Una sposa molto ricca

Stampa questo copione

UNA SPOSA MOLTO RICCA

Commedia in tre atti

di B. SZENES

PERSONAGGI

SIGNOR CRAMER

SIGNORA CRAMER sua moglie;

MARCELLO CRAMER, loro figlio;

MAR­GHERITA CRAMER, loro fi­glia;

MADEMOISELLE THÉRÈSE, istitutrice;

PROFES­SOR MUELLER;

GIUDITTA, cameriera  in   casa   Cramer;

ANNAMARIA, una signorina  molto ricca

TOMMASO;

NINI, una bambina;

BUBI, un bambino;

ROTTEN,

GROSSMAN, WALLNER, stu­denti;

Il sorvegliante del giardino pubblico;

La ZIA LUISA;

MARTA, bella ra­gazza sportiva;

GIOVANNI, maggiordomo in casa di An­namaria;

Una coppia amo­rosa;  Qualche bambino.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La camera dell'istitutrice in casa Cramer. In fondo, una gran­de finestra. Attraverso questa finestra si possono scorgere le finestre dell'alloggio di­rimpetto, dall'altra parte dell'angusto cortile.

All'aprirsi del vela­rio, la camera è nel massimo disordine.

C’è un tavolo apparecchiato per parec­chie persone. Made­moiselle  Thérèse,  l'istitutrice licenziata, sta facendo le valigie. È una ragazza piacen­te, fors'anche bella, ma un po' stremenzita ed assai dimessa nel suo abbigliamento.

 Signora Cramer          - (entra da sinistra e lan­cia in giro uno sguardo inquisitore) Sono le nove pas­sate!  Alle nove  e mezzo  arriva la nuova mademoiselle!

Thérèse                       - (parla con, pronunciatissimo accento francese, inserendo talora nel discorso intere parole della sua lin­gua madre. Soprattutto nel primo atto) Oui, madame! Per conto mio, può venire benissimo. Non ho nessuna intenzione di colluttarmi con lei. Je m'en fiche pas mal, moi, di lei  e di tutti quanti!

Signora Cramer           - Meno impertinenza, mia cara! Si sbrighi, piuttosto! Non è affatto necessario che ella si trovi  qui  a  riceverla!

Thérèse                       - (vicino alla porta di sinistra) Mais, voyons, madame... Lei non deve aver paura! Non sono di quelle che si vendicano facendo pettegolezzi, io! Uh! Des con­cansi Li abborro! Jamais de la vie! Quantunque potrei  raccontarne parecchie su questa casa! Mon Dieu... Un tas de choses!

Voce della signora Cramer     - Le risposte insolenti sono sempre state la sua specialità. Ma lavorare... eh! Questo non le è mai andato a genio!

Thérèse                       - (alla porta, fuori di se) Comment? A moi ha il coraggio di dire una cosa simile? Per sua norma io sono istitutrice diplomée à l'école supérieure! Son venuta qui per educare dei bambini e non per fare la sguattera!

Signora Cramer           - (di fuori). (Ritornata sui suoi passi, è venuta fino alla porta e la sbatte violentemente in fac­cia a mademoiselle Thérèse che resta interdetta. Ma poi, filosoficamente) Zut! Vecchia strega! (Alla porta di destra si bussa) Avanti... Entrez! (Entra il professor Mueller).

Mueller                       - (è un omino piuttosto goffo ed infagottato in abiti pesanti e parecchio logori) Mi son permesso di venire per un ultimo saluto... Se non la disturbo!

Thérèse                       - (con voce dolce, quasi affettuosa) Oh! Mon  cher  monsieur!   Caro   professore!   Cosa  dice mai!

Mueller                       - (strìnge la mano di Thérèse, tenendola lun­gamente fra le sue. Con sentimento) Buona fortuna, signorina Teresa!

Thérèse                       - Au revoir, caro professore! Non dimen­ticherò mai il mio vicino! Che aveva la finestra vis-à-vis alla mia!

Mueller                       -  Lei  è  molto  amabile,  signorina  Teresa!

Thérèse                       - (rimettendosi a far le valigie) E nemmeno quella prima sera d'autunno! Si ricorda? La prima che ho passata in questa camera! Mi ero messa a coucher...

Mueller                       - (gentilmente correggendo) A letto...

Thérèse                       - Precisamente, a letto. E stentavo a pren­der sonno! All'improvviso, poco distante, una musica dolcissima... Un violino! Mais si belle, si belle! Mon Dieu! Come se gli angeli del paradiso fossero scesi a consolare la povera Thérèse Cartier che se ne era ve­nuta  da Ginevra,  in questa  grande  città sconosciuta!

Mueller                       - (con enfasi, ad occhi chiusi) Ricordo! Avevo obbedito ad una forza misteriosa ed avevo preso il mio diletto strumento... La « Barcarola » di Schubert!

................................------.............

Thérèse                       - (asciugandosi una lacrima) Un rève char­mant... Un sogno delizioso, caro professore!

Mueller                       - Sono felice che lei dica così... mademoi­selle!

Thérèse                       - C'est sa! È così... Ma adesso, caro pro­fessore, è tardi... Prego... (Un po' vergognosa, sta ri­piegando e mettendo nella valigia la propria biancheria intima). S'il vous plait!

Mueller                       - (con un senso di pudore e di quasi affettato rispetto, si volta. Segue però i movimenti di Thérèse, guardando nello specchio) Oh, pardon!

Thérèse                       - (continuando a piegare e riporre i propri ef­fetti personali) La commozione di quella sera, caro professore! La «Barcarola» di Schubert! La mamma l'aveva suonata tante volte sul piano! (Vedendo che ha voltate le spalle) Mais, no... Ne vous dérangez pas! Si volti pure, professore... Mi sentivo così sperduta, così abbandonata! La voce chiara e carezzevole del violino veniva a dirmi invece: fatti coraggio, Teresa! Qui, di faccia a te, abita una creatura d'eccezione... che ti ca­pirà... Egli vedrà subito che tu sei una figliuola di buo­na famiglia, anche se sei costretta a fare questo mestiere per vivere!

Mueller                       - L'educatrice! Una nobile professione! Prego!

Thérèse                       - C'est ca. Ma ciò non toglie che sia una vita da carie!... Mi vuole aiutare a fermar queste cin­ghie, professore?... Ed ecco che il destino, all'improv­viso, dispone diversamente. Povera Thérèse! Cercherà un nuovo posto... E fra un paio di ore il professore suonerà la « Barcarola » di Schubert alla collega più fortunata...

Mueller                       - Le proibisco di pensare una cosa simile, mademoiselle! Ciò non avverrà... assolutamente... mai...

Thérèse                       - Taisez vous! Non dite la parola «mai! ». Prima di me c'è stata la signorina Adele! Ssst! Silen­zio! Je sads tout, moi! Lo so benissimo! Ora ci sarà la tedesca... Fra un paio di mesi...

Mueller                       - Fra un paio di mesi?

Thérèse                       - Chissà! Certo si è che il professor Mueller avrà dimenticato mademoiselle Thérèse... tout à fait! C'est la vie!

Mueller                       - (amaro, tagliente) Non mi chiamo Mar­cello Cramer, io!

Thérèse                       - Oh, caro amico! Lei ha avuto sempre torlo di essere geloso del signor Marcello!

Mueller                       - Geloso? Io? (Assume un'aria ed un tono cattedratici) Non è il caso che io mi dilunghi a criti­care il signor Marcello. Quantunque non mi manche­rebbero gli argomenti e le prove... Poiché egli è il pro­totipo del lazzarone senza fede né legge... al quale... una ragazza ben pensante non dovrebbe mai prestare orecchio! Il suo unico ideale, la sua massima aspira­zione...? Trovare una donna ricca che lo mantenga... Ed è così spudorato da ostentarlo dovunque e con chiun­que! E, ad onta di ciò, non ha ritegno di turbare la pace a tutte le poverette che incontra sulla sua strada!

Thérèse                       - (commossa gli tende le mani) Je ne voulais pas... Non volevo addolorarla, caro professore... sia per non detto...

Mueller                       - (col suo consueto modo di fare sornione) Ma... è venuto il momento del congedo... Me ne vado, cara mademoiselle... e le dico soltanto: arrivederci presto!

Thérèse                       - Oh, mais bien sur... certamente, amico mio!

Mueller                       - (fa un inchino, va alla porta e si volta in­dietro) Ed intanto, mi raccomando... Sia così buona da scrivermi qualche volta... Mi dia sue notizie!

Thérèse                       - (cogli occhi umidi di lagrime) Senza dub­bio... le scriverò... ed ancora, grazie!

Mueller                       - (ha già la memo sulla maniglia della porta e sta per uscire, quando si ferma, come se gli fosse ve­nuta un'idea nuova. Si volta e dice con voce suadente) Mademoiselle... Fra qualche minuto... quando me ne sarò andato... Vuole farmi una cortesia? Sì? Allo­ra... spenga la luce ed attenda!

Thérèse                       - Spegnere la luce? Pourquoi, donc?

Mueller                       - Lo saprà... Mi faccia questo piacere... Me lo promette?... Grazie! (Va via in fretta).

Thérèse                       - (lo segue con lo sguardo, sinceramente com­mossa, poi, lentamente ritorna alle sue valigie. Le tra­scina vicino alla porta d'uscita, in modo che siano pronte pel facchino. Poi torna in mezzo alla scena e gira in­torno uno sguardo desolato. Spegne la luce del lampa­dario al centro e poi anche quella della piccola lampada sul tavolino da notte). (Intanto, di fronte, si è illuminata la finestra della camera dove abita il professor Mueller. Mueller appare nel vano della finestra col violino in mano e comincia a suonare appassionatamente la Barcarola di Schubert).

(Entra Margherita).

Margherita                  - (tredici anni. La ragazzina della grande città, abituata alla compagnia degli adulti ed alle biri­chinate colle compagne di scuola. Entra, inosservata, nella stanza buia e rimane accanto alla porta a contem­plarsi la scena sentimentale).

Thérèse                       - (appoggiata alla finestra, sospira) Ah! Un sogno!

(Il suono finisce. Thérèse e Mueller si mandano un ba­cio d'addio. Thérèse sospira ancora una volta e poi si decide a chiudere la finestra. Riaccende la luce).

Margherita                  - (commossa) Molto bello!

Thérèse                       - (si volta di scatto) Marga! Vous! Mais est c'est vraiment méchant!

Margherita                  - (abbracciando Thérèse) Ma no, signo­rina Teresa! Anzi... L'ho sempre saputo che lei ed il professore...   sì...  andavano   d'accordo!

Thérèse                       - Marga! Che dici!

Margherita                  - (affettuosa) Dico... che non voglio che lei se ne vada... è una cattiveria della mamma...

Thérèse                       - (commossa) Marga... Mon cher enfant! (Si  abbracciano).

Margherita                  - Un'altra come lei non verrà mai più, mademoiselle Thérèse... Sono molto infelice!

Thérèse                       - Oh! Fra mezz'ora arriva già chi mi so­stituisce...   Vedrai,   tutto  andrà  bene...

Margherita                  - Probabilmente una mummia... come la signora Ortensia... Camminava come un'anitra e tutte le mattine si faceva la barba!

Thérèse                       - Mais... Marga... Che espressioni!

Margherita                  - Parola d'onore... si radeva... Mi dis­gustava! E faceva la spia! È stata lei a dire alla mam­ma che io tenevo sotto il materasso, ben nascosto, Na­na, il romanzo di Zola... (Mostra il libro che ha in mano)  Da  allora,  ho  adottato   questo  sistema...   Vede?

Thérèse                       - Oh, Marga... se la mamma lo scopre!

Margherita                  - Anche se lo vede... come può capire? Guardi lei! Fuori c'è incollata la copertina della Storia patria... dentro... (Col pollice sfoglia rapidamente il li­bro di Zola) « Il fallo dell'abate Mouret... ». Brevettato da me! Tutta la classe quarta B. se ne serve con piena soddisfazione! (Depone il libro sul tavolo) Mademoiselle Thérèse! Poco fa... quando lei era qui al buio... a sen­tire la musica... mi è piaciuto... come a leggere un ro­manzo...

Thérèse                       - Mais, Marga, no! Tu te trompe!... Tu ti sbagli...

Margherita                  - Ma vada là! Con me non c'è da aver scrupoli! Non sono mica nata ieri... Anzi... Ho pensa­to: Se io fossi al suo posto... e dall'altra parte del cor­ridoio  ci fosse... lui!  E suonasse per me!  Che felicità!

Thérèse                       - Mais... Marga...  Chi è questo lui?

Margherita                  - Tutti e nessuno! Lui... quello che non conosco ed aspetto!

Thérèse                       - (scandalizzata,   porta  le   mani  agli  orecchi) Oh,  mon  Dieu,  Marga!   Non  farti  sentire  a  parlar cosi...  per  carità!

Margherita                  - Ma lei mi può capire! Dica, signorina Thérèse: le piace il professore? O c'è qualcuno che le piace di più? (L'ultima frase, accentuata, con più ironia che curiosità).

Thérèse                       - Mais, Marga... ca c'est inoui! Vraiment... Non va... non va bene...

Margherita                  - Ma si! Se questo qualcuno non fosse mio fratello, piacerebbe anche a me! (In confidenza) Tutta la classe quarta B. è innamorata pazza di lui. Le mie compagne non fanno che scongiurarmi: « Marga, presentaci tuo fratello! ». La Stefania mi ha promesso, in cambio,  di  presentarmi a tre cugini!

(Entra la signora Cramer).

Signora Cramer           - (una donna piuttosto robusta, rumo­rosa, energica che tradisce facilmente le non aristocra­tiche origini. La sua voce si addolcisce un tantino so­lamente quando si tratta dei figliuoli, ma soprattutto di Marcello. È vestita con lusso troppo chiassoso per es­sere fine. Con la gente è rude, severa) Marga... Fila in camera tua...

Margherita                  - C'è dappertutto un terribile odore di vernice!

Sicnora Cramer           - La tua stanza, grazie a Dio, è già in ordine. Vai... (Vede il libro sul tavolo) Che libro è questo ?

Margherita                  - (prende il libro e glie lo mostra chiuso)

 -  La mia storia... (Con una smorfia significativa a Thé­ rèse, se ne va).

Signora Cramer           - Ecco il frutto della sua educazio­ne, mademoiselle!

Thérèse                       - Ho cercato di compiere il mio dovere, si­gnora!

Signora Cramer           - È pronta finalmente la sua roba? Siamo in ritardo!

Thérèse                       - Non le resta che gettarmi giù dalle scale, se  ha tanta  fretta!

Signora Cramer           - Se ne vada, dunque! Non voglio che la si trovi ancora qui!

Thérèse                       - (alzando la testa, aggressiva) Cioè... Sia più precisa. Non voglio che Marcello la trovi ancora qui!

Signora Cramer           - (allibisce di fronte a tanta audacia) Cosa ha  detto?  Ripeta!

Thérèse                       - (spaventata essai stessa di aver osato tanto) Rien... Rien du tout! (Scrolla le spalle e raccoglie le ultime cose sue che mette alla rinfusa nella borsa a mano) Je sais bien... lo so bene, perché all'improvviso mi si mette alla porta! La signora crede che Marcello ed io...

Signora Cramer           - Mio figlio, per lei, è il signor Mar­cello Cramer e niente affatto Marcello! Ha capito? E lei si  occupi  degli affari suoi...

Thérèse                       - Pardon... Non volevo offendere il signor Marcello! Egli, con me, si è sempre comportato come un gentiluomo!

Signora Cramer           -  Si tenga per sé i suoi giudizi! Mio figlio ha da occuparsi di ben altri che di lei!

Thérèse                       - Oh! Là... là... (Sorridendo ironicamente) Monsieur Marcello si sarebbe invece occupato molto volentieri di quella povera «osa che io sono... solo che io avessi accettato di comportarmi come la disgraziata che mi ha preceduto... Dipendeva da me... chère ma­dame! Ma alle amabilità di suo figlio io ho saputo re­sistere! Vado via col cuore tranquillo e colla coscienza pulita! Senza aver bisogno di mantenere aucune correspondance secrète... con monsieur Marcello... come at­tualmente succede per le altre! (La signora Cramer sfa per investirla, quando entra la cameriera. È anche que­sta nuova dell'ambiente).

Giuditta                      - (tutta in fronzoli, come se partecipasse ad una festa) Le domando perdono, signora, se mi pre­sento soltanto adesso... Ma non sapevo da quale stanza la signora avesse suonato. In casa della baronessa Langer, dove sono stata fino a stamattina, vi era in antica­mera il quadro automatico  che segnalava le chiamate...

