Un po’ di bufera

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UN PO’ DI BUFERA

UN PO’ DI BUFERA

Un atto con coro

Di GALAR

PERSONAGGI

CRISTINA

ORESTE

CARLO

                                     

Cateragia per il Sito GTTEMPO

La scena un salone in un vecchio castello isolato. A sinistra dello spettatore una porta che comunica con l'attigua camera, da letto; in fondo una grande finestra in istile gotico con vetri smerigliati o una vetrata. A destra dello spettatore un alto e ampio caminetto. Il fuoco è acceso e ogni tanto dalla sala si intravvedono rossi bagliori. Siamo di notte. Luce scarsa. E' accesa una grande lampada che diffonde un circolo di luce e basta. Da poche ore è deceduta la moglie di Carlo e l'ambiente respira tristezza. Si odono o&ni tanto scrosci di pioggia e sibili della bufera. Nelle pause si sentono a intervalli donne che mormorano pianissimo preghiere dei morti. Quando si apre il velario sono in scena Cri­stina, Carlo e Oreste. Carlo è seduto vicino al tavolo prossimo al camino, Oreste in piedi con gli occhi rivolti verso la stanza di Ma­ria; Cristina in fondo osserva la notte cupa dalla vetrata. Sul tavolo c'è un pacco di lettere chiuse in un busta legata a croce con un nastro stinto. I due attori sono vestiti di scuro: Cristina d'un'ampia ve­staglia grigio perla. Come indicato nelle didascalie ogni tanto si ripeteranno lam­pi, tuoni, scrosci di pioggia, ma dev'es­sere evitata ogni esagerazione. La bufera le preghiere, i canti degli angioli, ecc., hanno un solo compito: quello di sotto­lineare, commentare, negare o smentire le parole degli attori. La loro è quindi una funzione puramente corale; contri-buiscono a creare una data atmosfera          - quella necessaria e voluta    - alla lievis­sima vicenda. I commenti esteriori sono in un certo senso la beffarda (o pavida) eco delle coscienze degli interpreti (o di situazioni) e per tanto devono pesare sul. la recitazione solo per quel tanto di rea­zione psicologica che susciteranno negli interpreti.

Carlo                             - (a Oreste, come se continuasse un discorso; con gravita)...E da quel momento è entrata in agonia...

Cristina                         - (senza voltarsi) Un'agonia ra­pidissima, povera Maria... A 35 anni...

Carlo                             - (sempre a Oreste) Inaudito, ti dico, inaudito! Gli ultimi istanti sono stati d'uno strazio che non ti saprei de­scrivere. Io stesso orni sentivo morire. Te­nevo la maino sul suo polso e sentivo i battiti a rallentare. Ricordo di avere con­tato fino a cento... Poi di avere ricomin­ciato da capo: uno, due, tre... E poi il polso tacque... Ed anche il mio, mi par­ve, s'arrestò per un istante. Vivo senza vita mi sentii trascinato in un gorgo di vertigine: guardavo e non vedevo, udivo e non capivo... Intorno a me si accen­devano ceri, si piangeva, si pregava (mor. morar lievissimo di preghiere dietro le quinte; Oreste segue il racconto con ner­vosismo crescente) che so, ohe so... Fu la voce anonima di un, signore sconoscili. to che mi fece rientrare in me stesso.

Oreste                           - (con tenerezza e larvato rimpro­vero) Ma perchè non mi avevi avver­tito tempestivamente... Come potevo pre­vedere da lontano una così subitanea ca­tastrofe. Potevate telegrafarmi o telefo­nare. (Concitato) In ogni caso avrei po­tuto anticipare di un giorno e sarei giun­to in tempo a vederla.

 Cristina                        - (tristemente soave) E' stata la fulmineità della sciagura ad impedircelo. Ieri l'altro si era delineato un lieve miglioramento e il dottore stesso ci aveva autorizzati a spe­rare...

Oreste                           - Sempre così, alla vigilia della ca­tastrofe...

Cristina                         - Ma un'ora dopo il male ripren­deva con violenza maggiore e le nostre deboli armi per fronteggiarlo divennero inutili. La nostra povera amica... Fino all'ultimo ti ha invocato...

Oreste                           - (esitante) E come avete giustificato la mia assenza?

Carlo                             - Le ho detto che eri lontano e non saresti giunto ohe stasera tardi.

Oreste                           - E lei?...

Carlo                             - (guarda fisso Oreste a lungo) E lei? Volse gli occhi al cielo e disse: « Non lo vedrò più. Quando arriverà, io sarò già partita... ». (Preghiere),

Cristina                         - E così fu. La terribile profezia si è avverata!

Oreste                           - (profondamente commosso) Ne so­no annientato !

Carlo                             - Un'ora dopo la sua anima volava in Cielo... (Aereo canto d'angeli realizzabile con disco; il canto viene interrotto da un po' di bufera. Cessato il... coro una donna di ser­vizio si affaccia alla porta del fondo. Cristina le si avvicina, scambia qualche parola con lei sottovoce e quindi, seguita dalla domestica, en­tra nella stanza dove si suppone sia la salma di Maria).

Carlo                             - (che ha seguito con l'occhio le mosse di Cristina) Tua moglie è stata di una ge­nerosità impareggiabile. Da quando Maria sii è messa a letto non ci ha più lasciato un istan­te. Mi domando cosa avrei fatto senza di lei.

Oreste                           - Tua moglie e la mia, come noi due del resto, erano amiche d'infanzia e non o'è nulla di strano nel loro attaccamento. An­ch'io, tu lo sai, amavo teneraimente Maria. (Pausa) Il lutto che ti ha colpito (con convin­zione inequivocabile) ha colpito me pure e con non minor violenza. (Altra lunga pausa; poi, con una punta di inquieta curiosità) E, dimmi, Carlo, quali sono state le sue ultime parole?

