Via dell’Angelo

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VIA DELL’ANGELO

Commedie in tre atti

Di PATRICK HAMILTON

TITOLO ORIGINALE: GASLIGHT

 Versione italiana di Natalia Danesi

PERSONAGGI

LA SIGNORA MANNINGHAM

IL SIGNOR MANNINGHAM

NANCY, cameriera

PINA, cuoca e guardarobiera

ROUGH (pron. Roff)

Due poliziotti che non parlano

Tutta l’azione ha luogo in una casa di via dell’angelo, nel distretto di Pialice a Londra nel 1880.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Un salotto arredato inelegantemente.

La scena è un salotto al primo piano di una casa privata di quattro piani in un triste ed inelegante quartiere di Londra, nell'ultima parte del secolo passato. Pesanti tendaggi e mia profusione di og­getti dell'epoca adornano la stanza. Pur tuttavia, in messo a quest'abbondanza, si respira un'aria di povertà, di infelicità e di vecchiume. Un caminetto davanti a sinistra. Oltre al caminetto, sempre a sinistra, un sofà a destra del caminetto, con uno sgabello di fronte. Al centro una tavola con sedia a destra e a sinistra. A destra la finestra. Di fronte ad essa uno scrittoio con sedie da ambo le parti. Contro il muro di fronte a sinistra un « trumeau » dell'epoca. Sulla tavola centrale una lampada. Una doppia porta, la comune, in fondo centro destra che mena all'ingresso a destra del quale è il por­tone di casa, ed alla sinistra le stanze di servizio. In fondo, centro sinistra, vi è una scala circolare che porta ai piani superiori. In prima, alla sini­stra e alla destra, varie sedie.

 (Il sipario si alza sulla tetra oscurità di un tardo pomeriggio, all'ora del tè e della tenue luce delle fiammelle a gas).

Manningham                 - (dorme disteso sul sofà, pesantemen­te, dinanzi al caminetto acceso).

Signora Manningham    - (cuce seduta sulla sedia a destra della tavola di centro. Una campana suona le cinque. Si alza il sipario. Pausa. Dalla strada, di sotto, lontano, si sente l'intermittente campanello di un venditore ambulante di « brioches ». Signora Manningham tende l'orecchio per un momento, fur­tivamente e indecisa, come se fosse spaventata an­che di fare questo. Volge lo sguardo, prima al suono proveniente dalla strada, poi verso il campanello a destra della comune, che va a suonare. Poi ritorna al suo cucito che raduna e ripone in una cestina da cui allo stesso tempo estrae un portamonete. Si sen­te bussare alla porta, e Pina, cuoca e guardarobiera, entra. Facendole cenno che suo marito dorme, Signora Manningham le va incontro alla porta, sus­surrando e dandole del danaro dal portamonete).

Pina                               - (esce chiudendo i battenti della porta).

Manningham                 - (che ha aperto gli occhi, ma che non si è mosso un centimetro dalla sua posizione) Che fai?

Signora Manningham    - Niente, caro! (Rapi­damente si dirige verso la scrivania col suo lavoro, poi indietreggia verso la comune) Continua a dor­mire. (Pausa. Si dirige verso la finestra).

Manningham                 - (che ha richiuso gli occhi) Che stai facendo? Vieni qua.

Signora Manningham    - (esita, poi si avvicina a lui) Era per il tè, dei croccanti per il tè... (Gli prende la mano).

Manningham                 - Croccanti?

Signora Manningham    - Sì, caro: quell'uomo passa così di rado. Volevo farti una sorpresa.

Manningham                 - Perché ti allarmi subito? Non in­tendevo rimproverarti.

Signora Manningham    - (ritira la mano nervosa­mente) No, caro. Lo so.

Manningham                 - Suona il campanello, tesoro, per favore.

Signora Manningham    - Subito. (Va per suo­nare il campanello, ma si ferma) Ma se è per la legna... posso fare io...

Manningham                 - Ancora! Ne abbiamo già parlato tante volte! ... Abbi la bontà di suonare il campanello.

Signora Manningham    - Ma caro... la Pina è uscita. Lo faccio io. Non mi costa niente. (Fa per mettere la legna nel caminetto).

Manningham                 - (fermandola con il braccio teso) No, no, no, no, no. Dov'è la ragazza? La Pina è uscita, si chiama quell'altra...

Signora Manningham    - Caro, io...

Manningham                 - Suona il campanello, Linda, per favore. Fa' la brava.

Signora Manningham    - (cede e va a suonare il campanello).

Manningham                 - Vieni qua, adesso. (Lei obbedisce) Ma le donne di servizio che ci stanno a fare? (La signora non risponde. Una pausa, poi, gentilmente) Avanti, rispondi. (Si alza) A che cosa credi che ser­vano le donne di servizio?

Signora Manningham    - (vergognosamente, a ma­la pena udibile, risponde semplicemente per dovere) A servirci, mi pare, Giacomo.

Manningham                 - Oh, e allora?...

Signora Manningham    - Ma dovremmo consi­derarle anche un po', in fondo.

Manningham                 - Considerarle? Ricominciamo con quello straordinario caos che hai nella testa. Come se non fossero abbastanza considerate. Io, cara mia, considero la Pina la bellezza di sedici sterline all'anno. (Va verso la signora) E dieci la ragazza. Se questa non si chiama considerazione, allora dimmi tu che cos'è?

Signora Manningham    - Sì, Giacomo. Avrai ragione.

Manningham                 - Ho ragione certo, cara! Tutto il resto è pura follia! (Pausa. Mentre lui traversa per guardarsi allo specchio sopra il caminetto, lei si di­rige alla finestra e guarda nella strada) Che fa il tempo? Sempre nebbia?

Signora Manningham    - Anzi, più fitta che mai. Non uscirai mica con questo tempo, Giacomo!

Manningham                 - Oh, credo di sì. A meno che dopo il tè non peggiori talmente... (Bussano alla porta. La signora esita. Bussano di nuovo) Avanti. (Attra­versa la scena e si siede sul sofà).

Nancy                           - (la cameriera entra; Manningham si volta e guarda la signora. Nancy si ferma guardando tutti e due mentre la signora esita a dirle perché ha suo­nato il campanello) Mi scusino, mi pareva di aver sentito il campanello suonare.

Manningham                 - Ha suonato, infatti. (Pausa) An­diamo, cara, dille perché abbiamo suonato il cam­panello.

Signora Manningham    - Ah, sì; c'è da mettere della legna sul fuoco, Nancy, per favore.

Nancy                           - (la guarda sfacciatamente, poi con un sor-risetto e scuotendo la testa va a mettere la legna nel , caminetto).

Manningham                 - (dopo una pausa) E giacché ci sei accendi il lume a gas. Questo buio di pomeriggio che è ancora giorno dà veramente ai nervi.

Nancy                           - Sì, signore. (Con un sorrisetto appena percettibile prende i fiammiferi e accende i lumi a gas incandescente che si trovano ai due lati del caminetto).

Manningham                 - (la osserva mentre accende il se­condo lume) Lei oggi ha un'aria piuttosto provo­cante, Nancy, sa?

Nancy                           - No, signore, non credo.

Manningham                 - Cos'è, un altro cuore infranto da aggiungere alla lista?

Nancy                           - Non m'ero accorta di questi cuori in­franti, signore. (Attraversa per accendere la lam­pada sulla tavola di centro).

Manningham                 - Ma non è vero, non è vero. E' la carnagione che ha. Non pare vera neanche quella. Chi sa i misteriosi cosmetici che lei adopera per sti­molare la naturale bellezza.

Nancy                           - E' tutto naturale, signore, le assicuro.

Manningham                 - E' vero che lei se ne serve con grande abilità. Qual è il suo segreto? Non vuol dire il nome del suo istituto di bellezza? Chi sa che indi­candolo alla Signora Manningham (Nancy, dà uno sguardo rapido alla signora) non l'aiuti a liberarsi da quel suo pallore. Le sarebbe assai grata, imma­gino.

Nancy                           - Ne sarei ben felice, signore.

Manningham                 - O forse, le donne sono tanto ge­lose dei loro ritrovati da non svelarli alle rivali?

Nancy                           - Non saprei, signore. Non ordina altro, signore?

Manningham                 - No, non ordino altro, Nancy. (Lei si ferma) Tranne il mio tè.

Nancy                           - Subito, signore. (Esce dalla camera e lascia il battente aperto).

Signora Manningham    - (dopo una pausa. Con tono di rimprovero piuttosto velato, passando dinan­zi al tavolo di centro) Oh, Giacomo come fai a trattarmi così?

Manningham                 - Mia cara, tu sei la padrona di casa, toccava a te ordinarle di mettere la legna.

Signora Manningham    - Non è questo! E' l'umi­liazione che mi dai! Io dovrei mettermi della roba in faccia e andare a chiedere consiglio alla came­riera!

Manningham                 - Ma tu consideri i domestici come nostri pari. Così io ho fatto con lei. (Pausa, mentre si siede sul divano e prende il giornale) E poi scher­zavo, via!

Signora Manningham    - E' strano che tu non ti accorga del male che mi fai. Mi ride già dietro ab­bastanza, quella ragazza.

Manningham                 - Ti ride dietro. Che idea! Come ti salta in mente?

Signora Manningham    - Oh, lo so io... Già la vedo che ride fra sé... fra qualche giorno mi riderà anche in faccia.

Manningham                 - Ma mia cara, se succede questo, non è un po' colpa tua?

Signora Manningham    - (pausa) Cosa vuoi di­re, che sono ridicola?

Manningham                 - Io non dico niente. Sei tu che vedi strani significati dappertutto, Linda cara. Come vorrei che tu non fossi così sciocchina. Vieni qua e finiscila. M'è venuta in mente una bella cosa.

Signora Manningham    - Una bella cosa? Che, Giacomo?

Manningham                 - Se non vieni qua non te la dico.

Signora Manningham    - (si avvicina e siede sulla sedia a destra della tavola) Che cosa, Giacomo? Che t'è venuto in mente?

Manningham                 - Qui dice che Mac Naughton, il famoso attore, è a Londra per un'altra stagione.

Signora Manningham    - Sì, l'ho letto. E allora?

Manningham                 - E allora? Cosa credi che sia? Non immagini niente?

Signora Manningham    - Oh, Giacomo caro! Dici sul serio? Mi vorresti portare a vedere Mac Naughton?

Manningham                 - Non soltanto vorrei, ma ti porte­rò a vedere Mac Naughton. Naturalmente, se tu lo vorrai.

Signora Manningham    - (si alza) Oh, che gioia, Giacomo, che gioia!

Manningham                 - Quando desideri andarci? Non hai che tre settimane, stando a quest'avviso.

Signora Manningham    - (da dietro il sofà spor­gendosi dietro le spalle di lui per leggere il giornale) Che bellezza! Lascia vedere! Fammi vedere!

Manningham                 - Qui, vedi? Lo puoi vedere nella commedia o nella tragedia, secondo la tua prefe­renza. Scegli, Linda: il comico o il tragico?

Signora Manningham    - Oh, è così difficile dir­lo. Sono belli tutti e due. (Gira intorno al sofà) Tu, se fossi in me, cosa sceglieresti?

Manningham                 - Mah, dipende; se tu hai voglia di ridere, o se hai voglia di piangere.

Signora Manningham    - Ah, io ridere. Voglio ridere. Mi piacerebbe anche piangere, però. Mi pia­cerebbero tutti e due. Oh, ma come t'è venuto in mente, Giacomo? (Si siede su uno sgabello e si ap­poggia a lui).

Manningham                 - Be', sei stata brava questi giorni, e ho pensato che ti farebbe bene strapparti un po' a te stessa.

Signora Manningham    - Giacomo, sei davvero molto caro da qualche tempo. Porse non credi? Co­minci a capire il mio punto di vista.

Manningham                 - Credo di averne sempre tenuto conto, no, Linda?

Signora Manningham    - Oh, sì, Giacomo, è ve­ro, lo so. (Lo guarda) Ho proprio bisogno di essere strappata a me stessa, di cambiare un po'; che tu ti curi un po' di me. Credimi, io starei meglio, potrei davvero cercare di star meglio, tu sai come, se sol­tanto potessi dimenticare un po' di più.

Manningham                 - In che senso, meglio, mia cara? A che si riferisce questo meglio, mia cara?

Signora Manningham    - (guarda altrove) Lo sai... Sai in che senso. Tutto quello che è successo ultimamente. Avevamo detto che non se ne sarebbe più parlato.

Manningham                 - (si tira indietro e guarda altrove) Per carità, cambiamo discorso.

Signora Manningham    - No, non ne parlo, caro, ma è così importante per me quello che voglio dire! Sono stata meglio, la settimana scorsa. Non te ne sei accorto? E sai perché? Perché sei rimasto in ca­sa, ed eri buono con me. L'altra sera che sei rimasto con me a giocare a carte era come ai bei tempi, e andando a letto mi sono sentita così normale, felice, sana. Poi il giorno dopo, mentre tu mi leggevi il tuo libro e stavamo al caminetto, mi ha ripreso un gran­de affetto per te, Giacomo; e la notte ho dormito come una bambina. Tutte quelle paure, incubi, spa­venti, via, via tutti; tu eri stato vicino a me, non m'avevi lasciata in questa casa sola a fantasticare giorno e notte.

Manningham                 - Sarà questo, chissà, oppure la medicina che comincia a giovarti?

Signora Manningham    - No, Giacomo caro, non è la medicina. L'ho presa religiosamente, di' se non è vero: eppure non la posso soffrire. Ma ci vuol altro per me che la medicina. Ci vuol la medicina di una mente sana, il piacere alle cose. Capisci cosa voglio dire?

Manningham                 - Be', stiamo facendo discorsi te­tri, mi pare.

Signora Manningham    - (sedendosi sul sofà) No. Non voglio essere tetra, Giacomo. Vorrei solo che tu capissi. Capisci, di'?...

Manningham                 - Dici di no? (Voltandosi verso di lei) Non ti ho appena detto che voglio portarti a teatro?

Signora Manningham    - (di nuovo vicino a lui) Sì, caro, sì, l'hai detto, e mi hai reso così felice, così felice!

Manningham                 - Dunque, allora, che si fa? Com­media o tragedia? Devi deciderti.

Signora Manningham    - Oh, Giacomo, quale delle due? (Si alza, attraversa la scena e si ferma davanti al centro, mostrando la sua contentezza con gesti di gioia) Quale sarà? Ma cosa importa! Importa così poco! Vado a teatro! Vado a teatro! (Si dirige alla destra, poi torna verso di lui, gli getta le braccia al collo e lo bacia) Lo capisci questo? (Bussano alla porta, la signora si dirige rapidamente al caminetto. Pausa. Mentre entra Nancy con un vassoio e si di­rige verso lo scrittoio) No, Nancy, credo che oggi lo prenderemo a tavola.

Nancy                           - (sgarbatamente) Oh, come vuole lei, si­gnora. (Pausa, mentre Nancy posa il vassoio sulla tavola di centro e dispone le tazze ed il necessario per il tè).

Signora Manningham    - (davanti al caminetto) Mi dica, Nancy, se la conducessero a teatro e avesse da scegliere tra commedia e tragedia, lei che cosa sceglierebbe?

Nancy                           - La commedia mille volte.

Signora Manningham    - Ah sì? E perché?

Nancy                           - Chi lo sa. Perché mi piace ridere, si­gnora.

Signora Manningham    - Davvero? Be', in fondo ha ragione. Ci penserò. Il signor Manningham mi conduce la settimana prossima a teatro.

Nancy                           - Ah sì? Buon divertimento. Porto subito i croccanti. (.Esce lasciando la porta aperta e vol­tando a sinistra).

