Vestito su misura

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VESTITO SU MISURA

Commedia in tre atti

di VITTORIO MINNUCCI

                                   

PERSONAGGI

PIERO SPERI

ASSUNTA SPERI

ROSALBA

FERNANDO CAMBI

FLORIANO DE ALBERTIS

GIANNA DE ALBERTIS

MIRELLA ROCCI

LETIZIA MASSINI

GIOVANNI

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Nello studio di Piero Speri. Vasto ambiente arredato con gusto. Mobili severi e massicci di stile antico; a destra uno scrittoio ed intorno numerose librerie. Al lato opposto un grazioso angolo per il thè in stile 900. Una porta in fondo conduce al salotto ed all'ingresso; un'altra a si­nistra al restante dell’appartamento e una a destra alla camera da letto.

 (Al levarsi del sipario, Piero Speri è seduto allo scrittoio e scrive nervosamente riempiendo cartelle su cartelle. Per quanto ancora giorno una lampada illumina debolmente le molte carte ammucchiate.

Lunga scena muta. Dall'interno dell'apparta­mento giunge il suono di un pianoforte. Piero da principio non lo sente, poi, appena lo av­verte, diviene nervosissimo, si alza di scatto e va a chiudere la porta.

Immediatamente il suono si attenua. Torna mi lavoro. Si picchia leggermente alla porta di centro. Piero risponde con una specie di gru­gnito. Entra Giovanni, il cameriere, per annun­ziare qualcuno, ma conoscendo la irascibilità del padrone tace ed attende).

Piero                              - (sollevando finalmente il capo dallo scrittoio) Che c'è?

Giovanni                       - Il signor Cambi.

Piero                              - Che aspetti? Ma fallo entrare, dia­mine! subito!

Giovanni                       - (si ritira).

Fernando                       - (entrando) Ciao, caro.

Piero                              - (facendoglisi incontro) Ciao, e al­lora?

Fernando                       - (un po' sconsolato) Niente da fare.

Piero                              - Irremovibile?

Fernando                       - Irremovibile!

Piero                              - Ma hai detto che...

Fernando                       - Ma tutto ho detto, perbacco! se non sono al corrente io della cosa!

Piero                              - Già!...

Fernando                       - Nulla... entro domani, dopo do­mani al più tardi tutto deve essere concluso.

Piero                              - Ma hai detto che io non ho altra soluzione che quella di sopprimerla?!

Fernando                       - « Va bene, mi ha risposto, faccia quello che gli pare ».

Piero                              - (con forza) E... se non mi resta altro!

Fernando                       - (si stringe nelle spalle).

(Un attimo di silenzio. Piero passeggia nervosamente. Fernando si siede su una poltrona ed accende una sigaretta).

Piero                              - Però è terribile!

Fernando                       - Ti capisco.

Piero                              - Perché vedi... si incomincia quasi per ischerzo, senza dare importanza, poi adagio adagio ci si affeziona. Si impegna un pezzetto di anima, poi qualche cosa più di un pezzetto... ho seguita questa creatura quasi con affetto di amante, ho sognato per lei grandi cose, avve­nimenti strabilianti, adatti alla sua morbosa sen­sibilità. Poi... nulla, nello spazio di poco più di un giorno... la fine. Un colpo di rivoltella! Senza un motivo plausibile, senza un filo di lo­gica... Ma perché? mi domando.

Fernando                       - (assente con il capo) ... Mah! Anche lui è contrariato, sai, almeno così ha detto, però sostiene che non se ne può fare a me­no... necessità d'ordine superiore... esigenze...

Piero                              - (riprendendo) ... senza considerare poi la parte economica: essa mi aiutava... non molto, ma abbastanza... Erano circa centocin­quanta lire al giorno, (poi riprendendosi) ma questo, ti assicuro, passa in seconda linea... il guaio è che mi ci ero affezionato veramente: devi credermi!

Fernando                       - Ti credo, ti credo, ma che vuoi? è inutile starsi a rattristare: deve finire? e fini­sca, e pace all'anima sua.

Piero                              - Già, tu queste cose le capisci a modo tuo... sei un cronista. Ti basta un fattaccio un po' sensazionale e ti ci butti dentro alla ricerca del particolare con un cinismo da sadico. Sta­sera, domani, al più tardi, io l'uccido... sei con­tento? facci un bel pezzo a sensazione... due colonne...

Fernando                       - Io faccio il mio mestiere, come tu fai il tuo...

Piero                              - Però non facciamo confronti... il tuo resterà sempre un mestiere, mentre il mio...

Fernando                       - (un po' seccato) Oh! insomma, tu sei nervoso: puoi avere le tue buone ragioni, ma non capisco perché devi prendertela con me. (Poi rifacendo l'amico) «Amico mio, guarda che lettera mi è venuta!... è una mazzata!... vai tu, tu solo puoi spiegare, convincere». Io mi commuovo, vado, faccio, brigo, ritorno con una notizia che non è quella che speravi... è colpa mia? Sai cosa ti dico? fai come ti pare: la vuoi ammazzare, ammazzala, non la vuoi am­mazzare, non l'ammazzare... ma lascia vivere in pace gli amici. Statti bene.

(Fernando getta con violenza la sigaretta nel portacenere e facendo appena un vago gesto di saluto all'amico se ne va imbronciato. Piero è rimasto visibilmente colpito dalla scenata dell'amico, resta un poco titubante, poi con im­provvisa risoluzione si afferra alla tastiera dei campanelli sullo scrittoio e ne suona due o tre contemporaneamente a lungo. La casa è un po'in subbuglio. Si sentono battere delle porte per l'ansia di accorrere alla inusitata suonata).

Giovanni                       - (di corsa) Che c'è? comandi!

Piero                              - Ferma Fernando!

Giovanni                       - (irresoluto) Come? Cosa debbo fare?

Piero                              - Ma sì, santo cielo! Ferma Fernando, giù per le scale... è andato via. Raggiungilo!... portalo qui!

Giovanni                       - (che finalmente ha capito esce di corsa, ma si imbatte in Assunta che viene anch'essa a vedere cosa è stato).

Assunta                         - (entrando con un pò9 di appren­sione) Ma, mio caro, cosa succede? metti in subbuglio tutta la casa... che volevi?

Piero                              - Fermare Fernando.

Fernando                       - (comparendo nel vano della porta) È già fermato, eccolo qui... (Accorgendosi della signora) Oh, signora! (La saluta).

(Durante tutta questa scena, mentre Assunta e Fernando parlano fra loro nell’ angolo-salotto dello studio, Piero per darsi un contegno rior­dina le carte sulla scrivania ed interviene ogni tanto da lontano con poche frasi nella discus­sione o meglio in quella parte di discussione che giunge al suo orecchio, finché a mano a mano i due amici dimenticano il lieve contrasto di poc'anzi e la conversazione si anima a tre).

Assunta                         - (sorridendo) Ma che è stato? Le solite discussioni?

Fernando                       - Peggio.

Assunta                         - (sempre ridente) Non mi spa­venti!

Fernando                       - (con fare cupo e misterioso) Eh... c'è da spaventarsi. Si tratta di un omicidio!

Assunta                         - Un fatto di cronaca per il gior­nale?

Fernando                       - (sempre più melodrammatico) No, è suo marito che entro oggi, domani al più tardi, deve, capisce, deve uccidere qualcuno... o qualcuna!

Piero                              - (da lungi a mezza voce) Sempre spi­ritoso!

Assunta                         - (un po' in apprensione) Ma di che si tratta? non capisco!

Piero                              - (con forza) Hai mai capito nulla quando Fernando vuol spiegare qualche cosa?...

Fernando                       - Tu no... tua moglie sempre...

Assunta                         - (sorridendo) Si... ma questa volta!

Fernando                       - Perché quel benedetto uomo non mi lascia finire... dunque dicevo: si tratta di un omicidio...

Assunta                         - Omicidio?!...

Piero                              - (dando un colpo sullo scrittoio) Ba­sta. Senti, cara, ti spiego io in due parole: per ragioni di spazio, di impaginazione, non so bene, devo concludere in breve tempo il mio romanzo d'appendice sul giornale... ecco tutto... quindi ammazzare la protagonista, metterci una conclusione più o meno idiota e sopratutto segnare la parola « fine » perché il direttore possa al più presto usufruire di quello spazio che sembra gli necessiti in modo assoluto... a sen­tire almeno lui...

Fernando                       - Già io me le invento le cose!

Piero                              - No, ma pare che ci prendi gusto... Tu, vedi, hai la prerogativa di irritarmi.

Fernando                       - Io?

Assunta                         - (ai due energica) Ma andiamo, non ricominciate! Se no il signor Cambi prende cappello e se ne va; tu metti sossopra tutta la casa... e si ritorna sempre da capo. (Sorridendo) E dire che, in fondo, vi volete bene!

Fernando                       - (con aria) ... e sono indispensabile.

Piero                              - (brontolando) Esagerato!

Assunta                         - Ssst... basta! (A Fernando) Non lo irriti anche lei; lo sento già tanto nervoso... e lo capisco sa, ora che conosco il motivo...

Piero                              - (quasi fra se) Meno male, c'è chi capisce!

Assunta                         - (a Fernando) Venga qui, (si sie­dono nell’angolo dello studio) una sigaretta... e parliamo un poco di questa ecatombe... (Ab-bassando la voce) Lei crede che ci siano motivi di scontento che abbiano determinato il diret­tore a far troncare così repentinamente...

Fernando                       - (sempre sottovoce) Lo escludo, signora... il romanzo di Piero incontrava, stu­pido ma incontrava...

Piero                              - Scemo!

Fernando                       - (ridendo) No, parliamo sul se­rio. La figura di Rosalba la protagonista è vera, viva, fatta di passione: quindi si capisce che lui sia molto contrariato di dover toglierle la vita in un modo così repentino.

Assunta                         - Ma il motivo?

Fernando                       - Unicamente ragioni di spazio. È imminente la campagna degli abbonamenti, e ne occorre molto. In questi casi l'amministratore è un despota nei confronti del direttore... e di fronte a cento abbonati di più l'arte va a gambe all'aria.

Assunta                         - Peccato!... Oh Dio! Peccato per il lavoro, ma per lui, creda, son quasi contenta...

Fernando                       - Come?

Assunta                         - Non si meravigli, non è una let­trice che parla, è una moglie che al disopra dell'arte vede la salute di suo marito. È un pe­riodo, creda, da che ha cominciato ad entusia­smarsi di questo romanzo che non si ragiona: è sempre ossessionato dal lavoro, è stanco e non vuol concedersi un giorno di riposo.

Piero                              - Già, come se l'impegno di dover con­segnare venti cartelle al giorno fosse una cosa da nulla...

Assunta                         - Appunto per questo devi essere contento che ormai è finito e ti potrai riposare.

Piero                              - Bel gusto!

Assunta                         - Senti, caro, appena finito il ro­manzo, via in campagna... dieci giorni, una set­timana magari, ma ci vuole. È vero, Cambi?

Fernando                       - Certo che ci vuole!

Piero                              - Figurati se diceva di no!

(Piero scuote la testa disapprovando, s'alza dalla scrivania e si avvicina alla moglie).

Assunta                         - Perché , vede, (rivolta a Fer­nando) quando lui scrive è « tabù », intocca­bile, intrattabile... scrive, niente da fare... io non conto... ma dopo subentro io, (prendendolo per un braccio) la sua moglietta, che riacquista il tempo perduto, che tenta di riparare ai di­sastri della fatica, comanda, dispone il riposo, il vitto, le distrazioni, proprio come una mam­mina.

Fernando                       - Senti, se fossi in te, per far contenta una mammina simile ammazzerei non una, ma dieci Rosalbe!

Piero                              - (molto conciliante prende sotto braccio l'amico e la moglie) Vedete, altre volte atten­devo con ansia la parola fine, anzi acceleravo il mio lavoro verso l'ultimo per togliermi il pen­siero, per potermi liberamente concedere un po' di riposo e lasciavo che lei, con il medico di casa, combinassero programmi interminabili di uova e ricostituenti. Che importava? Avevo fi­nito! Un po' di tempo senza pensare a cartelle, a personaggi. Anche per dare a lei un po' di soddisfazione: io avevo la mia con i primi ac­cenni del successo, lei la sua, che era tutta nei glicerofosfati...

Assunta                         - (imbronciata) Mi consideri un po' troppo terra, terra...

