Un signore che passava

Stampa questo copione

UN SIGNORE CHE PASSAVA

Commedia in tre atti

di LARRY E. JOHNSON

Traduzione di Goffredo Pautassi

                                   

PERSONAGGI

IL SIGNOR MELAGRINZA

JIM STEVENS

BILL STANTON

RUGGERO BALDWIN

KELLY FREDDINI

OTTO PEABOLY

MINNIE STANTON

SIGNORA STANTON

LUISA PEABOLY

BERTA

ANNA OSTROM

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Il primo atto si svolge nel salotto in casa Stanton, un pomeriggio di sabato, in estate.

(Quando si alza il sipario, si ode Bill che suona l’ocarina e che canticchia fuori scena a sinistra).

Luisa Peaboly               - (entra da destra. Ha il cap­pello e porta dei pacchi che posa con la bor­setta su un divano. A voce alta, verso la scala) Mamma... Mamma! Uh, uh. Buon giorno mamma...

Signora Stanton            - (scende portando dei gior­nali) Buon giorno, cara. Rimani a pranzo con noi?

Luisa                             - No. Otto verrà a prendermi. È alla Camera di Commercio. Lo sai che il signor Melagrinza ha regalato alla città un parco intero per i bambini?

Signora Stanton            - Lo stavo appunto leggen­do. Magnifica questa generosità!

Luisa                             - (levandosi il cappello) Non hanno ancora deciso quale terreno comperare, ma ha offerto venticinque mila dollari per l'acquisto.

Signora Stanton            - Venticinque mila dollari! Caspita! (Siede a sinistra e guarda i giornali).

Luisa                             - Mi sembra che sia un vero peccato gettare i denari così! Se Minnie ha buon senso, quando lo avrà sposato non gli permetterà più di fare simili pazzie.

Signora Stanton            - Venticinque mila dollari hanno per Melagrinza lo stesso valore che po­trebbero avere cinque soldi per noi.

Luisa                             - Sarà... Ma Minnie potrà trovare un modo migliore di spenderli. Dov'è?

Signora Stanton            - Sta vestendosi. Melagrinza deve venire a prenderla per fare una gita in macchina. È ritornato da Chicago questa mat­tina.

Berta                             - (entra dalla porta della cucina) Si­gnora, devo mettere su l'arrosto?

Signora Stanton            - (guarda l'orologio) Non ancora, Berta. Pranzeremo tardi stasera. (Berta esce).

Luisa                             - (meravigliata) Chi è quella ragazza?

Signora Stanton            - È la nuova donna di ser­vizio.

Luisa                             - Una nuova?... E Anna?

Signora Stanton            - Se n'è andata. Mi ha con­fessato che ha... che è... santo Iddio... che è in stato interessante, insomma.

Luisa                             - (con convinzione) Lo immaginavo che sarebbe finita così. Aveva una certa aria... (Con interesse) Chi è il colpevole?

Signora Stanton            - (scuotendo la testa) Non ha voluto dirmelo.

Luisa                             - (con sicurezza) Ma io lo so. Scom­metto che è quell'uomo buffo che porta il ghiaccio.

Signora Stanton            - Kelly?

Luisa                             - Si. Li ho visti assieme, non so quan­te volte! Dov'è andata ora?

Signora Stanton            - Dalla signora Olson. Ca­pirai, con Minnie e Bill in casa, non era possi­bile che la tenessi qui.

Luisa                             - (con impazienza) Quante storie, mamma! Minnie e Bill, la sanno più lunga di te.

Signora Stanton            - Oh, Luisa!

Luisa                             - Mi dispiace per Anna, ma quando una ragazza è troppo appassionata per il ballo, un giorno o l'altro scivola e ci casca!

Signora Stanton            - Non sapevo che ad Anna piacesse tanto ballare!

Luisa                             - Che cosa farà adesso? Non credo che abbia dei parenti qui.

Signora Stanton            - Non ha parenti e non ha mezzi ed è ciò che mi preoccupa. Naturalmente, farò tutto quanto mi sarà possibile per lei, Ted ho pensato di parlarne con Melagrinza.

Luisa                             - Già... dal momento che si occupa anche di ragazze traviate...

Signora Stanton            - Quando verrà, lo preghe­rò di interessarsene, e vedremo cosa si potrà fare. Ho mandato a chiamare anche Jim Stevens.

Luisa                             - L'ho sempre pensato che doveva ca­pitare qualche cosa di questo genere, ad Anna... e...

Signora Stanton            - Zitta, per carità!

(Bill entra da sinistra. Suona l'ocarina e di tanto in tanto canterella).

Luisa                             - (sorpresa) Che fai? Non lavori oggi?

Bill                                - (smette di suonare e si avvicina al ta­volo) Di sabato? (Luisa va a chiudere la porta di sinistra) Lavoro come un negro per cin­que giorni e mezzo della settimana, e mi do­mandi perché non lavoro anche il sabato!

Luisa                             - (ironica) Si sa: gli impiegati di ban­ca lavorano come bestie da soma. Mi meraviglio che non ne muoia ogni tanto qualcuno di sfini­mento. Forse lavorerai meno, quando il tuo principale sarà diventato tuo cognato.

Bill                                - (sbadigliando) Zia, dov'è Minnie?

Signora Stanton            - È di sopra. Sta vesten­dosi. Lasciala in pace.

Luisa                             - Non avrei mai immaginato che Luisa avrebbe fatto un così bel matrimonio. Melagrinza è l'uomo più ricco e più importante della città. Otto dice che sarà presto senatore. Non è giovane, certo, ma ha dei modi molto distinti. (Alla madre) Ora, però, che Melagrinza è ritornato da Chicago, Minnie farà bene a non occuparsi più di altri corteggiatori. Se viene a sapere che la signorina va in giro con i giovanotti, la pianterà in asso.

Signora Stanton            - Che dici mai, Luisa? Quali giovanotti?

Luisa                             - Ma si... quel Baldwin, per esempio. L'ha conosciuto tre sere fa, e da allora si sono visti ogni giorno.

Signora Stanton            - Non ne so nulla. Chi è questo Baldwin?

Bill                                - È un nuovo impiegato della banca. È arrivato lunedì scorso. Mi dà il voltastomaco! È sempre col naso cacciato tra le carte, e lavora come una bestia... come se nella vita, non ci fosse altro da fare che lavorare!

Signora Stanton            - Che tipo è?

Bill                                - Mi pare di avertelo già descritto. Io non perdo il mio tempo con certa gente, ma di questo bel tomo, cara mia, non ci si può libe­rare!... Si attacca come una mignatta... e non sa parlare che della sua carriera. Si immagina, poveretto, che quando si lavora da perdere la vista, non si beve e si mette da parte del danaro, si è sicuri di fare fortuna... (Gira per la stanza suonando l’ocarina).

Signora Stanton            - Non so proprio che cosa salti in mente a Minnie di occuparsi di quel si­gnore. Gliene parlerò.

Bill                                - (smette di suonare) Lasciala stare. Parlerò io a Baldwin, e gli dirò quello che si merita. (Indignato) Se Melagrinza si accorge che Minnie lo... sì, dico... con uno dei suoi impie­gati, tutto andrà a monte... e anche la mia pro­mozione!

Luisa                             - Devi avere una promozione?

Bill                                - Ma certamente! Ti pare che Melagrinza possa avere come cognato un impiegato in sottordine?

Luisa                             - Ti ha già detto qualche cosa in pro­posito?

Bill                                - (con sicurezza) Non ancora... ma non tarderà. (Alla signora Stanton) A che ora pran­zeremo stasera?

Signora Stanton            - Tardi. Minnie deve an­dare fuori in macchina con il signor Melagrinza.

Bill                                - E Minnie si divertirà intanto che noi saremo qui a morire di fame!... Vado a dire ad Anna di prepararmi un sandwich. (Mette l'o­carina sul divano e va verso la cucina).

Signora Stanton            - Anna non è più qui...

Bill                                - (voltandosi, sorpreso) Non è più qui? (Si avvicina alla signora) Dov'è andata?

Signora Stanton            - (con esitazione) È anda­ta... è andata in congedo... per le sue vacanze. (Guardando Luisa in modo significativo) Anna non stava bene, e ho fatto venire il me­dico.

Luisa                             - (guardando la madre in modo signifi­cativo) E che cosa le ha detto?

Signora Stanton            - Che aveva un po' di esau­rimento e aveva bisogno di riposo. (Suona il campanello d'ingresso; la signora guarda l'oro­logio) Sono le quattro. Deve essere il signor Me­lagrinza. (Si alza).

Luisa                             - (alzandosi in fretta) Santo Iddio! Non voglio che mi veda così!

Signora Stanton            - Possiamo andare di là. Avrà più piacere di stare qualche minuto solo con Minnie.

(Luisa esce dalla porta di sinistra. Berta entra dalla cucina allacciandosi il grembiule bianco e tenendo la cuffietta tra i denti).

Signora Stanton            - (a voce bassa a Berta) Se è il signor Melagrinza, fallo entrare qui e vai su­bito ad avvertire la signorina Minnie.

Berta                             - Sì, signora. (Via).

Signora Stanton            - (che sta per uscire dalla porta di sinistra, a Bill) Non ti pare che sa­rebbe meglio che tu andassi di sopra a metterti la giacca?

Bill                                - (sgarbatamente) Che barba! (La si­gnora esce e Bill attraversa lentamente la scena e si accinge a salire per la scala).

Berta                             - (entra con la cuffietta sul capo) Non è il signor Melagrinza; è il signor Baldwin. (Esce da destra e Ruggero Baldwin entra).

Ruggero                        - (gaiamente) Buon giorno, caro Bill.

Bill                                - (senza entusiasmo) Buon giorno!

Ruggero                        - Tempo splendido, oggi. Come va?

Bill                                - (sempre senza entusiasmo) Male.

Ruggero                        - Fumi troppo. Dammi retta: se smetterai di fumare, dopo una settimana ti sen­tirai un altr'uomo.

Bill                                - (faccia scura) Quale altro uomo? (Ruggero ride) Volevi parlarmi?

Ruggero                        - No... Veramente, desidererei vede­re tua sorella.

Bill                                - È uscita.

Minnie                           - (voce dall'alto) Bill, chi è venuto?

Bill                                - (salendo i primi scalini) Oh, sei in casa, Minnie?

Minnie                           - (ridendo) Mi pare di sì.

Bill                                - Credevo fossi uscita.

Minnie                           - (ridendo) Mi pare di no.

Bill                                - (a Ruggero) È di sopra. Credevo che fosse uscita.

Minnie                           - (con insistenza) Ma chi è venuto?

Bill                                - (gridando) Baldwin.

Minnie                           - Oh... per favore, digli di aspet­tarmi un momento.

Bill                                - (a Ruggero) Aspettala un momento. (Ridiscende in scena).

Ruggero                        - Grazie: aspetterò. (Siede) Sono proprio contento di avere questa mezza giornata di riposo; abbiamo lavorato disperatamente tutta la settimana. Nel tuo ufficio c'è un po' più di calma, mi pare.

Bill                                - (sedendosi) Oh, non sempre. Ma, grazie a Dio, cambierò aria.

Ruggero                        - (interessato) Hai intenzione di andartene dalla banca?

Bill                                - Andarmene?... Neanche per sogno. Avrò la promozione. Una stanza per me solo ed una stenografa.

Ruggero                        - (con ammirazione) Beato te! (An­siosamente) Credi che potrei mettermi al tuo posto?... Lo chiederò al signor Melagrinza, lu­nedì mattina. (Bill lo guarda male) Ma forse, ti secca?

Bill                                - (brontolando) No... ma non devi ave­re tanta fretta. Lasciala raffreddare, la mia sedia!

Ruggero                        - (ridendo) Sei un bel tipo! (Lo guarda con ammirazione) Dimmi un po': il si­gnor Melagrinza è un brav'uomo, vero? L'ho incontrato questa mattina ed abbiamo parlato per una diecina di minuti. Mi ha dato molti buoni consigli.

Bill                                - Non t'invidio il divertimento!

Ruggero                        - Non ti è simpatico?

Bill                                - Oh, Melagrinza è perfetto... quando le cose vanno lisce, ma prova a pestargli la coda, e vedrai,

Ruggero                        - È il mio ideale, come uomo d'af­fari.

Bill                                - Davvero? (Si avvicina a Ruggero; a voce bassa) Voglio darti anch'io un consiglio. Sei arrivato da pochi giorni, e forse non sai come stanno le cose. (Minnie compare sulle scale, ha il cappello in mano ed il mantello sul braccio) Se vuoi andare d'accordo con Melagrinza e fare carriera, devi stare attento dove metti i piedi. (Minnie si sporge dalla ringhiera e lascia cadere il mantello sul divano) E la prima cosa che devi fare è di andartene di qui...

Ruggero                        - (guardando in alto, vede Minnie e si alza rapidamente) Buon giorno, signorina.

Minnie                           - (scende e si avvicina a Ruggero) Caro signor Baldwin, sono molto contenta di vederla. (Si salutano. A Bill) Te ne vai?

Bill                                - Non ne avevo nessuna intenzione... ma me ne andrò. (Va al divano e prende l’oca­rina).

Ruggero                        - Che consiglio volevi darmi, Bill?

Bill                                - Che consiglio?

Ruggero                        - Mi stavi dicendo come dovrei re­golarmi per fare carriera.

Bill                                - Ah!... Lavora, risparmia, e non bere. (Sale per la scala, suonando e canterellando leggermente; via).

Ruggero                        - È un ottimo consiglio... (Riden­do) Non lo sapevo che tu fossi un moralista!

Minnie                           - (meravigliata) Non lo sapevo nep­pure io... Speriamo che non si senta male!... Vuole accomodarsi, signor Baldwin?

Ruggero                        - Ho pensato, se si potesse appro­fittare del pomeriggio che ho libero, per fare una bella passeggiata assieme... lungo il fiume?

Minnie                           - Mi dispiace, signor Baldwin, ma è impossibile. Avrebbe dovuto farmelo sapere prima. Aspetto un amico che mi ha invitata per una gita in automobile.

Ruggero                        - (addolorato) Che peccato... Un vero peccato, perché ... perché volevo dirle una cosa.

Minnie                           - (avvicinandosi a lui) Una cosa im­portante?

Ruggero                        - Importantissima.

Minnie                           - E allora, perché non me la vuol dire adesso?

Ruggero                        - (esitando) Perché ... perché avrei preferito dirle... ciò che volevo dirle... fuori... in mezzo agli alberi... lungo il fiume... avvolti dalla poesia del paesaggio... Mi comprende?

Minnie                           - Mi dispiace...

Ruggero                        - Però... dato che questa cosa, vo­glio assolutamente dirgliela... è meglio che me ne liberi subito.

Minnie                           - Non vuole sedersi? Starà più co­modo per parlare.

Ruggero                        - Sì, grazie. (breve pausa). Signo­rina, la conosco soltanto da pochi giorni e... e mi basta.

(Si ode, in lontananza, la musica dell'oca­rina).

Minnie                           - (meravigliata) Le basta?

Ruggero                        - Sì. Da quando l'ho conosciuta, ho cambiato completamente la mia concezione del­la vita. Non avevo che un solo pensiero: la mia carriera. Ho incontrato lei... e tutto è cambiato.

Minnie                           - (avvicinandosi a lui di un passo) Mi dispiace, signor Baldwin... Non avevo l'in­tenzione di...

Ruggero                        - (alzando una mano) Attenda. Non è stata colpa sua. Mi sono trovato di fronte ad un grande problema: al più grande. Sa quale?

Minnie                           - (imbarazzata, ma sorridendo) Non saprei... Me lo dica... (Gli si avvicina di un altro passo).

Ruggero                        - L'amore. (Breve pausa). Quando si è innamorati, non si può pensare ad altro... non ci si può occupare d'altro... Comprende?

Minnie                           - Sì.

Ruggero                        - Ecco perché sono venuto da lei, oggi. Minnie, le voglio bene. Vuole essere mia moglie?

Minnie                           - Sì, Ruggero.

Ruggero                        - (l'abbraccia e si baciano) Ci sia­mo innamorati uno dell'altro, di colpo, la prima volta che ci siamo incontrati.

Minnie                           - (sorridendo) Tu non lo sai... Ma io ti avevo già visto parecchie settimane prima del nostro incontro qui.

Ruggero                        - (meravigliato) Quando?

Minnie                           - Un mio cugino mi portò con se in macchina un giorno, fino a Newcastle e ti ho visto giuocare ad hockey. Eri magnifico! Ma non ti so dire se mi sono innamorata di te al­lora.

Ruggero                        - In quale partita giuocavo?

Minnie                           - Nella partita tra Stedman e Lin­coln.

Ruggero                        - (dolente) Perché non mi hai fatto sapere che eri là?

Minnie                           - Non mi sarebbe stato possibile e poi, per poco non sono morta in quella gita! (Sedendosi) La sera, quando stavamo ritor­nando, cominciò a piovere e l'automobile si fermò a dieci chilometri da Newcastle. Impos­sibile farla camminare! Mio cugino dovette ri­tornare a piedi in città per andare a prendere un'altra macchina che ci rimorchiasse.

Ruggero                        - E che hai fatto tu, in quel frat­tempo? (Porta una sedia accanto a Minnie e si siede).

Minnie                           - Ho dormito tutta la notte nell'au­tomobile. Mi sono presa un terribile raffreddore ed ho avuto l'influenza per una settimana. Ma, per carità, non una parola di questa storia! La zia non lo sa che ero andata a Newcastle. Si impressiona di tutto! Le ho detto che avevo passato la notte con una mia compagna di col­legio a Barnsville.

Ruggero                        - Ed era di febbraio!... Quanto tempo abbiamo sprecato! Ma non importa... Ci rifaremo del tempo perduto. (Avvicina ancora la sua sedia alla sedia di Minnie e fa l'atto di abbracciarla. Minnie lo allontana).

Minnie                           - Stai attento, Ruggero. La casa è piena di gente, e questa stanza è di passaggio.

Ruggero                        - Quando ci sposiamo? Per conto mio, potremmo sposarci la settimana ventura.

Minnie                           - (in fretta) No... no... Devi lasciar­mi del tempo... molto tempo... E devo, prima di tutto, rompere il mio fidanzamento.

Ruggero                        - (meravigliato) Il tuo fidanza­mento? Che dici?

Minnie                           - Melagrinza è il mio fidanzato. Non lo sapevi?

Ruggero                        - Dio mio!... No...

Minnie                           - Credevo che lo sapessero tutti, in città. Non hai visto il mio anello?

Ruggero                        - (si alza e cammina avanti e indie­tro) Che disastro!... Che cosa faremo?

Minnie                           - Non c'è che una sola cosa da fare: mandare all'aria il mio matrimonio.

Ruggero                        - Ma lui... non vorrà...

Minnie                           - Credi che vorrà ancora sposarmi quando saprà che sono innamorata di te?

Ruggero                        - Ma non devi dirglielo... Non devi dirglielo che sei innamorata proprio di me! Mi liquiderebbe immediatamente... Perderei il mio impiego... e addio carriera! (Continua a cam­minare avanti e indietro).

Minnie                           - (alzandosi e camminando anche lei avanti ed indietro in direzione opposta a quella di Ruggero) Se perdi questo impiego... ne troverai un altro!

Ruggero                        - (cambiando direzione per seguirla) Ma ti pare? Cerca di capire, Minnie! Senza il mio stipendio, non posso sposarti.

Minnie                           - E poi, non mi sembra che vi sia il minimo pericolo che tu perda l'impiego! Ti prometto che non dirò il tuo nome. Ed ora... sarà meglio che tu te ne vada.

Ruggero                        - Perché devo andarmene?

Minnie                           - L'amico che mi ha invitata oggi, è il signor Melagrinza.

Ruggero                        - Oh!... (Pausa). È preferibile che non mi veda qui, finché tutto sarà sistemato. Quando gli parlerai?

Minnie                           - Oggi stesso. Lo avrei fatto in ogni modo.

Ruggero                        - Addio. (Si china per baciarla. Da prima Minnie gli offre la guancia, poi se ne pente e gli offre le labbra. Si baciano. Si ode Bill che fischia di sopra).

Minnie                           - Ti telefonerò domani.

Ruggero                        - Sì, cara. (Via. Minnie lo accom­pagna e si ferma sotto l’arco per salutarlo an­cora con la mano. Berta entra dalla cucina, at­traversa la scena e comincia salire per la scala. Minnie la vede).

Minnie                           - (ridiscendendo verso destra) Scusi, chi cerca?

Berta                             - (sulle scale) Nessuno, signorina.

Minnie                           - Chi è lei?

Berta                             - (scendendo) Sono la nuova dome­stica, signorina.

Minnie                           - (meravigliata) Ah! E dov'è Anna?

Berta                             - Anna non sta più qui, signorina. (Si accinge a risalire).

Minnie                           - Come?... E dove potrebbe stare Anna, se non qui? Questa è casa sua!... Dov'è andata?

Berta                             - Non posso dirlo. La signora mi ha raccomandato di non parlarne con lei.

Minnie                           - Non parlarne? E di chi cosa?

Berta                             - Del suo stato.

Minnie                           - (non comprendendo) Lo sentivo che c'era qualche cosa di strano nell'aria. Tu sai di che cosa si tratta: dimmelo. Dov'è andata Anna? Che cosa le è accaduto?

Berta                             - (con riluttanza) Vuole proprio sa­perlo?... Ebbene... Anna è in stato interes­sante. E se dirà alla signora che gliel'ho detto... sarò... in uno stato interessante anch'io...

Minnie                           - (incredula) Vuoi dire che Anna...

Berta                             - Aspetta un bambino.

Minnie                           - (rimane un attimo pensierosa) Dov'è andata?

Berta                             - Ha preso una camera in affitto dalla signora Olson.

Minnie                           - Voglio andare da lei. Deve spo­sarsi subito.