Signora Manningham    - (mentre Nancy esce, tira fuori la lingua e le fa una smorfia).

Manningham                 - (Za sorprende nel gesto) Cara, che stai facendo?...

Signora Manningham    - (dirigendosi verso la scala a sinistra) Vipera!

Manningham                 - Ma che cosa ha fatto?

Signora Manningham    - Ah, tu non la conosci! Non fa altro che tormentarmi e stuzzicarmi tutto il santo giorno. Tu queste cose non le vedi. Sei un uomo. (Manningham si alza) Lei mi tratta come uno straccio. E adesso non le va giù che tu mi porti a teatro.

Manningham                 - No, no. Altro che, le abbiamo data troppa confidenza. Mi pare che tu arzigogoli un po', mia cara. (Accomoda le sedie con buon umore).

Signora Manningham    - Vieni qui, caro, siedi­ti, tu da una parte, io dall'altra. Come due bambini nella loro camera.

Manningham                 - (seduto con le spalle al caminetto) Sei piuttosto euforica, Linda. Bisogna che ti porti più spesso a teatro, se questo è il risultato.

Signora Manningham    - (sedendosi alla destra della tavola) Magari, Giacomo.

Manningham                 - Perché no? Da bambino ne an­davo matto. Non ci crederai, ma ebbi l'uzzolo di fare l'attore anch'io, un tempo.

Signora Manningham    - (prendendo la teiera) Ti posso ben credere. Vieni a prendere il tè adesso.

Manningham                 - (mentre si avvia al tavolo passando dietro al sofà) Sai, cara, dev'essere una sensa­zione eccezionale: prendere una parte e immerger­si completamente in un'altro personaggio. Come attore sarei riuscito, credo.

Signora Manningham    - (versando il tè) Ma naturale, mio caro. Saresti stato bravissimo. Si vede subito.

Manningham - Dici sul serio? Ho sempre avuto una punta di rimpianto. Certo, ci sarebbe voluto un lungo tirocinio, ma credo che l'avrei spuntata, e sarei potuto anche arrivare ad essere qualcuno. (Declama) « Romani, compatrioti e amici, uditemi. Se vi è alcuno qui in questa assemblea, alcun caro amico di Cesare, a lui io dico che l'amore di Bruto per Cesare non era minore al suo. Se poi quell'amico domandi perché Bruto si sollevò contro Cesare, questa è la mia risposta. Non che io amassi Cesare meno, ma che amavo Roma di più. Prefe­rireste che Cesare fosse vivo e morire tutti da schiavi, o che Cesare fosse morto per vivere tutti da uomini liberi? In quanto Cesare mi amò, io piango per lui: in quanto la fortuna gli arrise, io ne godo: in quanto egli fu coraggioso, io l'onoro: ma in quanto egli fu ambizioso, io l'ho ucciso».

Nancy                           - (intanto entra e depone il piatto dei croc­canti sulla tavola ed esce di nuovo).

 Signora Manningham   - Che bella voce hai! Hai commesso un grande errore!

Manningham                 - (dirigendosi a sinistra della tavola, con tono leggero) Chi lo sa...

Signora Manningham    - Pensa, se tu fossi un grande attore, io ogni sera sarei lì, ad ascoltarti.

Manningham                 - (sedendosi a sinistra della tavola) Ogni sera? Ti saresti stancata, mia cara; dopo qualche sera saresti tornata a casa ben volentieri.

Signora Manningham    - No, macché. Avrei do­vuto tenerti d'occhio, con tutte le sottane che ti sarebbero corse dietro!

Manningham                 - Mi sarebbero corse dietro, eh? Un invito di più.

Signora Manningham    - Ah, lo so, mascalzone. Ma a me non sfuggivi, sai? (Alzando il coperchio del piatto dei croccanti) Uh, che squisiti questi croccanti. Giacomo caro, perdonami queste chiac­chiere, ma sono così contenta.

Manningham                 - Lo vedo.

Signora Manningham    - Mi portano a teatro. Tu sei qui. Da bambina a me facevano una gola, e a te? (Offre i croccanti al marito) Chi sa quant'è che non ne mangiavamo. (Manningham guarda la parete di fondo) Da quando ci siamo sposati o no? Di'!

Manningham                 - Non ne ho la più pallida idea. (Di colpo si alza, guarda la parete di fondo e parla con tono calmo, ma minaccioso) Non ne ho la più pallida... Linda!

Signora Manningham    - (dopo una pausa, ab­bassando la voce fino al sussurro) Che cos'è? Che succede? Che c'è adesso?

Manningham                 - (si dirige verso il caminetto e parla con le spalle voltate a lei) Non ho nessuna vo­glia di turbarti, Linda; ma ho notato proprio ades­so che manca una cosa dal suo posto. Abbi la cor­tesia di rimetterla immediatamente, mentre non guardo, e penseremo che non sia successo niente.

Signora Manningham    - Manca? Cosa manca? Ti prego, guardami! Che è successo?

Manningham                 - Tu sai perfettamente quello che è successo, Linda, e se tu rimetti tutto a posto im­mediatamente, io non aprirò bocca.

Signora Manningham    - Io non so. Hai lasciato il tuo tè. Dimmi cos'è?

Manningham                 - Ti stai prendendo gioco di me, Linda? Mi riferisco alla parete che sta alle tue spalle. Se rimetti l'oggetto come stava non dico una parola.

Signora Manningham    - La parete alle mie spalle? Cosa? (Si volta) Ah sì, hanno tirato giù il quadro. Sì... il quadro... Chi l'ha levato? Perché l'hanno levato?

Manningham                 - Già, perché l'hanno levato? Perché infatti. Tu soia puoi rispondere, Linda. Perché è stato tolto la prima volta? Vuoi tirarlo fuori, per favore, da dove lo hai nascosto e riattac­carlo alla parete?

Signora Manningham    - Ma io non l'ho nasco­sto, Giacomo. (Si alza) Non sono stata io. Per amor di Dio, guardami, non sono stata io. Non so dov'è. Sarà stato qualcun altro.

 Manningham                - Qualcun altro? (Si volta verso di lei) Sarò stato io per caso a fare questo scherzo malvagio e cervellotico?

Signora Manningham    - (verso di lui) No, caro, ma qualcun altro. Quello che vuoi, ma non sono stata io.

Manningham                 - Vuoi farmi il piacere di lasciar­mi? (Va verso il campanello) Sapremo subito, « qualcun altro ».

Signora Manningham    - Giacomo... non suo­nare; non mi svergognare davanti alle domestiche. Non che mi debba vergognare perché non sono stata io; ma non chiamarle, ti prego; parliamo fra di'noi, ma non far venire quella ragazza, per favore!

Manningham                 - (che ha suonato il campanello e liberandosi con violenza) Vuoi lasciarmi stare? Siedi lì. (Lei siede al di là dello scrittoio sulla sedia; lui va dinanzi al caminetto) Qualcun altro, eh? Lo vedremo! (La signora seduta, singhiozza) Farai meglio a dominare i nervi, non ti pare? (Bussano alla porta) Avanti! (Entra la Pina dalla comune e lascia il battente aperto) Ah, Pina. Entri, Pina, per favore. Chiuda la porta. (Pausa, mentre Pina ob­bedisce) Mi dica, Pina: non nota nulla di man­cante in questa stanza? Osservi bene le pareti. (Pausa, mentre Pina esamina la stanza e quando si accorge della mancanza del quadro alla parete si ferma di scatto) Dunque, Pina, non nota nulla?

Pina                               - Nulla, signore; solo che non c'è più il quadro.

Manningham                 - Precisamente, non c'è più il qua­dro. L'ha notato subito. E, stamane, il quadro c'era quando ha messo in ordine la stanza?

Pina                               - Sì, signore. C'era. Non capisco, signore.

Manningham                 - Neanch'io, Pina, neanch'io. L'ha rimosso lei il quadro, Pina?

Pina                               - No, signore. Per carità!

Manningham                 - Lei non è stata. E non le è ca­pitato mai, altre volte di cambiare di posto al quadro?

Pina                               - No, signore. Mai. Perché l'avrei fatto?

Manningham                 - Già, perché? E ora per favore, Pina, vuole baciare questa Bibbia, come pegno del­la verità di quello che dice? E' lì sulla mia scri­vania. (Pausa. Pina esita poi obbedisce) Molto bene, vada pure. (Pina sta per andare verso lo scrittolo con la Bibbia, quando Manningham le fa cenno di appoggiarla sulla tavola di centro) No... no... qui... (Pina obbedisce) E mi faccia il piacere di man­darmi subito Nancy.

Pina                               - Sì, signore.

(Esce).

Signora Manningham    - Giacomo, risparmia­mi quella ragazza. Non la chiamare. Dirò quello che ti pare. Dirò che l'ho fatto io. Sono stata io, Giacomo, sono stata io. Non la far entrare.

Manningham                 - Vuoi avere la bontà di conte­nerti? (Bussano alla comune. La signora siede sulla sedia vicino al caminetto) Avanti!

Nancy                           - (apre la porta; entra e lascia la porta aperta. Avanza fino al sofà) Sì, signore? Vuole me?

Manningham                 - Sì, lei, Nancy. Se lei si volta verso quella parete, troverà che è sparito il quadro.

 Nancy                          - (risalendo la scena verso la parete) Ma no. Guarda. E’ proprio vero. (Si volta al signor Manningham).

Manningham                 - Non le è stato richiesto alcun commento da parte sua, Nancy. Sia meno insolente e risponda a quello che le domando. E' stata lei a tirar giù il quadro, o no?

Nancy                           - No, io no.(Gli si avvicina timidamente) Non so perché avrei dovuto farlo.

Manningham                 - Molto bene. Ora baci quella Bibbia come solenne giuramento che non è stata lei, e si ritiri.

Nancy                           - Volentieri, signore. (Obbedisce; bacia la Bibbia e la riposa sul tavolo con un sorrisetto) Se fossi stata io, le...

Manningham                 - Nient'altro, Nancy. Può andare. (Nancy esce e chiude la porta. Lui prende la Bib­bia come per rimetterla sullo scrittoio). Ecco qua. (Attraversa la scena a destra e giunge di fronte alla signora) Mi pare si possa dire che è stato di­mostrato ampiamente...

Signora Manningham    - (si alza e va verso di lui) Dammi quella Bibbia! Dammela! Palla ba­ciare anche a me! (Glie la strappa) Ecco! (La ba­cia) Ecco! Vedi? (La bacia) Ecco, vedi che la ba­cio?

Manningham                 - (allungando la mano per prendere la Bibbia) Per amor di Dio, vuoi anche commet­tere sacrilegio?

Signora Manningham    - Non è un sacrilegio, Giacomo. Qualcun altro ha commesso sacrilegio. Senti, ti giuro davanti a Dio che non ho mai toc­cato quel quadro. (Bacia la Bibbia) Ecco. (Gli si avvicina; lui afferra la Bibbia).

Manningham                 - Allora, per Dio, sei pazza, e non sai quello che fai. Sei una povera infelice come quella folle di tua madre.

Signora Manningham    - Giacomo, avevi pro­messo che non l'avresti più detto.

Manningham                 - (va a sinistra. Pausa) Ormai bisogna affrontare i fatti, Linda. Se la faccenda peggiora, è difficile che. io ti possa tenere sotto la mia protezione.

Signora Manningham    - (andando vicino a lui) Giacomo, un'ultima preghiera. Ascolta una preghiera, ancora. Sono disperata, Giacomo. Non ve­di come sono disperata? Non hai cuore.

Manningham                 - (voltandosi a lei) Avanti. Cosa vuoi dire?

Signora Manningham    - Giacomo, forse sto diventando pazza come la povera mamma. Ma se sono pazza perché mi tratti così? Giacomo, davanti a Dio, non ti mentisco mai, quando sono cosciente. Se ho tolto il quadro non me ne sono accorta. Neanche le altre volte me ne sono accorta. (Si volta e viene al centro) Se ti rubo gli anelli, le chiavi, i fazzoletti, e tu li ritrovi in fondo al mio cestino, io non mi accorgo di averlo fatto; faccio delle cose molto incomprensibili; perché dovrei stac­care un quadro dalla parete? Se faccio tutte queste cose vuol dire che la testa non mi regge più, e che ho bisogno di essere trattata con dolcezza, per poter guarire.(Va verso di lui) Devi essere buono con me, Giacomo, avere pazienza, non infuriarti sempre. Credimi, Dio sa gli sforzi che faccio. Cre­dimi, sii buono con me.

Manningham                 - Linda, Linda cara; hai idea di dove si trovi adesso quel quadro?

Signora Manningham    - Sì, sì, può darsi che sia dietro la scrivania.

Manningham                 - Vuoi vedere, per favore?

Signora Manningham    - (vagamente) Sì, sì... (Gli passa davanti, va a sinistra dell'armadietto e tira fuori il quadro) Sì, è qui...

Manningham                 - (con tono di rimprovero) Allo­ra lo sapevi dov'era, Linda. Tu sapevi dov'era.

Signora Manningham    - (muovendosi verso di lui) No, no, non lo sapevo. L'ho immaginato ora perché ho ricordato che è già stato trovato lì. Altre due volte era lì. Non lo sapevo, io non lo sa­pevo.

Manningham                 - Non c'è scopo di andar girando per la stanza con un quadro in mano, Linda. Vai lì e rimettilo a posto.

Signora Manningham    - (una pausa mentre at­tacca il quadro al muro. Poi a sinistra della tavola) Oh! Il nostro tè con i croccanti!

Manningham                 - Dunque, Linda un momento fa ho detto che bisogna affrontare i fatti. Così ab­biamo deciso. Per ora non dico altro perché i miei nervi sono troppo scossi. Io sono profondamente scosso. Io uscirò un poco, e ti consiglierei di andare in camera tua e startene un po' distesa nella pe­nombra.

Signora Manningham    - No, no, non in ca­mera mia. Per amor di Dio non mi mandare in camera mia! (Si aggrappa alla spalliera della se­dia).

Manningham                 - Va bene: è assolutamente esclu­so. Non andrai in camera tua, Linda. (Le si avvi­cina) Tu sai che sei padrona di fare quello che più ti piace.

Signora Manningham    - Mi sento svenire, Giacomo. (Con un gesto rapido lui la sostiene) Mi sento svenire.

Manningham                 - Molto bene. (Accompagnandola al sofà dove lei si sprofonda con la testa all'estrema destra) Su, calmati, vieni qui, e mettiti giù così. I sali dove sono? (Va alla scrivania, prende ì sali e torna dietro al sofà) Eccoli qua. Ora, mia cara, ti lascio riposare.

Signora Manningham    - (reclinando la testa e con gli occhi chiusi) Devi proprio andar via? Devi sempre lasciarmi così sola dopo queste cose spaventose?

Manningham                 - Su, non discutiamo ti prego. Dopo il tè sarei uscito comunque. Ti lascio un po' prima, ecco. (Pausa. Va al guardaroba e torna con la giacca indosso) C'è qualcosa che posso prenderti fuori?

Signora Manningham    - No, Giacomo, niente. Vai.

Manningham                 - Bene. (Va verso la sedia al dì là dello scrittoio dove ha lasciato il cappello ed il soprabito e si ferma) A proposito, giacché mi trovo a passare dal droghiere potrei pagare quel conto e farla finita. Dov'è, cara? Lo dico a te, mi pare.

Signora Manningham    - Sì, è lì sullo scrit­toio. (Si alza per metà) Io...

Manningham                 - (andando verso la scrivania) No, cara, stai, stai. Lo trovo io. (Alla scrivania co­mincia a cercare) Mi sta proprio qui sullo stomaco. Dov'è? E' in qualche tiretto di questi?

Signora Manningham    - No, sulla tavola. L'ho messo io dopo pranzo.