Carlo                             - Le ultime parole? (Oreste assente col capo) Ah! (Dopo un attimo di pausa) Ha pronunciato ancora una volta il mio nome - sì, mi pare, ha detto quasi in un rantolo:   - « Carlo, Carlo » e mi ha indicato con gli oc­chi supplichevoli il pacco delle lettere (getta un'occhiata alla busta sul tavolo) che ani aveva consegnato pochi istanti prima e che io tenevo ancora in mano...

Oreste                           - (ansioso)... e poi?

Carlo                             - (continuando)...e poi, dopo aver sussurrato un'ultima volta il misterioso dimi­nutivo che ti ho detto...

Oreste                           - (cupo e nello stesso tempo quasi or­goglioso)...Bob! (Sibila il vento).

Carlo                             - Sì, Bob..., spirò tra le mie brac­cia! (Altra pausa) Ma a chi volesse alludere con il suo strano « Bob » non mi è riuscito di capire. (Guardando stranamente Oreste) For­se...

Oreste                           - (turbato ma tentando di assumere un tono naturale)...a qualche nipotino resi­dente in provincia...

Carlo                             - Non l'avrebbe rievocato nel mo­mento stesso in cui si sentiva morire. E poi se esistesse un nipotino col nome di « Bob » lo avrei saputo. Non ti pare?

Oreste                           - Naturalmente, ma sai, lì per lì uno magari non ci pensa...

Carlo                             - (calmo e con sicurezza) Ho pensato, ho cercato profondamente nella memoria: nes­sun Bob esiste nella nostra parentela, ne sono sicuro.

Oreste                           - (dopo una breve pausa) Hai inter­rogato in proposito Cristina? (Fa per avviarsi verso la stanza accanto, ma subito si arresta) Forse mia moglie ne saprà qualcosa...

Carlo                             - Non ho interrogato nessuno. Ti pare questo il momento per una simile... inchiesta? E poi sono cose delicate... (Equivoco) Ne parlo con te che sei il mio migliore amico, ma non potrei certo raccontare simili intimità ad altri. Potrebbero anche fraintendere... (Silenzio) Spe­ravo che tu mi avresti chiarito la cosa...

Oreste                           - (turbato, ma sempre controllandosi) Io?

Carlo                             - Per essere sincero (guarda la stan­za dove c'è la- salma della moglie)...e l'ora lo impone a tutti (squadra l'amico come se lo volesse provocare)...ti dico che certi atteggia­menti tuoi e le strane invocazioni di Maria mi hanno fatto pensare ohe Bob eri tu!

Oreste                           - (si agita; la recitazione assume un tono tra il grottesco e il drammatico) Ma cosa ti salta in testa? Bob? Bob! Cosa c'entro io con il tuo Bob?! (Va su e giù per la scena).

Carlo                             - (calmo) Eri tanto amico di Maria... Eri il suo confidente, il suo consulente spiri­tuale, la sua guida artistica... (Insidioso) Che so io che cosa non eri per Maria...

Oreste                           - Non ti dico di no (si ferma, sem­bra deciso ad affrontare l'amico, ma dinanzi allo sguardo duro di Carlo, dopo un attimo di sosta, riprende a camminare; con apparente di-sinvolturà); ma tra tua moglie e me non ci sono mai stati rapporti tali da giustificare l'uso di un vezzeggiativo così... affettuoso. Del resto tu sai che essa mi ha sempre chiamato col mio vero nome, Oreste. Anzi « il signor Oreste ».

Carlo                             - Non ti allarmare: che ci sarebbe stillo di strano se Maria ti avesse battezzato con uno stranome?

Oreste                           - (quasi offeso) Bob non è uno stra­nome.. è qualcosa di... più e di diverso.

Carlo                             - Sì, sì, può darsi; tutto quello che vuoi... (Pausa opprimente) Ma se Bob non sei tu, allora il mistero è ancora più... misterioso.

Oreste                           - La mia amicizia per tua moglie è sempre stata chiara come la luce del sole. (La scena si rabbuia quasi completamente in con­trasto con le parole dell'attore; quando ritorna la luce, quando cioè si riaccende l'unica lam­pada che c'è in scena, l'attore si troverà fra M tavolo e il camino ed accennerà a movimenti che giustifichino il sorgere nel pubblico del so­spetto ch'egli abbia approfittato dell'attimo di buio per tentare di buttare le lettere nel fuoco. Si tratta di una parentesi ce gialla » rapidissima, dopo la quale Oreste continuerà il discorso ini­ziato. Carlo che ha notato il gesto, più inten­zionale che reale, guarda Oreste con stupefa­zione) Un'amicizia onesta nata e cresciuta sotto i tuoi ocelli, della quale tu hai seguito ogni fase. Ma per lei sono sempre stato « il signor Oreste » e mai Bob. Ti prego' di prenderne nota, se il dolore per la sciagura che ti ha col­pito te lo consente...

Carlo                             - Reagisci con tanta vivacità alle mie innocenti e... legittime congetture che se non ti conoscessi così profondamente ci sarebbe da insospettirsi...

Oreste                           - Ah no, caro, le tue pretese conget­ture non sono né legittime, ne innocenti. Sono invece stranamente subdole ed anche offensive. E, data l'ora e il luogo dove questo assurdo colloquio si svolge, (accenna verso la stanza ac­canto; folata di vento, crepitìo del fuoco) mi sembra che sarebbe bene cambiare... discorso.

Carlo.                            - Figurati... Capisco anch'io che il momento è sfavorevole. E poi c'è tempo a chia­rire ogni cosa più tardi. (Un silenzio; i due attori si guardano a lungo senza più ostilità, come se improvvisamente i dubbi di Carlo e i timori di Oreste fossero svaniti).

