUMEO (A Telemaco). Ora?

TELEMACO (Ad Eumeo). No. Aspetta.

EUMEO (Da sé). In verità mi freme la punta, come quando ero giovane. Zeus sia lodato.

TELEMACO Nobili principi, son qui per denunciarvi. Per bocca mia parlano quei corpi che vedete là, in terra, privi di giusta sepoltura. Se quelle bocche potessero unirsi alla mia, queste accuse diverrebbero un coro.

EURIMACO Ma non possono.

TELEMACO Fai bene a ricordarmelo, sono solo e mi rivolgo a coloro che non so se chia-mare colleghi, solo perché ci unisce quest'assemblea, o sciacalli, selvaggi assassi-ni.

ANTINOO (Sfacciato). Tu vuoi calunniarci, accecato dall'ira e dal dolore. Qui c'è bi-sogno di prove. Vieni, seguici in casa, il lutto ci prostra, oggi, dobbiamo rispetto a quelle care salme.

TELEMACO Rispetto, è vero. Ed è per quel rispetto che non lascio trionfare il silenzio codardo: ho il cuore scosso e le gambe tremanti, ma parlo, ché almeno si sappia ciò che avete compiuto.

EURIMACO Sono solo sciocche supposizioni.

TELEMACO E ancora hai ragione; sono qui con un arco robusto senza poter scagliare nemmeno uno strale. Ma il silenzio mi disarma di più. Non è per me invocare una folle vendetta, son qui a chieder giustizia.

ANTINOO E noi siamo qui perché questa si compia.

EUMEO (A Telemaco). Signore, non togliermi il gusto di farlo tacere.

TELEMACO (Ad Eumeo). Solo se saremo costretti. Non come loro, Eumeo.

EURIMACO Vieni ai fatti, Telemaco.

TELEMACO Come mi chiedi. Perché dico solo quello che la legge mi insegna. Solo mia madre, scegliendo un nuovo sposo, dìa a Itaca un nuovo re. Non accampo al-cun diritto di successione. Ma voi, forzandola, commettete un'azione spregevole e violate le leggi saere dell'ospitalità.

ANTINOO Perché non l'hai condotta dal vecchio Icario, suo padre, che le desse una do-te cospicua e che scegliesse tra noi, subito?

TELEMACO Non posso mandarla via, se non vuole, colei che m'ha generato. Subito in-vocherebbe le erinni feroci, e avrei biasimo anche dagli uomini. Non dirò mai questa parola! Ma se il vostro cuore prova ancora vergogna, uscite dalla mia casa e cercatevi altri banchetti o vi giuro che vi sarà fatale.

ANTINOO Il lupetto mette i denti. Sai che se lasciassimo la casa nulla al mondo po-trebbe farci rientrare.

TELEMACO Nulla, se non giusti risarcimenti e un lecito matrimonio.

EURIMACO E' proprio tua madre che ci ha ingannato: da quattro anni rimanda la deci-sione, dice che deve finire il lenzuolo che avvolga la spoglia mortale di Laerte, tuo nonno, il vecchio. Di giorno cresce la tela, poi la notte ed il nuovo giorno la rende al punto di prima.

ANTINOO Daccela subito e noi ti onoreremo come l'ospite più gradito.

TELEMACO Proprio tu? Tu che svuoti la mia casa dei beni, che m'insidi la madre? Tu che infrangi per primo l'impegno dell'ospite?

ANTINOO Non prima di un matrimonio cesserà alcuna molestia. Non temiamo nessu-no. Neppure te, Telemaco, gran re dei chiacchieroni.

TELEMACO Potete salvarvi ancora. Non voglio vedere altro sangue e compiere azioni violente. Non ho visto che questo, da quando son nato. Andate alle vostre case.

EURIMACO Ora basta, Telemaco. Non provocarci oltre. Sei salvo per volontà di tua madre, ma non spingerti più avanti. La pazienza si fa capricciosa, specie prima di pranzo. E' ora che la recita cessi.

TELEMACO A me la spada, Eumeo, ma mi sia testimone il cielo che odio questa parte! (Eumeo gli dà la spada. I proci non mostrano alcun timore).

ANTINOO (Applaude, assieme ad Eurimaco). Che bel discorso, c'è da commuoversi. Forza, uccidi, Telemaco, affonda la tua spada.

TELEMACO (Si avvicina). Non farmelo fare così.

ANTINOO (Ironico). E' una colpa grave il parricidio. Non ti macchiare di un'azione tanto malvagia.

TELEMACO Che dici?

(Entra Penelope in abito nuziale, seguìta da Euriclea).

ANTINOO Stringimi la mano, figlio.

TELEMACO (Getta le armi; lo stesso fa Eumeo). Che hai fatto, madre? Tu m'hai disar-mato.

PENELOPE L'ho fatto perché tu sia salvo.

TELEMACO Non potevi assassinarmi con maggiore efferatezza.

PENELOPE Non dire così, figlio mio.

TELEMACO Io non ti conosco per madre: non sarò più tuo figlio.

EURICLEA (Parla come in trance, illuminata da una luce particolare, a piombo). Senti-temi, Itacesi: parlo soprattutto ai pretendenti e dichiaro: grande disgrazia si rove-scia su di loro: Odisseo non starà a lungo lontano, ma forse è già qui, che semina morte per tutti loro e per quelli che abitano Itaca aprìca. Si cerchi prima di frena-re quei mali, che è molto meglio. Non sono indovina esperta, ma questo vedo chiaro: dico che tutto per Ulisse sta volgendo e che, sofferti gran mali, perduti tutti i compagni, sarà in patria al ventesimo anno. Ora tutto si compie, come annuncia quell'aquila testa piumata che fa ricami nell'ampio cielo. (Si scorge l'ombra di u-n'aquila, sempre più grande e vicina). Sale in lontananza una musica trionfale, che si fa sempre più alta; un uomo sporco e lacero sale lentamente dal mare).

ULISSE Che isola è questa?

PENELOPE Ulisse è tornato! (La musica sale assordante).

BUIO

SIPARIO

FINE DEL PRIMO ATTO



SECONDO ATTO

La stessa scena del primo atto. Il giorno dell'arrivo di Ulisse è trascorso nello stu-pore e nel silenzio, dimenticando per poche ore le pene di Itaca, come quando un po' di so-le, dopo giorni di uragano, rallegra gli animi e fa scordare tutto. La notte è trascorsa, e tor-na di nuovo un mattino grave come un monito, scuro. Omero è in scena all'apertura del si-pario e comincia con la solita voce epica, quasi atonale.

OMERO Cosa fa dunque la gioia, e cosa lo stupore improvviso. La sposa abbraccia il marito che torna con l'abito indosso per nozze novelle e questi non se ne avvede; gli occhi ha gonfi di pianto vecchio e la lingua incapace di dire parole. Muto è il figlio sconosciuto, guarda quel padre che giunge dal mare e gli pare più piccolo del suo pensiero: in lui sempre imponente il padre era vissuto, dal braccio saldo, anche se non l'aveva visto mai. Il nome d'Ulisse batte le sue orecchie come lo zoccolo d'un cavallo e lo sguardo con fatica accorda a quella figura infelice e smagrita quei titoli che sempre, geloso, ha serbato nel cuore. Ride e piange la giu-sta Euriclea ed Eumeo piega solerte il nodoso ginocchio. Contenti paiono in ani-mo i pretendenti, che pure meditano danni, e ad Ulisse piegano il capo ed il volto tendono in sorrisi spogli d'allegria. Tutto come nel vapore di un sogno. E quando, fiaccati nell'animo, tutti li coglie la notte pesante, nella stessa casa riposano, nelle stanze vicine; un sonno potente li piglia, simile a morte, che la dea protettrice ha versato prodiga per impedire azioni violente ed odiose e saggiare esperta la volon-tà di ciascuno. (Una luce mattutina apre la strada ad Euriclea, mentre Omero scmpare).

(Entra Euriclea).

EURICLEA (Ha in mano un ce;sto di biancheria). Ulisse è tornato e la fonte è più secca di prima (si sincera). Nemmeno una goccia. Per Zeus, mi toccherà ancora scarpi-nare fino al torrente. Pure quest'albero è soffocato, come se non fosse arrivato mai. Ma è Ulisse? La veste è questa (la mostra dal cesto), l'ho cucita io che era ancora un ragazzo: stava sulle spalle tesa come un otre, sembrava scoppiare, ed ora lo fascia come un sudario. E' sporca, lacerata dal mare, macchiata di sangue. Lo stesso che ha negli occhi, ne son sicura, che io di sangue ne ho visto tanto. Con le reti pescavamo, noi donne, i cadaveri nel fiume, quando c'era la guerra civile. Non si sapeva chi pescare, perché non si sapeva chi erano i nemici. Una mattina buia come questa ne pescai uno bello grosso da non poterlo tirare su. Voglio vede-re che faccia ha, mi dissi, mi sembra d'aver fatto una buona pesca. Avrei dovuto sposarlo un mese più tardi, che il cielo lo perdoni. Che buffo che era: tutto gonfio d'acqua come una palla. Lo sguardo non cambia più, chi ha visto morire gli amici, i compagni, i fratelli non sa altro vedere. Annaspa scambiando per gioia il pugna-le sottile dell'indifferenza. (Esce per andare a lavare i panni).