Manningham                 - Va bene. Si troverà... Si troverà Sei sicura che è qui? Cara? Qui c'è solo della carta da scrivere.

Signora Manningham    - (sollevandosi sul sofà e parlando sospettosamente) Giacomo, è lì so­pra, sono sicura. Hai guardato bene?

Manningham                 - (soave) Non fa niente. Lo trove­rò. Non ci pensare. Stenditi giù. Ora lo trovo; qui non c'è. Sarà in qualche cassetto.

La signora.Manningham        - (c7ie si è precipitata alla scrivania) Non è in qualche cassetto. L'ho messo io qui sopra! Non mi dirai che non c'è più?

Manningham                 - (parlando insieme a lei) Cara, calmati. Calmati.

Signora Manningham    - (cercando disperata­mente) L'ho messo qui io stessa! Dov'è? (Apre tutti i cassetti) Dov'è? Adesso dirai che l'ho na­scosto!

Manningham                 - (andando alla estrema destra del sofà) Oh, mio Dio! Quale nuovo scherzo mi stai giocando?

Signora Manningham    - (andando a sinistra dal­la parte più bassa del sofà) Dopo pranzo era lì, l'ho messo lì io. E' un complotto, un ignobile com­plotto! Siete tutti contro di me!          - (Grida isteriche).

Manningham                 - (le si avvicina e la scuote violen­temente. Pausa finché lei si calma) Stai a sen­tire, ti vuoi controllare? Ti vuoi controllare? Se fai ancora uno strillo ti chiudo in camera tua al buio per una settimana. Sono stato troppo indulgente con te, devo cambiare tattica.

Signora Manningham    - (cadendo in ginocchio) Oh, mio Dio, aiutami!

Manningham                 - Dio ti aiuti, veramente. (Silen­zio) Ti lascio tempo fino alle dieci. A quell'ora tu avrai ritrovato quel foglio e confessato che me l'hai nascosto di proposito, se no subirai le conse­guenze. Ti visiterà un medico. Più medici, cara si­gnora, e decideranno loro che significa questa sto­ria. Ci siamo ben capiti? (Si mette il cappello e getta il soprabito sul braccio).

Signora Manningham    - Oh Dio; abbi pazien­za con me. Se sono pazza non essere impaziente.

Manningham                 - Sono stato paziente, mi sono dominato abbastanza. Sta a te, ora dominarti, su­bire le conseguenze. Rifletti bene, Linda. (Va alla comune e l'apre).

Signora Manningham    - Giacomo, non te ne andare... A teatro mi condurrai ancora, vero?

Manningham                 - Bel momento per una simile do­manda. Noissignora, assolutamente no. Trattami come si deve, io farò altrettanto. Ma se facciamo i nemici, mia cara, sarà peggio per te. (Esce. Una piccola pausa. Poi si sente sbattere la porta di in­gresso).

Signora Manningham    - (si alza barcollando e aiutandosi con l'appoggiarsi al caminetto. Poi at­traversa la scena e va alla scrivania. Si mette a cercare nei cassetti. Poi va al centro, fissa il qua­dro alla parete, freme. Poi si rivolge verso la ta­vola centrale, prende un boccale d'acqua dal vas­soio del tè, ritorna alla scrivania, prende dalla parte superiore un bicchiere, poi apre un cassetto e ne estrae una medicina. Prende questa medicina e ingoia un sorso d'acqua. La medicina è perfida e quasi la soffoca. Barcollando ritorna alla tavola centrale su cui posa di nuovo il boccale dell'acqua e quindi abbassa la luce della lampada sul tavolo. Poi ritorna al sofà, vi si sprofonda con la testa verso il caminetto e singhiozza pesantemente men­tre l'orologio della casa suona le sei. Pausa. Si sente bussare alla porta. Non se ne accorge. Si sen­te bussare una seconda volta).

Pina                               - (entrando dalla comune) Signora, si­gnora... (Attraversa la scena e va dietro al sofà).

Signora Manningham    - Che c'è? Lasciami stare.

Pina                               - (scrutando nell'oscurità) Signora, c'è giù uno.

Signora Manningham    - Chi è? Non voglio es­sere disturbata.

Pina                               - Un signore... vuole vedere lei.

Signora Manningham    - Fallo andar via, Pina. E' venuto a vedere mio marito. Mio marito non c'è.

Pina                               - No. Vuol vedere lei. Lo riceva, signora.

Signora Manningham    - Oh, lasciami. Digli di andarsene. Voglio star sola.

Pina                               - Signora, io non so che cosa sta succe­dendo tra lei e... il padrone, ma stia su, signora. Si tiri su.

Signora Manningham    - Io perdo la testa. Questo mi succede.

Pina                               - (chinandosi sopra la spalliera del sofà ed abbracciando la signora) Non parli così, signora. Si faccia coraggio... Non stia continuamente sdraia­ta al buio, se no perderà la testa sul serio. E riceva questo signore. Vuole vedere lei, non il padrone. E' lì che aspetta. Su, signora. Vedrà che le farà bene.

Signora Manningham    - Oh Dio mio, che cos'è quest'altro tormento? Non sono in condizioni ti dico.

Pina                               - (va alla tavola di centro) Su, signora, accendo la luce. (Eseguisce. Prende una scatola di fiammiferi ed accende la lampada sullo scrittoio) Ecco. Ora si sentirà meglio.

Signora Manningham    - Pina, che hai fatto? Non posso far entrare nessuno. Non sono presen­tabile.

Pina                               - Ma sta benissimo, signora. Non può mica continuare sempre così.. Ora lo faccio entrare. (Azione; va alla porta di fondo) Vuole entrare, si­gnore, prego? (Si sente sbattere la porta d'entrata).

Signora Manningham    - (si alza, si avvicina al caminetto, si guarda allo specchio e si aggiusta  i capelli. Resta così in piedi, le spalle al caminetto, in attesa).

Pina                               - (rientra tenendo la porta aperta).

Rough                           - (poliziotto, entra. E' un uomo di mezza età, dai capelli grigi, basso, magro, attivo, brusco, amichevole, sicuro di sé. Ha una risatella grassa e domina completamente la scena fin da pri7icipio) Grazie... Ah, buona sera. (Attraversa la scena fino alla estremità destra del sofà) Signora Manningham o sbaglio? Fortunato, signora Manningham. (Stende la mano ed accompagna l'omaggio con la sua tipica risata).

Signora Manningham    - (stendendogli la mano) Piacere, ma... non mi pare...

Rough                           - Non le pare...

Pina                               - (esce chiudendo la porta).

Signora Manningham    - Ma no, non è questo. Ma certamente lei cercherà mio marito.

Rough                           - (tenendole ancora la mano la guarda os­servandola) Oh, no. Niente di più lontano dalle mie intenzioni. Le dirò, ho scelto apposta questo momento perché sapevo che suo marito era fuori. Posso sbarazzarmi dei miei impicci e sedermi? (Co­mincia a togliersi il cappotto).

Signora Manningham    - Ma certo, s'accomodi.

Rough                           - Lo sa che lei è molto più giovane e più graziosa di quel che pensassi. Un po' troppo pallida. Stava piangendo?

Signora Manningham    - Le assicuro, io vera­mente vorrei capire...

Rough                           - Piano. Fra non molto, signora, fra non molto. (Va alla destra del centro e comincia a to­gliersi la sciarpa) Lei sarebbe la signora che sta perdendo il senno, mi pare. (Risata. Va allo scrit­toio e continua a togliersi la sciarpa e il soprabito).

Signora Manningham    - Che ne sa lei? Chi è lei? Che cosa è venuto a dirmi?

Rough                           - Quante cose vuol sapere in una volta. (Si toglie il cappotto. Lo mette sulla sedia a destra e poi avanza al centro a destra) No. Adesso le farò io una domanda o due. Senta, le dispiace venir qui e darmi le sue mani? (Pausa. Lei eseguisce) Ecco, signora Manningham, voglio che lei mi squadri at­tentamente e giudichi se davanti a lei abbia qual­cuno in cui riporre piena fiducia. Io a lei sono com­pletamente ignoto, né lei sul mio viso può leggere altro, mentre io leggo parecchie cose sul suo volto.

Signora Manningham    - Cosa? Che può leg­gere?

Rough                           - Ecco, signora. Posso leggere i segni di una che ha percorso molto cammino sulla via del dolore e del dubbio... e che dovrà, temo, percorrerne ancora dell'altro prima di giungere alla fine della strada. Ma per quel che ne so, dovrebbe essere vicina la fine. Mi dica, avrà fiducia in me, vorrà ascoltarmi?

Signora Manningham    - (pausa) Chi è lei? Dio sa se ho bisogno di aiuto.

Rough                           - (sempre tenendole le mani) Dubito as­sai che il Signore Iddio sia al corrente della cosa, signora Manningham. Se così fosse da un bel pezzo sarebbe corso in suo aiuto. Ma sono qua io, e lei deve accordarmi la sua fiducia.

Signora Manningham    - (ritirando le mani e in­dietreggiando di un passo) Chi è lei? Un medico?

Rough                           - Troppo onore. Sono un modesto ispet­tore.

Signora Manningham    - (rabbrividendo) Della polizia?

Rough                           - Già. Veramente qualche anno fa. (Si dirige a destra della tavola) Ad ogni modo ancora abbastanza osservatore da vedere che il suo tè è stato interrotto. Non potrebbe ricominciare e of­frirne una tazza anche a me? (Le offre la sedia a destra della tavola).

Signora Manningham    - Ah, sì, volentieri. Ci vuole un altro po' d'acqua. (Comincia ad aggiun­gere acqua nella teiera. Per tutta la durata del dialogo che segue, si affaccenda a servire il tè).

Rough                           - Ha mai sentito nominare il popolare sergente Rough, quello che dipanò l'affare del dia­mante di Claudesly, annichilì i mastini di Cambwell e assicurò alla giustizia Sandam in persona? (Poggia la mano sulla spalliera della sedia, men­tre la guarda) O non era ancora nata?

Signora Manningham    - (guardaridolo) San­dam? (Come pensando) Ah, sì, Sandam, sì, ho sentito. L'assassino, lo strangolatore.

Rough                           - Giusto. Sandam lo strangolatore. Chi strangolò invece lui, fu l'uomo che vi sta davanti. Eh, ai suoi tempi fu un personaggio abbastanza importante, ci crediate o no.

Signora Manningham    - (aggiungendo acqua al tè) Ci credo. Vuol sedersi? Non sarà troppo caldo, ormai.

Rough                           - Grazie. (Siede) Da quanto tempo è spo­sata, signora Manningham

Signora Manningham    - Cinque anni.

Rough                           - E dove ha vissuto tutto questo tempo? Non qui.

Signora Manningham    - (versando il latte nella tazza e offrendogliela) No. Prima andammo all'estero, poi abbiamo vissuto nel Yorkshire e poi, sei mesi fa, mio marito comprò questa casa.

Rough                           - Lei la comprò.

Signora Manningham    - Sì, avevo un po' di denaro. Mio marito pensò che era un buon inve­stimento.

Rough                           - (prendendo la tassa) Aveva un gruzzoletto, eh? Molto bene. E suo marito la lascia sempre così sola la sera?

Signora Manningham    - Sì, va al club, credo, per affari.

Rough                           - (rimestando la tassa, pensieroso) Sì, sì.

Signora Manningham    - Già.

Rough                           - E quando è fuori le lascia libero ac­cesso a tutte le camere della casa?

Signora Manningham    - Sì... cioè, no, meno all'ultimo piano. (Silenzio) Ma perché me lo chiede?

Rough                           - Ah, all'ultimo piano, no, eh?

Signora Manningham    - No, no... Un po' di zucchero?

Rough                           - (leggermente sorridendo, dopo una pausa) Grazie.

Signora Manningham    - Dicevamo?

Rough                           - Prima di continuare, signora Manningham, debbo dirle che in questa casa c'è... Lei ha una cameriera che si chiama Nancy.

Signora Manningham    - Sì... sì...

Rough                           - E questa Nancy va a spasso alla sera con un giovanotto di nome Bucker, alle mie dipen­denze. Anch'io abito da queste parti.

Signora Manningham    - Ah...

Rough                           - (con una risatina) Sì. E ci sono poche cose che accadono in questa casa che non vengano descritte nei particolari a Bucker, e, successiva­mente, arrivano a me.

Signora Manningham    - Lo sapevo, lo sapevo che era una pettegola! Ed ora so questo: che sarà licenziata.

Rough                           - Un contraccambio un po' eccessivo, si­gnora Manningham. Ho idea che anzi lei sia in debito verso la sua cameriera Nancy. Senza le sue indiscrezioni non sarei qui, le pare?

Signora Manningham    - Ma cosa dice? Cos'è questo mistero?

Rough                           - Temo di non poterlo svelare ancora. Io stesso sono al buio. Una zolletta, per favore? Posso?

Signora Manningham    - Certo. (Gli passa la zuccheriera).

Rough                           - Grazie. (Pausa) Eravamo zumasti all'ultimo piano. (Mette vari cucchiaini di zuccherò nella tassa) Sopra questa stanza c'è una camera da letto, e sopra ancora l'ultimo piano, non è vero?

Signora Manningham    - Sì, ma è chiuso. Quando prendemmo la casa, mio marito disse che finché non avevamo bambini le stanze di sopra non servivano.

Rough                           - Lei all'ultimo .piano non è salita mai, signora Manningham?

Signora Manningham    - Nessuno ci va mai.

Rough                           - Nessuno, nemmeno a spolverare?

Signora Manningham    - No.

Rough                           - Curioso, no?

Signora Manningham    - Curioso? (Pausa) Non so...(Ma è convinta che è strano).

Rough                           - A me pare. Ed ora, signora Mannin­gham, una domanda personale. Quando è entrato per la prima volta in lei il sospetto che il suo cervello le stesse giocando qualche tiro?

Signora Manningham    - (che stava per sorbire il tè, guarda Rough e posa la tassa. Pausa) Cosa ne sa, lei?

Rough                           - Sorvoli. Quando è cominciato?

Signora Manningham    - Ne ho sempre avuto terrore. Mia madre è morta pazza che era ancora giovane. Aveva la mia età. Ma è da solo sei mesi che in questa casa succedono cose...

Rough                           - Che la fanno impazzire di paura.

Signora Manningham    - Sì, che mi fanno im­pazzire di paura.

Rough                           - Paura della casa, signora Manningham?

Signora Manningham    - Sì, non posso soffrire questa casa, la odio.

Rough                           - In questo non c'entra l'ultimo piano?

Signora Manningham    - Sì, sì, che c'entra. Di lì sono cominciati tutti i miei terrori.

Rough                           - Ah, sa che lei m'interessa enormemente: mi dica, mi dica dell'ultimo piano.

Signora Manningham    - Cosa dirle? Sembra tutto così incredibile... E quando rimango sola la sera, ho la sensazione che su ci sia qualcuno che cammina. (Guarda il soffitto) Poi, di notte, in ca­mera, sento dei rumori.

Rough                           - Ne ha parlato a suo marito?

Signora Manningham    - No, non ne ho il co­raggio. Si arrabbia, dice che invento le cose.

Rough                           - E non le è mai balenata l'idea che fosse suo marito?

Signora Manningham    - Sì, ma poi pensai che ero pazza. (Si rivolge a Rough) Ma mi dica, come lo sa?

Rough                           - Mi dica prima lei come ha fatto a sco­prirlo, signora Manningham?

Signora Manningham    - (si alza e va verso il ca­minetto) Ma, allora è vero! E' vero! Lo sapevo. Dopo che è uscito ritorna, ritorna e cammina... su e giù... su e giù. (Si volta verso il caminetto) Ritorna come un fantasma. Ma come fa a salire?

