Verso Damasco

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Verso Damasco

III

(1904)

di STRIMBERG

Titolo originale dell'opera fili Damaskus

Traduzione integrale dallo svedese di

Alfhild Motzfeldt Tidemand-Johannes sen

PERSONAGGI

Lo sconosciuto

La dama

II confessore

Il priore

Il tentatore

LA SIGNORA (la prima moglie)

Personaggi secondari

In primo piano una riva del gran fiume; a destra: un promontorio su cui sorgono vecchi salici. In secondo piano il fiume che scorre lenta­mente. Nel fondo, l'altra sponda, con un monte coperto di boschi. In alto, sopra gli alberi, si scorge il convento che è un edificio colossale, quadrato, tutto bianco, con due file di piccole finestre. La facciata è in­terrotta dalla chiesa del convento con due campanili in stile barocco. li partale della chiesa è spalancato, si che si può scorgere, nell'interno, l'altare maggiore, con l'ostensorio, che, ad un certo punto, è investito dai raggi del sole. In primo piano, sulla riva del fiume, bassa e sab­biosa, crescono cespugli di salicaria e lisimachia. Da parte giace una barca a fondo piatto. A sinistra la capanna del traghettatore. È’ un  sera di prima estate: il sole è al tramonto. Il primo piano, il fiume e la parte bassa del fondo, sono in ombra. Il bosco frondoso, che si trova . al di là del fiume, ondeggia lievemente nel vento. Il solo convento ètutto illuminato dal sole.

Lo SCONOSCIUTO e IL CONFESSORE, entrano da destra; il primo è in costume di alpinista con cappotto bruno, mantellina a cappuccio, bastone da montagna e zaino. Zoppica un poco.

IL CONFESSORE  veste l'abito bianco e nero dei domenicani. Si soffer­mano in un punto nel quale un salice impedisce di scorgere la facciata del convento.

LO SCONOSCIUTO - Per quale motivo mi porti per queste strade, contorte e montuose, che non finiscono mai?

IL CONFESSORE     - (tirandolo un po' più avanti sulla scena). Non c'è altra strada, amico mio; ma presto saremo arrivati. (

Lo SCONOSCIUTO - scorge il convento e si mostra entusiasta. Posa in terra zaino e bastone e si scopre il capo) E allora?

LO SCONOSCIUTO - Tranne che in sogno, non avevo mai visto, su questa sudicia terra, nulla di cosi candido; si, questo era il sogno della mia giovinezza: una casa dove regnassero la pace e la purezza!... O (candido edificio, ti saluto! Finalmente sono a casa!

IL CONFESSORE     - Sta bene; ma prima bisogna attendere i pellegrini su questa riva, che è detta la riva del congedo, perché è qui che si usa pendere congedo prima di essere traghettati sull'altra riva.

LO SCONOSCIUTO - Non mi sono forse congedato abbastanza? L'intera mia vita non è stata forse un calvario di congedi? Non ho forse sventolato fazzoletti pregni di lagrime da ospizi, da pontili d'imbarco, da stazioni ferroviarie?           

IL CONFESSORE     - Eppure nella tua voce vibra il dolore della rinuncia.

LO SCONOSCIUTO - A me non manca nulla e non desidero riavere nulla.

IL CONFESSORE     - Nemmeno la giovinezza?

LO SCONOSCIUTO - Essa meno di ogni altra cosa. Che ne farei della sua capacità di soffrire?

IL CONFESSORE     - E della capacità di godere?

LO SCONOSCIUTO - Io non ho mai goduto! Se sono nato con il marchio nella carne!... Non appena ho allungato la mano per conquistare-un piacere, mi sono punto le dita e Satana mi ha preso a ceffoni.

IL CONFESSORE     - Erano piaceri disonesti!

LO SCONOSCIUTO - Non tanto: un focolare, una moglie, dei bam­bini, i doveri, la sollecitudine per il prossimo, sono forse piaceri disonesti? No:io sono nato in disgrazia; sono cresciuto come un figliastro nella vita: inseguito, cacciato, maledetto!

IL CONFESSORE     - Perché non hai obbedito alla legge divina...

LO SCONOSCIUTO - Nessuno può obbedire a quella legge, come lo stesso Paolo afferma! Avrei dovuto fare ciò che nessuno poteva? Perchè mi trovo solo? Perché dovrei essere io il capro espiatorio? Perché a me si è chiesto più che non si chiedesse agli altri?... (Gridando) Per­ché, con me, si è stati cosi ingiusti?

IL CONFESSORE     - Siamo, dunque, da capo, spirito ribelle?

LO SCONOSCIUTO - Si, di nuovo e sempre!... Ma attraversiamo il fiume, adesso!          

IL CONFESSORE     - E tu ti immagini che si possa, senza preparazione salire a quella bianca casa?

LO SCONOSCIUTO - Io sono preparato; mettimi alla prova!

IL CONFESSORE     -  Sta bene. Il primo voto monastico ha nome  umilt

LO SCONOSCIUTO - E il secondo ha nome obbedienza. A dire la verità, né l'una né l'altra cosa mi è mai stata troppo simpatica, ma è ben per questo che voglio tentare la prova!

IL CONFESSORE     - Ed esibire il tuo orgoglio nell'umiltà?

LO SCONOSCIUTO - Qualsiasi cosa! Tutto mi è indifferente!

IL CONFESSORE     - Tutto? Il mondo con i suoi doni migliori? l'innocente gioia dei bambini? il calore cordiale della casa? la riconoscenza degli altri uomini? tutto ti è indifferente?

LO SCONOSCIUTO - A me si!... giacché io sono nato privo di sen­sibilità per la gioia. Vi sono stati momenti in cui fui invidiato, ma non ho capito perché mi s'invidiasse: per il mio penare nell'infelicità, oppure per il mio timore che il buon successo non fosse per durare?

IL CONFESSORE     - Si, è vero: la vita ti ha dato tutto ciò che hai desiderato e, da ultimo, persino l'agiatezza, in questi ultimi tempi! Ti hanno anche eretto un busto, se ben ricordo?

LO SCONOSCIUTO - Si, e vero: mi hanno fatto un busto!

IL CONFESSORE     - E tu ci credi ai busti, tu?

LO SCONOSCIUTO - Proprio per niente! senonché un monumento piova, se non altro, una concreta riconoscenza che né l'invidia, né incomprensione possono offuscare.

IL CONFESSORE     - Lo credi? A me è parso che l'umana grandezza sia fondata sull'opinione del prossimo che se questa opinione venisse a mutare, ben presto decadrebbe ogni grandezza e diventerebbe meno che zero.

LO SCONOSCIUTO - Ma le opinioni degli altri non hanno mai in­tuito sulla mia.

IL CONFESSORE     - Davvero?

LO SCONOSCIUTO - Nessuno più di me è stato tanto severo verso se stesso! E nessuno mai tanto umile! TUTTI hanno preteso di essere rispettati da me, e, in compenso, mi hanno calpestato e deriso. Quan­do, finalmente, ho potuto persuadermi di avere dei doveri verso l'anima immortale che mi è stata data in deposito, ho cominciato a pretendere che si rispettasse quest'anima immortale e, in compenso, mi si applicò il marchio di orgogliosissimo tra gli orgogliosi!... E chi fece questo? I più orgogliosi fra gli umili e i meschini.

IL CONFESSORE     - Trovo che ti stai ingarbugliando in un sacco di contraddizioni...

LO SCONOSCIUTO - Anche io lo penso!... Né potEVA essere altri­menti perché l'intera mia vita non è stata che contraddizione. I ric­chi sono i poveri di spirito; la moltitudine dei piccoli ha il potere e igrandi sono al servizio dei piccoli molti. Non ho mai visto tanto orgoglio quanto fra i piccoli; né ho mai trovato un uomo privo di istruzione che non credesse di poter dettar legge in tema di cultura e rame a meno. Il più disgustoso dei peccati mortali, il compiacimento di se stessi l'ho trovato nei santi. Ed io stesso, da giovane, sono stato un santo, ma, più tardi, non sono mai stato tanto cattivo; di quanto credevo di migliorare, di tanto peggioravo.

IL CONFESSORE     - Ma che cosa cerchi da queste parti?

LO SCONOSCIUTO - Cerco appunto ciò che ho detto poc'anzi, e ag­giungo: cerco la morte senza morire.

IL CONFESSORE     - Cerchi la mortificazione della tua carne, la morte del tuo vecchio io! Bene!... Sii calmo; ecco i pellegrini che vengono sulle loro zattere per celebrare il Corpus Domini...

LO SCONOSCIUTO             - - (guardandoadestra...stupito).Checosaèque­sto?

IL CONFESSORE          - Sonouominichecredonoinqualchecosa...

LO SCONOSCIUTO - Soccorriallamiamiscredenza!(Unraggiodì sole, nell'interno della chiesa, cade sull'ostensorio che sfolgora come un vetro di finestra al tramonto) Ma è il sole che è entrato nella chiesa, oppure...

IL CONFESSORE     - Sì, il sole è entrato nella chiesa!...

Arriva, dalla destra, la prima zattera, su cui stanno Bambini

vestiti di bianco con ghirlande sul capo e, nelle mani, candele accese.

Circondano un altare adornato di fiori su cui è issato

uno stendardo bianco con un giglio d'oro.

Mentre passa lieve la zattera cantano:

I bambini. « Beati omnes qui timent Dominum, Qui ambulant in viis eius Labores manuum tuarum qui manducabis: Beatus es et bene libi erit »?

Esce la prima zattera ed entra la seconda su cui è issato un gonfalone

con una rosa. Da una parte di essa vi sono Giovani

e dall'altra Fanciulle.

TUTTI                        -  cantano:

I giovani. « Uxor tua sicut vitis abundans In lateribus domus tuae »?

Esce. La terza zattera, su cui stanno Uomini e Donne, alza un gonfalone con frutti: fichi, uva, melograni, meloni, ecc.

Gli uomini. « Filii tui sicut novellae olivarum, In circuitu mensae tuae »?

Esce. La quarta zattera, con Uomini e Donne anziani, ha sul gonfalone un pino selvatico coperto di neve.

 Gli anziani. « Ecce sic benedicetur homo,  Qui timet Dominum! »

Escono.

LO SCONOSCIUTO - Che cosa cantavano?

IL CONFESSORE     - Un canto di pellegrini.

LO SCONOSCIUTO - Chi l'ha scritto?

IL CONFESSORE     - Un personaggio regale...

LO SCONOSCIUTO - Di qui? Come si chiama? Ha scritto altre cose?

IL CONFESSORE     - Ne ha scritte almeno cinquanta di canzoni e si chiama Davide figlio di Isaia. Ma non ha sempre scritto salmi... Da giovane fece altre cose... Già, è cosi che accade, talvolta!

LO SCONOSCIUTO - Adesso lo possiamo attraversare, il fiume?

IL CONFESSORE     - Subito; ma prima debbo dirti due parole!

LO SCONOSCIUTO - Fa' pure.

IL CONFESSORE     - Ma non devi diventare triste o cattivo.

LO SCONOSCIUTO - Sii certo che no!

IL CONFESSORE     - Allora ascolta: su questa riva tu sei ancora un uomo conosciuto; e diciamo pure celebre; ma sull'altra riva sarai af­fatto sconosciuto fra i monaci; non sarai che un uomo qualunque.

LO SCONOSCIUTO - Ah, si? Ma non si legge in quel convento?

IL CONFESSORE     - Non frivolezze, ma libri seri.

LO SCONOSCIUTO - E giornali non ne ricevono?

IL CONFESSORE     - Non quelli dove si parla di te!

LO SCONOSCIUTO - E allora, sull'altra sponda, tutta l'opera della mia vita è inesistente?

IL CONFESSORE     - Quale opera?

LO SCONOSCIUTO - Ma si! Sta bene. Possiamo andare, adesso?

IL CONFESSORE     - Subito. Ma non c'è nessuno, qui, dal quale vor­resti prendere congedo?

LO SCONOSCIUTO                         - (dopo una pausa). Si, ma è fuori di ogni pos­sibilità.

IL CONFESSORE     - Hai mai veduto qualcosa d'impossibile?

LO SCONOSCIUTO - No, da quando ho visto il mio proprio de­stino...

IL CONFESSORE     - E allora chi vorresti incontrare?

LO SCONOSCIUTO - Ecco qui: una volta avevo una figlia. Le avevo messo nome Silvia perché cantava sempre come una capinera... Sono parecchi anni, oramai, che non la vedo. Dovrebbe essere sui sedici anni, adesso. Ma temo che se la vedessi, la mia vita riacquisterebbe valore per me.

IL CONFESSORE     - E non temi altro?

LO SCONOSCIUTO - Che altro?

IL CONFESSORE     - Che possa essere mutata.

LO SCONOSCIUTO - In tal caso non lo sarebbe che a suo vantaggio!

IL CONFESSORE     - Ne sei sicuro?

LO SCONOSCIUTO - Sì!

IL CONFESSORE     - E allora verrà!

Scende sulla riva e fa un cenno verso destra.

LO SCONOSCIUTO - Aspetta un istante.., mi vado chiedendo se è cosa prudente.

IL CONFESSORE     - Non può nuocere di certo!  (Ripete il cenno).

Appare sul fiume una barca condotta da una giovinetta in abito estivo e a capo scoperto.

 I suoi capelli, biondi, sono sciolti.

Ferma la barca dietro il salice e ne discende. Il confessore

si ritira presso la capanna del traghettatore, restando però visibile

agli spettatori.

Lo SCONOSCIUTO - fa gesti verso La fanciulla,

che ricambia il suo saluto, corre nelle sue braccia e lo bacia.

LA FANCIULLA      - Oh babbo! caro babbino!

LO SCONOSCIUTO - Silvia! mia adorata bambina!

LA FANCIULLA      - Come mai sei capitato fra queste montagne?

LO SCONOSCIUTO - E tu com'è che mi hai scovato? Credevo di essermi ben nascosto, io!

LA FANCIULLA      - E perché volevi nasconderti?

LO SCONOSCIUTO - Fammi meno domande che puoi... Sei diven­tata una signorina grande, oramai! ed io un uomo con i capelli grigi!

LA FANCIULLA      - Oh no!... non sei mica grigio!... Sei giovane come quando ci separammo...

LO SCONOSCIUTO - Già, quando ci separammo...

LA FANCIULLA      - Quando andasti via, intendo dire. (Lo SCONOSCIUTO resta muto) Non sei contento di rivedermi?

LO SCONOSCIUTO              - (affranto). Oh si!...

LA FANCIULLA      - E allora dimostralo!

LO SCONOSCIUTO - Come potrei essere contento se questo è il no­stro congedo per tutta la vita?

LA FANCIULLA      - Ma dove vuoi andartene?

LO SCONOSCIUTO             - - (indicando il convento). Lassò!

LA FANCIULLA      - (facendo la saputa). Nel convento?... già a ben pensarci è forse la cosa migliore.

LO SCONOSCIUTO - Credi?

LA FANCIULLA      - (compassionevole e amorosa). Quando si ha die­tro di sé tutta una vita sbagliata... (Con dolcezza) Ma no! adesso ti rattristi! Dimmi una cosa...

LO SCONOSCIUTO - Dimmela tu, una cosa, piccola cara; una cosa che soprattutto mi inquieta... Hai avuto un patrigno?

LA FANCIULLA      - Già!

LO SCONOSCIUTO - E allora?

LA FANCIULLA      - È un gran brav'uomo!...

LO SCONOSCIUTO - ...che ha tutte le qualità che mancavano a me?...

LA FANCIULLA      - E non sei contento che adesso ci troviamo in mi­gliori mani?

LO SCONOSCIUTO - Buone, migliori, ottime... Perché sei a capo scoperto?

LA FANCIULLA      - Perché il mio cappello lo ha George.

LO SCONOSCIUTO - Chi è George? dov'è costui?

LA FANCIULLA      - George è un mio amico che mi sta aspettando giù, pili a valle.

LO SCONOSCIUTO - Ti sei fidanzata?

LA FANCIULLA      - Oh no! affatto!...

LO SCONOSCIUTO - Non vuoi maritarti?

LA FANCIULLA      - Giammai!

LO SCONOSCIUTO - L'avevo capito dalle tue guance marmoree co­me quelle d'un bambino sceso troppo presto dal letto... dalla tua voce che non è più della capinera, ma della gazza; dai tuoi baci che bruciano a freddo come il sole di marzo; dai tuoi sguardi, fermi e freddi, i quali dicono che tu hai un segreto di cui ti vergogni, ma di cui volentieri vorresti far pompa... E gli altri tuoi fratelli?

LA FANCIULLA      - Si, grazie, stanno bene.

LO SCONOSCIUTO - Abbiamo ancora qualcosa da dirci?

LA FANCIULLA      - (freddamente). Forse no!...

LO SCONOSCIUTO - Adesso rassomigli tanto a tua madre!

LA FANCIULLA      - Come puoi dirlo se tu, mia madre, non l'hai mai vista com'era?

LO SCONOSCIUTO - E tu, cosi giovane, hai potuto capir questo?

LA FANCIULLA      - È da te che ho imparato a capire! Oh se soltanto tu potessi capire te stesso!...

LO SCONOSCIUTO - Non hai altro da insegnarmi?

LA FANCIULLA      - Forse sì. Ma questo, ai tuoi tempi, pareva  una cosa poco corretta.

LO SCONOSCIUTO - I tempi se ne sono andati e non tornano più! E anche Silvia non è più la mia Silvia; è soltanto un nome.... un ricordo. (Cava di tasca una guida) Guarda questa guida: le vedi que­ste macchioline fatte da ditini e da labbrucce umide? Fosti tu all'età di cinque anni a lasciare qui queste tracce. Eravamo in treno, ed io ti tenevo sulle ginocchia; fu la prima volta che vedemmo le Alpi. Tu credesti che si trattasse del cielo, ma quando ti spiegai che si trattava di una montagna chiamata Jungfrau, cioè la vergine, vo­lesti baciarne il nome stampato sulla guida.

LA FANCIULLA      - Non me ne ricordo affatto.

LO SCONOSCIUTO - I bei ricordi svaniscono; sono i brutti quelli che restano! E di me non ti ricordi nulla?

LA FANCIULLA      - Oh si!...

LO SCONOSCIUTO - Taci! So a che cosa pensi! A quella notte, a quella terribile notte! Sì, terribile! Silvia bambina; se chiudo gli occhi ancora la vedo; un pallido angioletto che dormiva sul mio braccio quando era malata e mi ringraziava quando le portavo un re­galo... Dov'è, dov'è... ella che io desidero vedere e che più non esiste, benché non sia morta?... Tu, così, come sei ora, sei un'estranea che credo di non avere mai desiderato di rivedere. Se Silvia giacesse morta in una tomba, avrei un cimitero dove portare i miei fiori... Che cosa strana! Silvia, oramai, non si trova né nel regno dei morti, né in quello dei viventi! Forse non è mai esistita; forse non è stata che un sogno... come tutto il resto!

LA FANCIULLA      - (carezzevole). Babbino mio!...

LO SCONOSCIUTO - Oh! com'è? che cosa è qui?... Ma no! non era che una voce!... Credi davvero che la mia vita sia stata sbagliata?

LA FANCIULLA      - Si, ma perché parlarne adesso?...

LO SCONOSCIUTO - Perché soltanto adesso mi torna a mente che, una volta, salvai la tua vita. Da più di un mese eri ammalata di feb­bre tifoidea e soffrivi. Tua madre, decisa come ella è, pretendEVA       che il medico ti liberasse da un'esistenza tanto tormentosa, sommini­strandoti un potente veleno. Allora io intervenni e salvai te dalla morte e tua madre dalla galera!

LA FANCIULLA      - Non ci credo!

LO SCONOSCIUTO - Un fatto può essere vero anche se tu non ci credi!

LA FANCIULLA      - Devi averlo sognato!

LO SCONOSCIUTO - Già, chissà che non Io abbia sognato e che anche la mia presenza qui sia un sogno! Oh, se fosse proprio cosi!

LA FANCIULLA      - Ma adesso me ne devo andate, babbino mio!

LO SCONOSCIUTO - Allora addio!

LA FANCIULLA      - Non potrò mai scriverti, babbo?

LO SCONOSCIUTO - Una morta che scrive a un morto? Quando sa­rò lassù, le lettere non potranno più raggiungermi, e le visite non sono permesse. Però sono contento che ci siamo incontrati, così sono venuto a sapere che non c'è più nessun legame che ancora mi vincoli. (Va verso sinistra) Allora addio, signorina, o signora: non saprei co­me chiamarti... Ma non è necessario piangere!

LA FANCIULLA      - A questo non avevo pensato, benché, forse, le buone creanze esigerebbero qualcosa di simile. Dunque addio! (Esce a destra).

LO SCONOSCIUTO             - - (al confessore). Me la sono cavata abbastanza bene, confessore! È una grazia celeste l'essersi potuti separare con reciproca soddisfazione. D'altronde, l'umanità avanza a gran passi e il dominio di se stessi cresce in proporzione inversa al fluire delle la­grime. Ne ho viste tante di lagrime, durante la mia vita, che sono quasi sbalordito dall'attuale siccità. È un essere forte, quella ragazza, come, una volta, desideravo di essere anch'io!... Lei è stata la cosa più bella che potesse offrire la vita... La bambina, l'angioletto dor­miente fra i bianchi veli della culla, sormontata da un baldacchino azzurro. Azzurro e arcuato come la volta del cielo... Lei era il meglio! Come apparirà il peggio?