(Entrano Ulisse e Penelope, la quale tiene per mano lo sposo come un bambino).

PENELOPE Non ti ricordi niente?

ULISSE No. Tu sei mia moglie.

PENELOPE Si.

ULISSE Ma ti ho sposato molti anni fa?

PENELOPE Vincesti per me una gara di corsa, a Sparta lontana, e mio padre mi diede a te, vent'anni fa.

ULISSE Abbiamo anche figli?

PENELOPE Uno. Il robusto Telemaco.

ULISSE Ecco perché quel ragazzo mi guardava in quel modo così strano, pareva che la mia vista lo turbasse, in qualche modo.

PENELOPE Non si ricordava di te, partisti ch’era piccolo.

ULISSE C'è una cosa che mi preoccupa.

PENELOPE Sarà una gioia soccorrerti, se posso.

ULISSE (Per capire meglio). Tu sei mia moglie.

PENELOPE Ti ho già detto di si.

ULISSE Dunque siamo sposati.

PENELOPE Mi pare una giusta conseguenza.

ULISSE (Stralunato). Ecco il mio dubbio: se siamo sposati e son tuo marito e non sei in lutto, perché non sono morto, mi pare, allora perché volevi sposare quell'uomo?

PENELOPE Mi costrinse la necessità ad infrangere il voto nuziale. Devo esserne punita, lo so. Sono pronta a tornare dal padre, senza onore.

ULISSE (Ingenuo). Resta qui, te ne prego. Per me non mi hai offeso. In verità non ricordo affatto di averti sposata.

PENELOPE (Delusa). Ah.

ULISSE Ma vorrei rifarlo. Sicuramente. Ti sposerei. Davvero.

PENELOPE E se mi guardi? Guardami negli occhi. Non ricordi niente?

ULISSE Forse qualcosa. Poco. Niente.

PENELOPE Ma non rifiutasti il talamo nuziale, mi pare.

ULISSE Son fatto così, non so lasciare le occasioni.

PENELOPE E' questo il tuo onore?

ULISSE Per quel che so, io son uomo di mare, ho l'istinto del pirata, quando vedo una pre-da ...

PENELOPE Una preda?

ULISSE Sono così incerto nel parlare ... non ho più le parole. Se il mozzo m'interroga, al-lora so rispondere, se l'oplita è vicino alla morte lo so spronare fino a fargli rende-re l'anima all'inferno senza tremare. Ma le donne, quelle so prenderle senza di-scorsi, così m'ha insegnato la guerra.

PENELOPE Sei dunque tu lo sposo che aspettavo? Colui che mi ha rubato vent'anni?

ULISSE Io non so fare altro. Se tu vuoi me ne andrò, farai come fossi morto. Potrai rispo-sarti. Magari con quell'uomo. Mi sembra saggio, onesto e gentile. Non ho alcuna pretesa. Ho la mente vuota: posso essere chi voglio, non ho difficoltà.
PENELOPE (Pietosa). Non vedi niente. Sai solo posare, debole, lo sguardo sulle cose. Io voglio aiutarti. Ti curerò. Me potrai scordarmi, ma non potrai dimenticare il tuo sangue.

ULISSE (Si rannicchia, impaurito). Sangue. Sangue. Negli occhi ho solo sangue, nelle narici solo il suo odore ferrigno, su queste mani sento solo quel calore liquido. Non ho visto altro.

PENELOPE (Rassicurandolo). Parlavo di tuo figlio, che porta il tuo sangue.

ULISSE Il sangue è tutto uguale. Tutto uguale. Amici. Nemici. Fratelli. Persone che non hai mai conosciuto. E non si deve versare, non si deve.

PENELOPE (Trattenendo le laicrime). No. Non si deve.

ULISSE Datemi un letto. Un angolo in cui riposare. Voglio non pensare a niente. Qual-siasi azione umana è sporca di sangue. Io quel sangue non voglio vederlo. Io odio la violenza degli uomini.

PENELOPE E non c'era violenza in quel matrimonio che volevano impormi? Non sai distinguere che ti vuotano la casa?

ULISSE Lasciali fare, mi basta non mi facciano male.

PENELOPE Ulisse. Vuol dire il rabbioso, lo sai? Lasci che t'offendano, che ti insidino la sposa, che tuo figlio si consumi impotente?

ULISSE Ulisse. Il rabbioso. Un nome che rinnego facilmente.

PENELOPE Non fossi mai tornato.

ULISSE Vieni con me. Andremo altrove, con nostro figlio. Forse ricorderò, un giorno. Saremo noi soli, non avrò paura.

PENELOPE Son io che non so riconoscerti. Siamo uguali; solo che se accettassi dovrei cancellare il futuro ed il passato insieme, ché non potrebbero incontrarsi senza far scoppiare una guerra.

ULISSE Vorrei dirti altro, ma il fiato non sale alla bocca. E la mente è vuota di memoria.

PENELOPE Un bambino. Sei diventato un bambino!

ULISSE Con l'anima di un vecchio.

PENELOPE (Materna). Saprai riconquistare l'età che ti si addice. Aspetterò ancora, che se qualcuno mai mi ricorderà, in futuro, dirà che non so far altro. La fedele, paziente, virtuosa Penelope. Più tardi ti mostrerò la casa che tu stesso hai costrui-to. Chissà che non aiuti.La tua memoria.

ULISSE Lo apprezzo.

PENELOPE Ora vado alle cucine, che quei barbari si rimpinzano senza sosta. Ma alme-no tengono le mani impegnate e non possono commettere altri assassini.

ULISSE Sono pericolosi?

PENELOPE Lo sono i rapaci, e i predatori?

ULISSE Va in cucina allora, che quelli non attaccano se son sazi. Eppure mi parevano così onesti e ospitali.

PENELOPE Non giace forse col marito, la mantide e canta per lui, prima di ucciderlo?

ULISSE (Impaurito). Non lasciarmi solo.

PENELOPE Aspettami qui, siediti a guardare il mare. Io tornerò presto e starò sempre con te.

ULISSE Ho paura. Ho paura.

PENELOPE Non temere niente. Chiama forte e io verrò, se occorre. Su, siedi qui.

ULISSE Ti posso chiamare?

PENELOPE Certo.

ULISSE In qualsiasi momerito?

PENELOPE Si. Ora sta buono, che ho da fare. (Si avvicina alla porta) (da sé).Un marito già non l'avevo, non perdo niente; in compenso m'è cresciuto un figlio. (Esce).

ULISSE (Appena è uscita, chiama). Penelope!

PENELOPE (Dalla porta, subito). Cosa c'è?

ULISSE Volevo fare una prova.

PENELOPE Buone notizie: ecco di nuovo il suo carattere. (Forte). Sei convinto?

ULISSE Si.

PENELOPE Ora devo andare, ci son molte cose da fare.

ULISSE Vai pure.

PENELOPE Grazie. (Esce).

(Entra Eumeo).

EUMEO (Con voce forte, Ulisse ha un soprassalto). Ulisse!

ULISSE (Ha un lieve moto verso di lui, che trattiene). Mi conosci? Ulisse è il mio nome, mi Pare.

EUMEO E' quello che ti ha dato tuo padre, Laerte.

ULISSE Laerte. E il tuo nome qual’è?

EUMEO Dovresti chiamarmi fratello, ma la mente non ti aiuta, vedo. Non fa niente, sono venuto apposta.

ULISSE Sei mio fratello? Quest'isola è straordinaria, dovunque mi volti ho un parente.

EUMEO Non fratello in quel senso, anche se non so chi è mio padre ed il vecchio Laerte pare non disdegnasse. Mia madre non ha mai detto niente, ma non l'ha neppure negato. (Ride).

ULISSE Non confondermi le idee. Tu non sei mio fratello.

EUMEO Oh, si, invece.

ULISSE Non capisco niente.

EUMEO Non è un fratello chi è disposto a morire per te? Vale meno di un fratello? E di fratelli ne avevi tanti, ad Itaca, da non poterli contare.

ULISSE Alla salute di mio padre!

EUMEO Ne avevi tanti quanti fossero i sudditi, i pari, gli straccioni, i mendicanti; quanti ne ha un re giusto, che governa bene. Ma questo non lo ricordi.

ULISSE Purtroppo no.