Piero                              - No, cara... non nascondere che l'idea di curarmi la salute ti dà una grande soddisfa­zione.

Assunta                         - Perché ti voglio bene...

Piero                              - Certamente... dunque, dicevo, que­sta volta è differente: il lavoro di creazione en­tro di me non si è ancora concluso, io vivo an­cora gli avvenimenti che si accavalcano nella mia mente in attesa del loro turno e dal di fuori mi viene l'ordine perentorio di cessare. Questo, non so, forse perché mi capita per la prima volta, mi sconvolge, mi esaspera, determina in me una reazione che non so catalogare, ma che certamente mi turba come se...

Fernando                       - Come se... ti togliessero d'im­provviso il piatto di sotto, mentre stavi man­giando con appetito.

Piero                              - (con una smorfia) Non sei molto felice nelle similitudini ma... (poi sorridendo furbescamente ed avvicinandosi all'orecchio di Fernando) ecco, come se mi portassero... (parla sottovoce).

Fernando                       - (scoppia in una irrefrenabile ri­sata) È vero!... hai ragione.

Assunta                         - (vuol apparire seccata, ma è sorri­dente) Adesso incominciate con le spirito­saggini per uomini soli... ed io me ne vado.

Piero                              - (trattenendola ed ancora ridendo) No, non te ne andare, abbiamo finito, (a Fer­nando) è vero?

Fernando                       - (sempre ridendo) Veramente non si parlava di... aver finito.

Assunta                         - Cambi, non ci si metta anche lei ora!... (al marito) no, lasciami andare. (Guar­dando l'orologio) Oggi ho delle amiche. Anzi, sai cosa faccio, te le porto qui... così prendiamo il thè insieme.

Piero                              - Non ti azzardare!

Assunta                         - (a Fernando) Un po' di conver­sazione gli farà bene.

Piero                              - (con intonazione drammatica) Lo vedi? Lo studio dovrebbe essere per me una cosa seria: ed invece no, ogni tanto me lo riem­pie di donne...

Fernando                       - Va là, di' che ti dispiace!

Piero                              - Non mi dispiace, ma non m'entu­siasma.

Fernando                       - Impostore! Hai ragione che c'è tua moglie, se no...

Assunta                         - Dica, dica pure, tanto sono te­tragona alle insinuazioni... ho troppa stima di mio marito...

Piero                              - Ti ha messo a posto?...

Fernando                       - (con cocciutaggine voluta) Ep­pure... se volessi parlare!

Piero                              - Ma non vai al giornale? Bada che sono le cinque: ecco come si rubano gli sti­pendi!

Fernando                       - Vado, vado.

Assunta                         - No, Cambi, non ci lasci! Io con­tavo proprio su lei, per un po' di conversazione. Con quest'orso...

Fernando                       - Orso? la pelle, ma sotto sotto...

Piero                              - Basta, o ti mando via a pedate.

Fernando                       - Non puoi, sono invitato dalla padrona di casa... (Con affettazione) Noi siamo molto desiderati in società!

Piero                              - Sfido, non aveva nessun uomo sotto mano da dare in pasto a quelle pettegole.

Assunta                         - No, un uomo c'è, per questo...

Piero                              - Chi è?

Assunta                         - De Albertis.

Piero                              - (di scatto) Ma quello non è uomo.

Fernando                       - Oh buffo! Cos'è allora?

Assunta                         - Piero, non essere feroce!

Fernando                       - Per intenderci, porta i panta­loni o la gonna?

Piero                              - Oh per questo, porta i pantaloni, ed anche con molta ricercatezza, ma da di quei tipi... alla moda... tutte moine e galanterie... è snob insomma, molto snob. (Improvvisa-mente mutando tono, alla moglie) Io vorrei sa­pere chi è che ogni tanto mi fa trovare questo tipo per casa!

Assunta                         - (accomodante) Ma come si fa? È fratello di Gianna, non posso invitare lei ed escludere lui!

Piero                              - E tu non invitare neanche lei.

Assunta                         - Ma è tanto amica di Mirella e di Letizia, poi lo verrebbe a sapere e se ne avrebbe a male.

Piero                              - (a Fernando) Lo vedi?... Come pa-dron di casa, qui dentro dovrei vedere unica­mente chi mi va, ed invece no, ogni tanto mi trovo tra i piedi questa personificazione dell'idiozia applicata alla eleganza maschile... Una cosa che mi irrita... Tu sei un lazzarone...

Fernando                       - Grazie.

Piero                              - ... ma sei una persona intelligente.

Fernando                       - Meno male.

Piero                              - Resta almeno te per scambiare due parole, se no, quanto è vero che te lo dico, sprango lo studio e mi barrico dentro.

Fernando                       - Ma poi se non vado al giornale, dici che rubo lo stipendio!

Piero                              - Tanto è un furto continuato... gior­no più, giorno meno!

Fernando                       - No, veniamo a patti... io resto, purché la signora mi permetta di andar via un po' prima: al giornale ci dovrò pure andare?!

Assunta                         - Lei andrà via quando vorrà. A fra poco. (A Cambi) Mi sembra un po' più sol­levato: è inutile, non bisogna lasciarlo solo...

Piero                              - Perché non istituisci dei turni di guardia, come nei giardini pubblici?

Assunta                         - Dovrei farlo. (Assunta esce. Piero e Fernando restano soli. Fernando ac­cende un'altra sigaretta e Piero passeggia per lo studio).

Fernando                       - Una mogliettina deliziosa...

Piero                              - (tace e continua a passeggiare).

Fernando                       - È una compagna, vedi, che com­pleta mirabilmente con il suo buon senso il tuo temperamento bizzarro, fatto di entusiasmi e di abbandoni... di puntigli e di sconforti.

Piero                              - (che ha finto di non ascoltarlo, eviden­temente per non inoltrarsi in una discussione, a questa ultima frase, resta un poco stupito ed esclama) Plagiario! (Poi si avvicina allo scrittoio, sceglie fra le tante una cartella e legge ad alta voce:) «Ella era divinamente e superla­tivamente donna: il suo temperamento bizzar­ro, fatto di entusiasmi e di abbandoni, di pun­tigli e di sconforti, la rendeva... ».

Fernando                       - (sorpreso dalla identità della frase) E questa chi è?

Piero                              - Rosalba.

Fernando                       - Te la sei fatta a tua rassomi­glianza! ?

Piero                              - Forse, senza saperlo: questi requi­siti di cui tu mi gratifichi saranno esatti, non so, potrei anche discuterli, io l'ho applicati in pieno alla creatura nata dalla mia fantasia, e torse quindi fatta a somiglianza del suo crea­tore... c'è in tutto questo un qualche cosa di mistico e di sovrumano che ricorda le scienze occulte.

Fernando                       - Mi auguro che non le avrai fatto, per restare nella rassomiglianza, i ca­pelli brizzolati alle tempie          - (guardandolo sarca­stico) ed un accenno di radura, che i maligni chiamano « pelata ».

 Piero                             - (non badando all'insinuazione) No, ella è bionda come l'oro al sole e flessuosa come un filo di fumo...

Fernando                       - Ah!

Piero                              - Vedi, Fernando, se tu potessi com­prendere!...

Fernando                       - Mi sforzerò...

Piero                              - Poc'anzi t'ho detto che il disappunto derivava dalla necessità di troncare una vicenda il cui ciclo non era compiuto, ma allora c'era mia moglie... No, no, c'è qualcosa di più in­timo, di meno « confessabile»... Rosalba, è la donna: la donna del sogno, che la realtà costantemente ti contende e che la fantasia sola ti dona. La donna che non hai mai incontrato, ma che hai sempre sognato fin dalle fantasti­cherie della adolescenza, di cui ogni ingre­diente è dosato come una combinazione chi­mica, lungamente elaborata...

Fernando                       - Insomma la donna su misura...

Piero                              - Sì, bravo, perfettamente, la donna su misura, la donna che ti sei costruito da te, per te, secondo i tuoi gusti, secondo le tue aspi­razioni, i tuoi desideri, per la quale hai un solo rincrescimento... che è irreale... irreale, come tutte le cose perfette... (Dopo una pausa, sopra pensiero) ... La donna su misura... in­fatti... noi scegliamo la compagna della nostra vita, come in un magazzino di abiti fatti... Per forza!... la vita ti presenta le mogli già confe­zionate... Vai lì... Che taglia? Quarantasei. L'assortimento può essere vasto quanto vuoi, ma certo proprio quello che avevi sperato, non lo trovi... quel colore di stoffa sarebbe l'ideale, ma, un po' stretto di spalle... questo va magni­ficamente bene. Sì, ma come disegno preferirei quell'altro... allora vediamo questo... C'è poi il negoziante che vuole affibbiarti la merce. Nel matrimonio chi ti affibbia la moglie sono le madri e le zie: «Tanto cara, brava! sembra fatta per te! »... Sembra, questo è il punto... sembra e tu ti porti via soddisfatto il vestitino perché sembra... ma poi quando te lo metti...

Fernando                       - È una lezione di confezioni che mi stai dando?

Piero                              - Ma mi hai capito? Il paragone calza magnificamente.

Fernando                       - (ridendo) Come un guanto su misura... (Poi facendosi serio) Sì, sì, amico mio, ti capisco, ti capisco perfettamente... però sei ingiusto, ingiusto nei riguardi di tua moglie che è il vestito ideale...

Piero                              - (interrompendo) Sì, lo so, non avrei potuto sperare di meglio, ideale, ideale, non me ne lagno. Ma vedi, ci sono a volte dei requisiti, dei pregi, che possono, non dico disturbare, ma stabilire una consuetudine e... dalla consuetu­dine alla noia il passo è breve...

Fernando                       - Noia?!

Piero                              - Non formalizzarti sulla parola: quella sua stessa dedizione, quella amorevolezza affettuosa che a volte la fa più materna che amante, può a volte determinare una rea­zione: quel suo costante equilibrio di saggia donnina vorresti a volte che fosse meno co­stante, quel suo interessamento ti fa tanto be­ne... ma ti svuota la vita, ti toglie l'imprevisto, il rischio, l'azzardo... è un freno nelle discese, un aiuto nelle salite, ma così pronto, così pre­sente, che tu non avverti più né le salite, ne le scese ed allora il paesaggio ti si presenta piatto, uniforme e monotono...

Fernando                       - Ed allora tu ti sei creato un ideale... fatto di carta e di inchiostro...

Piero                              - No, caro, fremente di vita... mai nessun personaggio dei tanti che ho creato, è stato per me più reale, direi quasi più tangi­bile... forse lo stesso genere letterario l'ha fa­vorito: il romanzo d'appendice. Un nome poi mi ha sedotto: «Rosalba». Un nome che ha in sé il profumo dei fiori e le luci diafane dell'aurora... Questo personaggio ha avuto la sua vita giorno per giorno: al caffè, fra amici, nei salotti, già mi parlavano di Rosalba e la com­mentavano, mentre ancora lo spasimo creativo mi tormentava e mi ci sono appassionato, la sentivo talmente viva che il mio lavoro alla scrivania era quasi una conversazione con lei.

Fernando                       - E l'hai fatta quindi, con tutti i requisiti fisici, opposti a quelli della tua com­pagna.

Piero                              - Amico mio, è naturale... si desidera sempre qualche cosa che ci tolga dalle abi­tudini.

Fernando                       - Ed ora devi dirle addio.

Piero                              - Con la stessa tristezza con cui si deve lasciare un'amante...

Fernando                       - T'avverto che la moralità della tua casa ne risulterà molto avvantaggiata.

Piero                              - Esagerato!

Fernando                       - Vergognati! Un'amante sotto il tetto coniugale... fortunatamente è arrivato il direttore che ha messo fine alla tresca.

Piero                              - Tu dici delle cose stupide... eppu­re... strano! mi danno un malessere, come se si trattasse di cose vere.

Assunta                         - (entrando) Ci sono Mirella e Le­tizia. (Verso l’interno) Avanti, avanti... lui è sempre un po' l'orco.

Piero                              - (ridendo) Che brutta fama che ho! Buon giorno, signorine, l'orco per oggi si è am­mansito. Come stanno?

Letizia e Mirella            - (parlando insieme) Be­ne, grazie. E lei, maestro?...

Fernando                       - (con un moto un po' ironico di sorpresa) Maestro!