Signora Cramer           - (evidentemente la distinzione e la pro­venienza della nuova cameriera esercitano un certo fa­scino su di lei) Conosco... È un apparecchio utilis­simo. Lo faremo mettere anche noi... A proposito... co­me vi chiamate?

Giuditta                      -  Giuditta,  signora,  per  servirla!

Signora Cramer           - (atteggiandosi a gran dama) Bene... Tenete a mente, allora... Fra poco arriva la nuova isti-tutrice... È una signorina molto seria... di una famiglia distintissima...

(Thérèse sbatte violentemente la porta dietro di sé).

Signora Cramer           - È pazza... Bisogna compatirla! Ora,   statemi  a   sentire,   Giuditta...  e ricordatevi  bene...

Giuditta                      - (tira fuori dalla tasca un piccolo taccuino ed un lapis ed attende con sussiego gli ordini della pa­drona. Questa non si accorge a tutta prima dell'atteggia­mento della cameriera) Sissignora...

 Signora Cramer          - Nel caso che la nuova istilutrice dovesse arrivare durante la mia assenza, spiegatele il perché di tutto questo disordine (Indica il disordine che regna nella stanza). I decoratori hanno verniciato oggi l'appartamento e quindi tutta la famiglia ha pran­zato in fretta ed in furia in questa stanza, l'unica che fosse disponibile... (Osserva che Giuditta prende ap­punti) Che fate?

Giuditta                      - Qualche appunto... Gli ordini della si­gnora... Dalla signora baronessa Langer...

Signora Cramer           - (la interrompe, come per farle capire che la! cosa è normale anche in casa Cramer) Quando il signore rientra, ditegli di mangiare un boccone...

Giuditta                      - (scrivendo in fretta) ...di mangiare un boccone... Sta bene.

Sicnora Cramer           - E ditegli che l'ho aspettato fino alle nove e mezzo... Ma di più non ho potuto, perché gli amici Mayer hanno telefonato che ci aspettano al caffè...

Giuditta                      - Al caffè?

Sicnora Cramer           - (guarda la cameriera con un po' di ansia) Sì... perché?... Non vi pare conveniente?

Giuditta                      - Per carità... Non spetta a me giudicare... Vuol darmi altri ordini?

Signora Cramer           - No, cara...

Giuditta                      - Allora... permetta... (Prende alcuni fiori dal vaso che è sul tavolo e si avvia alla porta di sini­stra).

Signora Cramer           - Dove andate con quei fiori?

Giuditta                      - Li porto nella camera del signor Mar­cello...

Signora Cramer           - (subitamente molto energica) Alt! È una cosa assolutamente superflua... Che non mi garba affatto...

Giuditta                      - Oh! Credevo... Dal signor barone Lan­ger... tutte le sere...

Sicnora Cramer           - Mio figlio... invece... non ha bi­sogno di fiori in camera sua... Capito, ragazza mia? Perché... se... eventualmente... non riusciate a capire... potete prepararvi fin d'ora a far fagotto da questa casa... Non so se mi sono  spiegata bene...

Giuditta                      - Oh, perfettamente... (La signora Cramer le prende i fiori dalle mani e li porta con se, uscendo da sinistra) È una disdetta! Anche la baronessa mi ha cacciata via per la stessa ragione! (Esce da destra).

(Una pausa. La scena rimane vuota per qualche se­condo. Poi compare il signor Cramer. È sulla cinquan­tina. Un po' calvo. Porta occhiali d'oro, abiti eleganti, baffi all'inglese. Vent'anni fa era un semplice, modesto e laborioso commerciante... Nel dopoguerra è diventato il direttore generale di una Anonima. Al presente è af­franto ed assai triste. Depone una busta di cuoio sul tavolo e si siede su una sedia. Curvandosi in avanti mette la testa fra le mani).

Giuditta                      - (entra portando il pranzo. Squadra Cramer dall'alto in basso) Ecco, signore...

Signor Cramer            - Mia moglie è in casa? (La sua voce è un po' roca).

Giuditta                      - Sissignore... è... ancora... in casa... Ma sta appunto per uscire...

 Signor Cramer           - Andate a dirle...

Giuditta                      - (prende taccuino e lapis) Che cosa, prego?

Signor Cramer            - (la guarda con aria di compatimento, poi le volta le spalle) Niente...

Giuditta                      - Come vuole... (Esce con abbondante don­dolio di fianchi).

Signor Cramer            - (la guarda, scrollando il capo ed al­zando gli occhi al cielo).

Signora Cramer           - (ha mutato vestito ed ha già il cap­pello in testa. Sta un momento sulla soglia della porta ed osserva il marito) È questa l'ora di venire a casa? (Si accorge che il marito è scosso, abbattuto) Che hai? Non ti senti bene?  È  successo  qualcosa?

Signor Cramer            - Qualcosa...  è carino...

Signora Cramer           - (subito) La società?

Signor Cramer            - (amaro) La società... precisamen­te...  Che altro  ci  può essere?  Si stava così tranquilli, prima

Signora Cramer           - (si toglie di furia cappello e guanti. È veramente ansiosa) Parla... spiegati... cosa è avve­nuto di tanto grave!? La tua società!?...

Signor Cramer            - La mia? Forse che io l'ho voluta? Sono stato sempre contrario... Dio mi è testimonio!

Signora Cramer           - Non parliamo di questo, adesso...

Signor Cramer            - Già... perché la colpa deve essere tutta mia. Rinfacciatemelo pure: io non ero l'uomo adat­to per fabbricare milioni! È vero! Perché sapevo accon­tentarmi di un guadagno modesto, ma sicuro! Tutto si sconta a questo mondo! Dove sono andati a finire i mi­lioni? Mah! In fumo! Via... perduti... Non ci sono più... (Un lungo ed opprimente silenzio) Povere piccole... an­che i loro  denari!

Signora Cramer           - (avvilita) E... che cosa succederà, adesso?

Signor Cramer            - (una breve pausa) Bisognerà cam­biar vita... Io... ed anche tu... Ma soprattutto il signor Marcello!

Signora Cramer           - (alza il capo, orgogliosa) Non oc­cuparti di Marcello... Per lui, non mi spavento...

Signor Cramer            - Ah, no? Io, invece, sudo freddo, se ci penso!  Finché studiava, all'Università, tutti lo giu­dicavano un prodigio! E gli predicevano un avvenire mi­rabolante!  Che cosa è diventato ? Zero!  Alla lettera: zero! (Sempre più accorato, ma energico, ad alta, voce) Ed io ci credevo! Che stupido! Credevo che un bel gior­no mio figlio avrebbe costruito palazzi e chiese, ponti e ferrovie! E sognavo già di camminare per le strade e di vedere dappertutto delle targhe di marmo o di bronzo con su scritto: « Progetto ed esecuzione dell'ingegnere architetto Marcello Cramer! ». Ed ero felice... orgoglio­so... superbo! Dio mi ha punito! (Amaro) La realtà, invece?  Oh!   Non faccio per dire!...

Signora Cramer           - Si deciderà a prendere moglie!

Signor Cramer            - Per far la fame in due! Dove si trova una persona onesta che dia la propria figlia ad un fannullone spiantato?             - (Marcello compare sulla porta).

Marcello                      - Lascia fare a me, papà! Non ti avvilire! (Marcello è un giovanotto simpatico. È bello di fattezze ed attraente di figura. È elegantissimo. Ritorna dalle corse e porta a tracolla un gran binocolo con cinghie. È sicuro di sé, malgrado la fatuità del suo modo di fare e la studiata originalità di certi suoi atteggiamenti). Mam­mina cara! Ti ringrazio per la tua nobile difesa! Papà... caso strano... non è stato soltanto povero, ma anche as­sai rumoroso. Ha fatto sentire le sue opinioni, fin giù, al pianterreno. Ne sono nati commenti animatissimi... discussioni e forse anche scommesse! Io mi tengo: dieci contro uno...

Signor Cramer            - (brontolando) Sei di buon umore! Beato te! Forse hai vinto alle corse! Eh?

Marcello                      - Mio caro e laborioso genitore! Quante volte ti ho già spiegato che vincere danaro alle corse non è chic?

Signora Cramer           - (guarda continuamente suo figlio con Una ammirazione sconfinata) Non scherzare, Marcello! Oggi è un brutto giorno, per tutti noi... Senti...

Marcello                      - Errore! Molto probabilmente oggi è un giorno bellissimo, storico, decisivo per la felicità pre­sente e futura di tutta la famiglia Cramer!

Signora Cramer           - (al marito) Senti?... Senti che cosa dice tuo figlio?

Signor Cramer            - (serio, parlando lentamente) È ne­cessario che tu lo sappia... Oggi la nostra Anonima ha presentato i libri in tribunale, chiedendo il concordato... Se pur -sarà possibile!

Marcello                      - Ebbene? E che importa?

Signor Cramer            - Nella migliore delle ipotesi, abbia­mo perduto tutto... tutto, capisci... perfino la piccola dote delle bambine...

Marcello                      - Non c'è altro?

Sicnor Cramer             - Non ti basta? Ma che cosa hai, tu, al posto  del  cervello  e del  cuore?

Marcello                      - (con molta sveltezza si mette a sedere sul tavolo, accavallando le gambe) Papà, queste belle frasi le ho già sentite un centinaio di volte! ed ho sem­pre portato pazienza... Non ho mai contraddetto, perché ti voglio bene e perché ti rispetto. Ma sapevo che sarebbe venuto un giorno in cui le circostanze mi avreb­bero dato ragione. Qual'è in sostanza il mio delitto? Qual'è la mia imperdonabile colpa? Ho vissuto... Mi sono divertito... Ho goduto... Ho approfittato della mia libertà per adorare la bellezza. Sarei stato un pazzo a rinunciare... Sì... ho amata la vita... perché ero in grado di capirla e di assaporarne tutta l'intima essenza.

Signor Cramer            - (interrompendolo) Chi non lavora", non ha il diritto di godere la vita... Soltanto il lavoro...

Marcello                      - (con giocondo dispregio) Patazum... pa-tazum... Attorno a noi c'era il càos. Non valeva la pe­na, credi a me!

Signor Cramer            - Io sono vecchio... Ciò nonostante, mi sento di ricominciare...

Marcello                      - Bravo! Sono trent'anni che lavori! Fa­vorisci comunicarmi i consolanti risultati? Io l'ho sem­pre preveduto il tracollo d'oggi. L'ho aspettato come una faccenda naturalissima. Ecco perché non ne sono sorpreso e non do in ismanie!  Mentre tu lottavi con tutta la tua  testardaggine,  ma  senza speranza...

Signor Cramer            - Tu hai continuato allegramente a mangiare  quattrini...

Marcello                      - (con sincero disprezzo) Oh... i quattrini!

Signor Cramer            - I miei quattrini...

Marcello                      - Sì... sì.... Non contesto! I tuoi! Ma sa­pevo che sarebbe venuto il momento in cui ti avrei re­stituito  tutto,   compresi  gli  interessi...

Signor Cramer            - Oh, guarda! Prendendoli dove?

Marcello                      - Dai miei! Perché può darsi benissimo che io non senta il piacere ed il bisogno di costruire case per gli altri... Ma ciò non toglie che sia disposto ad abi­tarne una già bella e pronta, solida e fornita di tutte le comodità moderne! (Con leggera ironia, dietro alla qua­le si cela una singolare tristezza) Ed avremo la prova lampante che io, malgrado la mia vita scapestrata, sono stato un uomo d'affari più accorto di mio padre... In­fatti i miei 8 piani finanziari » si realizzano!

Signora Cramer           - Marcello... spiegati!

Sicnor Cramer             - Oggi, alle corse, hai preso un colpo di sole!...

Marcello                      - Falso, mio ottimo papà! Sono stato al­l'ombra ed ho perduto un bel mucchio di soldi! Ma avrei potuto perderne dieci volte tanto.

Signora Cramer           - Ma, allora, parla... Che cosa sai... che cosa è accaduto?

Marcello                      - Una fortuna per me e per voi... Son corso a casa apposta per dirvelo... Altrimenti pranzavo al circolo...

Signora Cramer           - È morta la zia Clotilde!

Marcello                      - No... Non credo... Eppoi, oggi, l'eredità della zia Clotilde mi è indifferente! Si tratta di un'altra parente... molto più ricca... E non è una vecchia rimbambita... ma - a quanto sembra- una ragazza ab­bastanza giovane...

Signora Cramer           - (con presentimento improvviso) Marcello mio!

Marcello                      - (tira fuori una lettera dalla lasca interna del tait grigio. Continua, con tono trionfante) La voilà! L'ho ricevuta al cìrcolo, stasera! Di chi è? Indovinate!... Di una donna che si chiama Annamaria! Non l'ho mai vista... Non mi hai mai visto! Tuttavia, da parecchi me­si manteniamo una corrispondenza attivissima! A giu­dicare da ciò che scrive è tutt'altro che stupida. Ma ciò non interessa gran che.

Signora Cramer           - (con ansia) Marcello, per carità...

Marcello                      - Tu mamma hai afferrato subito... Non è vero? E sai già di che Annamaria e... soprattutto... dì che patrimonio  intendo  parlare...

Signor Cramer            - (incredulo) Cos'è?... Sarebbe la fi. glia" di Giorgio Lacman?

Signora Cramer           - (beata, fa liti cenno affermativo e mor­mora) Ma certo!

Marcello                      - Ti dispiace? È figlia unica di quel card Giorgio LaciHau, lontano cugino, «he ho conosciuto quest'inverno e etj cui son diventato SAche buon amico, per scopi facilmente intuibili! La prima volta che Gior­gio Lacman ha messo il piede qui dentroV una voce ili' terna mi ha avvertito: «Marcello... sta i« guardia! È la fortuna che passa! 0 l'acciuffi, o sei spacciato! Dipeli» de da te. Ed io l'ho acciuffata e non me la lascio più scappare...  puoi star sicuro!

Signora Cramer           - Ma... che dice nella lettera?

Marcello                      - Non molto... Ma in compenso una noti­zia importantissima ed urgente... Annamaria arriva sta­sera, fra poco... Non scende all'albergo, perché preferisce essere ospite dei suoi cugini Cramer...

Signora Cramer           - (a stento domina la sua emozione. D'ora in avanti, parlando ed agendo fa un'enorme con­fusione) Da noi? Oh, signor Iddio, che disgrazia! Pardon... volevo dire... che felicità! Ma proprio stase­ra! Con tutto il disordine che abbiamo in casa! Giu­ditta... Elsa... dove siete?... Venite qui... subito... (Esce).

Marcello                      - (continua il racconto a suo padre) Ed in cambio, la prossima estate, ci invitano tutti quanti a passare un paio di settimane al loro castello in Boemia. Faccio conto di comparirvi già fidanzato ufficiale. (Tri­ste, ma deciso) Poi... la sposerò... anche se dovesse es­sere tanto bruita quanto è ricca! Perché ricca lo è! Molto!

Signora Cramer           - (si precipita di nuovo nella stanza. Il signor Cramer tace) Dove sono le chiavi? Avete visto le chiavi? (Cerca dappertutto, ma con la testa in aria) Parlate... Maledette! Dove saranno andate a finire! Mar­cello, a che ora arriva?

Marcello                      - Col rapido delle 9,45. Fra una ventina di minuti... Abbiamo tempo...

Signor Cramer            - Ma allora dovremo volare alla sta­zione, che almeno  ci  sia  qualcuno ad aspettarla!

Signora Cramer           - (dalla stanza vicina) Oh! Gesù... Gesù... Naturale! Alla stazione... Subito... Sarebbe una gaffe imperdonabile!... Ve lo ripeto. È la mano del buon Dio! Giuditta... il mio cappello! E le chiavi... dove sa­ranno le chiavi!?

(Giuditta entra e fa alcuni passi a sinistra).

Marcello                      - (o suo padre) Bene... Vuoi che andia­mo? (Quasi amaro) A ricevere la sposa coi sacchi d'oro?

Signor Cramer            - Prego... Io vado a ricevere la figlia di mio cugino Giorgio Lacman! (Esce da sinistra per an­dare a prendere il soprabito).

Signora Cramer           - (balzando come un bolide nella stan­za) Giuditta! Dove sarà andata? Ah! Siete qui! Perché non rispondete?... La mano di Dio!... Cioè, volevo dire... Avete trovato  le chiavi?