EUMEO E non fa niente, lo ricorderai. Mi viene alla mente una storia, che ti voglio rac-contare. In un paese lontano ci fu un pescatore che, partito per la pesca, fu disper-so dalla corrente. Vaga che ti vaga, sta lontano dalla patria per - diciamo - ven-t'anni.

ULISSE Vent'anni.

EUMEO Poi finalmente sbarca in patria e fiuta il pericolo, come un cane. Gli hanno rubato le reti, la casa, gli averi, e lui teme per la sua vita. Cosa pensa allora?

ULISSE Cosa pensa?

EUMEO Dimmelo tu.

ULISSE Non lo so davvero..

EUMEO D'accordo, parlo io: finge di non ricordare, per sembrare innocuo, poi piomba sui nemici come un falco e li stermina, così si riprende le reti, la casa, gli averi.

ULISSE Tu sai?

EUMEO Ora si.

ULISSE E' una bella storia, ricca di inventiva.

EUMEO Oh, io di quella non ne ho: mi alzo all'alba e non distinguo che campi, erba e maiali. Non ne ho d'inventiva, ma ci vedo bene.

ULISSE Non mi piace questa favola, è troppo crudele.

EUMEO Lo son tutte le favole, perché sono giuste.

ULISSE Mi fa paura il finale.

EUMEO E' solo una storia, Ulisse.

ULISSE E se quel pescatore fosse troppo stanco? Se volesse vivere in pace? Dico quel pe-scatore.

EUMEO Ma un pescatore non può vivere senza pescare. Senza pescare per sé. Quel pesca-tore, intendo.

ULISSE Il lungo viaggio lo ha cambiato.

EUMEO (Preso). E pescare per altri? Perdere anche la dignità? Non è lui quel pescatore, non lo riconosco.

ULISSE Ed infatti lui cosa fa? Non ricorda. Non sa di essere quello che era.

EUMEO Non vuole. Chiamiamo lo cose col loro nome.

ULISSE Diciamo pure così. 0 meglio, vuole essere un altro, senza passato.

EUMEO E per cancellare il passato rinuncia al futuro? Come si può vivere così?

ULISSE Vuole solo godersi. quanto gli resta, stare accanto ai suoi cari, magari vederli. sol-tanto, anche da lontano.

EUMEO No. No. Troppo facile. Lui dice di non ricordare, ma gli altri? Non ci pensa agli altri? Quelli che l'hanno aspettato?

ULISSE Ma non è più lui. Chi hanno aspettato gli altri? Chi si aspettavano? Un altro. Dunque le cose tornano.

EUMEO (Sincero). Non ci pensi a tuo figlio?

ULISSE Questo Ulisse non può avere figli. Chi non risponde di sé, come può impegnarsi per altri?

EUMEO Vigliacco!

ULISSE Non l'ha voluto lui ciò che è successo in patria.

EUMEO Ma lui se n'è andato, ha lasciato tutto, è lo stesso.

ULISSE E' stato costretta,.

EUMEO E' stato costretta, una volta. Perché riparte ancora?

ULISSE Perché non sa fare altro. Dove è arrivato non è più casa sua. Aveva altri pensieri, altre speranze, altre idee.

EUMEO Le ha lasciate andare alla deriva, senza timoniere.

ULISSE Perché dovrebbe lottare per qualcosa che non gli appartiene, un'altra volta?

EUMEO Perché finalmente gli appartenga qualcosa, perché abbia qualcosa cui sia degno di appartenere. Sai come si chiama tuo figlio, sciocco piagnucoloso? Telemaco. Vuol dire battaglia lontana. Quella battaglia.Lontana che tu stavi combattendo. Non t'ha visto mai, eppure era disposto a farsi uccidere per il tuo nome.

ULISSE Suo figlio.

EUMEO Lo ucciderei, quel pescatore vigliacco.

ULISSE Fallo, ma credo sia già morto.

EUMEO Io non so dov'è.

ULISSE Non lo tradirai. Sei suo amico?

EUMEO Si è già tradito da solo, quel pescatore. Ed io non sono un buon amico, se lo fossi parlerei.

ULISSE Mio buon Eumeo, io non ho più la forza. Non dormo di notte, ho paura di sogna-re.

EUMEO Quando un uomo ha paura dei sogni è come morto.

ULISSE Io infatti lo sono. Sogno sempre la mia partenza da Itaca, col mare calmo e il ven-to in poppa. Poi qualcosa cambia e quel mare s'increspa e s'infuria e comincia a cambiare colore. Diventa rosso, sempre di più, del colore del sangue. Tra le onde scorgo volti che ridono, sono i volti di quelli che ho ammazzato. Ridono perché la barca affonda ed io vengo inghiottito dal sangue, fino alla gola. Lo sento scorrere addosso, ma non si decide ad andare Dltre, è caldo, vischioso, denso. (Cambia to-no). Tutte le notti, tutte le notti. Non posso uccidere più.

EUMEO Ma uccidi il tuo cuore ogni giorno, la tua inclinazione.

ULISSE Non ne vedo sgorgare il sangue.

EUMEO Così come fai con quelli che ti amano.

ULISSE Mi dispiace.

EUMEO Ti dispiace? Non sai dire altro? Sappi che sei solo tu il responsabile. Se cerche-rai di scappare io ti sarò dietro col fiato sul collo per dirti: sei stato tu!

ULISSE Non mi tradire!

EUMEO Sono tuo amico, ti aspetto.

ULISSE Ho paura che non tornerò. Che sarai deluso.

EUMEO Se so qualcosa degli uomini, tu tornerai ed io sarò qui ad affilarti la spada.

ULISSE Amico mio, non ci contare.

EUMEO (Tra il duro e l'affettuoso). Dovrei spaccarti il muso, ma non meriti tanto.

ULISSE Vorrei che tutto fosse come quando sono partito.

EUMEO Nulla resta fermo. Siamo cambiati tutti.

ULISSE Lo so. (Si sentono dei rumori). Viene qualcuno: non ti conosco.

EUMEO Vado, che temo di non aver tanta forza da tacere.

ULISSE Avevi capito subito, eh?

EUMEO Io ti conosco. Pigli sempre la via più facile. Venderesti tua madre, se questo li facesse arrivar prima alla meta. Sempre la strada più corta, ma attento che spesso è anche la più ripida e si rischia di cadere.

ULISSE Fossi stato tu tra i capi dei troiani, il mio cavallo di legno non sarebbe mai entrato in città.

EUMEO Sta sicuro. L'amico della volpe, o è volpe, o è preda. Ti aspetto. E' solo questione di tempo. (Esce verso il mare).

(Entrano Antinoo ed Eurimaco, non senza mangiare e accompagnati dai soliti schiamazzi).
ANTINOO Chino il capo al legittimo sovrano di Itaca, mi rimetto nelle sue mani.

EURIMACO Cosi faccio io, Ulisse. Sappi che da noi non hai nulla da temere.

ULISSE Non sono degno, amici, di tante attenzioni. Ho l'occhio pieno di fumi, se fui re non lo ricordo, dunque è come se non lo fossi.

ANTINOO Tu devi accettare! la nostra sottomissione.

ULISSE Vi ringrazio, ma vi dico che non voglio. Vi lascio l'isola ed il suo controllo.

EURIMACO Non è possibile.

ULISSE Vi dico che non accampo alcun diritto.

ANTINOO Non possiamo permetterlo, per la gloria che ti accompagna e per il tuo onore ...

ULISSE Li mangino i pesci., io non ho tempo per queste cose, più dell'onore, io cerco l'o-nesto riposo.

ANTINOO Devo ripetere la mia offerta: eccoti lo scettro regale.

ULISSE Non saprei cosa farne, siete ben più adatti di me per questo.

EURIMACO Forse non è chiaro, tu devi accettare. Per Itaca, per te.

ULISSE Quanto ad Itaca, non è che sassi, i quali mi sono indifferenti come la luna al sole. Per me stesso ho perso ogni volontà.

EURIMACO Fa dunque così la guerra?

ULISSE (Doppio). Voi non lo sapete?

ANTINOO Noi siamo in pace. La pace del benessere e della ricchezza.

ULISSE Ce ne sono tracce ovunque, nell'isola, avete ragione. Volete saper della guerra? Vi servo, ma badate che son notizie che mi hanno riportato, perché io non ricordo nulla.

EURIMACO Questo lo abbiamo capito.

ULISSE Ma voi mangiate sempre? Non vi passa la fame?

EURIMACO Se non mangiassimo ci passerebbe. Non si tratta di fame, ma di capacità di stomaco.

ULISSE La guerra, dunque. Vedete, non è tanto la guerra ad essere per me disgustosa, lo è piuttosto la sensazione di non aver scelta. La guerra ti fiacca la volontà ed intanto stravolge lentamente quello in cui tu credi. Così, se io - mettiamo - tornassi e tro-vassi la casa occupata e il regno preda di usurpatori ...