Piero                              - (a Fernando) Non ti impressionare: « maestro », nella consuetudine, è un po' il marchio che segna la vecchiaia degli scrittori, quando non può segnarne la fama.

Letizia                           - Al contrario, in questo caso, sug­gella una giovinezza già famosa.

 Piero                             - (sorridente) Troppo buona, signo­rina.

Assunta                         - (al marito) Ma tu non presenti!

Piero                              - Ah scusate! (Indicando) Fernando Cambi, giornalista brillante e soprattutto mio amico; la signorina Letizia Massini, la signo­rina Mirella Rocci, graziosissime, come vedi e amiche... di mia moglie (Cambi si inchina cerimonioso) e quindi anche un po' mie, non è vero?

Mirella e Letizia            - (insieme) Ma certo e grandi ammiratrici!

Piero                              - Oh questo mi lusinga. (A Fernando) Senti ?

Fernando                       - Evidentemente le signorine han­no un cuore che va all'unisono.

(Tutti si dispongono per il thè. Entra il do­mestico con il vassoio. Si svolge la consueta ba­nale conversazione d'occasione. Assunta fa gli onori di casa. Si intrecciano frasi: Con il latte o con il limone?, ecc.).

Letizia                           - A proposito, potrei farle una do­manda?

Piero                              - Senz'altro.

Letizia                           - Forse è un po' indiscreta...

                                      - ... Lei... poi... fuggire con l'a-

Piero                              - Dica, dica pure.

Letizia                           - (un po' titubante) fuggirà o no con l'amante?

Piero                              - (scattando) Io? mante?

Mirella                           - Ma cosa dici?

Letizia                           - (arrossendo) No, Dio mio, non mi sono spiegata! intendevo Rosalba.

Piero                              - (con un sospiro di sollievo) Ah! Ro­salba! (Sorridendo a Fernando) Vedi, poi vienmi a dire che non è un personaggio vivo... se ne parla come di una persona conosciuta... (A Mi­rella) Eh, non so, quello che avverrà di Rosalba.

Letizia                           - Forse ho chiesto troppo, mi scusi.

Mirella                           - È un segreto dell'autore?

Piero                              - Non è un segreto... perché neanche l'autore dei suoi giorni ne sa nulla... (rannu­volandosi) forse... chi sa... vedremo...

Mirella                           - La faccia finir bene.

Piero                              - Ecco, già, vorrei. Ah! che cosa as­surda!

Assunta                         - (intervenendo) Ma perché ora vogliamo preoccuparci con la fine di Rosalba?

Letizia                           - (confusa) Chiedo scusa, non sa­pevo... ma seguo con tanto interesse, con tanta passione la vicenda... forse sono stata sconve­niente...

Piero                              - Ma no, cara signorina...

Letizia                           - Tutte, sa, noi amiche. Ella ha sa­puto così bene descrivere l'animo femminile.

Mirella                           - Ha reso quel personaggio con tan­ta sincerità che sembra quasi non sia una fin­zione.

Piero                              - Grazie, grazie... ma, vedete, la sorte di Rosalba non dipende da me soltanto. (Cupo) E voi che pensereste, care signorine, se Rosalba,, proprio mentre sta per realizzare i suoi sogni, cadesse vittima di un delitto?

Letizia                           - Ah no, è atroce... è disumano...

Mirella                           - E poi sarebbe illogico.

Piero                              - (sempre più cupo)  - Già, illogico... ma la logica non è di questo mondo... specie quando dipende da uno stupido quotidiano.

Assunta                         - (intervenendo) Vogliamo parlare d'altro?!

Piero                              - (a Fernando) Che ti dicevo?... il personaggio è vivo, è di dominio pubblico, s'a­gita... è discusso, eppure non ha ancora la sua parola « fine... ».

Giovanni                       - (entrando) I signori De Albertis.

Assunta                         - (alzandosi) Oh finalmente, si ac­comodino, avanti...

(// cameriere si pone di lato per far passare. Entrano Gianna e Floriano De Albertis. Gianna graziosa e vivace, Floriano eccentrico più che elegante, esageratamente aristocratico, vanesio. Assunta va loro incontro. Abbraccia Gianna e dà la mano a baciare a Floriano cerimoniosissimo. Poi i nuovi venuti si uniscono al gruppo).

Assunta                         - Voi vi conoscete. (Piero saluta Gianna e molto freddamente ed energicamente Floriano) Vi attendevamo, anzi non sapevamo spiegare questo ritardo.

Floriano                         - (affettatamente) Cosa vuole, si­gnora, sarebbe stato nostro vivo desiderio giun­gere prima, ma un noiosissimo bridge al Club mi ha trattenuto oltre il solito; poi sono dovuto passare a prendere Gianna, perché la « di-lambda » era con me, e quindi si è fatto tardi. Tutta colpa mia, e chiedo umilmente perdono.

Assunta                         - La perdono. Scusatemi! Il signor Cambi, giornalista, la mia amica Gianna De Alberti, il signor De Albertis.

Fernando                       - Molto lieto.:, ma molto dispia­cente di doverli subito lasciare.

Gianna                          - (scherzosa) Le abbiamo messo paura, che fugge così?

Fernando                       - Paura? Lei non può immaginare invece il mio rammarico.

Assunta                         - I suoi impegni al giornale...

Piero                              - (con intenzione) Già lui lavora ed i thè ed il bridge sono per lui un'eccezione... Non è vero, Ferdinando?

Floriano                         - Eppure anche per chi lavora, i thè dovrebbero rappresentare una simpatica so­sta pomeridiana.

Piero                              - (brusco) Ma non per chi lavora sul serio alle prese con la tirannia del tempo!

Floriano                         - Oh la tirannia del tempo! Che cosa seccante! A volte si hanno tanti impegni che non si sa come contemperarli ed allora (inchi­nandosi alla padrona di casa) si fa finta di di­menticare gli altri per preferire quelli che mag­giormente ci interessano.

Assunta                         - Molto gentile!

Piero                              - (a Fernando con intenzione) Mentre tu che hai da lavorare non puoi dimenticare gli impegni come il signore e non puoi essere gen­tile come il signore!

Fernando                       - (che ha capito l'insinuazione) Hai ragione... ma vedi, il guaio è che se io di­mentico gli impegni, a fine mese il direttore si dimentica di darmi lo stipendio.

Floriano                         - Oh il danaro! questa cosa bor­ghese!

Piero                              - ...specialmente quando si gua­dagna...

Assunta                         - (per troncare la discussione) Cam­bi, non voglio trattenerla...

Fernando                       - Signora, (Fernando saluta) a ri­vederle signorine,  (a Piero) addio, caro.

Piero                              - T'accompagno. Andando al gior­nale, cerca di vedere il direttore e digli magari che... (escono entrambi).

(Assunta versa il thè ai nuovi venuti).

Gianna                          - Sai, Assunta, ho parlato a Floriano di quelle tue riviste francesi con i costumi... Fagliele vedere, gli potranno interessare.

Assunta                         - Volentieri. (S'alza seguita da Floriano e va dall'altro lato della scena ove su un tavolinetto sono delle riviste). Eccole, le ha ricevute mio marito pochi giorni fa.

Letizia                           - Tu ci vai al ballo?

Mirella                           - Sì: metto un costume da baia­dera, tutto in viola.

Gianna                          - Viola? Non è lugubre?.

Floriano                         - (sfogliando) Oh, deliziosa questa e molto interessante.

Assunta                         - Se è così, può prenderla senz'altro, mio marito non le sfoglia nemmeno...

Floriano                         - Grazie... e lei signora non si la­scia tentare? Un bel costume... questo ad esem­pio, sarebbe adattissimo per la sua persona.

Assunta                         - Ma lei vuol scherzare... io in maschera? ad un ballo?

Floriano                         - E come no?... Forse non conta di onorarmi qualche volta. Questa sera ad esem­pio c'è un ballo molto interessante.

Assunta                         - Sarà ben difficile. Sa, mio ma­rito...

Floriano                         - Ah, i mariti sono sempre noiosi...

Assunta                         - Non sempre... ma vede, la mia casa è così riposante che la vita mondana non mi interessa più.

Floriano                         - Male, male, signora, occorre rea­gire a questa pigrizia... questo assentarsi è un suicidio...

(Durante questa conversazione Piero è rien­trato e nota immediatamente Floriano e sua moglie che parlano da un lato e ne resta visi­bilmente turbato. Vuol darsi un contegno e si avvicina al gruppo delle signorine, ma con gli occhi segue costantemente l'altro gruppo).

Mirella                           - (a Piero) Sa, maestro, che è sim­patico quel suo amico!

Piero                              - (sempre un po' distratto) Sì, non c'è male.

Letizia                           - E deve essere anche una persona intelligente...

Piero                              - Certo... fa il giornalista...

Gianna                          - Questo non vorrebbe dire.

Piero                              - Sì, vuol dire, perché fa il giornalista sul serio.

(Assunta, non appena suo marito è rientrato, si è accorta immediatamente che è seccato e ne intuisce il motivo. Tronca quindi la conversa­zione e va verso di lui).

Assunta                         - Peccato che Cambi abbia dovuto andar via così presto!

Piero                              - (sempre corrucciato) Anzi mi ha ri­cordato un impegno che avevo anch'io... Mi dispiace veramente, ma...

Assunta                         - (sorpresa) Come, vai via? an­che tu?

Piero                              - (ad Assunta, rude) Sì, me ne vado... (Agli altri) Chiedo scusa. Con permesso. (Sa­luta molto freddamente ed invece di avviarsi verso l'uscita di fondo, si dirige verso il pro­scenio, come se di lato, verso la barcaccia di destra, ci fosse un'altra uscita).

Assunta                         - (che lo segue con gli occhi) Come? esci di là?

Piero                              - Sì, debbo passare un momento in biblioteca e prendere delle carte...

Assunta                         - (che è sempre più imbarazzata) Ti accompagno.

Piero                              - Non occorre.

Assunta                         - (agli altri) Voi permettete che accompagni il maritino? (Si avviano entrambi verso il proscenio, diagonalmente; alle loro spalle cala velocemente la tela, ma le luci della ribalta restano accese. Concitata) Piero, che hai? che ti è successo?

Piero                              - Nulla.

Assunta                         - Ma Piero, non fare così, dove vai? perché così all'improvviso?

Piero                              - Vado fuori. (Poi con amarezza) Così potrai conversare più liberamente.

Assunta                         - Ma andiamo! si parlava di quelle riviste...

Piero                              - Non m'importa... lo sai perfetta­mente che quel tipo non mi va giù...

Voce di Mirella             - (dall'interno) È un po' lungo questo salutino...

Voce di Letizia             - (c. s.) Stanno facendo una scena d'amore!

Piero                              - (seccato da quelle voci, con un gesto d'impazienza) Ma che scena! ma che amore! (Esce di lato affrettatamente).

Assunta                         - No, Piero... senti... Piero... (Esce seguendolo).

(Si spengono le luci della ribalta, mentre si illumina la sala).

ATTO SECONDO

La stessa scena dell'atto precedente.

(Al levarsi del sipario la scena è vuota e buia. È sera. Entra Floriano de Albertis preceduto dal ca­meriere).

Giovanni                       - (entrando accende la luce) Pre­go, s'accomodi.

Floriano                         - Ma se la signora è a cena non la disturbi.

Giovanni                       - Non è a cena. Il signore ancora non è rientrato.

Floriano                         - Allora ditele che c'è il signor De Albertis che vorrebbe dirle una parola sola, ma se ciò non la disturba.

Giovanni                       - Sta bene, signore. Si accomodi. (Esce).

(Floriano nell'attesa gironzola per lo studio, considera qualche soprammobile, sfoglia delle riviste. Poco dopo entra in scena accigliato e pensoso Piero).

Piero                              - (scorgendo Floriano) Ah!

Floriano                         - (con sorpresa) Buona sera, com­mendatore.

Piero                              - (sostenuto) Buona sera. Voleva me? attendeva me?

Floriano                         - No, veramente, ecco... atten­devo la signora!

Piero                              - Ah, la signora!... (Poi improvvisa­mente) La signora non può venire, è indi­sposta.

Floriano                         - Oh, non sapevo, Giovanni non mi aveva detto...

Piero                              - Giovanni non è pratico di indispo­sizioni!

Floriano                         - (un po' imbarazzato) Me ne di­spiace... una cosa grave? Mi auguro di no.

Piero                              - No... un po' di emicrania.