Giuditta                      - Sono  qui, signora, sulla tavola!

Signora Cramer           - (sopraffatta dalla gioia improvvisa, an­sante, si mette il cappello all'incontrario).

Giuditta                      - Desidera altro, signora?

Signora Cramer           - Nient'altro, grazie... E che dovrei desiderare di più? Cioè... no! Elsa, la cuoca, deve pre­parare qualche cosa di buono da mangiare! Subito... Bisogna avvertirla! (Giuditta fa per andare) Ferma un momento... Dove andate? Se viene la nuova istitutrice... ditele... No, non ditele niente. Ma è probabile che il padre, o il fratello la accompagnino... Sono persone per bene... Sarebbe il caso di offrire loro un boccone... Ma come si fa? In casa non ci sono provviste sufficienti... Che disgrazia... Cioè, no... Volevo dire, che fortuna! Vado io a parlare con Elsa... Auff! Che caldo! (Sulla soglia, ansante, si ferma ad asciugarsi la fronte col faz­zoletto. Commossa e raggiante si volta a guardare Mar­cello e gli ripete) È Dio che ci ha fatta la grazia, Mar­cello! (Esce di gran furia).

 Marcello                     - (immerso nei suoi pensieri, passeggia per la stanza).

Giuditta                      - (insegue Marcello con lo sguardo e fa il pos­sibile per attirare la di lui attenzione, ma invano) Il signore ha comandi da darmi?

Marcello                      - No, grazie...

Signor Cramer            - (rientra. Ha indossato il soprabito) Vogliamo andare?

Marcello                      - (prendendolo in disparte) Papà... per l'ul­tima volta... prestami  cinquecento franchi...

Signor Cramer            - (tira fuori a malincuore il biglietto da 500 franchi e glielo porge) Sta a vedere che hai in­ventato tutta la storia soltanto per arrivare a questo!

Marcello                      - Ma, papà! Mi meraviglio! Ti sembra pos­sibile? Ti abituerai difficilmente, tu, ad avere un figlio, multimilionario!

Signor Cramer            - Purché il risveglio da questo sogno non ti sia troppo amaro! I milioni! Vieni... fammeli ve­dere!

(Esce da sinistra).

Marcello                      - (battendosi con una mano la tasca dove è il portafogli) Io li sento già qui...

Thérèse                       - (entra da destra) Oh! Cher monsieur Mar­cel! Non ho potuto nemmeno prendre congé da lei...

Marcello                      - Le auguro tutto il bene che merita, cara mademoiselle!

Giuditta                      - (passa in mezzo ai due, gettando uno sguar­do ostile a Thérèse).

Signora Cramer           - (dal di fuori) Giuditta!

Giuditta                      - Vengo...

Signora Cramer           - (appare alla porta) Marcello, siamo in ritardo! Papà è già sceso a prendere l'auto... (Ve­dendo Thérèse) Come... mademoiselle... lei è ancora qui?

Marcello                      - Au revoir, mademoiselle! Buone cose! (Alla madre, piano, indicando Thérèse) Poveretta... Fammi il piacere, non trattarla male! (Esce).

Sicnora Cramer           - (ammansita, quasi dolce) Beh! Ad­dio, mademoiselle... Stia bene... Noi andiamo alla sta­zione!

Thérèse                       - Ad aspettare la nuova istitutrice? (marcan­do bene le parole).

Signora Cramer           - Arriva la sposa del signor Mar­cello!

Thérèse                       - Monsieur Marcello prende moglie?

Signora Cramer           - (con straripante beatitudine) Sì... e la sposa è molto... molto ricca!  Tutto è combinato...

Thérèse                       - (con un velo di pianto nella voce) Se la signora permette, andrei ancora a dare un bacio alle pic­cole...

Signora Cramer           - (accondiscendente) Vada per un bacio... se le fa piacere! (Le tocca la spalla, con indul­genza) In fondo, lei è una buona figliuola, mademoiselle! Mah! Cosa vuole! La vita è fatta così... Aspetti... Ecco... Prenda... Non voglio bronci, in un giorno come que­sto...

Thérèse                       - Merci... madame!

Signora Cramer           - (le porge la mano, con degnazione, mormorando fra sé) È la mano di Dio!  Non ne ho mai dubitato!

Thérèse                       - (stupita, le guarda la mano, senza stringerla) Plait-il?

Signora Cramer           - Niente... Niente... Non ci faccia caso... Addio!

(Esce correndo).

Thérèse                       - (si avvicina alle sue valigie che son sempre di fianco alla porta. Poi, si siede. Sospira. Sì asciuga gli occhi col fazzoletto. Ripiega con cura il fazzoletto e se lo rimette in tasca. Si alza e fa per avviarsi a sinistra verso la camera delle bambine. Entra Giuditta).

Giuditta                      - (con una buona dose di malignità) Ades­so, anche la nuova istitutrice si innamorerà del bel Mar-cello!

Thérèse                       - (alza le spalle) Qa m'est égal... Non mi interessa. Il signor Marcello prende moglie!

Giuditta                      - (subito solidale con l'altra) Cosa ha detto? Prende moglie?

Thérèse                       - Oui! La sposa arriva stasera... Elle est très riche... ha molto denaro! Sono andati alla stazione a prenderla...

Giuditta                      - Che bestia... Non avevo  capito niente!

Thérèse                       - C'est comme ca! È cosi...

Giuditta                      - Una sposa molto ricca! È naturale, del resto!   Se  avessi  anch'io   tanti   quattrini!

Thérèse                       - Oh! Mon cher enfant! Se le ragazze po­tessero avere beaucoup d'argent! Ma questo avviene sol­tanto in sogno... Dans les rèves! Colle ragazze povere si fa all'amore... Ma poi si sposano le ricche! C'est la vie! (Esce da sinistra).

Giuditta                      - Capitava tale e quale in casa dei barone Langer! (Esce pensierosa da destra).

La scena  rimane vuota un  momento. (L'orologio  batte le nove e mezzo). Da destra entrano Annamaria e Tommaso. Annamaria è bella, slanciata, franca di modi e rivela col suo con­tegno tutta la grazia di una femminilità squisita e ge­niale. Tommaso è un uomo forte e tarchiato: il tipo dell'autentico sportivo. È accuratamente sbarbato. Tutto in lui parla di benessere materiale, di viaggi, di partite, di vita all'aperto, insomma della sua predilezione per gli esercizi fisici. Non è soverchiamente intelligente e nemmeno infastidito dai problemi della cultura. In boc­ca tiene quasi costantemente una piccola pipa di radica inglese.

Ambedue sono  vestiti da viaggio.

Annamaria entra, sorridendo, Tommaso, al contrario è imbronciato e fuma la sua pipa, accanitamente.

Annamaria                  - Mio vecchio Tom, ci siamo. Che ne dite? La nostra gita comincia ad esser divertente!

Tommaso                    - (senza levarsi la pipa di bocca) Se pare a voi...

Annamaria                  - (ridendo) La cameriera mi ha scam­biata per non so quale istitutrice! Sembra che qui se ne stia aspettando una... Ma il più bello è stato quando si è messa a spiattellarci che tutta la famiglia se n'è andata alla stazione per ricevere la sposa del signor Mar­cello... una sposa molto ricca!

 Tommaso                   - Trovate che sia bello?  Può  darsi... Di­pende...

Annamaria                  - (diventando seria) Forse avete ragione voi, Tom. C'è parecchio cattivo gusto in tutto questo. È urtante... (Una piccola pausa. Annamaria alza la testa con un gesto di legittimo orgoglio) Se ascoltassi la mia volontà, farei dietro front e tornerei a casa. Abbia­mo fatto male a rimandare la macchina. Tommaso     - Ci sono dei treni...

Annamaria                  - No... rimango... Desidero di vederla bene in faccia, questa  gente...

Tommaso                    - (di  cattivo  umore) Allora...   altro  non mi resta... che salutarvi... (Rimette il cappello in testa. Si volta e fa per uscire. La sua mano tocca già la porta).

Annamaria                  - Tom!

Tommaso                    - (si volta pigramente).

Annamaria                  - Ve ne andate? Prima che ve lo dica io? Tommaso - Sì... e con questo?

Annamaria                  - Ebbene... Vi avverto... Non dovete più illudervi che io, un giorno, possa diventar vostra mo­glie!

Tommaso                    - (abbandonando la maniglia della porta) E... se rimango?

Annamaria                  - In questo caso... vi dico... Forse! Si vedrà!

Tommaso                    - Forse, si vedrà! Da quanti anni ripetete questa storia? Da quanti anni sto aspettando?

Annamaria                  - Oh, mio Dio! Pochissimi! Nemmeno cinque!

Tommaso                    - Prego... cinque e mezzo!

Annamaria                  - Ammettiamo    pure...    Avete    aspettato cinque  anni  e  mezzo... Potete  aspettare  altri   dieci  mi­nuti,  no?

Tommaso                    - Anche questo è vero... (Leva il cappello ed il soprabito e si siede. Anche Annamaria si siede) Maledizione!

Annamaria                  - Che c'è?

Tommaso                    - La mia pipa... si è di nuovo otturata...

Annamaria                  -  Ditemi,   Tom...   Se  io, all'improvviso, morissi!  Morireste anche voi?

Tommaso                    - (tranquillo) Non  credo...

Annamaria                  - Perché no?

Tommaso                    - Nella mia famiglia il più giovane è morto a   78  anni...

Annamaria                  - Non sareste capace di morire d'amore per me?

Tommaso                    - Annamaria... Ciò che voi cercate negli uomini... non lo troverete mai! Perché, questo «non so che » non è negli altri che dovrebbe esistere, ma in voi. Poiché ormai è positivo: voi non mi date ascolto. E non vi decidete a venir via con me... Il motivo? Il signor Marcello Cramer, l'uomo dalle mirabolanti av­venture, vi interessa. Volete conoscerlo! Fate pure... Ma lasciate però  che io me ne vada...

Annamaria                  - Potete andare,  Tom!   Però, prima vo­glio farvi una promessa!  Quanti ne abbiamo oggi?

Tommaso                    - È il 15 maggio!

Annamaria                  - Fra un mese... vale a dire al 15 di giu­gno, mi impegno formalmente a darvi una risposta definitiva... Una sola parola... O sarà subito oppure sarà... mai!   Siamo  d'accordo ?

Tommaso                    - Accetto...

Annamaria                  - Voglio anche dirvi perché domando an­cora un mese di tempo...

Tommaso                    - Questi sono affari vostri... io non c'en­tro...

Annamaria                  - Tuttavia... Voglio che lo sappiate... Nel­le lettere di questo mio cugino Marcello c'era qualche cosa... qualche cosa... vedete... che non saprei nemmeno definire... Sta di fatto però che io le leggevo volentieri e le aspettavo con una certa impazienza... Perciò sono soprattutto curiosa di sapere che razza di uomo si na­sconda dietro il paravento dei suoi scritti... Soltanto per questo rimango  qui...

Tommaso                    - E voi volete conoscerlo? E credete pro­prio che lui, davanti alla parente ricca, scoprirà le sue carte? Siete ingenua... Oh... scusate... Non spetta a me darvi delle lezioni...

Annamaria                  - Fra un mese, Tom... Al 15 di giugno!

Tommaso                    - Purtroppo, no! Maggio ne ha trentu­no! (Esce).

(Da sinistra entra mademoiselle Thérèse).

Thérèse                       - (guarda un momento Annamaria, poi, in to­no di sincera commiserazione) Lei è la nuova istitu­trice? Mon pauvre enfant! Lei come me! Sinceramente da compiangere!

Annamaria                  - Perché,  signorina?

Thérèse                       - E me lo domanda? Purtroppo farà anche lei la dura esperienza... La padrona di casa! Oh, la co­noscerà sempre troppo presto! Una strega... E lei è an­che troppo bella! Ad una povera ragazza che lavora per vivere non è permesso essere bella! Et surtout en cette maison ici!

Annamaria                  - In questa casa?  Come sarebbe a dire?

Thérèse                       -  Oh!  Io  potrei raccontargliene parecchie!

Annamaria                  - Racconti... Racconti! È molto interes­sante per me! (Al di fuori squilla il campanello).

Thérèse                       - Forse sarà il facchino, per le mie vali­gie! (Esce da destra. Sta un attimo sul pianerottolo. Rientra, tenendo in mano un telegramma) Une dépèche! (Gira il telegramma fra le mani) Sarebbe meglio sapere che cosa c'è dentro! Peut ótre, c'est ma mère qui tele­grafa, pregando perché non mi mandino via! Poveret­ta... lei non sa! Proviamo ad aprirlo per benino... (Con una forcina da capelli apre il telegramma, circospetta e paziente. Poi legge forte) « Prego non aspettare mia fi­glia impedita partire Bolke ». Ah!, capisco! Certamente il telegramma è del papà della sposa di Marcello! (Col­la saliva incolla nuovamente il telegramma e lo ripone sul tavolo) Naturellement! Qui non si aspettava nessun altro! Che una povera istitutrice ed una sposa molto ricca! La sposa ricca n'est pas arrivée! E sono andati in pompa magna alla  stazione!  Ci ho gusto!

Annamaria                  - Non è arrivata?!

Thérèse                       - No! (Con ironica amarezza) E così Mar­cello  sarà  ancora libero per qualche  giorno!

Annamaria                  - Non la capisca, signorina! Che cosa intende  dire?

Thérèse                       -  Lo   saprà...  non abbia  timore!   E  anche  troppo presto! Prima di me, qui, c'era un'altra!  Molto bella...  Come lei,  ma  chérie!   Ed il signor Marcello...

Annamaria                  - (con dignità) Signorina! Mi creda... In qualunque situazione io... riesco sempre a tenere i miei nervi a posto e non ho paura che mi succedano le cose di cui lei mi parla!

Thérèse                       - (con un gesto vago) Oh, mon cher en­fant! Ciò che lei afferma è molto bello... Mais... Io posso dirle fin d'ora ciò che avverrà! Qui dirimpetto, vis-à-vis, vous savez, abita un professore... Si chiama Mueller. Le farà subito la corte!... Alla sera, quando lei spegnerà la luce e si spoglierà, oppure leggerà qualche cosa a letto, il professore comincerà a suonare il vio­lino: la Barcarola di Schubert! Questo è il principio: il seguito viene dopo... E, per ultimo verrà Marcello! Oh, ma  chérie!   Lei non conosce gli uomini!

Annamaria                  - Creda a me... Basterà ch'io scambi due sole parole con quel professore e le garantisco che una volta per sempre gli passerà la voglia di suonare la Bar­carola... Ed anche al signor Marcello potrei subito to­gliere ogni illusione... (Dopo aver riflettuto un poco) anzi... posso togliere ogni illusione... Meglio: toglierò ogni illusione!

Thérèse                       - Forse... ma non lo giuri... Per ora stia sicura... tutto avverrà come le ho detto! E se ci incon­treremo... me lo saprà dire! Lei dovrà penare, come me, come tante altre! Oh, gli uomini! Que le diable les emporte! Non meritano che per loro si pianga! (Piange silenziosamente) Oh, no, non lo meritano! (Si asciuga le lacrime, prende le sue valigie e le trascina sul pia­nerottolo. Poi ritorna indietro) Ah! Volevo dirle! (Le dà due chiavi ed indica l'armadio) Queste sono le chia­vi dell'armadio... (Una breve pausa. Poi, come se fa­cesse una comunicazione importantissima) Badi... con la chiave di quella porta... (Indica la porta di sinistra) Si può anche aprire la dispensa... Mademoiselle Adele, quella che era qui prima di me, l'aveva scoperto! E prima di andarsene me l'aveva insegnato. È giusto che io lo insegni a lei... C'est très bon à savoir... Bene a sapersi, creda a ine! (Apre un cassetto dell'armadio e vi prende due pezzi di sapone) Per poco non me ne dimenticavo! Sono due saponette inglesi, finissime. È un cadeau di madame! Ed ora... au revoir, chérie! Au revoir. (Esce rapidamente).

Annamaria                  - (rimasta sola si guarda intorno. Poi si av­vicina alla tavola... prende il telegramma lo guarda, lo gira e rigira più volte fra le inani. Poi, con decisione improvvisa se lo nasconde in seno. Si bussa alla porta di destra) Avanti...

Mueller                       - (con la solita aria sorniona, sulla porta) Domando perdono se mi presento a questo modo. (Si avvicina) Edoardo Mueller... professore supplente di gin­nasio... Abito qui dirimpetto... La mia finestra è quel­la... (La indica).