 Oreste                          - (si avvicina incoraggiante) Perdo­nami, Carlo... Ti prego di dimenticare le vi­vaci espressioni coin cui ho reagito alle strane insinuazioni suggerite, forse, dal dolore...

Carlo                             - Non pensarci più. Per conto mio ho già dimenticato. Ho i nervi in tale stato di eccitazione... Comprendimi, Oreste. (Un lungo silenzio).

Cristina                         - (rientra con un fascio dv lettere e di telegrammi in mano che getta su di un vas­soio) Da ogni parte giungono parole di con­forto per lei, signor Carlo. Il cordoglio per il nostro lutto è universale. (Pausa) Ma possono queste parole recar conforto?

Oreste                           - Se fossero sincere...

Carlo                             - Maria non aveva che amici.

Cristina                         - Tutti l'adoravano e se lo meri­tava. (Unico colpo secco di tuono) Nessuna creatura la superava in bontà, in semplicità, in onestà. (Scroscio violento di pioggia).

Oreste                           - Nei suoi occhi c'era tanta luce... (Sembra sognare) Sembravano due stelle ar­denti...

Carlo                             - (sempre cupo) Ma ora sono spenti e per sempre! Ed eccomi qui, a 45 anni, senza mèta alcuna, senza una ragione plausibile di vita, stroncato dalla bufera... (Dietro le quin. te\ rumore di un albero schiantato dal vento che soffia con impeto).

Cristina                         - (tornato il silenzio) Abbiamo il ricordo di Maria...

Carlo                             - Il ricordo! (Vagamente allusivo). Certo quello nessuno ce lo può rapire (la bu­fera esterna si placa, compare un debole raggio di luna).

Oreste                           - Ah! no, quello è nostro, mostro e nessuno ce lo può rubare! (Si eccita; con gli oc chi ardenti come se inseguisse un sogno esal­tante guardando e avvicinandosi gradatamente alla stanza dove c'è la morta). Soino passati dieci anni da quando l'incontriai per la prima volta, a Usseaux, in quell'osteria di montagna, pochi giorni dopo il vostro matrimonio e la visione di quel memorabile istante mi è rima­sta incisa nella memoria in ogni più minuto particolare. A tal segno che un momento fa, tdi là, quando la rividi col volto tanto pallido circondato di fiori nel suo letto di morte, a poco a poco si è operata nel mio sipirito come una sostituzione d'immagini: quella del sogno che ora rievocavo prese a poco a poco il posto dell'altra vera, fredda, muta, cerea, che era lì stesa davanti a me e pareva sorridermi con mestizia, quasi con rimprovero. (S'accorge di essere osservato da Carlo che segue con intensa emozione le parole rivelatrici e si riprende. Continuando, con tono superficialmente bana­le) Era tanto bella...

Carlo                             - (glaciale e volutamente equivoco) Se lo dici tu...

Cristina                         - Anche noi c'eravamo sposati da poco... E son passati dieci anni! Dieci anni... Vi eravate nascosti lassù per sottrarvi ai pa­renti, agli amici, agli estranei. Ma Maria non aveva saputo resistere ,al bisogno d'informarmi e subito vi abbiamo raggiunti. Quant'eravate felici... Maria era tutta vestita di rosa...

Oreste                           - (il sogno sembra riprenderlo) Tut­ta meno il grande nastro che le cingeva la vita: quello era di tulle bianco. I suoi capelli biondi inondati di luce svolazzavano al vento. Quando ci vide, Cristina ed io, che salivamo lenta­mente verso la casetta, ci venne incontro cor­rendo, precedendoti. Pareva un angelo che vo­lasse... (Chiaro di luna intenso).

Cristina                         - Rammento. Mi abbracciò con tanto impeto che per poco non scivolammo tut­te e due nel ruscello che fiancheggiava la stra-dicciiuola. Ci tenemmo strette strette. E Mania urlava a squarciagola mantenendosi a stento in equilibrio. Rideva, cantava, ballava... Pareva l'immagine della bellezza vivente...

Oreste                           - (piano, quasi a se stesso) Lo era... Concepiva la vita come un dono da offrire.

Carlo                             - Ed è ciò che rende più strano il contegno degli ultimi giorni (la luna sparisce gradatamente), o, forse, lo spiega...

Un domestico               - (affacciandosi) Il dottor Remondi chiede di essere introdotto.

Carlo                             - (alzandosi) Fallo passare.

Cristina                         - Non si scomodi, signor Carlo. So il motivo della visita, vado io (esce).

(La bufera riprende; la luna scompare rapi, damente e la scena torna ad essere illuminata dall'unica lampada e dai bagliori del fuoco che arde nel caminetto. Gli attori adegueranno la loro recitazione al mutato clima esteriore).

Carlo                             - (come continuasse il discorso inter­rotto per l'uscita di Cristina) Del resto un ge­sto, urna parola, una lettera bastano talvolta a svelare il segreto di un'intera esistenza. Mah! Se proprio volessi approfondire le cose, squar­ciare il mistero che ci opprime, non miiì sarebbe difficile... (Sguardo alle lettere).

Oreste                           - (allarmato ma senza lasciar traspa­rire inquietudine) E come faresti?

Carlo                             - (indicando il pacco delle lettere sul tavolo) La verità è li: dentro quella busta.

Oreste                           - (atterrito) Non vorrai, spero, com­mettere un simile sacrilegio...