Floriano                         - Creda, sono proprio tanto, tanto dolente.

Piero                              - Ad ogni modo, poiché immagino che aveva qualche cosa d'urgente da dirle, a quest'ora... (Guardando l'orologio) Può dirlo a me, riferirò io... sempre che possa dirlo...

Floriano                         - Oh, si figuri: nulla di impor­tante... anzi, sì, qualche cosa di importante... ma non troppo... insomma che possa giustifi­care la mia visita a quest'ora... poco oppor­tuna...

Piero                              - Ecco, infatti, che possa giustificare...

Floriano                         - Si trattava... vede commenda­tore... che la signora quest'oggi mi aveva fatto sperare che sarebbe intervenuta, anzi che sareb­bero intervenuti, anche lei commendatore, al ballo di questa sera al club, ed allora mi ero affrettato a procurarle ed a portarle dei bi­glietti, ed in questa occasione mi sarei per­messo insistere, perché la loro presenza sarebbe stata oltremodo gradita.

Piero                              - (un po' ironico) Lei è molto gen­tile. Ad ogni modo se non le dispiace può la­sciarli. Sa, le emicranie femminili possono pas­sare anche da un momento all'altro e chi sa che mia moglie... (Con durezza) Io no, io sono orso, molto orso.

Floriano                         - (sempre più imbarazzato) Capi­sco... come vuole, ad ogni modo sempre con molto piacere. Ecco i biglietti.

Piero                              - (congedandolo) Benissimo, le assi­curo che ci metterò una buona parola per far passare l'emicrania- al più presto possibile.

Floriano                         - Confido molto nel suo gentile in­teressamento.

Piero                              - Sì, bene. Confidi, e a rivederla.

Floriano                         - A rivederla, commendatore, e scusi tanto.

Piero                              - Non c'è di che. (Un po' sarcastico) Sono io che debbo ringraziarla per essersi di­sturbato.

Floriano                         - Di nuovo.

Piero                              - Di nuovo. (Appena Floriano è usci­to ha un vivace gesto di impazienza e passeggia nervosamente per la stanza osservando di tratte in tratto i biglietti).

Assunta                         - (entrando, indossa una vestaglia va­porosa) Buona sera De Albertis, qual buon vento...

Piero                              - (voltandosi di scatto) Tramontana...

Assunta                         - Oh Piero, sei tu? sei rientrato? Non ti avevo inteso...

Piero                              - Già, sei sorpresa... te ne vieni tutta vaporosa credendo di trovare De Albertis ed invece trovi semplicemente tuo marito.

Assunta                         - Piero!

Piero                              - Peccato che non sei arrivata prima, ti assicuro che avresti visto un bel idiota.

Assunta                         - Basta, Piero. Non ti accorgi che mi stai offendendo?

Piero                              - (con impeto) E voi non vi accor­gete che mi state seccando tutti e due?

Assunta                         - Piero, ti prego, ragiona: Gio­vanni mi aveva annunziato De Albertis che do­veva dirmi due parole.

Piero                              - Ed invece le ha dette a me... non so però se erano le stesse.

Assunta                         - Non avrai fatto una scenata, spero?

Piero                              - Non temere, è ancora vivo...

Assunta                         - Tu sai quanto mi dispiace tutto questo... non vorrei che tu dessi la sensazione di essere geloso a quel ragazzo che è anche sciocco.

Piero                              - Sciocco, sta bene. Sul ragazzo non siamo d'accordo specialmente quando si applica ad uno che ha trent'anni di età.

Assunta                         - Ma sì, un ragazzo, niente di più di un ragazzo... e non puoi credere quanto mi avvilisca tutto questo. Cosa voleva?

Piero                              - Ecco, questo è importante. Voleva procurarsi il piacere di consegnarti di persona questi due biglietti per il ballo di stasera, uni­tamente alla sua più melliflua preghiera di un tuo intervento...

Assunta                         - La solita sua sciocca insistenza.

Piero                              - Ed io gli ho detto che in quanto a me poteva anche scordarsene, in quanto a te ho promesso tutta la mia opera di persuasione per indurti ad accettare il cortese invito.

Assunta                         - Non dire sciocchezze.

Piero                              - Non vedo perché tu non debba in­tervenire, dato che il signor De Albertis si è scomodato fin qui a portare i biglietti...

Assunta                         - Piero, smettila, credi, mi fai male. (Avvicinandosi affettuosa) Dimmi tutto quello che mi devi dire. I tuoi sospetti sono cat­tivi, ma dilli lo stesso, ti farà bene, ti servirà a sfogarti. Ci siamo parlati sempre con tanta franchezza. Ci siamo detti tutti i nostri pen­sieri buoni e cattivi... Perché vuoi avvilirmi, pensando che qualche cosa ali'infuori di te possa interessarmi e poi quando questo qualche cosa è un niente?...

Piero                              - (che si sta rabbonendo, ma non com­pletamente convinto) Un niente che balla la rumba a perfezione, sa portare il monocolo senza fare smorfie e quando indossa il frack...

Assunta                         - E tutto questo basta per fare un uomo?

Piero                              - Per gli altri uomini no, ma per le donne...

Assunta                         - Per le altre donne forse, ma non per me. Ormai mi dovresti conoscere. Andiamo, andiamo, la cena deve essere in tavola da tempo.

Piero                              - Grazie, non mangio.

Assunta                         - Ancora?

Piero                              - Ma, santo Dio, non abbiamo qui dentro un rubinetto per fare il bel tempo e il cattivo tempo. Non ceno; non per un punti­glio, ma non ho voglia... non posso, mi farebbe male. Va tu. Io lavoro un poco...

Assunta                         - Sei troppo nervoso per lavorare.

Piero                              - Ed invece va benissimo: è proprio il clima che ci vuole. Debbo uccidere dei per­sonaggi. E lo farò con voluttà, così mi sfogherò con loro.

Assunta                         - Non potendo uccidere me?

Piero                              - Ti prego, vai... non insistere.

Assunta                         - Vado, vado. (Uscendo) Però sei cattivo.

(Piero rimasto solo passeggia un poco nervosamente prende una sigaretta, s'avvicina allo scrittoio, accende la lampada e spegne la luce centrale, in modo che l'ambiente resti in pe­nombra. Scorre alcune cartelle, si passa so­vente la mano sulla fronte quasi a riordinare le idee, poi di scatto si decide, si siede e comincia a scrivere velocemente, fissando ogni tanto lo sguardo innanzi a se, e riprendendo subito dopo. Ad un certo punto sospende il lavoro, per rileggere un brano del suo scritto).

Piero                              - (leggendo a bassa voce) ... a Mauro sentì che qualche cosa nel suo intimo sprofon­dava nel nulla. Tutta la sua sensibilità era con­centrata nella mano spasmodicamente contratta sulla impugnatura di quel piccolo gingillo che racchiudeva la morte. E la sua mano si levò lenta e fatale a segnare la fine di Rosalba, fre­mente di vita che, inconscia e lieta, dall'alto della terrazza, offriva al vento tutto l'oro dei suoi capelli... ». (Tra se) Che cosa pacchiana!... (Scuote il capo scontento e dopo un poco si rimette al lavoro). (Nello stesso tempo da dietro una tenda, si­lenziosa e lenta come una visione appare Ro­salba. È Rosalba quale ormai si conosce attra­verso la descrizione del suo autore. Si muove lentamente, con gesti calmi e quasi ieratici. È vestita con un elegante abito da sera che la mo­della divinamente. I suoi movimenti sono tardi, poi a mano a mano acquista maggiore sciol­tezza e disinvoltura. È veramente Rosalba che un miracolo ha materializzato o non piuttosto una visione parto della fantasia esaltata e mor­bosa dello scrittore? Rosalba si avvicina len­tamente allo scrittoio, sino a che Piero più che vederla la sente vicina ed allora impressionato getta la penna e balza in piedi). Chi è? Chi siete?

Rosalba                         - (tace e lo fissa).

Piero                              - (stropicciandosi gli occhi e passandosi una mano sulla fronte quasi a fugare la visione) Chi siete? Che volete?

Rosalba                         - (scandendo le parole) Tu? Pro­prio tu me lo domandi? (Una pausa piena di ansia e di stupore).

Piero                              - (a mezza voce) Rosalba?!

Rosalba                         - Sì, Rosalba... la tua creatura!...

Piero                              - Ma questa è una visione! È uno scherzo! (Si avvicina a Rosalba squadrandola e portandosi le mani alle tempie).

Rosalba                         - Perché tanto stupore? Non mi aspettavi? Eppure io dovevo venire qui. Tu lo hai voluto. (Dopo una pausa) Tu hai voluto che mi si uccidesse. Io non discuto il tuo volere. Chi muore torna al creatore. Eccomi qui! (Piero resta interdetto. La logicità assurda del discorso di Rosalba lo impressiona e non ardisce ribat­tere. Fa per allungare una mano per accertarsi della consistenza di quella visione, ma la ritrae timoroso. Rosalba gliela afferra). Sì, sono io, non sogni. Ho attraversato in un attimo gli spazi siderali, le profondità dell'infinito per obbedire alle leggi ineluttabili e fatali della creazione e della morte. Sono io, senti, questi sono i miei capelli di sole, guarda i miei occhi di verde marino che tu mi hai dato...

Piero                              - Rosalba, io sono preda, forse, dell'incubo di un sogno... ma di un sogno bello... (Le prende le mani e la guarda fissamente negli occhi) Grazie di essere venuta... la mia fatica non fu vana, se io ora posso esserti vicino e ve­derti ed ascoltarti così come ti ho descritta... e come ti ho sognata... Rosalba, parlami ancora, la tua voce soltanto io non conoscevo ed ora la conosco... è armoniosa come argento che vibri... Grazie di essere venuta!

Rosalba                         - Dovevo... perché tu mi hai chia­mata... violentemente. Se non mi avessi fatto uc­cidere, io vagherei ancora nell'irreale, ove vi­vono tutti coloro che sono nati dalla fantasia. Io benedico il dolore di un attimo che ha an­nullato le distanze abissali e mi ha portato qui al tuo cospetto, o mio Dio, o mio creatore!...

Piero                              - Io vivo il sogno più bello e più in­sperato della mia vita... io benedico d'averti uccisa.

Rosalba                         - Sono gli eletti che il creatore ama chiamare più presto a sé... ed io sono l'eletta del tuo spirito.

Piero                              - (sempre più. esaltandosi) L'eletta del mio cuore... mai nessuna altra delle mie crea­ture io ho vagheggiata con più passione, (am­mirandola) io ho creato per soddisfare l'aspi­razione più completa e perfetta del mio spi­rito... (le si avvicina ancora, le cinge la vita con un braccio e la porta più verso la luce; le carezza i capelli quasi per convincersi della sua realtà. Poi improvvisamente, sostando con la mano su di un segno rosso alla tempia) Sei fe­rita?...

Rosalba                         - (con un sorriso) Di qui entrò la morte.

Piero                              - Hai sofferto? molto?

Rosalba                         - No. Tu non sai che cosa sia mo­rire? Tu che tutto sai, che hai descritto le vicende più immaginose... non sai come si muo­re... Nessun tuo personaggio tornando a te, te lo ha descritto?

Piero                              - (pensando) No... non ho mai scritto tragedie e...

Rosalba                         - Morire è poca cosa... il nulla che ti prende per un salto nel vuoto. Un do­lore acuto, improvviso, breve... Poi di lì la vita ti sfugge, e s'affolla nelle vene come una linfa tepida che ti percorre tutto e s'agita e svanisce e degrada da te verso l'esterno come i cerchi di un'acqua ferma colpita da un sasso. Poi un grande benessere è in te, e ti senti lieve come l'aria che ti circonda e lieve ti muovi in un'im­mensità d'azzurro e vai veloce, dove? non sai, ma verso qualche cosa cui tendi fatalmente. Io non sapevo dove tu fossi, eppure sono qui giunta senza una indecisione, senza un tentennamento. Da quanto tempo sono morta? Forse da un se­colo se considero lo spazio che ho percorso, forse da un attimo se considero la velocità che mi animava... (volgendosi verso la scrivania e guardando le cartelle) certo da un attimo... è ancora fresco d'inchiostro il mio decreto di morte, (poi con slancio verso Piero) no, di vita... che questa per me... come per tutti i mortali è vera vita!...

Piero                              - (che ha seguito con esasperazione di curiosità e di interesse la descrizione di Ro­salba) È bello! un po' letterario, poco na­turale!... ma...