Annamaria                  - (gelida) Prego... che cosa desidera?

Mueller                       - È stata un'idea... Mi sono detto...: forse la nuova istitutrice di casa Cramer è arrivata... È vero che non la conosco... Ma... in fin dei conti... siamo, per così dire, due colleghi. Ambedue esercitiamo la nobile professione dell'insegnamento.

Annamaria                  - Ottima idea la sua, professore, ma io non ho l'abitudine di ricevere visite! Perciò vada via subito.

Mueller                       - Come comanda... naturalmente... prego... mi inchino... (In preda a viva confusione, esce).

Annamaria                  - (si mette davanti allo specchio e vi si guarda a lungo. Da sinistra entra Marcello).

Marcello                      - (sorpreso dalla bellezza di Annamaria, si ferma e la fissa, come affascinato).

Annamaria                  - Oh! (Si volta bruscamente. Ambedue si guardano negli occhi).

Marcello                      - (imbarazzato, ma sforzandosi di mantenere il suo brillante tono abituale) La nuova signorina?

Annamaria                  - (a bassa voce) Sì...

Marcello                      - (presentandosi con tutta compitezza) Per­mette?  Marcello  Cramer.

Annamaria                  - (gelida) Piacere... (Si scrutano a vi­cenda).

Marcello                      - Sono il fratello maggiore delle piccole che le verranno  affidate...  E  spero...

Signora Cramer           - (la signora Cramer entra. È irritatis-sima per la corvée inutile fatta andando alla stazione. La sua irritazione aumenta vedendo die Marcello è già vicino alla nuova islitutrice) Marcello!

Annamaria                  - La riverisco, signora!

Signora Cramer           - (fredda, altezzosa) Buona sera. La cameriera mi ha già detto che lei era arrivata. Molto bene... (A Marcello) È un'indecenza... ti ha preso in giro, ecco la verità! Questo si chiama semplicemente mancanza di tatto! Ti avverto che il papà ti aspetta in salotto...

Marcello                      - Ci vado subito... (Fissa ancora, lunga­mente Annamaria e le si inchina con grazia ed esce).

Signora Cramer           - (dopo una breve pausa a carattere in­vestigativo) Si parlava della sposa di mio figlio. Una signorina, figlia unica, molto ricca... Mio figlio è ormai impegnato...

Annamaria                  - (come se la cosa non la interessasse af­fatto) Scusi... è questa la mia stanza?

Signora Cramer           - Già... Mio figlio aspira giusta­mente ad una grande fortuna... Ed il tempo di siste­marsi è venuto anche per lui...

Annamaria                  - Dunque signora... ella mi affiderà due allieve... se non erro...

Signora Cramer           - Sì, due bambine... Mio figlio...

Annamaria                  - Signora... è tardi... Ho viaggiato tutto il giorno... e le sarei infinitamente grata se volesse ri­mandare a domani... Domani ella sarà così buona da impartirmi istruzioni ed ordini precisi per tutto ciò che riguarda l'educazione delle due bambine... (Accentuando) Intendo di dedicare il mio tempo... esclusivamente al completo  assolvimento  di  questo  mio  compito...

Signora Cramer           - (ha capito l'allusione ed approva) Bene, questo mi piace molto... depone in suo favore... Diventeremo   certo  ottime  amiche!

Annamaria                  - Buona notte, signora...

Signora Cramer           - (le porge la mano) Buona notte, cara... Dorma bene e si riposi. Lei dev'essere molto in­telligente   e   molto   seria!  (Con   degnazione   da  nuova ricca) E se ha bisogno di qualche cosa, suoni pure il campanello, senza complimenti... La servitù è fatta ap­posta... (Esce da sinistra).

(Annamaria resta sola. Segue collo sguardo la signora Cramer finche questa non è uscita. Sorride. Poi sbadiglia. È veramente un po' assonnata. Si scuote. Va a spegnere il lampadario al centro dopo di aver accesa la piccola lampada sul tavolino da notte. Si dà attorno per mettere un po' d'ordine, specialmente sul letto e nell'armadio. Ad un tratto, come per una risoluzione improvvisa af­ferra il suo mantello e la valigetta colla quale è entrata, si mette il cappello, come se volesse prendere senz'altro la fuga. In quel momento entra Marcello).

Annamaria                  - (già vicina alla porta, si volta brusca­mente) Chi è là?

Marcello                      - Soltanto io. È permesso? (Vede Anna­maria pronta per fuggire) Come! Vuole andar via? Vuo­le scappare? (Dal contegno e dalle parole di Marcello trapela una certa aggressività. Evidentemente essa è pro­vocata dalla bellezza di Annamaria. Questa si sforza di dimostrarsi indifferente, ma lo sguardo dì Marcello la intimidisce non poco).

Annamaria                  - (acre) Come vede!

Marcello                      - A quest'ora?  E dove?

Annamaria                  - A  casa  mia! (Sorride).

Marcello                      - Perché sorride?

Annamaria                  - (sforzandosi di dominare la situazione) - -Un quarto d'ora fa, la mia collega mademoiselle Thérèse mi ha predetto per filo e per segno ciò che mi sarebbe successo stasera! Difatti! Prima il professore, poi l'irre­sistibile signor Marcello!

Marcello                      - Ah! Demoiselle Thérèse ha chiacchie­rato! Adesso capisco la sua paura, signorina!

Annamaria                  - Paura? Lei si sbaglia! Sono stata assun­ta qui come istitutrice di due bambine... e non come la sua  dama di  compagnia!

Marcello                      - (sorridendo)  Magari!   Peccato!

Annamaria                  - Ed aggiungo subito; fra gente per bene, non si usa disturbare una donna giovane e sola alle dieci di sera...

Marcello                      - No, signorina... si usa!

Annamaria                  - Ma non con me...

Marcello                      - Sa che quando si arrabbia, lei è ancora più bella? Del resto, le prometto che non la disturberò a lungo. Ma non è la sua severità che mi costringe ad andar via. No! Non si illuda! Ci sono altre ragioni.

Annamaria                  - (sorridendo, ma non più tanto severa) Lo sa lei che è un gran chiacchierone?

Marcello                      - So anche dire delle cose interessanti, però! Vuole sapere ciò che manca nei suoi occhi? (Dopo una pausa...  deciso)   Manca...  l'amore!

Annamaria                  - (fingendo la massima indifferenza) L'a­more? È una cosa che esiste davvero?

Marcello                      - Qualche volta, sì! Un poco. Quel tanto che basta per far impazzire, o magari per far morire qualcuno  di  quei disgraziati che  ci  cascano!

Annamaria                  - Posso domandarle che cosa intende lei per « amore »?

Marcello                      - Oh! Io... Sinceramente, non ne ho la più lontana idea! E sono già stato innamorato un centinaio di volte!

Annamaria                  - Strano... perché... da quanto ho capito... lei si sposa... vero, signor Cramer?

Marcello                      - Giusto! Ahimè! Non bisogna che ci pen­si... Altrimenti...

Annamaria                  - (pensierosa) Già...

Marcello                      - A che pensa?

Annamaria                  - A nulla! (Lo guarda fissamente in viso) Soltanto... mi è parso strano... il modo con cui lei ha detto: «Altrimenti»... (Alzandosi) Ma ora è tardi, si­gnor Cramer!  Sono stanca!

Marcello                      - (affettuosamente rispettoso) Ha ragione! Me ne vado... Buona notte, signorina! Però... arrivederci presto! (Si inchina ed esce).

(Annamaria, rimasta sola, esita un momento. Quindi va alla porta di sinistra e gira la chiave nella serratura. Indossa di fretta il mantello, come se volesse nuovamente fuggire. Si ferma. Rifl-ette. Poi ha un movimento, come se dicesse: Accetto la sfida. Lascia cadere il mantello. Va a sedersi sull'orlo del letto e lentamente comincia a spogliarsi).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

I giardini pubblici. In fondo, una grossa aiuola a se­micerchio, abbastanza alla. Dietro di essa alberetti, e ciuffi di fogliame.

Al centro una panca. Un'altra panca a sinistra. A de­stra, un albero e qualche cespuglio costituiscono un boschetto ed una specie di arco naturale.

All'aprirsi   del   velario,   demoiselle   Thérèse   e   Anna­maria sono sedute sulla panca che è nel centro. Thérèse è immersa nella lettura di un romanzo d'appendice. An­namaria ricama. Più avanti, Bubi, il maschietto, e Nini, la   femminuccia,   seduti   per   terra,   giuocano.    Thérèse piange.

Annamaria                  - Mademoiselle!!  Che ha? Perché piange?

Thérèse                       - (si asciuga gli occhi) Oh! È troppo com­movente... Una situazione, le dico io... veramente straor­dinaria!  

Annamaria                  - Che situazione?

Thérèse                       - Nel romanzo...

Annamaria                  - Ah!  E chi è l'autore?

Thérèse                       - Non   so. Ma si tratta di un conte ricchis­simo... che trova una ragazza in miseria!.. È impressio­nante!   Bellissimo... (Rotten,   un  giovane  elegante  stu­dente compare sotto l'arco di verzura, a destra. Si ferma a guardare fissamente Annamaria. Questa gira di nuovo gli occhi intorno come se cercasse qualcuno. Poi si alza) Signorina...  dove va?

Annamaria                  - Faccio due passi, fino alla fontana. Ve­do intanto  se c'è una panca libera per noi...

Thérèse                       - E  se venisse il  signor Marcello?

Annamaria                  - Non verrà, stia tranquilla...

Thérèse                       - Commenti II ne vient pas aujourd'hui?

Annamaria                  - Né oggi, né poi... Non verrà più!

Thérèse                       - Ma se, finora, non è mai mancato un solo pomeriggio!

Annamaria                  - (scrollando il capo) Da oggi in avanti non sarà più così!

Thérèse                       - Mais... pourquoi donc,  perché?

Annamaria                  - (scrolla le spalle) Mah! Era destino!

Thérèse                       - È successo qualche cosa di grave, fra loro due, ieri?

Annamaria                  -   Cara   mademoiselle...   le   racconterò... poi... (In  fretta   va  via   da   destra,   passando   davanti   a Rotten che le fa un inchino pieno di ammirazione). (Bubi e Nini corrono davanti alla scena).

Nini                             - Ora tu fai la mosca cieca...

Bubi                            - Io, no. Tu...

Nini                             - Allola... non giuoco...

Rotten                         - (appena Annamaria se ne è andata, egli viene avanti e si va a sedere sulla panca a sinistra. Lancia i suoi sguardi a Thérèse, che legge il suo romanzo, ma non più colla stessa intensa attenzione. Infatti essa ri­cambia furtivamente gli sguardi di Rotten. Rotten si ri­volge a Bubi) Vieni qua, bel bambino... Quanti anni hai? Sai dirmelo?

Bubi                            - (sgraziato, insolente) No... brutto... non te lo dico!

Thérèse                       - Ma... Bubi! (rapidamente) Vieni qui da me, subito! (Mormora qualche parola all'orecchio del bimbo).

Bubi                            - (va dritto e filato da Rotten e ripete la lezione) Per piacere, signore... che ora è?

Rotten                         - (sorridendo, a Thérèse) Sono le sette, te­soro!

Thérèse                       - Adesso, Bubi... Devi dire a monsieur: tante grazie...

Buri                             - (alza le spalle e se ne va).

Rotten                         - (dopo una breve pausa, tanto per dire qualche cosa) Però... faccio osservare che il mio orologio va un po' avanti...

Thérèse                       - (gentile, tanto per rispondere anche lei qual­che cosa) Oh...  certo...  succede sovente...

(I due bambini, visto che nessuno si occupa di loro, scappano via da destra).

Rotten                         - La signorina è francese... se non sbaglio...

Thérèse                       - Sì... francese... cioè, svizzera francese... di  Ginevra!

Rotten                         - Però... parla splendidamente la nostra lingua!

Thérèse                       - Troppo amabile... Me l'hanno già detto anche altri!

Rotten                         - E... e... la sua bella amica... è francese pure lei?

Thérèse                       - (improvvisamente fredda) La mia collega? No... Non è francese... (Si immerge nuovamente nella lettura del romanzo).

Rotten                         - La sua...  collega...  è andata alla fontana?

Thérèse                       - (glaciale) Io non faccio la guardia alla mia  collega...  prego...  Lo  domandi a  lei...

Rotten                         - (va all'aiuola di fondo e guarda al di là, fra gli alberi) Certo, glie lo domanderò... appena avrò la fortuna di incontrarla...

Thérèse                       - Provi pure, se le fa piacere. Ma... non glie lo  consiglio... (Si rimette a leggere).

Rotten                         - Mah! Chi vivrà, vedrà! (Guarda Thérèse con aria di superiorità e poi se ne va da destra).

Thérèse                       - Quel idiot!

Annamaria                  - (ricomparendo) Thérèse... mia buona Thérèse... Aveva ragione lei... sa! La gente è ben di­versa da come io me la immaginavo!  Anche un mo­mento fa, vede, un vecchio signore!... All'apparenza, lo avrei giurato..., un gentiluomo!... Mi ha fermata... E... Sembra impossibile, però... Anche a quell'età! (Ha un gesto di disgusto).

Thérèse                       - Hélas! Je vous comprends! Ma non è una buona ragione per prendersela tanto a cuore! È lui piut­tosto che dovrebbe disperarsi... perché è vecchio...

Annamaria                  - Oh... non soltanto i vecchi!

Thérèse                       - Qui siamo d'accordo... Qui, lei ha colpito il punto giusto! Vecchi e giovani son lutti uguali! An­che un momento fa, guardi, ce n'era uno seduto su quel­la panca... Très jeune! Appena uscito da balia! Ebbe­ne... ha tentato di attaccare con me! Si figuri! Ma che impertinenza,  le  dico...   da  sbalordire...

Annamaria                  - È la vita che è mal combinala, mia po­vera mademoiselle'!

Thérèse                       - Si ricorda la mia profezia di quella sera? Ora ci siamo! Lei impara a sue spese che cosa significhi essere una povera ragazza senza un soldo, sola e priva d'appoggio! Per le povere ragazze, la vita è bella sol­tanto qui. (Indica il romanzo d'appendice).

Annamaria                  - (parlando con sé stessa, fissa gli occhi ver­so un punto lontano) È vero... Ed è ciò che mi con ripetuta tante volte! Se migliaia di povere figliuole re­sistono con un eroismo che nessuno conosce ed apprez­za, perché io no?... (All'improvviso ridestandosi alla sua realtà) Eppure, Thérèse, in questi ultimi tempi, ho sof­ferto spaventosamente! Lei non se lo può nemmeno immaginare...

Thérèse                       - Conosco!  Uh, se conosco!  

Annamaria                  - (scrolla tristemente il capo) No... non è possibile!

Thérèse                       - Caso contrario... Ce ne sarà un altro! Un uomo se ne va... l'altro viene a prendere il suo posto! Ma chère! C'est la vie! (Dopo Mia breve pausa, con le lacrime agli occhi) Io potrei scrivere un trattato grosso tanto, sugli uomini! Che il diavolo se li porti! (Riflette un momento e si asciuga le lacrime) Ma se poi il dia­volo se li portasse all'inferno per davvero... a noi che resterebbe?

Annamaria                  - (con sottile amarezza) Ah... capisco adesso che cosa intende anche lei per... « amore »...

Thérèse                       - (con accento di protesta) L'amore è come una rosa... Gli uomini sono le spine... Tuttavia la rosa ci commuove... ci inebria... Bien sur... elle est divine! (Una pausa) Ed è per questo che ogni giorno Marcello le porta una rosa... Ed è molto bello da parte sua!

Annamaria                  - Oggi... non la porterà più...

Thérèse                       - (tremendamente curiosa) Ma allora... che significa...  Che cosa è successo!?

Annamaria                  - Stamattina ci siamo visti... e non mi ha nemmeno   salutata...   Ma   è   molto   meglio   così...   Perlo­meno,  ora,  posso  dire  di  conoscerlo, fino  in fondo!

Thérèse                       - Pauvre petite!

Annamaria                  - (con finta calma) Perché? Devo anzi ringraziare il destino. Tutto è finito... È ciò che vo­levo...

Thérèse                       - Oh! Je sais bien!  Quando diciamo: tutto è  finito... è allora  che  qualcosa  dentro  di noi comincia a mordere...  a bruciare... E nel cuore  c'è una confusio­ne che non si capisce più niente!  Rien du tout!

Annamaria                  - Stanotte...

Thérèse                       - (le si avvicina, curiosa fino allo spasimo) Ebbene... Stanotte?

