Una sceneggiatura

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UNA SCENEGGIATURA

Atto unico

di ERCOLE PATTI

PERSONAGGI

ALBERTELLI

LOPO’

CESARETTI

SCHIANTI

LA CAMERIERA

Commedia formattata da

Una camera d'albergo. Quattro sceneggiatori umo­risti sono seduti su poltrone e divani. La stanza è piena di fumo, si sentono colpi di tosse. Tutti appaiono stanchi e sfiduciati. Il dialogo si svolge con tono ir­ritato e astioso, senza la minima allegria. I personag­gi sono: Albertelli un raffinato intellettuale dall'aspet­to molto greve che parla con accento fortemente ro­manesco. Il romanesco di questo personaggio dev'es­sere volgarissimo in assoluto contrasto con le cose raffinate che dice. Lapo che proviene dai settimanali umoristici sui quali ha formato la propria cultura. È portato verso il genere Marc'Aurelio e alle battute dei due intellettuali si frena a stento. Cesaretti è ap­pena un gradino più su di Lopò come cultura ma è accomodante e vorrebbe comunque arrivare alla con­clusione del lavoro per prendere i denari il più pre­sto possibile. Schianti è un noto umorista portato verso il genere lirico. Ma anche lui non vuol perdere i soldi.

All'alzarsi del sipario i quattro sono in piena discussione. Su un tavolinetto c'è una macchina da scri­vere. Schianti tiene tutti e due i piedi appoggiati sul tavolinetto e se ne sta immerso nella meditazione.

Albertelli                       - (col suo volgare accento romanesco) Il concetto di comicità è sempre aleatorio e soggettivo. Una cosa che fa ridere uno può darsi che non faccia ridere un altro.

Lopò                             - (secco) Però ci sono cose che non fanno ridere né l'uno né l'altro.

Albertelli                       - Non vuol dire. Basta che la cosa abbia in sé la capacità potenziale di far ridere una data categoria di persone. Se non ci riesce non signi­fica nulla. Avrebbe potuto riuscirci; ecco il punto importante. E allora è valida. Se poi, all'atto pratico, non sortisce l'effetto voluto non me ne frega niente. Per me è valida lo stesso. Bergson sostiene che il riso...

Lopò                             - (scattando) Qui dobbiamo piantarla conBergson. Bisogna fare un film comico per Brignazzi e ci sono dei milioni in ballo. Sono quattro giorni che discutiamo inutilmente.

Schianti                         - (riscuotendosi dal suo torpore) Ma non si può andare avanti se non ci si mette d'accordo al­meno sul genere di comicità.

Albertelli                       - Se mi si vuole trascinare in un ge­nere di comicità deteriore io mi rifiuto. Tutto quello che è stato detto ieri e stanotte è degno delle carto­line del pubblico della Domenica del Corriere. Colta a volo alla stazione di Firenze...

Lopò                             - E allora trovale tu le battute spiritose!

Albertelli                       - (duramente) Le troverò. Intanto esi­go un genere di comicità poetica e non da giornale umoristico. Su questo punto non transigo.

Lopò                             - (con astio) Però bisogna che le battute facciano ridere.

Schianti                         - C'è modo e modo di far ridere. Ad un certo tipo di riso io mi ribello. Allora preferisco non ridere, (torna ad immergersi nella meditazione).

Albertelli                       - (amaramente) Figurati io...

Cesaretti                        - (accomodante) Ma vediamo. Discutiamo. Mettiamoci d'accordo su questo genere di comi­cità...

Lopò                             - (perdendo la pazienza) Ma cosa vuoi che sia! In tre giorni di discussioni non si è parlato che della trovata del cane. Figuriamoci!... Lui si china, raccoglie un sassolino e lo tira al cane. Ma si sbaglia e colpisce un passante. Il passante si volta: è Brignazzi! (Lopò ha riferito la scena con disprezzo, col tono col quale si racconta una cosa per dimostrarne la sua stupidità) Sai che spasso! Che risate! (duramente) Per tre giorni non si è parlato di altro!