Berta                             - Eh già! Dovrebbe sposarsi! Ma con chi? Questo è il punto!

Minnie                           - Con Kelly Freddini, senza dubbio. Sono fidanzati. È lui il padre, certamente.

Berta                             - No, signorina. Pare che non sia lui. E non sono fidanzati... per lo meno non lo sono più. Kelly se l'è avuta a male perché Anna deve avere un bambino e ha rotto il fidanza­mento, perché dice che la donna che sposerà deve essere pura al cento per cento.

Minnie                           - (scattando) È forse puro al cento per cento, lui?

Berta                             - Ah... questo non lo so.

Minnie                           - E se non è stato Kelly... chi sarà mai il padre?

Berta                             - Anna non ha voluto dirlo; seguita a ripetere che è stato un viaggiatore.

Minnie                           - Un viaggiatore?... Ne parlerò alla zia. (Si avvia verso la porta di sinistra. Berta la guarda spaventata).

Berta                             - Signorina! Mi ha promesso poc'anzi che non avrebbe detto nulla alla signora.

Minnie                           - Non aver paura... non lo saprà che me lo hai detto tu. Ma è una vergogna che la zia l'abbia mandata via! Anna è una cara ragazza.

Berta                             - È cara, ma è sfortunata.

Minnie                           - (avvicinandosi a Berta) Sai se ha del danaro?

Berta                             - Non lo credo. Anna non è tipo da fare economia; spende tutto per i vestiti e la biancheria.

Minnie                           - Voglio vedere quanto posso man­darle. (Si avvia per le scale mentre Bill sta scendendo). Aspettami qui. (Passando accanto a Bill, sul pianerottolo, lo saluta con la mano. Via di sopra. Bill scende in scena).

Berta                             - (avvicinandosi a Bill, a voce bassa) Signorino... (Bill si volge verso di lei e Berta si avvicina ancora). Signorino... vuole vederla...

Bill                                - Che dici?

Berta                             - Vuole vederla; ha qualche cosa da dirle.

Bill                                - Di chi parli?

Berta                             - Di Anna. Mi ha supplicato di dir­glielo quando non c'era nessuno... ma non è stato mai possibile perché c'è sempre gente qui.

Bill                                - (brusco) Non so nulla di Anna. Che cosa vuole da me?

Berta                             - Non lo so. Ma ha detto di dirglie­lo... e gliel'ho detto. Credo che voglia vederla perché ...

Bill                                - (brusco, interrompendola) Non voglio sapere altro. Puoi andare. (Le volta la schiena).

Berta                             - Sissignore. (Esita, si dirige verso la porta della cucina e sta per uscire).

Bill                                - (voltandosi bruscamente) Aspetta... Dov'è Anna?

Berta                             - Dalla signora Olson. (Si vede Min­nie che scende). Ha preso la camera dove stavo io. Lei ha preso il mio posto, ed io ho preso il suo.

(Minnie scende portando la borsetta).

Minnie                           - Va bene, Berta; vai pure. (Le fa segno di uscire. Berta via. Avvicinandosi a Bill) Hai del denaro?

 

 Bill                               - (diffidente) Perché vuoi saperlo?

Minnie                           - Ne ho urgente necessità.

Bill                                - Non quanto necessita a me, di si­curo!

Minnie                           - È per Anna Ostrom... Sta attra­versando un momento terribile... terribile... Non posso dirti di che si tratta, perché è un segreto... e poi, tu sei troppo giovane...

Bill                                - Mi fate venire la nausea, voi donne! Prima, la zia e Luisa parlavano di Anna con mistero e mi raccontavano un'infinità di frot­tole! Adesso sei tu che fai la misteriosa... (Con violenza) Credi che non lo sappia perché Anna se ne è andata?

Minnie                           - Se c'è qualche cosa che non dovre­sti sapere, finisci con lo scoprirlo, in un modo o nell'altro.

Bill                                - E se vuoi sapere che cosa ne penso, ti dirò che non dovevano mandarla via. Era qui da sei anni, e non ha un'altra casa...

Minnie                           - (ridendo) Forse la zia ha pensato che la malattia di Anna può essere contagiosa!

Bill                                - Sciocca! (Si allontana da lei con di­sgusto. Poi le ritorna vicino e mette la mano in tasca per prendervi alcuni biglietti di banca che tende alla sorella). Ecco, non ho altro. (Le porge anche l'orologio e la spilla della cravatta). Puoi impegnarli per 40 dollari. Li ho impegnati io, mille volte. (Minnie mette tutto nella bor­setta). Oggi vedrò Jim e mi farò dare da lui un po' di danaro.

Minnie                           - Bill... sei un bravo ragazzo! (Lo bacia).

Bill                                - (allontanandosi con disgusto) E si­lenzio col vecchio Melagrinza. Lo sai che è ri­tornato stamattina da Chicago?

Minnie                           - Non è una novità. Non c'è bisogno che tu m'informi dei movimenti di Melagrinza. Mi ha mandato sei telegrammi questa setti­mana, e oggi viene a prendermi per portarmi in macchina.

Bill                                - E allora... attenta... dove metti i piedi. Non ti dico altro. (Si avvia verso la scala).

Minnie                           - Che intendi dire?

Bill                                - (salendo) Te l'ho già detto: attenta dove metti i piedi.

Minnie                           - (esasperata) Occupati degli affari tuoi!

(Squilla il campanello d'ingresso).

attimo con lo sguardo, poi appoggia la borsetta sullo sgabello. Berta entra dalla cucina, allacciandosi il grem­biule bianco).

 

Minnie                           - Non importa, Berta. Andrò io ad aprire.

(Berta via. Si ode la voce di Jim Stevens).

Jim                                - Non c'è nessuno?

Minnie                           - (con voce cordiale) Oh, Jim... vieni, vieni... (Jim compare). Credevo fosse il signor Melagrinza.

Jim                                - Ed invece sono io. Ti dispiace?

Minnie                           - Cosa dici mai! Non ci vediamo da un secolo!

Jim                                - (avvicinandosi a Minnie) Ho avuto un da fare indiavolato. Tua zia mi ha telefonato oggi, perché vuole parlarmi di cose gravi.

Minnie                           - Di Anna? (Si siede).

Jim                                - Sì... Che cosa ne pensi?

Minnie                           - Ma io non dovrei sapere nulla! La zia si è affrettata a mandarla via: forse temeva che Bill ed io rimanessimo contaminati.

Jim                                - (prende una sedia e la porta vicino a Minnie, siede, sorride) La generazione della zia è ammalata di innocenza cronica. La si­gnora Stanton ha avuto marito per dieci anni ed ha avuto una figlia, ma sono convinto che crede ancora che i bambini si trovano sotto i cavoli. (Ride).

Minnie                           - Che cosa hai intenzione di fare per Anna?

Jim                                - Ho intenzione di dare molti buoni con­sigli che nessuno seguirà.

Minnie                           - (ridendo) Fiducia di avvocato! (Si avvicina a Jim e gli batte sulla spalla) Ti ho sempre voluto bene, Jim, perché ... perché mi ricordi mio padre, forse...

Jim                                - (asciutto) E allora Melagrinza ti piace perché ti ricorda tuo nonno! È la prima volta che ti vedo da quando sei fidanzata, e suppongo che dovrei farti le mie congratulazioni!

Minnie                           - (gravemente) Ti annuncio che non sposerò più il signor Melagrinza.

Jim                                - (si alza e le stringe la mano). Oh... adesso sì che ti posso fare le congratulazioni!

Minnie                           - Non ti è mai piaciuto, vero, quel signore?

Jim                                - Non eccessivamente. Perché vuoi rom­pere il fidanzamento?

Minnie                           - È un segreto, Jim; ma a te posso dirlo. Sono innamorata.

Jim                                - E di chi?

Minnie                           - Del più caro giovane del mondo. Ha appena finito l'università, e non è uno di quegli stupidi uomini che non pensano che a ballare ed a ubriacarsi! È serio. Molto serio. Vuole fare carriera... ed è il più bel giovane che io abbia mai incontrato. È alto, ha il viso e gli occhi chiari, e un profilo... oh! un pro­filo come quello delle statue greche...

Jim                                - Sei ben fortunata di aver incontrato un giovane così! Puoi dirmi chi è?

Minnie                           - Non lo conoscerai, forse, perché è appena arrivato. Si chiama Baldwin. Ruggero Baldwin.

Jim                                - (sorpreso) Il nuovo impiegato della banca Melagrinza?

Minnie                           - (assentendo) Lo conosci?

Jim                                - Ma non lo avevo riconosciuto dalla descrizione che me ne hai fatto. So che è un lavoratore.

Minnie                           - Ci siamo innamorati di colpo. Un fulmine a ciel sereno. L'avevo visto giuocare nella partita di hockey a Newcastle. Ero an­data lassù con Otto... Ma non dirlo, per carità, Luisa non lo sa. Otto le aveva detto che andava per affari a Charlevoix.

Jim                                - (rassicurandola con un gesto) E che cosa ha detto Melagrinza, quando lo hai liqui­dato?

Minnie                           - Non ne sa nulla ancora. Oggi gli dirò che mi dispiace molto, ma che non posso più sposarlo.

Jim                                - Sei molto ottimista. Conosco Melagrinza e so che non te la caverai tanto facil­mente. Lo ferirai nel suo punto debole: nella vanità. E poi... è innamorato di te.

Minnie                           - Innamorato? Sogni! Vuole una moglie che sappia vestirsi bene, e che gli faccia fare bella figura, e basta. Un uomo non può più innamorarsi quando ha passato i trent'anni. È un fatto provato scientificamente: dopo i trent'anni, l'uomo è morto, sentimentalmente!

Jim                                - (ridendo) Allora io sono morto sen­timentalmente da otto anni... e non me ne ero accorto! Ma spiegami un po' come hai potuto fidanzarti con Melagrinza...?

Minnie                           - È andata così: eravamo in quare­sima e non c'erano divertimenti. Melagrinza aveva una splendida automobile... ed io ero tanto annoiata...

Jim                                - Lo so che le ragazze hanno tutto il diritto di divertirsi... ma sposare Melagrinza in cambio dei divertimenti, è un prezzo troppo alto, cara mia!

Minnie                           - Vedi, Jim: ti dirò che Melagrinza è stato molto buono con noi. Ha impiegato Bill nella sua banca, ed ha prestato del danaro a Otto. La zia e Luisa ne sono entusiaste.

Jim                                - Capisco...

Minnie                           - E poi, era abbastanza divertente andare di qua e di là con lui ed essere guar­data da tutti! Quando è in vena, la sua compa­gnia non è spiacevole... ma se gli capita di es­sere di cattivo umore, oh, allora... è tremendo! E capisco come si possa arrivare a commettere certi delitti che si leggono nei giornali!

Jim                                - Ti consiglio di essere più gentile che puoi con lui. (Bill compare sulle scale, vestito per uscire, col cappotto). Non fartene un ne­mico!

Minnie                           - Saprò cavarmela, vedrai.

Bill                                - Buon giorno, Jim! (Scende e si avvi­cina a loro. Jim lo saluta). Stavo per venire da te. (A Minnie) Devo parlare d'affari con lui.

Minnie                           - Parla pure liberamente.

Bill                                - Affari privati. Via... march!

Minnie                           - (alzandosi) Vado, vado... fai pure la tua conferenza. Ti rivedrò più tardi, Jim. (Via per le scale).

Jim                                - (a Bill) Che c'è di nuovo?

Bill                                - Devo pregarti di anticiparmi cinque­cento dollari sugli interessi del prossimo se­mestre.

Jim                                - (sorpreso) Cinquecento dollari? Che vuoi farne di tanto danaro?

Bill                                - (irritato) Che te ne importa? Tu riscuoti gli interessi per Minnie e per me; ma è danaro nostro... e devo renderti conto di ogni centesimo che spendo.

Jim                                - (calmo) Che vuoi farne di cinquecento dollari? (Toglie di tasca la pipa).

Bill                                - (con altro tono) Non è per me. È un debito d'onore.

Jim                                - Mi hai detto la stessa cosa quando mi hai chiesto un anticipo di duecento dollari il semestre scorso. Hai detto che era un debito d'onore ed ho scoperto che la maggior parte di quel danaro era passato nelle mani di un sarto e di un calzolaio.

Bill                                - Il conto di un calzolaio ed anche quello del sarto, non è forse un debito d'onore? Campano di aria, loro? Me li dai questi cinque­cento dollari?

Jim                                - (accendendo la pipa) No, mio caro.

Bill                                - (irritato) Non fare storie, Jim! Devo assolutamente avere quel danaro. Non mi dai nulla di tasca tua.

Jim                                - Siedi ed ascoltami. (Seggono a destra ed a sinistra del tavolo). Dici che quel danaro non esce dalla mia tasca... ebbene, sappi che ogni centesimo che avete speso, tu e Minnie, da sei settimane ad oggi, l'ho prelevato dal da­naro mio.

Bill                                - (sorpreso) Come sarebbe a dire?

 

Jim                                - Gli interessi del semestre scorso sono diminuiti di mille dollari.

Bill                                - (di scatto) È colpa di quel maledetto Otto! Da quando papà è morto, quell'uomo sta mandando in malora la fabbrica! E ha sempre mille pazzie per la testa. L'ultima volta che ho parlato con lui, era tutto esaltato per l'astro­logia e sosteneva di non poter combinare certi affari in dati giorni, perché erano sotto una co­stellazione sfortunata!... Lascia che mi capiti a tiro e te l'arrangio io!

(Otto entra dall'arco).

Jim                                - Quando si parla del diavolo... Buon giorno, Otto!

Otto                              - Come va, Jim?

Jim                                - (a Bill) Avanti! Sfogati con lui! (Ride).

Otto                              - (a Bill) Sai se Luisa è qui?

Bill                                - (dopo un attimo di esitazione) Sì, deve essere qui.

Otto                              - Dille, che se vuole andare a casa io sono pronto; ma faccia con suo comodo perché non ho premura.

Bill                                - (apre la porta di sinistra; si ode Luisa che suona il piano) Luisa, è venuto Otto. (Esce chiudendo la porta ed il suono del piano si perde).

Otto                              - (sedendo) Vengo dalla Camera di Commercio. Melagrinza ha regalato venticinque­mila dollari alla città... così... come se nulla fosse!... ed ha fatto un discorso che non fi­niva più!

Jim                                - Ha la specialità dei discorsi a lungo metraggio!

Otto                              - È una fortuna per questa città di avere fra i suoi cittadini un uomo come Melagrinza... È alla testa di ogni impresa ed è sem­pre il primo ad allargare i cordoni della borsa quando c'è bisogno di denaro.

Jim                                - Senza una recondita ragione, non ha mai dato un centesimo, in tutta la sua vita! E dà ora questi venticinquemila dollari per il parco, a condizione che la città ne dia altret­tanti; inoltre, ed è il segreto di pulcinella, aspira a diventare senatore.

Otto                              - Io giudico gli uomini dai loro atti, e Melagrinza è stato molto generoso con me.

Jim                                - Cullati pure nelle tue illusioni... Come vanno gli affari?

Otto                              - Non parliamone, Jim! È una brutta annata.

Jim                                - Mi pare che tutte le annate siano brutte per la fabbrica!

Otto                              - (con sicurezza) Ma le cose andranno meglio da ora in poi. Vedo gli affari sotto un altro punto di vista e voglio riprendere il la­voro su nuove basi.

Jim                                - Ah!

Otto                              - (pieno di entusiasmo) Un'idea nuo­va, meravigliosa... Ho scoperto un libro... (To­glie un libro dalla tasca della giacca). Guarda: « La telepatia in relazione al commercio ».

Jim                                - (sorpreso) La telepatia? (Prende il libro e lo guarda).

Otto                              - Tratta della divinazione del pensiero applicata agli affari.

Jim                                - (con disperazione) In nome di Dio, Otto, non perderti in queste sciocchezze! (Get­ta il libro sul tavolo).

Otto                              - (riprendendo il libro) Aspetta, aspet­ta un attimo, che ti spieghi... Questo non è un bluff! È una cosa vera, scientifica... Si impara a leggere il pensiero degli altri... Pensa di che enorme aiuto può essere nei miei affari!

Jim                                - Ma possibile che tu...

Otto                              - (esaltato, interrompendolo) Imma­ginati che io stia per combinare una vendita importante. Si parla... si discute. Poi, intanto che l'altro pensa, io mi concentro, e, come in un lampo, vedo il pensiero dell'acquirente...

Jim                                - Sei sicuro di poter indovinare ciò che un altro pensa?

Otto                              - No, ancora no, ma...

Jim                                - È una fortuna, che tu non possa in­dovinare quel che penso io...

Otto                              - Sei libero di pensare ciò che vuoi e di ridere di me, ma ormai sono convinto. Ho fatto parecchie prove. Anche ieri sera: stavo lavorando in giardino e, ad un tratto, ho avuto la sensazione che mia moglie stava pensando a me. Sono rientrato in casa e Luisa mi ha detto infatti che aveva pensato a me durante gli ul­timi cinque minuti. Questi sono fatti, mio caro, fatti innegabili.

Jim                                - Non nego nulla... E tua moglie ti ha detto quello che pensava?

Otto                              - Non ricordo.

Jim                                - Te lo dirà, un giorno o l'altro, e ne rimarrai stupefatto! Ora ascoltami, Otto! Bi­sogna che tu ti metta di puntiglio e che tu fac­cia gli affari su altre basi che non la telepatia.

Otto                              - Non preoccuparti, Jim. Ho parlato con Melagrinza. Mi rinnoverà la cambiale e quando Minnie sarà sua moglie impiegherà un capitale nella fabbrica. Appena avrò quel da­naro, prenderò lo slancio e...

Jim                                - (serio) Non fare affidamento su quell'ipotetico capitale...

Otto                              - E perché no? Melagrinza mantiene, quando promette. La sua parola vale quanto la sua firma. Lo ha detto molte volte.

Jim                                - Ma possono esservi dei cambiamenti...

(Luisa e la signora Stanton entrano da si­nistra).

Signora Stanton            - Buon giorno, Jim.

Jim                                - Buon giorno, signora. (Si salutano).

Luisa                             - (a Jim, dandogli la mano) Come va?

Jim                                - Buon giorno. (Luisa siede sul divano).

Signora Stanton            - (a Jim) Perché non si è fatto più vivo da tanto tempo? Non è più venuto da noi da quando Minnie e Melagrinza si sono fidanzati!

Luisa                             - (ridendo) Che gaffe, mamma mia! Lo sanno tutti che Jim è innamorato di Min­nie! (Si mette il cappello).

Jim                                - (seccato) Non le dia ascolto, signora!

Otto                              - Jim non ha simpatia per Melagrinza, per delle sue specialissime ragioni, ma io giu­dico sempre un uomo dai suoi atti. Ora, per esempio...

Luisa                             - (interrompendolo) È meglio che ce ne andiamo, Otto. (Si avvia verso destra).

Otto                              - (docilmente) Andiamo pure. (Si avvia).

Luisa                             - Aiutami a portare tutta questa roba. (La signora Stanton prende i pacchi dal divano e li mette sulle braccia di Otto). Andiamo... an­diamo... (Luisa lo spinge. Otto via). Addio, Jim! Arrivederci mamma! (La bacia). Verrò un mo­mento domani dopo le funzioni in chiesa. (Uscendo, a voce alta) Otto... aspettami! (Via).

Signora Stanton            - (a voce alta) Arrivederci a domani, cara. (A Jim) Ha saputo di Anna?... Non è una cosa terribile? Io non so proprio che cosa fare! Che ne dice?

Jim                                - Aspettiamo Melagrinza. Le discussioni ora sono inutili. Agiremo a seconda delle sue decisioni.

Signora Stanton            - Sono pronta a fare tutto quanto mi sarà possibile per lei, ma abbiamo riscosso ben poco denaro il semestre scorso!

Jim                                - (affettuosamente) Lo so. La fabbrica rende poco. Ne stavo appunto parlando.

(Campanello della porta d'ingresso).

Signora Stanton            - Non credo che sia colpa di Otto. È un momento terribile. Otto fa del suo meglio.

Jim                                - Quando si dice di un uomo che « fa del suo meglio », quel «meglio» non vale gran che...

Signora Stanton            - (sospirando) Non vedo l'ora che Minnie sia sposata!

Berta                             - (rientrando) Il signor Melagrinza.

Melagrinza                    - (entra. Berta gli prende il cap­pello, lo appoggia su una sedia, ed esce) Buon giorno, cara signora. Buon giorno, Stevens. (Si salutano). Mi dispiace di essere in ritardo, ma non mi è stato possibile di liberarmi prima. Ab­biamo avuto un'adunanza alla Camera di Com­mercio. La città necessitava di un parco per i bambini, ed ho dato venticinquemila dollari per fare l'acquisto di un terreno. Ed allora, capirà, abbiamo avuto un'infinità di discorsi.

Jim                                - (serio) Non è possibile fare a meno dei discorsi... e non si possono regalare venti­cinquemila dollari, silenziosamente... come si farebbe scivolare una moneta da venticinque centesimi nella mano di un mendicante...

Melagrinza                    - Oh, a proposito, Stevens. Lei è stato oggi eletto membro del comitato che dovrà occuparsi di trovare il terreno adatto.

Jim                                - Grazie...

Melagrinza                    - Tutto è definito e stabilito. Non ci manca che trovare il terreno. Abbiamo avuto qualche discussione per il nome. Il signor Thompson, ha suggerito di chiamarlo ce Parco per i bambini Melagrinza». (Ride) Ma io ho risposto che la cosa mi sembrava un poco pre­matura! Allora Thompson ha insistito, dicendo che, da quanto gli era stato riferito, prevedeva che, fra un paio d'anni, la denominazione non sarebbe più prematura!... Ed ho capito che vo­leva alludere al mio matrimonio con Minnie!

Signora Stanton            - Oh, è un bell'augurio!