Carlo                             - (prende la busta tra le mani, la palpa l'annusa lungamente, ne osserva il nastro squa­drando in tralice Oreste. Ad un certo punto si avvicina all'amico e gli mette la busta sotto il naso. Mentre Carlo compie questo gesto si ode lo sbattere improvviso e violento di una porta, provocato dal vento che continua a fischiare con cupa e simbolica violenza, seguito da un grido strozzato. Oreste sfiora con la mano la gola in modo che il pubblico si renda conto che il gi-do esterno esprime il senso di angoscia che lo domina e che non vorrebbe lasciare trapelare. La scena, tratto tratto, è inondata dai j-iflessi dei lampi, si ode un mormorare lontano di tuono decrescente. Oreste arretra un po' sgo­mento, ma riprende subito il dominio di se stesso. Del resto anche Carlo attenua conti­nuando il discorso. Anche qui gli attori ignore­ranno voci e rumori provenienti dall'esterno. La recitazione aumenterà d'intensità fino a quando Oreste non darà l'impressione di sen­tirsi sopraffatto dai dubbi di Carlo; da quel punto in avanti, come in un decrescendo mu­sicale, la recitazione riprenderà un ritmo più calmo) La chiave del mistero è qui dentro!

Oreste                           - (naturale, come se volesse tentare di persuadere l'amico) Se è vero che ti sei im­pegnato col giuramento a non leggere e a bru­ciare il contenuto di quella busta, ebbene, non hai che un gesto da compiere: buttala nel ca­minetto e fanne un rogo. (Improvvisa ampia fiammata nel caminetto).

Carlo                             - (colpito, osserva ancora un istante la busta e poi la ripone con calma sul tavolo) Forse hai ragione...

Oreste                           - Maria era un'anima squisita (com-'mento di lampi e tuoni) e i tuoi sospetti sono assurdi! Ascolta un mio consiglio: vai a ripo­sare un'ora: ti farà bene. Sono otto giorni che non mangi, che non dormi, che tii disperi. Ca­pisco le tue condizioni... Carlo.

Carlo                             - (calmo) E' inutile; vedi, ora sono per­fettamente calmo. (Pausa) Non pensiamoci più! (Nuovo silenzio; l'attore raggiunge la vetrata e sta muto ad osservare la bufera notturna. Al lato opposto Oreste rimane immobile davanti a! camino. 1 due attori si voltano la schiena. Dopo una pausa si ode una voce (« la voce di Maria ») che cade come un fulmine, rapida, secca, che dice: « Bob y>. Carlo e Oreste si voltano di scat. to e si guardano con fare indagatore ma cu­rando di stare con la bocca ermeticamente chiusa. Durante la pausa la voce come un'eco ri­pete più lentamente: « Bob »).

Carlo                             - Che dici?

Oreste                           - Io? Nulla. E tu?

Carlo                             - Mi era pauso di udire una voce...

Oreste                           - Era parso anche a me... Questi vecchi castelli sono pieni di fantasmi...

Carlo                             - (con amara ironia) Sarà la voce di Ma-!ria... A meno che non sia uni fantasma anche Bob...

Oreste                           - (senza raccogliere la battuta) Io non ci vivrei per tutto l'oro del mondo. Ci si gela anche nella buona stagione (sibilo di ven­to) Carlo, ascolta il mio consiglio, vai a ripo­sare. (Guardando nella stanza di Maria) Ri­mango io a vegliarla...

Carlo                             - No! Non voglio separarmi da lei (indica la stanza con un cenno del capo): non lo potrei neanche volendo. Mi scinto inchioda­to. (Va alla vetrata, l'apre, ma subito si ritrae e rinchiude) Che notte orrenda... La bufera sembra voglia tutto abbattere... Rimango qui, tanto più che, ora, sto meglio e mi sento an­che più sicuro.

Oreste                           - (incitandolo subdolamente) Allora brucia quella busta. E chiudiamo cosi per sem­pre questa brutta parentesi indegm/a.

Carlo                             - (di nuovo insospettito; un lampo. Prende la busta e va verso il caminetto, ma pri­ma di gettarla tra le fiamme si sofferma a ri­flettere. Guardando con occhio indagatore Va. mico) Ma a te che importa se mantengo o no la parola data a Maria?

Oreste                           - (con scetticismo) Una ricaduta?

Carlo                             - (Za recitazione, che si era fatta calma, riprende un ritmo più sostenuto) Dunque la temi !

Oreste                           - Io? Ho la coscienza tranquilla e per conto mio non ho proprio nulla da temere né da quelle lettere uè da altro. Me ne dor­rebbe per te.

Carlo                             - (rude) Ti dispenso dal partecipare alle mie ansie...

Oreste                           - Persisto meill'affermare     - e come amico ho il sacrosanto dovere di farlo!       - che per un insignificante vezzeggiativo fiorito sulle labbra di una donna in un momento in cui non aveva forse più consapevolezza delle parole che diceva, è assurdo imbastire uin romanzo come stai facendo tu con tanto accanimento.

Carlo                             - E a me sembra che se c'è uno che non ha più l'assoluta consapevolezza di quello che dice, quello sei tu! (Breve pausa) « Bob » non è, come dici tu, un... vezzeggiativo dell'ultima ora,          - m'intendi?!   - non è una parola vaga e senza senso detta da una creatura in de­lirio o quasi. Eh no, caro! Lo... strano nomi­gnolo non ha atteso tanto a fere la sua com­parsa. Fin dai primi gioirai della terribile ma­lattia, Maria si mise a sospirare dei Bob che mi agghiacciavano. Come vedi, la cosa è un po' diversa...

Oreste                           - Forse, ama la sostanza non muta.

Carlo                             - Muta moltissimo! E c'è di più: ri­cordo esattamente che l'altra notte, dopo avere insistentemente chiesto di te, ripetè per l'en­nesima volta la misteriosa invocazione: « E Bob, perchè non viene? ». Nemmeno questo ti rivela nulla?

Oreste                           - (rapido, interrompendo) A me, no. Non vedo proprio nulla di strano in questo.