ANTINOO (Tocca la spada). Qui si fanno delle insinuazioni ...

ULISSE Lasciatemi venire al proposito. Se tornassi lascerei tutto com’è, perché - vedete - mi è stata tolta la capacità di reagire ai soprusi, alle azioni ignobili, agli assassini ...

ANTINOO Ho sentito un'altra accusa.

EURIMACO No. Il discorso si. fa interessante.

ULISSE L'amico ha capito. Perché io non ricordo, per ora. Me ne sto buono buono ed al momento opportuno mi torna la memoria. Do tutto in mano a voi in maniera lega-le, in cambio - diciamo - di protezione e di un piccolo vitalizio.

ANTINOO Amico mio, tutto ciò va al di là delle nostre speranze, tu sei come noi, u-guale, e noi temevamo il tuo arrivo ...

ULISSE Uguale non lo ero, ma ammetto di esserlo diventato. (Da sé). Ognuno mi vede come vuole: ecco il terzo Ulisse e non sono nessuno di questi tre.

EURIMACO Ho un'idea migliore, che si avvicina ai tuoi meriti e per noi ci avvantaggia sicuramente, senza toglierci il favore della gente che ti aspettava. Saranno tutti felici, è il mio sogno di sempre: nessuno dovrà pensare, perché ci saremo noi che manterremo l'ordine, che organizzeremo tutto in una forma veloce ed efficace.

(Entra, non vista, Euriclea che si nasconde dietro l'albero e ascolta).

EURIMACO Avremo il controllo sui tre poteri e questo senza colpo ferire ...Faremo le leggi, le applicheremo, e puniremo chi non le rispetta.

ANTINOO (Deluso). E la violenza? Rinunceremo alla violenza?

EURIMACO No. Quella sapremo incanalarla, indirizzarla; e quindi controllarla. E' no-stra amica.

ANTINOO La ucciderai. Lei non vive se non è anarchica.

EURIMACO Diventerà taumaturgica, il solo credo dello stato: aggredire per aggredire, senza conseguenze.

ANTINOO Non mi piace.

ULISSE (Ad Eurimaco). Vieni alla proposta.

EURIMACO Sarai il nostro re. Anche senza memoria, anzi, meglio, non ti accuseremo di tradimento. Non avrai altro obbligo se non di essere l'incarnazione dello stato. Avrai tutti i privilegi di cui hai pieno diritto. Rinuncerai solo ...

ULISSE Alla libertà. Era previsto. Meglio ancora. E' un bene di cui non ho mai goduto, dunque non mi pesa lasciarlo. Non lo conosco. Sono stato un soldato per forza, un eroe mio malgrado, un navigatore involontario. Sono mai stato libero? Affare fat-to.

EURIMACO Ci sono però delle regole.

ULISSE Alle quali mi piegherò senza discutere.

ANTINOO Noi siamo come una famiglia, diciamo.

ULISSE Bello.

EURIMACO Eh, ma non c'è rosa senza le sue spine.

ULISSE Baderò a non pungermi.

EURIMACO Vedi, noi siamo come un piccolo esercito ausiliario e segreto, con precise e ferree gerarchie. Non si sgarra, altrimenti si è puntiti. Ognuno dei nostri soldati si impegna ad aiutare i compagni e a dividere con loro i ricavati dell'attività. Di quella illecita, ovviamente, perché di quella lecita ognuno padrone.

ULISSE Mi sta bene. Sono sempre stato un uomo d'ordine.

ANTINOO Aspetta. Ora sai (li che si tratta. Se non ci vuoi stare sei ancora in tempo, ma sappi che ad Itaca tutto funziona così. A meno che tu non riprenda il mare ...

ULISSE Io ho un debole: il potere.

ANTINOO Per questo sei come noi.

ULISSE Per questo non conosco futuro.

EURIMACO Se decidi di unirti a noi tieni a mente una cosa: nel nostro esercito si entra col sangue e si esce con quello.

ULISSE (Freddo). Il sangue.

EURIMACO (Lo incalza). Non ci sono dimissioni. Lo vedrai subito perché è il sangue ad aprire le porte, e spero non vorrai vedere com'è l'uscita.

ULISSE Amo il sapere, ma non a questo punto.

EURIMACO (Prosegue). Chi esce esce col sangue, perché l'ammazzano. Non si può an-dar via, non si può tradire, perché la fratellanza è al di sopra di tutto. Viene prima di tua moglie e tuo figlio.

ULISSE Per questo non preoccuparti, io non li conosco, non so chi sono. Devo pensare a me.

EURIMACO No. Questo non va bene, la famiglia è il fulcro dello stato.

ULISSE (Ad Antinoo). E' per questo che volevi sposare mia moglie?

ANTINOO Certo, per dare un esempio di ordine. Una donna sola e senza marito è un pericolo per la società, specie se ha un figlio dagli umori bollenti.

ULISSE Gli passeranno, capirà la vita. Quando crescerà.

EURIMACO Sempre che ci arrivi. Temo che abbia le idee troppo chiare.

ULISSE E' uno svantaggio. Assolutamente. Guardate me, quanti vantaggi ma dà, la mia confusione?

ANTINOO Sei sempre stato l'effige della saggezza.

EURIMACO Possiamo passare alla cerimonia.

ULISSE C'è anche una cerimonia? Bene, ho sempre amato l'ufficialità.

EURIMACO (Tira fuori uno s,pillone d'oro). Questa è una spilla d'oro, la vedi? Con quale mano ammazzi?

ULISSE Non è una domanda da farsi a chi è stato in guerra. Non ci sono regole, in guerra, ve l'ho detto. Si colpisce come si può, quasi senza guardare.

ANTINOO (Eccitato). Con quale mano reggi la spada?

ULISSE La destra.

ANTINOO (Gli buca il dito). Il sangue deve sgorgare, puro, su questa immagine sacra (lo fa cadere su un'immaginetta votiva). E' Ermes, il nostro protettore.

ULISSE E' il protettore dei malfattori.

ANTINOO (Affascinato). Guarda che bello il sangue, è caldo, profumato, fragrante. (Accende un legnetto con una pietra focaia). Brucia l'immagine, ora, e tienila in mano finché non s'è consumata. (Ulisse esegue).

EURIMACO Giura ora con me: "Ch’io possa bruciare se tradisco!".

ULISSE "Che io possa bruciare se tradisco!".

EURIMACO “Come questa immagine sacra".

ULISSE "Come questa immagine sacra".

EURIMACO Abbracciami fratello mio. (I tre si abbracciano e si baciano). C'è un'ultima prova che devi superare, ma ne saprai al tempo. Salutiamo Ulisse, re di Itaca! Ed ora festeggiamo con un banchetto la grande notizia.

ULISSE Ma è ancora mattino ...

EURIMACO Imparerai che non fa differenza. (Salgono i soliti schiamazzi e i tre entrano nella reggia).

EURICLEA (Verso il centro scena). Non ci posso credere!

(BUIO,accompagnato dal rumore del banchetto, simile ad un indistinto frastuo no, cui si mescolano versi di porci).

(Al riaccendersi della luce sono in scena Penelope e Telemaco. E' il tramonto).

PENELOPE Dunque, devi andare.

TELEMACO Devo, si; e voglio.

PENELOPE In questa sacca ti ho messo degli abiti, del cibo e del vino. Ti basterà fino a domani.

TELEMACO Il buon Eumeo mi nasconde per questa notte; domani, quando il vento sarà propizio, mi imbarcherò per Pilo dalla sabbia d'oro. Chiederò consiglio a Nestore il saggio, domatore di cavalli, gli dirò chi sono e vedrò che cuore ha in petto. Se ha caro il ricordo di mio padre non può negarmi una nave, degli uomini ed armi in abbondanza, così che Itaca sia liberata.

PENELOPE Più volte in passato Nestore negò il suo appoggio. Intendi combattere con-tro tuo padre? E' cosa sgradita agli dei.

TELEMACO Egli dice di non essere mio padre e intanto trama in segreto. Posso io fi-darmi di lui? Crederlo onesto? Per lui parlano le sue male azioni, i fatti. Nestore lo farà per questo.

PENELOPE I fatti sono spesso i nunzi delle apparenze, dei frutti dalla bella scorza, ma secchi e vuoti dentro.

TELEMACO Sei dunque così testarda?

PENELOPE Non so fare calcoli, per me parla il tremore del petto. Il mio destino è di restare qui. Io devo capire. Se vent'anni possono cambiare un uomo a tal punto, bene, allora, che questa sia pure la mia tomba: non me ne importa. Ma se esiste nel fondo qualcosa che non muta, che è vero, a dispetto degli scherzi del fato e degli umori bizzosi della fortuna, allora il mio sposo non è quello che ha inteso parlare la saggia Euriclea. Il mio ruolo è quello di saper aspettare, senza dar cre-dito all'apparenza.