Melagrinza                    - Sì... ma ora parliamo di cose serie. (Si siede). Il nome della ragazza?

Signora Stanton            - Anna Ostrom.

Melagrinza                    - Ostrom? È svedese. Ora, la prima cosa che dobbiamo sapere è il nome dell'uomo.

Signora Stanton            - Anna non ha voluto dir­lo. Ma sappiamo che un certo Kelly...

Melagrinza                    - ... in questo caso, bisogna ve­dere questo Kelly e convincerlo a sposarla su­bito. Troppe storie di questo genere ci sono in giro, oggigiorno. Troppe coppie della classe operaia cominciano così... Ma troverò io il modo di modificare le cose...

Jim                                - (seccamente) Il problema è molto va­sto, signor Melagrinza! E, secondo la Bibbia, accadevano precisamente gli stessi fatti, migliaia di anni fa.

Melagrinza                    - (con fermezza) Troverò il modo di modificare le cose... anche se dovrò far mettere una lampada elettrica ogni dieci passi lungo il fiume.

Jim                                - Sta bene. Ma proseguiamo: se Kelly rifiutasse di sposare Anna, che cosa si fa?

Melagrinza                    - Gli parlerò io stasera... e la sposerà.

Jim                                - Forse... Ma supponiamo che non vo­lesse...

Melagrinza                    - Nel peggiore dei casi, rimane l'« Ospizio per le fanciulle traviate»... Sempre che la ragazza abbia i requisiti necessari per es­servi ammessa.

Jim                                - Mi pare che le presenti condizioni di Anna dimostrino che i requisiti ci sono.

Melagrinza                    - S'inganna. L'« Ospizio per le fanciulle traviate » non accoglie ne prostitute, ne la feccia dei bassifondi.

Jim                                - Scusi, signor Melagrinza, ora com­prendo. È un rifugio per fanciulle traviate... ma soltanto relativamente traviate...

Signora Stanton            - (con leggera irritazione) Anna ha vissuto con me per più di cinque anni, e non ho mai avuto nulla da dire sul suo con­to... prima d'ora.

Jim                                - Capita spesso così!

Melagrinza                    - Esaminerò Anna, e mi accer­terò di quanto mi dite.

Signora Stanton            - (esitando) Credo... credo che il dottor Jonson l'abbia già esaminata.

Melagrinza                    - (sorpreso) Il dottor Jonson?

Jim                                - Suppongo che il signor Melagrinza parli di un esame... orale...

Signora Stanton            - (confusa) Oh... credevo che intendesse dire...

Berta                             - (entrando dalla cucina) Signora, c'è l'uomo del ghiaccio.

Signora Stanton            - Ma era già venuto questa mattina!...

Jim                                - (alzandosi) Gli ho detto io di venire qui, signora. (A Melagrinza) È l'uomo del quale parlavamo poco fa. Ho pensato che sarebbe stato bene parlargli subito.

Signora Stanton            - (a Berta) Fallo entrare.

(Bill via a destra lasciando la porta aperta).

Melagrinza                    - (alzandosi, a Jim) È meglio che parli io. So come si devono trattare, questi giovanotti.

Jim                                - Benissimo! (Si allontana).

Melagrinza                    - Forse, signora, sarà bene che lei ci lasci soli. Quell'uomo si servirà certa­mente di un linguaggio poco parlamentare...

Signora Stanton            - Me ne vado. (Si avvia verso la porta di sinistra). Devo però avvertirla che Kelly non è mai stato ne impertinente, né volgare... e che ci ha sempre dato un pezzo di ghiaccio in più, la domenica! (Via).

Jim                                - Forse per i begli occhi di Anna! (Kelly entra dalla porta della cucina. Ha una camicia verde, dei pantaloni chiari, una giacca marrone, e ha in mano un cappello di paglia). Buon giorno, Kelly. Vieni pure avanti. Signor Melagrinza, ecco Kelly.

Melagrinza                    - (volutamente bonario) Oh, bravo Kelly! (Kelliy lo saluta con la mano alzata). Devo parlarvi seriamente... molto seria­mente. Tutta questa storia non mi piace... ca­pite? Non mi piace affatto.

Kelly                             - Senta, signor Melagrinza. Se mi vuole parlare della cattiva qualità del ghiaccio o del prezzo troppo alto, perde il suo tempo. Io non sono che un impiegato della Compagnia Eureka. Se ha dei reclami da fare, deve diri­gersi più in alto.

Melagrinza                    - Prima di continuare, è bene che sappiate chi sono. Io sono il presidente della Società Eureka.

Kelly                             - Oh, fortunatissimo! E colgo l'occa­sione per pregarla di aumentare il mio salario... che è assolutamente insufficiente.

Melagrinza                    - Non ho nulla a che fare, io,, con i salari. (Breve pausa). Kelly... dovete spo­sare Anna Ostrom.

Kelly                             - (guardandolo, sorpreso) Chi dice che devo sposare Anna Ostrom?

Melagrinza                    - Lo dico io. Siete voi il padre del bambino, e...

Kelly                             - (avanzando rapidamente, a voce alta) Lei è un bugiardo!

Jim                                - (avvicinandosi a Kelly, preoccupato) Kelly... Kelly, calmati.

Kelly                             - Non accetto insinuazioni da nes­suno. (A Melagrinza) Prima di tutto le dò le mie dimissioni... e poi le spaccherò la faccia... (Fa l'atto di togliersi la giacca. Jim lo ferma).

Jim                                - (con calma) Aspetta. Così non po­tremo mai comprenderci. Signor Melagrinza, lei ha sbagliato strada, e credo che ci siamo in­gannati. (A Kelly) Stiamo cercando di aiutare Anna, e tu devi darci una mano.

Kelly                             - Così va bene. Ma questo signore deve stare attento come parla! Non si insulta un uomo, dicendogli che è padre!

Jim                                - Non vi siete capiti. Siedi, Kelly, e parliamo con calma. (Prende un sigaro dalla tasca e glielo offre) Vuoi fumare?

Kelly                             - (prendendo il sigaro) Grazie!

Melagrinza                    - Ma se non siete voi, chi sarà mai il padre?

Kelly                             - E come potrei saperlo, io? Anna non mi ha fatto le sue confidenze... Ma, pensandoci... mi pare che forse... forse potrebbe essere un vigile urbano che si chiama John... (Siede vicino al tavolo; Jim siede dall'altra parte).

Melagrinza                    - Perché credi che possa esse­re lui?

Kelly                             - Perché ho visto che le girava in­torno. Ma lo terrò d'occhio, e se posso avere la sicurezza che è stato lui a... non dubiti, lo ag­giusterò io.

Jim                                - Volevi bene ad Anna, vero Kelly?

Kelly                             - Sì. E l'avrei sposata da un pezzo, ma il mio mestiere non le piaceva. Mi diceva sempre che la mia non è una vera professione... e allora... ho fatto e sto facendo delle capriole, per riuscire a mettere da parte il danaro ne­cessario per mettermi in commercio. Ho gli oc­chi lunghi e guardo intorno... Ma mentre stavo lottando per tenere il lupo lontano dalla porta, ecco che è entrato dalla finestra!

Jim                                - Perché non vuoi sposarla, se le vuoi bene?

Kelly                             - (con fermezza) Eh, caro signore! La ragazza che sposerò deve essere pura al cento per cento. E poi, c'è il bambino. Anna che è una svedese di Svezia, ha i capelli gialli: io li ho neri. Supponiamo, per esempio, che il bam­bino li abbia rossi... Ed allora? Per tutto il resto della mia vita avrei la sensazione di non essere in casa mia, vedendomi tra i piedi un uomo con i capelli rossi!

Jim                                - Non mi sembri tipo da abbandonare una ragazza, perché le è capitata una disgrazia.

Kelly                             - Infatti... Ma mi ascoltino: suppo­niamo che uno di loro sia fidanzato e si accorge ad un tratto che, senza che ne abbia né colpa né peccato, la ragazza stia fabbricando una fa­miglia... Che cosa farebbero?

Melagrinza                    - (con fermezza) La sposerei su­bito.

Kelly                             - Lei?... Ma lei la manderebbe al dia­volo! Ecco cosa farebbe!

Melagrinza                    - Il fidanzamento è sacro quanto il matrimonio, e il matrimonio è il più sacro dei contratti...

Kelly                             - Sì, e appunto per ciò... (Alzan­dosi) Se loro signori stanno cercando un ma­rito per Anna, possono cercare altrove.

Melagrinza                    - Ma voi...

Kelly                             - (alzando una mano) È inutile con­tinuare la discussione. Ho preso la mia decisione ed è irrevocabile. (Va verso la porta della cu­cina). Buon giorno, signori          (Via).

Jim                                - Con Kelly niente da fare. E allora?

Melagrinza                    - Vedrò la ragazza più tardi. Se non ha nessuno, né parenti né amici, andrà all'Ospizio. Mi farò dare l'indirizzo dalla si­gnora Stanton. (Va verso destra).

Jim                                - Ed io ritorno in ufficio.

(Melagrinza esce da sinistra. Jim va a pren­dere il suo cappello. Minnie compare sulla scala).

Minnie                           - Jim, aspetta un momento. (Jim ri­torna indietro di qualche passo, Minnie è sem­pre sulla scala e si guarda in giro). Mi sembra di aver sentito la voce di Melagrinza. (Scende).

Jim                                - È andato a parlare con tua zia. (Ac­cenna a sinistra).

Minnie                           - (ansiosa) Com'è andata? (Si avvi­cina a Jim).

JiM                                - Male. Kelly non vuole sposarla.

Minnie                           - Perché no?

Jim                                - Dice che non è stato lui.

Minnie                           - Ma se le vuole bene, perché non dovrebbe sposarla? Se Anna fosse vedova e avesse un bambino, la sposerebbe egualmente.

Jim                                - La cosa è diversa. In questo caso, il responsabile è a due metri sotto terra.

Minnie                           - (con ostinazione) Ma la sposerebbe anche se fosse divorziata ed avesse un bambino!

Jim                                - Anche qui la cosa è diversa... Nessun uomo che si rispetti sposerà una ragazza nelle condizioni di Anna.

Minnie                           - (ostinata) Ma perché? Mi sembra crudele...

Jim                                - Benedetta figliuola, perché non è pos­sibile... perché la società è fatta così...

(Melagrinza entra dalla porta di sinistra).

Minnie                           - Quindi Kelly non vuole assoluta­mente sposarla!...

Jim                                - Cosa che è più che naturale!

Minnie                           - No, Jim, non è più che naturale. Se quest'uomo abbandona Anna proprio ora quando avrebbe più bisogno del suo aiuto, è perché non l'ha amata mai.

Melagrinza                    - (avanzando, tra lo scherzo ed il rimprovero) Come, come?... Che cosa sta di­cendo questa bambina?

Minnie                           - (voltandosi) Oh, buon giorno.

Melagrinza                    - Come va, Minnie? (Si danno la mano). Cara... mi sembri più bella ogni volta che ti vedo... (A Jim) Credevo che lei avesse un po' più di raziocinio! Come si fa a parlare di certe cose con una giovinetta come Minnie? Le sue orecchie sono troppo delicate e pure... (Le tira scherzosamente un orecchio). Imma­gino la sua sorpresa, Stevens, quando ha saputo del nostro fidanzamento!

Jim                                - (prende il suo cappello) Sì... non lo nego... ma sospettavo che ci fosse qualche cosa... Avevo visto la sua automobile qui fuori tante volte questa primavera... ma, a dirle la verità, supponevo che ci fosse del tenero tra lei e la zia... Arrivederla. (Via dall'arco).

Melagrinza                    - (seguendolo con lo sguardo fred­do) Si dà troppe arie quel signore!... (Con altro tono di voce) Hai pensato a me durante la mia assenza, Minnie cara?

Minnie                           - Ho avuto tanto da fare... Giuocherò nella gara di tennis domenica ventura, e mi sono esercitata tutta la settimana. (Va al di­vano e prende la racchetta).

Melagrinza                    - (avvicinandosi a lei) Anch'io sono stato molto occupato, ma ho trovato il tempo di pensare a te e di fare molti progetti... per noi... (Minnie brandisce la racchetta e la agita come se giuocasse, arrischiando di col­pirlo).

Minnie                           - Sta' attento!...

Melagrinza                    - Ho comperato la tenuta di Riverdale, e mentre ero a Chicago ho parlato con l'architetto. Minnie cara, avrai la più bella villa di tutta la regione... se non di tutta l'America...

Minnie                           - Bene. (Continua ad agitare la rac­chetta).

Melagrinza                    - Non mi sembri molto entu­siasta.

Minnie                           - (avvicinandosi al tavolo) Non mi sento molto bene.

Melagrinza                    - Hai bisogno di fare una bella passeggiata... con me. (Va al divano e prende il cappello ed il mantello di Minnie). Ecco il tuo cappello ed il mantello. Andiamo! (Le prende la racchetta dalle mani e la getta sul divano).

Melagrinza                    - Ti sentirai meglio quando sa­remo di ritorno da Riverdale.

Minnie                           - Non ho voglia di uscire oggi... e... devo dirti una cosa. Non posso più sposarti.

Melagrinza                    - (stupito, avvicinandosi a lei) Che dici? Non capisco!

Minnie                           - Ho cambiato idea. Non posso più sposarti.

Melagrinza                    - Ma siamo fidanzati!

Minnie                           - Lo so... e me ne dispiace.

Melagrinza                    - (irritato) È troppo tardi ora, per cambiare idea. Che c'è? Dimmi almeno le tue ragioni...

Minnie                           - Ho molto pensato mentre tu eri as­sente, e ho capito che commetterei un errore gravissimo se ti sposassi. Non sono il tipo di donna che fa per te. Per te, ci vuole una donna più dignitosa... più vecchia di me.

 Melagrinza                   - Non voglio una donna più vec­chia. Voglio te.

Minnie                           - Ma rifletti bene! Non sono il tuo tipo. A me, piace troppo ballare e divertirmi.

Melagrinza                    - Cambierai, quando sarai mia moglie.

Minnie                           - Ma non ho nessuna voglia di cam­biare! Quando si è giovani si ha il diritto di divertirsi!

Minnie                           - Pensa, Minnie... pensa che sarò presto senatore... e come moglie del senatore Melagrinza passerai la maggior parte dell'anno in una grande città... e avrai tutti i divertimenti che vorrai, te lo prometto.

Minnie                           - Lo so; ma non credo che sia un gran divertimento essere tua moglie!

Melagrinza                    - (affettuoso) Capisco: è il ma­trimonio che ti spaventa.

Minnie                           - Ma neanche per sogno! Il matri­monio non mi spaventa affatto. Sposerei chiun­que, se lo amassi! Ma non ti amo.

Melagrinza                    - Quando avrai la mia età, ca­pirai che l'amore ha poca importanza.

Minnie                           - (disperata) Pensavo anch'io come te, pochi giorni fa. Ora non più. L'amore cam­bia tutto. Il sole sembra più vivido e l'aria più dolce, quando si è accanto ad una persona che si ama... quindi... signor Melagrinza...

Melagrinza                    - (abbracciandola) Chiamami Gregorio...

Minnie                           - (divincolandosi) Al diavolo!... (Sfugge dalle braccia di Melagrinza; con voce di pianto) Non posso sposarti... non posso! Non comprendi?

Melagrinza                    - Il nostro fidanzamento è uffi­ciale. È stato annunciato da tutti i giornali. Se rifiuti di sposarmi, diventerò lo zimbello di tut­ta la città.

Minnie                           - Me ne dispiace molto, signor Me­lagrinza; ma che posso farci? (Prende il cap­pello ed il mantello).

Melagrinza                    - Devi mantenere la tua parola.

Minnie                           - (avviandosi verso sinistra) Ed ora, se permetti...

Melagrinza                    - (duramente) Minnie! (Minnie si volta e ritorna verso di lui che ripete dolce­mente) Minnie! ...Quando ero ancora un ra­gazzo, e tuo padre era la persona più impor­tante e influente della città, lavoravo per lui e facevo un mestiere pesante. Decisi di mettermi negli affari per conto mio e gli chiesi un pre­stito di cinquecento dollari che mi diede senza neppure esigere la ricevuta. Quando tuo nonno lo seppe, gli diede dell'imbecille e dichiarò che non voleva vederlo più. « Dovevi fargli mettere nero su bianco; non puoi fidarti di un Melagrinza! » ecco le sue precise parole. Ma si vede invece, che non ci si può fidare di una Stanton! Dovevo farti mettere nero su bianco! (Cammina rabbiosamente avanti e indietro) Ho sempre pa­gato i miei debiti, e non ho mai mandato all'aria nessun contratto! Quando ci siamo fidanzati, abbiamo virtualmente fatto un contratto. Io non posso scioglierlo... e, per Dio,... non lo scioglierai neppure tu! Non c'è un solo uomo d'affari in città che non sappia che la parola di Melagrinza vale quanto la sua firma... e... (Durante questa lunga battuta, Minnie rimane da prima per un poco, come ipnotizzata a guar­darlo, poi dimostra di ricordare qualche cosa e di prendere una decisione. Si avvicina a Me­lagrinza con passo fermo).

Minnie                           - (gettando mantello e cappello su una sedia) Un momento... Hai detto che nulla potrà farti mutare idea, e che sei deciso a non rompere questo contratto?

Melagrinza                    - Decisissimo.

Minnie                           - Va bene: ti sposerò. Ma prima di sposarti devo dirti una cosa... una cosa che forse muterà le tue decisioni.

Melagrinza                    - Nulla e nessuno mi farà cam­biare idea. Avanti... parla!

Minnie                           - (ritta davanti a lui, fissandolo) Sono incinta!

Melagrinza                    - (la guarda spalancando gli occhi) Ah ... è cosi...? (Si allontana di qualche passo) Lo immaginavo che ci doveva essere qual­che cosa del genere in tutta questa storia!... (Furioso) Hai cercato di giuocarmi il tiro di farti sposare, eh! Ed all'ultimo momento, hai avuto paura! ...Tua zia è al corrente?

Minnie                           - (smarrita) Che vuoi dire?

Melagrinza                    - Tua zia sa le tue condizioni?

Minnie                           - No.

Melagrinza                    - (ridendo in modo cattivo) Eb­bene, lo saprà ora. (Va rapidamente verso la porta sinistra).

Minnie                           - (correndo dietro a lui, pregando) Per favore... per favore... non dirlo alla zia!

Melagrinza                    - (aprendo la porta e gridando) Signora Stanton!

Minnie                           - (agitatissima) Ti ho fatto una con­fidenza. Non hai il diritto di tradirmi... (La si­gnora Stanton entra da sinistra e guarda inter­rogativamente Melagrinza).

Melagrinza                    - Signora! Sua nipote ha qual­che cosa da dirle.

 Signora Stanton           - (avvicinandosi a Minnie, preoccupata) Che c'è, Minnie... Che c'è?

Minnie                           - (allontanandosi) Nulla, te lo assi­curo. (Siede).

Melagrinza                    - Ah! Non vuoi dirglielo? Eb­bene glielo dirò io! Minnie è in stato interes­sante.

Signora Stanton            - (stupefatta, non compren­dendo) Minnie?!... Vuole dire Anna, non è vero?

Melagrinza                    - No, Minnie, proprio Minnie! Me l'ha confessato ora. (La signora guarda al­ternativamente Melagrinza e Minnie).

Signora Stanton            - (portandosi le mani al capo) Ma è terribile... terribile... Signor Melagrin­za, dovete sposarvi subito!...

Melagrinza                    - (stupefatto) Sposarla? Io!?... Ah... questa è bella! Non crederà forse che sia io il responsabile? ?!

Signora Stanton            - Ma io credevo... credevo che mi dicesse appunto questo.

Melagrinza                    - (amaro) Lei lo credeva come tutti lo crederanno... (Va rapidamente vicino a Minnie e le prende ruvidamente un polso) Ed adesso, cara la mia ragazza, fuori la verità! Chi è il tuo amante?

Minnie                           - (liberandosi con uno strattone) Non te lo dirò. Non sono affari che ti riguardano. (Si toglie l'anello e lo getta per terra) Non lo conosci. Nessuno di voi lo conosce. Non è del paese. (Con molta dignità) È stato... un signore che passava! (Sale la scala di corsa e via).

(La signora Stanton si lascia cadere su una sedia. Melagrinza rimane per un attimo con lo sguardo fisso nel vuoto, poi si china per cercare l’anello).

ATTO SECONDO

La medesima scena del primo atto.

Minnie                           - Ruggero... Ruggero... (Scende di corsa le scale e va verso la porta di sinistra, la socchiude e rimane un attimo in ascolto; poi la richiude e corre a traverso la scena uscendo dall'arco. Rientra seguita da Ruggero) Ti aspettavo; ero alla finestra e ti ho visto venire per il viale. Dammi il tuo cappello.

Ruggero                        - Non posso rimanere, Minnie! De­vo ritornare alla banca; sono venuto qui per un attimo, invece di andare a colazione, perché ero ansioso di sapere...

Minnie                           - Se eri tanto ansioso, potevi venire ieri sera ad informarti!

Ruggero                        - Non ho osato... e non credevo che avresti parlato subito! Ti dispiace che non sia venuto ?

Minnie                           - Se sapessi che mortorio è stato tutto il giorno ieri qui, tra la zia e Luisa! Oggi, le cose vanno un po' meglio, per fortuna!

Ruggero                        - Allora sei libera?! Hai rotto il fidanzamento ?

Minnie                           - (sedendo) No. L'ha rotto Melagrinza.

Ruggero                        - Lui?! E perché ?

Minnie                           - Perché ... perché si è offeso per una cosa che gli ho detto.

Ruggero                        - Non capisco. Io non ti avrei la­sciata, per nessuna ragione al mondo.

Minnie                           - Forse mi apprezzi tu, più di quanto mi apprezzi Melagrinza.