Rough                           - (si alza e raggiunge la signora) Siamo qui per scoprirlo, signora. Non ci vuol molto: ci sono i tetti, le scale di sicurezza, ma non si agiti tanto. Suo marito non è uno spirito, creda a me. E lei è tutt'altro che pazza. (Pausa) E come le venne il dubbio che fosse lui? Mi dica!

Signora Manningham    - (cominciando a piange­re) Sia ringraziato Dio! E' stata la luce, la luce del gas che si abbassava e rialzava. Finalmente posso raccontarlo a qualcuno. Io non so chi sia lei, ma bisogna che glielo dica.

Rough                           - (prendendole le mani) Su, stia calma; può raccontare e stare seduta, no? Si segga.

Signora Manningham    - (si siede) Sì, sì.

Rough                           - La luce ha detto. Una luce dalla fine­stra?

Signora Manningham    - No, no. In questa casa. Mi accorgo di tutto dalla luce a gas. Vede la lampada lì? Adesso è al massimo, ma se si accende un'altra luce in cucina o in camera da letto, allora questa si abbassa.

Rough                           - Sì, la pressione insufficiente. Da me succede lo stesso.

Signora Manningham    - Quando la sera lui esce di casa, io resto qui, come in attesa di qual­cosa; poi, a un tratto, mi guardo intorno e mi accorgo che la luce a poco a poco si abbassa e dopo sento dei rumori di passi insistenti. Mi sforzai di non farci caso, ma a lungo andare cominciò a darmi ai nervi. E sempre alla stessa ora... dopo dieci minuti che era uscito. Salgo in camera mia, ma non oso restarci: i rumori son proprio sopra la mia testa. Sto a sedere qui, ore e ore, terrorizzata, aspettando che torni. E so sempre quando toma, sempre. La luce cresce di colpo e, dieci minuti dopo, sento la chiave nella toppa e lui è qui.

Rough                           - (con leggerezza) Che strana faccenda! Sicuro, signora Manningham, lei avrebbe dovuto fare la mia professione.

 Signora Manningham   - Non mi crede? Anche lei crede che io inventi tutto?

Rough                           - Anzi! Lodo il suo sagace spirito di os­servazione. Non solo, ma la sua scoperta produrrà conseguenze assai importanti. Mi dica: è stata questa l'unica ragione che le ha fatto dubitare della sua sanità di mente? (Pausa) O è accaduto anche dell'altro? (Pausa) Non abbia paura.

Signora Manningham    - Sì, ci sono altre cose. E' già molto se riesco a parlarne. Dura da un pezzo. Ogni tanto mi fallisce la memoria e la mente ha preso a giuocarmi brutti tiri.

Rough                           - Tiri? Quando questo?

Signora Manningham    - Di continuo, ma ades­so poi... Mi dà in custodia delle cose, e quando me le richiede sono sparite e non si trovano più. Gli manca un anello, o i bottoni dei polsini, o un faz­zoletto, e lui li ritrova nel mio cestino da lavoro. La porta di quella stanza... (si volta e guarda la porta di seconda a sinistra) due volte è stata tro­vata chiusa e senza più la chiave. Era in fondo al mio cestino. Poco fa era sparito quel quadro lì che sta sulla parete. (Rough guarda il quadro) Chi può esser stato se non io? Io mi sforzo di ricordare, tento di raccappezzarmi. (Rough si volge verso di lei) Non ci riesco. Poi c'è stata quella storia penosa del cane...

Rough                           - Il cane.

Signora Manningham    - Abbiamo una cagnet­ta, sì. Qualche settimana fa è stata trovata con una ferita alla zampa. Lui crede - oh Dio, non so come dirle quello che crede - che glie l'abbia fatta io la ferita. Non me la lascia più vicino. L'ha rinchiusa in cucina e mi proibisce di vederla. Comincio a dubitare, capisce? Comincio a credere che ho le traveggole sul serio. Lei... E' qui, lei? O è un so­gno? Chi è lei? (Si alza) Ho terrore che mi rin­chiudano.

Rough                           - Sa, signora Manningham, ho la sen­sazione che lei starebbe subito meglio con una piccola medicina.

Signora Manningham    - Medicina! E' un me­dico, lei? Non è mica un medico, no!

Rough                           - No, non sono un medico, ma ciò non toglie che una piccola medicina non le farebbe male.

Signora Manningham    - Ma io ce l'ho già la medicina. Non mi fa niente. Che può fare una medicina a una mente malata?

Rough                           - Ah, ma la mia è un toccasana. Ne ho un po' con me. La provi e vedrà.

Signora Manningham    - Cos'è?

Rough                           - Glie la faccio assaggiare. Da tempo immemorabile è stata adottata per fugare istan­taneamente dubbi e paure oscure. Per lei è quel che ci vuole. (Estrae dal cappotto una bottiglia di whisky e attraversa la scena fino a destra della tavola) Pura Scozia. Signora non avrebbe a por­tata di mano un paio di bicchieri?

Signora Manningham    - (va all'estrema destra del sofà) Perché? Ne prende anche lei?

Rough                           - Come? Questo avanti tutto!

Signora Manningham    - (è andata alla credenza e torna con due bicchieri).

Rough                           - Oh, grazie. Non manca niente. Vedrà che ci sbrighiamo subito.

Signora Manningham    - Cos'è? Le medicine non le posso vedere. Di che sa?

Rough                           - Una meraviglia. Sta tra l'ambrosia e i sali aromatici. Ma non mi dica che lei non ha gustato del buon whisky scozzese, signora Mannin­gham.

Signora Manningham    - Whisky? E io dovrei bere, whisky. Ma io non posso!

Rough                           - Lei lo può benissimo, signora Mannin­gham. Vede, io non voglio che lei pensi male della sua ragione. (.Mostrando il whisky) Questo le darà una fiducia incrollabile nella sua ragione. Un po' d'acqua... Grazie. (Versa l'acqua dal boccale nei due bicchieri dopo aver versato il whisky. Ne porge uno alla signora) Ecco. Non ha mai sentito par­lare, lei, dell'« amico dei cocchieri», signora Man­ningham?

Signora Manningham    - L'« amico dei coc­chieri » ?

Rough                           - Già. E' grazioso vedala sorridere. Alla sua ottima salute! (Beve) Avanti. Le fa pro­prio nausea?

Signora Manningham    - (beve) No. Mia ma­dre ce lo dava da bambini quando avevamo la febbre.

Rough                           - Allora lei è cresciuta nel whisky. Ma a sedere l'apprezzerà meglio.

Signora Manningham    - (sedendo sulla sedia a lato del caminetto) Ma che diceva? Chi è l'« amico dei cocchieri»?

Rough                           - Ah! L'« amico dei cocchieri ». (Va ver­so di lei) Chi era l'«amico dei cocchieri», è la do­manda da farsi, signora Manningham, giacché era una vecchia signora che è morta molti anni fa. (Pausa, mentre posa il bicchiere sopra la mensola-dei caminetto).

Signora Manningham    - Tutto qui? Una vec­chia signora tanti anni fa?

Rough                           - Ma gli anni non contano, signora. Bar­low era il suo nome (si dirige alla estrema sinistra del sofà) Alice Barlow. Era una vecchia signora straricca, bizzarra. Era presa da una mania osses­siva: quella di proteggere i cocchieri! Che vuole? Un'idea come un'altra. Ma a modo suo finiva col fare del bene. Procurò a questi uomini molte agia­tezze: abiti, pensioni e via dicendo; e quello fu il suo modesto contributo alla somma totale della fe­licità umana o, magari, la sua protesta alla somma dell'infelicità umana. Ce n'è parecchia in questo mondo, sa, signora Manningham. Be', non fu un piacere per me conoscerla, ma un dovere, per una certa circostanza. (Si volta verso di lei) Fu la volta che la sgozzarono, e lei giaceva morta sul pavimento della sua stessa casa.

Signora Manningham    - Oh, ma che orrore! Assassinata?

 Rough                          - Sì. Assassinata. Ero giovane allora. Mi fece un'impressione spaventosa, incancellabile, di­rei. L'assassino non fu mai scoperto; ma il motivo del delitto era evidente. Il marito le aveva lasciato i famosi rubini di Barlow   (va alla estrema destra del sofà) ...che lei teneva senza alcuna precauzione nella sua stanza da letto. (Si volta a lei) Viveva sola con una domestica sorda, che dormiva a pian terreno. Così pagò con la vita.

Signora Manningham    - E questo...

Rough                           - Il caso presentava lati sensazionali. L'assassino era entrato verso le dieci di sera ed era rimasto fino all'alba. Ora, a parte i rubini famosi, non furono portate via che delle inezie, ma tutta la casa fu messa sottosopra. La camera della si­gnora era tutta devastata, perfino i cuscini delle se­die erano stati squarciati con il coltello sangui­nante. Dissero che si trattava non solo di un ban­dito ma di un maniaco vendicativo. Le mie teorie erano un po' diverse, ma io chi ero? E poi non ero incaricato dell'investigazione.

Signora Manningham    - Quali erano le sue teorie?

Rough                           - (risalendo il palcoscenico) Da quel che potei raccogliere di qui e di là, la vecchia sarà stata una eccentrica, ma certamente non era una stu­pida. E se non fosse stata tanto ingenua da lasciare i rubini incustoditi e li avesse invece nascosti in qualche cantuccio, murati nelle pareti o sotterrati? L'unica persona che poteva rivelare il nascondiglio non era ormai che un cadavere! Questo poteva spiegare lo strano disordine in cui fu trovata la casa, no? (Da dietro il sofà va verso il centro) Se lo immagina lei, signora Manningham, questo as­sassino che tutta la notte fruga, mette sossopra la casa, ogni ora più esasperato, finché arriva l'alba ed è costretto a sgattaiolare per la strada. E la domestica sorda a pianterreno che dorme senza sen­tire nulla?

Signora Manningham    - Oh, che orrore! E l'uomo non fu mai trovato?

Rough                           - No, signora, né s'è avuta più notizia dei rubini Barlow.

Signora Manningham    - Allora, magari lui li ha trovati e può essere ancora vivo.

Rough                           - Ma non credo abbia mai trovato quel che cercava. Questo, se le mie supposizioni sono esatte. Che sia vivo, lo credo quasi certo, ma non che abbia trovato quel che cercava. Questa se è esatta la mia teoria.

Signora Manningham    - Sì, sì... Ma io cosa c'entro?

Rough                           - Qui sta il nocciolo della questione, si­gnora Manningham! Che cosa può avere a che fare l'oscuro assassino di una vecchia di quindici anni fa, con una giovane donna graziosa, benché debbo ri­conoscerlo, un po' pallida ed esangue che crede d'impazzire? Eppure, il nesso c'è, anche se remoto, strano e incredibile.

Signora Manningham    - Mi gira la testa, io...

 

FINE DEL PRIMO ATTO

 

ATTO SECONDO

La stessa scena: l’azione continua dall’atto precedente.

Rough                           - Le riesce d'immaginare che quest'uomo non abbia mai rinunciato alla speranza di trovare un giorno quel tesoro?

Signora Manningham    - Sì, può darsi. Ma come...

Rough                           - Non crede possibile che abbia potuto aspettare anni, recarsi all'estero, sposarsi perfino in attesa dell'occasione di riprendere le ricerche interrotte in quella notte spaventosa? (Da dietro il sofà si sposta dinanzi a lei) Riesce a seguirmi, signora Manningham?

Signora Manningham    - Seguirla? Mi pare.

Rough                           - Lei sa, signora, come ogni assassino sia spinto a ritornare sul luogo del delitto?...

Signora Manningham    - Sì?

Rough                           - Ah, ma in questo caso, c'è in più, ol­tre l'attrattiva morbosa, il tesoro da dissotterrare. Basta ch'egli possa continuare a cercare, con me­todo, senza destare sospetti, indisturbato. E lei non crede... (Di colpo lei si alza) Che succede, signora Manningham? (Guarda la signora che indica la luce che si sta abbassando lentamente).

Signora Manningham    - (guarda le fiammelle a gas ai lati del caminetto che si abbassano lenta­mente e indietreggia fino a sinistra del centro) Zitto! Stia zitto! E' tornato, guardi la luce come cala. (Una pausa mentre la luce si abbassa) Vede? E' tornato. Ora è qui sopra.

Rough                           - Curioso, curioso, davvero.

Signora Manningham    - (sussurrando) E' in casa le dico, se ne vada. La scongiuro. Saprà che è stato qui. Deve andarsene!

Rough                           - Che buio. (Attraversa alla estremità sinistra del sofà) Si potrebbe appena leggere.

Signora Manningham    - Se ne vada, per pia­cere. Se ne vada. E' in casa.

Rough                           - (avvicinandosi a lei ed afferrandole le braccia) Calma, signora, calma. Tenga la testa a posto. (Silenzio) Non si rende conto? Non capisce che era questa la casa?

Signora Manningham    - La casa? Quale casa?

Rough                           - La casa della vecchia signora. Questa casa qui, queste camere, queste mura! Quindici anni fa la signora Alice Barlow giaceva morta sul pavimento in questa stanza. Quindici anni fa colui che la uccise mise sottosopra tutta questa casa ma non riuscì di trovare quello che cercava. E se fosse ancora su, a cercare? (Indicando il piano di sopra) Capisce perché deve tenere la testa a posto?

Signora Manningham    - Ma è mio marito, è mio marito lassù.

Rough                           - (lasciandole andare le braccia) Preci­samente, signora Manningham, suo marito. (Pren­dendo il bicchiere sul caminetto) Temo che lei abbia sposato un personaggio alquanto pericoloso. (Pren­dendo il secondo bicchiere sul caminetto e porgen­doglielo) Ed ora beva questo e si sbrighi, perché abbiamo molto da fare. (Resta lì con il braccio teso offrendole il bicchiere).

Signora Manningham    - (resta immobile).

 Signora Manningham   - (fissa Rough mentre prende meccanicamente il bicchiere di whisky che lui le offre) Questa casa... ma come sa che la casa era questa?

Rough                           - Ci venni io stesso, è semplice. Al tempo delle ricerche.

Signora Manningham    - Ma è pazzesco! Sono sposata da cinque anni. Come può saltarle in testa che mio marito sia... (pausa) quello che dice lei?

Rough                           - Quando capitò in questa casa la po­lizia, quindici anni fa, avemmo un bel da fare. Interrogare parenti, amici,..

Signora Manningham    - Ebbene?

Rough                           - Fra questa massa di zii cugini nipoti e vicini di casa mi trovai a interrogare un giova­notto di nome Sidney Power. Ho paura che questo nome le riesca nuovo.

Signora Manningham    - Power?

Rough                           - Già, Sidney Power. Le dice qualche cosa?

Signora Manningham    - Sidney Power? No.

Rough                           - Costui... (attraversa la scena fino alla destra del tavolo è si volta alSignora Manningham. Durante il discorso che segue si versa dell'altro whisky) era una specie di procugino, a prima vista molto devoto alla vecchia. Il curioso è che io mi sia ricordato la sua faccia. Questa faccia l'ho rivista poche settimane fa. Sono stato un giorno intero a scervellarmi dove l'avevo visto la prima volta, poi me ne sono ricordato.

Signora Manningham    - Be', se n'è ricordato e poi?

Rough                           - Non è tanto che io me ne sia ricordato, signora Manningham. Ma che l'abbia visto in una certa località, e con una signora sotto braccio.

Signora Manningham    - Ah, e questa signora chi era?...

Rough                           - (voltandosi verso la finestra e risalendo la scena al centro) Era lei, signora Manningham, e venivate giù per la Via dell'Angelo, questa strada.

Signora Manningham    - (andando alla sinistra del tavolo) Cosa? Vuol dire che mio marito, sarebbe questo Power?...