Schianti                         - La scena del cane non va, siamo d'ac­cordo, ma il principio rimane sempre lo stesso. La comicità non deve subito saltare agli occhi. Si deve scivolare nel comico senza scosse, senza averne l'aria. A volte basta un niente, uno slittamento...

Lopò                             - E il produttore ci rimette i quattrini. Quan­do Geronazzo sente le battute che avete scritto gli piglia un accidente. Che vuoi che gliene freghi a Ge­ronazzo degli slittamenti lirici. Lui caccia i quattrini. Ha preso Brignazzi perché vuole guadagnarci.

Albertelli                       - (sarcastico) E allora si riprende la sceneggiatura di Rizzo e Panicali a base di calci nel sedere e pizze in faccia. Io mi ritiro.

Lopò                             - (con aria di sfida) La sceneggiatura di Rizzo e Panicali non è affatto brutta. Basterebbe qualche piccola modifica. C'è la scena della casa di tolleranza che è una cannonata. Quando Brignazzi esce vestito da donna inseguito dalla Gianna Maria Ferrari in mutande casca giù la sala. Questo ve lo garantisco io!

Albertelli                       - Volgarissima! Come si può vedere Brignazzi vestito da donna? (alterandosi) E poi par­liamoci chiaro, (alzando la voce, perentorio) Se si fa Brignazzi vestito da donna io mi ritiro.

Schianti                         - (sarcastico, furente) Di questo passo rimettiamoci pure la pernacchia in faccia al mare­sciallo!

Lopò                             - (sforzandosi di essere calmo) Per me fate come volete. Ma bisogna che vi dica la verità: la scena della pernacchia al maresciallo è di sicuro ef­fetto...

Albertelli                       - (scattando e alzandosi) Basta!

Cesaretti                        - (cercando di mettere pace) Ci sono pernacchie famose al cinema e in film di classe. Da quella celebre della " Grande Parata " a quella di Laughton in " Se avessi un milione "...

Albertelli                       - (furibondo) Capirai! Ma quella è poe­tica! Concepita da un grande regista, eseguita da un grande attore! In essa si conclude tutta l'azione che è stata liricamente preparata. È la catarsi. E' funzio­nale. Questa di Rizzo e Panicali è semplicemente vol­gare e gratuita, da peracottari...

Cesaretti                        - Ma l'effetto è sempre quello.

Albertelli                       - (fuori di sé) Vuoi metterla con quella di Rizzo e Panicali?

Lopò                             - Sempre pernacchia è.

Albertelli                       - (c. s.) Mi rifiuto di discutere su que­sto piano!

Cesaretti                        - Ma io volevo dire...

Albertelli                       - (c. s.) Niente. Prima di andare avanti devi ammettere che quella è un'opera d'arte.

Cesaretti                        - Ma io dicevo...

Albertelli                       - (sempre più irritato interrompendolo) Sei d'accordo o no che la pernacchia di Laughton è poetica?

Cesaretti                        - Io non voglio...

Albertelli                       - (interrompendolo, minaccioso) No. Mi devi dire se sei d'accordo o no.

Cesaretti                        - Va bene. È poetica. Ma il suono è sem­pre quello.

Lopò                             - (tagliando corto) E facciamo diventare poe­tica anche questa ma mettiamola! A Geronazzo piace molto. Quando saprà che l'avete tolta diventerà una belva. Lo conosco io!

Schianti                         - (riscuotendosi dalla sua meditazione, cal­mo) No, la pernacchia non si può lasciare. Non ha una sua giustificazione lirica. Non è funzionale. Piuttosto io la sostituirei con una gang che dev'essere come un sospiro, un nonnulla... Qui è tutta questio­ne di regia, (ispirato) Vedrei un arco, un'arcata di ponte e Brignazzi, in campo lungo, che vi passa in mezzo... in una luce livida di tramonto. Cammina. Ad un certo punto si volta indietro ma un attimo soltan­to, così (rifa la scena) È tutta questione di misura. Ancora due passi. La macchina avanza, si vede Bri­gnazzi di spalle in mezzo primo piano. Si deve ca­pire che vorrebbe voltarsi ancora ma non lo fa. In­cespica. Si sente un rumore di stoviglie rotte Ma Brignazzi non si volta. Basta! Fondu. La comicità sta tutta in quel non voltarsi indietro, (tace e torna a sedersi soddisfatto).