Ruggero                        - Ma, in un modo o nell'altro, ora sei libera... questo è l'importante. Ho anch'io una buona notizia da darti. Indovina?... Dopo una sola settimana di lavoro, ho fatto il primo passo della mia carriera. Sono stato promosso segretario e ho avuto un aumento di stipendio.

Minnie                           - Melagrinza ha già aumentato il tuo stipendio e ti ha promosso segretario? Ma è un vero miracolo!

Ruggero                        - Tutto va a gonfie vele e si po­trebbe fissare la data del nostro matrimonio. Mi piacciono le cose definite; non posso soffrire l'incertezza.

Minnie                           - Sposiamoci pure quando vuoi: an­che la settimana ventura, se credi.

Ruggero                        - (meravigliato) Non ti pare che sia troppo presto? Troppo presto dopo di aver mandato a monte l'altro fidanzamento, vo­glio dire! Potrebbe sembrare una mancanza di rispetto.

Minnie                           - (impaziente) Santo Dio, Ruggero! Si direbbe che io sia la vedova di Melagrinza... e che ritorni dall'averlo accompagnato al cimi­tero!

Ruggero                        - Potrebbe adombrarsi! Non vorrei offenderlo ora, dopo l'aumento di stipendio e la promozione!

Minnie                           - E allora fissa tu la data.

Ruggero                        - (dopo aver pensato un attimo) Verso la fine di dicembre; ti va?

Minnie                           - Anche il tuo peggior nemico, non potrebbe accusarti di impazienza!

Ruggero                        - Ma, cara, devo pur pensare alla questione finanziaria! (Si ode una porta che sbatte a destra) Anche con l'aumento, non potrò mettere da parte molto denaro... e... (Luisa en­tra dall'arco; si toglie il cappello e lo appoggia sul divano. Minnie e Ruggero si alzano).

Minnie                           - Buon giorno, Luisa.

Luisa                             - (seria) Dov'è la mamma?

Minnie                           - Non lo so: dev'essere di là. (Pre­sentando) Il signor Baldwin... La signora Peaholy.

Ruggero                        - (sorridendo) Felicissimo...

Luisa                             - (asciutta) Buon giorno. (A Minnie) Vuoi dire alla cameriera di avvertire la mamma che sono qui?

Minnie                           - Berta non è in casa; andrò io. (Av­viandosi verso la porta di sinistra) Mi scusi, Rug­gero...

Ruggero                        - Prego, signorina. (Prende il suo cappello) Ma devo andarmene... Ritornerò sta­sera, se non disturbo.

(Luisa si siede).

Minnie                           - (uscendo) L'aspetto allora, sen­z'altro.

Luisa                             - Lei è arrivato da poco, vero signor Baldwin ?

Ruggero                        - Sì, signora. Otto giorni fa.

Otto                              - (entra dall'arco portando la borsetta di Luisa) Un altro guasto al motore... tanto per cambiare!... Quella macchina ha la iettatura! (Dandole la borsetta) L'avevi dimenticata sull'automobile...

Ruggero                        - (con espansione, avvicinandosi a Otto) Oh, carissimo... come va? (Otto lo guarda meravigliato).

Luisa                             - (presentando) Il signor Baldwin... mio marito.

Ruggero                        - (mentre si stringono la mano) Ma ci siamo già conosciuti. Non se ne ricorda?

Otto                              - (preoccupato) No... Non ricordo. Credo che non ci siamo mai incontrati prima d'ora.

Ruggero                        - (insistendo) Ma sì... ma sì... Non ricorda la partita di hockey a Newcastle? Ci siamo conosciuti a partita finita e... (Otto con­tinua a stringere la mano a Ruggero in modo significativo. Ruggero comprende finalmente, lo fissa interrogativamente e tace di colpo).

Otto                              - (cercando di parlare con noncuranza) È in errore, signor Baldwin... (Stringe ancora la mano di Ruggero e strizza un occhio, mentre si allontana di qualche passo).

Ruggero                        - (con precipitazione) Oh... è... un errore... è un errore di certo! Già... lei asso­miglia ad un giovane... ma quello è più alto... e più grosso... e ha i capelli rossi. Sì, ora ricordo benissimo anche il nome. Si chiama Morgan... o Gorgan... (A Luisa, ridendo nervosamente) È strano, vero? Si vede una persona e si crede che sia un'altra persona... ed invece non è la stessa persona... Adesso... oh, adesso ricordo perfet­tamente che non ci eravamo mai visti!

Luisa                             - (fredda) Già... era un'altra persona. (Breve pausa) Bella giornata oggi, signor Baldwin, vero?

Ruggero                        - Magnifica! (Breve pausa) Per bac­co, è già l'una! (Guarda l'orologio) Devo ritor­nare alla banca e non ho ancora fatto colazione. Arrivederla, signora Peaboly; sono ben lieto di aver fatto la sua conoscenza... ed anche la sua, signor Peaboly. (Via dall'arco. Otto si dirige verso destra come per uscire).

 Luisa                            - (imperiosa) Rimani... (Lo guarda freddamente) Ebbene?...

Minnie                           - (entrando da sinistra) La zia viene subito. (Via di sopra).

Otto                              - (ritornando sui suoi passi, imbarazzato) Che vuoi, cara?

(La signora Stanton entra da sinistra).

Luisa                             - (alzandosi) Perché non mi hai detto che eri andato a Newcastle? Perché mi hai detto una bugia?

Signora Stanton            - Luisa... te ne prego... non ricominciate a litigare! Non puoi...

Luisa                             - (interrompendola, freddamente) La­sciami parlare, mamma! Otto è andato a New­castle in febbraio, e non me l'ha detto mai. È rimasto assente tutta la notte, e quando è ritor­nato, mi ha dato ad intendere che era stato a Charlevoix per affari. (Avvicinandosi a Otto) Hai mentito. Non eri a Charlevoix, ma a New­castle. E non sei andato per affari, ma sei an­dato con una donna. (La signora Stanton siede a sinistra del tavolo).

Otto                              - Niente affatto. Sono andato a vedere la partita di hockey e basta.

Luisa                             - Allora, perché hai mentito?

Otto                              - Perché mi avresti impedito di andare.

Luisa                             - E perché avrei dovuto impedirtelo?

Otto                              - Non lo so: ma disapprovi tutto ciò che faccio.

Luisa                             - La partita di hockey non è durata tutta la notte. Perché non sei ritornato la sera?

Otto                              - Volevo ritornare, ma all'imbrunire ha cominciato a piovere, e la strada era diven­tata impraticabile. Eravamo a circa dieci chilo­metri da Newcastle, quando...

Luisa                             - (interrompendolo) Eravamo... Chi?

Otto                              - (pronto) Io... e l'automobile. (Si asciuga il sudore) Ad un tratto, un guasto al mo­tore mi ha bloccato... Ho cercato in tutti i modi di farlo camminare... nulla! Son dovuto ritor­nare a Newcastle a piedi, sotto la pioggia, in cerca di un meccanico. Quando sono arrivato a casa, era l'alba. Ecco tutto.

Luisa                             - Non ci vedo chiaro in questa storia!

Otto                              - Perché non ci vedi chiaro? È una cosa tanto strana, un guasto alla macchina?

Luisa                             - No... il guasto può essere vero.

Otto                              - Tutto è vero. Non ti ricordi che ster­nuti vo come un dannato, e che ho avuto dei dolori reumatici per una settimana?

Luisa                             - (gridando) E ben ti sta. Imparerai così a non raccontarmi delle fandonie! Ma sono sicura che c'è di mezzo una donna... (Siede sul divano singhiozzando).

Otto                              - (disperato) Smettila, Luisa, te ne prego! Ho passato un mese d'inferno, ed ho i nervi scossi! Mamma, non puoi farla smettere?

Signora Stanton            - Nessuno può farla smet­tere!

Otto                              - (nervoso) Sono andato alla banca questa mattina e Melagrinza rifiuta di rinnovare la cambiale. Maledetto usuraio!

Luisa                             - (alzandosi e avvicinandosi alla madre) Hai visto, mamma? Te lo avevo detto che non l'avrebbe rinnovata... Ed è tutta colpa di Minnie!

Otto                              - Che c'entra Minnie?

Luisa                             - Non sono cose che ti riguardano. Ed ora, devo parlare alla mamma.

Otto                              - Parla pure. Non mi disturbi. Mi sie-derò un po' qui e cercherò di concentrarmi. (Siede e toglie di lasca il libro).

Luisa                             - (con impazienza) Non potresti con­centrarti di là?

Otto                              - Certo!... (Si alza e mette il libro in tasca; dubbioso) Ma forse... forse sarebbe me­glio se ritornassi in fabbrica. (Si avvia per uscire).

Luisa                             - No. Voglio che tu mi accompagni a casa.

Otto                              - E allora rimango. (Si avvia verso si­nistra) Chiamami, quando vuoi andare... anzi, quando sarai pronta, ...concentrati, e sentirò che pensi a me!

Luisa                             - (con gesto d'impazienza) Sì... sì... (Si siede).

Otto                              - (uscendo da sinistra) Concentrati...

Signora Stanton            - Non l'hai detto a Otto?

Luisa                             - Non era il caso. Ma vedrai che non mi sbaglio, e che Melagrinza diventerà cattivo con noi. Si vendicherà di tutta la famiglia. Min­nie non ti ha ancora detto nulla?

Signora Stanton            - Neppure una parola.

Luisa                             - Allora non hai la più lontana idea di chi possa essere stato?

Signora Stanton            - No. Ho passato in rivista tutti gli uomini che conosciamo. Ma Minnie non si è mai assentata da casa, da un anno.

Luisa                             - Ti sbagli. È andata da quella sua amica in febbraio.

Signora Stanton            - Oh... soltanto una notte!

Luisa                             - Non ti pare che possa bastare?

Signora Stanton            - Ma la madre di quella ra­gazza è una signora molto per bene... molto se­ria... quasi più di me.

Luisa                             - Devi obbligare Minnie a confessare... non c'è altro da fare! (Campanello d'ingresso).

Signora Stanton            - Deve essere Stevens. (Alzandosi) L'ho pregato di venire. Soltanto lui riu­scirà, forse, a farle dire la verità.

Luisa                             - (andando verso destra per uscire) Io me ne andrò. Ma davvero hai poco tatto, mam­ma! Non vuoi capirlo che Jim è innamorato di lei?

Signora Stanton            - Macché.. La conosce da quando era bambina!

(Si ode sbattere la porta d'ingresso e la voce di Jim).

Jim                                - Buon giorno Luisa. La mamma è in casa? (Entra e mette il cappello su una sedia) Mi scusi, signora, se sono entrato direttamente.

Signora Stanton            - Ha fatto benissimo. Berta è fuori, oggi. Oh, Jim!... Devo dirle una cosa molto grave... molto seria... molto importante!

Jim                                - (scherzoso) Sono tutt'orecchio. Dov'è Minnie ?

Signora Stanton            - È di sopra... ed è ap­punto di Minnie che devo parlarle... (Chinan­dosi verso di lui) Una disgrazia!

Jim                                - (impressionato) Che disgrazia?!

Signora Stanton            - (esitando) Minnie è... è... come Anna! (Si lascia cadere su una sedia).

Jim                                - (sussultando) Che cosa dice mai?

(La signora Stanton guarda Luisa come per domandarle aiuto).

Luisa                             - (duramente) È in stato interessante.

Jim                                - (la guarda un momento, spaventato; con impeto) Non è possibile!

Luisa                             - E perché non è possibile?

Jim                                - Perché Minnie non può aver fatto nulla di questo genere. E poi, non c'è in tutta la città un uomo che avrebbe osato di toccarla!

Luisa                             - Allora, se non è stato un uomo, è stato un miracolo.

Jim                                - Ma che cosa dice, Luisa?

Luisa                             - Non vorrei sembrarle ostinata, ma è la pura verità.

Jim                                - E chi lo ha detto?

Luisa                             - Minnie. (La signora Stanton sin­ghiozza).

Jim                                - (alla signora) Lei stessa ha detto che...

Signora Stanton            - Sì    - (Jim si nasconde il viso tra le palme. La signora Stanton e Luisa si guardano. Luisa alza le sopraciglia e scuote il capo come per dire: a Non avevo ragione? »).

Jim                                - (alzando il capo, aspro) Chi è stato? Chi è l'amante?

Signora Stanton            - (giungendo le mani) Non lo sappiamo. Non vuole dirlo.

Luisa                             - Quel che è certo, è che l'ha abban­donata!

Signora Stanton            - L'ho pregata, l'ho scongiurata di dirmelo! ... Mi guarda con aria di rim­provero e volta la testa dall'altra parte. Ecco perché ho pensato di farla venire qui, Jim!

Jim                                - (sorpreso) E che c'entro io?

Signora Stanton            - Ho pensato che lei avreb­be potuto interrogarla.

Jim                                - (con violenza) Ah no, per Dio! (Cam­mina avanti e indietro).

Luisa                             - (aspra) Bisognerà pure interrogarla! Bisognerà farla parlare! Questa storia getterà il disonore su tutta la famiglia, se non si sposa subito!

Jim                                - (si avvicina al tavolo: prende la fotografia di Minnie, la guarda e la riappoggia. Alla si­gnora) Melagrinza è al corrente?

Signora Stanton            - Si... Minnie glielo ha detto.

Luisa                             - Quella pazza!

Signora Stanton            - Doveva pur dirglielo, Luisa!

Luisa                             - Doveva aspettare dopo il matrimo­nio. (A Jim) Melagrinza ha mandato all'aria il fidanzamento, ma questo non è tutto. Si vendi­cherà su di noi! (Alla madre) E vedrai che ne vedremo delle belle!

Signora Stanton            - (sul punto di piangere) Non so proprio che cosa fare... Mi affido a lei, Jim... Lei è avvocato... e si è sempre occupato degli affari di Minnie!

Jim                                - Santo Dio!... Sta bene, signora: par­lerò con Minnie. (Siede a sinistra del tavolo).

Signora Stanton            - Ma c'è dell'altro, Jim. Se quell'uomo l'ha abbandonata, non potremo più rimanere qui. Crede che si potrà vendere la casa, se Bill e Minnie acconsentono?

Jim                                - Sì... ma ci ricaveremo ben poco. Do­vendo vendere in fretta, non si potranno pre­tendere più di quattro o cinque mila dollari.

Signora Stanton            - Come mai? C'è tanto ter­reno, e la casa è costata...

Luisa                             - (interrompendola) Lo so che valeva di più molti anni fa. Ma ora, nessuno vuole ve­nire ad abitare quaggiù.

Jim                                - La città non è abbastanza vasta perché questa proprietà possa avere molto valore... (Rumore della porta d'ingresso che si chiude con fracasso. Tutti guardano in quella direzione. Bill entra dall'arco. È molto eccitato e visibil­mente ubriaco).

Signora Stanton            - Oh, Bill! Come mai sei a casa a quest'ora?

Bill                                - Sono stato liquidato.

Signora Stanton            - Liquidato?

Bill                                - Sì.

Luisa                             - Liquidato?

Bill                                - (con violenza) Liquidato. Li-qui-da-to. Liquidato! Non l'avevate mai sentita questa parola? Liquidato, licenziato, cacciato via... Avete capito adesso? (Avanza lentamente e mette il cappello sul divano).

Signora Stanton            - (con voce spenta) Oh, Signore Iddio! Anche questo...

Luisa                             - Melagrinza ti ha licenziato? E perché? Che cosa hai fatto?

Bill                                - (con violenza) Nulla! Assolutamente nulla.

Jim                                - Forse è questa la ragione del licen­ziamento!

Bill                                - (fissa Jim per un attimo e si volta verso la signora) Questa mattina, quando sono ar­rivato all'ufficio mi hanno incaricato di portare certi pieghi in città; e quando sono ritornato, quell'imbecille era seduto al mio posto, e mi ha detto che era stato nominato segretario.

Signora Stanton            - (debolmente) Quale im­becille ?

Bill                                - Baldwin. Allora ho pensato che do­vevo essere stato promosso anch'io, e sono an­dato da Melagrinza per sapere di quanto aveva aumentato il mio stipendio. Ma, prima ancora che avessi avuto il tempo di aprire bocca, mi ha gridato: ce Lei è licenziato!».

Jim                                - Non dici tutto, Bill. Melagrinza non ti avrebbe licenziato senza ragione.

Bill                                - (brontolando) Forse crede di avere ragione. Ti dirò... mi ha sorpreso mentre ero al lavabo... e bevevo... oh, un aperitivo, un semplice aperitivo!

Signora Stanton            - Un aperitivo?

Bill                                - Sì... un bicchierino da niente...

Signora Stanton            - Oh, Bill! e avevi pro­messo che non avresti mai più bevuto una goccia di liquore!...

Bill                                - (avvicinandosi alla signora) Ma que­sto era un caso specialissimo! Avevo camminato non so per quanti chilometri, sotto il sole, per consegnare quei pieghi, e non potevo più stare ritto, tanto mi facevano male i piedi! Avevo bi­sogno di qualche cosa che mi rimettesse in forza E quando San Bevans mi ha chiesto se volevo un aperitivo... ho detto di sì... e l'ho bevuto. Ma è forse una ragione questa, per li­cenziarmi? Melagrinza non ha licenziato Be­vans!... Maledetto cognato!

Luisa                             - Non è tuo cognato.

Bill                                - (volgendosi verso di lei) Ma lo sarà.

Luisa                             - Non lo sarà più.

Signora Stanton            - Taci, Luisa!

Luisa                             - Bill dovrà pur saperlo o presto o tardi!

Bill                                - (ritornando verso il centro) Sapere che cosa?

Luisa                             - (alla madre) Vedi, mamma, che tutto si svolge come avevo preveduto? È colpa di Minnie... se non avesse...

Signora Stanton            - Taci, Luisa!

Bill                                - (con violenza) Che cosa sono tutti questi «Taci, Luisa»? Se c'è qualche cosa da dire, ditelo. Perché Melagrinza non vuole più sposare Minnie?

Luisa                             - (mettendosi davanti a Bill) Te lo dirò io il perché !

Jim                                - Le pare che sia necessario, Luisa?

Luisa                             - Non impeditemi di parlare. Bill ha il diritto di saperlo, e lo saprà. (A Bill) Melagrinza non sposa più Minnie perché Minnie deve avere un bambino.

(La signora Stanton singhiozza).

Bill                                - (sbalordito) Che cosa?

Luisa                             - (chiaramente) Minnie è in stato in­teressante.

(La signora Stanton singhiozza più forte).

Bill                                - Mascalzone!!... Prima rovina mia so­rella, e poi mi licenzia! Ma non la passerà liscia! (A Luisa) Sono io il capo della fami­glia... e lo ammazzerò quel birbante!

Signora Stanton            - Bill, Bill... Calmati! Cal­mati! Non è stato Melagrinza!

Bill                                - (rivolgendosi alla zia) Non è stato Melagrinza ?

Signora Stanton            - (con voce lacrimosa) Oh, il signor Melagrinza non avrebbe mai fatto una cosa simile! È il presidente della banca...

Jim                                - Ed anche della Compagnia Eureka per la fabbricazione del ghiaccio!

Bill                                - (stordito) E se non è stato lui, chi è stato?

Luisa                             - Nessuno lo sa.

Bill                                - Nessuno lo sa? Ma Minnie lo saprà, immagino!

Luisa                             - Lo sa, ma non lo dice.

Jim                                - (alzandosi) Smettete di parlare così.

Bill                                - Come fate a sapere che non è stato lui? Come potete dichiararlo?

Luisa                             - Lo ha detto Minnie.

Bill                                - Benissimo. Qualcuno dev'essere stato. Lo scoprirò e lo ammazzerò come un cane.

Signora Stanton            - Oh, Bill... non dire così! (Avvicinandosi a lui) Calmati! Sei troppo ecci­tato... Hai bevuto... e ti fanno male i piedi! (Gli appoggia le mani sulle spalle. Bill la sco­sta con sgarbo). Vai di sopra e fai un buon bagno freddo... e mettiti le pantofole per far ri­posare i piedi...

Jim                                - E cerca, se è possibile, di mettere la testa a posto.

Bill                                - (a Jim) Credi di essere spiritoso? Ma ti farò vedere io, chi sono! Se non è stato Melagrinza, so chi dev'essere stato! So dove tro­varlo e vado subito a saldare il suo conto... (Esce rapidamente dall’arco; la porta d'ingresso sbatte con violenza).

Signora Stanton            - (urlando) Bill! Bill! Bill!

Jim                                - (gridando verso Varco) Bill, vieni qui! (A Luisa) Poteva tralasciare di scatenarlo!

Signora Stanton            - (a Jim) Ed anche lei, non doveva provocarlo! (A Luisa) Corri di so­pra a prendere il mio cappello.

Luisa                             - Dove vuoi andare? (Si avvia verso le scale).

Signora Stanton            - Voglio raggiungerlo. È capace di tutto quando è in quello stato...

Jim                                - Andrò io. (Fa l'atto di avviarsi).

Signora Stanton            - (prendendolo per la giacca) No. Bill non l'ascolterebbe. (Luisa sta an­dando di sopra). E poi, desidero che lei parli con Minnie. Luisa, avverti Minnie che Jim è qui.

Luisa                             - Va bene. (Dal pianerottolo; via).

Jim                                - Non lo troverà.

Signora Stanton            - Sì, lo troverò. Ha be­vuto, quindi, prima di andare in città, andrà ancora a bere... al bar... qui a due passi!

Jim                                - Ma che cosa ha quel ragazzo, da qual­che tempo in qua? È irritabile e di un umore impossibile!

Signora Stanton            - Luisa non avrebbe do­vuto dirglielo! Bill non sta bene; è sempre pal­lido. Credo che abbia un esaurimento nervoso. Anna cucinava molto bene, e forse soffre del cambiamento di cucina. (Va verso la scala).

Luisa                             - (scende portando il cappello) Ecco il tuo cappello, mamma. Ma credo che tu ti faccia del cattivo sangue per niente.