Carlo                             - (risoluto, aggressivo) Non lo vedi? Mettiti nei miei pian ni e lo vedrai subito!

Oreste                           - (come se desse delle spiegazioni) L'accostamento di quei due nomi da parte di Maria può essere stato puramente occasionale. (Grave) Chi può sapere ciò che accade nella mente di una creatura agonizzante?

Carlo                             - (rude, con egoismo) Io so soltanto quello che accadeva nella mia mente. E se nu­tro dei dubbi nei tuoi confronti, non devi sor. prenderti... Anche un momento fa parlavi di Maria come eli un'innamorata ed evocavi il vostro primo incontro ad Usseaux con frasi troppo commosse perchè non esprimessero con sincerità i tuoi veri sentimenti!

Oreste                           - Parlo di Maria come ne può par­lare un amico che ha sempre provato per lei un'intensa tenerezza, una devozione illimitata. Con che diritto mi rimproveri oggi sentimenti che hai sempre accettato senza riserve ieri?

Carlo                             - Ieri ignoravo l'esistenza di Bob!

Oreste                           - E che c'entro io col tuo Bob? Sei certo che Bob sia io? No? E allora...

Carlo                             - E allora perchè mi sconsigli con tanta insistenza di leggere quelle lettere?

Oreste                           - Perchè?... Perchè non sono... tue, perchè - l'hai detto tu stesso pochi istanti fa             - hai giurato sul letto di morte di tua moglie che le avresti distrutte.

Carlo                             - Dunque, secondo te, è meglio ch'io mantenga il giuramento dato a Maria. E sta bene! Che rinneghi il ricordo di una moglie onesta, questo, per te, non ha importanza. Ma le lettere; oh, quelle siano arse, arse anche se con esse andrà distrutta la prova della sua... innocenza o del suo tradimento! Hai un modo singolare di concepire l'amicizia, Oreste...

Oreste                           - Potevi non assumere l'impegno. Nelle condizioni.attuali il tuo dovere è chiaro e preciso: devi.agire in modo che il segreto di Maria non sia violato!

Carlo                             - - Logica da... manuali filosofici. Non capisci che se non leggo quelle lettere sono un uomo perduto? Io voglio sapere (un. lampo) chi è Bob, devo, devo saperlo. Credi tu che Ma­ria sia stata una donna onesta? Lo credi? (Ore­ste accenna di sì col capo. Tuoni, lampi) E allora aiutami a procurarmi le prove della sua onestà e non intralciarmi.

Oreste                           - (senza partecipare alla commozione dell'amico, con calma ostentata e un tono leg­germente ammonitore) Questa non è l'ora del voglio e del devo: è l'ora del sacrificio, mio caro. Affidati a Dio...

Carlo                             - Lascia stare Dio! Preferisco (con gesto energico riafferra la busta) veder chiaro..

Oreste                           - (solenne) Anche oltre tomba? Tu stai lanciando una sfida al Cielo: bada! Te ne pentirai (sibili di vento).

Carlo                             - Tu mi conosci, Oreste. Sai che so - che ho saputo - soffrire in silenzio. Noi siiamo amici da dieci anni e più. Da dieci anni e più viviamo per così dire insieme, uniti negli affari, uniti nelle gioie ed ora... uniti nel do­lore. Lasciami libero moralmente di agire, non crearmi rimorsi in anticipo; questa busta non mi attira per curiosità, puoi credermi. I senti­menti che si agitano in me questa notte di tem­pesta (tuoni prolungati) sono più elevati, più puri. Lasciami cercare dove posso la verità. Posso ancona vivere nel dubbio? Sono un uo­mo all'antica, con sentimenti! rozzi, primitivi. Vedi, al solo pensiero di poter raggiungere la prova della colpa di Maria mi sento il sangue ribollire dentro le vene. (Agita la busta minac­ciando l'amico) Sarei capace, anche dopo la sua imorte...

Oreste                           - (affrontando Carlo con cinismo)... di ucciderla! ?

Carlo                             - (risoluto, dopo una scrollata di spalle come per dirgli: « Non è questo il momento di fare dello spirito »)... di vendicarmi colpen­do senza pietà il suo complice. (Colpi violen­tissimi di tuono seguiti da pioggia torrenziale). Oreste          - (tentando di calmare Carlo) Esa­gerato... Intanto bisognerebbe scoprire il com­plice, se esiste. E poi... oggi le vendette sono giù di moda. Ma avanti tutto bisogna veder chiaro in se stessi, il che non è certo il caso tuo. In te invece tutto è torbido e non sai nem­meno bene quello che vuoi dagli altri. E' un'ora che mi stai tormentando con delle allusioni. Su, fottìi coraggio, precisa le tue domande, le tue accuse: ti risponderò, se saprai essere ab­bastanza calmo per ascoltare le mie parole. Ma non agitarti, per carità, non lasciare straripare la tua gelosia che ti morde l'animo anche se la neghi !

Carlo                             - (aggressivo) Chi era Bob?

Oreste                           - (scoraggiato) Ed io che ti consi­glio la calma! Carilo, il tuo cuore è sconvolto... Farnetichi.

Carlo                             - Smettila con i consigli. In quanto ai tuoi divieti, trattandosi del ce suo » onore (indicando la stanza) e del mio (si batte il pet. to) me ne rido. (Strappa con energia il nastro che avvolge la busta contenente le lettere e sta per aprirla; Oreste tenta d'impedire all'amico il gesto e fra i due s'impegna una lotta per il il possesso della busta, lotta che dev'essere però contenuta e non violenta. Non dimenticare che a pochi passi c'è          - o si finge che ci sia - una creatura morta di cui uno dei contendenti era il marito e l'altro - forse - l'amante).