Rosalba                         - No, è naturale, logico e fatale. Questa è veramente la mia vita eterna.

Piero                              - (un po' scosso) Eterna?

Rosalba                         - Sì, eterna, presso di te... (Con slancio) 0 mio signore, dimmi che mi atten­devi, che mi volevi vicina...

Piero                              - (dubbioso) Veramente... (Poi di scatto esaltandosi) Sì, ti attendevo, ti deside­ravo, mirabile realizzazione del mio sogno. Vie­ni, siedi... sei stanca forse, certo hai percorso tanta strada per venire da me; io ti terrò vi­cina, sempre, e passerò la mia vita ammiran­doti, così come ora. (La fa sedere su di una poltrona e le si inginocchia dappresso, tenendole stretta una mano). Sei bella, sei supremamente bella!

Rosalba                         - Sono come tu mi hai voluta... come tu mi hai descritta...

(Picchiano alla porta. Piero si scuote e resta interdetto. È la realtà che lo riprende. Va verso la porta, ma poi torna indietro, quasi per na­scondere Rosalba e grida: « Un momento »; poi sempre molto incerto torna verso la porta e senza aprirla domanda):

Piero                              - Chi è?

Voce del Cameriere      - Sono io, signore.

Piero                              - (seccato) Cosa vuoi, t'ho detto di non seccarmi.

Giovanni                       - La signora le fa domandare se desidera almeno uno zabaione al marsala...

Piero                              - Non voglio niente, non voglio nien­te... Grazie!

Voce                             - Va bene, signore.

Piero                              - (tace un poco contrariato; è sopra-pensiero; fa per riavvicinarsi a Rosalba, poi im­provvisamente torna alla porta e chiama) Giovanni! (Non risponde). (Apre appena uno spiraglio, sporge il capo e torna a chiamare) Giovanni.

Giovanni                       - (accorrendo ma sempre dietro la porta) Comandi.

Piero                              - La signora dov'è?

Giovanni                       - Nella sua stanza.

Piero                              - Cosa fa?

Giovanni                       - Non so...

Piero                              - Ha cenato?

Giovanni                       - No, signore...

Piero                              - Sarà andata a letto?

Giovanni                       - Non credo...

Piero                              - (un po' contrariato) Ad ogni modo ricordati che non voglio essere disturbato. (Ri­chiude energicamente la porta, poi si avvicina di nuovo a Rosalba).

Rosalba                         - Hai moglie?

Piero                              - (titubante) Sì.

Rosalba                         - Peccato!

Piero                              - Perché ?

Rosalba                         - Perché ... sarà una cosa seccante.

Piero                              - (perplesso) Eh... già... ed anche pe­ricolosa.

Rosalba                         - (improvvisamente sorridente) Pe­ricolosa! Allora non mi dispiace! (Piero resta sorpreso - con esaltazione) Certo avremo il clima dell'adulterio... l'ansia... il brivido della colpa...

Piero                              - Eh?!

Rosalba                         - (c. s.) Sì, come Mauro, anche lui aveva moglie!... ma se ne disfece per darmi la suprema prova d'amore... (a Piero con voluttà) ed anche tu, Piero... saprai darmi questa prova d'amore?!

Piero                              - Mi spaventi! Hai un modo di par­lare! No, invece, senti, ragiona, tu certo non puoi restare qui...

Rosalba                         - (con scatto) Perché ?... mi scacci?

Piero                              - No, cara, ecco... bisognerà siste­marti... vedi... se tu passassi di là, nella mia stanza, forse si potrebbe stare un po' più tran­quilli.

Rosalba                         - Di là, senza di te... no mai... io voglio stare qui, qui, che è il tuo regno, ove lavori, ove mi hai creata.

Piero                              - Sì, ma potrebbe entrare qualcuno da un momento all'altro.

Rosalba                         - E tu dai ordine che non entri nessuno.

Piero                              - Non è facile... (Sollevandola) Biso­gna riflettere... Senti, ora sono le nove e mezzo, è un po' presto... tu passi di là, da brava, e stai zitta e quieta... ti riposi un poco, mangi qualche cosa... ci sono dei biscotti...

 Rosalba                        - (ridendo) Ah! ah! e quando mai i personaggi da romanzo sono stanchi? hanno fame?... Voi non li fate mai mangiare i vostri personaggi...

Piero                              - Va bene... farai quello che vorrai... ma passi di là... io sto ancora qui a lavorare, o meglio a far finta di lavorare, fin verso le un­dici o mezzanotte. Allora, quando tutti dor­mono, noi pianino pianino, usciamo e si vedrà come sistemarti: non so, in una pensione, in un albergo, (Rosalba accenna di no) provvisoria­mente però, poi studieremo...

Rosalba                         - E tu resti con me?

Piero                              - Eh no, mia cara! Vedi di compren­dere la mia situazione...

Rosalba                         - (decisa) Allora no, no, io non mi muovo di qui... con te in capo al mondo, ma senza di te, mai.

Piero                              - Sei capricciosa!

Rosalba                         - Sono come tu mi hai fatta. Non ricordi più? «Il capriccio era il profumo inebriante della sua femminilità... » sono tue pa­role... nel capitolo secondo!...

Piero                              - (interrompendo) Sì, va bene... ma vedi... nella vita i capricci...

Rosalba                         - ... allora perché mi hai fatta così? Certo perché così ti piacevo... (insinuante) eh! lo so... io ti piaccio... (mettendogli le braccia al collo) Piero, tu non puoi mentire a te stesso. Io ti piaccio tanto... tanto...

Piero                              - (esaltandosi) Sì, mi piaci, ma...

Rosalba                         - Ma liberati dai preconcetti, e grida forte la tua gioia di avermi a tutto il mondo, contro tutto e contro tutti e non rinun­ciare di vivere il più bel sogno che ti è con­cesso! Piero!

Piero                              - Follie!

Rosalba                         - Mio bene!

Piero                              - (decidendosi) Sì! Sì!... che im­porta... perché pensare che dovrò destarmi, fin che il sogno dura?...

Rosalba                         - Amore!

Piero                              - Rosalba! (In uno slancio simultaneo si abbracciano e si baciano lungamente).

Rosalba                         - (con un fil di voce) Amore! (Dopo una pausa, sottovoce, quasi sognante) Amore... non v'è nulla all'infuori dell'amore e noi l'ab­biamo trovato, indiscutibile, perfetto. Vivremo solo di esso e per esso. Sempre... I miei baci saranno la tua vita, l'ardore della mia passione il tuo sole. (Declamando) « Ella non sapeva amare che appassionatamente, follemente, fatal­mente».

Piero                              - (sorpreso) Chi?

Rosalba                         - Io... nel primo capitolo.

Piero                              - Ah!...

Assunta                         - (da fuori la porta) Piero.

Piero                              - (trasale; non sa come comportarsi; vorrebbe nascondere Rosalba, ma è incerto, è imbarazzato, si avvicina alla porta) Assunta, cosa vuoi?

Assunta                         - Lavori ancora?

Piero                              - Eh! altroché!

Assunta                         - Lasciami entrare a darti un bacio!

Piero                              - Ti bacio con il pensiero... attraverso la porta.

Assunta                         - (aprendo di scatto ed apparendo sulla soglia) Ma, Piero, questo vuol dire che non debbo entrare.

Piero                              - Ed infatti... sei entrata.

Assunta                         - Perché non volevi?... (si guarda attorno) lavoravi? No, ed allora... (Tutta la scena si svolgerà in modo che Piero resterà co­stantemente turbato, ambiguo, incerto e a volte cattivo per la presenza di Rosalba             - Presenza vera o illusione egli non sa ancora. Certo che Assunta non la vede e non l’ode e si comporta come se non esistesse, mentre egli l’avverte e la sente distintamente: è forse la voce del suo io interno esaltato dal desiderio dell’avventura che lo rende ostile e desioso di libertà. Assunta avanza verso la scena e passa indifferente presso Rosalba. Piero renderà con espressioni succes­sive di sgomento, di stupore e di sollievo, il suo stato d'animo. Sarà però sempre eccitatissimo e nervoso) Non rispondi?

Piero                              - Ma, ecco, vedi, preferirei essere lasciato solo.

Assunta                         - Mi mandi via?

Piero                              - No, ti prego di andartene.

Assunta                         - È la stessa cosa!

Piero                              - Non è la stessa cosa... Insomma, Assunta, ti prego...

Rosalba                         - (coti voce annoiata) Quanto è sec­cante questa donna!

Piero                              - (trasale ma non risponde).

Assunta                         - (continuando senza aver nulla av­vertito) Tu non devi restar solo. Io ti sarò vicina e riuscirò a scacciare tutti i brutti pen­sieri. Ma anche tu, mettici un poco di buona volontà!

Rosalba                         - Piero, liberati da lei...

Piero                              - (a Rosalba seccato) Sta zitta!

Assunta                         - Ah, non vuoi neppure che parli.

Piero                              - (riprendendosi ed avvicinandosi ad As­sunta) No, senti, Assunta, tu non puoi ca­pirmi perché neanche io mi capisco. Forse chi sa... domani o dopo io ti spiegherò. Certo c'è un assurdo, qualche cosa che non riesco a com­prendere. In queste condizioni è bene che tu non insista, che tu non domandi, che tu non mi secchi insomma.

Assunta                         - Mi spaventi, non riesco a com­prendere come uno stupido incidente che sem­brava risolto, possa ancora tenerti in questo stato!

Piero                              - Quale incidente?

Assunta                         - L'invito di De Albertis.

Piero                              - (ridendo) Ma che De Albertis, ma che De Albertis. Ah! Ah! l'invito al ballo! a proposito perché non vai... Credi, non potrebbe esserci soluzione migliore.

Assunta                         - Mi prendi in giro?

Piero                              - No, ti do un consiglio. Vai, cara, una telefonata ad una amica, sei ancora in tem­po, e così ti diverti e ti distrai...

Assunta                         - (con ira a stento repressa) ... e così ti libero della mia presenza.

Rosalba                         - ...comincia a ragionare.

Piero                              - (a Rosalba fra i denti) Ti proibisco di parlare.

Assunta                         - (esterrefatta) Mi proibisci di par­lare?... ma allora... Ma che cosa è stato!... io non so... Piero... (Piero tace assorto, fremente, con il pianto in gola) debbo andarmene. E va bene... (con risolutezza) Però bada se io me ne vado... sarà un po' difficile che ritorni... Non dici nulla?

Rosalba                         - Che pitoccheria! In questi casi ci si uccide... ma si tace.

Piero                              - (ha un gesto di violento rimprovero contro Rosalba).

Assunta                         - Ma cos'hai? Dio mio! vado... vado... (Piero ha un gesto come per fermarla) No, no, non ti muovere... non fingere... con­tinua ad essere sincero... (S'avvia verso la porta nascondendosi il volto fra le mani, quasi bar­collante. Piero fa per slanciarsi a sostenerla e trattenerla, ma Rosalba gli ha preso violente­mente una mano e lo trattiene. Assunta è sulla soglia, sosta un poco quasi attendendo un ri­chiamo che non giunge, poi esce).

Piero                              - (un po' emozionato e con il pianto che gli trema in gola) Assunta!

Rosalba                         - (sarcastica) La richiami? Ancora non sei disgustato da questa scena da teatro di terzo ordine?

Piero                              - Rosalba, tu non puoi comprendere. I tuoi sentimenti dilagano in superficie, ma forse non penetrano in profondità... tu chiami scena teatrale quello che potrebbe essere la fine di due vite... e ciò mi turba, mi mette tanto amaro nell'animo.

Rosalba                         - (sempre frivola) Ed io ho tanto dolce sulle mie labbra che tu non ricorderai più nulla del tuo passato!...

Piero                              - Si fa presto a dirlo!...

Rosalba                         - Come a dirlo!... Tu ti immer­gerai nel mio amore come nel fiume Lete... e da questa sera comincerà la tua vera vita... ieri non esiste più!... La tua vita di ieri cadrà come scoria e nel sogno tu dimenticherai e rivivrai...

Piero                              - (mettendosi una mano sulla fronte) Senti, cara, non potresti fare a meno di tutte queste parole... queste parole...

Rosalba                         - Vuoi il silenzio? Eccoti il silen­zio!... (Gli si avvicina, lo cinge con le braccia) Infatti lo dici anche tu: ce fra loro erano cadute le parole, perché parlassero solo i silenzi... ».