Signora Stanton            - Conosco Bill meglio di te.

Luisa                             - E allora... vai. (A Jim). Minnie verrà subito.

Signora Stanton            - (a Luisa) Lasciali soli. (Si mette il cappello ed esce dall'arco).

Luisa                             - Mi credi tanto invadente e male­ducata? (Si avvia verso la porta di sinistra). Aspetterò di là.

(Jim abbassa il capo assentendo. Luisa via. Jim siede vicino al tavolo. Minnie compare sulla scala e scende lentamente).

Minnie                           - (scorgendo Jim) Buon giorno, Jim.

Jim                                - (voltandosi verso di lei) Buon giorno. (Si alza e si raschia la gola nervosamente; parla con visibile sforzo). Minnie... la zia mi ha det­to... È... è una noiosa faccenda!

Minnie                           - Noiosissima! (Siede). Che cosa ne farai di me, Jim? Vuoi mandarmi all'cc Ospizio per le fanciulle traviate »? (Sorride).

Jim                                - (avvicinandosi a lei, serio) Non ridere! Questa è una situazione che... se non si trova il modo di accomodarla, potrà influire sulla feli­cità di tutta la tua vita! Cerca di essere seria.

Minnie                           - Sono serissima.

Jim                                - Devi sposarti subito.

Minnie                           - Lo credi? Credi che sarebbe meglio?

Jim                                - Minnie... Minnie... Un po' di serietà, te ne prego!

Minnie                           - Lo sai che Melagrinza... è scom­parso dall'orizzonte?

Jim                                - Lo so.

Minnie                           - C'era da aspettarselo, del resto. Ricordo quello che mi hai detto            - (grave): Nes­sun uomo che si rispetti, sposerebbe una ra­gazza nelle mie condizioni!

Jim                                - (impaziente) Ti prego di non ripe­tere quella stupida frase. L'ho sentita dire mille volte da tutti, in questi ultimi giorni!

Minnie                           - Scusami, caro, come avrei dovuto dire? « Nessun uomo che si rispetti sposerebbe una... fanciulla-madre»?

Jim                                - (fermandosi davanti a lei) È ancora peggio. Ci sono tanti altri modi di esprimersi.

Minnie                           - (con dolcezza) Per esempio?

Jim                                - (esitando) Ma... (Sbuffando) Oh, in­somma, mi pare che basti! Che hai ancora da dirmi?

Minnie                           - Nulla. Ho finito.

Jim                                - (continuando a camminare avanti e in­dietro, parlando con fatica) Ed io, invece, ti dicevo che devi sposarti subito.

Minnie                           - (pensierosa) Sì: tutto considerato, forse sarebbe meglio! Ho commesso un terribile errore, socialmente parlando, e sono la vergogna della mia famiglia ed anche di tutta la città. Ma, se qualcuno mi sposasse... diventerei subito una signora per bene!

Jim                                - (avvicinandosi a lei) Non frainten­dermi. Siamo stati messi su questa terra, e siamo fatti... come siamo fatti..., con lo scopo precipuo di continuare la razza. I figli sono dunque la cosa più importante; ma la società ha bisogno di forme. E per mettere al mondo dei figli, è necessario che il padre e la madre siano uniti da un legame civile o religioso, per... per...

Minnie                           - Per stabilire la responsabilità. (Jim la guarda). Povero Jim! La zia ti ha obbligato farmi una predica, e non sai come cavartela! Ma rassicurati, caro. Tutto si accomoderà. E sono contenta che anche tu desideri che io mi leghi... civilmente e religiosamente... perché sposerò Ruggero.

Jim                                - (di scatto) Baldwin?

Minnie                           - Sì.

Jim                                - È lui?

Minnie                           - (impaziente) Ma no. Che cosa ti salta in mente?

Jim                                - Quando vi sposerete?

Minnie                           - Non abbiamo ancora fissato la da­ta: ma sarà verso la fine di dicembre.

Jim                                - In dicembre? E quando dovrebbe na­scere il bambino?

Minnie                           - (leggermente) Non ho ancora de­ciso.

Jim                                - (andando verso di lei) Ti prego, Min­nie, basta con gli scherzi! Questa è una cosa seria, e vi dovete sposare subito, se non per te, per il figlio. E ammetterai che il figlio ha dei diritti. Se non altro, al nome.

Minnie                           - (pensosa) Hai ragione. Vorrei chiamarlo Jim. (Jim fa un gesto d'impazienza). Ti dispiacerebbe?

Jim                                - (ritornando verso di lei) Parlo del co­gnome. Un figlio naturale porta generalmente il nome della madre. Ma è una cosa ambigua, che crea, a volte, anche delle difficoltà legali. E poi... (Si riallontana).

Minnie                           - (alzandosi ed andando verso Jim) Non agitarti! Ti racconterò tutto un giorno o l'altro. Anzi... te lo racconterei ora... ma non voglio che la zia creda che sei riuscito a farmi parlare.

(Berta entra dalla porta della cucina. Ha il cappello. Esita un momento).

Berta                             - Signorina... (Jim si allontana).

Minnie                           - Non dovevi rimanere fuori tutto il pomeriggio?

Berta                             - Sì, ma sono ritornata perché ... (Si avvicina a Minnie). Anna mi ha detto di chie­dere a loro... se possono fare qualche cosa per Kelly che sta passando un brutto quarto d'ora.

Minnie                           - Che cosa gli è accaduto?

Berta                             - È in prigione. Ha preso a pugni un metropolitano.

Minnie                           - Era ubriaco?

Berta                             - Ma no, signorina: Kelly non si ubriaca mai.

Minnie                           - Che cos'è adesso quest'altra storia?

Berta                             - Non si sa. E neanche il metropolitano, lo sa! Camminava avanti e indietro, come di solito, quando Kelly, ad un tratto gli grida: «Mascalzone! ». Gli si slancia addosso come se volesse mangiarlo, gli dà un pugno nello sto­maco, e lo manda con le gambe all'aria!

Minnie                           - Kelly l'ha gettato per terra? Berta             - Pare di sì.

Jim                                - Mi dica un po', Berta, quel metropo­litano, si chiama forse John? (Sorride).

Berta                             - Sì, signore. Proprio così. John Jonson. È grande e grosso come una casa, ma se qualcuno non si fosse messo di mezzo, Kelly lo avrebbe ammazzato! E Anna chiede se loro po­trebbero aiutarlo.

Jim                                - (subito) Penserò io. (Va al telefono; forma il numero).

Berta                             - (a Minnie) Anna ha paura che Kelly non possa cavarsela tanto facilmente, perché il metropolitano è un gra... gra... ha della roba d'argento sulle maniche.

Jim                                - (al telefono) Sì, sono io. Kelly Fred-dini è stato arrestato... Ha insultato un metro­politano... Vai subito in questura, e, se è ne­cessario, deposita la cauzione perché lo lascino a piede libero... Sì, Kelly conduce il camion dell'Eureka... (Appende il ricevitore. A Berta) Vada da Anna e le dica che faremo quanto è possibile.

Berta                             - Sì, signore. (Avvicinandosi a Min­nie, a bassa voce) Le ho dato il denaro... ed il resto. (Minnie guarda Jim. Breve pausa). Anna non ha detto niente, ma si è messa a piangere.

Minnie                           - Come si sente?

Berta                             - Sta abbastanza bene; ma starebbe meglio se la lasciassero in pace.

Minnie                           - Qualcuno forse le dà fastidio?

Berta                             - Sì, signorina. Il suo fidanzato: il signor Melagrinza.

Minnie                           - Il signor Melagrinza? Ma non è possibile, Berta!

Berta                             - Sabato sera è andato dalla signora Olsom ed ha detto che voleva vedere Anna. La signora gli ha risposto che nessuno poteva ve­derla, ma il signor Melagrinza ha detto che do­veva vederla perché è il presidente dell'cc Ospi­zio delle fanciulle traviate ». Allora Anna è andata da basso, e gli ha domandato che cosa voleva. Ed allora lui gli ha detto che doveva farle delle domande, per sapere se poteva es­sere ammessa o no nell'Ospizio: ed Anna al­lora gli ha detto che non aveva niente da dirgli e che poteva andarsene.

Jim                                - Il solito sistema di Melagrinza! Pieno di tatto e di delicatezza!

Berta                             - Allora il signor Melagrinza se n'è andato, e Anna pensava di essersene liberata, e invece la mattina dopo, eccolo di nuovo alla carica. E seguita a ritornare ed a tormentarla. Anna la prega di dirgli di lasciarla in pace, perché quando lo vede, le fa un, effetto così brutto che teme per il bambino!

Minnie                           - Di' pure ad Anna, che il signor Melagrinza non le darà più nessuna noia.

Berta                             - (si avvia verso la porta della cucina).

(Campanello dell'ingresso).

Minnie                           - (a Berta) Non siamo in casa per nessuno. (Jim ride). Non c'è niente da ridere, Jim!

(Si ode aprire la porta e la voce di Berta).

Berta                             - Non c'è nessuno in casa.

La voce di Melagrinza - Per me, c'è sempre qualcuno.

(Melagrinza entra dall'arco seguito da Berta. Jim si alza).

Minnie                           - (sorpresa) Buon giorno, signor Me­lagrinza.

Jim                                - Buon giorno.

Berta                             - (addolorata) Non mi sgridi, signo­rina. Ho detto che nessuno era in casa, ma quando ho voluto chiudere la porta, mi ha dato una spinta ed è entrato...

Minnie                           - Non importa, Berta. (Berta via da destra). S'accomodi!

Melagrinza                    - (mettendo il cappello su una se­dia) Non sono venuto per fare una visita. Sono contento di trovarla qui, Stevens, ho bi­sogno di un testimonio per quest'affare.

Minnie                           - Signor Melagrinza, devo chiederle un favore.

Melagrinza                    - (asciutto) E sarebbe?

Minnie                           - La prego di lasciar in pace Anna Ostrom.

Melagrinza                    - (rigido) Non credevo di darle noia, ma non me ne occuperò più, non dubi­ti. Sono andato da lei per accertarmi che avesse i requisiti richiesti per essere ammessa all'Ospizio, ed è stata molto sgarbata ed im­pertinente con me. Mi ha detto che non aveva nessuna intenzione di andare all'Ospizio. Sono ritornato parecchie volte per indurla a cambia­re idea, e questa mattina, mi ha perfino gettato addosso della roba!

Jim                                - (nascondendo un sorriso) Ah sì?! Ma che cosa le ha gettato?

Melagrinza                    - Che so io?... dei piatti... degli utensili da cucina... dalla finestra... Per fortuna, non mi hanno colpito. (Minnie abbassa il capo per nascondere il sorriso).

Jim                                - (secco) La prego, signor Melagrinza, dica il perché della sua visita, e poi se ne vada.

Melagrinza                    - Oh, oh! Si figuri, signor Stevens. Ma lei è l'avvocato ed il tutore della si­gnorina Stanton. È al corrente della situazione e di quanto è accaduto?

Jim                                - In linea generale, sì. Il loro fidanza­mento è stato sciolto.

Melagrinza                    - Appunto. Ed ho qui una di­chiarazione che la signorina deve firmare. (To­glie dalla tasca un foglio e la penna stilografica che mette sul tavolo).

Jim                                - Una dichiarazione? Che genere di di­chiarazione? (Prende il foglio e Minnie gli si avvicina e cerca di leggere).

Melagrinza                    - La dichiarazione che la rot­tura del fidanzamento è stata provocata dalla signorina, e che io non sono responsabile... del suo stato attuale.

Jim                                - (restituendo il foglio senza leggerlo) Mio caro signore, non trova che tutto ciò sia alquanto ridicolo?

Melagrinza                    - Non c'è nulla di ridicolo nella dichiarazione che esigo. Ho diritto di proteg­germi, e non voglio essere implicato in questo scandalo. La gente potrebbe supporre che sia io il padre del bambino! (Porge il foglio e la penna a Minnie).

Minnie                           - Ma dovrebbe essere lusingato! (Si ode la porta d'ingresso che si chiude e si sente la voce di Bill che grida).

Bill                                - Avanti... Entra. (La voce di Rug­gero).

Ruggero                        - Aspetta un momento! Sei impaz­zito, Bill!

Bill                                - Basta con le chiacchiere. Entra. (Rug­gero entra dall'arco seguito da Bill che tiene una rivoltella puntata contro la sua schiena. Tutti guardano esterrefatti Bill e Ruggero). Ed ora, Minnie, dobbiamo sistemare questa fac­cenda!

Melagrinza                    - Stanton?... Ma lei è ubriaco?

Ruggero                        - Non è ubriaco: è pazzo!

Minnie                           - (avvicinandosi a Ruggero; sottovoce) Che cosa succede?

Ruggero                        - (sempre con le mani alzate) Non lo so, Minnie! Ero al bar, e stavo mangiando un sandwich, quando mi è saltato addosso. Mi ha puntato la rivoltella al petto e mi ha gri­dato: « Vieni con me» e poi, ad ogni passo, mi dava un pugno nella schiena ed urlava: « Fi­glio di un... ». (Volgendosi a Melagrinza) Mi perdoni, signor Melagrinza.

Bill                                - Ringrazia Dio, di non aver resistito e di essere venuto.

Melagrinza                    - Abbassi quella rivoltella, Bill.

Bill                                - L'abbasserò quando parrà a me. Non permetterò a nessuno di rovinare mia sorella, e poi di lavarsene le mani.

Ruggero                        - (stupefatto) Rovinare tua sorella? (Si avvicina a Minnie) Sei rovinata?!...

Bill                                - Non fare il finto tonto! Non te la caverai, Baldwin. È rovinata, e tu sei il respon­sabile.

Ruggero                        - Non è vero!

Jim                                - (a Melagrinza) Questi sono affari di famiglia che non ci riguardano. Andiamo via. (Si avvia verso sinistra).

Melagrinza                    - (deciso) Niente affatto; que­sta storia interessa anche me... benché... per fortuna, io non sia un membro della famiglia.

Jim                                - (rassegnato) Benissimo; ed allora re­stiamo. (A Bill, con sarcasmo) Siediti, Bill... siediti... sei un prode!

Melagrinza                    - Voglio sapere la verità, Bald­win. Come mai lei si trova immischiato in que­sto affare?

Ruggero                        - Non sono immischiato in nessun affare! Bill è un bugiardo! Non sono l'amante di Minnie. Posso darne le prove. La conosco soltanto da tre giorni... Lo sa anche lei, signor Melagrinza, che sono arrivato da una settimana!

Bill                                - Che tu sia qui da un giorno o da un mese, non ha nessuna importanza. Vi siete co­nosciuti prima. Minnie ti ha conosciuto a New­castle; me lo ha detto lei stessa... ed ha il tuo ritratto in camera sua.

Minnie                           - Bill!

Bill                                - (a Minnie) L'ho visto in camera tua da parecchie settimane!

Ruggero                        - Ti ripeto che l'ho conosciuta tre giorni fa. Non è vero, forse, Minnie?

Minnie                           - Sì, Ruggero... (agli altri) Non l'ho conosciuto a Newcastle: ho ritagliato quel ri­tratto da un giornale sportivo.

Melagrinza                    - (sarcastico) Ti chiama Minnie, e lo chiami Ruggero, e vi date del tuo! Avete fatto presto a diventare tanto amici! Quando sono stato qui l'ultima volta, mi hai detto che eri innamorata. Rispondi: sei innamorata di lui?

Minnie                           - (dopo un attimo di esitazione) Mi pare di sì.

Melagrinza                    - (con amarezza, a voce alta a Rug­gero) Lei sapeva che ero il fidanzato di que­sta signorina, e...

Minnie                           - (interrompendolo) Non lo sapeva. Lo ha saputo soltanto dopo... dopo...

Melagrinza                    - Dopo... dopo che cosa?

Minnie                           - Dopo di avermi detto... che mi amava. E quando lo ha saputo, ne è rimasto molto sorpreso.

Melagrinza                    - E come lo ha saputo?

Minnie                           - Gliel’ho detto io.

Melagrinza                    - Ed allora, se lei avesse voluto fare il suo dovere di uomo onesto, avrebbe do­vuto ritirarsi. Perché non lo ha fatto?

Ruggero                        - Signor Melagrinza, io...

Melagrinza                    - Come mio impiegato lei ha mancato al suo dovere. Il motto della mia banca è: «Lealtà», quindi... si consideri licenziato. E poiché lei, signor Stevens, è l'amministratore degli Stanton, l'avverto che se Peaboly non pa­gherà la cambiale che scade fra pochi giorni... io lo farò saltare.

Melagrinza                    - (saluta ironicamente con la mano)

                                      - Arrivederci, a tutti! (Fa per uscire).

Bill                                - (alzandosi ed avvicinandosi a Melagrin­za, brandendo la rivoltella) Oh, signore! (Me­lagrinza si scansa facendo un salto) Rimanga qui, lei! Nessuno se ne andrà, finché non sarà definita questa faccenda! Il responsabile è lei, o è Baldwin. Ed il responsabile deve subito spo­sare Minnie, altrimenti...

Jim                                - (avvicinandosi rapidamente a Bill) Smettila: e dammi quella rivoltella! (Gli strap­pa di mano la rivoltella) Siedi!

Bill                                - (sorpreso, con indignazione) Che cosa ti prende? Chi credi di essere? Il padre eterno?

Jim                                - (secco) No: eccolo il padre eterno! (Indica Melagrinza che lo fissa un attimo e che poi esce rapidamente).

Minnie                           - (curvandosi su Ruggero che è rimasto immobile sulla sedia, e che fissa disperato nel vuoto) Ruggero... Ruggero... non disperarti!

Ruggero                        - (la guarda, smarrito. Scostandola)

                                      - Rovinata! ! !

Minnie                           - (seria) Ascoltami, Ruggero: non devi credere... Non è vero. L'ho detto perché ...

Ruggero                        - (scostandola ancora) Rovinata!... La mia carriera è rovinata! (Alzandosi ed avan­zando di un passo) Ed ero stato promosso questa mattina!...

Luisa                             - (entrando da sinistra) Ma che cosa succede?

Ruggero                        - (come colpito da un'idea subitanea)

                                      - Adesso capisco! Questo è un complotto che avete imbastito per mettermi in cattiva luce presso Melagrinza e perché Bill possa riavere il suo posto!...

 Bill                               - (con disgusto) Cretino!

Minnie                           - (addolorata) Come puoi dire una cosa simile?

Ruggero                        - (senza badarle) Ma non me la fa­rete! Andrò da Melagrinza, e gli dirò la verità.

Jim                                - E, secondo lei, qual'è la verità?

Ruggero                        - Che Minnie voleva giuocarmi il tiro di farsi sposare da me, per dare un padre a suo figlio... (Bill si alza e fa l'atto di slan­ciarsi su Ruggero. Jim lo ferma).

Minnie                           - (con un grido) Ruggero!

Jim                                - (con calma) Non dica altro, Baldwin; potrebbe poi rammaricarsi delle sue parole. (Bill si siede).

Ruggero                        - (furioso) Non me ne andrò prima di aver detto tutto. Minnie era a Newcastle il giorno della partita, ma io non ero con lei... e non l'ho neppure veduta. Ma era con un uomo che l'ha accompagnata, e quando avrete scoper­to chi era quell'uomo, avrete scoperto il respon­sabile dello stato di Minnie! Un guasto al mo­tore, li ha obbligati a fermarsi a dieci chilo­metri da Newcastle, ed hanno passato la notte in automobile, sotto la pioggia. (Si volta come per andarsene).

Luisa                             - (gridando) Un momento! (Avvici­nandosi a lui) Quando è stato? Quando è stato?

Ruggero                        - In febbraio. Il giorno della par­tita tra Stedman e Lincoln.

Luisa                             - Oh... Dio mio!... (Ruggero esce dall'arco. Otto entra da sinistra, con il libro aperto tra le mani).

Otto                              - (si ferma un attimo a guardare Luisa che gli volta le spalle. Luisa si volta verso di lui) Tesoro mio, sento che stai pensando a me.

Luisa                             - (furibonda) Eri con Minnie, quan­do hai avuto il guasto al motore, ritornando da Newcastle?

Otto                              - (sussulta, guarda Minnie, balbetta) Veramente... io... io...

Luisa                             - Non mentire. Lo so; ne ho le prove. (Allontanandosi ed agitando le braccia) Ecco dunque la verità! Eravate assenti tutti e due quella notte... e siete ritornati a casa tutti e due col raffreddore!...

Minnie                           - È vero. Otto voleva vedere la par­tita di hockey, e l'ho pregato di condurmi con lui a Newcastle. Un guasto al motore ci ha im­pedito di ritornare la sera, e siamo ritornati la mattina seguente.

Luisa                             - (prendendo Minnie per le braccia) Allora lo confessi! La sappiamo, finalmente, la verità! È Otto l'uomo che vuoi nascondere!

Bill                                - (alzandosi) Calma... calma... Ma guarda un po'... Chi l'avrebbe pensato di Otto?

(Luisa va verso Otto coi pugni chiusi).

Jim                                - Luisa, non perda la testa! Non è un disonore, per un giovane, di accompagnare una ragazza in automobile; e non è un delitto,... per un automobile, di avere un guasto al motore... soprattutto trattandosi dell'automobile di Otto!

Luisa                             - Ma se non c'era niente da nascon­dere, perché ne hanno fatto un mistero? Minnie non ne ha mai parlato, e Otto ha mentito.

Minnie                           - Ha mentito, perché era sicuro che non gli avresti più dato pace, se ti avesse detto la verità! Andiamo, Luisa, lo sai benissimo che Otto non ha fatto nulla di male! Bacerebbe la terra dove metti i piedi, e non si sognerebbe neppure di guardare un'altra donna!

Otto                              - (smarrito, avvicinandosi a Luisa) Ma che cosa è questa storia?