Carlo                             - (cercando di svincolarsi) Lasciami, lasciami!

Oreste                           - (sottovoce) Insensato! Che vuoi fare ?

Carlo                             - (ad alta voce, con la sola preoccupa­zione di sciogliersi dall'avversario, deciso e an­sioso di prendere conoscenza delle lettere) Leggere le sue lettere!

(Mentre si svolge l'alterco entra in iscena Cri­stina stupefatta e indignatissima. I due uomini si sono frattanto separati e si stanno mettendo in ordine i vestiti mentre Cristina li investe con sguardi pieni di rimprovero per il loro assurdo contegno. Carlo ha deposto le lettere sul tavolo, ma non le abbandona con lo sguardo; durante la zuffa scariche di tuono, lampi e scrosci di pioggia a guisa di accompagnamento musicale).

Cristina                         - Ma si può sapere cosa accade? Cos'è quest'indegna gazzarra che si svolge a due passi dalla salma della povera Maria men­ti© di là si prega e si piange per l'anima sua? (Più dolce, con tristezza) Vi ho lasciati poco fa che sembravate entrambi rapiti e consolati nell'estasi delle rievocazioni e vi ritrovo sca­gliati l'uno contro l'altro come dei nemici.

(Oreste e Carlo rimangono interdetti e con. fusi. Cristina osserva la busta e poiché ha udito le ultime frasi scambiate durante il diverbio soggiunge:)

Cristina                         - Ed è per quel pacco di lettere che vi accapigliate?

Oreste                           - (grave) Il motivo inon ti riguarda ed è assai più serio di quanto tu possa immaginare. Ciò che è accaduto tra noi due (indica Carlo) è irreparabile e ne tu né io possiamo prolungare di un istante la nostra permanenza in questa casa.

Cristina                         - (che ormai sa le ragioni del dissen­so tra i due uomini e non intende subire gli ordini interessati del marito) Andarmene? Non prima che siano chiarite le cose. Maria era la mia amica (tuono) e mi pare di avere an­ch'io il diritto di sapere cos'è successo. (A Car. lo, incitandolo con fervore) Parli lei, signor Carlo, che ha sempre dimostrato per me tanto rispetto e tanta buona amicizia.

Carlo                             - (turbato) Le chiedo scusa, signora, di quanto sta accadendo - così male a propo­sito     - in questa casa. La colpa non è mia...

Oreste                           - Tua, esclusivamente tua...

Carlo                             - (senza raccogliere l'interruzione) E' stato Oreste a provocare quest'irragionevole conflitto...

Oreste                           - Non ho fatto che il mio dovere tentando d'impedire un atto insensato.

Cristina                         - E glielo volevi impedire con la violenza?

Carlo                             - La violenza non avrebbe impedito nulla. E' stata lei, signora, ad evitarlo, var­cando la soglia di questa stanza. Se lei non ac­correva richiamata dal nostro assurdo alterco a quest'ora avrei certo compiuto l'atto « insen­sato » e saprei chi è Bob.

Cristina                         - (colpita) Bob?!

Carlo                             - Sì, in quelle lettere (indica la bu­sta) il mistero è svelato.

Oreste                           - Dovresti dire a Cristina anche il resto.

Carlo                             - Lo sa.

Oreste                           - (spiegando) E' dall'assurdo acco­stamento del mio nome con quello di Bob che sono sorti i sospetti di Carlo.

Cristina                         - Contro di te?

Oreste                           - Certo, non contro di te!

Cristina                         - Ah! Capisco...

Carlo                             - A lei Maria non ha parlato mai di... Bob?

Cristina                         - (vaga, come se inseguisse altri pen­sieri) Sì e... no. Ho udito anch'io Maria pro­nunciare quel nome, ma non so nulla di pre­ciso: non ho mai osato interpellarla su un ar­gomento che mi sembrava così strettamente personale ed intimo...

Oreste                           - Ma vi pare questo il momento per riprendere la discussione? (A Carlo),

Cristina                         - (con volontà e decisione ma sem­pre con tono mansueto) Prima sarà bene chia­rire le cose, non le pare, signor Carlo?

Carlo                             - E' anche il mio parere.

Cristina                         - Ho anch'io le mie ragioni per desiderare luce (lampo che illumina la scena) completa. In un'ora coinè questa anche l'om­bra di un sospetto turba ed offende. Sono stata I un'amica sincera, devota, disinteressata di Ma­ria. (Come se facesse una trovata un po' vaga, ma grave, senza guardare gli attori) Il mezzo ci sarebbe...

Carlo                             - Un mezzo!, dica.

Cristina                         - (con lo sguardo nel vuoto)... Sì, j ci sarebbe.

Carlo                             - (ansioso) Dica, dica...

Cristina                         - Ma non è facile... (Pausa) Lei ha dato la sua parola a Maria che non avrebbe letto le lettere contenute in questa busta? (Prende la busta in mano e la esamina).

Carlo                             - Sì.

Oreste                           - E poi?

Cristina                         - Lei può benissimo mantenere il giuramento fatto e... conoscere il contenuto delle lettere.

Oreste                           - E come?

Cristina                         - (a Carlo) Le leggerò io...

Oreste                           - Questo mai. E' una proposta as- ] surda.

Cristina                         - Ma perchè?

Oreste                           - La violazione delle estreme vo­lontà di Maria avverrebbe ugualmente attra- I verso un'altra persona..., in modo più sleale.

Cristina                         - (secca) Taci, Oreste, taci! (Com­mossa) Qui è in gioco la rispettabilità di urna j donna che è stata la inaia migliore amica, la tua stessa rispettabilità,

Oreste                           - è evidente - giacché Cario ti sospetta; il tuo dovere di gen­tiluomo - se con lui hai agito da... gentiluomo - è quello di aiutarmi, non di ostacolarmi nella ricerca della verità. (A Carlo) Però patti chiari: io leggo...