Annamaria                  - È di nuovo venuto alla mia porta... Ha bussato. Se ci penso!  C'è da morir di vergogna!

Thérèse                       - (le afferra una mano) Oh, cher enfant! Crede che soltanto in camera sua ci sia una porta?

Annamaria                  - Ha bussato di nuovo... poi è andato via... Poco dopo è ritornato... Mi ha chiamata... E mi ha detto pian piano: «Se non mi lasci entrare... tutto è finito fra noi... per sempre! ».

Thérèse                       - Racconti... continui... Mon Dieu... come mi piace sentir queste cose!

Annamaria                  - Ha detto che impazziva... che non po­teva più continuare a soffrire così...

Thérèse                       - E poi?

Annamaria                  - E poi niente... Stamattina ha fatto finta di non conoscermi... E così tutto è finito!

Thérèse                       - Conosco! Ascolti il mio consiglio: Prima di una  settimana...  niente!

Annamaria                  - (stupefatta) Eh! Come? Anche lei, Thé­rèse, crede... mi ritiene capace di...

Thérèse                       - (triste, ma con un lungo sospiro nostalgico) Oh, ma chérie! Ero anch'io tanto sicura di me stes­sa! Non avrei mai supposto di essere capace! (Una breve pausa) Può darsi che sia un peccato... Ma io spero di no... Quando morirò e mi presenterò in paradiso, «erto mi domanderanno: Thérèse Cartier, come hai vis­suto sulla terra? Io risponderò: Ero una povera istitutrice e... E allora loro diranno: Stop... il resto lo sap­piamo già... entra pure!

Annamaria                  - Dove va a pescarle, lei, queste cose?

Thérèse                       - (sincera) Mah! Non so... Forse le ho Iel­le... (Una pausa. Qualcuno si avvicina fischiettando da destra. Annamaria guarda trepidante) Che sia monsieur Marcello ?

Annamaria                  - Non credo... (Da destra entra il pro­fessore Mueller. Porta con sé il violino nella custodia di tela cerata. Saluta. Si capisce che si fermerebbe molto volentieri, ma che non osa. Prosegue e scompare a si­nistra) Il professore!

Thérèse                       - (insegue collo sguardo il professore) Già... è lui...

Annamaria                  - Chissà... Forse desiderava di parlare con lei, mademoiselle...

Thérèse                       - Oh... no... Non sarebbe più motivo... (Con la mano fa un gesto di rassegnazione) Non più tardi di ieri sera mi ha detto che l'hanno nominato in pianta stabile. Finora era supplente e percepiva uno sti­pendio très misérable!

Annamaria                  - Ma adesso…. invece... potrà anche pren­dere moglie...

Thérèse                       - Oh, lo farà... non dubiti...

Annamaria                  - E lei...  signorina  Thérèse?...

Thérèse                       - (melanconica.) Io? Fantasie! Illusioni stu­pide!  Gli hanno già fatto  conoscere una ragazza che ha una buona dote...

Annamaria                  - Anche lui.' Una sposa molto ricca?!

Thérèse                       - (sconsolata) Venticinque mila franchi! Di­ce poco? (Si alza. Va verso  sinistra.   È  commossa.   Poi ritorna indietro alcuni passi. Mueller viene da sinistra, attraversa la scena, saluta e si dirige nuovamente a de­stra. Thérèse resta incerta sul da farsi, poi, rapida, esce sulle  orme  del prof.  Mueller.   Entra  Margherita,   quasi correndo, da sinistra. Non vede Annamaria).

Annamaria                  - Margherita!

Margherita                  - (tutta ansante) Oh, finalmente la tro­vo, cara signorina! (Si siede sulla panca) Ho cercato dappertutto, come una matta! Non posso nemmeno respirare...

Annamaria                  - Come mai sei venuta fin qui... Non hai la lezione di francese a quest'ora?

Margherita                  - (di furia, mangiando le parole, emozio­nata) Mi senta, signorina... Ma sono qui per lei che è in pericolo...

Annamaria                  - Io? Che dici?

Margherita                  - (premendosi la mano sul cuore) Come mi batte il cuore... Ma non interessa... L'essenziale è che lei sappia subito... (Si guarda intorno. Poi, a bassa voce conte per dire un importante segreto) La mamma ha scoperto tutto! Ha ricevuto una lettera anonima... e dentro e'è scritto di loro due...

Annamaria                  - Di noi due?

Margherita                  - Sì... Ed è per questo che son corsa fin qui a perdifiato... Anche la mamma ormai lo sa che lei e Marcello... sì... è chiaro, eh?

Annamaria                  - Margherita!!!

Margherita                  - Appena ha ricevuta la lettera la mam­ma è diventata come una tigre! Non l'ho mai vista così infuriata.

Annamaria                  - Margherita... Ti sei occupata di cose che assolutamente non sono adatte a te... In cui tu non c'entri, né devi entrare! Non va bene!

Margherita                  - Anche una predica, adesso? Bel gua­dagno   ci  ho  fatto... Pazienza...  Ora  scappo. (Via).

(Annamaria, rimasta sola, raccoglie il suo ricamo che era rimasto sulla panca, lo piega, lo infila nella borsetta e poi si incammina verso destra. Si incontra con Muel­ler. Questi si ferma sotto l'arco di foglie per guardare se Annamaria è veramente sola. Poi viene avanti).

Mueller                       - So benissimo che lei, signorina, non aspetta  me. Tuttavia...

Annamaria                  - Professore, per sua norma, non aspet­tavo nessuno. Stavo appunto andandomene...

Mueller                       - Ed anche se avesse aspettato qualcuno? Io sarei proprio l'ultimo a criticare... A proposito... For­se lei, signorina avrà già sapute la notizia della fortuna che mi è capitata... circa la mia nomina a professore ordinario...

Annamaria                  - Difatti... Me ne ha parlato mademoiselle Thérèse, poco fa... Thérèse è molto, molto contenta che lei sia riuscito a farsi una buona posizione...

Mueller                       - Ma io mi domando: che valore ha una buona, magari una splendida posizione e tutto il resto, quando ci manca ciò che fa la vita veramente bella? Quando si è terribilmente soli?

Annamaria                  - Molto semplice, professore! Prenda mo­glie!

Mueller                       - (in fretta, attaccandosi alle parole di Anna­maria) Oh... lo farò... Sì... mi sposerò... (Melanco­nico) Vede? Porto con me appunto il mio violino, perché la mia probabile fidanzata ama la musica. È la fi­glia unica di un trattore, nel sobborgo. Adesso consumo ì pasti da loro... Una piccola trattoria, ma con una clientela numerosa. La figlia suona benino il pianoforte ed ha venticinquemila franchi di dote! E mi hanno an­che offerto di abitare là...  Tuttavia...

Annamaria                  - Però, professore! È un vero peccato che lei non abbia pensato piuttosto a mademoiselle Thérèse che le vuol bene ed è tanto brava e cara... Meriterebbe proprio...

Mueller                       - (evidentemente seccato) Che io la sposas­si? Signorina, ma le pare?  Io penso, invece, e con le intenzioni più serie, ad un'altra creatura, completamente diversa... (Una piccola pausa) Lei, signorina... è molto diffidente nei miei riguardi... ed io ne intuisco anche la ragione! È naturale! Io abito nella stessa casa, vedo parecchio, sento, anche senza volerlo, questo e quello. Forse... lei sospetta che io la giudichi severamente...

Annamaria                  - (con tono improvvisamente duro) Che lei mi giudichi? Lei?... Me?

Mueller                       - Oh! Ma so benissimo che si tratta soltanto di pettegolezzi... Quantunque... E poi... la prego! Il passato è passato e non conta più. Io, sarei capace anche di perdonare!

Annamaria                  - (in tono canzonatorio) Ah, lei sarebbe cosi  generoso!   Perdonerebbe!

Mueller                       - Sì!! Non nego che, intimamente, sentirei un profondo dolore... Tuttavia... mi permetto di di­chiararle in piena coscienza che se lei mi dicesse in que­sto momento: Professore, scelga fra me e venticinque­mila franchi... io sceglierei lei.., non ostante ciò che è successo...

Annamaria                  - (in preda all'ira, con tono di scherno) Ah! Bene! Non ostante ciò che è successo! Mi congra­tulo con lei, professore, per i suoi nobili sentimenti! Lei è una persona molto pulita! (Gira bruscamente sui tacchi e se ne va).

Mueller                       - (interdetto, spaventato, lascia cadere il vio­lino) Oh!  Pardon... (Raccoglie il violino  da  terra).

(Il sorvegliante entra da sinistra e lo saluta).

Sorvegliante                - Buona sera, professore! Sempre dei nostri, eh? Ed è anche il più fortunato! Si va a pescare ogni volta la più bella!

Mueller                       - (con falsa modestia) Oh, Dio mio... (Da destra entra una coppia di innamorati. L'uomo, tenendo il braccio attorno al corpo della ragazza, le sussurra) :

L'Uomo                      - Cara, sono tanto felice! (Poi vede Mueller e si toglie il cappello. Mueller ricambia il saluto. La coppia scompare a sinistra. Mueller la segue con invi­dia) .

Mueller                       - Lui è maestro supplente alle nostre scuole elementari... (Triste) Vede, sorvegliante... Così va il mondo! Quel ragazzo non ha ancora una posizione, ep­pure è già felice!... Buona sera... (Curvo sotto il peso della sua delusione se ne va via da destra).

Sorvegliante                - (accende la pipa) Buona sera... (Esce da sinistra).

Wallner                       - (studente del terzo anno di giurisprudenza. Studioso, posato. Viene da destra. Tiene fra le mani un libro aperto. Ripassa le materie, con puntiglio e ad alta voce) « Il concetto giuridico dell'involontarietà del reato riposa su due premesse fondamentali »           - (Si siede sulla panca al centro e continua a studiare). « Se l'azione non ha prodotto un risultato contrario alla legge... » (Si dà un pugno sulla fronte come se si volesse scolpire le pa­role nel cervello) « Un'apparente eccezione si ha nei casi previsti e  puniti  dalla  legge... ».

Grossman                    - (viene da sinistra. È il vero tipo del goliardo vivace e rumoroso. Ha i capelli rossi. Chiacchiera vo­lentieri. È perfettamente l'opposto del tranquillo e cor­retto Wallner. Anche lui tiene in mano un volume scolastico ed una quantità di dispense in disordine) Oh, amico!  

Wallner                       - Ciao...  che  c'è?

Grossman                    - (colla mano indica in fondo, oltre l'aiuola) Rotten mi ha incaricato di dirti che ti aspetta.

Wallner                       - Aspetterà... Voglio finire il capitolo...

Grossman                    - Bene... (Si siede). Sai... alla fontana c'è anche la bella istitutrice...

Wallner                       - Lo so... L'ho vista che se ne andava via di qua...

Grossman                    - A proposito... lo sai? Rotter ha deciso di fermarla...

Wallner                       - Che cosa?

Grossman                    - L'istitutrice...

Wallner                       - E a me, che importa? (Studia, biascican­do) « ...ha due premesse fondamentali... la prima è che atti compiuti non abbiano... ».

Grossman                    - La vuoi finire di recitar le preghiere? Mi dai fastidio... Sai invece che cosa ha detto Rotten...

Wallner                       - Dimmelo... fai più presto...

Grossman                    - Che oggi le vuol parlare a tutti i costi... Oggi, o mai più... Capisce anche lui che altrimenti di­venta ridicolo...

Wallner                       - Anche ieri ha detto la stessa cosa...

Grossman                    - Hai fallo male, Wallner... Dovevi andar tu all'assalto!

Rotten                         - (entra da destra) Ohilà... Wallner... Gross­man...

Wallner,  Grossman    - Ebbene?

Rotten                         - Io me ne vado al cinematografo... Mi ac­compagnate?

Wallner                       - Tò! Guarda... Non dovevi invece parlare alla bella istitutrice?

Rotten                         - È una smorfiosa... e, per giunta, anche stu­pida. Per poco non abbiamo preso uno schiaffo...

Wallner                       - Abbiamo???

Rotten                         - Sì... Walter ed io... Lei veniva di qui... e l'abbiamo fermata. Io le ho detto: (Ha un'orribile, ridi­cola pronuncia francese) Permettez mademoiselle... J'ai perdu mon coeur! N'avez-vous pas trouvé mon cceur?... ». Credevo di aver fatto colpo... Lei mi ha guardato ed ha sorriso un momentino... tanto che mi son sentito solle­vato... Ma poi ha detto: «E loro, ragazzi, pretendono di diventare degli uomini? Si sbagliano... Il loro posto non è qui, ai giardini pubblici... Ma là... nelle gabbie dello zoo ». Walter voleva replicare... Ma la mano di quell'energumena stava per mettersi in movimento... (Marcello entra da destra, tenendo in mano una bellis­sima rosa rossa. Guarda intorno. Vede i giovani studenti e prosegue verso sinistra. I tre lo osservano con acuto interesse).

Grossman                    - Va' là! Con quello lì, la conversazione la sa fare!

Rotten                         - Chi è?

Grossman                    - È il suo amico, mio caro!

Wallner                       - Come lo sai?

Grossman                    - Si trovano qui tutte le sere... È ormai un mese che li vedo! Sono simpatici, però! E lui è un uomo fortunato, ammettiamolo, perché lei è una bella figliuola!

Rotien                         - (in fretta) Dio li abbia in gloria... Io me ne infischio... Vado al cinematografo...

Grossman                    - Te ne infischi? Confessalo, invece. Hai una paura matta che la ragazza informi il suo amico di ciò che tu e Walter avete fatto! (A Wallner) Tu vieni con noi?

Wallner                       - (alzandosi) No, vado a casa... Buon divertimento...

Grossman                    - E lascia correre... Tanto, studiare non conta niente! (A Rotten) Su, non perdiamo tempo... ai buoni posti... (Wallner se ne va da sinistra... Grossman e Rotten più in fretta, da destra).

(È il tramonto... Il cielo è di un magnifico rosso fuoco. Marcello, sempre colla rosa in nuoto, ritorna da si­nistra. Va all'aiuola in fondo e spia verso la fontana. Ad un tratto nota qualcosa, si tira indietro e si mette a sedere su la panca, chinandosi, come se fosse immerso in profondi pensieri. Annamaria entra da destra e sta un momento ad osservare Marcello. Gli si avvicina, im­barazzata, ma sorridente).

Annamaria                  - Buona sera, Marcello...

Marcello                      - (sussultando, ma poi frenandosi) Buona sera, signorina... (/ loro sguardi tradiscano la rispettiva lotta interna e che negli ultimi giorni è avvenuto fra loro qualcosa di molto importante. Dietro l'apparente di­sinvoltura di Annamaria si nasconde una nuova ansia. Pietro all'energico contegno di Marcello, una singolare incertezza) L'ultima volta, le ho promesso di portarle ogni sera una rosa... Eccola, signorina...

Annamaria                  - (sorridendo finge la massima calma. La pa­rola « signorina » però l'ha penosamente colpita) Si­gnorina! Oh! (Prende la rosa) Soltanto 24 ore fa... mi chiamava ancora Maria!

Marcello                      - Sovente... in 24 ore, molte cose possono cambiare! (Fissa Annamaria).

Annamaria                  - (sfugge lo sguardo di Marcello e fissa la rosa) Questa rosa  è bellissima!  Grazie,  Marcello!

Marcello                      - (non sa parlare. Le si avvicina e l'avvolge col suo sguardo bruciante. Annamaria cerca di resistere).

Annamaria                  - Strano! Qui intorno tutto ha un riflesso vermiglio! Come se questa rosa fosse moltiplicata all'in­finito! Invece non è altro che una gran nube dì fuoco che fra mezz'ora cederà alle ombre della notte...

Marcello                      - (si sforza di parlare senza soggezione) Ma­ria... Ieri sera...

Annamaria                  - (sulle difése e con tono di gentile ammo­nimento) E questa rosa mi è tanto cara che volentieri sono indotta a perdonarle... ieri sera... Ma anche lei, Marcello, deve essere buono... e dimenticare, completa­mente...

Marcello                      - (avvicinandosi, caparbio) Ieri sera, quan­do ho bussato di nuovo ed inutilmente alla sua porta...

Annamaria                  - (alzando la testa, altera) L'ho pregata, .cordialmente,  di non parlarmene più!

Marcello                      - Non la voglio annoiare... Dato che lei non vuol sentire ciò  che mi sta a cuore...