IL CONFESSORE     - Non eccitarti: cerca piuttosto di essere lieto! E puoi anche buttare via questa stupida guida; non ne hai alcun bisogno perché questo è l'ultimo viaggio.

LO SCONOSCIUTO - Questa guida? E va bene!... (Apre il libro, ne bacia una pagina e poi lo butta nel fiume) ... Devo fare altro?

IL CONFESSORE     - Se hai su di te qualcosa di oro o di argento, devi donarla ai poveri.

LO SCONOSCIUTO - Ho un orologio di argento, giacché fino all'oro non ci sono mai arrivato.

IL CONFESSORE     - Puoi regalarlo al traghettatore e ne avrai un bicchiere di vino.

LO SCONOSCIUTO - Si, l'ultimo bicchiere di vino; come nelle ese­cuzioni capitali! Dimmi: sarò anche tosato?

IL CONFESSORE     - Certo, ma più tardi!

Prende l'orologio e lo dà a qualcuno che si trova nella capanna mormorando alcune parole;

ne ottiene una bottiglia di vino ed un bicchiere che depone sulla tavola.

LO SCONOSCIUTO             - - (riempiendo il bicchiere). E... lassù non mi si darà mai vino?

IL CONFESSORE     - Lassù non potrai vedere né vino né donne. Po­trai udire canti, ma non quelli che si accompagnano al vino e alle donne.

LO SCONOSCIUTO - Quanto alle donne, ne ho proprio abbastanza; esse non mi tentano più.

IL CONFESSORE     - Ne sei sicuro?

LO SCONOSCIUTO - Sicurissimo!... Ma dimmi un po': giacché alle donne è proibito l'ingresso nelle vostre mura benedette, che cosa è che pensate di loro?

IL CONFESSORE     - Ancora domande?

LO SCONOSCIUTO - E perché ad una badessa non è permesso di predicare, di confessare, di dire la .messa?...

IL CONFESSORE     - A ciò non rispondo.

LO SCONOSCIUTO - Perché la tua risposta concorderebbe con ciò... che ne penso io.

IL CONFESSORE     - E quand'anche ci trovassimo d'accordo sopra un solo argomento, non sarebbe mica una disgrazia!

LO SCONOSCIUTO - Benissimo!

IL CONFESSORE     - Bevi il tuo vino, adesso.

LO SCONOSCIUTO - No, voglio soltanto guardarlo per l'ultima vol­ta... È bello!

IL CONFESSORE     - Non starmi a fare tante riflessioni! In fondo ad un bicchiere vi sono certi ricordi!

LO SCONOSCIUTO - E anche l'oblio, le canzoni e la potenza; po­tenza illusoria, ma appunto per questo più intensa...

IL CONFESSORE     - Aspetta qui, che vado a ordinare la barca!

LO SCONOSCIUTO - Taci!... sento una canzone e vedo! La vedo... si l'ho vista! Per un solo istante l'ho vista, e sventolava nel vento come una bandiera. Dopo si è afflosciata come un cencio e si è attor­cigliata all'asta e più non si vede che un cencio. In un solo secondo ho visto tutta la mia vita con le sue gioie e le sue pene, la sua bel­lezza e il suo squallore; ma adesso non vedo più nulla!

IL CONFESSORE     - (avviandosi a sinistra). Aspettami qui: vado a chiamare la barca.

Lo SCONOSCIUTO - risale la scena mentre i raggi del sole, al tramonto, fra gli alberi a destra,

 allungano le ombre di là dal greto e dal fiume. Da destra si fa innanzi

LA DAMA                 - indossando abiti di stretto lutto. La sua ombra a poco a poco  si confonde con quella dello sconosciuto.

LO SCONOSCIUTO             - (che dapprima non guarda che alla propria ombra). Ah, il sole! Esso fa di me un'esangue figura, un gigante che avanza sulle acque del fiume, si arrampica sul monte, sale sul tetto della chiesa e... adesso si libra nello spazio... verso le stelle... Oh, si, sono in alto, adesso, sopra le stelle!... -(Si accorge dell'ombra della dama) Ma chi mi insegue? Chi turba la mia ascesa? Chi cerca di montarmi sulle spalle? (Voltandosi) ... Tu!

LA DAMA                 - Io!

LO SCONOSCIUTO - Cosi nera! Nera e cattiva!

LA DAMA                 - No, non più cattiva, ma triste...

LO SCONOSCIUTO - Per chi porti il lutto, tu?

LA DAMA                 - Per Mizi...

LO SCONOSCIUTO - Mia figlia! (LA DAMA apre le braccia e fa il gesto di volerglìsi buttare sul petto, ma egli si fa da parte) Benedico la piccola morta e compiango te. Quanto a me sono fuori causa!

LA DAMA                 - Cerca almeno di confortarmi!

LO SCONOSCIUTO - Buona, questa! Io dovrei confortare la mia fu­ria? piangere con il mio carnefice? Recitare una parte di fronte al mio tormento?

LA DAMA                 - Ma tu non bai alcun sentimento?

LO SCONOSCIUTO - Assolutamente nessuno! TUTTI i sentimenti che avevo li ho sperperati per te e per altri.

LA DAMA                 - Hai ben ragione; rimproverami pure!

LO SCONOSCIUTO - No, non ne ho alcuna voglia, e poi non ne ho il tempo. Dove vuoi andare?

LA DAMA                 - Voglio andare con la barca!

LO SCONOSCIUTO - Mi mancava proprio questa, perché anche io farò la stessa strada! (LA DAMA     - si mette a piangere nel fazzoletto. Egli le toglie di mano il fazzoletto e le asciuga le lagrime) Asciuga le tue lagrime e torna ad essere te stessa, bambina mia: dura, spie­tata come sei! (LA DAMA  - fa per cingergli le braccia al collo. Lui, pic­chiandole con dolcezza le mani) Niente carezze! Ricorrevi sempre alle carezze quando le tue parole e i tuoi sguardi più non bastavano. Per­dona una domanda un po' banale: non hai fame?

LA DAMA                 - No, grazie.

LO SCONOSCIUTO - Però sei stanca: siediti! (LA DAMA            - siede alla tavola. Egli butta nel fiume la bottiglia e il bicchiere) Dunque per che cosa vuoi vivere, adesso?

LA DAMA                 - (tristemente). Non lo so.

LO SCONOSCIUTO - Dove pensi di andare?

LA DAMA                 - (singhiozza). Non lo so.

LO SCONOSCIUTO - Dunque sei del tutto disperata? Non vedi nessuno scopo per la tua esistenza e nessuna fine per il tuo dolore. Che bella cosa! Che peccato che non esista un convento promiscuo; noi due potremmo formare una bella coppia... È ancora vivo il lupo mannaro?

LA DAMA                 - Pensi a...

LO SCONOSCIUTO - ...al tuo primo marito!

LA DAMA                 - Non muore mai, lui!

LO SCONOSCIUTO - Già, come un certo verme!... Ma visto che ci troviamo lontani dal mondo e dalle sue meschinerie; me Io puoi dire per quale motivo lo abbandonasti per venire con me, allora?

LA DAMA                 - Perché ti amavo.

LO SCONOSCIUTO - Per quanto tempo?

LA DAMA                 - Finché non lessi il tuo libro e finché non nacque la bambina.

LO SCONOSCIUTO - E dopo?

LA DAMA                 - Dopo ti ho odiato! Volevo liberarmi di tutto il male che avevo preso da te, volevo purificarmi; ma non potevo!

LO SCONOSCIUTO - Dovette esser cosi, probabilmente, ma come fu in realtà non si può mai sapere!

LA DAMA                 - Hai notato che non si può mai sapere veramente qual­cosa? che si può vivere, anche vent'anni, con qualcuno, con i propri fratelli, i propri genitori, senza sapere nulla di loro?

LO SCONOSCIUTO - Anche tu lo hai notato?... Giacché sei cosi per­spicace, me lo vuoi dire come andò che ti innamorasti di me?

LA DAMA                 - Non lo so; ma cercherò di ricordarmelo!... (Pausa) Si, adesso ci sono: tu avesti il coraggio virile di essere scortese con una donna! Tu, in me, cercavi la compagnia di un essere umano e non soltanto una donna! E questo mi parve che facesse onore a me e a te!

LO SCONOSCIUTO - Allora puoi anche dirmi se mi credi misogino?

LA DAMA                 - Uno che ha in odio la donna, non è cosi? Ogni uomo sano è misogino nell'intimo del suo cuore; e TUTTI quelli che hanno il culto della donna, non son che menti ristrette.

LO SCONOSCIUTO - Non avrai certo intenzione di dirmi cose genti­li, non è vero?

LA DAMA                 - LA DONNA che dice cose gentili al suo uomo, non è sana di mente.

LO SCONOSCIUTO - Mi rendo conto che devi avere molto pensato!

LA DAMA                 - È la cosa di minore importanza che io abbia mai fatto! e quando mi sono astenuta dal pensare, ho compreso meglio... D'al­tronde, ciò che ho detto poco fa, forse non è che improvvisazione, come appunto tu pretendi; e non è affatto necessario che rispecchi  la verità.

LO SCONOSCIUTO - Già, coincidendo con le mie numerose osser­vazioni, diventa, per me, assai verosimile. (LA DAMA piange nel suo fazzoletto) Piangi di nuovo!

LA DAMA                 - Penso a Mizi!... La cosa più bella non c'è più!

LO SCONOSCIUTO - Oh no! la cosa più bella eri tu, quando, per tutta la notte, restasti in piedi a guardare la bimba che dormiva nel tuo letto, perché la sua culla era troppo fredda! (Dall'interno della capanna del traghettatore, si ode picchiar tre volte energicamente sulla porta) Zitta!

LA DAMA                 - Chi è?

LO SCONOSCIUTO - È il mio compagno che mi aspetta.

LA DAMA                 - (continuando). Non lo avrei mai creduto che la vita potesse offrire qualcosa di più delizioso di un bimbo!

LO SCONOSCIUTO - E anche cosi amaro.

LA DAMA                 - Perché amaro?

LO SCONOSCIUTO - Tu stessa sei stata bambina, e ti ricorderai che, non appena ci 'Sposammo, arrivammo laceri, sporchi e squat­trinati da tua madre. Mi sembra di ricordarmi che non ci trovò molto piacevoli!

LA DAMA                 - È vero!

LO SCONOSCIUTO - Ed io... sì, poco fa, ho incontrato la mia Sil­via! e mi aspettavo che tutta la bontà, tutta la bellezza della bambina fosse rifiorita nella giovinetta...

LA DAMA                 - E invece?

LO SCONOSCIUTO - Invece non ho ritrovato che una rosa appassita che avEVA            l'aria dì avere fiorito troppo presto!... Il seno afflosciato, i capelli arruffati come quelli di una bambina trasandata, e, per giun­ta, ì denti cariati!...

LA DAMA                 - Ohi...

LO SCONOSCIUTO - ... Perciò non rattristarti, non metterti in lutto per la tua piccina, giacché, se fosse cresciuta, il lutto avresti dovuto portarlo poi; come me!

LA DAMA                 - È dunque questa, la vita?

LO SCONOSCIUTO - Si, è questa! Perciò vado a seppellirmi vìvo.

LA DAMA                 - Dove?

LO SCONOSCIUTO             -  (indicando il convento). Lassù!

LA DAMA                 - Nel convento?... No, non allontanarti da me, fam­mi compagnia;  sono cosi sola in questo mondo!  e povera,  tanto povera! Quando è morta la piccina, mia madre mi ha scacciata di casa e, da allora, ho vissuto in una soffitta con una sartina. Da principio, lei si dimostrò onesta e gentile, ma poi le serate solitarie le divennero intollerabili... e lei usciva in cerca di compagnia... e do­vemmo separarci. Ora sono sulla strada e non possiedo che i vestiti - che indosso e il mio dolore di cui mi nutro. Io mangio, bevo e dormo con esso e a nessun patto potrei esserne priva! (

Lo SCONOSCIUTO - si mette a piangere) Oh... tu piangi! Lascia che io bacì i tuoi occhi!

LO SCONOSCIUTO - E tutto ciò l'hai sofferto per causa mia!

LA DAMA                 - Non per causa tua! tu non mi hai mai fatto male; sono stata io a tormentarti... fino ad indurii ad abbandonare la casa e la bambina!

LO SCONOSCIUTO - Non me ne rammento; poiché però tu lo afc fermi... Mi ami ancora un poco?

LA DAMA                 - È probabile, ma non lo so.

LO SCONOSCIUTO - E... vorresti ricominciare?

LA DAMA                 - Ricominciare? con le liti? no, non dobbiamo far questo !

LO SCONOSCIUTO - Hai ragione: si ricomincerebbe con le baruf­fe!... Eppure è cosi diffìcile separarci!

LA DAMA                 - Separarci? La sola parola è terribile!

LO SCONOSCIUTO - E allora, che cosa possiamo fare?

LA DAMA                 - Non so!

LO SCONOSCIUTO - No, non si sa nulla e appunto per questo, vedi, che sono giunto alla fede.

LA DAMA                 - Come puoi essere giunto alla fede, se la fede è un dono?

LO SCONOSCIUTO - Un dono lo si può ottenere pregando!

LA DAMA                 - Oh, se si potesse pregare; ma io non ho mai potuto men­dicare...

LO SCONOSCIUTO - Io ho imparato: perché non potresti imparare anche tu?

LA DAMA                 - Si deve, anzitutto, umiliare se stessi...

LO SCONOSCIUTO - Ma a ciò provvede assai bene la vita!...

LA DAMA                 - Mizi, Mizi, Mizi... (Arrotola lo scialle che portava sul braccio e se lo pone sulle ginocchia come un bambino in fasce) Dot-mi, dormi, dormi!... Mi sembra di vederla, pensa!... Guardala! To', mi sorride! Ma è vestita di nero! Anche lei è in lutto... Che sciocca sono! E perché sua madre è in lutto se ha già due dentini, due denti bianchi da latte? Oh, non doveva  mai averne altri... Ma tu non puoi vederla come la vedo io! E non si tratta di una visione!... è proprio lei!...

IL CONFESSORE     - (esce dalla capanna del traghettatore e si rivolge con severità allo sconosciuto). Vieni! tutto è pronto.

LO SCONOSCIUTO - No, non ancora; debbo prima fare ordine nella mia casa e regolare le mie faccende con questa donna che, una volta, è stata mia moglie.

IL CONFESSORE     - Ah! Vuoi restare?

LO SCONOSCIUTO - No, non intendo rimanere, ma non voglio la­sciare dietro di me dei doveri inadempiuti. Questa donna è ridotta sulla strada; è senza casa e senza denato!

IL CONFESSORE     - E a noi che importa? Che i morti seppelliscano i loro morti!

LO SCONOSCIUTO - È questo il tuo insegnamento?

IL CONFESSORE     - No, è il tuo!... Il mio, viceversa, mi comanda di inviare qui una suora di carità perché si prenda cura di questa infelice che... che... E la suora sarà subito qui!

LO SCONOSCIUTO - Mi fido di te!

IL CONFESSORE     - (prende per mano lo sconosciuto e lo trascina). Vieni, dunque!

LO SCONOSCIUTO             -  (disperatamente). Signor mio! Gesù Cristo! Vie­ni in aiuto di noi TUTTI!

IL CONFESSORE     - Amen!

LA DAMA che, sino a questo punto, non si era curata del confessore e dello sconosciuto, adesso leva la testa e guarda Lo SCONOSCIUTO come se volesse afferrarlo e trattenerlo; ma ne è impedita dall'immaginaria bambina che lei si stringe al petto.

Un quadrivio tra i monti. Sulla destra alcune capanne. A sinistra uno stagno intorno al quale siedono Malati che indossano abiti blu ed hanno le mani rosse di cinabro. Dallo stagno, di quando in quando, vengono fuori soffioni azzurrognoli e fiammelle azzurre. Quando ciò avviene, Gli ammalati alzano le mani e tossiscono. Nel fondo una montagna coperta di conifere, la cui cima è sovrastata da una nube grigia e immobile.

Lo SCONOSCIUTO siede davanti ad una capanna. IL CONFESSORE entra dal fondo a destra.

LO SCONOSCIUTO - Finalmente!

IL CONFESSORE     - Come finalmente?

LO SCONOSCIUTO - Mi hai lasciato qui da otto giorni, e mi hai detto:  aspetta che io torni.

IL CONFESSORE     - Non ti avevo detto che la via che conduce lassù, a quella casa bianca, era lunga ed ardua?

LO SCONOSCIUTO - Non posso negarlo! Ma quanta strada abbiamo fatto?

IL CONFESSORE     - Cinquecento metri! ce ne testano ancora mil­lecinquecento!

LO SCONOSCIUTO - Ma il sole dov'è?

IL CONFESSORE     - Lassù, sopra le nuvole...

LO SCONOSCIUTO - Ma allora dobbiamo passare attraverso le nu­vole?

IL CONFESSORE     - Certo!

LO SCONOSCIUTO - Ma chi sono TUTTI  questi malati? E perché hanno TUTTI le mani rosse?

IL CONFESSORE     - Non voglio insudiciare te e me con parole im­pure, quindi mi esprimerò per enigmi fioriti e tu, da buon poeta, li capirai.

LO SCONOSCIUTO - Si, parla tranquillamente; qui c'è tanta brut­tura!

IL CONFESSORE     - Tu hai certo notato che i simboli dei pianeti corrispondono a quelli di certi metalli. Sai dunque che il pianeta Venere lo si rappresenta con uno specchio; ma siccome questo, nei tempi più remoti, era di rame, questo metallo fu chiamato Venere ed ebbe il simbolo di lei. Ma, ai tempi nostri, il lato posteriore di uno specchio è coperto di mercurio; cioè di argento vivo, e...

LO SCONOSCIUTO - ... e l'altra faccia di Venere è Mercurio! Uhm!...

IL CONFESSORE     - Si dicEVA dunque, che l'argento vivo è l'altra faccia di Venere. L'argento vivo, per se stesso, è chiaro come il mare quando è calmo, come un lago di piena estate; ma quando Mercurio cozza contro una pietra focaia, brucia e diventa cosso; rosso come sangue cavato di fresco dalle vene; come il panno che ricopre il pa­tibolo; come le labbra di una meretrice, le labbra dipinte di cinabro di una meretrice. Hai capito, adesso, o no?

LO SCONOSCIUTO - Un momento! Il cinabro è mercurio e zolfo.

IL CONFESSORE     - Bene! Dunque siamo a questo: Mercurio, quan­do Venere gli si fa un po' troppo vicina, va a fuoco! E adesso non li sembra che ne abbiamo parlato abbastanza?

LO SCONOSCIUTO - Ma allora qui ci sono sorgenti sulfuree?

IL CONFESSORE     - Sì, e siccome la fiamma dello zolfo purifica o cor­rode tutto ciò che è putrido; ecco che la fonte della vita, quando si è imputridita, viene avviata alla sorgente sulfurea...

LO SCONOSCIUTO - Ma come mai può imputridirsi la fonte della vita?

IL CONFESSORE     - Quando Afrodite, nata dalla pura schiuma del mare, si rotola in terra!... quando Afrodite-Urania, la celestiale, de­genera in Pandemia, la venere del marciapiede. Ali-Fari-Venus!

LO SCONOSCIUTO - Perché è nato il desiderio?..

IL CONFESSORE     - Il desiderio puro, per essere soddisfatto; quello impuro, per essere soffocato.

LO SCONOSCIUTO - Ma che cosa è puro? che cosa è impuro?

IL CONFESSORE     - Sei ancora a questo punto?

LO SCONOSCIUTO - Domanda un po' a quelli là!...

IL CONFESSORE     - Bada a te!

Guarda fisso Lo SCONOSCIUTO che si rannicchia.

LO SCONOSCIUTO - Tu mi dilanii il petto!...

IL CONFESSORE     - Si, voglio toglierti l'aria che impieghi per espri­mere le tue parole ribelli; le tue fetide domande... Siedi là: tornerò... usando avrai imparato ad avere pazienza e superata la prova. E non t: scordare che io posso sentirti, vederti, indovinarti dovunque io mi trovi!

LO SCONOSCIUTO - Ancora una prova! Buono a sapersi!

IL CONFESSORE     - Però non devi discorrere con gli adoratori di Ve­dere!

Appare, nel fondo, La vecchia Maja.

LO SCONOSCIUTO             - - (balzando in piedi). Con chi mi incontro, ades­so, con chi?

IL CONFESSORE     - Ma di chi parli?

LO SCONOSCIUTO - Di quelLA DONNA - là, di quella vecchia!

IL CONFESSORE     - Ma chi è?

LO SCONOSCIUTO             - (chiamando). Maja!.... Ascolta, Maja! (La vec­chia sparisce e Lo SCONOSCIUTO - la rincorre) Maja!... amica mia, ascoltami!... To', è sparita!

IL CONFESSORE     - Ma chi era?

LO SCONOSCIUTO             - (sedendosi). Oh Dio mio!... Non appena l'ho ritrovata, ecco che mi sfugge, oppure... Per sette lunghi anni l'ho cercata con lettere, annunzi...

IL CONFESSORE     - Ma perché?