Carlo                             - (risoluto)... ad alta voce.

Cristina                         - No: coi soli occhi: leggo e bru­cio. Voi due starete là di fronte a me. (A Carlo) Terminata la lettura le svelerò il segreto.

Oreste                           - Hai perso la testa? Sembri dimen­ticare che a due passi, lì, c'è Maria ohe sta a... sentire.

Cristina                         - Se Maria mi ascolta, ebbene, essa inon potrà che approvami. Difendo la sua memoria, il suo onore... (Tuoni).

Oreste                           - E chi ti dice che ciò le sia gra­dito?

Carlo                             - Ad ogni modo è necessario a noi! (A Cristina) Vuol cominciare? Io sono pronto (Si mette da un lato).

Oreste                           - (si dispone dall'altro lato) Al pun­to in cui siamo giunti, fate come volete; ormai quello che accade qui mi è estraneo. Tengo solo a dichiarare esplicitamente che questa tra­gica farsa io non l'approvo. La vostra curiosità è quanto di più meschino si possa concepire. Che volete sapere? (Sembra deciso a fare delle rivelazioni, ma poi vi rinunzia. Pausa angoscio­sa - con sdegno) Ah!il vostro dolore, il vostro lutto! Sciacalli sembrate, nient'altro che scia­calli che si stanno sbranando un'anima. (Bef­fardo) Ma sì, leggi, leggi... se ti piace...

Carlo                             - (che avrà ascoltato con impazienza ma senza attribuirvi peso le parole di Oreste; a Cri­stina) E allora legga...

Cristina                         - (decisa) Ecco... (Strappa la bu-sta e comincia a leggere rapidamente le lettere evitando di lasciare intuire a Carlo - Oreste non lo osserva neanche - il contenuto dei po­chi foglietti).

Carlo                             - (non ne può più dall'ansia) Le ha lette tutte?

Cristina                         - (accenna col capo gravemente come per dire: ce Sì », poi si volta, straccia e butta lentamente le lettere tra le fiamme del camino. Carlo vorrebbe impedirglielo ma con un gesto Cristina lo dissuade. Si è fatta pallidissima. Il dramma si concentra tutto su di lei. Oreste in­vece si avanza alla ribalta con indifferenza. Se­gue una fiammata divoratrice; dopo un silen­zio, quando del pacco delle lettere non riman­gono che le ceneri) Metta il cuore in pace, signor Carlo: Maria, come non ne ho mai du-. bitato, era una donna immacolata... (Colpo di folgore).

Carlo                             - (incredulo) Ah! e... Bob?

Oreste                           - (guardando scettico e quasi con sfida Cristina) E… Bob?

Cristina                         - (a Carlo risoluta, sfidandolo con lo sguardo energico) Non... esiste, non era che un sogno...

Carlo                             - (dubbioso) Ma allora perchè... mi ha fatto giurare di bruciare le lettere?

Cristina                         - La ragione c'è. Nelle lettere si parlava di lei, signor Carlo, ma anche di altre cose. Innocentissime, può credermi, ma di quel-le che non si svelano a! proprio marito. Inezie senza peso e senza conseguenze. L'animo di una donna è, come si dice, un abisso inson­dabile.

Carlo                             - (poco convinto) Anche in punito di morte? (Pausa) E a chi erano dirette quelle lettere? (Guarda Oreste).

Cristina                         - (con una scusa balenatale improv­visa nel cervello, ma senza reticenze eccessive) A... se stessa! Non indaghi.

Carlo                             - (stupefatto) Mia moglie scriveva a se (medesima?

Cristina                         - (risoluta a... mentire) Lo faccio anch'io (Oreste la guarda con stupore, di sfug­gita) non si sorprenda. Ogni donna ama fis­sare sulla carta i suoi ricordi più intimi, i so­gni, le speranze (guardando Oreste), le proprie delusioni e magari le colpe (Carlo solleva il capo), ma il diario di Maria - si rassicuri - non recava traccia di cose inconfessabili.

Carlo                             - (non è persuaso-, guarda con occhio furbesco il camino) Oh, tanto adesso... (A Cristina) Non sapevo che Maria tenesse un diario.

Cristina                         - Non aveva anch'essa, Maria, il diritto di sognare? Quei fogli (indica il camino) non erano documenti di peccato, ma testimo­nianza di un'esistenza senza ombre e tutta de­dicata alla casa e a lei.

Carlo                             - (sempre incredulo) Sarà, sarà. (De­bole raggio lunare).

Cristina                         - E', è. Le pare che in un mo-imento come questo si possa mentire? E', non sarà! E poi perchè mentirei? Che interesse mi spingerebbe a farlo? Non s'immagini che sia per solidarietà... postuma verso l'amica... Vo­levo bene (si sente dal tono che Vaffermazione si riferisce al passato) certo, a Maria, ma non fino al punto da diventare comiplice sua oltre tomba per il gusto di difendere l'onestà ad ogni costo. Lo vede che le parlo franco!

Carlo                             - (incerto) Che so, che so...

Cristina                         - Quello che le ho detto è la ve­rità, se ne persuada, creda! Del resto ammetta per un istante che lei non fosse per Maria l'uo­mo ideale, l'uomo del sogno, che male ci sa­rebbe stato? Sono sicura io di essere la donna ideale per Oreste? Forse è... sicuro il contra­rlo. Ma ciò non mi ha mai impedito di rima­nere una moglie onesta! Creda a me, signor Carlo, non si smarrisca in congetture: sono sempre pericolose e per di più inutili. Bob non esiste più... E' finito sul rogo... (Indica il ca­mino; tenta un vago sorriso che subito le muore sulle labbra) Si può sognare un ideale senza insozzarsi, non le pare? Del resto, ne convenga, signor Carlo, l'uomo ideale non è che uno stu­pido pupazzo. Quello che conta veramente nella vita è l'altro uomo, cioè lei. E Maria, che sapeva queste cose quanto me, le ha anche scritte nel suo diario...