Annamaria                  - Rettifichi, la prego... Dato che a lei sta a cuore esclusivamente ciò che io non posso sentire e che non riesce ad esprimere se non brutalmente con un ultimatum assurdo...  O... o...  Già!  Forse è l'abitudine... Con una piccola, povera ragazza... si fa presto. Si bussa di notte alla porta della sua stanza. Se non rea­gisce, si ritorna la notte seguente... Ma allora non si prega più... si pretende, si impone... (Con un filo di pianto nella voce) Niente di più probabile che alla terza notte si butti giù la porta con una spallata.

Marcello                      - (sorpreso dalla critica severa, ma sempre più innamorato) Maria... non deve andare in colle­ra! Ma essere ragionevole. È possibile che un uomo, vi­vendole vicino, vedendola continuamente, ammirandola, amandola... (Sì siede accanto a lei, con voce carezze­vole) Bambina, meravigliosa bambina! (Inebriato dal­la poesia del  momento,  cerca  la  mano  di  Annamaria).

Annamaria                  - (più disperata che energica) No... mi la­sci, Marcello... Non è possibile! (Si riprende) E guar­di... anche lei! Come osa lei, che certamente sa espri­mersi in ben altro modo?... Tanto vale che ogni sera scrive ad una persona che le è cara, che diventerà sua... mentre io...

Marcello                      - (dolce, come se parlasse ad una bambina, ma col presentimento di aver già vinto in parte la sua battaglia) Lei è ingiusta, Maria! L'amore...

Annamaria                  - (le sue labbra fremono) Dopo cento av­venture...  le  è proprio  indispensabile la  centounesima!

Marcello                      - Non si può negare, però, «he è un'avven­tura cominciata in un modo un po' strano! Da quattro settimane non vivo più come prima! Sono diventato un altro! (Una breve pausa) Ancora un mese fa me ne an­davo attraverso il mio mondo come un padrone, intento soltanto a soddisfare il mio piacere, la mia vanità ed il mio capriccio. Adesso, da quando amo, sinceramente e profondamente, mi interesso anche degli altri e perfino delle piccole cose che non avevo mai osservate. Mi è ritornata una volontà e soprattutto una fede... la fede nel lavoro!

Annamaria                  - (compiaciuta, sorridendo) E già crede di doversene pentire?

Marcello                      - Se dovessi pentirmene, non sarebbe per colpa mia! La mia esistenza è nelle sue mani, signorina Maria! E tutti credono che dipenda dalla mia fidanzata... mentre io non ho affatto una fidanzata! Glielo giuro! È una parente... colla quale sono in corrispondenza; me­glio,   colla  quale  ero  in corrispondenza!

Annamaria                  - Fino a quando?

Marcello                      - Maria... non ricorda? Glie l'ho promes­so... l'ultima volta... e da allora...

Annamaria                  - (interrompe, protestando) Prego! Io non l'ho affatto pregata di smettere!

Marcello                      - È vero... Ma avevo capito che le dispia­ceva... e del resto... io stesso... sentivo... che era meglio finire!

Annamaria                  - Marcello... Questo è successo dieci gior­ni fa...

Marcello                      - Sì... circa dieci giorni fa...

Annamaria                  - E... Da allora... non ha più scritto?

Marcello                      - (si capisce che parla dell'argomento con un certo disagio) No... non ho più scritto...

Annamaria                  - Nemmeno un saluto?...  Qualche riga?

Marcello                      - Nulla! Mi era piaciuta tanto la sua gelosia!  Ero così felice di poterle provare che era infon­data!  Di darle questa piccola gioia!

Annamaria                  - (si alza. Si sforza di essere severa. Ma gli riesce miserevolmente) Ora vada, Marcello! Mi lasci sola! (Vorrebbe tenersi lontana da Marcello e si mette a camminare, ma, al contrario, si riduce in un vicolo cieco, costituito dall'aiuola di fondo. Marcello, quasi ipnotizzato da ogni gesto di Annamaria, la segue passo passo. L'avvicinamento avviene adagio, per gradi, senza brutalità, con la massima naturalezza, come se facesse parte dell'armonico insieme di quel vespero ardente) La prego... vada via...

Marcello                      - Perché? Proprio in questo momento che per noi è così dolce?

Annamaria                  - Marcello... la scongiuro! Poco fa ho pianto... È vero! Ma non per quello che lei crede! Pian­gevo di vergogna! Forse lei non lo capisce... non può capirlo...: cosa significhi essere sola al mondo e... povera!

Marcello                      - Povera?  Quando si è così bella?

Annamaria                  - Taccia... Marcello... non mi piace...

Marcello                      - (più dolce e convinto, come se parlasse con una bambina) Adesso dovrei tacere? Cattiva! Quando invece voglio dirle che tutti gli altri sono morti per me e che lei soltanto è viva?

Annamaria                  - Vada via, Marcello! Abbia pietà... Ho la testa che mi duole... Lo creda... Se lei fa il buono e va via... non lo dimenticherò... e forse... un'altra volta... (Tace. Marcello la tiene stretta fra le braccia e la guarda in viso. Poi si china e le cerca la bocca. La bacia lunga­mente. Annamaria si libera dalla stretta, fa un passo indietro e balbetta) Ora, vada! La imploro... mi lasci...

Marcello                      - (le si avvicina nuovamente. Le previde e le tiene la mano) Ma fino a quando, Maria? Perché do­vremmo consumarci in questo desiderio aspettando non si sa che cosa? Siamo giovani e ci amiamo... Prova a negare! Anche tu mi ami! E allora perché attendere ancora?

Annamaria                  - Marcello... per amor di Dio... che dice?

Marcello                      - Poco distante, sulla collina c'è una pic­cola casa... tutta mia... In un quarto d'ora ci arriviamo!

Annamaria                  - Lei è pazzo, Marcello... Lei è pazzo!

Marcello                      - Ah, sì! Lo so! Ed ho anche una smania prepotente di gridarlo! Sono pazzo di te! Ed è una paz­zia che vale la vita!

Annamaria                  - No!! No! Oh, Dio! E Nini che è sola... alla fontana! Mi lasci andare!

Marcello                      - (si china ancora per baciarla, ma si sente il rumore di passi sulla ghiaia. Si staccano in fretta. Da si­nistra entra la signora Cramer. Marcello è ancora vicino ad Annamaria. Ambedue assumono l'aspetto di peccatori colti in flagrante. La signora Cramer fulmina Annamaria con uno sguardo micidiale. Una pausa lunga e penosa).

Signora Cramer           - Signorina!

Marcello                      - (fa un passo avanti) Mamma, mi preme di dichiararti...

Signora Cramer           - Non è a te che pago uno stipendio e do vitto e alloggio per educare e sorvegliare la mia bambina!

Annamaria                  - (rispettosa) La Nini è qui vicino che  giuoca... C'è chi la sorveglia ed io... per caso... mi sono allontanata e solo per un momento...

Signora Cramer           - (sarcastica) Già... soltanto un mo­mento... E poi... per caso! Niente di più naturale! Ma guardi un po'! Ma c'è qualcuno che s'interessa di lei e questa lettera, mi pare, dica la verità. Infatti un anonimo m'informa dei vostri appuntamenti...

Marcello                      - Mamma...

Signora Cramer           - Tu, stai zitto, ti prego... Mi dispia­ce... ma la signorina non può rimanere un'ora di più in casa nostra...

Marcello                      - Sta bene... Non rimarrà in casa vostra!

Signora Cramer           - Si cerchi pure un rifugio, già per questa notte...  e mandi a prendere la  sua roba.

Marcello                      - Sarà fatto.

Signora Cramer           - Alla quale roba... mi permetterò tuttavia di dare un'occhiata...

Marcello                      - Non lo farai... te lo garantisco io!

Signora Cramer           - (seccata per l'intervento di Marcello che le impedisce un maggior getto di insolenze) La bambina, a casa, la conduco io... Sudo freddo, pensando alla nostra Margherita! Povera creatura innocente! Cosa può aver imparato da una maestra simile? E pensare che l'abbiamo trattata come una persona di casa! Le ho su­bito regalata una camicetta... Poi le ho dato perfino un paio di scarpe che, facendole risuolare, sono come nuove. Tutto questo, in un mese! Ed ecco la sua riconoscenza... Del resto, la colpa è mia! Fin dal primo momento, ave­vo capito che non faceva per noi... Una donna che in un paio di settimane, con arti raffinate, imparate chissà dove, è capace di mettere nel sacco un figlio di famiglia...

Marcello                      - Mamma... finiscila.

Annamaria                  - Non mi difenda, signor Marcello... È superfluo.

Sicnora Cramer           - (impettita, volta le spalle. Giunta sotto l'arco di fogliame, si volta e dice a suo figlio) In quan­to a te è una vergogna! Quando si ha una fidanzata ricca, bella, intelligente, buona e ricca come la tua...

Marcello                      - Ricca... l'hai già detto una volta...

Signora Cramer           - (indignata) Ma la tua è così ricca che lo si può ripetere anche due volte... (Via).

Marcello                      - (dopo una pausa) Ti prego, Maria... Per­donale... Non è cattiva... Ma ha il torto di esagerare... anche nei miei riguardi...

Annamaria                  - Ha ragione... Ho lasciata la bambina sola. Ho sbagliato...

Marcello                      - Hai sofferto, vero? L'ho visto... povera cara!  È stata una scena spiacevole...

Annamaria                  - (con un leggero brivido di freddo) Pe­rò... sono stata contenta che qualcuno mi abbia difesa... La  ringrazio,  Marcello...  Non lo  dimenticherò mai...

Thérèse                       - Viens, Bubi... Mais viens donc! (Entra e, vedendo Marcello ed Annamaria, dimostra un po' di sog­gezione) Oh! Pardon... Mi scusino... Son venuta soltanto un momento... -.(Ad Annamaria) Vorrei dirle una parola!

Annamaria                  - Cara mademoiselle Thérèse... dica pure!

Thérèse                       - (a Marcello) Vous permettez... monsieur Marcello? (Tira Annamaria in disparte. Marcello si ritira in fondo alla scena) Je sais tout! E son venuta appunto per questo!  Ma chère... se lei stasera non sa  dove andare... può approfittare di me... Lei lo sa... La mia ca­mera è a pianterreno... Se lei batte sui vetri della fine­stra... apro e la faccio entrare...

Annamaria                  - La ringrazio tanto... mademoiselle! Lei è veramente buona!

Thérèse                       - Je vous attendrais... Adieu, ma chère... Buona sera, monsieur Marcello! (A voce ancora più bas­sa, con intenzione) Anche se viene un po' tardi... non importa... Basta mi colpo sui vetri... io l'aspetterò... (Esce).

(Dna folata di vento passa fra i rami. Annamaria ha un brivido più forte).

Annamaria                  - Ho freddo... mi sembra di avere un po' di febbre...

Marcello                      - Maria... siamo di nuovo soli...

Annamaria                  - Marcello... la prego... Se le dicessi che ho bisogno... un grande bisogno di restar sola... mi ca­pirebbe ?

Marcello                      - E... dove vai?

Annamaria                  - (scrolla le spalle) È indifferente... Per questa notte, forse, andrò da mademoiselle Thérèse...

Marcello                      - E domani? Non potremmo trovarci do­mani?

Annamaria                  - Se lei vuole!

Marcello                      - Se voglio? E me lo domandi? Oh! Cara! E dove?

Annamaria                  - Dica lei...

Marcello                      - Alle sette?

Annamaria                  - Alle sette...

Marcello                      - Qui?

Annamaria                  - Qui...

Marcello                      - A domani, amore... (Si inchina e le bacia devotamente la mano).

Annamaria                  - Arrivederci, Marcello!

(Marcello esce da destra. Annamaria, affranta, si la­scia nuovamente cadere sulla panca e rimane, muta, a fissare il cielo ormai lievemente velato di ombra. Dopo una pausa appare Tommaso).

Annamaria                  - Tom... siete voi?... Proprio voi? (Com­mossa; fra il pianto ed il riso) Come mai? Perché siete venuto ?

Tommaso                    - Vi sto cercando da un'ora abbondante! Naturalmente non potevo immaginarmi di trovarvi na­scosta qui...

Annamaria                  - (con un improvviso scoppio di gioia) Oh! Tom! Mio vecchio, caro e buon Tom! Se sapeste!

Tommaso                    - Non occorre... Io, del resto, so tutto... Vi ho cercata in casa Cramer... Ho parlato colla came­riera... Abbiamo chiacchierato di questo e di quello... Che lingua d'inferno ha quella ragazza! Ad ogni modo mi sono convinto: avevo ragione io!  Ve l'ho scritto nella mia prima lettera: « Lasciate stare, Annamaria, ritornate a casa! Mescolarsi con persone di servizio, non è un giuoco degno di voi... ».

Annamaria                  - Giuoco? Si... Quando ho cominciato era veramente un giuoco... Mi divertiva. Io, Annamaria Lacman, ridotta a fare la povera istitutrice e proprio presso quella gente che aveva riposto tutte le sue speranze nei miei quattrini! Era supremamente comico, grottesco, no? E la fatica che mi ci è voluta per ottenere, da lontano, la complicità della vera signorina Maria che quella sera non era arrivata! Ma ciò che è successo dopo, caro Tom! Ad un tratto il giuoco divenne serio, tremendo! Non mi riuscì più di distinguere esattamente dove finiva Anna­maria Lacman e dove cominciava l'istitutrice!

Tommaso                    - Già... ho  sentito...

Annamaria                  - Credetemi, Tom... Se ogni persona del nostro ambiente si trovasse povera per un mese, vi dico, soltanto per un mese, forse il mondo diventerebbe mi­gliore... Non sorridete così... Tom! Non ne avete il di­ritto! Perché non saprete mai immaginarvi come certi modi di vivere siano spaventosi... (Una pausa. Si sente un clackson di automobile) La macchina...

Tommaso                    - Oh! La riconoscete... Andiamo a casa, Annamaria. A questa avventura ci dormirete sopra do­dici ore filate... e domani parleremo di tutto il resto» con calma, a mente riposata e coi nervi a posto! (Suona del clackson).

Annamaria                  - La mia macchina... Come mi sembra strano...

Tommaso                    - Infilatevi il mantello, su, da brava!

Annamaria                  - (si mette il mantello) Mi sembra di es­sere già diventata un'altra! Che piacere mi fa... pensare a quello che ero un mese fa... e che ritorno ad essere! (Lentamente, Annamaria si siede sulla panca e fissa la rosa. Tom, in piedi, la guarda curiosamente).

Tommaso                    - Perché tacete, ora? Vi è venuto in mente qualche cosa?

Annamaria                  - Infatti... pensavo... Prima, quando vi ho parlato di ciò che ho sofferto durante questo periodo di tempo... sono forse stata ingiusta... verso qualcuno. Ho dimenticato di aggiungere che un paio di brave per­sone, malgrado tutto, le ho trovate!

Tommaso                    - (pulendo la pipa) Ah! Sì?

Annamaria                  - Sì... un paio... (Pausa).

Tommaso                    - Ringraziamo Iddio...

Annamaria                  - (guarda Tom tace. Capisce che Tom, pur fingendo indifferenza, muore dalla voglia di sapere di Marcello) Per esempio: una buona, cara ragazza... mademoiselle Thérèse... un'istitutrice della svizzera fran­cese, e un professore che si chiama Mueller... Mi ha chiesto se volevo sposarlo...

(Una pausa. Tom fa qualche passo. Poi si va a piantare davanti ad Annamaria. Calmo, misurando e scandendo le parole, dice) :

Tommaso                    - Annamaria, io non vi ho aspettato cinque anni e mezzo e non son corso oggi a rompicollo sei lun­ghe ore in automobile per sentirmi raccontare la com­movente storia di un bravo professore che si chiama Mueller o di una buona istitutrice svizzera che si chiama Thérèse. Sono venuto per ricordarvi che il termine fis­sato da voi stessa... il 15 giugno... scade oggi. Speravo che arrivaste stamattina col treno delle undici e venti... Non avendovi vista, ho presa la macchina e sono venuto... E adesso, da un quarto d'ora mi state parlando di un'in­finità di cose che non mi riguardano... ma non di noi tre!  Ed a me interessa esclusivamente questo: cosa avete da dirmi di noi tre? Di voi, di me e di quel gentiluomo che risponde al nome di Marcello Cramer?

Annamaria                  - (tace, assorta).

Tommaso                    - Perché non parlate?

Annamaria                  - Sapete qualcosa di brutto sul conto suo?

Tommaso                    - Oh, finalmente!  Ci siamo...