Rough                           - Se, non del tutto, giacché se le mie teorie collimano... (Beve).

Signora Manningham    - Cosa dice? (Si siede) Ma lei parla per indovinelli. E' cattivo e senza pietà quanto lui.

Rough                           - Cattivo, signora Manningham? Lei va incontro al momento più grave della sua vita, tutto il suo futuro dipende da quel che lei avrà fatto in quest'ora. Lei deve battersi per la sua li­bertà, adesso, subito, altrimenti non la riprende più.

La signora Manningham        - Battermi...

Rough                           - (ripiegandosi sulla tavola) Lei sta di­ventando pazza, signora Manningham. Pian piano, con metodo, con pazienza, la stanno facendo di­ventare pazza. E perché? Perché lei ha per marito un criminale paranoico, impaurito che lei cominci a sapere troppo. Questo marito si chiama Mannin­gham come Manningham mi chiamo io. Sidney Power è il suo nome, e Alice Barlow la assassinò lui, in questa casa. Dopo, cambiato nome, ha aspet­tato tutti questi anni l'occasione e se l'è comprata, la casa, e poi quella vicino. Ogni sera, da parecchie settimane, si arrampica sul tetto della casa accanto, e perpetra in questa dal lucernario. L'ho visto, quindi ne sono certo. Lei se n'è accorta dalla fiam­mella del gas. E' lo stesso. E adesso è su. Perché deve impiegare questi strattagemmi morbosi, follie senza senso, Dio solo lo sa. Sarà la stessa follia tor­tuosa che lo spinge a levare di mezzo lei: la fa impazzire a poco a poco e la rinchiude in un ma­nicomio.

Signora Manningham    - Perché?

Rough                           - Eh! Ormai la casa, col suo denaro, l'ha comprata. Ha paura che ormai lei sia di troppo. (Si dirige a destra e siede presso la tavola).

Signora Manningham    - (sedendosi presso di lui e guardandolo) Dio mio, cosa posso fare? E' mio marito.

Rough                           - Contenta lei, se lo tenga e lo divida con le sue donnine allegre.

Signora Manningham    - (sedendosi sul sofà) Cosa vuole insinuare?

Rough                           - Non insinuo. Dico quello che ho visto. La notte il gentiluomo di sopra sboccia alla vita nei modi più imprevisti. Essendomi preso la briga di seguirlo in qualche sua piccola escursione le as­sicuro che ha una spiccata tendenza per le gra­ziose donnine di professione...

Signora Manningham    - (dopo una pausa) Dio, Dio, cosa dovrei credere. Cosa vuole che fac­cia, mi dica.

Rough                           - (pausa, mentre si siede sul divano) Qui, da qualche parte, in questa casa deve esserci qualche indizio. Bisogna che ci arriviamo. (Ha cambiato completamente di tono) Dov'è che lui tiene le carte?

Signora Manningham    - Non ho idea. Carte? Nel suo scrittoio.

Rough                           - (alzandosi si dirige al centro; guarda in­torno) Già. (Lo indica) La scrivania, la scrivania.

Signora Manningham    - Quella. (Rough attra­versa la scena) Ma la tiene sempre chiusa a chiave. (Rough si ferma al centro) Non l'ho mai vista aperta.

Rough                           - Ah, la tiene chiusa, eh? Bene, bene. Gli daremo un'occhiatina.

Signora Manningham    - Ma come fa? E' chiu­sa a chiave.

Rough                           - Non è così impressionante. Sa, signora Manningham, una delle cose che rimpiango nella mia vita è che il destino non mi abbia fatto fare l'ortolano o lo scassinatore. Due occupazioni tran­quille, signora Manningham. Come scassinatore se avessi cominciato da giovane e mi fossi esercitato le assicuro che sarei un asso. Diamo quest'occhiatina.

Signora Manningham    - (raggiungendolo allo scrittoio) No, non lo faccia. Lui se ne accorgerà.

Rough                           - Signora, lei sta dalla mia parte, vero? Non certo contro di me? (Guarda lo scrittoio) Ecco. Permette che mi tolga la giacca? La giacca quando lavoro mi dà noia. Vistosa la camicia, eh? Non se la aspettava una simile sciccheria, dica la verità. (Sie­de allo scrittoio e prende le chiavi).

Signora Manningham    - (dopo una pausa attra­versa fino al centro e resta rivolta a sinistra) Non sforzi tanto, che resta il segno.

Rough                           - Questione di abilità! Del resto qui non ce ne vuole neanche molta. Vede, signora Mannin­gham, c'è un modo con lui... (La luce si rialza a poco a poco).

Signora Manningham    - (guarda le fiammelle del gas e si avvicina allo scrittoio) Zitto un po', non nota niente?

Rough                           - Cosa?

Signora Manningham    - Guardi! Non vede? La luce aumenta... è lui che toma.

Rough                           - La luce?

Signora Manningham    - Ssst. (Pausa. Dopo di che la luce si innalza ancora. Lei sussurra) Ecco, toma, non vede? Vada via. Sta venendo e lei deve andarsene.

Rough                           - (si alza) Perdinci! Ci siamo. Ecco l'im­previsto.

Signora Manningham    - Sì. Non so mai quello che farà. Se ne vada. (Va all'estremità dello scrit­toio).

Rough                           - (senza muoversi, guardando al soffitto, pensieroso) Vediamo. (Ripone le chiavi nella sua tasca e incomincia a infilarsi la giacca) Vuol suo­nare per la Pina?

Signora Manningham    - La Pina? Cosa vuole da lei?

Rough                           - Faccia quel che le dico, la prego.

Signora Manningham    - (va a suonare il campa­nello) Vada via. Lei deve andarsene. (Ritornando allo scrittoio) Perché vuole la Pina?

Rough                           - (prende il paletò, lo infila, poi prende la sciarpa e poi raggiunge lei allo scrittoio) C'è tem­po: non arriverà mica dalla finestra. Gli ci vorran­no almeno cinque minuti per arrivare al portone. Guardi un po', ho lasciato niente in giro?

Signora Manningham    - No, nulla. (Si volta e vede la bottiglia del whisky) Ah sì, qui! Il whisky!

Rough                           - Ah già! Glie l'ho detto che lei ha la stoffa del poliziotto? Non dimentichi i bicchieri.

Pina                               - (entra dalla comune).

Signora Manningham    - (ripone i bicchieri e si dirige lentamente verso il proscenio a sinistra).

Rough                           - Pina, venga qua, venga.

Pina                               - (si dirige verso Rough) Comandi?

Rough                           - Senta, Pina, io e lei abbiamo da esco­gitare un piccolo, rapido piano. M'ha detto ch'era ansiosa di aiutare la sua padrona, no?

Pina                               - Sì, l'ho detto. Di che si tratta?

Rough                           - Senta, Pina, io e la signora abbiamo ragione di credere che fra cinque minuti il padrone sarà qui. Non deve vedermi uscire. Mi fa il piacere di nascondermi per un poco in cucina? Nel forno, ma­gari.

Pina                               - Va bene, venga in cucina, ma giù c'è Nancy.

Rough                           - Nancy? Ma che diavolo? Non era la. sua giornata di libertà?

Pina                               - (agitata) Non so perché oggi è rimasta in casa. E' venuto un giovanotto...

Rough                           - (attraversa rapidamente la scena davanti alla tavola verso il centro sinistra) Dove mi na­scondo, allora? Pina, si decida.

Pina                               - . Non so, signore.

Rough                           - (andando in fondo a sinistra) E que­sta porta dove conduce?

Pina                               - (raggiungendolo) E' il 'guardaroba dove il signore si veste. Vada lì dentro. Lì non la vede certamente. C'è un grande armadio in fondo.

Rough                           - (andando verso la porta di seconda a si­nistra) Scusate. (Entra).

Signora Manningham    - (andando al centro) Oh, Pina...

Pina                               - Va tutto bene, stia calma, andrà tutto bene.

Signora Manningham    - Ma dovrebbe andar­sene.

Pina                               - No, signora, lo lasci fare che lui sa.

Rough                           - (rientra e va di corsa alla finestra per dare uno sguardo fuori) Sistemazione coi fiocchi. (Vede qualcuno) Sì, eccolo. (Ve dalla signora) Ades­so dobbiamo sbrigarci davvero. Vada a letto, signo­ra Manningham, svelta. Pina vada in camera sua. Presto, presto. Pina, abbassi la lampada.

Pina                               - (eseguisce).

Rough                           - (va a spegnere le altre luci a gas).

Signora Manningham    - A letto? Devo andare a letto?

Rough                           - (per la prima volta veramente agitato) Sì, subito. Sta arrivando, lo capisce o no? Vada su e non si muova. Lei stasera ha un'emicrania che non le dà pace, una terribile emicrania. (Spegne la lampada sulla scrivania. Fatto questo si volge verso la signora) Vuole andare, in nome di Dio?

Signora Manningham    - (sale).

Pina                               - (esce dalla comune lasciando la porta aperta).

Rough                           - (va all'estrema destra del sofà, si ferma un momento guardando l'ingresso. Poi, con caute­la, in punta di piedi va alla porta ed ascolta. Dopo una breve pausa si sente la porta d'ingresso che si chiude. Rough si irrigidisce, ed a piccoli passi leg­geri, silenziosamente, va verso la porta di sinistra ma, come arriva al centro, si tocca la testa, si ac­corge che non ha il cappello, voltandosi in fretta corre allo scrittoio, prende il suo cappello, se lo mette in testa e rapidamente esce dalla porta di sinistra. Una breve pausa).

Manningham                 - (compare sulla porta, scruta nella stanza, entra, chiude Ut porta e guarda su per la scala; poi si dirige alla luce a gas ai lati del cami­netto, alza la fiammella. Poi va dietro la spalliera del sofà, posa il cappello su di esso, si dirige al campanello e tira il cordone; poi, comodamente, va verso il caminetto).

Pina                               - (quando Manningham è all'altezza del sofà, apre la porta ed entra) Ha suonato, signore?

Manningham                 - Sì. (E senza dire perché ha suo­nato si toglie il cappotto e lo appoggia sul sofà, poi va a mettersi in piedi con le spalle appoggiate al caminetto) La signora dov'è?

Pina                               - E' andata a letto, credo. Aveva una for­te emicrania e si è ritirata in camera sua.

Manningham                 - Ah, davvero? Ed è molto che ci è andata, che lei sappia?

Pina                               - Proprio un momento fa, signore... io cre­do, signore...

Manningham                 - Oh, vedo. Quindi non bisogna far rumore, no? Camminare a passo di lupo. (Un si­lenzio) Sa camminare lei a passo di lupo?

Pina                               - (cercando di sorridere) Sì, signore, credo di sì.

Manningham                 - Molto bene, Pina. Cammini a passo di lupo. Nient'altro.

Pina                               - Sì, grazie, signore.(S'avvia).

Manningham                 - (proprio mentre Pina sta per usci­re, la richiama) Pina.

Pina                               - (ritornando. Dopo una pausa) Signore? (Pausa) Ha chiamato?

Manningham                 - Già. Perché non ha sparecchia­to il tè?

Pina                               - (andando alla tavola) Oh, mi perdoni, stavo proprio per farlo

Manningham                 - (attraversa a destra andando al centro) Ecco, farebbe bene a sparecchiare, Pina.

Pina                               - Sì, signore. (Dopo una pausa mettendo un piattino std vassoio) Il signore mi scusi, non mangia qualcosa?

Manningham                 - (andando allo scrittoio) Ah, sì. Qualcosa mangio. Ma la questione è: cenerò in casa?

Pina                               - Sì, signore, va fuori?

Manningham                 - Già. Vado a cena fuori. (Si to­glie la giacca e la posa con attenzione sopra una sedia a destra del tavolo. Incomincia a disfare la cravatta) Mi cambio ed esco. (Si sta togliendo il colletto. Una pausa).

Pina                               - (alza lo sguardo e si rende conto che il pa­drone si è tolto il colletto) Vuole un colletto, si­gnore? Gliene vado a prendere uno stirato?

Manningham                 - Ah, lei sa dove stanno i miei colletti?

Pina                               - Naturale, signore. Nella sua stanza, lì. Glie ne prendo uno?

Manningham                 - Lei sa tutto, Pina. E sa anche quale tipo di colletto metterò stasera?

Pina                               - Ma certo, signore, so che tipo è.

Manningham                 - Allora vuol dire che lei ne sa molto più di me. No, lasci che me lo scelga io, il mio colletto. (Rivolgendosi a Pina) Naturalmente, Pina, se avrò la sua approvazione.

Pina                               - Ma, signore, sicuro signore... faccia ciò che crede.

Manningham                 - (si dirige alla porta in seconda a sinistra ed esce).

Fina                               - (posa sulla tavola il piatto che teneva in mano e china il capo restando in sospeso. Non si sente alcun rumore dalla stanza per qualche i-stante).

Manningham                 - (.rientra con aria tranquilla, si sta mettendo la cravatta; si dirige al caminetto e si specchia, facendosi il nodo alla cravatta per tutta la scena che segue) Che impressione le faceva la signora?

Pina                               - A che proposito, signore?

Manningham                 - Oh, per Quanto riguarda il suo stato di salute.

Pina                               - Non so. Certo che è molto giù.

Manningham                 - Sicuro. Però lei non immagina fino a che punto. (Si volta a Pina) O se ne rende -un po' conto?

Pina                               - Non lo so, signore.

Manningham                 - (ritornando dietro la spalliera del sofà) Stasera m'è toccato far intervenire lei e Nancy nelle nostre faccende private. Non avrei dovuto, forse.

Pina                               - E' ben triste.

Manningham                 - (sorridendo e cercando di cattivar­si la simpatia di Pina, fa un passo verso di lei) Pina. Non ne posso proprio più. Lo crede?

Pina                               - Immagino, signore.

Manningham                 - Ho provato tutto. Pazienza, de­licatezza, astuzia, durezza perfino, ma non esiste niente che possa fermare quelle sue allucinazioni morbose, le sue ubbie, i suoi tiri malvagi. Niente.

Pina                               - Tremendo, signore.

Manningham                 - E questo, Pina, non è niente. Lei non vede che le cose che saltano agli occhi, come oggi. Quel che succede giorno per giorno non se lo immagina. (Guarda la cravatta che tiene in mano) No, questa cravatta non va, è meglio... (si dirige di nuovo verso la porta in seconda a si lustra).

Pina                               - Vuole un'altra cravatta, signore?

Manningham                 - (si ferma e si volta a Pina) Sì. (Lentamente entra nella stanza. Pina si volta e guarda intensamente la porta di sinistra. Dopo una pausa Manningham rientra con un'altra cra­vatta. Non appena compare Pina si volta rapida­mente verso la tavola da tè. Lui va allo specchio del caminetto e durante la conversazione che segue si mette la cravatta) Le sa, credo, della mamma della Signora Manningham?

Pina                               - No, signore,

Manningham                 - Non sa com'è morta?

Pina                               - No, signore.

Manningham                 - E' finita in manicomio, Pina, sen­za più un briciolo di cervello.

Pina                               - Oh, che cosa terribile, signore.

Manningham                 - Terribile, e i medici non pote­rono nulla. Lei sa, Pina, che tra breve dovrò por­tare Signora Manningham da un medico? (Men­tre traversa a destra davanti alla tavola e va a prendere la sua giacca) Ho tentato di scongiurare questo pericolo, ma non è più un segreto, ormai.

Pina                               - No, signore, no.

 Manningham                - (indicando la giacca) Voglio di­re, lei sta seguendo quello che avviene; lei può testimoniarlo, no?

Pina                               - Certo,

Manningham                 - Le capiterà, magari, di dover testimoniare. E allora?