LO SCONOSCIUTO - Perché il suo destino è legato al mio!... Maja, la balia della mia prima figlia... Eran gli anni duri!... lottavo contro le potenze invisibili che non benedicEVAno il mio lavoro ! Scrissi che il cervello e i nervi si dissolvEVA no come il grasso nell'alcool... ma ciò non bastava: io sono di quelli ai quali nulla mai basta!... Venne il giorno in cui non potei pagare il salario ai miei servi.,. Fu una cosa terribile:... finii per diventare il servo dei miei servi, ed essi i miei padroni! Infine... si, per salvare almeno l'anima mia, me ne fuggii davanti alla forza maggiore... Nel deserto raccolsi il mio spirito nella solitudine e <mi rialzai... Il mio pensiero assillante erano i debiti! Per sette anni cercai Maja; ma sempre invano! Per sette anni ho visto sempre la sua ombra dai finestrini dei treni, dalle coperte dei va­pori; in città straniere, in paesi lontani, senza mai poterla trovare. Per sette anni l'ho sognata, per sette anni mi sono vergognato; e quando bevevo un bicchiere di vino, arrossivo dalla vergogna al pen­siero della vecchia Maja che, forse, bevEVA acqua in un asilo di mendicità! Tentai di dispensare ai poveri la somma che le dovevo, ma non giovò a nulla! E adesso!... ritrovarla e perderla nello stesso istante! (Si alza e si mette a cercare verso il fondo) Spiegami questo! voglio pagare il mio debito, ora che io posso, e non mi è concesso!

IL CONFESSORE     - Sciocchezze!... Inchinati davanti all'Inconoscibi­le, e vedrai che, piti tardi, avrai la spiegazione di tutto. Addio!

LO SCONOSCIUTO - Più tardi? Tutto viene più tardi!

IL CONFESSORE     - A meno che non venga adesso! (Esce).

Entra La dama, pensierosa, e siede al tavolo, dirimpetto allo sconosciuto.

LO SCONOSCIUTO - Tu ancora qui!... Sei la stessa, ma non proprio la stessa... Come sei diventata bella!... bella come quando ti vidi per la prima volta e ti chiesi di consentirmi di diventare il tuo amico, il tuo cane...

LA DAMA                 - Tu mi vedi bella mentre non lo sono; perché nel tuo occhio hai riacquistato lo specchio della bellezza... Il lupo mannaro non vide mai in me nulla di bello perché in lui non c'era nulla di bello con cui potesse vedere,

LO SCONOSCIUTO - Ma perché mi baciasti, quella volta?... perché sentisti di dover far questo?

LA DAMA                 - Spesso me lo sono domandata anch'io, ma non ho mai trovato una risposta; perché non lo sapevo! Ora che sono qui, venuta da lontano, su queste colline dove l'aria è più pura... e il sole più vicino,.. Taci!... Rivedo il pomeriggio di quella domenica quando eri seduto davanti a me come un bimbo derelitto, con gli occhi spenti, fissi nel tuo destino.., Fu allora che, nell'anima mia, sorse quel sen­timento materno che per l'innanzi non si era mai potuto esprimere e mi prese la pietà, la pietà di un'anima umana... e dimenticai...

LO SCONOSCIUTO - Me ne vergogno! e adesso sento che fu proprio cosi...

LA DAMA                 - Ma tu l'avevi interpretato... in modo ben diverso! come..,

LO SCONOSCIUTO - Non dirlo!... Me ne vergogno!

LA DAMA                 - Tanto male pensasti di me! Non ti rendesti conto che, fra me e te, avevo calato un velo... avevo messo la spada del cavaliere nel Ietto nuziale...

LO SCONOSCIUTO - Me ne vergogno; avevo fatto pesare su te TUTTI ì miei pensieri cattivi! Si, Ingeborg, tu eri migliore di me!... Me ne vergogno.

LA DAMA                 - Ora sei bello! e quanto!

LO SCONOSCIUTO - Oh no! io no! tu lo sei!

LA DAMA                 - (estatica). Tu!... Oh! Ora ho visto dietro la masche­ra e sotto la barba posticcia... Ora vedo,... vedo colui che avevi nascosto... colui che credevo esistesse in te... colui che cercai e cer­cai.,. Talvolta pensai che tu fossi un ipocrita, ma non siamo ipocriti, noi!... no, no, no: non sappiamo simulare...

LO SCONOSCIUTO - Ingeborg, ora, sull'altra sponda del fiume, con la vita sotto di noi e dietro di noi, come tutto appare diverso... Ora vedo la tua anima, vedo l'immagine primigenia, l'angelo che, a causa del peccato, fu cacciato nella prigione della carne... Esiste dunque un « sopra » e un « prima »;,.. non si era al principio quando inco­minciammo, e non sarà la fine quando termineremo. È un frammento, la vita, sen2a principio né fine! E per questo è difficile vederci chiaro.

LA DAMA                 - (con dolcezza). Tanto, tanto difficile!.,. Ma dimmi, ad esempio, ora che ci troviamo di là della colpa o dell'innocenza, come mai sei giunto ad odiare le donne?

LO SCONOSCIUTO - Lasciami riflettere... Odiare le dorme? odiarle? Questo non l'ho mai fatto! Al contrario! Sin dall'età di otto anni ho avuto amoretti, più spesso innocenti e tre volte ho amato in ma­niera vulcanica... Ma aspetta: ho sempre sentito che le donne mi odiavano... e mi hanno sempre tormentato!

LA DAMA                 - Strano!

LO SCONOSCIUTO - Lasciami riflettere ancora un poco... Forse ero geloso della mia persona; temevo di cadere sotto il dominio della donna... La prima donna che ho amato volle essermi balia e gover­nante... D'altronde, vi sono uomini che non tollerano i bambini, altri che non tollerano le donne... sopra di sé!

LA DAMA                 - (amichevole). Ma tu, la donna, l'hai definita nemica del genere umano! Proprio lo credi?

LO SCONOSCIUTO - Certo che lo credo poiché l'ho scritto! E l'ho scritto non per teoria, ma per esperienza... Io, nella donna, cercavo un angelo che mi prestasse le sue ali, e invece caddi nelle braccia di uno spirito della terra che mi soffocò sotto i guanciali che avEVA           -  riempito con le piume delle ali. Avevo cercato un Ariele e trovai un Calibano. Mentre volevo elEVA        - rmi, esso mi tirava sempre più in bas­so... e fu sempre lui a provocare la caduta nel peccato.

LA DAMA                 - (con mitezza). Lo sai che cosa dice Salomone, il grande conoscitore della donna? Dice: « Io trovai qualcosa che è più amaro della morte; una donna il cui cuore non è che rete e laccioli, e le cui mani non sono che catene. Chi è bene accetto agli occhi di Dio, le sfugge, ma il peccatore ne è irretito ».

LO SCONOSCIUTO - Ed io non fui mai bene accetto agli occhi di Dio! È dunque un castigo? Ammettiamolo!... Ma sta di fatto che io non sono mai stato ben visto agli occhi di nessuno, e non mi è stato mai dato di udire una buona parola! Ho mai fatto qualche cosa di buono? È possibile che un uomo non abbia mai fatto nulla di buono? È terribile non avere mai udito una buona parola!

LA DAMA                 - Tu l'hai udita; ma quando si è parlato bene di te, tu ti sei opposto, come se ne soffrissi.

LO SCONOSCIUTO - Questo è vero; adesso me ne rammento. Ma tu puoi spiegarmelo?

LA DAMA                 - Spiegare? Chiedi sempre che ti si spieghi l'inesplicabile. « Quando detti il mio cuore per aver la sapienza... e penetrare tutte le opere di Dio, vidi che l'umanità non può intendere ciò che accade sotto il sole. Per quanto l'uomo si sforzi di penetrarle, non potrà intenderle mai; e benché il saggio dica d'intenderle, egli non le in­tende ».

LO SCONOSCIUTO - Chi è che dice questo?

LA DAMA                 - Il predicatore! (Prende dalla sua borsa una bambola) Questa è la bambola di Mizi... lo vedi? essa cerca la sua padroncina! È diventata tutta pallida... e pare che sappia dove si trova Mizi, per­ché mentre la tengo, guarda sempre lassù, al cielo! Vedi? I suoi occhi seguono le stelle come l'ago della bussola... E la mia bussola, lei, e mi indica sempre dove ho il mio cielo... Si, lo so, anche lei dovrebbe essere vestita di nero, perché siamo in lutto, ma siamo tanto povere... Lo sai perché non si avEVA mai denaro? Perché Dio era in collera con noi a causa dei nostri peccati. I giusti non soffrono alcuna mi­seria.

LO SCONOSCIUTO - E questo dove l'hai imparato?

LA DAMA                 - Nel libro dove è scritto tutto,.,, tutto!... (Avvolge la bambola nel mantello) Vedi, comincia a sentire freddo, ma è per quella nuvola lassù.  ...

LO SCONOSCIUTO - Come mai osi andartene, sola, attraverso que­ste montagne?

LA DAMA                 - Il Signore è con me; che potrebbero farmi gli uomini?

LO SCONOSCIUTO - Non ti turbano TUTTI questi malati in riva allo stagno?

LA DAMA                 - (volgendosi verso i malati). Nemmeno li vedo; come non vedo più nessuna cosa brutta!

LO SCONOSCIUTO - Vedi, Ingeborg, io ti ho fatta cattiva, e tu stai facendomi buono!,.. Devi sapere che il mio sogno era di redi­mermi per mezzo di una... donna! Tu non Io credi, ma è cosi! Prima d'ora nessuna cosa aveva valore per me, se non avessi potuto deporta ai piedi di una donna! Ma come omaggio alla bellezza e alla bontà, non come tributo alla padrona ambiziosa... Il mio piacere era donare; senonché lei non voleva ricevere,,voleva  prendere; per questo la odiai... Quando mi sentii del tutto abbandonato e mi ritenni prossimo alla fine, crebbe in me un acuto desiderio; quello di addormentarmi sulle ginocchia di una madre, su di un ampio seno nel quale potessi affondare il mio capo stanco e bere l'affetto che ini era mancato.

LA DAMA                 - Non l'avevi una madre?

LO SCONOSCIUTO - Si e no... E non mi sono mai sentito parente di mio padre o dei miei fratelli... Io, Ingeborg, ero figlio di una serva! Ed è scritto: « Scaccia la serva e il suo nato, perché il figlio della serva non deve ereditare come figlio di gente libera... ».

LA DAMA                 - Ma lo sai perché Ismaele fu scacciato? È spiegato poco prima: perché era un beffardo! E ancora sta scritto: « Egli diverrà un uomo selvaggio; la sua mano lEVA        - ta contro ognuno, è la mano di ognuno lEVAta contro di lui; e opererà contro TUTTI  -  i suoi fratelli ».

LO SCONOSCIUTO - Anche questo è scritto?

LA DAMA                 - Si, figliolo mio, giacché tutto sta scritto.

LO SCONOSCIUTO - Tutto?

LA DAMA                 - Tutto! E là troveresti una risposta a tutte le tue do­mande, anche le più indiscrete!

LO SCONOSCIUTO - Chiamami « figliolo mio » ed io ti amerò... e quando io amo qualcuno, posso anche servire, obbedire, lasciarmi maltrattare, soffrire, patire...

LA DAMA                 - Non è me che devi amare, bensì il tuo Creatore...

LO SCONOSCIUTO - Egli è ostile, come mio padre!

LA DAMA                 - Egli è l'amore,.., mentre tu sei l'odio!

LO SCONOSCIUTO - Tusei sua figlia, mentre io non sono che il fi­glio ripudiato...

LA DAMA                 - (con dolcezza). Taci, sta' zitto! Tu...

LO SCONOSCIUTO - Se tu sapessi ciò che ho sofferto, in questi ul­timi otto giorni... Non sai dove sono capitato!

LA DAMA                 - Dove?

LO SCONOSCIUTO - C'è una locandiera, in quella capanna,.., che mi guarda con certi occhi come se io fossi venuto a consumare le sue ultime provviste... Non elice nulla, e questo è anche peggio,... credo, del resto, che mormori delle preghiere quando mi scorge...

LA DAMA                 - Quali preghiere?

LO SCONOSCIUTO - Quelle che si dicono dietro le spalle di coloro che hanno l'occhio cattivo e portano disgrazia.

LA DAMA                 - Strano! Hai mai sentito dire che si possa stregare qual­cuno, cosi da fargli vedere una cosa per un'altra?

LO SCONOSCIUTO - Certo; ma chi mai avrebbe fatto questo?

LA LOCANDIERA  - (avvicinandosi alia tavola). Ma guarda!... Costei è di certo sua sorella, signore!

LO SCONOSCIUTO - Si, possiamo ben dirlo, adesso!

LA LOCANDIERA  - (alla dama). E pensare che adesso posso dirlo a qualcuno! Vede, il signore è cosi taciturno che si ha di lui un certo rispetto, specialmente perché pare che abbia un dolore... Ma a sua sorella posso ben dire, e lui deve udirlo, che da quando è capitato in casa mia vi è entrata la benedizione. Ero incalzata dalla sfortuna: non avevo un avventore nella locanda; la mia unica vacca era morta; mio marito era ricoverato nell'ospedale degli alcolizzati; e i miei bambini non av

EVA                           - no da mangiare. Pregavo Dio che mi mandasse qualche aiuto dal Cielo perché dalla terra non c'era nulla da sperare... Allora è arrivato questo signore... A parte che ha cominciato con il darmi il doppio di quel che avevo chiesto, mi ha portato fortuna e la mia casa è stata benedetta!... Che Dio la benedica, mio buon si­gnore!

LO SCONOSCIUTO             - - (alzandosi irritato). Taci, donna, tu bestemmi!

LA LOCANDIERA  - Non ci crede! Oh, Dio mio, non ci crede! Ma mi guardi in faccia!

LO SCONOSCIUTO - Ti guardo!... E adesso credo! Lei mi benedi­ce!... Ed io, il dannato, le avrei portato la benedizione! Come cre­derci?... Io! io!

China il capo sulla tavola e piange tra le mani raccolte.

LA DAMA                 - Egli piange! Lacrime, pioggia celeste che ammorbidi­sce la roccia, cadete sul suo cuore di pietra!... Egli piange!

LA LOCANDIERA  - Lui! il cuore d'oro! la mano benefica! Lui cosi buono con i miei bambini!

LA DAMA                 - Senti? senti?

LA LOCANDIERA  - Soltanto una cosa non sono arrivata a capire; ma non voglio parlar male di lui.

LA DAMA                 - Di che si tratta?

LA LOCANDIERA  - Ecco qui, ma si tratta di un'inezia; comunque...

LA DAMA                 - Ma dica, dica!

LA LOCANDIERA  - Non potEVA   tollerare i miei cani.

LA DAMA                 - Ma a me sembra bella, in lui, la ripugnanza per le be­stie impure. Io, tanto in me quanto negli altri, aborrisco da tutto ciò che è bestiale. Ma non vuole dire che io abbia in odio le bestie; non odio nessuna creatura, io!...

LO SCONOSCIUTO - Grazie, Ingeborg!

LA DAMA                 - Lo vedi? Io ho l'occhio per i tuoi meriti; anche se tu non credi d'averne... Ma ecco il confessore.

Entra II confessore.

LA LOCANDIERA  - E allora io me ne vado perché  IL CONFESSORE a me non vuole bene. (Esce).

LA DAMA                 - IL CONFESSORE vuole bene a TUTTI.

IL CONFESSORE     - (rispondendo alla dama). Ma specialmente a te, figliola mia, a te che sei la bontà in persona. Non so vedere se tu esteriormente sei bella, ma so che devi esserlo perché sei buona... Si, tu sei la sposa dei miei giovani anni, e spiritualmente, sei anche mia moglie; e tale resterai per sempre perché hai dato a me ciò che gli altri non avrebbero mai potuto avere da te. Io, spiritualmente, ho   vissuto la tua stessa vita: ho sofferto le tue sofferenze; ho goduto le tue gioie e ne hai avuto soltanto una: la tua bambina... Io ho visto soltanto la bellezza dell'anima tua, e lui, questo amico, inten­dendola, si è sentito attratto verso di te. Ma, in lui, il male era troppo radicato e tu, per liberare lui, hai dovuto sradicarlo e farlo tuo. Hai dovuto subire

TUTTI                        -  i tormenti dell'inferno diventando cattiva per ca­gione sua, ed espiare! Ma oramai l'opera tua è compiuta: vattene in pace.

LA DAMA                 - Dove?

IL CONFESSORE     - Lassù! dove il sole sempre risplende!

LA DAMA                 - (alzandosi). Ma anche per me esiste una casa lassù?

IL CONFESSORE     - C'è per TUTTI!... Ti mostrerò la strada! (Si av­via con lei verso il fondo; Lo SCONOSCIUTO fa un gesto di dispetto. Rivolto allo sconosciuto) Sei impaziente?... Cerca di non esserlo. (Esce).

Lo SCONOSCIUTO   - resta solo, seduto. I fedeli di Venere si lEVAno in piedi, si avvicinano al sconosciuto e lo accerchiano.

LO SCONOSCIUTO - Che cosa volete da me?

FEDELI DI VENERE - Salute, o padre!

LO SCONOSCIUTO                         - (con strazio). Perché?

PRIMA VOCE           - Perché siamo i tuoi figli; ì tuoi prediletti!

Lo SCONOSCIUTO - (cerca di fuggire ma è accerchiato). Lasciatemi! Lasciatemi andare!

SECONDA VOCE    - (di un giovane smunto). Non mi riconosci, babbo?

II TENTATORE         - (entrando dal fondo a sinistra). Ah, ah, ah!...

Lo SCONOSCIUTO - (alSECONDA VOCE). Chi sei .tu? Mi pare di ri­conoscerti!

SECONDA VOCE    - Sono Erik, sono tuo figlio!

LO SCONOSCIUTO - Erik?... E sei qui?

SECONDA VOCE    - Si, sono qui!

LO SCONOSCIUTO - Dio, abbine misericordia! E tu, figliolo, per­donami.

SECONDA VOCE    - Mai!... Ce l'hai ben indicata la strada per la sorgente sulfurea! È molto lontano il lago?

Lo SCONOSCIUTO - stramazza a terra.

IL TENTATORE       - Ah, ah, ah!... Jubilate temptatoresì

FEDELI DI VENERE - Sulpbur! Sulpbur! Sulphurl E Mercurio!

II TENTATORE         - (si accosta al Lo SCONOSCIUTO e lo tocca con un piede). Che verme!... Può credere tutto! Ma è per il suo orgoglio sconfinato! Ma non si era egli immaginato di essere il primo motore dell'universo? L'autore di tutto il male? Questo pazzo crede di avere insegnato alla gioventù la via per giungere a Venere; come se la gio­ventù non l'avesse conosciuta prima che lui nascesse!... Il suo orgo­glio è intollerabile! E costui è stato cosi presuntuoso da volermi gua­stare il mestiere... Fagli una salva di sberleffi, falso Erik! (La SECONDA VOCE si piega verso Lo SCONOSCIUTO e gli soffia qualcosa nel­l'orecchio) Erano sette i peccati mortali; e adesso sono diventati otto. Sono stato io a inventare l'ottavo e si chiama Disperazione! Poiché disperare della bontà e non sperare il perdono, equivale a definir cattivo... (Esita a dire « l'Onnipotente », ma poi lo dice in fretta come se gli bruciasse le labbra) l'Onnipotente! E ciò è calunnia, è be­stemmia, è da rinnegato!... To', come si contorce!

Lo SCONOSCIUTO - balza in piedi di scatto e guarda negli occhi II tentatore.

LO SCONOSCIUTO - Chi sei tu?

IL TENTATORE       - Sono tuo fratello... Non ci rassomigliamo, for­se?... A me pare che alcuni dei tuoi lineamenti ricordino il mio ri­tratto.

LO SCONOSCIUTO - Dove l'ho visto il tuo ritratto?

IL TENTATORE       - Un po' dappertutto!... Talvolta mi si vede persino nelle chiese, benché non proprio tra i santi!...

LO SCONOSCIUTO - Non mi rammento...

IL TENTATORE       - È molto che non .ti rechi in chiesa!... Di regola, mi si dipinge insieme con San Giorgio... (Lo SCONOSCIUTO trema e tenta invano di fuggire) Anche insieme con Michele Arcangelo mi si dipinge, talvolta; formiamo un bel gruppo dove, a dir vero, io non mi trovo nella posizione più vantaggiosa... ma questo può mutare! Tutto può mutare e, un bel giorno, gli ultimi saranno i primi... E cosi accadrà anche a te! Per il momento sei un po' giù di corda, ma anche questo può mutare... sempreché tu ti sappia ben scegliere i migliori compagni... Ti sei troppo imbrogliato con le gonnelle, ra­gazzo mio; le gonnelle alzano la polvere e la polvere va a cacciarsi negli occhi e nel petto. Vieni a sederti qui, giovinotto, e facciamo due chiacchiere... (Lo trascina fino alla tavola tirandolo scherzosamen­te per un orecchio) Mettiti a sedere e trema. (Siedono) Be', che si combina? Un bel gotto di vino e una donnina, che ne pensi? È che sei troppo vecchio; vecchio come il dottor Faust! Bene! Noi, gente moderna, vedi, andiamo in cerca di libertinaggi spirituali... Tu sei in via per andare su, dagli uomini santi; da quelli che credono che chi dorme non pecca; dagli scoraggiati che hanno abbandonato la lotta con la vita perché hanno subito qualche sconfitta; da quelli che legano le anime in luogo di scioglierle. A proposito di scioglie­re: qualche sant'uomo non ti ha mai sciolto dalla catena dei peccati? No!,.. E vuoi sapere perché, da qualche tempo, il peccato ti pesa? Ecco, ti dirò, a forza di rinunzie e astinenze sei caduto in tale stato di debolezza che ognuno può avventarsi sull'anima tua e dominarla. E può esser fatto anche da lontano!... Tu hai cosi ben cancellato la tua personalità, che vedi con gli occhi altrui, odi con le orecchie al­trui e pensi con gli altrui pensieri. Insomma, tu hai perpetrato il suicidio dell'anima tua. Non hai forse parlato bene, proprio or ora, dei nemici dell'umanità; del

LA DONNA              - che del paradiso ha fatto un inferno? Non c'è bisogno che tu mi risponda: leggo la risposta nei tuoi occhi e la vedo sulle tue labbra... Tu parli dell'amore puro verso una donna! Ma è concupiscenza, figliolo; concupiscenza per qualun­que donna, quella che dobbiamo scontare a cosi caro prezzo! Tu dici che non la desideri, ma allora perché la vuoi presso di te?... Hai bisogno di amicizia? E prendi un amico maschio, molti amici maschi! Ti sei lasciato persuadere che non sei misogino! Ma la fem­minuccia ha giustamente risposto: ogni uomo sano è misogino, ma non può vivere senza unirsi con la nemica e litigare!