Albertelli                       - Ottima.

Lopò                             - (irritato) Questa gliela dici tu a Geronazzo. Io mi rifiuto.

Cbsaretti                       - (accomodante) Forse bisognerebbe rin­forzarla. Così è un po' fiacca.

Schianti                         - (sprezzante) Invece io la trovo spiri­tosissima. Se non la capite non è colpa mia.

Lopò                             - (perdendo la pazienza, urla) A me questo genere di comicità non mi fa ridere per niente!

Schianti                         - (urlando anche lui) A me invece mi fa ridere.

Lopò                             - (c. s.) A me mi fa venire il latte alle gi­nocchia!

Schianti                         - (furibondo) A me mi fa ridere moltis­simo! (con la voce quasi velata di pianto a causa della rabbia) Mi fa ridere enormemente!

Cesaretti                        - Calma. Calma.

Entra una cameriera e porta una lettera.

Cesaretti                        - (prendendo la lettera) Ecco una lette­ra del regista, (apre la lettera) Vediamo che cosa dice delle scene dell'altro giorno, (scorre la lettera che è di parecchi fogli) Quanto scrive!

Cesaretti                        - (scorrendo la lettera) Dice che non ci siamo. Brignazzi è sacrificato. Le scene non fanno ridere, (leggendo) « le scene vanno impostate secondo questo schema. Sviluppatele voi ». (passa i fogli a Albertelli).

Albertelli                       - (scorrendo i fogli) Qui si superano i limiti dell'imbecillità. Ha buttato all'aria tutto. Biso­gna ricominciare d'accapo. È un analfabeta.

Schianti                         - Appartiene a un'altra razza. È come discutere con un cavallo.

_ Cesaretti                     - (stanco tossicchiando) Un momento. Se piantiamo tutto non ci pagano le due rate arretrate. Sarebbe stupido, dopo un mese che lavoriamo, ri­metterci pure i quattrini... Vediamo. Con la calma si può trovare una soluzione. Si può fare tutto. Non ci riscaldiamo. Secondo me la trovata del cane fa ride­re. Esaminiamola con tranquillità, senza preconcetti. Vediamo. Dunque: (illuminandosi) Lui si china, racco­glie un sassolino e lo butta al cane. Ma si sbaglia e colpisce un passante. Il passante si volta di scatto: è Brignazzi! Mi pare molto spiritosa. (Cesaretti ha cercato di valorizzare al massimo la scena entusia­smandosi come chi riferisce un capolavoro).

Albertelli                       - (sfiduciato come parlando a se stesso) Ma se eravamo d'accordo che era una fesseria...

Cesaretti                        - È tutta questione di regia. Se il regista la imbrocca...

Schianti                         - (che è rimasto colpito dalla scena) Già... forse... (rimane un poco sopra pensiero. Nel silenzio che si è fatto intorno tutti hanno gli occhi su di lui. Dopo una pausa Schianti si decide improvvisamente) No. Non va. (si immerge di nuovo nella meditazione).

Lopò                             - (perdendo ancora la pazienza) Allora tor­niamo alla soluzione di Rizzo e Panicali, quella dell'asilo d'infanzia. Brignazzi è il prete, incespica nella sottana e cade. Fa ridere.

Albertelli                       - (astiosamente) Non fa ridere.

Lopò                             - (con rabbia e disperazione) Fa ridere! fa ridere! Ma che ci vuole per farvi ridere, perdio!

Albertelli                       - (calmo, astioso) Farà ridere i fresco­ni come te.

Lopò                             - (scattando) Il frescone sei tu. Sono stufo di questo intellettualismo! Non ci sapete fare e fate i difficili! Ma perché vi chiamano i produttori? Vo­gliono proprio buttare i soldi dalla finestra!