Annamaria                  - Che volete dirmi di male?

Tommaso                    - Annamaria. Se filiamo ad 80 all'ora, arri­veremo a casa alle due di notte... Volete che rimandiamo tutte le discussioni a domani? Io, poi, lo sapete, non sono un fanatico del chiar di luna!

Annamaria                  - Sì, Tom... andate pure!

Tommaso                    - E voi?  Volete rimanere?

Annamaria                  - Sì... devo rimanere... devo ancora sa­lutarlo, è il meno ch'io possa fare per lui!

Tommaso                    - (stupefatto) Il meno che potete fare per lui?!

Annamaria                  - Egli lo merita, Tom!

Tommaso                    - (esasperato) Lo merita? Ah, beh! Siete straordinaria...

Annamaria                  - No, Tom... Cercate di capirmi... Devo considerare tutto quanto mi è successo nient'altro che un sogno... Siamo d'accordo. Le persone e le cose che ho odiato durante questo diabolico mese, le avrei odiate soltanto in sogno... Pure Marcello ha fatto qualche cosa... qualche cosa... che mi induce a perdonargli qualunque altro errore! Ma da dieci giorni...

Tommaso                    - Ebbene...  da dieci  giorni?

Annamaria                  - Voi potete saper meglio di me quello che è avvenuto!  Da dieci giorni, egli non ha più scritto alla fidanzata ricca...

Tommaso                    - Ah! E questo sarebbe il suo grande me­rito... Questo vi indurrebbe ad impartirgli l'indulgenza plenaria ?

Annamaria                  - Sì Tom, proprio questo... Ve lo confes­so: sono orgogliosa di aver conquistato, nelle mie vesti di modesta istitutrice, Marcello Cramer! Sono felice di averlo saputo strappare alla parente ricca, mia rivale,  che egli voleva soltanto  sposare per interesse...

Tommaso                    - (tira fuori dalla tasca un piccolo pacco. Sono lettere. Guarda indeciso, prima il pacco e poi Annamaria. Rimette il pacco in tasca. Si avvicina ad Annamaria. Durante il dialogo il suo accento è meno aspro e scan­zonato, più triste che ironico) Tuttavia... facciamo una ipotesi, Annamaria... Se il giovanotto, malgrado tutto, avesse ancora scritto un paio  di lettere?

Annamaria                  - (si alza. Ha già capito. Parla soltanto per guadagnar tempo e speranza) Ma io non ne ho più ri­cevute... Ed egli stesso mi ha assicurato...

Tommaso                    - Oh... se è lui che ve lo ha assicurato... la faccenda è un po' diversa... (Le consegna il pacco delle lettere).

Annamaria                  - (stupefatta, prende il pacco e lo apre) Che lettere sono? (Le sfoglia, riconosce la scrittura) Sue? Impossibile!

Tommaso                    - Dieci, puntuali, in 10 giorni... L'ultima è giunta stamattina...

Annamaria                  - (comincia a leggerne una. Scossa dall'indi­gnazione,  piano,  come a se  stessa) Miserabile!

Tommaso                    - No... io direi... uomo pratico.

Annamaria                  - (leggendo in fretta) E questa l'ha scritta quattro giorni fa. Miserabile! Ancora l'altra sera! Ha impostata  questa  lettera  e  forse  cinque minuti dopo  è venuto a bussare alla mia porta! (Alza la testa. Nei suoi occhi passa un lampo cattivo) Nessuna donna è mai stata tradita ed insultata a questo modo! Due volte in una! Maria l'istitutrice dà la mano ad Annamaria Lacman!... È mostruoso!... Mi vergogno per tutte e due! (A Tom) Vi ringrazio, Tom! Che siete venuto a prendermi! Non lo  dimenticherò  mai...  Siete molto  buono!

Tommaso                    - (come per scusarsi) Non volevo darvi un dolore,   Annamaria!

Annamaria                  - Dolore? Non è il caso di parlarne... Ah, no! Nessun dolore: soltanto nausea. (Legge) «Ardo dal desiderio di conoscervi dopo che già vicino, sempre più vicino a me sento il vostro spirito eletto. Quando mi sarà concesso di fare la mia visita a voi ed alla vostra de­gna famiglia? ». (Riflettendo) La visita a me ed alla mia degna famiglia! (Afferrando un'idea) Bellissima! Qui, lo voglio! È meglio, molto meglio Tom... ho trovato un finale pel romanzo anche più interessante... ma soprattutto più divertente! Aspetterò che quel gentiluomo venga da me... lui e i suoi... E quando ci sarà, vedrete... Non se lo dimenticherà più, per tutta la vita! (Coi pugni chiusi, fa qualche passo, guarda lontano, come se già vedesse la scena dell'incontro. Poi, risoluta) Andiamo pure, Tom! Sono io che lo desidero. Qui, non ho più nulla da fare...

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Nel castello dei Lacman in Boemia. Un salone. A de­stra ed a sinistra, porte. In fondo, una grande finestra che dà nel giardino. A sinistra un pianoforte. Sopra il pianoforte, in posizione visibilissima, un grande ritratto di Annamaria.

All'aprirsi del velario, Annamaria è seduta al piano­forte e suona un notturno di Chopin. È pallidissima, sofferente. L'espressione del viso è triste, i gesti sono di persona stanca.

Zia Luisa                     - (è una simpatica figura di signora attem­pata, molto fine. Viene da sinistra. Si ferma un momento sulla porta e guarda Annamaria, scrollando il capo) Chopin... ancora Chopin... Sarebbe meglio tu andassi più sovente a fare una bella passeggiata... Questo tuo modo di fare... di non voler veder nessuno... è assurdo...

Annamaria                  -  Zia...  ricominci  a litigare?

Zia Luisa                     - Per carità! No. Soltanto... e te lo dico sinceramente... penso di scrivere a tuo padre. Mi pare che tocchi a lui... Venga qui e ti veda. Forse a lui sa­prai spiegare... ti degnerai di raccontare ciò che ti senti... ed egli è uomo capace di consigliarti per il meglio...

Annamaria                  - Lo direi volentieri anche a te, zia... ma...

Zia Luisa                     - Non dire bugie. Con me, sei cattiva. Me ne sono accorta subito, da quando sei tornata di laggiù. Sei completamente cambiata. Ormai son passate delle set­timane e continui a sfuggirmi.

Annamaria                  - È vero, zia, sarò cambiata. Ma dimmi: è vero che hai licenziata la Ida?

Zia Luisa                     - Verissimo, perché? È qui da due mesi e ne ha combinate tre o quattro imperdonabili! Anche stanotte, pare che qualcuno sia entrato da lei, passando per la finestra! Non vale di parlarne!

Annamaria                  - Zia Luisa... te ne prego... non mandarla via!

Zia Luisa                     - Se ti fa piacere... rimanga pure...

Giovanni                     - (vecchio cameriere. Viene da destra. Si fer­ma sulla porta) L'autista domanda se deve andare alla stazione... a prendere i signori  che  arrivano...

Zia Luisa                     - (agitando lievemente il mazzo dì chiavi) Santa pazienza! A momenti la facevo grossa... Me ne ero dimenticata... (Ad Annamaria) E tu... scendi anche ad incontrarli?

Annamaria                  - (come toccata da una corrente elettrica, con tono insolitamente energico) Nemmeno per idea... (A Giovanni) L'automobile... vada subito. È già tardi...

Giovanni                     - Si, signorina... (Via da destra).

Zia Luisa                     - (un po' stupita) Come mai? Credevo ti volessi trovare anche tu al loro arrivo...

Annamaria                  - No... li aspetterò qui... (Guarda fuori dalla finestra).

Zia Luisa                     - Non mi sembri troppo entusiasta di que­sti tuoi parenti...

Annamaria                  - Sono cugini del papà... A me non interessano   molto.   Ma   voglio  essere  bella  ugualmente  e indosserò un abito elegante. (Via).

Giovanni                     - (entra da destra con un fazzoletto in  mano) È venuto il signor Tom...

Zia Luisa                     - Ah, lui! E dov'è?

Giovanni                     - Aspetta la signorina, nel belvedere...

Zia Luisa                     - Ed intanto me lo riempirà di fumo!

Giovanni                     - Nossignora! Non ha più la pipa in bocca, come sempre.  Me ne sono  meravigliato  anch'io.

Zia Luisa                     - Di chi è quel fazzoletto?

Giovanni                     - Della signorina. L'ha trovato il giardinie­re.   Sulla   panca,   in  riva   al  laghetto   del   parco...

Zia Luisa                     - (spaventata) Fin laggiù?

Giovanni                     - Sissignora. E c'è dell'altro... Il giardiniere mi ha confidato che la nostra signorina è rimasta all'aria aperta quasi tutta la notte, seduta sulla panca, a guar­dare le stelle! Io gli ho detto: Buon segno! Avremo presto un matrimonio in casa!

Zia Luisa                     - Sei un competente in materia, tu! Con le tue cinque figliuole sposate!

Giovanni                     - Infatti... Non mi è stato facile sistemarle tutte... come si doveva... Ma la fortuna mi ha aiutato... (Entra Tommaso).

Tommaso                    - Buon giorno, zia Luisa! (Le bacia la mano).

Zia Luisa                     - Buon giorno, birbante! Come va?

Tommaso                    - (sedendosi) Di salute, benone!... Dun­que... Oggi arrivano  gli ospiti... vero?

Zia Luisa                     - Saranno qui fra poco, credo...

Tommaso                    - A dir la verità... io sono venuto soltanto per parlare coll'amministratore... Non intendo affatto star qui a  disturbare... (Si alza).

Zia Luisa                     - (lo trattiene pel braccio) Vorrei vedere anche questa! Caro Tom! Sono io che non vi lascio scappare!

Tommaso                    - (si risiede).

Zia Luisa                     - Mi sembra che noi due abbiamo da chia­rire insieme qualche cosettina. (Si siede vicino a lui) Fi­gliuolo mio! Non so se ricordale bene. Circa sei anni fa... eravamo qui, in questa stessa stanza, seduti l'uno accanto  all'altro,   come  adesso...

Tommaso                    - E come no? Mi ricordo perfettamente. Ma da quel giorno, purtroppo, sono appunto passati circa sei anni!... Annamaria, per la prima volta, mi aveva detto di no. Ero venuto a prender consiglio dalla zia Luisa... Cosa dovevo fare? E la zia Luisa mi aveva risposto: « A questo mondo bisogna saper aspettare! ».

Zia Luisa                     - Esatto. Aspettare... Ma agire... Non ave­vo mica prescritto di stare sei anni colle mani in mano!

Tommaso                    - Oh! Durante questo lungo periodo ho ri­petuta la mia brava domanda di matrimonio la bellezza di 79 volte! Non ho difficoltà ad arrivare ad 80 se voi credete che Annamaria ci tenga a le cifre tonde.

Zia Luisa                     - Dunque... perché tirare le cose tanto in lungo? Annamaria deve sposarsi! È tempo!

Tommaso                    - Lo farà, state tranquilla. E questa volta, per decidersi non avrà bisogno di pensarci su quasi mez­za dozzina di anni!

Annamaria                  - (viene da sinistra. Sentendola entrare, la zia tace) Buon giorno, Tom! Era ora che vi faceste vedere! Mi fa piacere...

Tommaso                    - Grazie, Annamaria!

Annamaria                  - A proposito, Tom. Oggi arriva anche Marta Gering! Così potrete finalmente conoscerla... (Si siede).

Zia Luisa                     - Una gran bella figliuola. Molto sportiva. Molto moderna.

Annamaria                  - Ma intelligente, colta, seria e molto più tenera e delicata di sentimento di quanto possa sembrare. In collegio era la mia migliore amica. La chiamavamo « il campione di boxe ». Per voi, Tom, sarebbe una com­pagna ideale!

Tommaso                    - Non ne dubito... Infatti fin da bambino ho sempre coltivato l'aspirazione di sposare un campione di boxe!

Zia Luisa                     - (vuol lasciare i dive giovani soli) Ragaz­zi... Vi prego di scusarmi... Devo dare un'occhiata nelle stanze e poi in cucina...  che tutto sia in ordine. (Via).

Annamaria                  - Avete spedito il danaro, Tom?

Tommaso                    - Sì. Venticinquemila franchi... a mademoi­selle Thérèse Cartier...

Annamaria                  - Adesso, potrà sposarsi il buon professor Mueller.  E forse  saranno anche felici!

Tommaso                    - Certo... È molto bello... preoccuparsi della felicità altrui! (Una pausa) Il treno arriva fra una de­cina di minuti...

Annamaria                  - Credo...

Tommaso                    - (si alza, accènde una sigaretta. Va al piano­forte) Questi dieci minuti vi sembreranno un po' lun­ghi. Non è vero, Annamaria? (Sorridendo) Non ostante la mia amabile compagnia!

Annamaria                  - Tom... mi credete se vi dico che in queste ultime notti io ho meditato, più di quanto abbia dormito ?

Tommaso                    - Ci siamo.

Annamaria                  - Pure certe volte... sento in me una voce... strana... timida e buona... che tenta di difenderlo!

Tommaso                    - Lo sospettavo, Annamaria!

Annamaria                  - Semplicemente perché è mostruoso cre­dere che un uomo possa diventare tanto spregevole, uni­camente per sete di danaro! E se non viene... lo raggiun­gerò io... anche in capo al mondo!

Tommaso                    - Verrà, Annamaria...

Annamaria                  - (si alza) Ha scritto poco... e le sue let­tere sono state diverse assai dalle prime... Vediamo se ha quest'audacia!

Tommaso                    - (sorridendo filosoficamente) Se ha quest'audacia, punitelo inesorabilmente! Sposatelo! Vi do però  un consiglio... Non lasciate passare altri sei anni.

Annamaria                  - Con voi non si può più parlare sul se­rio!  Vado a cambiarmi. (Esce).

Tommaso                    - (a Giovanni che entra) L'amministratore è in  casa?

Giovanni                     - Sissignore! (Esce da destra. Tommaso ode intanto il clackson dell'automobile. Va alla finestra. Emette un piccolo fischio di sorpresa e fugge via ra­pidamente da destra).

Marta                          - (è una bella ragazza, tutta brio e salute. Veste un   elegantissimo   costume   da   tennis   e   porta   in   mano anche  la racchetta. In  tutto  il suo  modo  di fare vi è!  Qualche cosa  di maschile.  Senza però  che  ella perda in leggiadria. Entra con zia Luisa che porta dei fiori e che va ad ordinarli in fretta nei diversi vasi che si trovano nella sala).

Zia Luisa                     - Tu mi perdoni, eh, figliuola cara? Sei di famiglia... Ma oggi  ci  sono anche altri ospiti...

Marta                          - Ma vada, ma faccia, zietta. Si trovi a rice­verli! Io me ne resto qui, tranquilla. Leggerò qualche cosa!

(Zia Luisa esce. Marta prende un libro. Ne cerca un altro, lo sfoglia, e lo rimette al suo posto. -Ne prende un terzo. Marcello entra da sinistra. È quasi irriconosci­bile. Dimagrito, pallido, si muove con evidente stanchez­za. È depresso, nervoso. Vedendo Marta, ha un gesto di sorpresa. Marta lo nota e sorride, un po'  imbarazzata).

Marcello                      - (cerca tormentosamente le parole) Do­mando scusa... Se mi sono permesso... di entrare senza farmi annunciare... (Credendo di parlare colla padron­cino di casa si passa la mano sulla fronte, come se ca­desse in deliquio).

Marta                          - (scambiando a sua volta Marcello per Tomma­so) Senta!  Non si stupisca della mia franchezza. Ma ci tengo ad essere sempre sincerissima. Non sono di quelle che posano, io. E non amo i preamboli e le for­malità.  Quindi,  le  dico subito  che l'aspettavo.

Marcello                      - (sempre più imbarazzato) Già... già... è strano... signorina...

Marta                          - Questo è stato appunto il lato interessante del nostro incontro! Che lei è entrato, mi ha vista e ci siamo parlati subito, come se si continuasse un discorso cominciato ieri. Bellissimo! Sa... non nego di essere un po' diversa dalla media comune delle altre ragazze. Ma so pure che lei è un tipo speciale! Niente smorfie, quindi. Io, lei, la conosco ormai perfettamente. Forse anche lei sa parecchio di me. Perché non dovremmo essere  ottimi amici?  Non  le  sembra?