TUTTI                        -  gli uomini perversi e non virili sono adoratori delle donne! E come ti senti, ades­so?... Già, quando qui hai visto dei malati, hai subito creduto di essere stato tu a renderli infelici. Sono ragazzi disinvolti, puoi ben credermi; fra qualche giorno potranno partire e riprendere le loro occupazioni... Ma si, ma si!... Il falso Erik non è che un cialtrone! Ma tu ti sei ridotto al punto di non esser capace di distinguere i tuoi figli da quelli altrui. Non sarebbe bene che chiarissi questa fac­cenda? Io, vedi, ben posso sciogliere... ma non sono un santo... Ma adesso chiameremo

LA VECCHIA MAJA- (Fa un fischio con due dita in bocca ed entra La vecchia Maja) Eccoti qui! Ma perché vai qui e là? Non hai nulla da sbrigare con questo giovinotto? No; è tanto buono, e sempre lo è stato, ma avEVA         -  una moglie cattiva.

IL TENTATORE       - (allo sconosciuto). Ma guarda!... Questo non te l'avEVA mai detto nessuno!... Ti avranno detto il contrario, piut­tosto! Che lei era l'angelo buono, corrotto da te... L'abbiamo sentito dire TUTTI - , questo!... Be', vecchia Maja, che cosa è quella storia di cui egli parla sempre? Che per sette anni è stato tormentato dal rimorso di doverti del denaro?

LA VECCHIA MAJA- Si, una volta mi dovEVA     -  una piccola somma, ma poi la riebbi e anche con un buon interesse; più di quello che dà la cassa di risparmio. Molto onesto e bello!

Lo SCONOSCIUTO - (trasalisce). Che racconti? Possibile che io l'ab­bia dimenticato?

IL TENTATORE       - Se tu, vecchia Maja, hai qui la ricevuta puoi anche tirarla fuori.

LA VECCHIA MAJA- La ricevuta deve averla il signore; io ho il libretto di risparmio dove egli ha versato la somma in mio nome.

Cava un libretto di risparmio e lo dà allo SCONOSCIUTO che lo legge.

LO SCONOSCIUTO - Si, è esatto, e adesso mi torna a mente!... E allora perché mi sono tormentato per la vergogna e il disonore du­rante sette anni? perché quei rimproveri durante le lunghe notti in­sonni? Perché? Perché? Perché?

IL TENTATORE       - Adesso puoi andartene, vecchia Maja,... ma prima rivolgi una buona parola a questo tormentatore di se stesso. Non puoi ricordare un gesto d'umanità di questa belva a cui gli uomini hanno dato per tanto tempo la caccia?

Lo SCONOSCIUTO - (alla vecchia Maja). Taci! non dire nulla! (Si tappa le orecchie con le mani).

LA VECCHIA MAJA- Si, lo so benissimo ciò che si dice di lui, ma si riferisce a quello che egli scrive... E io non l'ho mai letto ciò che scrive perché non so leggere... E chi non vuole, non ha bisogno di leggere... Comunque il signore è stato sempre tanto buono... Adesso si tappa le orecchie... ma io non sono capace di adulare... Allora k> dirò a voi nell'orecchio...

Sussurra qualcosa nell'orecchio del tentatore.

IL TENTATORE       - Ma si, ma si; a TUTTI gli uomini facili a commuo­versi si dà la caccia come a belve selvagge! Questa è la regola! Addio, vecchia Maja!

LA VECCHIA MAJA            - Addio, buoni signori. (Esce).

LO SCONOSCIUTO - Ma perché, essendo innocente, ho tanto sofferto per sette anni?

IL TENTATORE       - (indicando in alto col dito). Domandalo lassù.

LO SCONOSCIUTO - Di là non ho mai avuto risposta.

IL TENTATORE       - Si, può ben essere!... Ti pare che io abbia una buona cera?

LO SCONOSCIUTO - Non direi!

IL TENTATORE       - Ma anche tu hai una faccia da cattivo! E sai per­ché abbiamo quest'aspetto?

LO SCONOSCIUTO - No.

IL TENTATORE       - Perché l'odio e la cattiveria dei nostri simili gravano su di noi. Non lo sai? Lassù ci sono veri santi che non hanno mai fatto nulla di male; ma soffrono per gli :altri: per i parenti che hanno commesso delitti senza espiarli. Quegli angeli che si sono ad­dossata l'abbiezione altrui, finiscono per rassomigliare a banditi. Che cosa mi dai in cambio di questi insegnamenti?

LO SCONOSCIUTO - Io non so chi tu sia; ma ru sei il primo che risponda alle domande che possono riconciliarmi con la vita. Tu sei...

IL TENTATORE       - Puoi anche dirlo!

LO SCONOSCIUTO - Sei il liberatore!

IL TENTATORE       - E allora...?

LO SCONOSCIUTO - Allora sei stato dato in pasto all'avvoltoio!.., Ma adesso ascolta: hai mai pensato che potrebbe esservi un solido fondamento di questa e di ogni altra cosa? Se la terra è un carcere dove stanno rinchiusi pericolosi delinquenti, è bene metterli in liber­tà? è giusto?

IL TENTATORE       - Che cosa intendi dire? A questo non ho mai pen­sato. Uhm, uhm!

LO SCONOSCIUTO - E non hai pensato nemmeno che potremmo essere nati con la colpa?

IL TENTATORE       - Ciò non mi riguarda,... io mi occupo del pre­sente...

LO SCONOSCIUTO - Bene! Non credi tu che, talvolta, si sia stati puniti a torto; e che perciò sia mancata una logica coerenza, ammesso che esista?

IL TENTATORE       - La logica esiste, senonché la vita è un tale gar­buglio di falli, di manchevolezze, di errori, che, sebbene quasi inno­centi, data l'umana debolezza, sono tuttavia colpiti da una giusta vendetta. Tutto è vendicato, anche le nostre azioni incoscienti. E citi perdona? A volte un uomo generoso; ma la giustizia divina non per­dona mai! (Un pellegrino compare sul fondo). Ma guarda! Ecco un penitente! Mi piacerebbe sapere che peccato ha commesso. Chie­diamoglielo!... Benvenuto, o pacifico viandante, nella nostra pacifica valle! Si accomodi a sedere al desco degli asceti, dove non vi sono tentazioni !

IL PELLEGRINO     - Vi ringrazio, o passeggeri nella valle delle pene...

IL TENTATORE       - E dica, qual è la sua pena?

IL PELLEGRINO     - Nessuna pena speciale! Al contrario!.,. È suonata per me l'ora della liberazione, e mi reco lassù per ricevere l'asso­luzione.

LO SCONOSCIUTO - Ma dica: non ci siamo noi visti altra volta?

IL PELLEGRINO     - Lo credo bene!

LO SCONOSCIUTO - Oh,... ma costui è Cesare! Si, Cesare!

IL PELLEGRINO     - Lo ero, ma non lo sono più!

IL TENTATORE       - Ah, ah, ah!... conoscenze cesaree, dunque! Tante grazie! Ma... racconti, racconti!...

IL PELLEGRINO     - State a sentire: adesso ho il diritto di parlare perché... la penitenza è finita. Quando ci incontrammo nella cli­nica di un certo medico, io mi trovavo ricoverato là come pazzo, perché mi immaginavo di essere Cesare. Ma Lo SCONOSCIUTO deve sa­pere la verità: io non ho mai creduto di essere Cesare, ma, per certi miei scrupoli di coscienza, dovetti accettare quella parte... Un amico, un cattivo amico, possedEVA       -  la prova scritta che io ero stato la vittima di un malinteso; ma quando fu il momento di parlare, tacque, e quel suo silenzio io Io interpretai come una esortazione a tacere anche io e... a soffrire. Perché tacqui e soffrii? Ecco. Nella mia giovinezza, mi trovai una volta in grande miseria. Fui ospitato in una casa fuori di mano, assai lontano, sopra un'isola. Il mio ospite era un tale che, a causa del suo orgoglio insensato, non avEVA -  fatto carriera, benché possedesse delle straordinarie capacità. Quest'uomo, nella sua solitu­dine, a forza di lambiccarsi il cervello, avEVA  -  finito per concepire strane idee sulla sua personalità. Io me ne accorsi, ma tacqui. Senon­ché, un giorno, la moglie del mio ospite mi confidò che il marito avEVA          -  accessi di follia e credEVA -  di essere Giulio Cesare. Non essendo ingrato per mio naturale temperamento, per lunghi anni conservai quel segreto. Ma la vita è ingannevole, cosicché, dopo qualche anno, quel Cesare volle interferire ruvidamente nel mio piti intimo destino. Allora io, in un accesso d'ira, tradii il segreto della sua mania cesarea, rendendo ridicolo il mio benefattore, la cui esistenza divenne in­tollerabile.E adesso udite come venne la Nemesi. Un anno dopo, scrissi ;n libro — io sono uno scrittore, senza alcuna fama, però - e in quel libro descrivevo alcuni episodi della mia vita familiare. Dicevo, tra l'altro, come scherzassi con la mia figliola — la quale avEVA -  nome Giulia come la figlia di Cesare — e con mia moglie che chiamavano la moglie di Cesare, perché mai nessuno avEVA    -  sparlato di lei... Ebbene, questi scherzi innocenti, ai quali prendEVA       -  parte anche mia suocera, ci costarono cari... Quando dovetti correggere le bozze del mio libro... non mancai di scorgere il pericolo, e mi dissi: qui tu puoi cadere! Volevo cancellare, ma — lo credereste? — la penna si rifiutava di dar di frego a quelle parole, e una voce interna mi di­cEVA          -  che dovEVAno rimanere! E rimasero! E io caddi!

LO SCONOSCIUTO - Ma perché non ha fatto pubblicare la lettera giustificatrice del suo amico?

IL PELLEGRINO     - Non la feci pubblicare perché, quando accadde la disgrazia, mi dissi subito: questo è il dito di Dio e tu devi soffrire questo per la tua ingratitudine!

LO SCONOSCIUTO - Ha sofferto?

IL PELLEGRINO     - Niente afratto! Segretamente sorrisi, facendo buon viso! E poiché, con calma e umiltà, accettai il mio castigo, il Signore me ne alleviò il peso: non mi sentii ridicolo.

IL TENTATORE       - È una storia singolare, questa, tuttavia verosimi­le!... Vogliamo andare a fare due passi, adesso? Fa bene una piccola gita, dopo aver provato le tempeste. Cercate di sradicarvi di qui e ce ne andremo verso le alture.

LO SCONOSCIUTO - Ma io dovrei aspettare il confessore; così mi ha detto!

IL TENTATORE       - Riuscirà sempre a trovarti; e, d'altronde, lassù nel bosco, oggi c'è udienza e vi sarà una causa interessante nella qua­le io, forse, dovrò deporre come testimone. Vieni, vieni, vieni!

LO SCONOSCIUTO - Certo; che io sia qui, o lassù, fa press'a poco lo stesso!

IL PELLEGRINO     - (allo sconosciuto). Ma chi è costui?

LO SCONOSCIUTO - Non lo so! Lo si direbbe un anarchico.

IL PELLEGRINO     - Comunque, sembra assai interessante.

LO SCONOSCIUTO - Un gentiluomo scettico che ha conosciuto la vita!

IL TENTATORE       - E adesso venite, ragazzi; per la strada vi raccon­terò delle storie, Venite, venite!

Escono dal fondo.

Una terrazza sulla montagna del convento: a destra e a sinistra un ripiano di roccia. Sul fondo, in lontananza, visto dall'alto, un paesag­gio fluviale con città, villaggi, boschi e campagne. In fondo si scorge il mare. In primo piano vi è un melo carico di frutti; al disotto di esso, una lunga tavola con una seggiola a capotavola e due panche lungo i lati. Sulla destra, in primo piano, sporge la cantonata del palazzo municipale del borgo su cui incombe una nube. Sulla seggiola a capotavola, siede II balivo, sulle panche laterali siedono Gli as­sessori. L'imputato sta a destra accanto al balivo; a sinistra sono i testimoni fra cui IL TENTATORE - Il pubblico, fra cui Lo SCONOSCIUTO - e II pellegrino, è sparso ai lati della tavola.

IL BALIVO               - L'imputato è presente?

L’IMPUTATO           - Presente!

IL BALIVO               - Si tratta di una storia penosa che ha portato dolore e vergogna nel nostro piccolo comune. Flotian Reicher, di anni 23, è imputato di aver sparato alla fidanzata di Fritz Schlipitska con inten­zione di ucciderla. Siamo chiamati a giudicare di un omicidio preme­ditato per il quale le disposizioni di legge sono chiare e precise... L'imputato può addurre dei motivi a sua discolpa o far conoscere circostanze attenuanti?

L’IMPUTATO           - No!

IL TENTATORE       - Domando la parola!...

IL BALIVO               - Chi è lei?

IL TENTATORE       - Sono il difensore dell'imputato.

IL BALIVO               - Benché l'imputato abbia pieno diritto di scegliersi un difensore, sta di fatto che il pubblico, in base all'accaduto, si è già formata un'opinione, e che ben difficilmente l'assassino potrà riac­quistarsi simpatia. Non è cosi?

IL PUBBLICO          - È già condannato!

IL TENTATORE       - Da chi?

IL PUBBLICO          - Dalla legge e dal suo operato.

IL TENTATORE       - Fate attenzione!... Io, come difensore dell'imputato, sono il suo rappresentante e prendo l'accusa su di me... Do­mando la parola!

IL BALIVO               - Non si può negargliela.

IL PUBBLICO          - Florian è già condannato!

IL TENTATORE       - L'imputato deve essere prima sentito!... «Ave­vo raggiunto il mio diciannovesimo anno — è Florian che parla — e i miei pensieri, sotto la vigile attenzione di una madre pia, erano TUTTI -  puri; nel mio cuore non esistEVA    -  nessuna falsità, nessuna; per­ché non avevo mai né visto né udito alcunché di male. Fu allora che io — ossia Florian — incontrai sulla mia strada una fanciulla, la quale, ai miei occhi, apparve come la cosa più bella che io avessi mai visto su questa terra peccaminosa... Ed era anche la bontà in persona. Le oSrii la mia mano, il mio cuore, la mia vita... Ella accettò tutto questo e mi promise la sua fede. Per cinque anni dovetti servire per la mia Rachele... e servii: raccolsi un fuscello dopo l'altro per il nido che intendEVA - mo costruire... Tutta la mia vita era basata sul­l'amore di quella donna! e poiché io stesso le ero fedele, non nu­trivo nessuna diffidenza... Nel quinto anno... avevo costruito la no­stra capanna fornendola di TUTTI -  i mobili quando venni a scoprire che s'era presa gioco di me e che avEVA      -  fatto all'amore con almeno altri tre uomini... ».

IL BALIVO               - Ci sono testimoni?

IL PODESTÀ             - Tre testimoni; ed io, il podestà, sono uno di costoro!

IL BALIVO               - È sufficiente il solo podestà.

IL TENTATORE       - « E allora la uccisi; ma non per vendetta, bensi per liberarmi dei cattivi pensieri a cui mi avEVA portato la sua infedeltà. Si, perché quantunque io cercassi di togliermi dalla mente l'imma­gine di lei, accadEVA sempre che le figure dei suoi amanti si presen­tassero al mio spirito, si che finii per credere che vivevo in illecite relazioni con quei tre uomini... per l'interposizione di una donna».

IL BALIVO               - Ma allora era gelosia!

IL TENTATORE       - Si, era gelosia quel senso di purezza che non ama imbrattare il proprio sentire con estranee mescolanze... Se mi fossi adattato o se non fossi diventato geloso, sarei entrato a far parte di una comunità di viziosi, e questo io non lo volevo. Perciò ella dovEVA       -  morire e i miei pensieri sarebbero usciti mondi del peccato mortale, che è la sola colpa meritevole di condanna. Ho detto!

IL PUBBLICO          - La colpa è della morta! La morta non sarà ven­dicata!

IL BALIVO               - La morta ha colpa perché fu lei a provocare il delitto.

Signor balivo, giudice della povera figlia morta, e voi, miei compaesani, lasciate che io parli.

IL BALIVO               -  IL PADRE DELLA MORTA         - può parlare.

PADRE DELLA MORTA     - Voi fate ricadere la colpa sulla morta ed io rispondo per lei. Non vi è alcun dubbio che Maria, la mia fi­gliola, abbia molto errato e sia la causa del delitto di quest'uomo; non v'è alcun dubbio...

IL PUBBLICO          - Non vi è dubbio; lei è la colpevole!

PADRE DELLA MORTA     - ... ma lasciate che il padre dica una pa­rola di spiegazione, se non di difesa... All'età di quattordici anni Maria cadde nelle mani di un uomo il cui compito, nella vita, parEVA       -  che fosse quello di adescare le fanciulle, come l'uccellatore adesca i piccoli uccelli. Non era uno dei soliti seduttori, si accontentava di legare i sensi delle fanciulle, di invischiare i loro sentimenti, per poi respingerle e vederle con il cuore infranto e con le ali bruciate, travagliate dai tormenti del cuore, che superano ogni altro tormento. Per tre anni, Maria è stata curata in una clinica per malati di mente e quando ne usci era ormai a pezzi; si sarebbe detta divisa in pili persone. Con una era angelica e timorata di Dio; ma, con l'altra, era un demonio che oltraggiava tutto ciò che è savio. Io la vidi re­duce dal ballo e dall'ebbrezza, recarsi dal suo amato Florian, ed io sentii come, accanto a lui, lei mutasse radicalmente parole ed aspetto e avrei giurato che non era la stessa persona. Ma mi parEVA ogni volta sincera. Era sua la colpa, oppure del suo seduttore?

IL PUBBLICO          - Non era in colpa, lei! Chi era il suo seduttore?

PADRE DELLA MORTA     - (indicando II tentatore). Eccolo qui!

IL TENTATORE       - Si, ero io!

IL PUBBLICO          - Che sia lapidato!

IL BALIVO               - Procediamo legalmente. Prima lo si deve ascoltare!

IL TENTATORE       - Ebbene! Ascoltatemi o Argivi!... Dunque... Il sottoscritto, nato da poveri, ma abbastanza onesti genitori, fu, sin dalla nascita, uno di quegli uccelli rari che, in gioventù, cercano il loro Creatore... senza mai trovarlo,... naturalmente... Sono inve­ce dei vecchi cuculi che, solo nella vecchiaia, lo cercano, ma per buone ragioni! A siffatta ricerca giovanile, era congiunta una purezza di cuore ed una timidezza che facEVA         -  sorridere persino le sue governanti,... si, adesso noi si ride udendo che egli voleva mutare di abito soltanto, per indossarne uno scuro! Ma quantunque noi si sia completamente cor­rotti dalle asprezze della vita, dobbiamo pure scorgere in ciò qual­cosa di bello; e, diventati più vecchi, anche qualcosa di commo­vente. Eppure, cosi come ora siamo, e dove ci troviamo, ridiamo di questa infantile innocenza!... Sogghignate pure, ascoltatori!

IL BALIVO               - (severamente) Lei ha poca stima dei suoi ascoltatori!