TELEMACO L'attesa invecchia; la morte è la moneta con cui il tempo ripaga della vuota attesa.

PENELOPE Ma l'attesa è sorella della speranza.

TELEMACO L'unica speranza è agire.

PENELOPE Parli come tuo padre, quando aveva la tua età. Non commettere gli stessi errori. Non avere mani, braccia, forza solo per distruggere; fa che gli occhi siano sempre in grado di distinguere. Colpisci ciò che devi, ma salva con tutto te stesso quello che si può salvare. Non essere affrettato. Ma questo la tua giovinezza non te lo permette. Perché compagna dell'esser giovani è la fretta, e cori lei la smania. Ma è la stagione sbagliata, perché i giovani hanno il tempo che li fa ricchi.
TELEMACO O li seduce e poi fugge. Cosa ti ha dato il tempo, madre? Questa delusio-ne.

PENELOPE Comunque sia mi ha dato il coraggio di essere qui, al mio posto.

TELEMACO Tu vuoi difendere tuo marito, il quale ti rinnega.

PENELOPE Io voglio salvare tuo padre.

TELEMACO Ed io voglio che sia punito. Voglio che scelga la sua parte e che ne accolga le conseguenze. Non doveva partire. Non doveva lasciare che tutto ciò accades-se. Ora deve rimediare.

PENELOPE Lo obbligarono, sai? Non voleva lasciarci: aveva l'occhio lungo. Si finse pazzo, tanto che aggiogò i buoi davanti all'aratro, quando Achille e Palamede vennero a chiamarlo per andare in guerra. Si mise a sparger sale sul campo, come chi ha perso la ragione.

TELEMACO E poi si è lasciato convincere.

PENELOPE Palamede fu più furbo di lui. Ti prese che eri in fasce e ti mise davanti al-l'aratro. "Traccia il tuo solco - disse -, sei pazzo, no?". Tuo padre si fermò, e do-vette partire. Quello è l'uomo che ancora aspetto.

TELEMACO Lui stesso non riconosce quel tempo. Sono in un mare di confusioni.

PENELOPE Segui la tua strada, Telemaco, e sappi che sono con te. Ma non chiedermi di scegliere.

TELEMACO Perché?

PENELOPE Perché sceglierei te, ma andrei fino all'inferno con lui.

TELEMACO Madre, perdonami se ti ho offesa. Io non capivo il tuo animo.

PENELOPE Lo so e non ti do colpe.

TELEMACO Vieni con me.

PENELOPE No, ti dico. Questo non posso concedertelo.

TELEMACO Non posso pensarti tra tanti pericoli, da sola.

PENELOPE E' qui mio marito.

TELEMACO (Pausa). Dirò ad Eumeo di vegliarti.

PENELOPE (Delicata). E a te chi ti veglia, bambino? Chi ti cambia le vesti? Vieni qui, lascia che ti aggiusti i capelli, sei tutto spettinato. (Telemaco ha una reazione di superbia infantile). So badare a me, sta sicuro. (Lo abbraccia e va verso la reg-gia). A presto, buona fortuna. (Esce).

TELEMACO Eccomi un'altra volta da solo. Il destino ha dunque deciso di giuocare con me. Son stato vicino alla morte e questa non mi ha preso; pensavo che le pene fos-sero finite, con l'arrivo del padre, ed invece era solo uno scherzo crudele per far più lunga e penosa l'agonia. Come quando da bambini ci si diverte con gli insetti, prima gli si leva una zampa, poi un'altra, e infine gli si stuzzica il ventre con gli spilli. Piano, lentamente. Tutto il mondo che conosco partorisce quella stessa sciocca crudeltà; il giuoco in mano a un bambino sanguinario lasciato troppo solo. (Ode dei rumori). Zitto Telemaco, viene qualcuno. (Guarda verso la reggia). E' mio padre coi traditori. E' bene che ascolti con le mie orecchie che danni medita-no. (Si nasconde dietro la fonte).

(Entrano Antinoo, Eurimaco ed Ulisse).

ULISSE Vi servite davvero bene, amici miei. Son pieno da scoppiare.

ANTINOO Da sette anni, alla tua salute.

ULISSE Non vi biasimo, ché m'avete reso un servizio: quando il contadino è lontano, qual-cuno deve arare il suo campo. E voi l'avete fatto non solo facendo germogliare ricchi raccolti, ma spandendo i confini, bonificanido, ottenendo fertili messi anche dove c'erano sassi soltanto ...

EURIMACO Ciò che conta non è tanto il lavoro, quanto il metodo. Tutto quello che ve-di è il frutto di precisi propositi tesi al massimo risultato col minimo sforzo.

ANTINOO Il segreto è prendere, non importa come: sfruttare quello che scartano gli altri: vedi questa polvere bianca? E' il derivato d'un fiore che cresce selvaggio sull'isola. Esso era inutile perché pericoloso. Noi abbiamo saputo farlo prezioso.

ULISSE Quali sono le sue Proprietà?

ANTINOO Cancella ogni volontà, piega la mente a qualsiasi volere. La empie del fu-mo d'un benessere effimero, dicono, capace di cancellare la colpa, di dare la pace, sradicando le stesse radici del mal dello spirito. Ma intanto ruba le forze e la ra-gione.

ULISSE Farebbe al caso mio. Placherei i residui conflitti che vivono dentro di me.

ANTINOO E' regola che chi ne produce non ne consumi, è una legge d'affari.

ULISSE E' giusto. E, ditemi, se ne ricava molto?

ANTINOO Se ne ricava dieci volte l'oro del suo peso. Ne basta pochissima. E chi ne è preda non può farne a meno.

ULISSE Costa così cara?

ANTINOO Costa come il vizio; è preziosa come quello che non si può fare. La polvere è cosa mia. Tanto per stabilire i miei compiti.

ULISSE Io m'accontento di cose più semplici, sono all'antica. (Ad Eurimaco). E quali sono i tuoi impieghi?

EURIMACO Io vendo protezione in cambio di piccoli favori. Assicuro la gente, potrebbe dirsi.

ULISSE Non capisco.

EURIMACO (Prende una forma di formaggio). Ti spiego meglio. Vedi questo cacio? Ammettiamo che tu lo produca. Allora io vengo da te e ti dico: mi devi dare, met-tiamo, un pezzo di cacio, diciamo, la terza parte, ed io ti do la mia protezione.

ULISSE Ma non avete il controllo su tutta l'isola?

EURIMACO Certo.

ULISSE E allora da chi dovete proteggere chi fa il cacio?

EURIMACO Dalle calamità naturali.

ULISSE Ma quelle vengono dal cielo.

EURIMACO Ma si possono prevenire. Se quello non paga, nulla di più facile che una folgore gli colga la stalla e gli uccida gli armenti.

ULISSE (Indica il cielo). Avete convinto anche lui?

EURIMACO No, lui ha molto da fare. Facciamo da noi, in casa. Ecco, questo è il mio campo. Il resto è a tua disposizione.

ULISSE (Preso, per capire meglio). Dunque avete un vantaggio su qualsiasi attività, senza far niente. Investite sulla paura: geniale! Io vorrei invece far ciò che so fare: da-temi il mare, sulla sua groppa farò razzie, come quando ero giovane. Conosco i venti, so sfruttare ponente e libeccio e sono esperto dei fondali di Itaca.

EURIMACO Bene. E' impiego che mancava ai nostri pensieri. Ti si accordi il dominio sul mare.

ULISSE Voi mi avete dato la serenità; e buoni profitti: io non speravo tanto. Avrei dato il mio regno per un boccone, ed invece mi posso far ricco.

ANTINOO C'è un'ultima cosa, una cosa da nulla.

ULISSE Dai fiato alla gola con libertà.

ANTINOO Ci sarebbe la prova di cui ti parlai.

ULISSE Son pronto.

ANTINOO Dovresti, per darci prova della tua lealtà, portarci domani in questo sacco tuo figlio Telemaco.

ULISSE Lo devo ammazzare?

ANTINOO Dubito che vi si lasci mettere se ancora respira.

ULISSE Non sopporto il sangue. Potrei farlo andar via, cacciarlo lontano.

EURIMACO Vedi, Antinoo qui, s'è ficcato in testa che Telemaco deve morire: è geloso. E' preso di una donna che invece smania per lui. Così abbiamo pensato di unire i due vantaggi, facciamo un piacere ad un amico e intanto tu ci dimostri che non tradisci. Capisci, ammazzare un figlio ... ci toglieresti ogni dubbio ...
ULISSE (In difesa, istintivamente). Ma vi ho detto che è come se non fosse mio figlio. Mi è indifferente. Potrei ammazzare un altro, magari anche due ...

ANTINOO Ricorda la regola: chi sgarra paga. Se vuoi che muoia un altro, quest'altro devi esser tu.