Piero                              - Ecco, brava...

Rosalba                         - Come brucia la tua fronte!... C'è tanto fuoco dentro, ma la mia mano è fresca e ti farà bene. Voglio portare tutto questo fuoco dal cervello al cuore ed allora solo sarai mio, mio, veramente mio... (Piero si guarda attorno smarrito) No, fissa i tuoi occhi nella felicità senza guardarti attorno... Vuoi che prendiamo qualche cartella, lì sullo scrittoio?...

Piero                              - (esasperato) No, no, basta con le cartelle, con i capitoli, con le chiacchiere...

Rosalba                         - No, dicevo... solo per leggerle insieme... per vibrare ancora come quando na­scevo dalla tua esaltazione.

Piero                              - (ha un gesto di scontento, poi improv­visamente scattando) Io vorrei sapere una cosa sola: se sono diventato matto!... Lo sai tu, almeno? Sei vera o sembri?...

Rosalba                         - (ridendo) Tu sei ancora a questo punto?... non sai se io sia vera o sia una tua allucinazione... Caro! (Gli cinge la vita e con lui si avvia verso la camera attigua) Ebbene, abbiamo innanzi a noi tutta una notte di amore per convincertene. Una notte di passione, la più bella della tua vita perché fino ad ora in­vano desiderata. (Diviene suadente, affascinan­te, femmina) Vieni, povero caro, dimentica i tuoi dubbi... La passione non è raziocinio, ma è fremito di vita... è languore... è sospiro... Io non vera?... Te ne accorgerai, povero caro!... Vieni... (Piero si lascia condurre, ma presso la soglia Rosalba si ferma di scatto e si volge) No...

Piero                              - Cosa c'è adesso?

Rosalba                         - Non insieme. Io ti precedo e ti attendo... voglio provare il languore dell'at­tesa...

Piero                              - Senti... non complichiamo ancora le cose!

Rosalba                         - (sempre declamando) No, voglio che tu passi quella soglia con il tumulto nel cuore e con le tempie martellanti a stormo.

Piero                              - Le tempie?... che c'entrano?...

Rosalba                         - Come?... non ricordi più?... la prima notte d'amore di Mauro e Rosalba...

Piero                              - (seccato) Ancora...

Rosalba                         - Guarda: ecco qui (prende un foglio e legge declamando): « C'era nella stanza una luce lunare che dava brividi ed ella sen­tiva nelle più ascose fibre il languore spossante dell'attesa. Allora Mauro varcò quella soglia con un tumulto nel cuore e con le tempie martel­lanti a stormo ».

Piero                              - (passandosi una mano sulla fronte) E va bene... verrò con le tempie martellanti...

Rosalba                         - Così mi piacerai di più, Mauro... (Riprendendosi) No, Piero... Piero, (con vo­luttà) ...a tra poco. (Esce).

Piero                              - (è concitato ed esaltato, si guarda in­torno, poi fa per raggiungere Rosalba, ma torna indietro. Apre l’altra porta centrale e chiama sommesso, ma sentito) Giovanni, Giovanni!

Giovanni                       - Comandi, signore! (Appare sul­la soglia).

Piero                              - (sempre un pò9 indeciso ed asmatico) Giovanni, la signora?

 

Giovanni                       - Uscita.

Piero                              - Uscita?! Veramente, quando?

Giovanni                       - Poco fa.

Piero                              - E dove è andata?

Giovanni                       - (si stringe nelle spalle) Non so, signore.

Piero                              - (dopo una pausa) Era vestita in abito da sera?

Giovanni                       - No, aveva il solito abito del po­meriggio.

Piero                              - Non ha detto nulla?

Giovanni                       - Nulla.

Piero                              - Era triste?

Giovanni                       - E sì, aveva gli occhi arrossati.

(Piero tace lungamente. Giovanni attende or­dini. Si ode dall'interno distintamente la voce di Rosalba).

Rosalba                         - Piero, puoi entrare... c'è una luce lunare nella stanza che mette i brividi.

Piero                              - (trasale e guarda Giovanni che resta im­passibile. Poi afferrandolo violentemente per la giacca) E tu, tu non senti niente? non hai sentito niente?

Giovanni                       - (al colmo della sorpresa) Io? no, che cosa?

Piero                              - Vai via, allora, vai via. (Lo spinge fuori, richiude violentemente la porta, resta fermo con la testa fra le mani lungamente; guarda dalla parte della stanza di Rosalba, sem­bra titubante).

Rosalba                         - (dall'interno languida) Mauro!...

Piero                              - (si scuote e minacciando col pugno le carte sulla scrivania, con voce d'ira repressa) « E Mauro varcò quella soglia col tumulto nel cuore e con le tempie martellanti a stormo!... ». Capitolo tale!... pagina tale!...

(Cala velocemente la tela).

ATTO TERZO

La camera da letto di Piero. Molta confu­sione, molto disordine. Da un lato il letto an­cora sossopra, su di un piccolo tavolino un tele­fono. La porta di destra aperta comunica con il bagno, la porta di sinistra con lo studio. Nel­la parete di fondo un'ampia finestra guarda il giardino sottostante. È mattina.

 (Piero è solo, da poco alzato, ed indossa una veste da camera sul pigiama da notte. Rosalba è nel bagno accanto e poiché la porta è aperta si sente distintamente lo sciacquio dell'acqua nella vasca ed a tratti la sua voce.

Piero sprofondato in una poltrona Ha un aspetto desolato e preoccupato, guarda spesso l'orologio, poi si avvicina all'apparecchio telefo­nico, è incerto se telefonare o meno, poi torna alla sua poltrona).

Piero                              - Potresti almeno chiudere la porta, cara...

Rosalba                         - (da dentro) Per chi, per te?... per te non ho più segreti.

Piero                              - (senza entusiasmo) Già, infatti.

Rosalba                         - Il bagno era delizioso... ristora­tore... ha avuto un solo inconveniente.

Piero                              - Troppo caldo?

Rosalba                         - No, ha cancellato dal mio corpo tutti i tuoi baci e tutte le tue carezze...

Piero                              - (senza convinzione) Peccato!

Rosalba                         - Ma è un inconveniente cui si può rimediare.

Piero                              - Certo!

Rosalba                         - Purché tu voglia... io non chiedo che di rabbrividire ancora al contatto delle tue labbra sapienti!.

Piero                              - Sì... certamente... più tardi.

Rosalba                         - Piero, cosa hai?... ti sento strano, differente.

Piero                              - Mia cara, ho un mal di testa così furibondo che mi sembra di averci la cupola del Duomo... e poi certi dolorini per le ossa... Non vorrei che fosse un po' d'influenza.

Rosalba                         - (ridendo) Sì, è influenza... ma la mia influenza... (dopo un attimo) per guarirti faremo insieme un po' di ginnastica da camera.

Piero                              - Per carità non farmi muovere da questa poltrona, sento che scricchiolerei tutto...

Rosalba                         - Hai torto... e tu dovresti saperlo! È proprio alla ginnastica da camera che tu mi facevi fare ogni mattina che io debbo la sinuosa e morbida flessibilità del mio corpo... che tu hai rassomigliato ad un « giunco lacustre »!

Piero                              - Ah! nel romanzo...

Rosalba                         - No, nella mia prima vita!... mio caro! tu che hai delle ottime teorie... ma non le metti in pratica!... non vuoi fare un po' di ginnastica? Pazienza... faremo insieme una bella galoppata... al sole... Vedi che giornata ma­gnifica!

Piero                              - Una galoppata? Vuoi scherzare! dove? Hai un cavallo a dondolo?

Rosalba                         - Macché dondolo!... Il mio sauro! Il mio puro sangue...

Piero                              - Eh, sì, ti ho abituata un po' male... ma sai, allora un cavallo... dieci cavalli, po­tevo dartene quanti volevi... non mi costavano nulla!...

Rosalba                         - Piero, ti sento sarcastico, quasi ostile!

Piero                              - Non farci caso, cara; che vuoi, la luce del giorno rischiara le idee meglio della luce rosa di una veilleuse.

Rosalba                         - Allora debbo ringraziare la luce della veilleuse se questa notte eri tanto diffe­rente da ora... Bene, torna ad accenderla e chiudi la finestra.

Piero                              - Per carità!...

Rosalba                         - Cosa? per carità? Ora ti guarirò io... ecco son pronta...

Piero                              - (vedendola s'alza di scatto e le fa gesto di fermarsi) Che fai? Vieni fuori in quella tenuta? Non hai almeno dieci centimetri di stoffa da metterti addosso?

Rosalba                         - Vuoi che indossi l'abito con la coda di ieri sera?... sono le 9 del mattino, non sarebbe molto chic.

Piero                              - Non sarà chic, ma sarà sempre più decente. Aspetta che ti cerchi qualche cosa.

Rosalba                         - Decente? Che parola strana! (Con tono di rimprovero) Tu però non avresti mai permesso che io indossassi al mattino un abito da sera!... Procurami invece almeno un abito da mattino; sì, come quello di lana d'Angora, guarnito di zibellino che portavo al Bois de Boulogne...

Piero                              - (assente) Sì, ... è facile!

Rosalba                         - Che ci vuole? Ordinalo subito da Patou...

Piero                              - (c. s.) Lascia andare Patou... ti tro­verò qualche altra cosa...

Rosalba                         - E così rischi di rovinarmi la linea!...

Piero                              - Tanto per coprirti... Aspetta, santo cielo! se entra qualcuno! (Gira per la stanza, fruga disordinatamente in un armadio e trova la vestaglia viola della moglie) Tieni, mettiti almeno questa indosso... (s'avvia per consegnar­gliela, ma, nel darla, s'accorge che in una tasca c'è un pezzo di carta; resta interdetto, poi cerca il foglio di carta, lo prende e consegna la vestaglia, aprendo il foglio di carta) 31.740 (resta un poco soprapensiero) 31.740...

Rosalba                         - (entrando ridente) Ecco, così sei contento? la moralità è salva... (guardandosi) la moralità sì, ma l'estetica no di certo... (du­rante questo soliloquio Piero la guarda, ma è assente, preoccupatissimo per quel foglietto che si gira nelle mani) ...non ho mai indossato una vestaglia più borghese di questa! Che gusto!... Certo non può essere altro che una vestaglia da moglie! Che sciocche queste mogli! Indossano per casa dei fagotti simili... e pretendono che i mariti siano eternamente innamorati di loro! ma è pazzesco...

Piero                              - Che cosa?

Rosalba                         - Che i mariti restino innamorati delle mogli con vestaglie simili!

Piero                              - Non è affatto pazzesco...

Rosalba                         - Allora sei incoerente: hai sempre sostenuto che il mio fascino era dato dal mio Kimono giapponese autentico che tra i fiori di loto lasciava intravedere i gelosi misteri di una intimità bramata e...

Piero                              - (si stringe nelle spalle).

Rosalba                         - Sì, l'hai detto tu... sono parole tue, sai... (Guardandosi) Che intravedi da que­sta lanaccia da poche lire al metro?

Piero                              - Ma no, non esagerare...

Rosalba                         - Piero... mi irriti... tu ti burli di me... io non sono donna che...

Piero                              - (interrompendo) Ed io non sono uomo da restare sotto il peso di un dubbio come questo...

Rosalba                         - Quale dubbio?

Piero                              - 31.740.

Rosalba                         - Che cosa è?

Piero                              - Ma! lo sapessi!... (dopo un attimo) ma sì che lo so... (con rabbia contenuta quasi orlando a se stesso) è il numero di quell'imbecille. Sissignore, giurerei... vuoi vedere?

Rosalba                         - (si stringe nelle spalle senza com­prendere) Imbecille?

Piero                              - (prende di scatto l'elenco telefonico sul tavolinetto e lo sfoglia febbrilmente) Proprio quello, certamente. Eh! lo ricordo... (cercando) a... da... da... di... de ab... de al... eccolo, De Albertis, proprio lui 80.301 (resta sorpreso)  non è... (riprende il foglio di carta) 31.740... Ah! l'elenco numerico... (torna a sfogliare feb­brilmente) 20, 30, 31, 31500, 31700, ecco, 31.740       - Cooperativa di consumo pane, pasta e ce­reali - Via Torino... (Sorride rasserenato).

Rosalba                         - (che non si spiega) Ma cosa cer­chi? È da stamane che stai alle prese con il telefono.