IL TENTATORE       -  Allora,  dovrei  io  vergognarmi!...  Ebbene,  divenuto giovanetto, il sottoscritto restò impigliato in una serie di reti tese alla sua innocenza! Sono un vecchio peccatore, ma, in questo momento, arrossisco... (Si toglie il cappello) ...Si, guardatemi!.. Ar­rossisco quando penso alla visione del mondo che ebbe quel giova­netto: un mondo di mogli di Putifarre! Non si trovava una donna!... No, il sesso femminile mi scusi, ma se io mi vergogno è per conto dell'umanità... Ci furono momenti in cui non credevo ai miei occhi e pensavo che il demonio li avesse abbagliati... I vincoli più sacri...  (Si morde la lingua)  ...Ma no, lasciamo andare!  L'umanità si sente calunniata!...  Comunque sino  all'età di venticinque anni sostenni la lotta, e non fu a cagione di un sorriso che capitolai: fu per...  Già  fui  chiamato  il  casto  Giuseppe,  ed infatti  ero  stato Giuseppe!... Ero geloso della mia virtù e mi sentivo offeso dallo sguardo di una donna impudica. Ma finii per cadere; fui perfidamente sedotto! E divenni schiavo delle mie passioni; sedevo ai piedi di Onfale e spesso filavo la lana. Scesi fino al fondo dell'ultima degradazione, e soffersi, soffersi, soffersi! Ma, a dir la verità, era soltanto il mio corpo che si degradava; la mia anima vivEVA       -  la sua vita;... la sua vita pura, dirò, per se stessa. Innocentemente mi entusiasmai per le giovinette, le pure verginelle; le quali, probabilmente, sentivano la mia simpatia che le attirava. Poiché, con o senza millanteria, si sentivano attratte;... e se io non volevo andare oltre certi limiti, lo voleva  - no loro: e quando cercavo di sfuggire il pericolo, dicEVA        - no di  averne il cuore infranto. A farla breve: non ho mai sedotto una fanciulla innocente. Posso giurarlo!... Dunque che colpa ho del mal di cuore di questa fanciulla che divenne una malattia mentale? Non ho invece il merito di avere indietreggiato davanti a quel passo che l'avrebbe fatta cadere?... Chi scaglierà su di me la prima pietra? Nessuno! Avrei stimato poco i miei ascoltatori! Ma io che immaginavo venendo qui a prendere la difesa della mia innocenza maschile, che avrei fatto la figura del buffone!... mi sento di nuovo giovane e vorrei chiedere perdono all'umanità... se non scorgessi un sorriso cinico sulle labbra della donna che fu la seduttrice della mia giovinezza. Vieni innanzi, femmina; contempla la tua opera di distruzione!  guarda come ha fruttificato!

LA DONNA              - (si fa innanzi timida e dignitosa). Si, sono stata io!...Ma ascoltate anche me e lasciate che io vi racconti la semplice storia del seduttore della mia giovinezza, il quale, fortunatamente, è qui presente….

IL BALIVO               - Amici miei! Devo interrompere il dibattito, altrimenti va a finire che risaliremo fino ad EVA nel paradiso terrestre…..

IL TENTATORE       - ...la quale sedusse la giovinezza di Adamo! Ma è appunto là che si voleva  -  arrivare!

EVA                           - ! Vieni avanti, EVA  - !

EVA                           - ! (Trincia l'aria con il suo mantello; il tronco dell'albero diventa tra­sparente e si scorge EVA -  vestita... dei suoi capelli e con una cintura alla vita) Ebbene, madre EVA, tu hai sedotto il nostro padre. Imputata! Che cosa hai da dire a tua discolpa?

EVA                           -  (con semplicità). Mi ingannò il serpente.

IL TENTATORE       - Ben detto!

EVA                           -  si è pienamente giustificata. Ven­ga avanti il serpente! Il serpente! (EVA   sparisce nel tronco dell'albero) Venga avanti il serpente! (Nel tronco dell'albero appare il serpente) Ecco il seduttore di noi

TUTTI                        - ! Di', serpente, chi è che ti ha se­dotto?

TUTTI                        -  (impauriti). Taci, bestemmiatore!

IL TENTATORE       - A te la risposta, serpente! (Scoppia un fulmine accompagnato da un rombo di tuono.

TUTTI fuggono tranne Lo sco­nosciuto, La dama, IL PELLEGRINO e II tentatore, il quale stramazza a terra, ma poi si rialza e si mette a sedere nello stesso atteg­giamento della statua antica chiamata « l'arrotino » o « lo schiavo ») Causa finalis, ovverossia la causa prima... Già, quella che non si arriva mai a conoscere!... Ma se la colpa è del serpente, è chiaro che TUTTI noi siamo relativamente innocenti... Ma questo, però, non bisogna dirlo agli uomini!... Comunque l'imputato se l'è ca­vata bene, mi sembra! E il tribunale è svanito come fosse fumo! Ma si, non giudicate, non giudicate, o giudici!

LA DAMA                 - (allo SCONOSCIUTO). Vieni con me.

LO SCONOSCIUTO - Ma io voglio ascoltare quest'uomo...

LA DAMA                 - Perché? To', è come un bambinetto, lui: fa domande a cui non si può dare una risposta. Non li hai sentiti i bambini chie­dere:... « Dimmi, papà, com'è che il sole sorge a levante?... ». Sai tu rispondere a questa domanda?

LO SCONOSCIUTO - Uhm!...

LA DAMA                 - Oppure:... « Dimmi, mammina, chi è che ha inventa­to Dio? ». ...Ti pare una domanda profonda, questa?... Vieni con me!

Lo SCONOSCIUTO - (lottando contro la sua ammirazione per II tentatore). Si, ma quella faccenda con EVA è stata una novità...

LA DAMA                 - Niente affatto! Io la lessi nella storia sacra all'età di otto anni! Ed è scritto nello Statuto del Regno che noi ereditiamo i debiti dei nostri antenati... Vieni, bambino mio!

IL TENTATORE       - (si alza, si dà una scossa e si avvia, zoppicando, verso il ciglio della montagna, a destra). Vieni con me; ti farò vedere il mondo che tu ti immagini di conoscere, e che, invece, ignori.

LA DAMA                 - (avviandosi verso il ciglio della montagna a sinistra).Vieni con me, bambino; ti farò vedete come è bello il mondo di Dio; cosi come l'ho imparato a vedere io, da quando le lacrime mi hanno ìavato gli occhi, togliendone la polvere... Vieni con me!

Lo SCONOSCIUTO - si mostra esitante nella scelta.

IL TENTATORE       - Ma come avevi visto il mondo attraverso le la­crime? Come i salici della riva si specchiano nell'acqua fervida! Un caos di linee contorte dove gli alberi sembrano capovolti... No, bambina, con il mio cannocchiale, disseccato al fuoco dell'odio; con il mio telescopio posso vedere le cose come sono esattamente, nettamente!...

LA DAMA                 - Che ne sai tu delle cose? Non è la cosa che si rivela al tuo occhio, bensì l'immagine dì essa; ma l'immagine è l'apparenza, non la cosa in sé. Tu, dunque, discuti di immagini e di apparenze.

IL TENTATORE       - Ma sentilo, questo filosofucolo in gonnella!... Per Giove Cronide! Una disputa di questa specie, nella chiostra gigantesca delle montagne, richiede un appropriato uditorio! Olà!

LA DAMA                 - Ma è qui il mio uditorio! È il mio amico, il mio uomo, il mio bambino! Se egli mi ascolterà, sarà bene per me e per lui!... Vieni qui, amico mio. Questa è la via giusta! Questo è il Garizim, il monte dove si benedice; e quello è l'Ebal, il monte dove si ma­ledice!

IL TENTATORE       - Si, questo è l'Ebal, dove si maledice! « La terra, o donna, sarà maledetta per causa tua; tu partorirai con dolore e i tuoi desideri saranno quelli di tuo marito, ed egli signoreggerà sopra di te! ». Inoltre: « La terra, o uomo, sarà maledetta per causa tua; spine e cardi saranno il tuo nutrimento; e bagnerai i solchi con il tuo sudore! ». Non sono certo io che ho detto questo: è il Signore!

LA DAMA                 - Ma Dio benedisse la prima coppia; e benedisse anche il settimo giorno in cui aveva concluso l'opera sua, la quale era buo­na. Ma tu, ma noi l'abbiamo resa cattiva, e, pertanto, pertanto... Ma chi obbedisce alla legge del Signore, abita sul Garizim, da dove parte ancora oggi la benedizione. E dice il Signore: « Tu sarai benedetto nella città, benedetto nei campi! La 'tua madia e il tuo desco sa­ranno benedetti, e le tue entrate e le uscite, e la pioggia del cielo renderà prospere le tue sementi, perché la tua figliolanza abbia a fiorire. E tu presterai a molte genti, ma nulla prenderai in prestito. E la benedizione di Dio verrà su di te e ti raggiungerà; se tu avrai obbedito al comandamento del Signore »... Vieni dunque, ami­co mio, e metti la tua mano nella mia! (Cade in ginocchio con le mani giunte) Ti prego in nome dell'amore che un giorno ci avvinse; in nome della figlia che ci legò; in nome dell'amore di una madre, di una madre, di una madre, perché è con tale amore che io ti ho amato. Te, bambino smarrito, che ho cercato negli oscuri meandri del bosco! Te che finalmente ho ritrovato affranto e appassito per mancanza d'amore! Torna ad essere il bimbo delle mie pene; nascondi la tua testa stanca sul mio cuore dove posasti prima di scorgere la luce del sole!

Durante questa scena lei è andata trasformandosi:

le sue vesti di lutto sono cadute e appare vestita di bianco

e con i capelli sciolti e un ricco petto materno.

LO SCONOSCIUTO - Madre mia!

LA DAMA                 - Si, bimbo mio, sono tua madre!... In vita non mi fu mai possibile prodigarti le mie carezze perché le supreme potenze me lo impedivano... Perché mai? Non oso chiedermelo...

LO SCONOSCIUTO - Mia madre? Ma mia madre è morta!

LA DAMA                 - Lo era, ma non sempre i morti sono morti; e l'amore materno vince la morte! Non lo sai? Vieni, bimbo mio, io voglio sanare ciò che ho infranto e, sulle mie ginocchia, ti cullerò per la tua pace. Voglio purificarti dal... (Non riesce a dire la parola che pare non voglia venire fuori dalle sue labbra) dall'odio e dal peccato. Voglio ordinare i tuoi capelli incollati dal sudore dell'angoscia; vo­glio scaldare i tuo panni bianchi al focolare della casa; della casa che non hai mai avuta. Tu che non hai casa, tu che sei figlio di Agar, la serva; tu nato di schiava, contro cui si sono levate le mani di TUTTI          - ... Gli aratori sono passati sulla tua schiena e vi hanno scavato i loro solchi profondi... Vieni: voglio guarire le tue ferite e soffrire le tue sofferenze... Vieni!

Lo sconosciuto, che ha sempre pianto e tremato in tutta la persona, va verso il ciglio di sinistra dove La madre sta con le braccia aperte.

LO SCONOSCIUTO - Eccomi a te!

IL TENTATORE       - Non posso fare nulla!... Ma ci incontreremo un'al­tra volta!

Sparisce dietro la roccia.

Più in alto sulla montagna. Il paesaggio roccioso che circonda una palude sfuma nelle nuvole. La madre sta salendo su di una roccia finché sparisce nella nuvola. Lo sconosciuto, affranto, si arresta.

LO SCONOSCIUTO - Mamma! mamma! Perché mi abbandoni cosi? E proprio nel momento in cui stava per realizzarsi il mio sogno più bello!

IL TENTATORE       - (facendosi avanti). Che cosa hai sognato? Racconta!

LO SCONOSCIUTO - La mia più dolce speranza, il mio vago deside­rio, la mia ultima preghiera!... La riconciliazione con l'umanità attra­verso la donna...

IL TENTATORE       - Con  LA DONNA che ti ha insegnato ad odiare?..,

LO SCONOSCIUTO - Appunto perché mi aveva legato alla terra! È come la palla di ferro legata al piede dello schiavo che egli trascina e trascina e che gli impedisce di fuggire...

IL TENTATORE       - Oh, la donna! sempre la donna!

LO SCONOSCIUTO - Si, la donna! Principio e fine... almeno per noi uomini; perché, in se stesse, non sono nulla.

IL TENTATORE       - Dunque, nulla per se stesse, e tutto per noi e at­traverso noi! Il nostro onore e la nostra infamia; la nostra massima gioia e il nostro più grande dolore; la nostra espiazione e la nostra caduta, il nostro premio e la nostra pena, la nostra forza e la nostra debolezza.

LO SCONOSCIUTO - Hai detto bene: la nostra infamia! Vuoi tu, uomo saggio, spiegarmi questo enigma? Ogni volta che portavo una donna, la mia, beninteso, la mia bella e amata donna, sotto brac­cio davanti agli occhi degli altri uomini, ne avevo vergogna come di una mia debolezza. Scioglimi quest'enigma!

IL TENTATORE       - Te ne vergognavi?,.. Non so scioglierlo!

LO SCONOSCIUTO - Ti manca la risposta?

IL TENTATORE       - Si, mi manca!... Ma io, quando ero in compagnia della mia donna, ho sempre sofferto trovandomi fra la gente! Già, perché sentivo che lei era insozzata dagli sguardi degli uomini; ed io con lei.

LO SCONOSCIUTO - Ma quando lei commise l'infame azione, tu te ne sentisti disonorato. Per quale motivo?

IL TENTATORE       - L'EVA dei Greci, il cui nome era Pandora, fu ma­lignamente creata da Giove per tormentare l'umanità e tenerla in suo 'dominio!... Come dono di nozze le fu dato un vaso in cui era rac­colta tutta l'infelicità del mondo. Può darsi che l'enigma di questa sfinge lo si possa risolvere meglio osservandolo dall'alto dell'Olimpo, anziché nei campi ameni del Paradiso! Ma integralmente non sarà mai risolto! E io ne so quanto te! Ma, a ben pensarci, io la godo ancora oggi la cosa più bella che ci abbia dato la creazione!... E tu va' e fa' come me.

LO SCONOSCIUTO - Intendi dire la più bella illusione di Satana? Perché se è la più bella per me, per  TUTTI gli altri può essere orribile! Del resto anche per me può diventare più brutta di qualunque altra donna, quando è cattiva!.., E allora che cosa è la bellezza?

IL TENTATORE       - Un barlume, un riflesso della tua bontà! (Si tura la bocca con la mano) Accidenti!... Mi è scappata detta!... Adesso... adesso si scatena il demonio!.

LO SCONOSCIUTO - Il demonio? Certo! Ma se lei è il demonio, come potrebbe, un demonio, darmi la gioia della virtù e della bontà? Perché fu proprio questo il primo effetto che lei fece su di me quando vidi la sua bellezza, e fui preso dal desiderio di rassomigliarle e di­ventare degno di lei. Per somigliarle, cominciai con la ginnastica e con i bagni poi con i cosmetici, e con gli abiti eleganti. Ma non seppi che rendermi ridicolo! Allora incominciai a lavorare dentro di me: presi l'abitudine dei bei pensieri, delle belle parole e delle nobili azioni. E quando, finalmente, anche l'esteriore si fu plasmato sul mio intimo, divenni l'immagine di lei... Almeno cosi affermò lei! E fu lei, per prima, ad usare la soave espressione: « Io t'amo »! Come dunque potrebbe nobilitarci, un demonio? come potrebbe uno spirito infernale ispirarci la bontà? come.., Ma no, era un angelo, lei! Ma un angelo decaduto, e l'amor suo non era che un riflesso della Gran Luce, della Luce eterna che riscalda e che ama... ama... ama!

IL TENTATORE       - No, ascolta, vecchio mio; vuoi davvero che stiamo qui a scandagliare i problemi dell'amore, come due adolescenti?

Entra II confessore.

IL CONFESSORE     - Che cosa racconta questo chiacchierone? Tutta la sua vita l'ha persa a far chiacchiere; e non ha mai concluso nulla!

IL TENTATORE       - Il prete, avrei dovuto fare!... Ma mi mancò la vo­cazione.

IL CONFESSORE     - Mentre ti prepari a diventarlo, aiutami a pesca­re un tipo grassottello che è venuto ad affogare in questo stagno. Dovrebbe essere in questo luogo, perché sin qui ho seguito le sue peste.

IL TENTATORE       - Allora è quello che si trova sotto quelle frasche.

IL CONFESSORE     - rimuove un mucchio ài frasche scoprendo il cadavere di un uomo ben vestito.

IL CONFESSORE     - Si, è proprio lui!... (Osserva il morto, assorto in profondi pensieri).

IL TENTATORE       - Chi era costui?

IL CONFESSORE     - Strano!... Strano!...

IL TENTATORE       - Era un bell'uomo! Quasi un giovanotto!

IL CONFESSORE     - No, amici miei, aveva  cinquantaquattro anni! E quando Io vidi, una settimana fa, ne dimostrava sessantaquattro. I suoi occhi erano di un grigio giallognolo, come il muco che lasciano le lumache e sanguinavano ai lati, per il suo vizio del bere, ma anche perché spesso piangEVA       -  sulla sua vita miserabile. aveva un volto scuro e gonfio, come un pezzo di fegato sul banco del macellaio, e lui, per la vergogna, cercava di sfuggire allo sguardo degli uomini. Sino all'ultimo momento sembra che si sia vergognato dello specchio infranto dell'anima sua, e perciò nascose il viso sotto queste frasche. L'ho visto lottare contro il vizio; e l'ho visto, quando fu licenziato dal suo posto di maestro, raccomandarsi, in ginocchio, a Dio perché lo liberasse. Ma... si, ora, si è liberato! E osservate: ora che il male gli è stato tolto, sono subentrati il bene e il bello che pure esistevano in lui! Era cosi a diciannove anni!... 'Il peccato imposto come castigo.'... E perché? Non lo possiamo sapere. « Chi odia il giusto diventerà colpevole». È la norma, oppure...? Io l'ho cono­sciuto da giovane! e adesso mi torna a mente... era sempre feroce contro coloro che non bevevano. Giudicò e condannò, e sempre ce­lebrò il suo culto del vino sull'altare della gioia di vivere!... Ora è libero! Libero dal peccato, dalla vergogna e dall'intemperanza... ed è diventato bello nella morte! nella morte liberatrice!... Ascolta, tu, o liberatore, tu che non puoi liberare neanche un ubriacone dalla sua brama perversa!...

IL TENTATORE       - Il delitto imposto come castigo? Non c'è male: è un pensiero profondo!

IL CONFESSORE     - Si, è cosi ch'io penso; e qui tu hai un nuovo te­ma di discussione!

IL TENTATORE       - Adesso lascio per un po' lorsignori... Ci rivedre­mo presto! (Esce).

IL CONFESSORE     - Ebbene: poco fa ti ho visto in compagnia di una donna. Che è? siamo, di nuovo alle tentazioni?

LO SCONOSCIUTO - Non nel senso che tu credi.

IL CONFESSORE     - E in quale senso, allora?

LO SCONOSCIUTO - Io potrò, forse, ancora pensare ad una ricon­ciliazione con l'umanità e con LA DONNA per mezzo della donna! E per mezzo di quelLA DONNA che fu già mia moglie, e che adesso, pu­rificata e innalzata dalle pene e dalla miseria, è diventata ciò che, una volta, credetti che fosse. Senonché...

IL CONFESSORE     - Senonché...?

LO SCONOSCIUTO - Senonché l'esperienza ha insegnato che quanto più si è lontani, tanto pili si è vicini, e quanto più si è vicini, tanto più si è lontani l'uno dall'altro.

IL CONFESSORE     - Questo già lo sapevo... lo sapeva anche Dante che dedicò l'intera vita all'anima di Beatrice; e lo sapeva Beethoven che, da lontano, si era sposato a Teresa di Brunswick, che era la moglie di un altro...

LO SCONOSCIUTO - Eppure la felicità... è soltanto quando si sta vicini...

IL CONFESSORE     - Allora puoi andartene vicino a lei!

LO SCONOSCIUTO - Tu ti scordi una piccola cosa: che noi siamo divorziati.

IL CONFESSORE     - Ma bene: vuol dire che sarà un nuovo matri­monio. Tanto più promettente, poiché siete intimamente nuovi.

LO SCONOSCIUTO - Credi che qualcuno... vorrebbe darci la bene­dizione nuziale?

IL CONFESSORE     - Io? Chiedi un po' troppo!

LO SCONOSCIUTO - Non ci avevo pensato! Ma si troverà ben qual­cuno!.., Ala tutt'altra cosa è crearsi un focolare...

IL CONFESSORE     - Tu bai spesso fortuna, anche se non vuoi am­metterlo. Laggiù, sulla riva del fiume, c'è una casetta; tutta nuova, che il proprietario non ha mai vista... Era un inglese che voleva  spo­sarsi; ma, all'ultimo momento, lei ruppe la promessa. La casetta era stata costruita dal segretario di lui, cosicché i due fidanzati non l'avevano mai vista. E ancora oggi è perfettamente intatta.

LO SCONOSCIUTO - Sì affitta?

IL CONFESSORE     - Si affitta!

LO SCONOSCIUTO - Ebbene, voglio tentare. E tentare di ricomin­ciare la vita.

IL CONFESSORE     - E discendere?

LO SCONOSCIUTO - Sì, dalle nuvole!,.. Splende ancora il sole, lag­giù; mentre qui l'aria è un po' rarefatta.

IL CONFESSORE     - Sta bene. Allora torniamo a separarci per un po' di tempo.

LO SCONOSCIUTO - Dove te ne andrai?

IL CONFESSORE     - Lassù!

LO SCONOSCIUTO - Ed io me ne andrò giù: verso la terra, verso la madre dal seno tenero, dal grembo caldo...

IL CONFESSORE     - Finché non bramerai di nuovo la pietra dura, il freddo e il bianco... Ti dico addio e salutami TUTTI laggiù.

Ciascuno si avvia per la propria strada.

Una bella sala da pranzo con pareti dì tavole e una stufa di maiolica. Al centro, una tavola con vasi pieni di fiori e candelabri con molte candele accese. A sinistra una grande credenza intagliata. Ne/ fondo due porte; quella a sinistra, che è aperta, lascia vedere il salotto della padrona di casa con mobili di mogano e tappezzerie verde chiaro. Una  lampada di ottone a piedistallo, con ampio  paralume giallo limone, è accesa. La porta a destra è chiusa. A sinistra, oltre la cre­denza, la porta che conduce a un corridoio. Da sinistra entrano Lo SCONOSCIUTO             - e La dama, in abito nuziale, raggianti di giovinezza e bel­lezza.