Luisa                             - (voltandosi verso di lui, vendicativa) Te lo dirò io, se ancora non lo hai capito. Minnie aspetta un bambino.

Otto                              - (stupidamente) Quale bambino?...

Luisa                             - Idiota! (Gli dà uno schiaffo. Otto si rivolge a Jim).

Otto                              - (balbettando) Dimmi... spiegami... Chi è stato? (Jim tende Vindice verso di lui come per dire: tu). Santo Dio! Io?

Luisa                             - (rabbiosamente a Minnie) Non ci sono abbastanza scapoli in città? Hai avuto bi­sogno di rubare l'uomo di un'altra donna? Ah! Comincio a capire, perché tutti gli imbecilli ti stanno intorno!

Minnie                           - (con voce di pianto) Perché sei così cattiva con me?

Bill                                - (a Minnie) Te lo dirò io il perché . Luisa è gelosa! Ha sempre desiderato di avere un bambino, e perciò ha divorziato per sposare Otto! Ha passato tutta la sua vita tra tribunali ed avvocati, senza mai riuscire a fabbricare un figlio!... Ed adesso è furiosa, perché tu ne hai uno... e senza aver avuto bisogno di fare tante storie!

Luisa                             - (amaramente) Ma se io avessi un figlio, non mi troverei nella necessità di dover nascondere il nome del padre!

Otto                              - Luisa...

Luisa                             - (volgendosi verso di lui) Non è forse vero? Tre sono, gli uomini accusati, e tutti e tre rifiutano di assumere la responsabilità. Do­vremo ora passare in rivista tutti gli altri della città, per trovare il nome del padre!

Jim                                - (come prendendo una risoluzione improv­visa, avvicinandosi a Minnie) No, Luisa: niente di tutto ciò. Non volevo dirlo ancora, ma ormai, vedo che è assolutamente necessario par­lare. (Gravemente) Sono io il padre del bam­bino.

(Minnie lo guarda stupefatta).

Luisa                             - (fissandolo) Lei?... Jim Stevens?... Non lo credo!

Jim                                - (agitato) Ma è la verità. Amo Minnie da molto tempo... Perché non dovrebbe cre­dermi ?

Luisa                             - Ma perché lo avrebbe detto quando la mamma gliene ha parlato! Perché poi na­sconderlo ?

Jim                                - (scherzosamente) Oh... così! Volevamo farvi una sorpresa... e ve lo avremmo detto, ap­pena sposati.

Luisa                             - Allora vi sposerete?

Bill                                - E come no? (Prende la rivoltella e si avvicina a Jim. Luisa ed Otto si allontanano, spaventati) La sposerai, e subito anche!

Jim                                - (strappandogli di mano la rivoltella; con fermezza) Basta, ragazzo mio! Ne hai com­binati abbastanza di imbrogli, per oggi! Fuori di qui!... Vai di sopra. (Mentre Jim dice: « Vai di sopra », Otto si avvicina per parlare a Luisa che gli pesta rabbiosamente un piede e dice):

Luisa                             - Aspetta quando saremo in macchina. (Otto esce mentre entra la signora Stanton. Bill si avvia verso la scala. La signora avanza preci­pitosamente; è agitatissima: vedendo Bill, so­spira di sollievo).

Signora Stanton            - (tendendo le braccia verso Bill) Oh, Bill, caro! Sono contenta di trovarti a casa... Ho avuto tanta paura!... (Jim accenna a Bill di andare di sopra. La signora si volta verso Jim e vede la rivoltella che tiene in mano. Alza le braccia in un gesto disperato) Oh! Oh! Che succede?

Jim                                - (appoggia la rivoltella sul tavolo: affet­tuosamente) Nulla, signora Stanton! ... assolu­tamente nulla. (Prende il cappello dal divano).

Luisa                             - (sorridendo ironicamente) Sì, mamma. Non è accaduto proprio nulla... Ma acca­drà presto qualche cosa di veramente straordi­nario!

Signora Stanton            - Che vuoi dire, Luisa? Che cosa mai deve accadere?

Luisa                             - (ironica) L'avvocato Jim Stevens... aspetta un bambino! (Si avvia verso l’arco).

Signora Stanton            - (allargando le braccia e guardando Jim, esterrefatta) Jim Stevens?...

ATTO TERZO

 

La medesima scena del secondo atto.

(Quando s'alza il sipario, Bill entra dalla si­nistra con la racchetta e delle palle da tennis). Ha una camicia con le maniche corte. Mette la racchetta sul divano, va verso la porta di si­nistra, l'apre e grida:)

Bill                                - Mi porti subito il caffè-latte, Berta?

Berta                             - Subito, signorino. (Entra dalla cu­cina). Cosa vuole col caffè-latte?

Bill                                - Due uova. Dove sono la zia e Minnie? (Getta per aria una palla e l'acchiappa al volo).

Berta                             - La signorina è in giardino e la si­gnora è in camera sua.

Bill                                - Verrò a mangiare in cucina.

Berta                             - (avvicinandosi a Bill e parlando sotto­voce) Anna non è più dalla signora Olson. (Bill la guarda, sospettoso, e si allontana da lei). Kelly ha preso in affitto quella casetta bianca di là dal fiume, ed Anna è andata a stare con lui.

Bill                                - (interessato, benché non voglia dimo­strarlo) Si sono sposati?

Berta                             - Non lo so, se si sono sposati! In ogni modo, stanno insieme. E adesso, signo­rino... stia in guardia! (Bill si allontana). L'ha quasi ammazzato... quel metropolitano!

Bill                                - (fingendo indifferenza) Che me ne importa?!

Berta                             - (con mistero) Si parla di lei, in città.

Bill                                - (fingendo di scherzare) Di me? Sono diventato un personaggio tanto importante? E che cosa si dice?

Berta                             - (agitata) Ieri ero dalla signora Ol­son, e c'erano due signore che non conosco, e stavano parlando di Anna. Cercavano di indovi­nare chi poteva averle fatto quel bel servizio, ed una delle signore, ha detto il suo nome, si­gnor Bill! Non l'ha proprio detto, ma è come se lo avesse detto. E mi ha domandato se mi piaceva di stare qui, e se lei era un ragazzo serio, e se non mi aveva mai fatto delle pro­poste. Ed io mi sono arrabbiata ed ho risposto: ce Che cosa crede? Il signorino è un ragazzo per bene, e poi, se mi dovesse fare delle proposte disoneste, gli lascerei andare uno schiaffo. (Av­viandosi verso sinistra). Come le vuole le uova?

Bill                                - Sode.

Berta                             - Allora dovrà aspettare sette minuti.

(Rumore della porta d'ingresso che si chiude. Luisa entra dall'arco, si toglie il cappello e lo mette sul divano agitata, parlando in fretta).

Luisa                             - ... giorno, Bill.

Bill                                - (la guarda con disgusto) Sei ancora qui? Ma non hai una casa tua?

(Berta, che stava per uscire da sinistra, sosta in ascolto. Luisa avanza di qualche passo).

Luisa                             - (ruvidamente) Faresti meglio a non essere tanto impertinente! Sono venuta da ami­ca, per farti un favore... e forse ti accorgerai presto che, nella vita, è necessario avere degli amici!

Bill                                - Che cosa brontoli? (Fa rotolare le palle spingendole con i piedi verso il divano).

Luisa                             - Niente. Dov'è la mamma?

Bill                                - (accennando con la testa) Lassù. (Lui­sa si avvia a sinistra. Bill le si mette davanti). Un momento! Che cosa stai combinando ancora ?

Luisa                             - Lasciami passare; non sono io che faccio i pasticci!

(La signora Stanton sta scendendo le scale).

Signora Stanton            - (dalla scala, preoccupata) Che c'è di nuovo? (A Berta) E tu, che vuoi, Berta?

Berta                             - (pronta) Ho portato la colazione alla signorina, come mi aveva detto. Ha man­giato. (Fa l'atto di uscire).

Signora Stanton            - Dov'è adesso?

Berta                             - È in giardino; toglie i bruchi dalle rose.

(Bill fa coppa con le mani e Berta gli getta una palla).

Signora Stanton            - (sta scendendo gli ultimi scalini. Vede Bill che acchiappa la palla. Con voce di rimprovero) Bill!...

(Berta esce da sinistra).

Luisa                             - (attende che Berta abbia chiuso la porta e si avvicina alla madre) Mamma... devo dirti una cosa terribile! Sono corsa qui subito... si tratta di Anna... ed immagino che ormai lo sapranno già tutti, in città!

Signora Stanton            - (annoiata) Lasciami un po' in pace! Non posso occuparmi di Anna! Abbiamo abbastanza noie e dispiaceri in fa­miglia!

Luisa                             - Ma è una cosa molto grave! Non si tratta soltanto di Anna... ma anche di un'altra persona.

Signora Stanton            - Allora parla. Avanti... che c'è ancora? Chi è l'altra persona?

Luisa                             - È Bill.

Signora Stanton            - (guardando Bill, meravi­gliata) Bill??!!

Luisa                             - Sì.

Bill                                - Taci, pettegola!

Luisa                             - Lo sanno tutti, ormai, che è stato lui...

Signora Stanton            - È stato lui... a fare che cosa?

Luisa                             - A mettere Anna in quello stato.

Signora Stanton            - Oh, Dio mio! (Si abban­dona su una sedia). Chiamate subito Jim Stevens...

Luisa                             - (con una risatina) Ma sì, mamma! Chiamiamo l'avvocato.

Bill                                - (ironico) Chiamiamo Stevens... Il grande Stevens... l'incommensurabile Stevens!

Luisa                             - Ed anche, questa volta, tutto sarà accomodato in un batter d'occhio. Dirà che è lui il padre del bambino, e Bill potrà lavarsene le mani.

Bill                                - (sedendo sul divano) Mille grazie!

(Campanello della porta d'ingresso).

Luisa                             - Se questo è Otto, andrò di là. Non voglio vederlo.

Signora Stanton            - Un nuovo litigio?

Luisa                             - No; è sempre lo stesso. Otto non mi ha ancora spiegato con chiarezza, che cosa faceva a Newcastle con Minnie.

(Berta entra dalla cucina e attraversa l'arco).

Signora Stanton            - Ma come, Luisa! Se ti ha detto in presenza mia che...

Luisa                             - (interrompendola) Lo so quello che ha detto. Ma non gli credo.

Berta                             - (di là dall'arco) Il signor Stevens. (Vuole prendergli il cappello e la busta di cuoio che tiene in mano).

Jim                                - Non importa, Berta.

(Jim entra. Berta via. Jim mette la busta ed il cappello su una sedia).

Signora Stanton            - (con voce piagnucolosa) Oh, Jim! È una fortuna che sia venuto, perché volevo mandarla a chiamare.

Jim                                - (avanzando) Qualche altro imbroglio?

Signora Stanton            - Si tratta di Anna. Dicono che sia stato Bill...

Jim                                - Chi lo dice?

Signora Stanton            - Spiegagli tu, Luisa.

Luisa                             - Ho sentito la mia cameriera che par­lava con la donna dei miei vicini di casa, che è la nipote di una signora parente degli Olson... dove stava Anna. È dunque Anna che ha par­lato.

Jim                                - Non lo credo. Non so quanta gente ha cercato, in questi ultimi giorni, di farla cantare... ed Anna non ha mai voluto dire una parola. Perché avrebbe accusato Bill adesso, e chiacchierando con delle donnette pettegole?

Luisa                             - Forse vorrà farsi sposare!

Jim                                - Eh!... potrebbe essere possibile! Par­lerò io con Anna e vedrò di risolvere questa questione. Dovremo forse spendere un po' di danaro, signora Stanton.

Signora Stanton            - (rassegnata) Pazienza... pazienza! Ma dove ne troveremo?

Jim                                - Per ciò non si preoccupi, signora! Il danaro si troverà. Anzi, ero venuto per dirle che forse c'è un compratore per questa casa... Ma le sarò preciso quando avrò parlato con Minnie.

Otto                              - Buon giorno, mamma. Buondì, Jim!

Luisa                             - (freddamente, alzandosi) Se non ti dispiace, mamma, aspetterò di là. (Via da si­nistra).

Otto                              - (seguendola con lo sguardo) E an­diamo avanti così da ieri sera! Oh, è diver­tentissimo, quando si vive nella stessa casa, si mangia alla stessa tavola, e si dorme nello stesso letto! Ho una moglie che non mi parla, che non mi vede... anzi che mi guarda, come se io non ci fossi!

Signora Stanton            - (pietosa) Povero Otto! Luisa faceva così anche col suo primo marito.

Otto                              - (a Jim) Dimmi la verità: ti ha detto che vuole divorziare?

Jim                                - Per ora no. (Siede vicino al tavolo).

Otto                              - Ma non tarderà a dirtelo. Vuole di­vorziare: lo so.

Jim                                - E come fai a saperlo, se non ti parla?

Otto                              - Ho studiato le sue reazioni mentali.

Jim                                - Sei sicuro di aver indovinato?

Otto                              - Sicurissimo. Luisa continua a cre­dere, anzi a voler credere che ci sia stato qual­che cosa tra me e Minnie: e quando le dico che non è vero, mi grida: «Le prove; voglio le prove!». Ma, dimmi un po' tu: quali prove si possono dare in un caso simile?

Jim                                - Mi pareva di aver liquidato questa fac­cenda, ieri sera, dichiarando di essere io il padre.

Otto                              - Pare anche a me, ed è ciò che le ho fatto osservare, ma mi ha risposto: « Al dia­volo i bugiardi! ».

Jim                                - Luisa non ha mai avuto una grande opinione delle mie capacità!

Otto                              - In questo, caro Jim, non le dò torto. Anch'io, sai, non ti credo!

Signora Stanton            - Ma nessuno lo potrebbe credere! È una cosa assurda!

Jim                                - Non so, signora, se devo considerare le sue parole come un complimento, o come un insulto!

Otto                              - Ma non è Minnie la vera causa del nostro litigio. Bill, ieri sera, si è avvicinato alla verità. (A Jim) Eri tu, il suo avvocato, quando si è divorziata, e sai dunque perché chiese al­lora il divorzio!

Jim                                - Perché non aveva avuto figli.

Otto                              - (melanconico) Ed anche noi non ab­biamo... (Si allontana).

Jim                                - Non tormentarti. Ho osservato, che non sono gli uomini più intelligenti quelli che hanno più figliuoli...

Signora Stanton            - Ho letto infatti in un giornale, che la media delle nascite è di uno scienziato per ogni mezzo bambino... (Ripren­dendosi) No, sbaglio... è di un bambino per ogni mezzo scienziato... o forse... (Rimane pen­sierosa).

Otto                              - Per ogni volta che litighiamo, Luisa tira in ballo la solita storia.

Jim                                - Potrei suggerirti una risposta che met­terebbe fine ai vostri litigi, ma...

Signora Stanton            - (vagamente turbata) Luisa non dovrebbe trattare così suo marito! Credo che Otto abbia sempre fatto, e continui a fare del suo meglio per...

Otto                              - È vero, mamma... Ma sono sicuro che vorrà divorziare... E forse sarà la soluzione migliore. Luisa è tua figlia, e io le voglio molto bene; ma ti assicuro che non è facile di vivere con lei! (Siede in attitudine sconsolata, con le mani ciondoloni tra le ginocchia).

Signora Stanton            - Non agitarti, Otto! Par­lerò a mia figlia.

Jim                                - (alzandosi) Sarebbe forse meglio che le parlassi io. Credo che potrei farle vedere le cose sotto un altro aspetto. (Guarda l'orologio). Ma è già tardi, e devo essere in Tribunale per una causa, alle undici. Potrei vedere Minnie?

Signora Stanton            - Certamente. (Si alza). È in giardino; vado a chiamarla. La prego, avvo­cato, le faccia capire che è necessario che sposi qualcuno!

Jim                                - Stia tranquilla, signora. Vedrà che tutto si accomoderà.

Signora Stanton            - (dubitosa, andando verso la porta di sinistra) Speriamolo! Ai miei tempi, ci si sposava, e poi si pensava a mettere al mondo dei figli... Adesso fabbricano un figlio e poi riflettono se sia il caso o no, di sposarsi! (Via).

Jim                                - (a Otto) Lo sai, vero, che quella cam­biale scade domani?

Otto                              - Lo so. E Melagrinza non vuole rin­novarla neppure per un giorno! Maledetto usuraio!

Jim                                - Prova a dirglielo in faccia che è un usuraio!

Otto                              - Che cosa ti salta in mente?

Jim                                - Prova a dirglielo. Forse potrebbe gio­varti. Hai tentato in un'altra banca?

Otto                              - In quale banca? Non c'è banca dove Melagrinza non abbia il suo zampino.

Jim                                - Insomma, mio caro, sei tu che devi risolvere questa faccenda.

(Minnie entra da sinistra. Ha un largo cap­pello da giardino e, tra le mani, un mazzo di fiori).

Minnie                           - Buon giorno, Otto. (Dando la mano a Jim) La zia mi ha detto che volevi parlarmi?

Jim                                - Infatti... Senti, Otto... Parlerò io con Luisa. Intanto vai a fare quattro passi; ritorna fra un quarto d'ora e ti dirò eh e cosa abbiamo deciso.

Otto                              - Va bene. (Si avvia verso l’arco, poi ritorna sui suoi passi e si avvicina a Minnie). Devo chiederti scusa per quanto è accaduto ieri sera.

Minnie                           - Figurati, caro! Non è stata tua colpa.

Otto                              - Luisa ha detto delle brutte cose che non pensava. Non lo crede, che tu ed io... Ma sai com'è quella benedetta donna!

Minnie                           - (sorridendo) Ma sì, Otto, la co­nosco da molto tempo più di te. Non è il caso che tu mi faccia delle scuse.

Otto                              - Volevo dirtelo, in ogni modo... Sarò di ritorno fra poco, Jim. (Via dall'arco).

Jim                                - (con aria assente) Ho visto Baldwin. È disperato.

Minnie                           - È disperato di aver perduto il suo posto? (Siede).

Jim                                - No. È disperato di averti perduta. Ti ama, quel ragazzo.

Minnie                           - Lo credi?

Jim                                - Ne sono convinto. È pazzo di te... Ed anche tu lo ami.

Minnie                           - Lo credi? (Prende una rivista e si mette a leggere).

Jim                                - Mi pare che dovresti saperlo! Ora sei irritata contro di lui, perché ieri sera ha fatto quella stupida scena, ma presto te ne dimenti­cherai. L'amore è fatto così.

Minnie                           - È fatto così?... Te ne intendi tu, di amore?

Jim                                - Nella mia professione, si deve inten­dersi di tutto... Quindi mi pare, Minnie, che dovresti sposarti subito.

Minnie                           - E chi dovrei sposare?

Jim                                - (irritato) Baldwin, naturalmente! Per favore, Minnie, smetti di giuocare con quella rivista, e fai attenzione a quel che ti dico. (Le prende la rivista e la getta sull'altro tavolo).

Minnie                           - Oh, scusami Jim... (Si alza). Scu­sami se ti sembro stupida, ma potevo anche credere che tu alludessi al mio matrimonio con Melagrinza... (Jim fa un gesto, seccato). 0, ma­gari, con te! Mi pare che ieri sera tu accennassi a qualcosa di simile... (Va verso sinistra).

Jim                                - (seguendola) Sai benissimo che ho in­ventato quella storia per far tacere Luisa, e per darti il tempo di riflettere...

Minnie                           - Ah, davvero? Mi sembravi tanto convincente!... Quando hai detto: «Sono io il padre del bambino »... Quasi lo credevo anch'io!

Jim                                - Ma nessun altro lo ha creduto.

Minnie                           - (sorride) È perché tutti sanno che sei un uomo virtuoso. Hanno facilmente cre­duto alla mia colpa, ma nessuno, nemmeno Luisa, ha potuto credere alla tua.

Jim                                - (per sviare il discorso) Mi sono preso la libertà di dire a Baldwin, che se voleva ve­nire qui oggi, lo avresti ricevuto.

Minnie                           - (con calma) Hai fatto male. Andrò in camera mia. (Prende il golf e si avvia per la scala).

 Jim                               - (seguendola) Comprendini, Minnie! Vorrei aiutarti ad uscire dal pasticcio nel quale ti sei messa... Perché dovreste essere in­felici per tutta la vostra vita?

Minnie                           - Infelici? (Appoggia il golf alla ringhiera e ridiscende).

Jim                                - Sposatevi ed andate via di qui. Bald­win potrà benissimo trovare un'occupazione in una città dove non siate conosciuti e dove po­trai iniziare una nuova vita...

Minnie                           - (assente) Già... (Guardandolo) Ieri sera hai detto che mi amavi da molto tempo. È anche questa un'invenzione?

Jim                                - (di scatto) No.

Minnie                           - No?!!

Jim                                - No. (A bassa voce) Ti amavo quando avevi i capelli in due trecce che danzavano sulle tue spalle... Ti amavo quando raccogliesti i capelli in un nodo sulla nuca e prendesti la licenza liceale... Ti amavo quando li tagliasti, i tuoi bei capelli... e quando andavi con i tuoi amici a ballare... E se lo vuoi sapere, ti amo ancora...

Minnie                           - Come hai fatto per tenerlo na­scosto?

Jim                                - Tu sola non lo sai...

Minnie                           - E perché non me lo hai mai detto?

Jim                                - Non era facile... Prima eri troppo giovane... Poi io ero troppo vecchio... e sem­pre ero troppo povero per chiederti di spo­sarmi. (Minnie siede, pensierosa).

Minnie                           - Troppo povero? Che importa? La ricchezza non ha nulla a che fare con l'a­more!

Jim                                - No: ma ha una grande importanza per il matrimonio.

Minnie                           - (con impazienza) Non essere scioc­co, Jim! Non ho mai pensato al denaro, io!