EURIMACO E' inevitabile.

ULISSE Bene. Domani vi porto questo sacco pieno di carne fresca. Se non c'è altro da fare ...

EURIMACO Conosci l'alternativa.

ULISSE Quandlè così, state tranquilli. Il vantaggio mi paga del lavoro sgradito. (Escono).

TELEMACO (Uscendo dal nascondiglio). Cane, assassino, impostore! E tu, madre, ancora lo aspetti! Una mano amica mi guida, son sicuro, che mi ha suggerito di partire. Ma se davvero vi è una giusta ragione in questo pazzo giocattolo che è il mondo, Nestore dovrà darmi lame forti e affilate e uomini bastanti per compiere la sacra vendetta. Non un uomo resterà in Itaca, di quelli che sono con loro. E mio padre, quello voglio tenerlo in fondo, che sappia rendermi conto in faccia del suo agire. Senza dargli agio di tessere inganni, nei quali è maestro. Si allea con chi gli è ne-mico, tradisce il suo sangue: bene, questo si verserà: o lui o io, e non volermene, madre!

(Entra Neobule).

NEOBULE Dolce Telemaco, proprio te: l'unico che mi premeva vedere prima di parti-re.
TELEMACO Neobule, non dar peso alle mie parole. Fui violento è vero, ma contro la mia natura. Io ti voglio con me.

NEOBULE Non si può, sto andando via, te l'ho detto.

TELEMACO Parto anch'io. Potremmo andare insieme.

NEOBULE Vado molto lontano e mi dà gioia d'andar da sola.

TELEMACO Non c'è più motivo. Ora so perché agisti così. La tua mente era schiava. Io voglio aiutarti, resta con me.

NEOBULE E che aiuto vuoi darmi? Io non ho bisogno d'aiuto. Ho qui ciò che voglio portare! con me: è il prezioso ricordo delle tue parole.

TELEMACO (Risoluto). So che mi ami.

NEOBULE Se anche fosse è un pensiero che non m'appartiene. Non più. Ho deciso d'andare.

TELEMACO Ma la causa son io: cancella il furore di quelle parole, sospinte dal giogo dell'ira.

NEOBULE No, Telemaco. Quelle parole sono il mio bagaglio. Se le rinneghi diver-ranno il mio fardello.

TELEMACO Voglio che il tuo bagaglio sian altre parole.

NEOBULE Vedi: sai anche tu. che devo partire. Non metterci ostacoli.

TELEMACO Il sole tramonta. Il giorno che viene, domani, può esser diverso per noi.

NEOBULE Lo sarà. Per te e per me. Io vado perché lo sia. Non vedi come son sicura?

TELEMACO Sei bellissima, Neobule.

NEOBULE Non confondere la bellezza con la luce della mia serenità. Io ho un pensie-ro, Per la prima volta dopo tanto tempo. Non so ancora per chi, ma so che è giu-sto. Vorrei esser certa che cambias se le cose per te come le cambia per me. Que-sto faciliterebbe il distacco. Vivere finalmente per qualcuno. Per te, magari.

TELEMACO Mi ami, lo vedi?

NEOBULE Se saprò darti un bel pensiero di me, questo sarà il mio amore.

TELEMACO Se mi ami non puoi partire.

NEOBULE Attento, che quel che ho detto me lo rimangio subito, ma non me ne darei pace. Se tu mi ami devi farmi partire.

TELEMACO L'amore di un altro ti divide da me, lo so. Ma lo accetterei.

NEOBULE Sappi che se c'è amore in me, io non l'ho dato ad altri. Per questo ti lascio solo.

TELEMACO Vai da lui, allora. Il mio amore è questo.

NEOBULE Non hai capito. Meglio. Vado piuttosto da me. Per me.

TELEMACO Quel bacio che ti chiesi, non vuoi darmelo, ora?

NEOBULE Ora più di prima, no.

TELEMACO E allora, dallo a chi vuoi! Dillo che non mi ami, abbi il coraggio!

NEOBULE (Candida). Non ti amo. Se ti farà partire da me non ho paura: è semplice: non ti amo.

TELEMACO Puoi tu dirmelo così? Sarà vero.

NEOBULE E' vero, se ti piace e ti dà sollievo. Va, ora. Basta così.

TELEMACO E' questa la tua crudeltà. Non ti bastava d'avermi già tradito?

NEOBULE E' questo il mio riscatto. Capirai.

TELEMACO Ripetilo ancora.

NEOBULE Non ti amo.

TELEMACO Più forte.

NEOBULE Non ti amo!

TELEMACO Addio. (Si avvia sdegnato all'uscita). E che si spenga anche il ricordo di quest'isola per me così amara. A Pilo. (Esce).

NEOBULE Il cuore mi ha retto. Vai, amor mio di bambina, parti, che non t'amo, amor mio.(Ilarte una musica dolce, Neobule respira a pieni polmoni, poi prende a canta-re con voce serena). Bianca è la veste dell'imeneo ... (Trae fuori da un sacco una veste candida, nuziale, e la indossa) ... e la fanciulla si cinge d'aurora ... (Una co-rona di fiori bianchi le cinge la testa). ... lascia i parenti e la dimora ... Si, così suona meglio ... ed allo sposo lei offre la mano ... (Fine della canzone, la musica continua, assieme al rumore del mare). Com'è bello il mare, stasera. Questa è la sua ora più bella. Stringe a sé, dentro la sua anima grande, il fratello sole e si fa caldo del suo calore. E poi canta dolcemente alla luna che viene, un canto lieve e sommesso come un respiro d'amore. Eccomi. Sto arrivando. Ancora un momento, non essere impaziente. Voglio lasciare dei ricordi a coloro che amo. Si, è costume delle spose novelle. Mio padre. A mio padre lascio i miei occhi, ché sia meno cie-co, ché possa vedere dentro di me; e la mia voce, ché gli dirà chi sono, davvero. E poi Telemaco, il dolce, onesto Telemaco. Non gli lascio il mio cuore. No, non glielo lascio. Lo ha già da sempre. Gli lascio il coraggio che non ho avuto e i giorni felici che mi ha dato glieli regalo. Voglio donargli anche la fortuna che non m'è toccata. Per ultima gli rendo quella promessa, che ci scambiammo chle-ravamo bambini. La mia speranza la lascio invece a te, nuda Itaca vilipesa, perché germogli nel tuo duro suolo, ché sei tutta secca. Ora arrivo, mio signore inquieto. Cullami col tuo abbraccio delicato e inghiotti i miei pensieri odiosi. Un attimo ancora. A te Arttinoo, anche a te voglio donare qualcosa: ecco il sacchetto che mi avevi dato, voglio che tu lo riabbia. Controlla pure per bene, ché io questa polve-re, da quella sera, non l'ho toccata più. Buonanotte, Itaca. (La musica sale e Neo-bule si avvìa ineluttabilmente verso il mare).
(Cambio di luce ed entra Omero).

OMERO E intorno al suo corpo un'acqua calda e gentile la sposa, ed il sopore carezza le sue membra e la sua bella mente giovane. Tace come pensiero non detto il ven-to. Piangi per lei, divina Afrodite, che la tua grazia non l'abbandoni. Vieni, vieni tutta vestita d'oro, se questa voce ti giunge, e rischiara, beata, con un sorriso quel viso senza morte. Ora viene il mattino di Itaca e viene con la pena nel cuore. Cu-po è nell'anima lo scosso Telemaco, ma il pensiero ha saldo e risoluto. Non può partire. (Altro cambio di luce. Telemaco davanti alla reggia, ha in braccio il cor-po di Neobule).

TELEMACO Come sei bella. Sei più bella ancora. Hai l'abito bianco, nuziale. E' tutto pronto, dunque; io ora ti sposo. Non parto più per quel viaggio, ma parto per un altro viaggio che vogliono farmi fare, molto più lungo. Mi porterà da te e per que-sto non ho paura. Se poi sarà altro lo sa il destino, ma certo io adesso non scappo: non mi tiro indietro. Ecco (bacia Neobule), sigillo con questo giuramento il patto che non si dissolve. Io ti sposo, Neobule, con un matrimonio che non si consume-rà, mai. Solido come il tempo. Ed ora sia quel che sia, l'ora è suonata. (Chiama forte). Padre! Padre, vieni fuori! Vieni fuori, assassino! (Ulisse esce dalla reggia, incerto).

ULISSE Chi mi chiama, che il mattino è così giovane?

TELEMACO Io chiamavo mio padre, dunque mi conosci per figlio?

ULISSE Solo perché così m'hanno detto.

TELEMACO Bene, come ti piace. Guarda bene questa donna, la vedi? E' la mia sposa. Me l'hai data tu. Anzi, me la devi ancora dare.

ULISSE Io? Che c'entro? Che dici?

TELEMACO Questa è la bella Neobule, e l'hai uccisa tu.