Pina                               - (alzando rapidamente lo sguardo su di lui) Ah, signore. Vorrei tanto aiutare sia lei che la signora.

Manningham                 - (prendendo il paletò, indossandolo e andando allo specchio per aggiustarselo) Sì, ci credo. Lei ha un cuore d'oro. Certe volte mi do­mando come faccia lei a resistere in questa casa cupa. Perché non se ne va? E' molto fedele.

Pina                               - (guardandolo, ma lui non può vedere) Fedele a lei sempre, signore.

Manningham                 - (ritornando dietro il sofà e pren­dendo il cappello) Sicché, Pina, io esco. Mi pren­derò qualche svago. Approva, o trova che faccio male?

Pina                               - Oh, signore, si diverta fin che può!

Manningham                 - Io mi chiedo... Si vive così stra­namente... Buona notte, Pina. (Esce dalla comune e volta a destra).

Pina                               - Buona notte, signore.

Manningham                 - (lascia la porta aperta).

Pina                               - (si dirige rapidamente alla porta e lo segue con la sguardo. Dopo una pausa entra Rough. Pi­na si volta, rimangono entrambi a guardarsi).

Rough                           - (esce, va alla finestra e guarda fuori. Si ode lo sbattere del portone. Tornando da Pina si toglie il cappello che depone sulla scrivania, poi il so­prabito e la sciarpa che posa sulla sedia dietro allo scrittoio) Senta, vuol andare a chiamare Signora Manningham?

Pina                               - Ora la chiamo. (Va verso la scala).

Rough                           - (estrae chiavi e strumenti dalle tasche del soprabito. Signora Manningham compare scendendo le scale) Ah, eccola qui.

Signora Manningham    - L'ho visto uscire.

Pina                               - (prende il vassoio ed esce dalla camera vol­tando a sinistra).

Rough                           - Rimettiamoci al lavoro.

Signora Manningham    - Che voleva? Che è tornato a fare?

Rough                           - A cambiarsi. Mi dia la candela, scusi.

Signora Manningham    - (eseguisce, poi raggiun­ge Rough che è allo scrittoio) E se torna an­cora? La luce non ci darà 'più l'allarme.

Rough                           - (stringendosi nelle spalle) Ah, lei dice? Signora Manningham, ci tocca correre questo ri­schio. (Prende le chiavi dalla tasca) E' uno scher­zetto da bambino. Un po' di pazienza, una certa dose di accortezza. (Si ode lo sbattere di un por­tone) Cos'è? Vuol dare un'occhiata? (La signora va alla finestra e guarda fuori) Non ci lasciano tranquilli, stasera.

Signora Manningham    - Ah, che stupida. E' Nancy. Di solito esce a quest'ora. Dimenticavo.

Rough                           - E non esce dalla porta di servizio?

Signora Manningham    - Macché, sembra la padrona in questa casa.

 

 Rough                          - Una ragazza impertinente. (La parte superiore dello scrittoio è aperta) Ah, ci siamo. Dopo la chiave niente è più gradito a una serratura di un po' di delicatezza.

Signora Manningham    - La potrà rinchiudere?

Rough                           - Sì. Nessun danno. Eccoci qua. (Tira fuori il cassettino superiore e lo depone sopra lo scrittoio) Vediamo. Qui però non c'è niente. (Pren­de una «broche »).

Signora Manningham    - Che ha in mano?

Rough                           - (mostrandole la « or oche ») Perché? La riconosce?

Signora Manningham    - Ma sì, è la mia « bra­che». La mia «broche»! Che altro c'è li dentro? Guardi! Il mio orologio!

Rough                           - E' suo anche questo?

Signora Manningham    - Sì, l'orologio che ho perduto una settimana fa. La « broche » mi mancava da tre mesi. (Di sopra dell'ispettore guarda) C'è nient'altro, ispettore? (Guardando nel cassetto) C'è un conto, lì dentro? (Rough volta la testa) Un conto del droghiere?

Rough                           - (cercando nel cassetto) Un conto di droghiere? No, pare di no. (Estrae una lettera che posa sullo scrittoio).

Signora Manningham    - (prendendola) Un momento. Questa lettera... (La legge) E' di mio cugino...

Rough                           - Crede proprio che sia il momento adat­to alla corrispondenza, signora Manningham?

Signora Manningham    - Lei non capisce. (Par­lando rapidamente) Da quando sono sposata non ho visto più nessuno della mia famiglia. Erano in rotta con me a causa del matrimonio. Avevo una tale nostalgia di loro! Quando venimmo in questa casa scrissi loro due volte, ma senza risposta, ca­pisce? E ora questa lettera è per me. E' di mio cugino.

Rough                           - (cinicamente) Ma non l'ha mai rice­vuta. Ora comincia ad afferrare la situazione?

Signora Manningham    - (mentre si dirige alla sedia destra del tavolo) Cosa scrive? Mi lasci leggere. (Come febbricitante) «E' stata una gran­de gioia per tutti noi ricevere tue notizie di nuo­vo». (Guardandolo) Una grande gioia, sente? Sono in campagna, adesso, nel Devonshire, dice che dob­biamo rivederci, stare tutti uniti, come una volta. Dice che devo andare un po' da loro, e che mi rimpinzeranno di burro per farmi ingrassare, e di aria di campagna per farmi tornare allegra... Dio, mi volevano! Volevano che tornassi!

Rough                           - (avvicinandosi a lei che piange sommes­samente) Bambina cara. Avrà il burro e avrà l'aria di campagna che la farà tornare allegra. Sia coraggiosa, adesso, si fidi di me e vedrà.

Signora Manningham    - La ringrazio, ispet­tore, per la lettera. (Attraversa la scena e va allo scrittoio) Cosa devo fare?

Rough                           - Niente, per adesso. Ah, questo cassetto! Mi dica. Ha una serratura speciale, mi pare. Che lei sappia: è mai stato aperto?

Signora Manningham    - (esitando) No.

 Rough                          - No? Lo immaginavo. Sarà un affare arduo. (Va al suo mantello e ne estrae uno stru­mento di ferro).

Signora Manningham    - (si alza e si dirige verso Rough per fermarlo) Che fa adesso? Vuol for­zarlo?

Rough                           - (calmo) Se ci riesco. Ma questo non lo so.

Signora Manningham    - (dirigendosi allo scrit­toio) Per carità, non lo faccia. Che dico a mio marito, quando torna?

Rough                           - Ah, non ho idea di quel che lei dirà, ma neanche di quello che farà se io non riesco a strap­parla alle amorose cure del signor Manningham. Giuochiamo tutto per tutto e andiamo avanti. Non mi resta altro da fare.

Signora Manningham    - (tormentata, mentre lo sta studiando) Va bene, lo forzi, ma in fretta.

Rough                           - (si volta verso sinistra) Non c'è da precipitarsi, signora. Lui, dove sta, sta benissimo. Io non posso vedere i metodi violenti. Mi fa l'ef­fetto di essere un dentista. Ecco. (Si sente il ru­more del legno spaccato). E' andata. Diamo un'occhiatina. (Pausa. Durante la quale la signora lo guarda tirar fuori il cassetto).

Signora Manningham    - C'è qualcosa dentro? Cosa c'è?

Rough                           - No: non vedo niente. Ah, un momento, no, cos'è questo? (Prende un pacco di carte) Si­gnor Manningham, signora Manningham, signor Manningham...

Signora Manningham    - Non c'è niente?

Rough                           - Assolutamente nulla. Ho paura che abbiamo perso la partita.

Signora Manningham    - (spaventata) Che facciamo adesso? Ah misericordia. (Si dirige al centro).

Rough                           - (dirigendosi verso di lei) Raccogliamo un momento le idee. Non si spaventi, ho passato guai molto peggiori. Per cominciare, vogliamo met­tere a posto quella roba? L'orologio, la «broche». Rimettiamoli come stavano. (Ritorna allo scrit­toio).

Signora Manningham    - Erano lì.

Rough                           - Qua a destra, vero?

Signora Manningham    - Sì, lì, lì va bene.

Rough                           - (tenendo in mano la spalla) Caspita, che gioiello. Quando gliel'ha regalato?

Signora Manningham    - Appena sposati. Ma è di seconda mano.

Rough                           - Di seconda mano? Lei ha avuto tutto di seconda mano dal nostro amico, a quanto pare. (Mette la spilla nel cassetto ed. infila il cassetto nel­lo scrittoio) Adesso dovrei rinchiuderlo, se ci rie­sco. (Sta per rinchiudere il primo cassetto). Ha detto di seconda mano? Che ne sa che la « broche » è di seconda mano, signora Manningham?

Signora Manningham    - Dentro c'è una de­dica per non so chi.

Rough                           - Ah, c'è... (Riapre il cassetto) Perché non me l'ha detto?

Signora Manningham    - L'avevo notata da poco anch'io.

Rough                           - (prendendo la spilla) Sa che questa « broche » la devo aver già vista? E la dedica dove sarebbe?

Signora Manningham    - E' un trucco. L'ho scoperto per caso. Tiri indietro lo spillo, poi a si­nistra, poi a destra. Si apre a stella.

Rough                           - (.andando al centro e aprendo la spilla) Ah, ecco... ecco... eh... ci siamo. Sì. (Si siede alla destra della tavola ed estrae una lente) Che stra­no... questi incavi, cosa sono?

Signora Manningham    - (andando al centro) C'erano delle pietre sciolte, che io ho tolte per paura che cadessero.

Rough                           - C'erano delle pietre sciolte che lei ha tolto per paura che cadessero. Le ha almeno?

Signora Manningham    - Sì. Le ho conser­vate in una scatoletta.

Rough                           - (mostrando interesse) Potrei vederle, scusi?

Signora Manningham    - Certo. (Va al cami­netto passando davanti al sofà. Lui si alza e va dietro alla tavola) Ci dovrebbero essere ancora.-

Rough :                         - Nove in tutto, mi pare, no?

Signora Manningham    - Sì, tante mi pare che fossero. (Prendendo la scatoletta da sopra il caminetto) Eccole. Qualcuna ce n'è.

Rough                           - (raggiungendola) Le dispiace se guar­do? Ah, grazie. (Prende ì rubini e lentamente va dietro alla tavola e li piazza nel ripostiglio della spilla) Veda di trovare le altre. (Lei ritorna al caminetto) Non le è mai capitato di leggere que­sta dedica?

Signora Manningham    - L'ho letta, sì.

Rough                           - (leggendo) «Alla diletta A. B. da C. B 1851 ». Non le suggerisce niente?

Signora Manningham    - No, perché?

Rough                           - Guarda, mi pareva tanto semplice. Ha trovato le altre? Ce ne dovrebbero essere ancora quattro.

Signora Manningham    - (ritornando da lui) Sì. Eccole qui.

Rough                           - (prende i rubini) Eccoci al completo. (Pone i rubini dentro la spilla, sulla tavola) Ora mi dica una cosa. E' mai stata abbracciata da un anziano poliziotto in maniche di camicia?

Signora Manningham    - Che sta dicendo?

Rough                           - Perché questo è quello che sta per capitarle. (Posa la « brache ti e va da lei) Mia cara eignora Manningham. (La bacia) Mia cara, caris­sima signora Manningham.

Signora Manningham    - (divincolandosi dall'ab­braccio) Ma che le sta succedendo?

Rough                           - (la lascia e prende la spilla) Ci sia­mo, signora Manningham. I rubini Barlow com­pleti. Dodici mila sterline davanti ai suoi occhi. (Le dà la spilla) Li guardi, li ammiri bene prima che li porti alla regina.

Signora Manningham    - Ma non può essere. E stavano in quella scatola...

Rough                           - Capisce? Qui la vecchia signora na­scondeva il tesoro: in un fermaglio che portava tutti i giorni. Io l'avevo già visto e dove? Nei ri­tratti della vecchia signora al tempo dell'inchie­sta. Lo portava sul seno. Sono passati quindici an­ni ma me lo ricordo benissimo. (Si dirige verso la signora) Quindici anni!

Signora Manningham    - E io l'ho tenuto tut­to questo tempo.

Rough                           - E tutto perché lui non ha saputo re­sistere ad un piccolo furto accanto al grosso colpo. E adesso sono io che tiro al grosso colpo. (Dà se­gni di andarsene).

Signora Manningham    - (andando davanti alla tavola) Se ne va?

Rough                           - Altro se vado. E di gran carriera. (Co­mincia a prendere il paletò e tutto il resto).

Signora Manningham    - Dove va? Mi lascia? Che vuol fare?

Rough                           - (guarda l'orologio)... A che ora tor­nerà lui?

Signora Manningham    - Non so. Di solito non prima delle undici.

Rough                           - Speriamo. Così avrò tempo. Mi dia la « broche ». L'ha chiusa? (La prende) Noi la rimet­tiamo dove stava. (Rimette la spilla nel primo cassetto dello scrittoio).

Signora Manningham    - Che cosa intende fare?

Rough                           - Non è quel che farò io, quanto il Go­verno, nella persona di sir Giorgio Raglan. Sì, si­gnora, proprio lui, autorità suprema. (Guarda il cassetto sotto) Essi sanno che stasera sono qui, ma non che ho trovato quel che ho trovato. E ora, si­gnora, se vuol servire coscientemente i piani della giustizia, la cosa migliore per lei è quella di met­tersi a letto... Le dà fastidio mettersi a letto?

Signora Manningham    - No, vado. (Si avvia verso le scale).

Rough                           - Brava. Ci si metta e ci stia. A uscire me la cavo da me. (Risale la scena verso il co­mune).

Signora Manningham    - (d'un tratto discende le scale e si dirige verso di lui) Non mi lasci. Io mi sento... non mi lasci sola!

Rough                           - Cosa si sente?

Signora Manningham    - Che se mi lascia suc­cede qualche cosa. Ho paura. Non ho la forza.

Rough                           - La smetta di prendersi in giro da sola, signora Manningham. Ecco la sua forza. (Le dà il whisky che ha tolto dalla tasca. Pausa. Rag­giunge la porta). Arrivederci. (Apre la porta e sta per uscire) Ne beva un altro po', ma non si ubria­chi e non lo lasci in giro.

Signora Manningham    - Ispettore.

Rough                           - Sì.

Signora Manningham    - Va bene. Arrivederci.

Rough                           - Addio. (Mentre lui esce lei si ferma sulle scale e dà uno sguardo alla stanza. Rough di colpo riapre la porta) Signora Manningham.

Signora Manningham    - Sì.

Rough                           - (le fa cenno di salire. Lei obbedisce e luì la guarda) Arrivederci. (Quando lei è scomparsa sulla curva delle scale, luì esce e chiude la porta).

 

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena un  po’ più tardi.

Sono le undici della stessa sera. E' buio, ma dalla comune si può vedere una fioca luce nell'anticamera. Si ode sbattere la porta d'ingresso. Poi un rumore di passi e quindi nell'anticamera compare il signor Manningham.

Manningham                 - (si ferma per spegnere la luce al passaggio. Poi entra in scena e si dirige verso la tavola centrale per aumentare la luce della lam­pada. Accende i due bracci. Risale a sinistra verso la tavola e vi posa il cappello. Poi, lentamente, ma con deliberazione, si dirige verso il campanello e lo suona, indi ritorna davanti al caminetto canterel­lando).

Nancy                           - (fa capolino dalla comune. E' appena rien­trata ed è ancora vestita da passeggio) Sì, signore. Il signore ha suonato?

Manningham                 - Sì, Nancy, ho suonato. Se ne sono andati tutti a letto senza lasciarmi il latte e i biscotti.

Nancy                           - Mi dispiace, signore. Glieli porto ora. (Va verso la comune e voltandosi al signor Mannin­gham) Di solito ci pensa la signora. La cuoca è a letto e io rientro adesso.