Jim                                - (sedendosi) So benissimo che molti credono che io sia ricco. Otto, per esempio, è convinto che io sia un uomo fortunato negli affari. Ma la verità è questa: ho cominciato con niente, salvo la mia laurea e qualche libro di stu­dio... e dopo quindici anni di lotte e di lavoro... mi trovo presso a poco al punto di partenza.

Minnie                           - Sono contenta che tu abbia final­mente avuto il coraggio di parlarmi, e ti rin­grazio dell'aiuto che mi hai dato ieri sera, di­cendo che mi avresti sposata... anche se non ne avevi l'intenzione.

Jim                                - (ruvidamente) Non ne posso avere l'intenzione, unicamente perché non sposerei mai una ragazza innamorata di un altro.

(Luisa entra da sinistra).

Luisa                             - Avvocato... devo dirle una cosa... molto importante. Quando posso trovarla in uf­ficio?

Jim                                - (alzandosi) Dio solo lo sa, Luisa! In questi ultimi giorni, non mi è stato possibile di andarci neppure per cinque minuti!

Minnie                           - (ridendo) Il povero Jim perde tutto il suo tempo per sbrogliare gli affari della famiglia Stanton! Dovremo prendere una steno­dattilografa per lui, perché possa sbrigare qui un po' del suo lavoro!

Luisa                             - Come se fosse possibile lavorare sul serio, con tutto il pandemonio che c'è sempre in questa casa! (Siede a sinistra del tavolo).

Minnie                           - Rimani pure con Jim, Luisa. Me ne stavo andando... (Si avvia).

Jim                                - (seguendola) Un momento, Minnie...

Minnie                           - (ai piedi della scala) Sta bene, Jim. Se Baldwin verrà... gli parlerò.

Jim                                - Grazie. (Minnie via di sopra. Jim ri­discende verso Luisa). Che cosa voleva dirmi?

Luisa                             - Una cosa molto semplice, avvocato. Voglio divorziare...

Jim                                - Cara Luisa, non posso assisterla. Otto mi ha già pregato di occuparmi di questa fac­cenda.

Luisa                             - (con infinita meraviglia) Otto?... Otto vuole chiedere il divorzio?! (Scattando, con indignazione) E come osa? E quali sono le sue ragioni?

Jim                                - Incompatibilità di carattere.

Luisa                             - Che sciocchezza! Ma non c'è nessuna incompatibilità! Litighiamo qualche volta, ma, santo Dio, tutti i mariti e tutte le mogli liti­gano...

Jim                                - (guardando per aria) Mi ha confidato che la sua vita è diventata un inferno, e...

Luisa                             - (scattando) Così le ha detto? Ah, che vigliacco! (Furiosa) Le prove... voglio le prove!... E dal canto mio, potrò provare mille volte il contrario!

Jim                                - Questa è la ragione... che Otto ad­durrà... per un riguardo a lei; ma la vera ra­gione, è un'altra.

Luisa                             - E qual'è... Sentiamo!

Jim                                - Preferisco non parlarne.

Luisa                             - La prego, avvocato. Ho il diritto di sapere la ragione che ha indotto mio marito a chiedere il divorzio.

Jim                                - Pqichè insiste, l'accontento. Siete spo­sati da quattro anni, mi pare, e finora la vostra unione è rimasta sterile. Otto desidera avere dei figli, e, secondo le nostre leggi...

Luisa                             - (gridando istericamente) Otto dice che io???... Ma se è questa la ragione per la quale voglio chiedere il divorzio!...

Jim                                - Se lei lo crederà, potrà fare un con­tro-processo; ma le consiglierei di non tentarlo. Lei ha già avuto un primo marito col quale ha vissuto per quattro anni, senza avere figli... quindi...

Luisa                             - Ma io farò il processo! Andrò da un altro avvocato... (Va rapidamente a pren­dere il cappello). Da un vero avvocato... (Ri­tornando verso Jim) ... Voglio dire, da un av­vocato specialista in divorzi.

Jim                                - (gravemente) Luisa, non ha nessuna probabilità di riuscire. Ieri sera, in questa stanza, ed in presenza di almeno tre testimoni, ha accusato suo marito di essere il padre del figlio di Minnie... Comprende?

Luisa                             - No. Non capisco.

Jim                                - È un brutto affare questo, Luisa... e mi duole che vi separiate. Otto mi ha dato ap­puntamento in fabbrica alle undici e mezzo. Farò di tutto per farlo desistere dalla sua de­cisione, ma temo di non riuscirvi. Non ho mai visto Otto così deciso come questa mattina.

(Bill entra dalla cucina. Luisa esce).

Bill                                - (che l'ha seguita con lo sguardo) Che cosa ha di nuovo, quella donna?

Jim                                - (prendendo la busta di cuoio) Ascol­tami, Bill. Otto verrà fra qualche minuto, ma non posso attenderlo. Digli che sua moglie lo aspetta alla fabbrica e che ha bisogno di ve­derlo subito. (Va verso Varco).

Bill                                - Vorrei dirti una parola.

Jim                                - (voltandosi) Anch'io avrei molte pa­role da dirti, ma non ho più un minuto da perdere. Dovrei già essere al Tribunale. Ho dei clienti, io, oltre la famiglia Stanton! (Via dall'arco. Bill va verso la scala, raggiunge il pia­nerottolo quando si odono fuori scena le voci di Berta e di Kelly. Bill sosta in ascolto).

Berta                             - (da destra) Vi dico che non potete entrare!

Kelly                             - Non posso entrare? Guarda!

(Kelly entra seguito da Berta che è agita-tissima).

Berta                             - Fate sempre a modo vostro, voi! Che cosa volete? Chi vi ha chiamato?

Kelly                             - Non fare la vipera, cara. Devo dire due parole a quel ragazzo... al signor Bill.

Berta                             - Il signorino non ha voglia di par­lare con voi. Nessuno ne ha voglia, del resto! E poi, non c'è nessuno in casa.

Kelly                             - Se il signor Stanton non è in casa... dov'è?

Berta                             - E come potrei saperlo? È in giro... pel mondo... Via, andiamo, Kelly... (Lo tira per un braccio).

Kelly                             - (la guarda sorridendo, ma non si muo­ve. Allunga una mano e le prende un braccio) Ma senti un po' come è forte questa rannocchia! Ti chiamerò Carnerina.

Berta                             - (scostandolo) Abbasso le zampe! Tenetele per la vostra Anna... Da voi, non vo­glio che il ghiaccio.

Kelly                             - Non temere, bambina, che avrai altro da me! (Leva il capo e vede Bill).

Bill                                - (scendendo lentamente) Che c'è, Berta?

Berta                             - Quest'uomo è entrato per forza...

Kelly                             - È lei, il signor Bill Stanton? (Bill scende. A Berta) E adesso vattene, bambina. (Appoggia il cappello sul divano. Berta guarda Bill che le fa un segno con la mano).

Berta                             - (sottovoce) Stia in guardia, signo­rino! (A voce alta) Ritorno subito. (Via rapi­damente dall'arco).

Kelly                             - Dunque è lei, il signor Bill Stan­ton? Ho sentito molto parlare di lei.

Bill                                - Ah!

Kelly                             - Anna me ne ha parlato.

Bill                                - (nervoso) Anna? Quale Anna?

Kelly                             - Anna Ostrom. È stata qui molto tempo, vero?

Bill                                - Sì.

Kelly                             - Era diventata quasi una persona di famiglia, vero?

Bill                                - Sì.

Kelly                             - Me lo ha detto, infatti. È di Anna che voglio parlare.

Bill                                - Ah!?...

Kelly                             - Ho qui qualche cosa per lei. (Mette la mano nella tasca della sua giacca; cerca un momento, poi ne toglie un pacchetto. Lo apre; si vedono un braccialetto, un orologio ed una spilla da cravatta) Li conosce?

Bill                                - Sì.

Kelly                             - Le appartengono.

Bill                                - Non tutto.

Kelly                             - Lo so. Il braccialetto è di sua so­rella. (Breve pausa) Anna mi ha incaricato di restituirli. Adesso non ha più bisogno di nulla, perché c'è chi pensa a lei. (Sempre fissando Kelly, Bill prende i gioielli e li mette in tasca) In ogni modo, Anna è stata riconoscente e rin­grazia. Mi ha detto che tanto lei che sua so­rella, sono dei bravi ragazzi.

Bill                                - (con sollievo; allegramente) Perché non vi sedete, Kelly? Volete una sigaretta?

 Kelly                            - (prendendo la sigaretta) Grazie. Anna mi ha detto di dirle di dire a sua sorella che tutto è sistemato. (Bill abbassa il capo as­sentendo) Devo ripeterle queste precise parole: « Tutto è sistemato » (Bill accende una siga­retta. Kelly prende i fiammiferi dalla tasca della giacca ed accende la sua).

Kelly                             - Avrei riportato prima quella roba, ma ho avuto una storia noiosa... in questura... perché avevo dato un paio di pugni ad un agente... Oh! nessuna ragione personale; così... per divertirmi. Poi ho avuto molto da fare, perché ho deciso di mettermi in commercio per conto mio.

Bill                                - Non siete impiegato alla fabbrica del ghiaccio?

Kelly                             - Mi sono licenziato. Non c'è nessun avvenire, quando si lavora per gli altri.

Bill                                - Ho lasciato anch'io la banca, per la stessa ragione.

(Jim entra rapidamente, seguito da Berta).

Berta                             - Ecco Kelly.

Bill                                - Oh, Jim! Sei ritornato?

Jim                                - Buon giorno, Kelly. (Kelly saluta con deferenza). Congratulazioni, Kelly! Te la sei ca­vata presto.

Kelly                             - (ridendo) Già... Una mia cugina è l'amica della moglie del questore...

Jim                                - Devo darti una notizia che ti meravi­glierà, Kelly. Si tratta di Anna Ostrom.

Kelly                             - Oh, davvero?

Jim                                - Un colpo di fortuna per lei. Tremila e cinquecento dollari che le piovono dal cielo.

Kelly                             - Oh... E chi glieli darà?

Jim                                - Io.

Kelly                             - (ruvidamente) Lei? E cosa c'en­tra lei?

Jim                                - (in fretta) Sono stato incaricato da un cliente... che vuole conservare l'incognito. Anna avrà tremila e cinquecento dollari. L'uomo che la sposerà, avrà una buona base per mettersi in commercio.

Kelly                             - Sì... E l'uomo che la sposerà tro­verà già la famiglia al completo...

Jim                                - (fingendo di non averlo udito) Chiun­que, con tremila e cinquecento dollari può ini­ziare un commercio, non ti pare?

Kelly                             - Sì, e so anche dove quell'uomo po­trebbe trovare, di seconda mano, una macchina per fare il ghiaccio. Ma che cosa può impor­tarmene? Il signor avvocato perde il suo tempo.

Jim                                - (alzandosi ed avanzando verso il centro) Kelly, mi sembra che tu non agisca bene con Anna! La conosco da molti anni e so che è una ragazza brava ed onesta, di buon carat­tere e lavoratrice. Ed ora, quando maggior­mente avrebbe bisogno di sentirsi accanto una persona amica, tutti la lasciano sola, l'abban­donano sola in questa dura lotta?... Kelly, quanto può costare una macchina?

Kelly                             - Potrei trovarne una di seconda mano per cinquecento dollari.

JiM                                - Anna ne avrà quattrocento.

Kelly                             - In denaro contante?

Jim                                - In denaro contante.

Kelly                             - Sta bene. L'affare è fatto.

Jim                                - (sedendosi) Mi dai allora la tua pa­rola d'onore che sposerai Anna al più presto?

Kelly                             - Impossibile!

Jim                                - (scattando) Come dici?

Kelly                             - (sorridendo) Impossibile... perché Anna è già mia moglie da questa mattina. Ap­pena sistemato l'affare... in questura, ci siamo sposati.

Jim                                - E perché non me lo hai detto prima? Mi hai fatto sprecare per quaranta dollari di eloquenza per niente!

Kelly                             - Gli affari sono affari, signor avvo­cato... e ci tenevo adarrivare a quattrocento...

Jim                                - (si alza e gli stringe la mano) Buona fortuna, Kelly.

Kelly                             - Non dubiti! Anna mi ha confessato che è stato un viaggiatore... un brav'uomo che voleva assolutamente sposarla; ma lei non ha voluto. E poi... che diritti ho io insomma? An­che Anna, allora, avrebbe il diritto di voler co­noscere tutte le donne che ho avute... (Pensie-roso, sorridendo) Sono però contento di aver cazzottato il metropolitano; non c'entrava per niente, è vero, ma è un uomo che mi piace poco, e mi ha fatto bene, di mollargli quattro pugni. Mi è servito di sfogo!... (Si alza e va verso il divano) Addio, ragazzo!... (Prende il suo cappello; anche Jim si alza) E, senta, signor avvocato; voglio dirle un'altra cosa. Quando Anna era sola, era padrona di fare quel che le pareva. Ma adesso che l'ho sposata, è mia. E se qualche ape dovesse venire a ronzarle in­torno... stia pur certo che non ritornerebbe più al suo alveare. Comprende? Arrivederla. (Via dall'arco. Jim si volta e fissa Bill).

Bill                                - Se me lo avessi domandato, avrei po­tuto far risparmiare quattrocento dollari al tuo cliente. Kelly me lo aveva detto che si erano sposati.

Jim                                - (avvicinandosi a lui) Peccato davve­ro... perché quel cliente sei tu.

Bill                                - Io?... Oh! Hai fatto un bel affare!

34

 

Jim                                - Ringrazia Dio che te la cavi con così poco! Quando Berta mi ha raggiunto e mi ha detto che Kelly era qui, credevo di trovarti ri­dotto in poltiglia.

Bill                                - Ma che cosa racconti? E perché Kelly avrebbe dovuto...

Jim                                - (interrompendolo) Non fingere più, so tutto.

Bill                                - (fa per parlare, poi cambia idea; in al­tro tono) Chi te lo ha detto?

Jim                                - L'ho sempre sospettato. E poi, quando un giovane diventa pazzo, a proposito dell'o­nore di sua sorella, è segno che non si preoc­cupa soverchiamente dell'onore delle sorelle de­gli altri!... E' vero? Anna è maggiore di te, e sapeva benissimo quello che faceva... ma che tu l'abbia poi abbandonata nella disperazione... questo poi...

Bill                                - (con violenza) Lo ero anch'io, dispe­rato! Ho cercato di trovare del denaro per lei... ho chiesto anche a te cinquecento dollari e non hai voluto darmeli! (Gli volta le spalle e sof­foca un singhiozzo).

Jim                                - (serio) Non lo sapevo... scusami, Bill.

Bill                                - (con voce rauca) E non l'avevo ab­bandonata!... No! Volevo sposarla... avrei vo­luto sposarla subito, appena saputo le sue con­dizioni...

Jim                                - Davvero?!

Bill                                - Sì, Jim... (Amaro) ed Anna non ha voluto. Mi ha detto che ero un simpatico ra­gazzo... per divertirsi un po', ma che, come ma­rito, preferiva l'uomo del ghiaccio!

Jim                                - (nascondendo un sorriso) Anna è una donna giudiziosa... (Gli batte affettuosamente su una spalla) Molto più giudiziosa di te... (Siede vicino al tavolo) Ed ora dimmi: hai perso il tuo posto alla banca... Che cosa intendi fare?

Bill                                - Non lo so. Ho scritto a Melagrinza.., forse potrebbe riassumermi.

Jim                                - Non sperarlo.

Bill                                - Potrei mettermi in commercio per conto mio... se avessi un buon capitale, e se sa­pessi in che ramo...

Jim                                - (interrompendolo) E potresti anche dare delle lezioni di... arpa... se tu avessi un'ar­pa e se sapessi suonarla... via, non fare il bam­bino! Ti sei lagnato tante volte di Otto e di come manda avanti la fabbrica! Perché non te ne occuperesti tu?

Bill                                - Io?... Dirigere la fabbrica? (Campa­nello della porta d'ingresso).

Jim                                - Ma no! Potresti occuparti della parte amministrativa.

Bill                                - Lavorare per Otto, allora? No, mio caro. (Berta attraversa la scena ed esce dall'arco).

JiM                                - Non lavoreresti per Otto. Tanto il tuo danaro che quello di Minnie è impiegato nella fabbrica. Lavoreresti per te e per lei. (Breve pausa) Ma... ma non credo che saresti capace di fare quel lavoro. (Si allontana).

Berta                             - (entrando dall'arco) Il signor Melagrinza. (Prende il cappello del signor Melagrinza e lo mette su una sedia. Via. Melagrinza entra e fissa Bill per un attimo. Poi si rivolge a Jim).

Melagrinza                    - Volevo parlare alla signora Stanton, ma parlerò invece con lei. Ho ricevuto una lettera stamattina; una lettera di questo... di questo moccioso, nella quale mi dice che io sono responsabile delle condizioni di sua sorella e che andrà gridarlo ai quattro venti, se non lo riassumo alla banca.

Jim                                - (alzandosi) Faccia vedere. (Guarda Bill severamente).

Melagrinza                    - (dandogli la lettera) Un ri­catto, dopo tutti i suoi altri delitti!

Jim                                - (a Melagrinza) Questa lettera, è stata vista da altri?

Melagrinza                    - Oh, io non l'ho fatta vedere a nessuno! Ma qualche cosa deve esserne trape­lato. La gente ha assunto degli strani atteggia­menti con me... ed al giardino che regalerò alla città, non sarà più dato il mio nome! Ciò non sarebbe accaduto qualche giorno fa.

Jim                                - La prego, si segga, signor Melagrinza, e vediamo di mettere in chiaro questa faccenda.

Bill                                - (alzandosi) Ma lascialo perdere! Tan­to, non ritornerò più alla banca! Mi metterò a vendere serrature...

Melagrinza                    - (fulminandolo con lo sguardo) Ragazzaccio delinquente! In prigione andrai, e ti ci manderò io...

Bill                                - Storie! Se avesse voluto mandarmi in prigione, non sarebbe venuto qui a dirmelo!

Melagrinza                    - Sei lo scandalo di tutta la cit­tà! Sei stato tu che hai rovinato quella ragazza!

Bill                                - (con impeto) Stia attento a come parla! (A Jim) Non potrei dargli querela per calunnia ?

Jim                                - (seccamente) Non te lo consiglierei.

Bill                                - (a Melagrinza) L'avverto, in ogni modo, di stare attento! Anna Ostrom è la mo­glie di Kelly Freddini, e quell'uomo non scher­za! Se viene a sapere che lei va sparlando di sua moglie... il giardino sarà chiamato: « Parco del fu Melagrinza »! (Esce da sinistra).

Melagrinza                    - Ed io dovrei intascare tutti questi affronti? Scriverò oggi stesso una lettera aperta ai giornali, negando di essere implicato in questa sudicia storia, e sfidando chiunque a provare il contrario.

Jim                                - Non lo faccia, signor Melagrinza. Non vi è nulla di più ridicolo e meschino, che lo spettacolo di un uomo anziano che difende la sua virtù e proclama la sua castità!

Melagrinza                    - (furibondo) Allora, so io quel che farò... e vedremo! Se Paeboly non trova più credito presso nessuna banca, dovrà chiu­dere la fabbrica... Ho rinnovato quella cambiale di anno in anno, e soltanto per carità, ma ormai...

Jim                                - Impiegare del denaro all'otto per cen­to, investendolo in un affare sicuro, è carità un po' pelosa, signor Melagrinza! Ma non si preoc­cupi per il rinnovo della cambiale. Domani sarà pagata.

Melagrinza                    - Ah, sì? E dove troverà il de­naro, di grazia?

Jim                                - Ho venduto questa casa, e relativo ter­reno, per cinquanta mila dollari.

Melagrinza                    - E chi è il pazzo che ha pagato questa bicocca cinquanta mila dollari?

Jim                                - Ne ha pagati lei la metà, signore. Non è sorpreso e compiaciuto di sapere che si trova ora, proprio nel bel mezzo del « Parco Melagrinza » ?

Melagrinza                    - (soffocando) È stata comperata questa proprietà per... per...

Jim                                - (sorridendo) Appunto.

Melagrinza                    - Se lei crede che non mi ribel­li... che non mi opponga... s'inganna!

Jim                                - Ma lei stesso mi ha nominato presi­dente del comitato... Ho scelto questo terreno, e gli altri membri hanno accettato all'unanimità.

Melagrinza                    - Ma il terreno e la casa assieme, non valgono cinquemila dollari!...

Pim                                - Forse... Ma nel contratto di donazio­ne, lei stesso ha scritto che la città doveva pa­gare cinquantamila dollari per il terreno.

Melagrinza                    - Scinderò il contratto... mi farò ridare il mio denaro...

Jim                                - Faccia come crede. Ma un contratto dì donazione, equivale ad un contratto di vendita. Se ora vuole avere la bontà di ascoltarmi, le di­mostrerò il modo di uscire da questa faccenda, senza altri scandali.

Melagrinza                    - (mordendo il freno) L'ascolto.

Jim                                - S'accomodi. (Melagrinza risiede accan­to al tavolo) Minnie deve sposarsi. Ed in questo» caso, apparirà a tutti con evidenza, che lei non ha nulla da rimproverarsi... e la sua riputazione di uomo integro, è salva.

Melagrinza                    - La soluzione sarebbe soddisfa­cente. Ma c'è speranza che Minnie si sposi?

Jim                                - Molta speranza. Baldwin la sposerebbe domani, se le sue condizioni finanziarie glielo permettessero. Dunque, se lei lo richiama alla banca...

Melagrinza                    - (serio) Ma io gli ho detto che mai più avrebbe lavorato per me!

Jim                                - Lo so. Ero presente, quando lo ha bi­strattato... (Campanello della porta d'ingresso; parlando rapidamente) Definiamo questa que­stione, prima che qualcuno ci disturbi. Se lei riassume Baldwin, o meglio ancora se gli as­segna un posto in un'altra città, migliorando le sue condizioni finanziarie, quel ragazzo sposerà Minnie, la porterà via con se e tutto sarà dimen­ticato. (Berta attraversa l'arco per andare ad aprire).