Albertelli                       - Ma stai zitto, analfabeta.

Lopò                             - Ahò! tu la devi piantare, (si alza e fa per avvicinarsi minaccioso ad Albertelli che rimane sedu­to dondolando la gamba. Cesaretti e Schianti si alza­no pure e afferrano per le braccia Lopò che, veden­dosi trattenuto, si dibatte).

Albertelli                       - (rimanendo seduto agitando nervosa­mente la gamba) Lasciatelo che gli rompo la faccia.

Lopò                             - (proteso in avanti nello sforzo di liberarsi da quelli che lo trattengono, fuori di sé, urlando) A beccamorto!

Si sente suonare il telefono. È il suono incalzante dell'intercomunale. Lo squillo del telefono li fa rimanere tutti immobili nella posizione in cui si trovano. Entra la cameriera.

Cameriera                      - C'è al telefono il commendator Geronazzo da Montecatini.

A quella parole tutti rimangono come fulminati. Cesaretti e Schianti allentano la presa e si lasciano ca­dere le braccia lungo i fianchi. Un attimo di silenzio assoluto.

Cesaretti                        - Pure lui. Che vuole? (a Schianti) Ri­spondi tu.

Schianti                         - Io no. (ad Albertelli) Rispondi tu.

Albertelli                       - Rispondete voi.

Lopò                             - Io non rispondo.

Cesaretti                        - (decidendosi) Rispondo io. Qui biso­gna uscirne, (esce).

Lopò                             - (con aria di sfida) Vediamo se ho ragione io.

I tre accendono nervosamente le sigarette e atten­dono.

Voce di Cesaretti          - (parlando al telefono) Va be­ne commendatore... sì sì, siamo tutti d'accordo... stia­mo lavorando...

Voce di Geronazzo       - (si sente rimbombare fragoro­samente amplificata dal microfono. È una voce, caver­nosa, volgare, irreale come l'ululato di un animale. Dice delle frasi indistinte delle quali si percepisce sol­tanto il tono. Nel garbuglio di quei suoni si sentono confuse parole di accento dialettale come): Jamme... facimme; ... frega assai... io vorrebbe...

Voce di Cesaretti          - (al telefono) Sì, sì c'è... non l'abbiamo tolta... sì... è vestito da donna... diverten­tissimo...

Voce di Geronazzo       - (continua fragorosamente rim­bombando sulla scena) lu pernacchiu... oì...

Entra Cesaretti, si ferma sulla soglia della porta. Allarga le braccia.

Cesaretti                        - Vuole la casa di tolleranza con Bri­gnazzi vestito da donna. Insiste sulla pernacchia in faccia al maresciallo. Ha telefonato apposta. Non sente ragioni.

Albertelli                       - (si alza pallido solenne, drammatico) E va bene, mettiamo tutto, (minaccioso) Da oggi tutto quello che vorrà lui sarà accettato, senza discutere. Tutto! Non posso mica rimetterci i soldi. Ma sia ben chiaro che lo faccio soltanto per non perdere i quat­trini. Soltanto per questo! (minacciosissimo) Artisti­camente non mi piego. Sono inflessibile, (con fierezza) Lopò scrivi...

Lopò corre alla macchina, con un sospiro di sollievo.

Schianti                         - (decidendosi anche lui) Va bene. To­glierò il mio nome dai titoli di testa. Lopò scrivi...

Lopò                             - (mettendo i fogli nella macchina da scrivere) Non puoi togliere il nome. C'è nel contratto.

Schianti                         - (urlando minaccioso) E va bene. Non lo toglierò.

Albertelli e Schianti cominciano a dettare rabbio­samente.

Albertelli                       - (dettando) Interno casa tolleranza. Stanza mondana...

Schianti                         - (dettando) In mezzo primo piano avan­za Brignezzi in abito da sera femminile...

Albertelli                       - (dettando) Molto scollato...

Cesaretti si abbandona sullo schienale della pol­trona, felice. Lopò comincia a battere velocemente a macchina mentre cala la tela.

FINE