ULISSE Io dormivo.

TELEMACO E' giusto, dici bene: dormivi. Ma mentre tu dormivi altri vegliavano e co-vavano queste male azioni. Neobule l'ha uccisa il tuo disprezzo, il tuo distacco, la tua indifferenza. (La depone delicatamente al suolo). Era una bambina. Vuoi continuare a dormire? L'hai uccisa con la tua assenza, col vuoto che hai lasciato colmare da altri, sei tu il colpevole.

ULISSE (Giustificandosi). Altri, altri avevano deciso la mia partenza ...

TELEMACO Ma tu non l'hai impedita.

ULISSE Ho cercato di farlo.

TELEMACO Mettendo avanti altri: mettendo me, davanti a quell'aratro! Ora non puoi farlo più. Ora devi decidere da solo e sopportarne le conseguenze. E dormi anco-ra, se puoi, ma dopo aver fatto quello che devi.

ULISSE Che dici?

TELEMACO Guarda, ti rendo agevole il compito, ti volto le spalle (esegue), e abbraccio la mia sposa. (Ulisse tira fuori una spada).

ULISSE Non ti comprendo ... (gli si avvicina).

TELEMACO (Sempre voltato). Vibra il colpo, su, non esitare, affonda quel bronzo dritto fino al mio cuore, ma bada: deve essere per te che lo fai, sei solo, non c'è nessun altro che ti dia ordini, questa volta. (Ulisse sta per colpirlo). Non ti chiedo che questo.

ULISSE C'è, invece, chi m'obbliga. (Esita).

TELEMACO Perché tu l'hai voluto.

ULISSE (Getta la spada). Non ce la faccio.

TELEMACO (Si volta di scatto). Allora devi esser con me: sei morto comunque: t'offro questo riscatto.

ULISSE Potrei andarmene, sparire, non farmi vedere mai più.

TELEMACO Questo non lo puoi, ti sei spinto troppo in là. O contro di me, e allora mi devi ammazzare, o con me, e allora devi esser disposto a morire.

ULISSE Il sangue ... ho paura.

TELEMACO Il mio potevi versarlo ...

ULISSE Tu cosa mi offri.

TELEMACO Io niente. Questa mia mano armata. Niente. Ma è troppo facile star sem-pre coi vincitori. Io ti offro una sconfitta sicura. La morte certa, ma ti do in cam-bio il tuo nome, la tua faccia, puliti come forse non li hai avuti mai.

ULISSE (Sedotto). Forse se tu ti fingessi morto, se mettessimo nel sacco delle pietre ...

TELEMACO Non sei ancora sazio d'inganni?

ULISSE Li potremmo cogliere di sorpresa e forse la sconfitta non sarebbe così certa. Gli- faremo credere che, una volta morto tu, non avranno niente da temere; abbandone-ranno le armi.

TELEMACO Come posso fidarmi di te?

ULISSE Non c'è nessun modo, non ho alcun credito. Son io ad offrire a te questa mia mano armata. Niente. (Riprende il discorso di Telemaco). La morte certa.

TELEMACO Io e te soli contro tutti i prìncipi? Credi davvero che si possa vincere?

ULISSE In pochi eravamo, dentro al cavallo di legno, ma bastammo. Forti e silenziosi co-me un morbo letale, la nostra spinta era la disperazione: dieci anni di guerra. Ten-tammo, come ora. Andò bene.

TELEMACO Non c'è nulla che io odi al mondo quanto te e quello che il tuo tempo rap-presenta. Capaci di cambiar pelle in un momento, come i serpenti; seguire solo la legge del proprio vantaggio; farsi ricchi di meriti che non si hanno avuti, diven-tando pedine di un laido scambio senza fine. Senza uscita. Accetto, ma non crede-re che ti possa perdonare per lo strazio che m'hai lasciato in eredità. E se pure do-vessi esser tentato di farlo, ci sarà sempre lei (indica Neobule) che t'accuserà. Io e te soli, dunque, ma non da amici.

ULISSE Lo capisco.

(Entra Eumeo).

EUMEO Non da soli. Ci sono anch'io. Questo lo devo a mia figlia. E tu (ad Ulisse), lo devi a me.

ULISSE Siamo in tre. Benvenuto.

(Entra Omero).

OMERO Quattro.

TELEMACO Buon Omero, anche tu?

OMERO In certi casi anche i poeti devono saper partecipare.

TELEMACO Che aiuto puoi darci, tu, privo del bene della vista?

OMERO Io vedo. (Si toglie le bende). Sono cieco, ti dico, secondo le stagioni.

TELEMACO Ma ho visto l'odioso Eurimaco sui tuoi occhi con bronzo rovente ...

OMERO Il pianto m'ha salvato. Pìansi copiose lacrime, perché sapevo che togliendomi la vista, mio unico bene, mi avrebbero fatto tacere; cosa avrei potuto raccontare? Io vivo solo di questo. Sarei morto. Le lacrime temperarono la furia del fuoco: len-tamente riacquistai il senso che credevo perduto, ma decisi di non rivelarne. A nessuno. In attesa di tempi migliori. Ma la mia cecità mi ha insegnato a veder meglio, e più profondo, perché nessuno è più cieco di chi vede il male e non agi-sce per fermarlo. Sono stato punito col giusto castigo. C'è un'arma per me?

TELEMACO Eumeo?

EUMEO C'è. Te la do volentieri.

ULISSE E siamo in quattro. (Entra Euriclea).

EURICLEA Cinque.

TELEMACO Anche tu?

EURICLEA Non voglio perdere la festa per nessun motivo.

TELEMACO Calma, o rischiamo di vincer davvero.

EUMEO Che arma vuoi, vecchia?

EURICLEA Vecchia tua madre! So ben usarle, io.

ULISSE (Riprende il comando). Non armi per te, buona nutrice. Non del bronzo. Voglio che tu vada in cucina e che prepari quanto di più gustoso tu sappia fare. Le vi-vande più ricche di condimento, e pesanti. Poi versa in brocche d'oro il vino più forte, copioso: queste saranno le tue armi, al nostro servizio. Li prenderemo con la pancia piena, disposti al sonno.

EURICLEA Ora riconosco i tuoi occhi Ulisse. Sei tu il mio Ulisse, tessitore di inganni.

(Entra Penelope).

PENELOPE E per me, non c'è niente per me?

ULISSE Tu dovrai piangere, moglie. Dovrai piangere come se tuo figlio fosse morto. Uc-ciso dalla mia mano. Il sacco sarà pieno di pietre e di sassi. Poi dovrai annunzia-re il banchetto funebre, per commemorare il defunto.

PENELOPE Sta bene, piangerò.

ULISSE Riempite questo sacco, ed a me il compito di annunziare il misfatto. (Eumeo ed Omero riempiono il sacco). Bene. Affilate le armi, voialtri, e nascondetele nelle vesti. Che la porta della reggia sia ben chiusa, quando si andrà al mangiare.

OMERO Ci penso io.

ULISSE E che a nessuno dei prìncipi sia concesso di portare le armi.

PENELOPE Di questo mi occupo io.

ULISSE Fino in fondo!

EUMEO Fino in fondo, Neobule, o che svanisca in me il tuo ricordo!

OMERO Fino in fondo, per questi occhi chlho ritrovato!

EURICLEA Fino in fondo, per le offese e i soprusi!

PENELOPE Fino in fondo, per il marito che ora riconosco. (Telemaco tace, Ulisse lo guarda).

ULISSE E tu, non dici niente?

TELEMACO Fino in fondo!

ULISSE Mi basta. (BUIO).

(Il sacco è a terra, a centro scena, vicino al cadavere di Neobule; Penelope in lutto; gli altri, tutti in scena, meno Omero ed Euriclea, mesti).

EURIMACO (Prende a parlare per l'elogio funebre). Abbiamo perso due figli, la Chera mortale li ha strappati alla loro fresca età. Erano degl’innocenti. (Brusio di ap-provazione e stupore dalla reggia).

ULISSE Ma gli altri non escono mai?

ANTINOO No, da sette anni. Sorvegliano i cuochi e i servi, che non rubino dalle cuci-ne.

ULISSE Molto a proposito.

EURIMACO (Riprende). Dicevo che non ci saranno lacrime bastanti per renderli ai vivi. Siamo tutti colpevoli. (Altre ovazioni dalla reggia).

ANTINOO (Piano, ad Eurimaco). Ma che dici, sei impazzito?

EURIMACO (Piano, al compagno). Lasciami dire. (Poi a voce alta). Siamo tutti colpe-voli di non aver saputo impedirlo, anche se avremmo voluto con tutti noi stessi.

ANTINOO (Come sopra). Non ti pare di esagerare?

EURIMACO (Come sopra). Shh! Non m'interrompere. Abbiamo voluto stringerci con un sentito abbraccio al dolore delle famiglie, dicendo: siamo pronti a pagare per la nostra negligenza ... (Ovazioni).