Melagrinza                    - La soluzione sarebbe buona.

Jim                                - Ottima. Allora... è deciso?

Melagrinza                    - Sì.

Berta                             - (entrando dall'arco) Il signor Bald­win. (Ruggero entra dall'arco. Berta via).

Jim                                - (andandogli incontro) Buon giorno. È arrivato in un momento opportuno, signor Baldwin.

Melagrinza                    - (asciutto) Anche troppo op­portuno. Non mi sembra un incontro fortuito... (Guarda Ruggero freddamente).

Ruggero                        - (risentito) Sono venuto per par­lare alla signorina Stanton.

Jim                                - Infatti, Minnie l'aspetta. S'accomodi, prego. (Prende il cappello di Ruggero che siede e Jim siede a sinistra di Ruggero) Il signor Melagrinza stava appunto parlandomi di lei. Mi diceva che avrebbe voluto farle le sue scuse e che è addolorato di averla licenziato. Mi ha anzi incaricato di offrirle un posto in un'altra delle su banche a... (A Melagrinza) Non ricordo il nome della città...

Melagrinza                    - (con sforzo) A... a Greendale.

Jim                                - Ecco: un posto alla banca di Green­dale... con un piccolo aumento di stipendio. (Melagrinza guarda Jim con occhi feroci, ma egli finge di non accorgersene).

Ruggero                        - (agitato e commosso) Oh... signor Melagrinza... come... come potrò ringraziarla?

Jim                                - Il signor Melagrinza, mette però una condizione: chi andrà a coprire quel posto, deve avere moglie.

Ruggero                        - (agitatissimo) Ma come fare? Non mi sarebbe possibile, ora, di sposarmi!

 Melagrinza                   - (sussultando) Ed allora non se ne parli più. Non c'è da tergiversare... bisogna decidere subito.

Jim                                - Sentiamo un po', Ruggero, perché non potrebbe sposarsi?

Ruggero                        - Ma semplicemente perché non ne ho i mezzi.

Jim                                - Il signor Melagrinza provvederà; quanto le occorre?

Ruggero                        - Mille dollari, potrebbero forse bastarmi.

Jim                                - Meglio mille e cinquecento. Tutto è caro, oggigiorno.

Melagrinza                    - (con violenza) Lei esagera, av­vocato!

Jim                                - Se Baldwin si deve sposare, deve avere del denaro... (Coti, intenzione) Prenda in consi­derazione l'alternativa.

Melagrinza                    - (con un gesto d'impazienza) Andiamo avanti! (Otto entra dall'arco).

Otto                              - Volevi parlarmi, Jim?

Jim                                - (a Otto) No. Luisa è andata alla fab­brica. È lei che desidera parlarti.

Otto                              - E come mai? Un momento fa era muta come un pesce... (Minnie appare sulle scale).

Minnie                           - (dal pianerottolo) Oh, buon gior­no! C'è un congresso? (Melagrinza si alza. Tutti guardano verso di lei che scende lentamente. Ruggero le va incontro, salendo qualche scalino) Che cosa state complottando?... (Sorride) Do­vreste fondare un circolo: il circolo dei quattro padri putativi!

Melagrinza                    - (guardando Jim duramente) Quattro?... Anche lei?!...

Melagrinza                    - (fa l'atto di parlare a Minnie, ma essa va a sedersi a sinistra del tavolo).

Jim                                - (ridendo) Sicuro! Io sono il presi­dente.

Melagrinza                    - (irritato) Mi spiego allora il suo interesse...

Jim                                - Oh, i miei consigli, sono assolutamente disinteressati.

Melagrinza                    - Forse... Ma tutto ciò mi dà sospetto. (Otto che era rimasto vicino all'arco, si avanza dicendo: «Ah... » come se volesse par­lare. Melagrinza lo guarda, e si rivolge a Jim) Se anche lei fosse parte interessata...

Otto                              - (prendendo Melagrinza per un braccio) Vorrei dirle due parole riguardo quella cam­biale.

Melagrinza                    - (asciutto) Non ora; sto par­lando col signor Stevens.

Otto                              - (aggressivo) Ed io sto parlando con lei. Mi risponda: farà il rinnovo?

Melagrinza                    - (a voce alta) No.

Otto                              - (a voce altissima) Benissimo. Ed al­lora, vada a fare l'usuraio all'inferno!

Jim                                - Il signor Baldwin desidera parlarti, Minnie. (Si avvicina a Melagrinza e lo prende per un braccio) Lasciamoli soli, signor Melagrinza.

Melagrinza                    - (scostandolo) No, voglio rima­nere. Voglio vedere come va a finire questa storia! (Si siede).

Jim                                - (guarda Minnie e Ruggero) Se vuole rimanere, faccia pure. Io me ne vado. Arrive­derci a tutti. (Via verso destra).

Minnie                           - (si alza e si avvicina a Ruggero) Aspetta, Jim. Se Ruggero ha il suo secondo, voglio averlo anch'io.

Jim                                - È giusto. (Ritorna sui suoi passi e siede) La parola è a Ruggero.

Melagrinza                    - Avanti, Baldwin. Parli. Fi­niamo una buona volta questa storia!

Ruggero                        - (risentito) Non credevo di dover parlare in pubblico! (Avvicinandosi a Minnie) Minnie, ti prego di scusare le mie parole di ieri. Ero fuori di me...

Minnie                           - Non farmi scuse, Ruggero. La tua attitudine era perfettamente naturale. Comincio ora a capirlo.

Ruggero                        - Credo che la miglior cosa da fare, sarebbe di sposarci tranquillamente, e andar­cene da qui.

Minnie                           - Hai cambiato idea? E vuoi spo­sarmi, pur sapendo che...

Ruggero                        - Ma possiamo andare ad abitare dove nessuno ci conosca, e dove nulla si sappia di questa storia... perché tu possa iniziare una nuova vita.

Minnie                           - (lievemente irritata) Perché volete tutti che io inizi una nuova vita? Credete che sarebbe meglio per me, se ricominciassi da ca­po? Mi dispiace molto, Ruggero, ma non posso sposarti!

Melagrinza                    - (aggressivo) Non puoi sposar­lo? E perché no?... Devi sposarlo, ragazza mia! (Spinge Ruggero di lato e si mette davanti a Minnie) Baldwin avrà millecinquecento dollari al mese, ed una posizione sicura in una delle mie banche.

Minnie                           - (si alza e si avvicina a Ruggero, lieve­mente ironica) Ah, ora capisco perché hai cambiato idea!

Ruggero                        - Ti sbagli! Ma come potrei spo­sarti, senza mezzi? Dovremo pur vivere!

 

Minnie                           - Sì, Ruggero. Dovremo vivere... ma non è detto che si debba vivere insieme! (Si avanza verso il centro).

Jim                                - (seguendola; agitato) Mandi tutto al* l'aria un'altra volta?

Minnie                           - (risedendosi a sinistra del tavolo) -Mi dispiace per te, Jim. Ma non posso fare al­trimenti.

Melagrinza                    - (a Jim, trionfante) Gliela avevo detto io, che non si sarebbe venuti à capo di nulla? Siamo al punto di prima. E che cosa succederà ora? (Breve pausa). E che figura ci faccio io? (Si siede).

Ruggero                        - (voltandosi prima di uscire) Ad­dio, Minnie.

Minnie                           - Aspetta un momento, Ruggero Devo dirvi una cosa... e non mi capiterà più migliore occasione di trovarvi tutti riuniti. (Ruggero, intrigato, ritorna sui suoi passi). Si­gnor Melagrinza: io la pregai l'altro giorno di rendermi la mia parola, e quando lei rifiutò categoricamente di ridarmi la libertà, le dissi... che aspettavo un bambino. Non è così?

Melagrinza                    - È proprio così.

Minnie                           - Ebbene... non è vero.

Melagrinza                    - (sussultando) Che cosa, non è vero?

Minnie                           - Del... del bambino; non è mai stato vero. Ho mentito.

Melagrinza                    - (violento) E adesso lo dici? Ah! Ah!... E ti immagini che io sia tanto scioc­co da crederti?

Jim                                - (avvicinandosi a Minnie) Sono più che convinto che ora Minnie dice la verità. (Breve pausa). E questo ci dispenserà da ulteriori di­scussioni.

Melagrinza                    - (furioso) E se non era vero, perché hai raccontato quella fandonia?

Minnie                           - Volevo riavere la mia libertà; e lei era deciso a non concedermela. Non sapevo più che cosa fare... quando, ad un tratto, ho pensato ad Anna... (A Jim) ...e mi sono ricor­data quello che mi avevi detto tu, e cioè che nessun uomo che si rispetti, avrebbe sposato una ragazza nelle sue condizioni... e allora...

Jim                                - Hai inventato questa favola in onore del signor Melagrinza!

Minnie                           - In onor suo.

Jim                                - E perché lo hai detto anche agli altri?

Minnie                           - Non l'ho detto io. È stato il si­gnor Melagrinza che si è precipitato a raccon­tarlo alla zia. Poi Bill, non so come, lo ha sa-punto anche lui, e, naturalmente, ha sparso la notizia ai quattro venti.

Jim                                - Potevi negare... ribellarti...

Minnie                           - (a Jim) Hai ragione. Ma sono ri­masta impressionata dal fatto che tutti l'hanno creduto tanto facilmente. Anche la zia, non lo ha messo neppure in dubbio. (A Melagrinza e a Ruggero) Uno di voi avrebbe almeno potuto dire: «Non è possibile! Minnie non è tipo da fare di queste cose! ».

Ruggero                        - Ma, a me... a me, perché non lo hai detto?

Minnie                           - Ho tentato di dirtelo, ma non mi ascoltavi. Eri preoccupato soltanto di aver per­duto l'impiego! (A Jim) È stata una bella le­zione per me! Ho imparato che cosa sono certi uomini... e che cos'è il loro amore! Kelly, quando ha saputo di Anna, ha preso a pugni l'uomo che credeva l'avesse abbandonata; e, appena uscito di prigione, è corso da lei, le ha dato un paio di schiaffi, poi le ha detto di met­tersi il cappello, sono andati dal Padre Corcoran, e si sono sposati... Ma nessuno di voi ha pensato a me e al mio seduttore! Lei, signor Melagrinza, non era preoccupato che del pos­sibile scandalo, che avrebbe potuto offuscare la sua riputazione di uomo virtuoso... E tu, Rug­gero, non hai pensato che alla tua carriera. Se mi aveste amata abbastanza per darmi un paio di schiaffi, vi avrei detto la verità... ed avrei forse potuto sposare o l'uno o l'altro...

Ruggero                        - (avvicinandosi a Minnie) Ma ora, Minnie... ora è tutto chiarito... e...

Minnie                           - (con calma) No, Ruggero. Non spo­serò mai un uomo che accetta una ricompensa per diventar mio marito. (Gli volta le spalle).

Ruggero                        - (va verso Varco, poi ritorna sui suoi passi) Signor Melagrinza... posso... posso riprendere il mio lavoro alla banca?

Melagrinza                    - (duramente) Neanche per so­gno. (Ruggero via dall'arco, quasi sorridendo. Melagrinza si avvicina a Minnie, ha un'espres­sione cattiva sul viso). Quel Baldwin è siste­mato! Ed ora a noi, Minnie! Non credere di cavartela così a poco prezzo, cara bambina. Mi hai insultato e mi hai coperto di ridicolo... e lì avverto che saprò vendicarmi. La famiglia Stanton dovrà fare fagotto e dovrà lasciare la città!

Jim                                - (attirando Minnie affettuosamente a se) È ora di finirla, signor Melagrinza, con tutte queste sue prepotenze! Ed è ora che qualcuno le dica il fatto suo. Senta un po'... Lei, se non mi sbaglio, aveva proposto al comitato, di ac­quistare una certa proprietà appartenente alla comp agni a Traversi...

Melagrinza                    - Sì, perché pensavo che sarebbe stato un terreno adattissimo, anzi ideale, per quello scopo.

Jim                                - E lo ha detto che la Traversi è una società anonima, della quale il signor Melagrinza è l'unico azionista? Ah! Ah! Lei voleva vendere alla città un suo terreno che vale cin­quemila dollari, per cinquantamila!

Melagrinza                    - (furioso) Le prove... le prove di quanto osa asserire!

Jim                                - (calmo) Non sono necessarie... ora. Ma se si ostina nel suo pazzo atteggiamento... la denuncerò.

Melagrinza                    - (furibondo) Un altro ricatto?

Jim                                - E perché no? Le rendo pan per fo­caccia!

Melagrinza                    - (lo fissa per un attimo; prende il suo cappello) Sentirà presto parlare di me, lei! (Va verso l'arco).

Melagrinza                    - Non mi aveva mai ispirato molta fiducia, signor avvocato!... Ci rivedremo.

Jim                                - (avvicinandosi a Melagrinza) Ciò che lei pensa di me, e che io penso di lei non ha nulla a che fare con questa questione; e le dico anche io: ci rivedremo... e presto.

(Melagrinza esce rapidamente, dopo di aver lanciato un'occhiata furibonda a Minnie).

Minnie                           - Jim!... te ne sei fatto un nemico. Ti potrà fare del male!

Jim                                - (ridiscendendo in scena) Oh, di Melagrinza me ne infischio... ma è di te che sono preoccupato, Minnie!

Minnie                           - Di me?... (Sorride).

Jim                                - Perché ridi?

Minnie                           - Non rido.

Jim                                - Sorridevi... e non mi pare che tu deb­ba essere molto soddisfatta... Ah! ci sono dei momenti in cui... (Stringe i pugni). Ma basta, per oggi. Ti rivedrò un altro giorno.

Minnie                           - (dopo un attimo di esitazione) Senti, Jim... tu che sei avvocato... e che sai che cosa è l'amore... dammi un consiglio.

Jim                                - Finiscila, Minnie! (Breve pausa). Sbrigati. Che vuoi dirmi?

Minnie                           - C'è un uomo che mi ama. Lo so.

Jim                                - Oh, ce ne saranno parecchi!...

Minnie                           - Ma questo uomo... lo amo anch'io.

Jim                                - (di scatto) Ruggero?!

Minnie                           - (con un gesto di disperazione) Ma non vuoi proprio capire?... Ma se è tutta la mattina che cerco di dimostrarti che non me ne importa niente di lui!

Jim                                - Benissimo. Ami un uomo e questo uomo ti ama. E poi?

 

Minnie                           - Che cosa mi consigli di fare?

Jim                                - Perché non lo sposi?

Minnie                           - Per una semplice ragione: non me lo ha chiesto... e non sa che lo amo.

Jim                                - Questo, cara, è affar tuo!

Minnie                           - Ma non posso dirglielo che sono innamorata di lui...

Jim                                - Non essere sciocca, Minnie! Una don­na ha mille modi per far capire ad un uomo che lo ama... senza dirglielo... (Si allontana).

Minnie                           - Ho tentato in tutti i modi, credimi; ora non vuole capire.

Jim                                - (con impazienza) Se è tanto scemo da non capire... dagli una martellata sulla testa, e trascinalo davanti a Padre Corcoran...

Minnie                           - Non mi pare che sia il caso di scherzare! Ti ho chiesto seriamente di darmi un consiglio.

Jim                                - Ed il mio consiglio è serissimo. Se è tanto idiota, bisogna arrivare ai grandi mezzi! E chi è costui?

Minnie                           - (si avvicina al tavolo e siede) Per­mettimi di non dirtelo. (Prende un frutto dalla coppa che è sul tavolo e lo addenta).

Jim                                - Fa come vuoi. Ed ora me ne vado. Ritornerò, un giorno o l'altro. Ho cercato di sistemare tutti i pasticci della famiglia Stanton, e mi sento stonato. Ho bisogno di un po' di pace, ora. Se vuoi darmi l'incartamento ine­rente a questa proprietà, lo porterò in ufficio, e metterò a posto anche questa faccenda.

Minnie                           - Non potresti aspettare domani?

Jim                                - (asciutto) No, domani voglio partire. (Siede).

Minnie                           - (sussultando) Dove andrai?

Jim                                - Non lo so ancora. In un posto tran­quillo... dove ci siano molti pesci... e nessuna donna.

Otto                              - Oh, sei ancora qui! (Mette il cap­pello sul tavolo).

Jim                                - (rassegnato) Ho fatto parecchi tenta­tivi di evasione... ma senza riuscirvi.

Otto                              - (aggressivo) Che cosa ti è venuto in mente, di cercare di metter male tra me e mia moglie?

Jim                                - Io?!... Ma se litigate tutto il giorno!

Otto                              - Perché le hai detto che volevo di­vorziare? Che amico sei?

Jim                                - Vieni ai fatti.

Otto                              - Quando sono arrivato alla fabbrica, Luisa mi stava aspettando.

Jim                                - Lo sapevo, che ci sarebbe andata!

Otto                              - Piangeva come una fontana... e mi ha detto che l'avevi assicurata che io volevo a tutti i costi il divorzio.

Jim                                - E che cosa le hai risposto?

Otto                              - Che domanda! Le ho risposto che eri pazzo!

Jim                                - E poi?

Otto                              - E poi l'ho abbracciata, e... ma che cosa vuoi che ti racconti? Voglio sapere da te, perché le hai raccontato quel sacco di bugie?

Jim                                - Avete fatto la pace?

Otto                              - Sì.

Jim                                - E allora che t'importa di sapere ciò che le ho detto?

Otto                              - (debolmente) Sì, ormai non ha più nessuna importanza... ma tu non dovevi...

Jim                                - (interrompendo e cambiando discorso) Otto, sei stato meraviglioso con Melagrinza! Non deve essere mai stato così sorpreso in vita sua! Sono orgoglioso di te.

Otto                              - (sorridendo con compiacenza) Ho parlato chiaro, eh? (Siede).

Jim                                - Sei stato magnifico!

Otto                              - E che cosa ha detto, quando me ne sono andato?

Jim                                - Per un momento non ha neppure po­tuto aprire bocca, poi ha esclamato: « Che forza di carattere ha quell'uomo! Non me lo sarei mai immaginato! Farà strada! ».

Otto                              - (felice) Davvero ha detto così?

Jim                                - Esattamente così. (Breve pausa). La cambiale, la pagherò col danaro di Bill e di Minnie, ma purtroppo, mi dovrò assentare per qualche settimana, e dovrai occupartene tu.

Otto                              - (con sicurezza) Oh, benissimo; lascia fare a me. Ci penserò io. (Si alza).

Jim                                - E per il futuro, quando tu e Luisa litigherete...

Otto                              - (avvicinandosi a lui) Non litigheremo più, Jim! L'unica ragione di discussione era la questione dei figli... Ma abbiamo trovato una soluzione soddisfacente.

Jim                                - È indiscreto di chiederti come avete fatto?

Otto                              - Ne adotteremo due: un maschio ed una femmina.

Jim                                - Bravi! Non è una cattiva idea...

Otto                              - (guardando l’orologio) Devo andare. Luisa mi aspetta. A presto, Jim.

Jim                                - Arrivederci... e buona fortuna.

(Minnie sta scendendo con l’incartamento).

Minnie                           - (dalla scala) Ecco le carte che mi hai chiesto. (Si avvicina a Jim).

Jim                                - (prendendo le carte e dandovi un'occhia­ta) Le porterò al mio sostituto. Ed allora... poiché non avrò occasione di rivederti prima della mia partenza... addio, Minnie.

Minnie                           - Aspetta un attimo... Devo dirti ancora una cosa... (Andando a sinistra). Ma vo­glio dirtelo davanti alla zia. (Apre la porta; chiama) Zia! Vieni qui per favore. (La signora Stanton entra e guarda con apprensione Jim e Minnie). Zia, voglio che tu sia la prima a sa­pere la bella notizia. Mi sposo.

Signora Stanton            - Sia ringraziato Iddio!... E chi sposi?

Minnie                           - Ci vuole tanto ad indovinarlo? Sposo Jim! (Si volge verso di lui e lo guarda dolcemente. Jim rimane attonito a guardarla).

Signora Stanton            - (asciugandosi gli occhi) Oh, cara, come sono contenta! (La bacia). Vo­glio tanto bene a Jim... (Gli tende la mano che Jim stringe). E poi, sarà molto utile di avere un avvocato in famiglia!

Minnie                           - (prendendo la zia sottobraccio ed ac­compagnandola verso sinistra) Credo che Jim desideri parlarmi... Ti dispiace di lasciarci soli?

Signora Stanton            - Figurati, cara! (Alla porta di sinistra si volta) Dimenticavo di dirvi che Anna ha sposato Kelly!... Vedete dunque che avevo ragione io, e che il povero Bill non aveva fatto niente di male?... (Via).

Jim                                - (prendendo Minnie per le spalle, serio) Spiegami, che cosa è quest'altra storia?

Minnie                           - Jim, ma non comprendi ancora?

Jim                                - (guardandola intensamente) Il matri­monio è una cosa seria... molto seria. E tu non mi ami.

Minnie                           - Ti amo, Jim... e capisco ora che ti ho sempre amato... e che non ho mai amato Ruggero...

Jim                                - Ma mi avevi pur detto che l'amavi!

Minnie                           - È vero... Ho creduto di amarlo. Ruggero era, ieri, il mio principe azzurro! Ma oggi vedo con chiarezza nel mio cuore. Non era il principe azzurro... era un povero ragazzo che non pensava che alla sua carriera. Il mio amore per te, è assai diverso: è fatto di fede e di stima... e mi sentirò tanto felice e sicura al tuo fianco!

Jim                                - (stringendola teneramente tra le brac­cia) Dio ti benedica, piccola mia... Mi avrai accanto a te, per sempre... (La tiene abbrac­ciata e si baciano, poi, mentre cala lentamente la tela, egli la scosta, e le dice sorridendo) Se però ti dovesse capitare di descrivermi a qual­cuno... non parlare di profilo greco...

FINE