Piero                              - Il telefono è la più grande inven­zione del secolo!...

Rosalba                         - Anche prima hai telefonato a quell'altro signore, come si chiama, Francesco, Federico...

Piero                              - No, Fernando... a proposito mi ha detto «vengo subito», che impostore! ancora non si vede...

Rosalba                         - Vorrai dire che persona educata! Non si va a casa di amanti a quest'ora...

Piero                              - (come colpito da un pensiero improv­viso) 80.301... (si avvicina all'apparecchio, prima titubante, poi improvvisamente deciso, forma il numero) otto, zero, tre, zero, uno. Pronto, pronto, parlo con casa De Albertis? Bene, desidererei il signor Floriano... Un suo amico.... Che cosa? Non è ancora rientrato? Ma è sicura lei? da ieri sera, non è ancora rien­trato! (Sempre più seccato) Grazie. (Si prende la testa fra le mani e passeggia nervosamente) Dovevo immaginarmelo...

Rosalba                         - Speriamo che non dovrai telefo­nare a tutte le tue banali conoscenze.

Piero                              - (non risponde e continua a passeggiare nervoso).

Rosalba                         - ... ed ancora non mi hai dato un bacio!

Piero                              - (seccato) Sta zitta!

Rosalba                         - (sorpresa) Piero, poche ore fa, non mi trattavi così.

Piero                              - Tu non riesci neppure a immaginare quanto sei intempestiva...

Rosalba                         - Piero, convinciti che io non sono una donna da trattarsi come una cocotte qual­siasi o peggio, come una moglie, da desiderare e da ripudiare a tuo piacimento... Eppure do­vresti conoscermi!

Piero                              - Rosalba, non drammatizziamo, fam­mi la cortesia. (Bussano alla porta. A Rosalba) Sst... (forte) Che c'è?

Giovanni                       - (da dentro) Il signor Cambi.

Rosalba                         - Mandalo via,

Piero                              - Zitta, vai di là (La spinge violen­temente verso il bagno).

Rosalba                         - Io? Perché io di là?

Piero                              - Ti prego, ti scongiuro (chiude la porta; poi, forte) Fallo entrare, subito...

Fernando                       - (entrando) Mi hai telefonato? Che c'è? Trovo ancora il mio amico Piero o in sua vece un mentecatto da camicia di forza?

Piero                              - (andandogli incontro con effusione) No, trovi ancora il tuo amico Piero, per quanto, forse, qui dentro qualche rotellina deve essere andata fuori posto.

Fernando                       - Ci vuole un psichiatra o un meccanico ?

Piero                              - No, ci vuole un amico buono, affe­zionato come sei tu ed anche intelligente perché ti assicuro che non è facile comprendere quello che forse neanche io saprò spiegare.

Fernando                       - Allora la mia mansione è piut­tosto di concetto... Sentiamo.

Piero                              - (un po' esitante) Io sono il marito più disgraziato del mondo.

Fernando                       - No, tu sei il marito più fara­butto che io abbia mai conosciuto.

Piero                              - Perché ?

Fernando                       - (misterioso) So tutto...

Piero                              - (al colmo della sorpresa) Come sai?

Fernando                       - Non sarei un ottimo cronista se non sapessi...

Piero                              - Ti prego, non scherzare su un argo­mento che mi sta a cuore!

Fernando                       - Ed io credevo che mi avessi chia­mato per stilare una regolare domanda di di­vorzio!

Piero                              - Ti scongiuro, metti da parte gli scherzi... Come sai?

Fernando                       - Se tu non me lo hai detto ed io lo so, è segno che me lo ha detto tua moglie.

Piero                              - Mia moglie, quando? L'hai vista, dov'è?

Fernando                       - Eh! quante domande!

Piero                              - Dov'è? voglio sapere dov'è?

Fernando                       - Dove vuoi che sia... è a casa di sua madre.

Piero                              - (subito rinfrancato) Ah! Ma certo dove poteva essere?! Ma sei sicuro?

Fernando -                    - Diamine! le ho parlato per tele­fono ieri sera ed anche stamattina!

Piero                              - Amico mio, quanto ti sono grato... non puoi credere quanto bene mi hai fatto. Ah, Dio, Dio, come la mente galoppa sempre verso le supposizioni più assurde!

Fernando                       - Certe menti!...

Piero                              - Ma quel cretino, ho telefonato sta­mane, non è rientrato in casa!...

Fernando                       - Chi?

Piero                              - De Albertis!

Fernando                       - Ancora con i tuoi dubbi! (Piero accenna di no) e ieri sera non hai telefonato per sapere se era in casa?

Piero                              - Ieri sera no, ieri sera forse mi inte­ressava meno... ieri sera la decisione di mia moglie di andarsene mi sembrò la più logica, la più opportuna. Stamane invece no, e per quanto permanga in casa mia uno stato di fatto ecce­zionale, pure io sento che qualche cosa in me si agita; non so se sia il rimorso, certo è molto simile, per cui, vedi, io credo che se avessi vicino mia moglie, forse molte cose si risolve­rebbero. Forse lei stessa troverebbe, con quella saggezza istintiva che è come un sesto senso di tutte le mogli, quella soluzione che a volte noi uomini con tutto il nostro bagaglio di esperienze e di dottrina non riusciamo ad intravedere.

Fernando                       - Constato con piacere che il famigerato « vestito di magazzino » non è poi tanto spregevole, come...

Piero                              - (ricordando) Già, il vestito da ma­gazzino... e quell'altro! Quell'altro, Dio mio! Che tremenda esperienza ho fatto in merito ai vestiti!

Fernando                       - È per questo, allora, che sei in veste da camera... Però... (Guardandosi intorno con aria poliziesca) Però! ho l'impressione che tu questa notte debba avere indossato qualche vestito su misura...

Piero                              - (sibillino) Può darsi... ma di questi vestiti talmente su misura che finiscono per op­primerti, asfissiarti...

Fernando                       - Sporcaccione!

Piero                              - No, sono una vittima...

Fernando                       - Bugiardo!

Piero                              - Sì, una vittima!... non c'è nulla di più tragico che aver sognato febbrilmente ed aver desiderato un qualche cosa di irreale, e, ad un dato momento, accorgersi che il sogno si è fatto realtà, con tutte le sue seduzioni, ma an­che, purtroppo, con tutti i suoi inconvenienti che solo la realtà ci addita. Ed allora accorgersi di essersi illusi e desiderare di spezzare questo incantesimo e non riuscirci...

Fernando                       - Se tu fossi meno sibillino nelle tue espressioni, forse potrei darti una mano.

Piero                              - No, no, l'unica persona che po­trebbe comprendermi, compatirmi e piano pia­no ricondurmi verso la realtà vera, sarebbe mia moglie. Ma dimenticherà, tornerà?... quan­do?... Fernando, tu che le hai parlato, era molto offesa?

Fernando                       - No, era molto addolorata.

Piero                              - Poverina! E che ti ha detto d'altro? Raccontami.

Fernando                       - Mi ha detto che, nonostante tutto, ella è sicura che tu hai agito in un mo­mento di irresponsabilità.

Piero                              - Vedi come lei capisce tutto! Fer­nando... tu che hai fatto tanto... se tu provassi a ritelefonarle... se la consigliassi a tornare...

Fernando                       - Sarebbe inutile.

Piero                              - È irremovibile?

Fernando                       - No, è in strada, per venire qui.

Piero                              - Tu scherzi!

Fernando                       - Son sicuro... me lo ha detto lei.

Piero                              - È un angelo!... (Subito come col­pito da un'idea) Oh!

Fernando                       - Che c'è?

Piero                              - Fernando, ora faccio un'ipotesi, un'ipotesi assurda, però su questa ipotesi as­surda ci costruisco un ragionamento logico. Se sbaglio, correggimi. È un'idea geniale che mi è venuta in questo momento. Ascolta. Ammet­tiamo che un bel giorno un tale, anzi, meglio, una tale, venga aggredita da un bandito che le spari a bruciapelo un colpo di rivoltella e l'uc­cida. Che cosa succede? Che questa tale se ne va all'altro mondo.

Fernando                       - È il minimo che le possa ca­pitare.

Piero                              - Benissimo: ammettiamo ora, ed ecco l'ipotesi assurda, ma ammettiamola ugual­mente, che al mondo di là ci siano dei banditi ed esistano delle rivoltelle. Un bel giorno un bandito del mondo di là incontra quella tale che essendo morta sta anch'essa al mondo di là e le spara un altro colpo di rivoltella...

Fernando                       - Quella tale è proprio sfortu­nata...

Piero                              - Che cosa succede allora?

Fernando                       - E chi lo sa?

Piero                              - Te lo spiego io: logicamente quella tale « rimuore » ed allora, per forza di cose, dall'altro mondo ritorna a questo mondo.

Fernando                       - Piero!...

Piero                              - Eh?...

Fernando                       - (guardandolo con molto sconforto) Povero amico mio!

Piero                              - (con veemenza) Non mi compatire, perché invece incomincio ad essere sulla buona strada... sì, sì, una soluzione c'è, eroica, dram­matica, truculenta, come ti pare, ma una solu­zione c'è ed io l'addotto, sai quanto è vero che te lo dico, l'addotto...

Fernando                       - (un po' preoccupato) Piero, tu torni ad agitarti. Sta calmo, ti prego (Veden­dolo assorto) Cos'hai?... Vuoi un bicchiere di acqua?... Vuoi un cachet? Vuoi che faccia ve­nire un medico? (Piero sorride e tentenna il capo) Ed allora smettila... se no chiamo gente!

Piero                              - (vedendo Assunta che appare silen­ziosa nel vano della porta) Assunta!

Fernando                       - Oh! finalmente, signora, lei ar­riva a buon punto. (Assunta apparirà non im­bronciata, ma serena e dignitosa) Perché io stavo perdendo la testa...

Piero                              - (timidamente) Assunta, io vorrei che tu potessi...

Fernando                       - (autoritario) Un momento. Pri­ma che si inizino le spiegazioni riterrei oppor­tuno di eclissarmi.

Piero                              - (tendendogli la mano) Come vuoi... grazie sai, e scusami.

Fernando                       - (andandosene) Non c'è di che... (Ad Assunta) Signora, i miei omaggi!

Assunta                         - Caro amico, le sono infinita­mente grata.

Fernando                       - Non lo dica neppure, signora... glielo affido... e lo affido in buone mani... (Esce).

(Un attimo di silenzio).

Piero                              - (timidamente) Assunta, credimi, se io potessi...

Assunta                         - (avvicinandosi) Taci, Piero, non dire nulla. Non occorre che tu parli... Non per nulla ci hanno uniti dodici anni di vita comu­ne... A me basa guardarti negli occhi, per leg­gervi tutti i tuoi sentimenti. E stamane sono buoni, sono i tuoi... ieri sera no, non erano tuoi: negli occhi avevi un qualche cosa di strano che mi aveva spaventato... temevo di non po­terci leggere più.

Piero                              - Sono stato cattivo, malvagio, ma non ero io, sai!

Assunta                         - Lo so, lo so... perché vuoi giu­stificarti quando io sono più convinta di te...

Piero                              - Come sei cara... sai rendere lieve anche l'umiliazione di chi riconosce i propri torti. (Le prende una mano e gliela bacia).

Assunta                         - (guardandolo) Ma tu hai gli oc­chi gonfi... tu non hai dormito stanotte.

Piero                              - (un po' confuso) Mah! Cosa vuoi che ti dica?

Assunta                         - ... e l'aspetto stanco, il colorito terreo!... (con apprensione) Tu hai la febbre!...

Piero                              - No, la febbre no, non credo, certo mi sento male, ho un mal di testa...

Assunta                         - Povero piccolo mio... vieni qui, siediti. Mettiamo il termometro.

Piero                              - Ma no, non ho febbre.

Assunta                         - Accontentami, mettiti il termo­metro. (Va verso il comodino per prendere il termometro e vede il letto sossopra) Che letto! Sembra un campo di battaglia... eh! io lo so il perché .

Piero                              - (trasalendo) Perché ?

Assunta                         - (avvicinandosi affettuosissima) Trattare così la sua moglietta che gli vuole tanto bene!... e allora ci si agita, non si dorme!

Piero                              - (accarezzandola) Cara!