LO SCONOSCIUTO - Benvenuta, amore mio, nella mia casa, e al tuo e mio focolare, o sposa; nella tua dimora, o moglie mia!

LA DAMA                 - Grazie, amico del mio cuore, è come in una fiaba.

LO SCONOSCIUTO - Si, una fiaba! È tutto un libro di fiabe, bambina mia, che ho composto.

Si mettono a sedere ai lati della tavola.

LA DAMA                 - Ma è vero, tutto ciò? Mi pare troppo bello!

LO SCONOSCIUTO - Cosi giovane e bella non ti avevo mai veduta!

LA DAMA                 - Sono i tuoi occhi...

LO SCONOSCIUTO - ... che hanno imparato! E loro maestra è stata la tua bontà.

LA DAMA                 - La quale avevo imparato dal dolore...

LO SCONOSCIUTO - Ingeborg!

LA DAMA                 - Sembra la prima volta che pronunzi il mio nome!

LO SCONOSCIUTO - La prima? È che non avevo mai incontrato Ingeborg; mai ti avevo vista cosi, come ora siedi qui, nella nostra casa. La casa! la parola soave! la dolce cosa che non avevo mai pos­seduto. La moglie e la casa! Tu sei la mia prima, la mia unica mo­glie; già, perché ciò che fu prima, adesso non è più; come l'ora che appena è trascorsa!

LA DAMA                 - Orfeo! A queste pietre motte, tu hai dato, cantando, vita e bellezza! Da' la vita anche a me!,..

LO SCONOSCIUTO - Euridice, che io ho rapito al Tartaro tenebroso! Il mio amore ti ridarà la vita; io ti canterò un inno, ed ora verrà a noi la felicità, perché adesso noi conosciamo i pericoli che debbono essere evitati.

LA DAMA                 - Si, i pericoli... ma qui è tanto bello come se le stanze siano piene di invisibili ospiti che ci danno il benvenuto! Spiriti buoni che benedicono noi e il nostro focolare!

LO SCONOSCIUTO - Le fiamme delle candele sono intente e devote e i fiori pensano... eppure...

LA DAMA                 - Zitto!... fuori riposa la notte estiva calda e scura; le stelle pendono grandi, come lagrimando, sugli abeti, simili a cande­line natalizie... Questa è la felicità e bisogna tenerla ben salda.

Lo SCONOSCIUTO - (soprapensiero). Eppure...

LA DAMA                 - Zitto!

Lo SCONOSCIUTO - (alzandosi). Sento che in me nasce una poesia...È per te!

LA DAMA                 - Non devi dirla, perché la vedo... nei tuoi occhi!

LO SCONOSCIUTO - Perché l'ho letta nei tuoi!... D'altronde non po­trei dirla perché non ha parole!... essa ha colore, ha profumo!... Se la dicessi ne morrebbe:  inespressa è più bella!

LA DAMA                 - Taci!... altrimenti gli ospiti nostri se ne andranno.

Silenzio.

LO SCONOSCIUTO - Questa è la felicità,... ma non riesco ad af­ferrarla!

LA DAMA                 - Guardala e respirala, perché non si lascia afferrare!

Silenzio.

LO SCONOSCIUTO - Guardi alla tua cameretta!...

LA DAMA                 - Tutta verde chiaro come un prato di mezza estate! E ci deve esser qualcuno, là dentro!... parecchi, anzi!

LO SCONOSCIUTO - I miei pensieri!

LA DAMA                 - I tuoi buoni e bei pensieri...

LO SCONOSCIUTO - ... che tu mi hai dati.

LA DAMA                 - Ho forse mai avuto qualcosa da darti?

LO SCONOSCIUTO - Tu?... Tutto! Ma, sinora, le mie mani non erano libere, e non potevo accettarlo! Le mie mani non erano pure per carezzare il tuo tenero cuore.

LA DAMA                 - Amore mio, si avvicina la riconciliazione...

LO SCONOSCIUTO - Con gli uomini e con la donna,... per mezzo della donna? Essa è già avvenuta, e che tu sia benedetta fra le donne!

Tutte le luci e i lumi si spengono e tutto il salone resta buio. Dalla stanza delLA DAMA viene un tenue riflesso della lucerna di ottone.

LA DAMA                 - Che cosa è questo buio? Guai a noi!

LO SCONOSCIUTO - Dove sei, cara? Dammi la tua mano! Ho pau­ra, io!

LA DAMA                 - Sono qui, amico mio!

LO SCONOSCIUTO - Ecco la piccola mano che mi si è tesa nel buio e che mi ha condotto attraverso le pietre e le spine! Piccola mano tenera e buona! Conducimi verso la luce nella tua stanza calda e lu­minosa di una luce verde come la speranza!

LA DAMA                 - (guidandolo verso la stanza verde). Hai paura?

LO SCONOSCIUTO - O bianca colomba, presso di te l'aquila sgo­menta cerca riposo quando la tempesta del cielo genera la tenebre sotto di sé, perché la colomba è sicura: essa non ha provocato i fulmini del cielo.

La stessa sala. La tavola è sparecchiata. LA DAMA è seduta davanti alla tavola,non fa niente e  sembra annoiata. A destra, in primo piano, una finestra aperta.  Tutto è tranquillo.

Lo SCONOSCIUTO - (entrando con una carta nelle mani). Adesso sentirai!

LA DAMA                 - (distratta e rassegnata). Hai già finito?

LO SCONOSCIUTO - Dici già? Sul serio? Ma se per comporre que­sta poesiola ci ho impiegato sette giorni! (Silenzio) Forse ti annoio?

LA DAMA                 - (seccamente). No; affatto! (Lo SCONOSCIUTO siede da­vanti alla tavola e guarda fisso alla dama) Perché mi guardi?

LO SCONOSCIUTO - Vorrei leggere i tuoi pensieri.

LA DAMA                 - Li hai sentiti altra volta.

LO SCONOSCIUTO - Non importa: voglio vederli!... (Pausa) Perché ciò che si dice, quasi sempre non ha alcun valore. (Pausa) Posso leggere?.,. No, non posso! Perché tu non vuoi avere più nulla da me, (LA DAMA fa per parlare) Il tuo volto mi dice: « Adesso basta! Mi hai succhiata, iosa e svuotata, hai ucciso il mio io, la mia per­sonalità... ». Ed io ti rispondo: « Come puoi dirlo, cara? Io che vo­levo darti tutto il mio io, avrei ucciso il tuo?... io che ti ho dato il succo migliore delle mie coppe riempite con l'esperienza di tutta una vita, trascorsa nelle solitudini e nei boschi dell'arte e della poesia? ».

LA DAMA                 - Non lo nego, io; ma non erano cose mie!

LO SCONOSCIUTO - Tue; ma che cosa è tuo? L'altrui?

LA DAMA                 - E il tuo che cosa è? La roba altrui!

LO SCONOSCIUTO - No! Ciò che io ho vissuto è mio e non di altri! Ciò che io ho letto, è diventato mio, perché io l'ho frantumato come vetro e ne ho fatto, soffiandovi, un vetro nuovo in nuove forme.

LA DAMA                 - Si! Ma io non posso diventare tua...

LO SCONOSCIUTO - Io sono diventato tuo!

LA DAMA                 - E che cosa hai avuto da me?

LO SCONOSCIUTO - E lo chiedi?

LA DAMA                 - Eppure... Non vedo che tu pensi questo; ma sento che tu lo senti! Tu desideri che io ti sia lontana!

LO SCONOSCIUTO - Per poterti vedere, devo trovarmi ad una certa distanza da te! Adesso sei di qua dal punto focale e la tua immagine risulta confusa.

LA DAMA                 - Quanto più vicino, tanto più lontano!

LO SCONOSCIUTO - L'hai detto!... ma quando ci separiamo, ci de­sideriamo. E, quando ci ritroviamo, desideriamo di separarci.

LA DAMA                 - Credi tu che ancora ci amiamo?

LO SCONOSCIUTO - Si, ma non come persone comuni, ma come esseri di eccezione. Siamo due gocce d'acqua che temono di accostarsi per non cessare di essere due fondendosi in una.

LA DAMA                 - Questa volta li conoscevamo i pericoli, e si voleva  evi­tarli... Ma sembra che non si possa.

LO SCONOSCIUTO - E forse non erano pericoli, bensì dure neces­sità precostituite come leggi nel consesso degl'Immortali. (Silenzio) II tuo amore si doveva sempre sentire come odio. E quando mi rendevi felice, eri invidiosa della felicità che mi avevi donata. Sol­tanto quando mi hai visto molto infelice tu mi hai amato.

LA DAMA                 - Devo andarmene lontana da te?

LO SCONOSCIUTO - Ne morrei.

LA DAMA                 - E se resto, sarò io a morirne.

LO SCONOSCIUTO - Moriamo insieme e viviamo il nostro amore in un mondo superiore; il nostro amore che non sembra essere di que­sto mondo, in un'altra stella dove non esistano vicinanze né lon­tananze; dove due sia uno; dove il numero, il tempo e lo spazio siano diversi da qui.

LA DAMA                 - Volevo morire, ma ora non voglio... e credo di essere già morta!

LO SCONOSCIUTO - L'aria di quassù è un po' troppo forte.

LA DAMA                 - Tu non mi ami se puoi parlare cosi.

LO SCONOSCIUTO - A dir vero, ci sono dei momenti in cui tu non esisti per me. Ma, in altri momenti, sento il tuo odio come un fumo soffocante.

LA DAMA                 - Ed io ho la sensazione che mi si strappi il cuore dal petto, quando tu sei indispettito contro di me.

LO SCONOSCIUTO - Ma dunque noi ci odiamo...

LA DAMA                 - E insieme ci amiamo...

LO SCONOSCIUTO - E ci odiamo perché ci amiamo; ci odiamo perché siamo legati l'uno con l'altra!  Odiamo il vincolo, odiamo l'amore.  ,.,.. Odiamo la cosa più soave, che è la più amara, la migliore che possa dare la vita. E siamo alla fine!

LA DAMA                 - Si!

LO SCONOSCIUTO - Che brutto scherzo è prendere la vita sul serio; « quanta serietà si mette in questo scherzo! Tu volevi portarmi verso la luce, con la tua piccola mano; il tuo destino, più mite, avrebbe    _ dovuto rendere il mio più mite; volevo innalzarti sulla palude e le sabbie mobili; ma tu di nuovo tendevi al basso e volevi persuadermi che il disotto fosse il disopra... È possibile, mi chiedo, che tu abbia : preso il mio male, quando appunto io ne fui liberato, e che tutto   e il tuo bene sia passato in me? Se sono stato io a renderti cattiva,   i ti chiedo perdono e bacio la piccola mano che mi ha accarezzato e... graffiato; la piccola mano che mi ha guidato nel buio, nel lungo viaggio sulla via di Damasco...

LA DAMA                 - È questo un congedo? (Silenzio) Ma è dunque un con­gedo?

Silenzio,

LA DAMA si allontana per la sua strada. Lo SCONOSCIUTO 

sì affloscia sopra una seggiola davanti alla tavola.

Il tentatore, dalla finestra, sporge la testa nella stanza,

 punta i gomiti sul parapetto, appoggia la testa sopra una mano fumando una sigaretta.

IL TENTATORE       - Già, già!... C'est l'amourl Ossia la cosa più mi­steriosa fra le cose misteriose; la più inesplicabile fra le cose inespli­cabili; la più malferma fra tutto ciò che è malfermo.

LO SCONOSCIUTO - Sei ancora qui?         

IL TENTATORE       - Sempre e dovunque c'è sentore di crac! E nei rapporti amorosi ci sono sempre i crac.

LO SCONOSCIUTO - Sempre?       

IL TENTATORE       - Sempre! Fui, ieri, a certe nozze d'argento: venticinque anni! Non sono una bagattella! E si trattava di un crac...      –E’ durato venticinque anni!... Tutto l'amore è un unico e grande crac intessuto da molti altri piccoli crac! Eppure quei due si amavano, si ringraziavano per tutto il bene che si erano fatti; e il male era scordato, annullato, perché un istante di felicità compensa dieci giorni di solo inferno tra punture e vergate. Già; chi non vuole prendere il male, non avrà il bene! Sono amare la bucce, ma, dentro, il piccolo nocciolo è dolce.

LO SCONOSCIUTO - Proprio piccolo, piccolo!

IL TENTATORE       - Caro amico mio, si, è piccino, il nocciolo, ma è buono!... E, dimmi, com'è che madama se Tè svignata? Nessuna risposta? Perché non lo sa, il poverino!... E intanto l'hotel è da af­fittare! Mettiamo fuori il cartello «si affitta! »! Già, l'uno viene, l'altro va... C'est la vie! Locanda per gente di passaggio!

LO SCONOSCIUTO - Ma tu non sei mai stato ammogliato?

IL TENTATORE       - Si, certo!

LO SCONOSCIUTO - E come mai il matrimonio è andato a male?

IL TENTATORE       - Soprattutto per... Ecco, ma forse è una mia sin­golarità; soprattutto perché... Sicuro! Vedi, l'uomo prende moglie per entrare in una casa, mentre

LA DONNA              - prende marito per uscirne. Lei voleva  uscire ed io volevo entrare! Sono fatto in modo, io, che non potevo accompagnarla in società. Mi pareva  che l'insozzassero gli sguardi degli uomini. E, tra la gente, la mia grande e meravigliosa donna diventava una scimmiottina smorfieggiante che non potevo nemmeno guardare. Per questo me ne rimanevo a casa! E lei restava fuori. E quando io mi incontravo con lei, era tutt'altra donna. Lei, il mio bianco e nitido foglio, era scarabocchiato da tante zampe di mosca; sui suoi lineamenti si erano impressi i volti di satiri, di gente forestiera; nei suoi occhi io vedevo le fotografie in miniatura di beccai e di gendarmi. Nella sua parlata riconoscevo accenti stranieri. Sul pianoforte della mia casa dove, per Tinnanzi, si suonavano le grandi melodie, ella prese a strimpellar canzonette forestiere e sulla nostra tavola non vi erano più che le letture predilette degli stra­nieri. Per farla breve, tutta la mia esistenza era sul punto di diven­tare una specie di concubinato spirituale con gente di fuori e ciò era contrario alla mia indole che sempre aveva desiderato la dannai E’ - inutile dirlo — le simpatie della mia donna per i forestieri erano sempre le mie antipatie. Ella si rivelava addirittura geniale nel saper scovare le cose da cui io aborrivo! E tutto ciò lei lo chiamava « salvare la sua personalità ». Capisci?

LO SCONOSCIUTO - Capisco, si, ma non voglio tentare di spie­garmelo.

IL TENTATORE       - Eppure lei pretendeva di amarmi e affermava che ero io a non amarla! Eppure l'amavo talmente che non volevo par­lare con altri. Mi pareva di commettere un'infedeltà se avessi tratto piacere dal prossimo, anche soltanto maschile. Avevo preso moglie per avere la compagnia di una donna, e, per avere questo, avevo ab-bandonato i miei amici. Avevo preso moglie per essere in compagnia e mi trovai nella più assoluta solitudine! Insomma tenevo in piedi una casa per procurare a signori forestieri una dama di compagnia! Già:  e'est Vamour1 amico caro; Mein liebe Freund\

LO SCONOSCIUTO - Non si dovrebbe mai parlare della propria moglie!

IL TENTATORE       - No, non si dovrebbe, perché se se ne dice bene si fa ridere la gente, ma se se ne dice male, TUTTI prendono la parte di lei. E se, nei primo caso, si domanda perché ridano, non si riesce  mai a saperlo.  

LO SCONOSCIUTO - Proprio cosi: non si riesce mai a capire con chi ci si è sposati. Né si riesce mai a tenerla; è come se lei non fosse qualcuno! Che cosa è la donna?          

IL TENTATORE       - Non lo so! Forse una larva o una crisalide dalla cui ipnotica vita un giorno uscirà un essere umano. È come una bambina, ma non è una bambina; è soltanto una specie di bambina, che   f ad una bambina non somiglia affatto! Se l'uomo tira da una parte, essa tira dall'altra.

LO SCONOSCIUTO - LA DONNA vuole sempre avere un'opinione diversa da quella del suo uomo; nutre sempre simpatia per le antipatie di lui o per ciò che vi è di più rozzo sotto la scorza più fine, e di più malvagio sotto l'aspetto più mite. Eppure, ogni volta che ho amato, ne sono uscito raffinato...

IL TENTATORE       - Tu si, ma lei?

LO SCONOSCIUTO - Lei? Si è sempre sviluppata in senso negativo, lei! a mano a mano che si ingrandiva l'amor nostro, diventando sempre più aspra e cattiva!

IL TENTATORE       - Sapresti spiegare questo fatto?

LO SCONOSCIUTO - No. Ma al tempo in cui cercavo di spiegarmi certi enigmi dando torto a me stesso, pensai che lei assorbisse il mio male, ed io il suo bene.

IL TENTATORE       - Credi tu che LA DONNA sia propriamente falsa?

LO SCONOSCIUTO - Si e no! Il fatto che lei cerchi di nasconderesempre le proprie manchevolezze, dimostra che ha ambizione e pu- ' dorè; soltanto la meretrice è sincera, e perciò è cinica.

IL TENTATORE       - Raccontami qualche altra cosa di bello circa la donna!

LO SCONOSCIUTO - Ebbi, una volta, un'amica; costei si accorse presto che quando bevevo diventavo più brutto del solito: mi scon­giurò di non bere!... Ricordo una sera... Eravamo stati a conversare a lungo in un caffè. Quando l'orologio stava per segnare le dieci, lei mi pregò di andare a casa a dormire e di non bere più. Ci augurammo la buona notte e ci separammo. Alcuni giorni dopo, venni a sapere che quella stessa sera avEVA raggiunto una grossa comitiva di amici e con essi avEVA gozzovigliato fino al mattino seguente... « E va bene! » mi dissi, perché allora cercavo nelLA DONNA tutto il bene, « lei mi ama, ma questa volta ha dovuto degradarsi per le sue faccende ».

IL TENTATORE       - È un pensiero gentile, e lo si può giustificare! Lei voleva     -  avere te migliore di lei stessa, più elEVA       - to e più puro, per poter guardare in alto, verso di te! Ciò non si può negare. Ma LA DONNA         - è sempre cattiva e mal disposta verso il suo uomo; mentre l'uomo è sempre buono e grato verso di lei. L'uomo fa di tutto per far piacere alla donna, e questa fa di tutto per tormentare l'uomo.

LO SCONOSCIUTO - Questo non è vero!... Si, a volte può sembrare che sia cosi!... Ebbi, una volta, un'amica che scaricava su di me tutte le sue malefatte. Era, tra l'altro, smisuratamente innamorata di se stessa e perciò mi accusava di esser l'uomo più vanitoso della terra. BevEVA         e chiamava me sbornione; cambiava di rado la sua biancheria e chiamava me sporcaccione; era gelosa persino dei miei amici, e chiamava me un Otello; era dispotica e mi chiamava Nerone; era avara e mi chiamava Arpagone!

IL TENTATORE       - Ma perché tu non la ripagasti con la stessa moneta?

LO SCONOSCIUTO - Ma bene lo si sa!... Quando le avessi fatto intendere come era impastata nella realtà, nello stesso istante avrei perso i suoi favori mentre io ci tenevo a conservarmeli.

IL TENTATORE       - A tout prix! Sicuro, è sempre questa la fonte della degradazione! Tu ti abituasti a tacere e finisti per trovarti impigliato in una rete di falsità!

LO SCONOSCIUTO - Un momento!... Credi che due sposi pos­sano fondere a tal punto le loro personalità, da non poter più distinguere il « me » dal « te »? da non poter distinguere la per­sonalità dell'uno e quella dell'altro? da non poter vedere quali siano i d'fetti dell'uno e quelli dell'altro? Quella mia dispotica amica che mi chiamava Otello, mi scambiava con se stessa, mi identificava con sé...

IL TENTATORE       - Anche questo è possibile.

LO SCONOSCIUTO - Lo vedi? Spesso si va troppo oltre nelle spie­gazioni, quando non ci si domanda: « di chi è la colpa? ». Dunque, quando fra due sposi nasce la discordia, è il loro regno che si scinde e va contro se stesso, creando la maggiore dis armoni a possibile.

IL TENTATORE       - Ci sono momenti in cui penso che una donna non può amare un uomo.

LO SCONOSCIUTO - Forse! Perché amare è un verbum aciìvum mentre LA DONNA è substantivum passivum. Egli ama; ella è amata. È lui che domanda, e lei soltanto risponde!

IL TENTATORE       - Che cosa è dunque, l'amore della donna?

LO SCONOSCIUTO - Quello dell'uomo!...

IL TENTATORE       - Bene!... Perciò, quando un uomo cessa di amare una donna, questa si stanca di lui!

LO SCONOSCIUTO - Si, ma anche...

IL TENTATORE       - Zitto! Viene qualcuno... Uno che vuol prendere in affitto!

LO SCONOSCIUTO - È una signora o un uomo?

IL TENTATORE       - Una signora... e un signore!... Ma... il signore resta fuori... si gira su se stesso e se ne va ora nel bosco! È stato davvero interessante!

LO SCONOSCIUTO - Ma chi è colei?

IL TENTATORE       - Ecco, guarda un po'!

Lo SCONOSCIUTO - (guardando dalla finestra). Oh lei!... la mia pri­ma moglie!... Ilmio primo amore!...