Carlo                             -... distrutto! (Un po' vago).

Cristina                         - Ed è bene che sia stato distrutto. Del resto cosa rivelano quattro o cinque fogli di carta?... Le anime sanino nascondersi anche dietro il paravento delle parole dette o scritte...

Oreste                           - Non son anime quelle che cercate voi, ma « prove », « documenti », « rivelazio­ni ». Degli inquisitori, mi sembrate, non gente che ha il cuore sconvolto dal dolore. (Fa un gesto decisivo, ma Cristina si frappone con e-nergìa sovrumana). La verità è che...

Cristina                         - (con voce disperata) La verità è quella che ho detto io! (Oreste si rifugia in un lato della scena).

Carlo                             - La verità, la verità... Francamente mi sto domandando cos'è... e cosa conta nella vita di una creatura... La mia verità a che ser­ve, che vale? Sono un semplice, un uomo senza segreti. Forse è per questo che Maria...

Cristina                         - (precipitando la soluzione) Ora che tutto è chiarito potete perdonarvi. Maria benedirà la vosra pacificazione...

Carlo                             - Oh, per conto mio... Ci sono delle buone ragioni per evitare soluzioni dramma­tiche... E poi, perchè non dovrei dirlo? Ora che non c'è più Maria, non ìpotrei vivere senza di voi. Il diario è distrutto: mon pensiamoci più. Sono rassegnato, lo vede, signora Cristina; accetto ormai senza riserve il fatto compiuto. Un'ombra che non potrò mai scacciare si di­stende sul ricordo di Maria. Ebbene, in questa ombra vivrò, anzi vivremo, Oreste ed io, le­gati, ad un unico destino. Non esigo più niente. (A Cristina) Vuole che faccia la pace con Ore­ste? Lo vuole proprio? E' semplicissimo... Del resto tra noi due (indica Oreste) non c'è mai stata guerra. La guerra presuppone delle vitti­me, del sangue, degli eroi. Non è il caso no­stro... Tra noi nom c'è stato ohe un conflitto oscuro e insincero, forse indegno. Di eroi non c'è che lei, signora (dinieghi di Cristina), sì, solo lei. Vuole la pace? Ecco... (A Oreste) Qua, dammi la mano. (Oreste si avvicina e sen. za fretta offre la mano a Carlo che l'afferra e la stringe con rude violenza rimanendo ben di­staccato dalVa amico ») Ecco fatto, siamo rap­pacificati... Non è vero, Oreste?

Oreste                           - (senza entusiasmi) Se lo dici...

Carlo                             - (rude; la stretta di mano... continua e gli attori rimangono nelle posizioni indicate) Lo dico perchè è! Pacificati ed... uniti per sempre. (Le luci ancora come sopra).

 Oreste                          - (pronto, senza battere ciglio, accet­tando la sfida) Per me! (Carlo e Oreste si sciolgono dalla lunga stretta di mano. L'alba si avvicina e la chiarezza delle prime ore del mat­tino penetra nella stanza; il fuoco nel caminet­to sembra spento).

Cristina                         - (a Carlo con dolcezza come se vo­lesse rompere l'opprimente atmosfera) Ed ora mi pare che lei, signor Carlo, farebbe bene ad inginocchiarsi al capezzale di Maria (pre­ghiere rapidissime) e chiederle perdono dei so­spetti.

Carlo                             - Ah... (Sorride enigmatico) Si­curo... E' un dovere. Ha fatto bene a rammen­tarmelo... Vado, vado. Nessuno deve dubitare che Maria non fosse... - come ha detto Oreste un momento fa? -...ah! ecco, rammento: un'anima squisita; o come ha detto lei, signora: una donna immacolata! Sicuro... Ah! Ah! Ah! (Esce ridendo fra i denti e guardando ancora una volta il caminetto; appare un raggio di lu­na, la bufera è passata, tutto è ridiventato cal­ma e serenità; la vetrata si apre e in lontananza si odono lievissimi4i rintocchi dell'Ave Maria).

Cristina                         - (ha mandato via. Carlo per rimanere con il marito, ma Oreste, violentemente ripreso dalla torbida gelosia postuma che lo divora, u-scito Carlo, accenna a volerlo seguire per im­pedirgli di godersi da solo la vista di Maria) Oreste! (Con drammaticità) Oreste!

Oreste                           - (irrevocabile e senza voltarsi verso Cristina) Maria! Anch'io voglio vederla an­cora una volta. Maria!

Cristina                         - (guardando il marito che esce) Oreste! (Ma Oreste è uscito e non ode più la voce di Cristina. Rimasta sola l'attrice avanza lenta, silenziosa. La bufera riprende. Gradata, mente la scena si oscura. La donna viene iso­lata da violenti raggi di luce gialla; nel cami­netto rinascono fiamme rosse dalle carte che si credevano incenerite. Cristina- osserva quasi sen. za guardare la bufera che è piombata su di sé, e sembra schiantarla, apre le braccia con gesto lento e) sta così'con gli occhi fissi nel vuoto. A questo punto si sentiranno le note di un disco di musica religiosa eseguita dall'organo. Ideal­mente la scena sembrerà trasformata in una cat­tedrale. Così « crocifissa » quando torna il si-lenzio l'interprete che ha il volto inondato di lagrime dice:) Le mie lacrime... Per me... Più di quella (sguardo alla camera mortuaria)...mi sento morta... Ed ora come farò a vivere?

FINE