Assunta                         - Ecco, così e stai quieto un poco. Io ti porto un cachet e ti preparo un ottimo in­fuso di camomilla con alcune gocce di vale­riana. (Piero dice sempre di sì) Un attimo, caro, bada al termometro, tienilo bene e non te lo togliere prima per farmi credere che non hai febbre... (Ridendo) Ti conosco, sai!

Piero                              - Non aver paura, non batterò ciglio. (Assunta esce) Purché il mercurio non subisca influenze anche lui!

(Piero rimasto solo resta per un attimo im­mobile sulla poltrona, poi, quasi ricordandosi che nel bagno è chiusa Rosalba, si alza circo­spetto, chiude la porta donde è uscita Assunta e si dirige in punta di piedi verso la porta del bagno. Origlia e fa un gesto come per dire che non c'è più nessuno, poi guarda dal buco della serratura. Nel mentre è in questo atteggia­mento la porta si apre di scatto ed appare Ro­salba. È ancora vestita semplicemente della ve­staglia viola di Assunta. Ha un cipiglio fiero, appare seccata ed offesa).

Piero                              - (ricomponendosi di scatto) Scusa,... credevo...

Rosalba                         - Credevi che io non ci fossi più... anzi lo speravi!...

Piero                              - Veramente no... ma...

Rosalba                         - (scandendo le sillabe) Sei il più gretto, il più goffo, il più volgare degli aman­ti... sei un ma-ri-to.

Piero                              - Ebbene?

Rosalba                         - Non solo, ma nella insignificante schiera dei mariti... sei il più marito di tutti.

Piero                              - Ma...

Rosalba                         - Taci... Ti conosco bene ormai. Ah! ah! mi fai ridere! L'uomo che si costruisce le amanti, e le costruisce proprio così, come piacerebbero a lui!... e poi quando una di que­ste... la sua prediletta, soffre lo spasimo nelle sue carni martoriate, attraversa gli spazi infi­niti del soprannaturale per giungere a lui, al­lora si pente, sente che la sua vita borghese, gretta, fatta di consuetudine subirebbe troppe scosse, si brucerebbe troppo presto al contatto di questa fiamma abbagliante ed allora prefe­risce le pantofole, una buona tazza di camo­milla... ed il termometro.

Piero                              - (appare incerto, ha costantemente un braccio aderente al torace per reggere il ter­mometro) Senti, cara..- In tutto quello che dici c'è un fondo di vero, ma esageri. Vedi, tutto questo non si sarebbe verificato se tu fossi stata un po' più ragionevole, meno autoritaria, meno esclusivista, se avessi seguito il mio con­siglio di sistemarti fuori di qui...

Rosalba                         - (scattando) Bella tempra di mol­lusco! Già per poter aggiustare nel modo più egoistico tutte le tue faccende. Ti sarebbe pia­ciuto, è vero? non turbare la compagine fami­liare e quindi non mettere in repentaglio la tua camomilla, ma nello stesso tempo non ri­nunciare al brivido dell'avventura... molto co­modo tutto ciò. Ma io no, sai, non mi adatto, io ho il temperamento dell'amante, e tu dovre­sti saperlo, non quello della moglie..

Piero                              - (tace confuso, avvilito) Ma...

Rosalba                         - È inutile che ti domandi chi in­tendi scegliere fra le due... Ti conosco ormai bene: ho sentito tutti i tuoi discorsi.

Piero                              - Ed allora?...

Rosalba                         - Ah! egoista! vile!, vuoi sapere subito quello che farò, quello che deciderò, ma subito, subito, è vero? prima che quella là ri­torni con la tazza di camomilla... Guai, avver­rebbe lo scandalo e tu non vuoi scandali... piuttosto si uccide una persona, ma in modo che nessuno sappia... (Piero ha un gesto di orrore) No, non ti impressionare: del resto è quello che tu stesso hai stabilito. Ho inteso il tuo lungo discorso, del passaggio del mondo di qui al mondo di là e viceversa. Spiccami questo bi­glietto di ritorno. Il tuo ragionamento è esatto. Un altro semplice colpo di rivoltella ed io ri­torno donde son venuta, nel mondo dei sogni... dove si sta meglio, molto meglio: più avven­tura, più romanticismo, più imprevisto! avanti, deciditi prima che sia troppo tardi. Non hai co­raggio? lo vedo, tremi, sei smarrito... dov'è una rivoltella, dammela, ti insegnerò io come si fa a morire. Non appartengo alla categoria di quelle donne che la sera si cacciano di casa e la mattina si ripresentano con il sorriso ebete del perdono. Io, se fossi stata quella donna, a quest'ora ti avrei già ucciso...

Piero                              - Ma Rosalba, calmati, ragioniamo e, soprattutto, non facciamo tragedie.

Rosalba                         - Ma insomma cosa vuoi?! Vuoi sbarazzarti di me e non hai il coraggio di uc­cidermi. Ti chiedo una rivoltella e non vuoi perché forse temi che il colpo spaventi quella povera donnetta... se ti chiedessi un pugnale me lo negheresti per paura di macchiare di sangue il pavimento... ma io non sono donna da desistere dinnanzi alle difficoltà. Guarda. (Si slancia verso la finestra, la apre, sale di scatto sul davanzale e poi con intonazione me­lodrammatica) Guarda come sa morire una eroina da romanzo! (Si lascia andare nel vuoto).

(Piero si porta entrambe le mani agli occhi per non vedere e lancia un grido acutissimo. Il termometro cade a terra e si frantuma. Resta tremante, smarrito, senza avere il coraggio di andare alla finestra).

Assunta                         - (entra di corsa, spaventata dal gri­do) Piero! Piero! che è? che è stato?

Piero                              - (convulsamente) Niente! niente!

Assunta                         - Ma no, mi spaventi, che hai fatto?

Piero                              - (balbettando) È... caduto... il ter­mometro... e si è... rotto...

Assunta                         - E per questo... hai gridato?

Piero                              - Sì... per... questo.

Assunta                         - Ma no, Piero, c'è qualche cosa, tu mi preoccupi, tu stai male. Ti scongiuro, dimmi cosa ti senti.

Piero                              - Nulla, cara.

Assunta                         - Ed allora stai calmo! perché ti sei alzato, mettiti qui sulla poltrona... ma perché tremi tanto?

Piero                              - Ho un po' freddo.

Assunta                         - Già la finestra aperta... chi l'ha aperta? (Si dirige verso la finestra per chiu­derla).

Piero                              - (con un grido) No, non andare, non chiudere la finestra... lasciala così, ho bisogno di aria.

Assunta                         - Non la chiudo, non la chiudo, occorre gridare? (Cercandosi intorno) Certo fa un po' freddo... non riesco a trovare la mia vestaglia pesante...

Piero                              - (trasalendo) La tua vestaglia viola?

Assunta                         - Sì, l'hai vista?

Piero                              - Io? no, non l'ho vista...

Assunta                         - Sarà di là. Ma tu stai calmo e fermo. (Prende una coperta e gliela dispone in­dosso molto amorevolmente) Mi prometti di star buono.

Piero                              - Sì.

Assunta                         - Vado a prendere la camomilla e torno. (Esce).

(Non appena Assunta è uscita, Piero s'alza, getta da un lato la coperta e si avvicina alla finestra. Non ha il coraggio di guardare giù, è incerto, finche si decide e guarda. Resta sor' preso, ha un grande respiro di sollievo, torna a guardare, quasi non credendo ai suoi occhi, poi di scatto suona il campanello).

Giovanni                       - (entrando) Ha chiamato il si­gnore?

Piero                              - (tentando di mostrarsi indifferente) Sì, Giovanni, fammi una cortesia, scendi in giardino subito, qui sotto a questa finestra, c'è la vestaglia della signora... è caduta ora, un colpo di vento, vai a riprenderla.

Giovanni                       - Va bene, signore. (Esce).

(Piero è visibilmente soddisfatto, si guarda intorno, si frega le mani, poi si ridispone sulla poltrona, con coperta. Pensa, ed ogni tanto non può frenare uno scoppio di ilarità).

Assunta                         - (entrando con la tazza di camo­milla) Meno male, sei allegro! di che ridevi ?!

Piero                              - Ma! pensavo a... Fernando.

Assunta                         - Fernando è un caro ragazzo.

Piero                              - Sottoscrivo. Che cosa hai lì? Camo­milla? Niente camomilla. E quello? È un ca­chet! Niente cachet... Non sono mai stato tanto bene come oggi...

Assunta                         - Ma se avevi un furibondo mal di testa ?

Piero                              - Tutto passato!

Giovanni                       - (entrando) Ecco la vestaglia del­la signora!

Assunta                         - Oh! finalmente: dove era?

Giovanni                       - Era caduta in giardino.

Piero                              - Un momento. C'è niente dentro?

(Giovanni non capisce, si stringe nelle spalle ed esce).

Assunta                         - Che ci deve essere?

Piero                              - Nulla... dammi qua. (Prende la ve­staglia e la palleggia fra le mani, poi la sbatte) Nulla, non c'è nulla. (Ilare) Sai come fanno i prestigiatori a teatro. (Imita) « Guardino si­gnori, questa è una vestaglia... di qua non c'è nulla, dall'altra parte nemmeno... non c'è trucco... ». (Con galanteria aiuta Assunta ad indossare la vestaglia, poi restando nello stesso atteggiamento, l'abbraccia e la bacia sul collo).

Fernando                       - (bussando) È permesso?

Assunta                         - (divincolandosi dall'abbraccio) Avanti!

Piero                              - Oh! è Fernando, lupus in fabula...

Fernando                       - Sono venuto per darti una no­tizia importante. Ho visto poco fa il direttore che mi ha detto che se vuoi puoi continuare pure il romanzo...

Piero                              - (indifferente) Lo sapevo...

Fernando                       - Come lo sapevi?!...

Piero                              - Insomma, me lo immaginavo... Il Direttore ti ha detto questo circa un quarto d'ora fa, è vero?

Fernando                       - Sì, il tempo di venire qui a por­tarti la buona notizia.

Piero                              - Ed infatti tutto corrisponde.

Assunta                         - Che cosa?

Piero                              - Niente, niente!... Però ringrazialo, ma digli che ormai il romanzo è finito. Basta con Rosalba e le sue avventure...

Assunta                         - Oh! bravo!

Fernando                       - (sorpreso) Ma se lo desideravi tanto!

Piero                              - Ieri, oggi no... io poi debbo riposare.

Assunta                         - Finalmente!

Fernando                       - Io credevo di portarti una no­tizia che desideravi!

Piero                              - Sì, caro, ti ringrazio di esserti di­sturbato. Ma vedi, ho cambiato idea. Quel ro­manzo ormai non voglio più vederlo... (resta un po' soprapensiero) anzi, no, cambierò la finale... le ultime due cartelle. Sai che avevo messo che era finita con un colpo di rivoltella. Così non va! È pericoloso... metterò invece che vivrà, nel romanzo... Partirà, andrà lontano, lontano... (esagerando) nel centro dell'Africa. Anzi no, quella donna ha un temperamento un po' fo­coso e il clima dell'Africa non le si addice... la manderò in Siberia, al fresco. Vi pare? Verso i deserti di ghiaccio... in modo che si sfreddi bene tutta, fino alla radice dei capelli.

Fernando                       - Va bene, abbiamo capito, la mandi al fresco... però smettila con queste tue divagazioni, se no, mi dai l'impressione che torni a sragionare...

Assunta                         - Ecco...

Piero                              - (sorridendo sarcastico) Ah! sragio­nare! Caro amico, perché non conosci il punto essenziale... senza del quale ti sembreranno sempre oscuri i miei ragionamenti.

Fernando                       - Ed illuminami allora!

Piero                              - Sì, bisogna che ti illumini, anzi che vi illumini. Però preparatevi ad ascoltare qual­che cosa di assolutamente strabiliante.

Fernando                       - Ci metti in curiosità...

Piero                              - Prendi quella sedia, io mi metto qui, Assunta lì. Pronti.

Fernando                       - Prontissimi...

Piero                              - Dunque... ieri sera, io ero nel mio studio, al mio tavolo... in perfetta lucidità di spirito e di mente. Stavo ultimando il famoso romanzo; avevo appena scritto l'ultima cartella ove descrivevo la fine tragica della protagonista, allorché appare come una visione, sapete chi?...

(Al momento che Piero inizia il suo racconto la tela comincia a calare lentamente fino a chiudersi del tutto, mentre sta ancora parlando).

FINE