IL TENTATORE       - Che ha tutta l'aria di avere abbandonato recen­temente il suo secondo marito... E arriva qui col numero tre, il quale, a giudicare da certi movimenti delle gambe e delle spalle, tira a svignarsela dopo una scena tempestosa... Già, già!... Ma lei non si è accorta della perfida intenzione di lui. È stato proprio interes­sante!... Ora vado là ad origliare!

IL TENTATORE scompare.  LA SIGNORA bussa all'uscio.

LO SCONOSCIUTO - Avanti!

Entra LA SIGNORA - Silenzio.

LA SIGNORA           - (eccitata). Sono qui per affittare un appartamento...

LO SCONOSCIUTO - Si accomodi!

LA SIGNORA           - (esitando). Se avessi saputo chi c'era qui, ciò non sarebbe accaduto!

LO SCONOSCIUTO - Che importa?

LA SIGNORA           - Posso sedermi un momento? Sono tanto stanca.

LO SCONOSCIUTO - Ma certo! (Siedono, davanti alla tavola, uno dirimpetto all'altra, agli stessi posti dove, nella prima scena, erano seduti LA DAMA e Lo sconosciuto) Era un bel pezzo che non ci era­vamo trovati cosi!

LA SIGNORA           - Con fiori e candele sulla tavola... di sera...

LO SCONOSCIUTO - Allora io ero vestito da sposo e tu da sposa...

LA SIGNORA           - E le fiammelle delle candele erano immobili e i fioripensavano...   

LO SCONOSCIUTO - È di fuori, tuo marito?

LA SIGNORA           - No.

LO SCONOSCIUTO - Sei sempre alla ricerca di... ciò che non esi­ste?

LA SIGNORA           - Che non esiste?

LO SCONOSCIUTO - No! E te l'ho sempre detto! Ma tu non lo cre­devi, oppure volevi sperimentarlo tu stessa!.,. Te ne sei resa conto, adesso?

LA SIGNORA           - Non ancora.

LO SCONOSCIUTO - Perché hai abbandonato tuo marito? (Silenzio) Ti ha picchiata?

LA SIGNORA           - Sì.

LO SCONOSCIUTO - Come ha potuto perdersi fino a tal punto?

LA SIGNORA           - Era cattivo.

LO SCONOSCIUTO - E perché era cattivo?

LA SIGNORA           - Per niente.

LO SCONOSCIUTO - Ma come poteva  essere cattivo per niente?

LA SIGNORA           - (alzandosi). No; grazie, ma non ho alcuna voglia di starmene qui ad ascoltar dei predicozzi! Dove è tua moglie?

LO SCONOSCIUTO - È andata via poco fa.

LA SIGNORA           - Perché?

LO SCONOSCIUTO - E tu per quale motivo te ne andasti via da me?

LA SIGNORA           - Perché sentivo che tu volevi andartene via da me. Per non esser abbandonata, me ne andai io.

LO SCONOSCIUTO - Certo che dovette essere cosi; ma come potevi conoscere i miei pensieri?

LA SIGNORA           - (rimettendosi a sedere). Come?... Mi chiedi come?... Non si avEVA bisogno di parlare per palesarci i nostri pensieri!

LO SCONOSCIUTO - Ma noi, nella nostra vita in comune, abbiamo commesso l'errore di accusarci a vicenda dei nostri cattivi pensieri, prima che diventassero azioni. Invece di vivere nella realtà, si vivEVA di su posizioni... Una volta, ad esempio, mi avvidi che tu accettavi con piacere gli sguardi impuri di un estraneo, e ti accusai di infedeltà.

LA SIGNORA           - Avevi torto e avevi ragione, perché i miei pensieri peccavano.

LO SCONOSCIUTO - Non credi che la mia abitudine di « prevenu­to » impedisse l'esplodere delle tue cattive intenzioni?

LA SIGNORA           - Lasciami riflettere... Si, era cosi. Senonché il di­spetto di avere sempre alle costole una spia del mio intimo, che era tutto mio, esclusivamente...

LO SCONOSCIUTO - Soltanto tuo no!... era nostro!...

LA SIGNORA           - Già, ma io lo credevo mio, e credevo anche che tu non avessi alcun diritto di penetrarvi! E quando tu, comunque, lo facevi, ti presi in odio e, per difendermi, ti accusai di essere morbo­samente sospettoso!... Senonché — adesso posso dirlo — i tuoi so­spetti erano sempre fondati;... erano acute intuizioni!

LO SCONOSCIUTO - Ahi... E ti dirò allora che quando, la notte, ci eravamo augurati il buon riposo addormentandoci poi da buoni amici, io poi mi svegliavo e sentivo il tuo odio schizzare veleno su di me e allora, per non rimanerne soffocato, pensavo di scendere dal letto... Una notte mi svegliai sentendo come un peso sulla fron­te... e vidi che anche tu eri sveglia e tenevi una mano vicino alla mia bocca... Credetti che tu mi facessi aspirare un veleno da una fiala, e, per accertarmene, afferrai la tua mano!

LA SIGNORA           - Melo rammento...

LO SCONOSCIUTO - Ma che cosa facevi?

LA SIGNORA           - Niente! ti odiavo!

LO SCONOSCIUTO - E perché mi odiavi?

LA SIGNORA           - Perché eri mio marito; perché mangiavo il tuo pane!

LO SCONOSCIUTO - Credi che sia sempre cosi?

LA SIGNORA           - Non lo so, ma suppongo di si.

LO SCONOSCIUTO - Ma tu mi hai anche disprezzato!

LA SIGNORA           - Si, quando ti rendevi ridicolo! Un uomo innamorato è sempre ridicolo!... Lo sai che cosa è uno scemo?... Cosi è l'in­namorato; è come un gallo!

LO SCONOSCIUTO - Se ogni uomo innamorato è ridicolo, come fate, voi donne, ad amarlo?

LA SIGNORA           - Ma noi non l'amiamo!... Lo tolleriamo e... ce ne cerchiamo un altro che... non ci ami.

LO SCONOSCIUTO - Ma se anche costui cominciasse ad amarvi, co­me vi regolereste? ne cerchereste un terzo?

LA SIGNORA           - Si,... forse!

LO SCONOSCIUTO - Strano! (Silenzio) Adesso mi torna a mente che tu eri sempre esaltata per qualcuno e lo chiamavi « toreador » che io traducevo « ammazza cavalle ». E finisti per averlo, il tuo to­ reador).,. Ma non ti diede figli, né pane; niente altro che botte!... non fanno che picchiare, i toreri. (Silenzio) Una volta pensai di entrare in concorrenza con uno dei tuoi toreri e cominciai a fare cicli­smo, scherma e altri sports. Ma allora ti prese una singolare avver­sione per me! Dunque, il marito non può essere un toreador, malo può essere l'amante... Poi ti scaldasti per i paggi!... Uno di essi— quello che si mettEVA a sedere sopra un tappeto di Bruxelles per leggerti brutti versi... — le mie belle poesie non ti piacevano —; è quel paggio che hai poi avuto?  |

LA SIGNORA           - Si, ma le sue poesie non erano brutte!

LO SCONOSCIUTO - Ma si, cara amica! lo conosco, quello! Ha preso i miei ritmi e ce li ha adattati!

LA SIGNORA           - (alzandosi e avviandosi verso la porta). Vergogna!

IL TENTATORE       - (entrando con una lettera in mano). Una lettera per la signora... (LA SIGNORA   - prende la lettera, la legge e si accascia sopra una seggiola) Una letterina di addio! Già, già!... Ogni inizio è duro, nelle faccende di amore!... e chi non ha la pazienza di supe­rare le difficoltà iniziali... perde poi i bei frutti dorati! I paggi sono sempre impazienti, i paggi!... E tu, giovane sconosciuto, ne hai ab­bastanza, adesso?

Lo SCONOSCIUTO - (alzandosi e prendendo il cappello). Povera Anna!

LA SIGNORA           - Nonallontanartidame!

LO SCONOSCIUTO - Devo, amica mia!

LA SIGNORA           - Non andare via! Tu eri veramente il migliore!

IL TENTATORE       - Anche voi vorreste ricominciare da capo? È il momento più sicuro per finirla, questo! Giacché quando ci si ritrova, ci si perde!... Che cosa è l'amore? Ognuno di noi dica qualcosa di spiritoso, prima di separarci!

LA SIGNORA           - Io non so che cosa sia l'amore. Questa altissima e bellissima cosa che può degradarsi fino a divenire la pivi bassa e la pili brutta!

Lo SCONOSCIUTO - È una caricatura dell'amore divino.

IL TENTATORE       - È un arboscello di un anno che fiorisce con il fi­danzamento; fa la semente nel matrimonio e poi si piega verso terra, appassisce e muore!

LA SIGNORA           - Ma i fiori più belli non fanno semi! La rosa è il fiore dell'amore.

LO SCONOSCIUTO - E il giglio quello dell'innocenza. Può fare semi, ma non vuole schiudere il suo candido calice se non ai baci!

IL TENTATORE       - Ma si riproduce mediante boccioli da cui escono nuovi gigli: cosi come la casta Minerva, anziché uscire dai regali lombi di Giove, gli usci dalla testa!... Si, figliolo, sono molte le cose che sono riuscito a capire, ma non questa: che cosa c'entri l'amore spirituale con... (Esita).

LO SCONOSCIUTO - Di' pure!

IL TENTATORE       - Che cosa c'entri il grande amore, che è l'amore dell'anima, con... la procreazione!

Lo SCONOSCIUTO e  LA SIGNORA - Già, questo è il punto!

IL TENTATORE       - Non ho mai capito come un bacio, che è una parola non detta, un silenzioso linguaggio, un muto discorso delle anime, possa, mediante un sacramento, trasformarsi in... in un'ope­razione chirurgica, che sempre termina in lacrime e stridore di denti e non ho mai capito come la prima notte, la notte sacra, quella in cui due anime dovrebbero scambiarsi il bacio dell'amore, possa con­cludersi con spargimento di sangue, dispute, odio, disprezzo reciproco e... cotone idrofilo!

Si tappa la bocca con la mano.

LO SCONOSCIUTO - Se fosse vera la storia del peccato originale? «Tu partorirai con dolore»!...

IL TENTATORE       - Si, allora si potrebbe capire...

LA SIGNORA           - Ma chi è costui che interloquisce?

IL TENTATORE       - È un semplice viandante sulle mobili sabbie della vita! (LA SIGNORA si alza) Pronti per la partenza!... Chi sarà il primo?

LO SCONOSCIUTO - Io!

IL TENTATORE       - Per dove?

                                   

LO SCONOSCIUTO - Per lassù! E tu?

IL TENTATORE       - Io... resto quaggiù, a mezza strada!...

Sala del capitolo dì stile gotico. Il fondo è costituito da un porticato aperto sul cortile del chiostro al cui centro vi è una fontana con una statua della Vergine circondata da rose bianche dal lungo stelo. Nelle pareti della sala sono fissati stalli di coro. Quello del priore è al centro a destra, e un po' più alto. Nel mezzo della sala un crocefisso colossa­le. La statua della Vergine, nel cortile, è illuminata dai raggi del sole.

Lo SCONOSCIUTO - entra dal fondo: indossa una rozza tonaca nera, con un cordone alla cintola, e sandali ai piedi. Si sofferma sulla soglia e, dopo avere osservato la sala, si appressa al Crocefisso, davanti al quale si arresta. Da un altro cortile giungono le ultime strofe di un canto liturgico. Il confessore, in veste bianca e nera, entra dal fondo. Lunga barba, lunghi capelli e piccola tonsura appena visibile.

IL CONFESSORE     - Con te sia la pace.

LO SCONOSCIUTO - Anche con te!

IL CONFESSORE     - Che cosa ne pensi della casa bianca?

LO SCONOSCIUTO - Per il momento non vedo che nero...

IL CONFESSORE     - Anche tu per il momento sei nero, ma divente­rai bianco, oh, tanto bianco!... Hai potuto dormire tranquillo, que­sta notte?

LO SCONOSCIUTO - Come un bambino stanco; e senza sogni... Ma, dimmi: per quale motivo non vedo che porte chiuse?

IL CONFESSORE     - Un po' alla volta imparerai ad aprirle.

LO SCONOSCIUTO - È molto grande questo edificio?

IL CONFESSORE     - .È immenso. Risale all'epoca di Carlo Magno, ed è andato crescendo, indisturbato per lasciti pii, intatto tra le tem­peste e i mutamenti. Sorge sulla sua solida roccia come un monu­mento della cultura occidentale: cioè di fede cristiana con la sapienza dell'Eliade e di Roma.

LO SCONOSCIUTO - Non vi è soltanto la religione, allora!

IL CONFESSORE     - Anche tutte le scienze e le arti; vi è una bi­blioteca, un museo, un osservatorio e vari laboratori... Come potrai vedere più tardi. Qui si pratica anche l'agricoltura e l'orticoltura e il convento ha inoltre un ospedale per laici, con una nostra sorgente sulfurea...

LO SCONOSCIUTO - Ancora una parola, prima che si raccolga il capitolo... Chi è il priore?

IL CONFESSORE     - (sorridendo). È il priore!... Un solitario senza l'uguale sulla vetta dell'umana sapienza, e... Ma potrai vederlo fra poco!

LO SCONOSCIUTO - È vero che è tanto vecchio?

IL CONFESSORE     - Ha raggiunto un'età insolitamente avanzata... è nato al principio di questo secolo che ora volge alla fine...

LO SCONOSCIUTO - E non è stato sempre in questo convento?

IL CONFESSORE     - Non sempre è stato monaco, ma sempre eccle­siastico... Una volta, settantanni or sono, fu ministro; due volte ret­tore dell'università, arcivescovo... Ma zitto! la messa è finita!

LO SCONOSCIUTO - Non è, per caso, uno di quei preti spregiudicati che simula i vizi che non ha?

IL CONFESSORE     - Niente affatto! ma ha conosciuto la vita e gli uomini; ed è più umano che sacerdotale...

LO SCONOSCIUTO - E i frati,... i padri?

IL CONFESSORE     - Sono saggi dal singolare destino e non si somi­gliano l'uno con l'altro...

LO SCONOSCIUTO - E non hanno mai vissuto la vita...

IL CONFESSORE     - TUTTI hanno vissuto la vita! e anche più volte; hanno naufragato, hanno ricominciato, sono andati a fondo e sono risaliti... Vedrai!

LO SCONOSCIUTO - Intanto

IL PRIORE                - vorrà interrogarmi... non cre­do che con lui sarò d'accordo su tutto!...

IL CONFESSORE     - Oh no! e dovrai mostrarti come sei, e difendere fino in fondo le tue opinioni!

LO SCONOSCIUTO - Ma si tollera di esser contraddetti, qui?

IL CONFESSORE     - Qui?... Tu sei un bambino, e sei vissuto in un mondo puerile giocando con pensieri e parole; sei vissuto nell'idea che il linguaggio, che è cosa materiale, potesse diventare una veste per cose tanto raffinate come i pensieri e i sentimenti. Noi ci siamo resi conto dell'errore, parliamo il meno possibile, perché riusciamo a percepire e a vedere l'intimo di ciascuno di noi; mediante « eser­cizi spirituali » abbiamo sviluppato questa percezione al punto che formiamo una sola catena, e, poiché sempre segue la piena concor­dia, proviamo un senso di piacere e di armonia. Il priore, il quale ha raggiunto la maggiore perfezione, può sentire quando i pensieri di qualcuno deviano. Egli rassomiglia — dico rassomiglia — in certo qual modo al galvanometro dell'ingegnere dei telegrafi, il quale può indicare quando e dove si produce un'interruzione sulla linea. Per questo noi non possiamo avere segreti l'uno per l'altro e non ab­biamo bisogno della confessione. Ricordati di questo quando ti tro­verai davanti all'occhio scrutatore del capo.

LO SCONOSCIUTO - Si pensa di sottopormi ad un esame?

IL CONFESSORE     - Oh, affatto! Ti si rivolgeranno soltanto alcune domande di uso, senza alcun significato più profondo, come quelle che precedono gli esami pratici... Ma zitto! Eccoli qui. (Si fa da parte).

IL PRIORE  entra dal fondo. È tutto vestito di bianco col cappuccio rialzato. È un uomo di alta statura con lunghi capelli e barba come un Giove. I suoi grandi occhi sono circondati da ombre sotto i folti sopraccigli. Da tutta la sua persona emana una calma maestosa. È seguito da dodici monaci, vestiti di bianco e nero, con cappucci neri rialzati.  TUTTI  vanno ad inchinarsi davanti al Crocefisso e quindi raggiungono i loro posti.

IL PRIORE                - (dopo aver fissato alquanto Lo sconosciuto). Che cosa sei venuto a cercare qui? (Lo sconosciuto, confuso, cerca una risposta, senza trovarla. Il priore, mite, elevato, indulgente) La pace, non è vero? (Lo SCONOSCIUTO        afferma con la testa e le labbra) Ma se l'intera vita non è che lotta, come vuoi trovare la pace fra persone vive? (Lo SCONOSCIUTO non trova risposta) E tu intendi voltare le spalle alla vita perché te ne senti ingannato e forse trat­tato ingiustamente?

Lo SCONOSCIUTO - (con un filo di voce). Si.

IL PRIORE                - Dunque, offeso, maltrattato! E l'ingiustizia verso di te cominciò cosi per tempo, nella tua adolescenza che tu, come fan­ciullo innocente, non potevi pensare di avere commesso qualche misfatto che meritasse un castigo!... Ebbene: tu, una volta, fosti in­giustamente accusato di avere rubato frutta, e fosti cosi tormentato che finisti per ammettere di essere colpevole; torturato al punto di mentire a te stesso, e di chiedere perdono per un fallo che non avevi commesso. Non fu cosi?

Lo SCONOSCIUTO - (con decisione). Si, fu cosi.

IL PRIORE                - Fu cosi e tu non lo hai mai potuto dimenticare! Mai!... E adesso ascolta: tu che sei fornito di buona memoria, non ti rammenti del Robinson svizzero?

Lo SCONOSCIUTO - (sobbalzando). Il Robinson... svizzero)

IL PRIORE                - Ma si!... La storia della tua tortura è del 1857, se-nonché, a Natale del 1856, cioè un anno prima, tu facesti a pezzi un Robinson svìzzero e, temendo una punizione, lo nascondesti sotto un armadio della cucina. (lo SCONOSCIUTO appare sconcertato e an­nientato) In quell'armadio, che era di finta quercia, stavano appesi gli abiti e di sotto c'erano scarpe. L'armadio, a te che eri un bambi­netto, sembrava straordinariamente grande, e tu non potevi supporre che lo si avesse a spostare. Ma quell'armadio fu spostato, in occa­sione di una ripulitura di Pasqua, e il libro nascosto tornò alla luce. La paura ti indusse a dare la colpa ad un tuo compagno, il quale do­vette subire il castigo poiché tutte le apparenze erano contro di lui, mentre tu eri reputato degno di fede... Dopo di che la storia delle tue pene ne discende come una logica conseguenza, Riconosci la logica?

LO SCONOSCIUTO - Si! puniscimi!

IL PRIORE                - No, non sono un castigatore; e anche io, da ragazzo, ho fatto cose del genere... Ma adesso vuoi promettermi di scordarti per sempre la storia della tua sofferenza e di non raccontarla mai pivi?

LO SCONOSCIUTO - Lo prometto! Se almeno l'incolpato ora mi po­tesse perdonare!

IL PRIORE                - Questo è stato già fatto: non è vero, padre Isidor?

PADRE ISIDOR       - (il quale, nella prima parte di « In via per Damasco » era « il medico », si alza e dice). Di tutto cuore!

LO SCONOSCIUTO - Oh, sei tu?

PADRE ISIDOR       - Si, sono io!    

IL PRIORE                - (a padre Isidor). Padre Isidor! ancora una parola;  una sola!

PADRE ISIDOR       - Ecco: nel 1856 subii il tormento che si è detto! Ma già nel 1854... uno dei miei fratelli avEVA dovuto subire la stessa pena in conseguenza di una mia falsa accusa... (Allo sconosciuto) Siamo dunque TUTTI colpevoli e nessuno è puro; e credo di sapere che neppure la mia vittima avEVA la coscienza pulita! (Siede).

IL PRIORE                -  Se la smettessimo di tenere questa contabilità fra ;. noi e soprattutto con l'eterna giustificazione!... giacché siamo nati colpevoli e con il retaggio di Adamo!... (Allo sconosciuto) Ma... tu volevi sapere qualcosa, non è vero?

LO SCONOSCIUTO - Vorrei conoscere l'intimo significato della vita.