Manningham                 - Ecco, Nancy. Faccia conto di essere la signora, e me li porti lei.

Nancy                           - Subito.

Manningham                 - E dopo… (Nancy si ferma sulla soglia)... vada dalla signora a dirle che la prego di scender giù un momento.

Nancy                           - Si, signore. (Esce dalla comune e gira a destra).

Manningham                 - (entra nella porta in seconda a sinistra).

Nancy                           - (ritorna, porta un vassoio con una lat­tiera, un bicchiere e dei biscotti, li depone sulla tavola, poi va al piano superiore).

Manningham                 - (rientra dalla porta in seconda a sinistra e lentamente si dirige dietro il tavolo, poi alla credenza).

Nancy                           - (ritorna e si ferma ai piedi delle scale).

Manningham                 - Allora?

Nancy                           - Ha detto che ha mal di testa, e vuol dormire.

Manningham                 - Ha ancora mal di testa?

Nancy                           - Sì, signore. Comanda altro?

Manningham                 - Hai mai visto la signora senza mal di testa, Nancy?

Nancy                           - No, signore, quasi mai.

Manningham                 - E lei ha l'abitudine di servire con l'abito da passeggio?

Nancy                           - Glie l'ho detto, signore: sono appena rientrata ed ho sentito il campanello per caso.

Manningham                 - Ha idea di che ore siano?

Nancy                           - Le undici passate.

Manningam                   - Lo sa che lei è rientrata appena mezzo minuto prima di me?

 Nancy                          - Sì, signore. Mi è parso di vederla.

Manningham                 - Le è parso, eh! Io, invece, l'ho vista benissimo.

Nancy                           - (guardando altrove) Ah, sì?

Manningham                 - Lei sa, Nancy, che in questa casa lei gode di una considerevole libertà...

Nancy                           - (pausa) Sì, signore.

Manningham                 - Ma tornare alla stessa ora del padrone di casa è un po' troppo.

Nancy                           - Sì, signore, certamente. (Fa per an­darsene).

Manningham                 - Nancy!

Nancy                           - (si ferma) Comandi, signore.

Manningham                 - (con tono più umano) Dove dia­volo è stata questa sera?

Nancy                           - (si volta verso di lui) Con delle mie conoscenze.

Manningham                 - Lo sa, Nancy, che quando dice conoscenze ho la vaga sensazione che lei voglia dire uomini?

Nancy                           - Può darsi.

Manningham                 - Con una ragazza come lei, gli uomini sono propensi a prendersi della libertà. Lei che ne dice?

Nancy                           - Ah, non con me. Io so badare a me stessa.

Manningham                 - Ci bada sempre?

Nancy                           - Quasi.

Manningham                 - Lo sa, Nancy, che quel cappellino è un amore? E i suoi capelli? Perché non se lo toglie per lasciarmeli ammirare?

Nancy                           - (mentre si toglie il cappello e si dirige verso la sedia a destra del tavolo) Ecco. Desidera altro?

Manningham                 - Sì, forse! Venga qui, Nancy.

Nancy                           - (pausa) Sì signore. (Lascia cadere il cappellino sulla sedia vicino alla tavola e andando verso di lui) Desidera altro, signore? (Cambia tono mentre lui l'abbraccia, la bacia a lungo violente­mente. V'è una pausa durante la quale lei guarda lui. Poi è Nancy che lo bacia con altrettanta vio­lenza) Ecco. Non la bacia lei così! La bacia così, forse?

Manningham                 - Di chi intende parlare, Nancy?

Nancy                           - (ironica) Non l'ha capito?

Manningham                 - Lei è gelosa della sua padrona?

Nancy                           - (con disprezzo) Di quella lì? Poverac­cia, come si fa a essere gelosa di lei?

Manningham                 - Sì, Nancy. Ma è meglio che noi non ci incontriamo più qui.

Nancy                           - Sì. Dove vuole e quando vuole.

Manningham                 - Io le piaccio, Nancy?

Nancy                           - Più di qualsiasi altro.

Manningham                 - Ah, ci sono degli altri!

Nancy                           - Ce ne sono. ,

Manningham                 - Me lo immaginavo. E non ha che diciannove anni.

Nancy                           - Dove possiamo incontrarci?

Manningham                 - (dirigendosi lentamente al sofà e guardando il caminetto) Non lo so.

 Nancy                          - Ma come potrà farmelo sapere, quando c'è lei in giro per la casa?

Manningham                 - (con calma, voltato a metà verso Nancy) Oh, troverò il modo, Nancy. Non credo che la signora sarà qui, domani. Ora è bene che lei se ne vada. Ho da fare.

Nancy                           - Non posso restare ancora un poco?

Manningham                 - (voltandole le spalle) Su, obbe­disca. Ho detto che ho da fare, debbo scrivere delle lettere.

Nancy                           - Va bene, signore. Va bene. (Gli butta le braccia al collo e lo bacia) Buona notte, eccellenza. (Si dirige verso la comune e prende il cappello mentre cammina).

Manningham                 - Buona notte. Buona notte.

Nancy                           - Buona notte. (Esce, nell'anticamera, si volta e chiude la porta).

Manningham                 - (prende la penna e incomincia a scrivere. Prende le chiavi che sono all'altra estre­mità della catena del suo orologio, poi apre il cas­setto di sinistra, quindi si volta per aprire il cas­setto dì destra. Si ferma nello scoprire che è stato forzato e di colpo si alza. Si volge di nuovo verso il cassetto di sinistra, lo apre e vi rovista dentro. Ripete la stessa cosa con il cassetto di destra. Poi si volta verso le scale, attraversa la scena sul da­vanti. Si ferma al centro destra, in fondo, si volta, si dirige verso il campanello, tira il cordone, ritor­na rapidamente al suo scrittoio, dà un rapido sguardo ai cassetti e quindi li richiude).

Nancy                           - (rientra) Eccomi, signore.

Manningham                 - Vada su, dalla signora.

Nancy                           - Cosa debbo dirle?

Manningham                 - Le dica di scendere giù immedia­tamente, anche se ha mal di testa o qualsiasi altra cosa.

Nancy                           - Debbo dirle proprio questo?

Manningham                 - Proprio, Nancy.

Nancy                           - E' un piacere per me. (Sale le scale).

Manningham                 - (guarda di nuovo attentamente il cassetto. Attraversa la scena fino al caminetto e resta in piedi davanti ad esso in attesa).

Nancy                           - (ritorna sull'ultimo gradino) Non vuol venire. Non ha nessuna intenzione di scendere.

Manningham                 - (facendo un passo avanti) Come, non vuol scendere?

Nancy                           - Dice che non può venire perché sta molto male; ma chi ci crede?

Manningham                 - Davvero? Allora mi tocca usare altri metodi. (Raggiungendo le scale) Sta bene, Nancy, ci penso io.

Nancy                           - La porta è chiusa a chiave. Ho provato ad aprirla; ma...

Manningham                 - Ah, ha chiuso a chiave la porta? Benissimo. (Comincia a salire le scale passando da­vanti a Nancy fino al quinto gradino).

Nancy                           - Non lo lascerà entrare. Si sente dalla voce. Si è chiusa a chiave e non aprirà a nessuno. Vuole sfondare la porta?

Manningham                 - (si volta e scende fino all'altezza di Nancy) No. Forse ha ragione lei, Nancy. (Va allo scrittoio, si siede ed incomincia a scrivere) Porti su questo biglietto e lo infili sotto la porta.

Nancy                           - Va bene. (Raggiungendolo allo scrit­toio) Che cosa le scrive?

Manningham                 - Non si preoccupi. Si preoccupi invece di quello che dovrà fare.

Nancy                           - Io? Che cosa?

Manningham                 - Scenda in cantina e porti su Polli.

Nancy                           - (si avvia, si ferma e si volta) La ca­gnetta?

Manningham                 - Sì, la cagnetta.

Nancy                           - Ma che idea è questa?

Manningham                 - Non se ne occupi. Scenda e la porti su.

Nancy                           - Va bene. (Si avvia alla comune).

Manningham                 - O forse, ancora meglio. Invece di portar su la cagnetta, facciamo finta che ci sia già qui. Sarà ancora più raffinato. Ecco, Nancy, (Nancy va allo scrittoio)... passi questo biglietto sotto la porta della signora.

Nancy                           - Ma che idea. Cosa le ha scritto?

Manningham                 - Nulla di molto importante. Una piccola trappola. Vada.

Nancy                           - (esce).

Manningham                 - (rimasto solo chiude a chiave la parte superiore dello scrittoio. Poi attraversa la scena e con grande cura piazza la poltrona al cen­tro della scena, rivolta verso il caminetto, come stesse preparando una cerimonia. Quindi guarda intorno la stanza, prende posto davanti al cami­netto e attende).

Nancy                           - (ritorna giù) Ora viene.

Manningham                 - Ne ero certo. Ed ora le sarei grato se lei andasse a letto subito.

Nancy                           - Va bene, vado. Buona notte.

Manningham                 - Buona notte, Nancy.

Signora Manningham    - (compare sulle scale).

Nancy                           - (esce dalla comune e lascia la porta ac­costata).

Manningham                 - (dopo una lunga pausa va alla por­ta per assicurarsi che Nancy non ritorni indietro a spiare, poi la chiude. Ritorna indietro e, in piedi, con le spalle al caminetto, nella posizione di pri­ma, guarda lei).

Signora Manningham    - Dov'è la cagnetta?

Manningham                 - Vieni qui, tesoro, e siedi in quel­la sedia.

Signora Manningham    - (immobile) Dov'è la cagnetta?

Manningham                 - La cagnetta? Quale cagnetta?

Signora Manningham    - Mi hai scritto che avevi la cagnetta. Dov'è? Le hai fatto del male una altra volta?

Manningham                 - Un'altra volta? Ma che curioso • modo di parlare, proprio tu, dopo quello che gli hai fatto poche settimane fa. Vieni, siedi qui.

Signora Manningham    - Non voglio parlare con te. Non sto bene. Temevo per la cagnetta. Ecco perché sono scesa.

Manningham                 - E' stata una scusa, mia cara, per costringerti a farmi visita senza tante storie. Vieni qui e siediti.

Signora Manningham    - (comincia a risalire le scale).

Manningham                 - (gridando) Vieni e siediti dove ti ho detto.

Signora Manningham    - (dopo una pausa) Sì, sì, cosa vuoi?

Manningham                 - Parecchie cose.

Signora Manningham    - (ritornando verso le scale) Me ne voglio andare, non puoi obbligar­mi a stare qui.

Manningham                 - Accomodati pure. Non c'è fretta.

Signora Manningham    - (va verso la sedia a destra della tavola di centro, che si trova più vicino alla porta e siede) Di' quello che hai da dire.

Manningham                 - No, cara, non ti sei seduta sulla sedia che ti ho indicato.

Signora Manningham    - Che cosa hai da dire?

Manningham                 - Hai paura di me, che ti sei se­duta così vicino alla porta?

Signora Manningham    - No, non ho affatto paura di te.

Manningham                 - No? Allora sei molto coraggiosa.

Signora Manningham    - (pausa; si alza lenta­mente e va verso la poltrona).

Manningham                 - (mentre lei avanza) Sai chi mi ricordi mentre attraversi la stanza?

Signora Manningham    - (alla estremità destra del sofà si ferma) Chi?

Manningham                 - Una sonnambula. Hai mai vi­sto una sonnambula?

Signora Manningham    - No, mai.

Manningham                 - Non hai mai visto quella strana, vitrea, stupefatta espressione di un cervello sva­gato, il corpo che agisce senza la guida dell'ani­ma? E' un'espressione che ho visto spesso in te, ma non mai accentuata come stasera.

Signora Manningham    - (si dirige alla sedia)  Il mio cervello non è svagato.

Manningham                 - Quando sono rientrato, mi han­no detto che eri andata a letto.

Signora Manningham    - Infatti, ero andata a letto.

Manningham                 - E, allora, come mai sei ancora vestita? (Lei non risponde) Vuoi rispondere: perché se eri andata a letto sei ancora vestita?

Signora Manningham    - Non lo so.

Manningham                 - Non lo sai. Ma ti rendi conto di quello che fai?

 Signora Manningham   - Non lo so. Ho dimen­ticato di spogliarmi.

Manningham                 - Dimenticato di spogliarti. E’ una curiosa dimenticanza. (Chinandosi verso di lei) Hai l'aria di aver fatto qualcosa di strano, stasera. Come se ne avessi combinata qualcuna delle tue. Di' un po', che hai fatto?

Signora Manningham    - Niente. Non so quel­lo che vuoi dire.

Manningham                 - (raddrizzandosi) Hai trovato quel conto che ti ho detto di cercare? .

Signora Manningham    - No.

Manningham                 - (andando a prendere il latte sulla tavola) Ricordi che cosa ti ho detto, no? Che se non avessi ' trovato quel conto....

Signora Manningham    - (interrompendolo) Non mi ricordo niente.

Manningham                 - No? (Versa il latte nel bicchiere) Non ricordi? Ti consiglio di rispondere.

Signora Manningham    - Cosa vuoi che ri­sponda?

Manningham                 - Ti domando se ti sei ricordata di qualche cosa. (Ritorna al caminetto con il bic­chiere del latte) Andiamo, cara, che cosa ti ho chiesto di ricordare?

Signora Manningham    - Non lo so. Giri e rigiri sempre le stesse parole. La mia testa è come una giostra.

Manningham                 - (al caminetto) Non importa che tu me lo dica. Ti chiedo soltanto di far fermare la giostra per una sola frazione di secondo, in modo che tu possa concentrarti in quello che ti dico.(Sorseggia il latte).

Signora Manningham    - (travagliata) Mi hai chiesto di ricordare quello che sarebbe accaduto se non avessi ritrovato il conto.

Manningham                 - Ammirevole! (Posa il bicchiere del latte sul caminetto) Ebbene, cosa ti ho det­to che avrei fatto se tu non avessi ritrovato quel conto?

Signora Manningham    - (strozzata) Hai det­to che mi avresti rinchiusa.

Manningham                 - Precisamente. E mi consideri un uomo di parola? (Pausa. Lei non risponde. Lui da dietro il sofà va al centro) Vedi, cara. Dalle mie considerevoli e svariate esperienze, ho tratto alcuni principi. Credo di saper trattare con i miei simili. L'ho imparato da giovane, a scuola. C'erano due modi di ottenere quello che si voleva: uno sul piano intellettuale, l'altro su quello fisico; se uno falliva si usava l'altro. Sono lezioni che ho porta­to con me nella vita. Fin qui, con te, ho agito con una pazienza e perseveranza che, come tu stessa puoi giudicare, fanno parte del piano in­tellettuale. (Si avvicina a lei) Ora è giunto il mo­mento di agire anche sull'altro piano. (Lei di col­po lo guarda) Comunque, stiamo allontanandoci dal tema. (Si avvicina a destra girando dietro la tavola) Tu non hai trovato il conto che ti avevo detto di cercare?

Signora Manningham    - No.

Manningham                 - Lo hai cercato?

Signora Manningham    - Sì.

Manningham                 - Dove?

Signora Manningham    - Qui, in questa stanza.

Manningham                 - In questa stanza. Ma dove? (Pausa. Allo scrittoio, battendoci un pugno sopra con la mano) Nel mio scrittoio, forse?

Signora Manningham    - No, non nel tuo scrittoio.

Manningham                 - E perché no?

Signora Manningham    - Perché è chiuso a chiave.

Manningham                 - E credi di potermi mentire?

Signora Manningham    - Non mento.

Manningham                 - (al centro dello scrittoio) Vieni qui, cara.

Signora Manningham    - (eseguisce) Cosa vuoi?