Marcello                      - (sente che la situazione per lui diventa sem­pre più penosa) Oh... certo... Ma veda, forse potremo star soli, insieme, ben rare volte... Voglio dire... soli, a quattr'occhi. Attorno a noi avremo tutta la gente... i miei... i suoi... ho preferito spiegarmi per iscritto. (Por­ge una lettera) È già qualche giorno che la lettera è pronta... Ma non l'ho impostata... Visto che dovevo venire. L'ho portata con me... perché appunto... ho tenu­to conto della probabilità di poter difficilmente rimaner soli insieme... Del resto, ciò che lei in cinque minuti potrà sapere, leggendo questa lettera, io... oggi... nello stato d'animo in cui mi trovo... non sarei capace di esprimerlo... La prego, signorina... non se l'abbia a male...

Marta                          - Anzi lo trovo un sistema nuovo, diverten­tissimo! (Prende la lettera) E la leggo anche subito...

Marcello                      - (Con un gesto di spavento) Ah, no! La scongiuro! Non qui... e, ad ogni modo, non in mia presenza! Quando lei sarà sola ed avrà modo di leg­gere con tutta l'attenzione possibile. Credo... spero... che il suo cuore le suggerirà un giudizio benevolo a mio riguardo... che lei si degnerà di capirmi e di appro­varmi...

Marta                          - Altroché!  Niente paura!

Marcello                      - Io vado... Non voglio che gli altri sap­piano di questo nostro incontro... cioè che ho già avuto la fortuna di incontrarla, da solo a solo... L'essenziale è ora che lei legga la lettera... che sappia tutta la ve­rità... Questa è l'unica ragione per cui sono venuto... E di nuovo le  domando  scusa  della mia  audacia...

Marta                          - Tutte parole inutili, caro amico! Il nostro incontro è stato interessantissimo, come prevedevo...

Marcello                      - La ringrazio... Lei mi ha reso facile un passo che mi pareva invece molto arduo... Di nuovo, gra­zie infinite!

(Mentre la porta a destra si apre, Marcello scompare da sinistra).

Giovanni                     - Signorina... scusi... non s'è ancora vista la signorina Annamaria?

Marta                          - No... finora no.

Giovanni                     - (sorpreso, curioso) Ma... la signorina era sola qui? Mi era parso...

Marta                          - Infatti... non ero sola... C'era con me il si­gnor Tom!

Giovanni                     - Chi? Impossibile, signorina... Il signor Tom era in casa dell'amministratore ed è qui che viene... (Esce. Marta è enormemente sorpresa).

Marta                          - Oh, diavolo! Ma... allora... Chi era co­stui? (Guarda  con   ansia   verso   la  porta).

Tommaso                    - (entra da destra. Si ferma sulla porta. Mar­ta e Tommaso si osservano un momento, reciprocamen­te, con evidente e simpatico interesse) Signorina, lei non mi conosce, ma in compenso io conosco moltissimo lei...

Marta                          - Si potrebbe discutere, caro Tom... Ma è inu­tile. Ci conosciamo ambedue alla perfezione!

Tommaso                    - (sorpreso) Come mai ha indovinato che ero io?

Marta                          - Immediatamente... Alla prima occhiata. An­che se lei fosse stato confuso in mezzo ad un centinaio di altri giovanotti, mai visti in vita mia, avrei puntato su di lei ed avrei detto: « È quello lì! ». Dopo tutto ciò che ho sentito raccontare di lei, la mia fantasia se ne era creata un'immagine precisa a quella che è in realtà!

Tommaso                    - Adesso, però, bisognerebbe sapere se questo è un complimento, oppure un'ingiuria! Ma non conta. L'essenziale si è che ci siamo incontrati, cara Marta! Le dispiace se la chiamo così, senza cerimonie? Oppure vuole che la chiami campione di boxe?

Marta                          - Ah! Sa anche questo?

Tommaso                    - So tutto! Prova ne sia che non più tardi di un quarto d'ora fa ho dichiarato a qualcuno che la mia più ardente aspirazione è sempre stata quella di sposare un campione di boxe!

Marta                          - (gli si accosta, lusingata) È vero... proprio vero ?

Tommaso                    - (spaventato) Oh, Dio! Se devo dirlo... è stato uno scherzo!

Marta                          - (non accusa il colpo. Motteggiando) Lei si sbaglia, se crede che un uomo non sarebbe felice spo­sando una campionessa di boxe! A lei posso fare una confidenza, no?

Tommaso                    - Vorrei vedere! Coll'amicizia che esiste fra noi!

Marta                          - (mostra la lettera di Marcello) Ebbene, que­sta lettera è scritta da un gentilissimo signore che mi propone di sposarlo!

Tommaso                    - E lei tentenna? Non si decide?

Marta                          - Per sua norma, non ho mai tentennato in vita mia! Leggerò la lettera e nel termine massimo di cinque minuti darò la risposta. Sì... oppure... no! Le scappatoie non mi piacciono. Arrivederci. (Esce. Tom la rincorre).

(Il signor Cramer e sua moglie entrano da sinistra. Contemporaneamente Giovanni entra da destra).

Giovanni                     - Se i signori vogliono passare nella sala grande...

Signor Cramer            - Veniamo subito... (A sua moglie) Siedi un momento... respira...

Signora  Cramer          - (è stanca, depressa,  sofferente).

Signor Cramer            - (a Giovanni) Mia moglie ha un po' di capogiro... ci va soggetta, specie in automobile... Ma è cosa da niente... passa subito... (Giovanni si inchina ed esce) Ah! Perbacco! Devo proprio dirlo! Sono in­cantato! Come è bello qui! Come tutto è serio, vera­mente... E basterebbe che Marcello stendesse )a mano per diventare il padrone! E non ne vuol più sapere! Ma perché, santo Dio! Perché siamo stati costretti a portarlo fin qui, quasi colla forza? E diventato matto? Beh! L'essenziale si è che ora ci sia... che veda coi suoi occhi... e ci pensi un momentino!

Marcello                      - (entra da sinistra) Deve essere  qui...

Signor Cramer            - Marcello... Tu vai, vieni e non dici nulla!  Che impressione ti fa?

Marcello                      - (duro) Cosa vuoi  che ti dica?

Signor Cramer            - Non è stupendo... meraviglioso?

Marcello                      - Sì... è stupendo... meraviglioso!

Signora Cbamee         - (tenera) Figliuolo mio... Sei pal­lido... Dopo colazione sarebbe meglio che...

Marcello                      - (evita lo sguardo della madre. Parla al pa­dre) Sto benissimo, invece...

Signor Cramer            - Però... trovo strano, che la ragazza non si faccia vedere... Almeno tu... avresti già dovuto salutarla!

Marcello                      - Infatti... l'ho già salutata!

Signor Cramer            - (inquieto) E... Com'è? Molto...

Marcello                      - (duro) Non è affatto brutta... anzi... è bella!

Signor Cramer            - Non è brutta! Dio, ti ringrazio. Avevo una paura! Vedi? Anche questa fortuna, ti ca­pita!

Marcello                      - (amaro) Già... io sono sempre fortunato! (Va via da destra. Cramer lo segue collo sguardo, scrol­lando la testa).

Signora Cramer           - (disperata) Lo vedi... Come è cam­biato ?

Signor Cramer            - Cambiato... addirittura... È un po' pallido!

Signora Cramer           - No... anche lui è ammalato... e per la stessa ragione...

Signor Cramer            - Va là! Due settimane di aria buona guariranno te ed il tuo figliuolo! Perfino l'aria, qui, vale dei biglietti da mille!

Signora Cramer           - (scrolla la testa dolorosamente) Che importa? Hai visto come mi ha guardato? Da quan­do quella poveretta è scomparsa, mi guarda sempre così? (Più disperata ancora) 11 mio figliuolo mi guarda come una nemica, come un'assassina! Come se mi volesse gri­dare continuamente...: È colpa tua! Sei tu che l'hai uc­cisa! Sei tu che l'hai buttata nel fiume quella creatura innocente!

Signor Cramer            - Ma che annegata! Avrà trovato un posto chissà dove!

Signora Cramer           - Marcello l'avrebbe scoperta... Ha girato dappertutto.

Signor Cramer            - Ed allora bisognava fare come con­sigliavo io: avvertire la polizia... O scrivere ai parenti... Perché non avete voluto? Ma si troverà, non temere... Soprattutto... non bisogna pensarci troppo... hai capito?

Signora Cramer           - Fai presto a dirlo, tu! Ma quando non si può dormire! E poi... all'improvviso... nella stan­za... si sente un rumore di passi... e mi alzo sul letto e la vedo... coi miei occhi... Oh, Dio... mi sento male! Un bicchier d'acqua!

Sicnor Cramer             - (imbarazzato) Acqua... Ma dove la trovo? Aspetta un momento. (Esce correndo da destra).

(Una pausa. La signora Cramer ritorna in sé. Si alza. Va davanti allo specchio. Si mette ad aggiustarsi un po' il cappello).

Annamaria                  - (entra da sinistra, in fondo. Vede la signora Cramer e fa un balzo indietro, ritirandosi dietro la porta).

Signora Cramer           - (riflesso nello specchio ha visto il ge­sto di Annamaria. Si irrigidisce dallo spavento. E, fa­cendo un terribile sforzo, grida) Aiuto!.. Oh, Dio! Aiuto!

Signor Cramer            - (entra portando un bicchier d'acqua) Che succede? Che hai?

Signora Cramer           - Proprio adesso... l'ho vista... Era lei...  Laggiù!  Dio...  Dio!

Signor Cramer            - Lei, chi?

Signora Cramer           - Sulla porta... È comparsa... come se fosse viva! L'ho veduta nello specchio...

Signor Cramer            - Calmati, via!  Sii ragionevole. (Mette una pastiglia di bromuro e poi mescola l'acqua col cuc­chiaino) Adesso bevi il tuo bromuro e tienti su... Di là ci aspettano.

Signora Cramer           - (beve, si alza ed indica la porta di sinistra) Là... proprio su quella porta! Come se la vedessi ancora!

Signor Cramer            - Sì, cara... come vuoi...

Signora Cramer           - Tu non ci credi!  ?

Signor Cramer            - Ma sì, lo credo... Perché non dovrei crederlo? Ma ora, vieni... (Escono).

Annamaria                  - (circospetta, entra da sinistra. Sull'elegan­tissimo vestito, ha gettato il mantello sport che indos­sava quella sera in cui giunse per la prima volta dai Cra­mer. Suona il campanello).

Giovanni                     - (entra da destra).

Annamaria                  - Dove sono i signori?

Giovanni                     - Tutti nella sala grande.

Annamaria                  - Prega il signor Marcello Cramer di ve­nire qui un momento...

Giovanni                     - Subito, signorina... (Esce da destre in fondo).

(Annamaria si ritira vicino alla finestra in fondo. Udendo i passi di Marcello, si nasconde dietro la tenda. Marcello, entrando, non la vede e crede che la sala sia vuota. È affranto, quasi barcollante. Si siede sulla prima sedia. Ad un tratto, scorge il ritratto di Annamaria. Salta in piedi, come toccato dalla corrente elettrica. Guarda a lungo il ritratto,  sbalordito da tanta rassomiglianza).

Annamaria                  - (molto più imbarazzata di quanto vorrebbe) Trova che quel ritratto assomiglia a qualche persona che lei conosce?

Marcello                      - (si volta, come fulminato. Fa due passi in­dietro. Ma poi, una gran gioia si impadronisce di lui) Maria! Tu! Oh, finalmente! Viva, sei viva! Lo sapevo... Sono felice! Ma... non mi sarei mai immaginato di tro­varti qui... proprio qui! (Fa un passo avanti. Ma im­provvisamente è attanagliato da un'idea, da un sospetto. Si ferma, e ripete, cogitabondo) No... non me lo sarei mai immaginato... (La gioia è scomparsa dal suo viso) Qui... in questo luogo... (Con una risatina amara, pren­de contegno, e cerca di mostrarsi superiore agli avveni­menti) Capisco... Il trucco è riuscito a meraviglia, signo­rina Maria. Molto abile! Congratulazioni! (Si siede su una poltrona) Un lavoro di pazienza e di astuzia, degno di una donna!  Senza cuore... Avrei dovuto prevederlo.

Annamaria                  - Signor Marcello! Che ha? Vedo sol­tanto  ora...  È forse stato  ammalato?

Marcello                      - (come ridestandosi da un incubo) Più che ammalato; una sofferenza indicibile.

Annamaria                  - Mi accorgo che lei deve aver sofferto, ma non odio più... Né lei, né gli altri. E sento invece molta pietà... per lei... Marcello. Vada e cerchi di vivere tranquillo. Io le perdono il male che mi ha fatto...

Marcello                      - Lei? Mi perdona lei, dopo l'agguato di oggi?

Annamaria                  - Agguato? No, caro, io qui sono in casa mia! Io sono Annamaria Lacman e lei, è mio ospite! Sì, Marcello, io sono la figlia di suo cugino Giorgio Lacman. Ed ero venuta in città, allora, a constatare di persona chi e che cosa fosse veramente questo signor Marcello Cramer che aveva perso l'abitudine di scrivermi delle lettere abbastanza interessanti. Lei e la sua famiglia mi aspettavano alla stazione. Ma io ero giunta in automo­bile. La stessa sera, in casa Cramer, si attendeva anche un'istitutrice. Il destino ha voluto combinare un intri­go... ed io ho accettato di esserne per un po' di tempo la protagonista... Il resto, lei, lo sa!

Marcello                      - (con tono completamente diverso, ma serio) Senza dubbio... il resto lo so... Ma io, qui, pochi mi­nuti fa, ho parlato con una signorina... o... con una gio­vane signora che fosse... non ricordo bene... Portava un costume da tennis...

Annamaria                  - Una mia amica... la signorina Marta  Gering. Adesso lei sa tutto... È superfluo continuare e discutere... Può andarsene tranquillamente...

Marcello                      - So tutto, è vero. Ma non ho più nessun motivo per andarmene...

Annamaria                  - Lo deve fare, invece. Le basti di capire che di fronte a lei, Annamaria, è stata molto più debole di quanto avrebbe dovuto essere... (Una lunga pausa).

Marcello                      - (le si avvicina. Con calore) Maria!

Annamaria                  - (piano, ma risoluta) Non cerchi di giu­stificarsi. Sarebbero parole superflue... In questo giuoco, io ho perduto parecchio. Ma, in compenso, ho guada­gnato anche  qualche cosa:  dell'esperienza.

Marcello                      - Maria... dimentichi tutto, ed interroghi soltanto il suo cuore. Può immaginare le nostre due esi­stenze, da questo momento, disunite? (Le si avvicina commosso) Maria! Senza timore... ma anche senza reti­cenze! C'è una voce in fondo alla sua anima, come in fondo alla mia? La mia non mi parla... ma grida, urla: va da lei... Prendila fra le tue braccia, domandale per­dono... (L'abbraccia).

Annamaria                  - (commossa, ma ancora indecisa) Mar­cello... vorrei credere.

Marcello                      - (disperato) Deve aver fiducia, deve sen­tire che il suo posto è accanto a me... (appassionato) venga via subito. Io la porto via...

Annamaria                  - Vuole andare?

Marcello                      - Sì. Non ho più nulla da dire! Me ne vado, e per tutta la vita cercherò la signorina Maria che amo...

Annamaria                  - (colle lacrime nella voce) E allora... se lei si sente... di andare... Sia felice. Addio... (Gli porge la mano).

Marcello                      - (tiene forte la mano di Annamaria fra le sue) E se io... non ti restituissi più la tua mano, Maria?

Annamaria                  - (sorridendo fra le lacrime) Non vuoi andare, Marcello?

Marcello                      - (abbracciandola) No... amore! Rimango. (Le dà un lungo bacio. Bussano forte a destra. Tom si ferma sulla porta).

Tommaso                    - Oh!  Pardon!

Annamaria                  - (sorridendo) Venite avanti, mio buon Tom! Vi presento una persona che oggi mi ero proposta di scacciare da casa mia!

Tommaso                    - (stringe la mano a Marcello) Constato che ci siete riuscita. (Porge una lettera a Marcello) Que­sta è la lettera che lei ha data per errore a Marta...

Marcello                      - La mia lettera! Era per te. (Porge la let­tera ad Annamaria che, incuriosita, la scorre).

La voce di Marta dal giardino           - Tom... son qui... Aspetto!

Tommaso                    - (alla finestra) Vengo subito,  cara!

Annamaria                  - (sospendendo di leggere, sorride affettuo­samente a Tom) Anche voi, sarete felice!

Tommaso                    - Eh!  Dopo sei anni, me lo merito!

FINE