IL PRIORE                - L'intimo significato della vita? Ma questa è una cosa che nessuno può sapere! Padre Uriel! (Il padre Uriel, che è cieco, si-. alza in piedi. IL PRIORE allo sconosciuto). Guarda questo nostro padre cieco; lo chiamiamo Uriel in memoria di Uriel Acosta che forse . tu hai conosciuto. (Lo SCONOSCIUTO      - fa un gesto di diniego) No?... Ma TUTTI     i giovani dovrebbero conoscerlo! Comunque fu un porto-r'-ghese di origine ebrea, ma educato al dogma cristiano. Essendo an­cora abbastanza giovane, si dette a far ricerche... Non so se mi capisci!... Si mise ad indagare se veramente Cristo fosse Dio. E iL risultato fu che Uriel tornò alla religione ebraica. Quindi si mise a studiare i libri di Mosè e ad approfondire la questione dell'immor­talità dell'anima, col risultato che i rabbini lo restituirono, perché fosse punito, ai preti cristiani. Dopo qualche tempo, tornò un'altra volta alla sinagoga e al giudaismo. Ma la sua sete di sapere era tale che egli continuò ad indagare fin che si trovò di fronte al muto nulla. -Disperato per non avere potuto penetrare quel più profondo segreto,, si tolse la vita con un colpo di pistola. E ora guarda qui il nostro buon padre Uriel... Una volta, quando era molto giovane, volle con­quistare il sapere; volle portarsi all'avanguardia dei movimenti mo­derni e pervenne a nuove concezioni del mondo. Tra parentesi, è un mio amico d'infanzia, questo vecchio come me... Intorno al 1820, incominciò a scoprire la cosiddetta filosofia razionalista, che già da cent'anni era scesa nel sepolcro. Con siffatta filosofia, che era una spe­cie di grimaldello universale, si potevano aprire tutte le serrature, risolvere tutte le questioni, e annientare TUTTI i contraddittori. Tutto era cosi chiaro e semplice! Egli era ormai un risoluto avversario di ogni religione, e, come prima cosa, si dette a perseguitare i mesme-riani, come, allora, erano chiamati gli ipnotizzatori. Nel  1830, il nostro amico Uriel divenne un hegeliano. Un po' tardi, a dir vero. Comunque ritrovò Dio; ma lo ritrovò nella natura e nell'uomo e scopri in se stesso un piccolo Dio. Ma disgrazia volle che di Hegel ce ne fossero due, come ci sono due Voltaire. E lo Hegel tardivo, o di destra, avEVA sviluppato il suo panteismo portandolo ad un compromesso con il cristianesimo. E allora padre Uriel, il quale non voleva essere secondo a nessuno, divenne un cristiano razionalista con l'ingrato compito di combattere il razionalismo e se stesso. Ma, per un riguardo al nostro padre Uriel, abbrevio questa storia penosa. Nel 1850, egli ridivenne materialista e nemico del cristianesimo. Nel 1870, fu ipnotizzatore; nel 1880, teosofo; e, nel 1890, decise di spara si. Fu allora che Io incontrai. Era seduto su una panchina della Unter den Linden ed era cieco. Un Uriel cieco! Uriel signi­ficava:   « Dio con la luce » ed egli per un secolo avEVA marciato con la fiaccola dell'illuminismo in testa a TUTTI  i movimenti moderni! (Allo sconosciuto) Come vedi egli avEVA voluto sapere e non vi riuscì. Per ciò adesso credei... Vuoi sapere ancora qualcosa?

LO SCONOSCIUTO - Vorrei fare una sola domanda.

IL PRIORE                - Parla pure. 

LO SCONOSCIUTO - Se padre Uriel fosse restato nella sua fede pri­mitiva, quella del 1810, la gente lo avrebbe detto conservatore o an­tiquato; mentre adesso, avendo seguito lo sviluppo dei suoi tempi, e avendo abbandonato la fede della sua infanzia, gli uomini dicono che egli ha tradito la sua bandiera, il che significa: qualunque sia il suo contegno, egli è biasimato dagli uomini.

IL PRIORE                - Ma tu ti preoccupi di ciò che dicono gli uomini?... Padre Clemens! posso raccontare di te e di come ti preoccupasi di ciò che dicevano gli uomini? (Il padre Clemens si alza e fa un se­gno di assenso) Il padre Clemens è il nostro più grande pittore di figure... Fuori di qui, nel mondo, egli ha un altro nome e anche molto famoso!... Ebbene, padre Clemens, nel 1830, era giovane. Egli sentiva una grande inclinazione per la pittura e vi si dedicò con tutta l'anima. All'età di venti anni, tenne la sua prima esposizione. I suoi genitori, i suoi maestri, la critica e il pubblico, furono tutri d'accordo nel sentenziare che egli avEVA sbagliato mestiere... e il giovane Cle­mens, preoccupandosi di ciò che avEVAno sentenziato gli uomini, si ritirò dalla scena e si cercò una professione. Divenne tipografo. Quan­do arrivò ai cinquantanni e già avEVAla vita dietro di sé, uno sco­nosciuto riscopri i suoi dipinti giovanili che furono salutati come capolavori dal pubblico, dalla critica, dai maestri e dai familiari. Ma era troppo tardi, oramai; e quando padre Clemens si lagnò della mal­vagità del mondo, 0 mondo gli rispose con uno spietato sogghigno: « E tu perché ti sei lasciato ingannare? ». Il padre Clemens restò cosi accorato che venne e rifugiarsi presso di noi. Ma adesso non se ne accora più! Oppure si, padre Clemens?

PADRE CLEMENS  - Oh no!... ma la storia non finisce qui. Le mie pitture del 1830, esposte in un museo, furono ammirate fino al 1880; ma, improvvisamente, il gusto del pubblico cambiò e, un giorno, si lesse in un periodico molto accreditato che le mie pitture erano la vergogna di quel museo! E allora vennero relegate in soffitta!

IL PRIORE                - (allo sconosciuto). È una bella storia, non ti pare?

PADRE CLEMENS  - Ma non è ancora finita!... perché, nel 1890, il gusto del pubblico si era mutato al punto che un professore del­l'accademia di belle arti scrisse che era una vergogna per la nazione che i miei capolavori fossero stati relegati in soffitta! Fatte ridiscen­dere, quelle pitture, attualmente, sono classiche. Ma, fino a quando?... Lo vedi, mio giovane, in che cosa consistono gli onori mondani? Vanitas vanitatum vanìtas\

LO SCONOSCIUTO - Ma vale la pena di vivere?

IL PRIORE                - Domandalo a padre Melcher, il quale non soltanto è stato provato nel mondo delle illusioni, ma anche in quello delle menzogne e delle contraddizioni. Puoi andartene con lui: ti farà vedere la nostra pinacoteca e ti racconterà belle storie.

LO SCONOSCIUTO - Seguo volentieri chi potrà insegnarmi qualche cosa!

Padre Melcher prende per mano Lo SCONOSCIUTO e lo guida fuori dalla sala.

Una pinacoteca, nel monastero. Vi predominano i ritratti, ma TUTTI con due teste.

PADRE MELCHER  - Cominciamo con questo pìccolo paesaggio di maestro ignoto. Titolo: « Le due torri ». Se tu sei stato in Svizzera avrai forse visto gli originali.

LO SCONOSCIUTO - Si, ho viaggiato in Svizzera.

PADRE MELCHER    - Ebbene: presso la stazione di Amsteg, sulla ferrovia del Gottardo, avrai visto una torre che si chiama Zwing-Uri, che fu cantata da Schiller nel Guglielmo Teli. È un monu­mento commemorativo dell'oppressione sofferta dagli abitanti di Uri sotto gli imperatori tedeschi! Bene! Sul versante italiano del San Gottardo c'è, come sai, la stazione di Bellinzona. Vi sono molte torri, ma la più importante è quella che si chiama Castel d'Uri. Essa è il monumento che commemora la crudele oppressione sofferta dai cantoni italiani da parte degli abitanti di Uri. Hai capito?

LO SCONOSCIUTO   - Ho capito che libertà... significa: libertà dì oppressione! Una cosa nuova, per me!

PADRE MELCHER    - Allora passiamo alla nostra collezione di ri­tratti. Numero uno del catalogo: Boccaccio, con due teste.

TUTTI                           -  i nostri ritratti, bada bene, hanno almeno due teste! La sua storia è nota. Questo grande iniziò la sua carriera scrivendo novelle liber­tine e atee dedicate alla regina Giovanna di Napoli; quella che se­dusse il figlio di Santa Brigida. Boccaccio, la sua vita, la fini santa­mente in un convento dove tenne lezioni sull'« Inferno » di Dante e sui diavoli che, nella sua giovinezza, av

EVA                             -  creduto di poter esorcizzare in una maniera piuttosto originale! Vedi come le due teste si guar­dino tra loro confrontandosi?

LO SCONOSCIUTO   - Si, ma vi scarseggia quell'umorismo che ci sa­remmo aspettati da un uomo che, come l'amico Boccaccio, aveva  una cosi profonda conoscenza di se stesso!

PADRE MELCHER    - Numero due del catalogo. Si, ecco il bicipite dottor Lutero. Il giovane che propugnò la tolleranza, e il vecchio, che difese l'in tolleranza. Ti basta?

LO SCONOSCIUTO   - Certamente!

PADRE MELCHER    - Numero tre del catalogo: Gustavo Adolfo il Grande! Quello che accettò i quattrini cattolici del cardinale di Richelieu per combattere in favore del protestantesimo,... pur mantenen­do la neutralità verso la lega cattolica!

LO SCONOSCIUTO   - E come la spiegano ì protestanti, questa tri­plice contraddizione?

PADRE MELCHER    - Dicono che si tratta di menzogne... Numero quattro del catalogo. Schiller, il poeta de I masnadieri: nomina­to, nel 1792, cittadino onorario di Parigi dagli uomini della rivo­luzione francese, ma, già dal 1790, consigliere aulico a Meiningen e, dal 1791, stipendiato dal re di Danimarca... Il quadro lo rappre­senta come consigliere aulico, amico di Sua Eccellenza Goethe, per­ché soltanto nel 1798 ebbe il diploma d'onore dai capi della rivo­luzione francese. Pensa: il diploma del governo del Terrore, nel 1798, sotto il Direttorio, quando la rivoluzione già era finita! Li avrei ben voluti vedere, allora, l'egregio consigliere aulico e il suo amico eccellenza! Ma ciò non ha importanza, perché, due anni dopo, nel 1880, egli si libera dalla nomina con La Campana, dove ringrazia e prega i rivoluzionari di tenersi tranquilli. Si, questa è la vita! Ma che importa? Noi siamo uomini illuminati e amiamo tanto 1 Ma­snadieri quanto La Campana; tanto Schiller, quanto Goethe.

LO SCONOSCIUTO   - Muore il maestro, ma l'opera sua rimane.

PADRE MELCHER    - Ma eccoci a Goethe! Numero cinque del ca­talogo. Iniziò con La cattedrale di Strasburgo e con Gòtz von Ber-licbingen, due gridi d'allarme per l'arte gotico-germanica contro quel­la greco-romana. Ma, più tardi, per una buona parte della sua vita, si batté per il classicismo contro il germanesimo! Goethe contro Goethe! Cioè la tradizionale calma olimpica, eccetera, nella mas­sima disarmonia con se stesso! Senonché la disarmonia diventò an­goscia quando sorse la giovane scuola romantica e il Goethe della Ifigenia in Tauride si trovò a combattere le teorie del Goethe di Gòtz von Berlichingen. I suoi ammiratori usano sorvolare sul fatto che « il gran pagano » finisse convertendo Faust nella seconda par­te e facendolo salvare da Maria Vergine e dagli angeli. E del pari sul fatto che il « limpido genio » alla fine incominciasse a trovare « singolari » e « strani » i fatti più semplici che prima avEVA chia­ramente penetrati. Il suo ultimo desiderio fu « più luce »! Già, già! Ma non fa nulla. Noi siamo illuminati e vogliamo sempre bene al nostro Goethe!

LO SCONOSCIUTO   - E con ragione!

PADRE MELCHER    - Veniamo al numero sei del catalogo. Siamo a Voltaire. Questo ha più di due teste!... Il senza Dio che impiegò    r tutta la sua vita nella difesa di Dio! Lo schernitore schernito, perché « credEVA in Dio come un bambino ». II poeta di Candido, il cinico, cantava cosi:

« Adolescente, in calore, cercai

le tue leccornie,

ma fui stupito della tua vuotaggine

ed amara divenne la dolcezza;

nell'inverno della mia vita,

ho scoperto la tua vanità! ».

E l'ultima canzone di quel Dottore Onnisciente che avEVA cre­duto di poter intendere, per mezzo della ragione e della scienza, tutto ciò che esiste fra cielo e terra, fu questa:

Con l'estendersi del campo del sapere sì riduce l'orgoglio dell'ingegno;

 occhio di talpa, oseresti tu indagare l'immensità dei cieli!

Ciò che io so è per mìo tormento; e il sapere non è che vanità »,

Ma non importa! Voltaire lo si può impiegare in molti casi. Gli ebrei se ne servono contro Cristo, e i cristiani se ne servono contro gli ebrei; giacché egli, come Lutero, era antisemita! Chateaubriand se ne è servito in favore del cattolicesimo e i protestanti ancora se ne servono contro il cattolicesimo. Era un uomo di larghe vedute!

LO SCONOSCIUTO   - E la vostra opinione qual è?

PADRE MELCHER    - Noi, qui, non abbiamo opinioni: abbiamo la fede, come ho già detto. Perciò abbiamo una testa sola, piantata giu­sto sopra il cuore!... Ma veniamo al numero sette del catalogo. Ec­coci a Napoleone!... un'autentica creatura della rivoluzione! Il Cesare del popolo; il Nerone della libertà; l'oppressore dell'ineguaglianza e il grande fratello della fraternità! Ma fu il più furbo di

TUTTI                           -  gli uomi­ni a due teste perché sapEVA sorridere di se stesso, tenersi al disopra delle proprie disarmonie; mutare di pelle; mutare anche di anima. E, in ciascuna metamorfosi, ravvisare una propria nuova incarna­zione, perfettamente convinto e giustificato! Non c'è che un uomo che, in ciò, può stargli alla pari: è di danese Kierkegaard. Sin dal principio egli era conscio della partenogenesi dell'anima, ossia della sua capacità di partorire senza avere concepito; di generare per talee e polloni. A causa di ciò, e per non diventare il giullare della vita, scrisse con una serie di pseudonimi, ognuno dei quali indicava « uno stadio nel cammino della vita ». Senonché, come hai visto, il Signore della vita, nonostante le cautele da lui prese, ne fece un giullare. E Kierkegaard, il quale durante tutta la sua vita avEVA combattuto il clero e i predicatori stipendiati della chiesa statale, costretto dal bisogno fini per essere anche lui un predicatore stipendiato! Già, già! Sono cose che accadono.

LO SCONOSCIUTO   - Le supreme potenze si burlano...

PADRE MELCHER    - Le supreme potenze si burlano dei burloni, pi­gliano iin giro i più orgogliosi, in particolare quelli che affermano di possedere essi soli la verità e il sapere!... Numero otto del catalo­go: Victor Hugo! Trasformista all'infinito! Pari di Francia; Grande di Spagna, amico dei re; scrittore socialista per i reietti della so­cietà. I Pari, naturalmente, lo dicono apostata, e i socialisti lo dicono riformatore! Numero nove. Il conte Federico Leopoldo di Stolberg. Scrisse un libro fanatico in favore del protestantesimo, e poi, di col­po, si converti al cattolicesimo!... Cosa inesplicabile da parte di un uomo raziocinante. Un miracolo, no? Una piccola escursione a Da­masco, forse! Numero dieci: La Fayette. L'eroe della libertà, il ri­voluzionario. Dovette abbandonare la Francia come presunto rea­zionario perché voleva dare aiuto a Luigi XVI; fu agguantato dagli austriaci e deportato a Olmiitz come rivoluzionario. Che cosa era in verità?

LO SCONOSCIUTO   - L'uria e l'altra cosa!

PADRE MELCHER    - Appunto: l'una e l'altra cosa,... il che forma un sol tutto, e... un sol uomo! Numero undici: Bismarck, Ecco l'uomo del paradosso! Il diplomatico sincero, il quale affermava di avere scoperto che dire la verità era la più grande delle astuzie. Co­stretto, forse dalle potenze supreme, impegnò gli ultimi sei anni della sua vita, a denunciare se stesso come mentitore cosciente... Ma tu sei stanco! Smettiamola!

LO SCONOSCIUTO   - Sì, amico: se per rutta la vita si resta con gli stessi pensieri e ci si governa secondo le stesse opinioni, allora, per legge di natura, si è superati e si è chiamati conservatori, antiquati, immobilisti. Ma se, viceversa, si segue la legge dell'evoluzione e si cammina con i propri tempi; se ci si rinnova con gli impulsi sem­pre giovani dello spirito, si è chiamati opportunisti ed apostati.

PADRE MELCHER    - Ciò è vecchio quanto il mondo! Ma da quando in qua un uomo ragionevole si preoccupa del modo come lo chiama­no? Si è ciò che si è nel proprio tempo!

LO SCONOSCIUTO   - Ma chi formula lo spirito del tempo, periodico e sempre mutevole?         

PADRE MELCHER    - A questa domanda dovresti rispondere tustesso. Lo spirito dei tempi è preannunziato dalle Potenze superiori, le quali si evolvono in cicli apparenti,.. Hegel, il filosofo dei tempi nuovi, bifronte perché si giura sopra un Hegel destrorso ed uno sinistrorso, ha meglio di ogni altro risolto le contraddizioni della vita e della storia mediante la sua formula magica: la tesi che af­ferma; l'antitesi che nega e la sintesi che riassume! E tu, uomo gio­vane, o relativamente giovane, hai incominciato la tua vita afferman­do ogni cosa, e poi l'hai continuata negando tutto per principio. E adesso devi concludere riassumendo! Ebbene: non essere più esclu­sivo! non dire: o questo, o quello; ma: sia questo che quello! In una parola o due: umanità! e rassegnazione!

Coro della cappella. Vi si trova una bara aperta, ma con una coltre funeraria e due ceri accesi.

Entra II confes sore guidando per manoLo SCONOSCIUTO  con veste bianca da novizio.

IL CONFESSORE       - Hai dunque ben riflettuto sul passo che intendi fare?

LO SCONOSCIUTO   - Abbastanza.

IL CONFESSORE       - Non hai più nulla da domandare?

LO SCONOSCIUTO   - Domandare per sapere?... No!

IL CONFESSORE       - Allora rimani qui, mentre io vado a riunire il ca­pitolo con padri e frati perché si inizi la cerimonia.

LO SCONOSCIUTO   - Si, va bene!

IL CONFESSORE       - esce.

IL TENTATORE          - Sei pronto ?

LO SCONOSCIUTO   - Sono tanto pronto che non ho più nessuna ri­sposta da darti.

IL TENTATORE          - Lo capisco. Sei sull'orlo della tomba!... Ti sten­derai nella bara e, apparentemente, morrai. Sull'uomo vecchio si get­teranno tre palate di terra e si canterà il De profundis. Quindi ri­sorgerai da morte, e poiché dovrai abbandonare il tuo vecchio nome, sarai ribattezzato come un neonato. Come ti chiamerai? (

Lo SCONOSCIUTO    - non risponde) Si, è stato stabilito « Giovanni »; frate Giovanni; perché ha predicato nel deserto e...

LO SCONOSCIUTO   - Non disturbarmi!

IL TENTATORE          - Discorri un po' con me prima di entrare nel tuo lungo silenzio. Lo sai che, poi, per tutto un anno, non potrai dire parola?

LO SCONOSCIUTO   - Tanto meglio! Il discorrere finisce per diven­tare un vizio, come il bere. E, d'altronde, perché parlare quando le parole non valgono a vestire il pensiero?

IL TENTATORE        - Ma dimmi, tu che ti trovi sull'orlo della tomba, fu poi cosi amara la vita?

LO SCONOSCIUTO - Si, almeno la mia!

IL TENTATORE        - Non hai mai avuto alcuna gioia?

LO SCONOSCIUTO - Anzi, molta gioia, ma fu sempre di brevissima durata e pareva che esistesse soltanto per far sentire più profonda la pena di esserne privo.

IL TENTATORE        - E non si potrebbe dire, viceversa, che la pena esista per dare maggiore risalto alla gioia?

LO SCONOSCIUTO - Tutto si può dire...

Passa, attraverso la scena, Una donna che porta nelle braccia Un neonato da far battezzare.

IL TENTATORE        - Ma guarda!... C'è un esserino mortale che sta per esser votato alle sofferenze!

LO SCONOSCIUTO - Povero bambino!...

IL TENTATORE        - Una storia d'uomo che incomincia... (Una coppia di sposi attraversa la scena) E li... c'è la cosa più dolce... e la più amara! Adamo ed  EVA nel paradiso terrestre; il quale, fra otto giorni, diventerà un inferno e, fra quindici, tornerà ad essere paradiso!...

LO SCONOSCIUTO    - La cosa più dolce; la più luminosa!... La pri­ma, l'unica e l'ultima che dà valore alla vita!... Anche io, una volta, mi trovavo seduto in pieno sole, in una veranda... in un giorno di primavera... sotto il primo albero in fiore, e una gbirlandetta inco­ronava una testa e un velo bianco fluente come una lieve nebbia mat­tutina, copriva un volto che non era di una creatura umana... Poi vennero le tenebre!...

IL TENTATORE           - Donde vennero?

LO SCONOSCIUTO    - Dalla stessa luce!... Oppure... non so!

IL TENTATORE           - Forse non fu che un'ombra; giacché, per l'ombra, occorre che ci sia la luce; ma per le tenebre non c'è bisogno di luce!

LO SCONOSCIUTO    - Basta! Altrimenti non si concluderà mai nulla!

Il confessore, seguito dal Capitolo, sfila in processione.

IL TENTATORE           - Addio! (Sparisce).

IL CONFESSORE        - (con una gran coltre nera, mortuaria, tra le mani). Concedigli, Signore, l'eterna pace!

Il coro. E che per lui risplenda la luce eterna!

IL CONFESSORE        - (avviluppando nella coltre mortuaria Lo sconoSCIuto). Riposi in pace!

IL CORO                       -  Amen!      

TELA