Manningham                 - Il tuo oscuro, confuso e svagato cervello ti ha giocato un brutto tiro questa sera, o mi sbaglio?

Signora Manningham    - Il mio cervello è stanco. (Si avvia verso le scale) Voglio andare a letto.

Manningham                 - Altro che stanco! Il tuo cervello è così stanco che non può più lavorare. Tu non pensi, sogni. (Si avvicina lentamente a lei) Sogni tutto il giorno, senza smettere mai. Dovresti saperlo or­mai, no? (Lei comincia a cedere) Stupida sonnam­bula, hai sognato questa sera. In quale mondo ha vagato il tuo cervello perché scassinassi il mio scrit­toio? (Batte i pugni sullo scrittoio) Quale sogno malsano t'è venuto? Rispondi!

Signora Manningham    - Sogno? Tu dici che ho sognato? Sognato tutto quello che è accaduto?

Manningham                 - Accaduto quando? Stasera? Cer­to! Hai sognato tutto quello che è accaduto, o me­glio, tutto quello che non è accaduto.

Signora Manningham    - Un sogno. (Pausa) Oh Dio! Ho sognato di nuovo. No, non ho sognato. Non dirai che ho sognato, in nome di Dio!

Manningham                 - (parlando allo stesso tempo e co­stringendola a sedere) Siedi e calmati. Siedi. (Con più calma e incuriosito) Cos'è questo sogno?

Signora Manningham    - Ho sognato di un uomo...

Manningham                 - (incuriosito) Di un uomo? E di quale uomo hai sognato? Dimmi.

Signora Manningham    - Di un uomo che è ve­nuto a trovarmi. Lasciami ripensare, lasciami ri­pensare.

Manningham                 - Pensaci bene, cara, di che uomo stai parlando?

Signora Manningham    - Di un uomo che è ve­nuto qui.

Manningham                 - (l'afferra per la gola e lentamente la alza) Ma che storia è questa, disgraziata che sei?! Voglio sapere di quest'uomo, non dei tuoi so­gni! Mi senti?

Signora Manningham    - Sì, ho sognato... ho sognato... (Guarda la porta di sinistra, trasfigu­rata).

Manningham                 - (si volta, guarda anche lui).

Rough                           - (entra in scena da detta porta).

Manningham                 - (abbandona la moglie che sprofonda nella sedia).

Rough                           - (attraversando la scena si dirige verso la sedia a sinistra della tavola) Forse io ho una par­te in questo suo strano sogno, signora? La mia pre­senza l'aiuterà a ricordare.

Manningham                 - (dopo una pausa. Dirigendosi al centro a destra) Ma lei chi è? Come è entra­to qui?

Rough                           - (da dietro la sedia) Ecco, chi sono io? Sembra una cosa alquanto dubbia. Apparentemente sono una semplice invenzione della immaginazione della signora.

Manningham                 - E potrebbe dirmi, di grazia, che cosa è venuto a fare?

Rough                           - (con le mani incrociate dietro la schiena) Aspetto degli amici, signor Manningham. Aspetto degli amici. Non sarebbe meglio che lei andasse a letto, signora? Ha l'aria tanto stanca.

Manningham                 - Le ho detto di spiegarmi la sua presenza in questa casa.

Rough                           - Ecco, quale pura finzione, quale puro fantasma esistente soltanto nella mente di sua mo­glie, mi sarebbe difficile darle una spiegazione in merito. Mi dica, signor Manningham, lei mi può vedere? (Apre le braccia e fa una piroetta) Sua mo­glie certo mi può vedere, ma per lei deve essere assai difficile. Forse se la signora va nella sua stanza io scomparirò e così finirò di importunarla.

Manningham                 - (alla moglie) Va in camera tua, chiarirò questa faccenda e con te farò i conti quan­do sarà l'ora.

Signora Manningham    - (guarda i due uomini di nuovo e poi va su).

Rough                           - (pausa. Va alla sedia di sinistra) Sa, io credo che lei sia in errore su quest'ultimo punto. Mi pare che siamo giunti alla conclusione.

Manningham                 - Quale conclusione?

Rcugh                           - Con sua moglie, amico caro. (Siede con disinvoltura sulla poltrona).

Manningham                 - Vuol dirmi una buona volta che cosa desidera, o preferisce che chiami una guardia e lo faccia mettere alla porta?

Rough                           - (si alza. Ripone il sigaro nella tasca) Oh, una magnifica idea! Non avrebbe potuto pen­sarne una migliore. Certo, signor Manningham, chiami una guardia e mi faccia mettere alla porta. (Pausa) Che aspetta?

Manningham                 - Lo farò.

Rough                           - Chiami, chiami pure una guardia. Ma mi scusi, signor Manningham, lei non ha la stessa impressione che ho io? (Le luci hanno cominciato ad abbassarsi).

Manningham                 - Che impressione?

Rough                           - (risale la scena per guardare il braccio a gas in prima) L'impressione che la luce stia abbassandosi in questa stanza.

Manningham                 - Non mi sembra.

Rough                           - Ma sì. (Attraversa al centro e poi avanza fino alla destra della tavola. La luce si abbassa lentamente, mentre Rough si muove. Manningham tiene lo sguardo fisso su di lui) Strano! Ora stiamo quasi al buio. Cosa pensa che sia? Porse è stata accesa un'altra luce altrove. Forse vi saranno altri spiriti come me, spiriti che cir­condano questa casa, spiriti della giustizia che finalmente lo hanno raggiunto, caro signor Mannin­gham.

Manningham                 - (fa un passo avanti e afferra la spalliera della sedia a sinistra della tavola) Lei è pazzo!

Rough                           - No, caro signore, non sono che un vi­sionario che vede degli spettri. Deve essere l'atmo­sfera di questa casa. (Indietreggia verso il centro destra, mentre si guarda intorno) Li vedo dapper­tutto. E'' una cosa stranissima. E sa quale spet­tro vedo per primo fra tutti, signor Manningham? Lei non lo crederà. Quello di una vecchia signora. Una vecchia signora che una volta abitava in que­sta casa, che viveva in questa stessa stanza.

Manningham                 - Che cosa va dicendo?

Rough                           - Una vecchia signora che si prepara ad andare di sopra, a letto alla fine della giornata. Guardi, eccola lì, siede proprio lì. (Indica la sedia a sinistra del tavolo. Manningham lascia andare la sedia) Ed ora mi pare di vedere anche un altro spirito. Vedo lo spettro di un giovanotto, signor Manningham. Di un giovanotto alto, ben vestito, Perbacco! Signor Manningham, potrebbe essere lei! (Pausa) La vecchia signora lo scorge; non ve­de lei la scena? La signora urla, urla chiamando aiuto, urla prima di essere sgozzata, sgozzata con un coltello. (Scende in prima) E' distesa morta sul pavimento. Là! (Indicando il pavimento di fronte alla tavola. Pausa) Ecco. Ora lo spirito è scomparso.

Manningham                 - Ma che giuoco è questo?

Rough                           - Che giuoco?... (Guardando Mannin­gham) Ma continuo a vedere lo spirito di un uomo. Lo vedo tutta la notte mettere a soqquadro la casa, cercando pazzamente ciò che non può trovare. E poi passano gli anni e dove è andato lui? (Va alla tavola di centro) Ebbene, signor Manningham, lui è forse tornato nella stessa casa. Un uomo metodico, un uomo paziente; ma forse ha atteso troppo tempo; e la giustizia ha atteso con lui ed eccola qui, nella mia persona, ed esige quello che le è dovuto. E la giustizia, amico mio, in una sola ora ha trovato quello che lei non è riuscito a trovare in quindici anni. Guardi qui, guardi quel, che ha trovato. (Va allo scrittoio e lo apre) Una lettera che non è mai arrivata a sua moglie; una « broche » che lei regalò a sua moglie, ma che sua moglie non seppe apprezzare. Che ingrata! D'altra parte non conosceva il suo vero valore. Come poteva sapere che quella « broche » conteneva i rubini Barlow? Ecco qui! (Ritorna da Manningham e apre la spilla) Un valore di dodici mila sterline sotto i suoi occhi. Ecco qui, caro si­gnore, per questi rubini lei ha ucciso una donna ed ha cercato di farne impazzire un'altra. Ed i ru­bini stavano qui, in questa stanza, e tutto quello che lei ci ha potuto ricavare è una corda al collo, signor Sidney Power!

Manningham                 - Lei crede di poter lasciare questa stanza con simili informazioni? (Si reca alla co­mune per chiudere a chiave i battenti).

Rough                           - (lontano, in prima a destra) E lei cre­de di poter lasciare questa stanza senza una scorta adeguata?

Manningham                 - Posso chiederle che cosa intende dire?

Rough                           - Semplice. Che ho molti uomini in que­sta casa. Non si è accorto che essi hanno dato il segnale del loro arrivo dall'alto, come faceva lei, quando le luci si sono abbassate?

Manningham                 - (pausa. Guardando Rough) Ma che diavolo succede? (Corre alla porta dove trova due poliziotti) Ah, signori, entrino pure, si acco­modino. (Si getta di slancio, le guardie lo affer­rano. Ne segue una lotta).

Rough                           - (vedendo che occorre aiuto, strappa il cordone del campanello, e con questa corda legano Manningham. Rough gli dà un calcio negli stinchi e lo fa cadere. Prendendo una carta dalla tasca e rivolgendosi a Manningham) Sidney Power, ho un mandato di arresto per l'assassino di Alice Bar­low. Devo avvertirla che qualsiasi cosa lei dirà, d'ora in poi, sarà messa per iscritto e potrà essere usata come prova contro di lei. Vuole accompa­gnarci al vicino posto di polizia senza opporre re­sistenza? (Manningham tenta di rinnovare la lotta) Va bene. Portatelo via. (Stanno per eseguire gli ordini).

Signora Manningham    - (appare, scendendo le scale. Vi è un grande silenzio) Ispettore Rough. (I due poliziotti si voltano in modo che Mannin­gham si trovi di faccia alla signora).

Rough                           - Cara signora, non le pare che sarebbe meglio...

Signora Manningham    - Ispettore, desidero parlare a mio marito.

Rough                           - Ora certamente no.

Signora Manningham    - Voglio parlare a mio marito.

Rough                           - Va bene, signora, cosa vuol dirgli?

Signora Manningham    - Da sola.

Rough                           - Sola?

Signora Manningham    - Vuole, per favore, lasciarmi sola con lui? La prego. Non lo tratterrò a lungo.

Rough                           - (pausa) Non capisco bene. (Pausa) E sia. Gli parli pure da sola. (Attraversa la scena fino alla sedia a sinistra del tavolo. Rivolto ai poliziotti) Ecco. Legatelo su quella sedia. (Fa loro cenno di legarlo alla sedia. I poliziotti eseguono ed escono dalla comune) Questo è uno strappo alla regola. Ma aspetteremo fuori. (Signora Manningham rag­giunge lo scrittoio. Rough si accerta che Mannin­gham sia ben legato e si dirige verso la comune) La prego di essere breve, signora Manningham. (Esita, poi esce dalla comune).

Signora Manningham    - (ha gli occhi fissi sul marito. Finalmente si dirige alla comune, chiude la porta a chiave e poi va da lui) Giacomo, Gia­como! Cosa ti hanno fatto?

Manningham                 - (cercando di liberarsi dai legami, sussurrando) Non è nulla, cara. Tu sei tanto brava, tesoro, tanto brava. Trova qualcosa per ta­gliare questi. Io salto dalla finestra dello spoglia­toio.

Signora Manningham    - Sì, ma cosa?

Manningham                 - C'è un rasoio di là, prendilo, cara.

Signora Manningham    - (febbrilmente) H ra­soio? Sì, ora lo prendo.

Manningham                 - Sbrigati, sulla mia toletta.

Signora Manningham    - (entra nella stanza in seconda a sinistra e, mormorando, ritorna con il rasoio e va fino allo scrittoio. Mentre estrae il ra­soio dall'astuccio cade a terra un pezzo di carta. Si china a raccoglierlo, inconsciamente preoccupata dell'ordine. Dà un'occhiata al biglietto ed un sor­riso di felicità le illumina il volto) Giacomo, ecco il conto del droghiere. (Si dirige verso di lui con il conto in mano ed il rasoio nell'altra. Ride e piange allo stesso tempo) Vedi, caro? Te lo avevo detto, non lo avevo perduto.

Manningham                 - Liberami, cara, liberami!

Signora Manningham    - (fissa prima lui per un momento, poi il pezzo di carta e quindi di nuovo lui) Giacomo, come mai si trova in questo astuccio? (La sua voce si abbassa e il suo sguardo diventa feroce).

Manningham                 - Mi sarò sbagliato. Presto, cara, adopera il rasoio.

Signora Manningham    - (Io fissa per un istante e poi avanza verso di lui di un passo).

Manningham                 - (il suo sguardo si posa sul rasoio, poi alza gli occhi verso di lei e preso da un im­provviso terrore si getta all'indietro).

Signora Manningham    - Rasoio? Quale rasoio? (Porta il braccio all'altezza del suo viso).

Manningham                 - Che fai?

Signora Manningham    - (con furia mortale ras­somigliante veramente alla pazzia) Sono pazza! (Getta il rasoio per terra, lontano da lei) Sì, certo, era un rasoio. Dove l'ho perduto? Non faccio che perdere tutto e non ritrovare mai niente.

Manningham                 - (con disperazione) Cara, presto!

Signora Manningham    - Bisogna che lo cer­chi, non è vero? Sì, se non lo trovo tu mi rinchiuderai in un manicomio per la mia cattiveria. (Odio e amarezza sono compresse nel tono della sua voce) E dove potrà essere, ora? (Si volta a sinistra) Forse dietro il quadro? Si, lì, forse. (Va alla parete e rapidamente stacca U quadro) No, non è qui, che strano! Debbo rimettere il quadro a posto. L'ho staccato e debbo rimetterlo a posto. (Rimette U quadro a posto) E dove lo cerco, adesso? (E' fu­riosa come un animale braccato, si volta e vede lo scrittoio) Dove posso cercarlo? Ah, lo scrittoio, forse l'ho messo nello scrittoio. (Va allo scrittoio e fruga nei cassetti) Che strano... ah, ecco una lettera, un orologio e un conto. Vedi? Li ho trovati finalmente! (Andando a lui) Ma a che ti servono, ora? Io, invece, ti vorrei aiutare, aiutare a fuggire. Ma come può una donna pazza aiutare la fuga di suo marito? Se non fossi pazza avrei potuto aiutarti. Se non fossi pazza avrei potuto fare qualche cosa; ti avrei compatito, protetto! Ma poiché sono pazza, sono felice, senza un'ombra di pietà, senza una goccia di rimpianto, sono felice di vederti andar via.

Manningham                 - (con disperazione) Cara!

Signora Manningham    - Ispettore! Ispettore! (Va alla comune, batte con i pugni alla porta e poi la spalanca) Porti via quest'uomo, lo porti via!

Rough                           - (ed i due poliziotti entrano rapidamente).

Signora Manningham    - (completamente isteri­ca, attraversa la scena fino allo scrittoio) Lo porti via! (Rough fa un cenno agli uomini. Manningham è portato via. Lei resta a parte, tremando con rab­bia omicida).

Rough                           - (la prende decisamente per le spalle. Lei lotta per liberarsi. Rough la scuote forte. Lei resta per un momento stordita. Con gli occhi fissi su di lei, la cui furia selvaggia si è tramutata ora in pianto, l'accompagna a sedere a sinistra del tavolo) Venga, signora, si sieda. Lei ha sofferto molto: io ho colpa di averle fatto passare la più terribile serata della sua vita.

Signora Manningham    - La più terribile? Oh, no, la più bella, la più bella della mia vita!

FINE