EUMEO (Da sé). Zeus, dammi la forza o lo prendo in parola!

EURIMACO Ma vi diciamo anche che nulla resterà impunito e che faremo qualsiasi cosa sarà in nostro potere e buona facoltà per dare un nome agli efferati assassini di Te-lemaco e per svelare le cause del gesto della casta Neobule. (Ovazioni).

EUMEO (Da sé). Risparmiate il fiato, maiali!

EURIMACO Io vi dico: lo Stato c'è. Se noi ci siamo, c'è, e non si lascerà intimidire da queste frecce senza padrone, da queste azioni barbare ed impietose. I colpevoli morranno.

ULISSE (Pronto). Lo voglia il cielo!

EURIMACO Questo il messaggio che portiamo affranti alle famiglie: il sacrificio dei vo-stri cari non sarà vano. Sarà sempre ricordato come il caro prezzo pagato ad un'età in cui l'ordine assoluto non era stato ancora raggiunto. Un tributo pesante, lo rico-nosco, insopportabile, ma necessario per lo sviluppo e la crescita di una società sa-na ed integra. (Si commuove). Scusate, amici, la voce ho rotta da questa emozio-ne.

PENELOPE Gli dei misericordiosi accolgano così calde parole, frutto di un dolore così partecipe. Nulla si aggiunga, ché ogni parola strazia il mio cuore e ne cava sangue vivo. Onoriamo il ricordo dei nostri figli, invece, con un degno banchetto.

ANTINOO E' cosa saggia e giusta.

PENELOPE Più tardi si purificheranno questi corpi.

EURIMACO Con tutti gli onori. Bene, ora lascia che ti stringa a me commosso, Penelo-pe. (La abbraccia ed ella nasconde il proprio disgu sto).

ANTINOO Ed io voglio abbracciare fraternamente l'amico Eumeo. Vorrei essere io al posto di tua figlia.

EUMEO E' un augurio che accetto volentieri. (Poi da sé). E che farò di tutto per appagare.

EURIMACO Anche a te, Ulisse, esprimo le mie condoglianze ...

ULISSE (Lesto). Ma io non ricordo niente ...

PENELOPE Al banchetto, presto. Mi par già troppo che non mangiate.

ANTINOO Sacrosanto.

EURICLEA (Dalla reggia). In tavola! (Ride amaramente. I proci si avviano).

PENELOPE (Li previene). Lasciamo qui le armi, però, accanto a questi corpi, oggi è giorno di pace. Facciamolo per rispetto.

EURIMACO Non abbiamo difficoltà. E' giusto. (Posano le armi).

ULISSE (A Penelope). Sei stata meravigliosa. (Forte). Entriamo, amici.

(Tutti entrano nella reggia. Arriva Telemaco).

TELEMACO Tutto volge all'epilogo. Vorrò solo giustizia, non vendetta. Se l'Olimpo mi frena il braccio non infierirò. Io non sono come loro. (Entra rapido nella reggia).

(Arriva Omero).

OMERO Cantano e mangiano i pretendenti, ed ancora non sanno che Ade li aspetta. Nel-llubriachezza li coglierà una condanna impietosa e così, senza perdono né penti-mento saranno dannati. Vado anch'io, ora, mi tocca il mio compito. Il palo robu-sto bloccherà la porta ed al segnale tutto avrà inizio. Sarò testimone partecipe di questi eventi, così come si addice al mio ruolo. (Entra nella reggia, si sente spran-gare la porta. Parte una musica allegra, mozartiana, intervallata da ritmici grugni-ti di maiali. Sale sempre più. BUIO).

VOCE DI OMERO (assieme alla musica che si abbassa). "Fuggivano d'intorno, per la sala, come vacche di mandria e maiali, quando la feroce paura di morte le assale e le agita. Chiedevano perdono ed imprecavano. Ma gli altri come avvoltoi unghie adunche, becchi rapaci, sui piccoli uccelli si abbattono, li assalgono e ne fanno strage; non c'è riparo possibile, né fuga. Gemito spaventoso saliva dai colpiti, il suolo fumava tutto di caldo sangue."

(Luce su Telemaco ed Ulisse, fuori della reggia, lordi di sangue).

ULISSE Tutti, li abbiamo massacrati tutti. Non s'è salvato nessuno. Ora la mia terra avrà pace ed io ne avrò. Ed avrò di nuovo lo scettro regale ed il potere. Li ho compra-ti e pagati col sangue di questi cani infami. Mi sento di nuovo forte e potente, come una belva. Un leone che abbia divorato, tremante un bove selvatico.

TELEMACO Non esultare, non gioriarti: che pietà è far festa su degli uomini uccisi? Co-storo li ha uccisi la loro arroganza, ma è vile ed ingiusto chi li. deruba della digni-tà della morte, chi ne fa scempio: non siamo eroi, non ci spetta alcun onore. Il compito è stato duro e ingrato. Ora bisogna ricostruire.

ULISSE Io non ti capisco.

TELEMACO Lo so. Io e te parliamo lingue troppo diverse.

ULISSE Ma tu li hai scannati quanto me.

TELEMACO Io li ho uccisi soltanto, questa è la differenza. E bada che io li odiavo dav-vero.

ULISSE Ed io? Non mi avevano derubato?

TELEMACO Non mi inganni. Tu sei come loro. Tu avresti fatto lo stesso. Ed io ho il dovere di non darti ascolto. Me lo impone il ricordo della mia Neobule. Mi hai rifiutato, ora io non ti conosco. Del resto ho sempre vissuto senza di te ed in veri-tà, ora che mi guardo dentro, scopro che tu e quello che sei non mi mancate affat-to. Anzi, siete proprio quello contro cui ho sempre combattuto.

ULISSE Ed io? Ora che faccio, io?

TELEMACO Te ne devi andare.

ULISSE Mi scacci? Scacci. chi ti ha generato?

TELEMACO E' una condanna che non t'ho chiesto.

ULISSE Ingrato.

TELEMACO Non è ingratitudine. Che m'hai dato tu? Credi che basti l'avermi messo al mondo? Tu avevi dei doveri verso di me.

ULISSE La guerra mi ha allontanato da quei doveri.

TELEMACO Lo so. L'hai già detto. Ma, vedi, tu a quella guerra dici di non esserci vo-luto andare, io dico che t'ha fatto comodo.

ULISSE Non ne ho avuto alcun vantaggio.

TELEMACO Casualmente il cielo è stato giusto.

ULISSE Ho combattuto al tuo fianco ...

TELEMACO Sei stato costretto. Dimentichi? Mi volevi ammazzare.

ULISSE Tu hai accettato il mio aiuto.

TELEMACO Per necessità. Io ti conosco più di quanto tu creda.

(Entra Penelope).

ULISSE Diglielo tu, Penelope, che io devo stare ad Itaca, nella mia patria, mi vuole scac-ciare.

PENELOPE (Grave). E' giusto.

ULISSE Anche tu?

PENELOPE Io verrò con te e vedrò se mi saprai amare. Questa volta non ti lascerò an-dare da solo, mi hai già tolto così tanti anni. Spero che ci conosceremo, finalmen-te.

ULISSE (Comprende di non avere scelta). Dove andremo?

PENELOPE Lontano da qui.

ULISSE Ma questa è la mia casa ...

PENELOPE Tu credi?

ULISSE (Sincero). No. Non lo è più. Non la so riconoscere più, davvero.

PENELOPE Ed allora andremo per mare e forse troveremo una terra che ci accoglierà, che non saprà il tuo nome, né il mio.

ULISSE (Preso). Magari di là, verso l'Oceano sconfinato, al di là delle colonne d'Erco.le, e forse anche più avanti ... Anche solo per vedere cosa c'è ...

PENELOPE E sacrificheremo a Poseidone, ché forse salderemo il nostro debito morale.

ULISSE Il mio.

PENELOPE Vengo con te, ho detto.

ULISSE Addio, figlio mio.

TELEMACO Addio, padre che non ho avuto. Ti vedo solo ora. Addio, madre, il tuo ri-cordo mi darà conforto, sempre.

PENELOPE Addio. (Ulisse e Penelope escono lenti verso il mare. Telemaco resta solo un attimo, in silenzio).

TELEMACO (Chiama). Euriclea!

EURICLEA (Dalla porta della reggia). Dimmi, Telemaco.

TELEMACO Bisogna lavare la sala; pulire i cadaveri, ungerli e renderli alle famiglie perché siano purificati: davanti ai loro parenti risponderò io. (Si guarda le mani). Bisogna pulire tutto questo sangue.

EURICLEA Guarda! La fonte butta di nuovo; l'albero mette le foglie! E piove, final-mente; piove!

BUIO 

SIPARIO

FINE DEL DRAMMA