Vita felice

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VITA FELICE

DAL ROMANZO DI ROBERT FONTAINE TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA THE HAPPY TIME

Commedia in tre atti e sei quadri

di SAMUEL TAYLOR

VERSIONE DI ADA SALVATORE

PERSONAGGI

BIBI

PAPÀ

MAMAN

NONNO

ZIO DESMONDE

ZIO LUIGI

ZIA FELICITA

MIGNONETTE

SALLY

IL DOTTOR GAGNON

ALFREDO

IL SIGNOR ERYE

L'azione si svolge in Ottawa verso il 1920.

Commedia formattata da


ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO

La stanza di soggiorno di una casa a Ottawa, Canada, nel 1920. È una stanza non lussuosa ma gaia e bril­lante; tappeto di vivi colori, tappezzeria smagliante, paralumi di tinte vivaci. Coppe piene di fiori e piante nei vasi; alle pareti, ritratti di famiglia, riproduzioni di quadri celebri in belle cornici. È una camera sim­patica, nella quale deve essere piacevole abitare. Appar­tiene alla famiglia Bonnard, francesi residenti nel Canada, ma non « franco-canadesi». La distinzione può sembrare accademica, ma ha la sua ragione di essere. L'ingresso principale è un arco nel fondo, con 'porta a due battenti e portiere rosse. Immediatamente a sini­stra è un ripostiglio per i soprabiti, e a sinistra dietro, nell'angolo, un vecchio pianoforte meccanico a i. Nel centro della parete a sinistra è un'ampia porta ad arco che mette nella sala da pranzo; sul da­vanti una tavola su cui sono bottiglie di vino, cognac e altri liquori. Alla parete scaffali su cui sono bicchieri. In fondo, a destra dell'arco, è la scala che conduce al piano superiore. Pochi gradini e poi un pianerottolo nella parete del quale si apre un finestrino con vetri multicolori; affaccia sul porticato e sulla strada. Poi comincia la scala sotto alla quale c'è una finestra con tendine. Attraverso i vetri si scorge parte del porticato, del prato e un albero. Alla parete destra grande vetrata con una cassapanca inserita nel vano in tutta la sua lunghezza. Ad una parete uno specchio incorniciato. Nel centro della stanza una tavola rotonda coperta da un tappeto rosso con frange. Sulla tavola una coppa piena di frutta e noci. Presso la tavola due seggioloni imbot­titi, di stile un po' vittoriano, rigidi e coperti di stoffa di colore vivace. Sul davanti a destra un comodo divano accanto al quale c'è un grazioso tavolinetto intagliato.

 A sinistra una sedia a dondolo. I vari mobili non hanno molto rapporto gli uni con gli altri, ma sembra che con l'andar del tempo si siano affratellati formando un insieme simpatico. Si sente nell'atmosfera la lotta continua di una donna contro parecchi uomini, intesa a mettere in questo caos, creato da maschi francesi, un certo ordine femminile e scozzese.

(E una mattina di fine estate. Il sole penetra attra­verso le finestre. Al levar del sipario si sente il gaio motivo di « La Petite Tonkinoise » suonato sul violino e pianoforte. I suonatori voltano le spalle al pubblico. Al pianoforte è un ragazzo in camicia da notte, che pigia vigorosamente i pedali; il violinista è un uomo in pigiama e accappatoio. Dopo poche battute il ra­gazzo si stira come stanco, ma non smette di suonare. Maman entra dalla sala da pranzo portando tovaglie e tovaglioli e una striscia di colore vivo con la frangia che dovrà coprire il pianoforte. Getta ai suonatori una occhiata di scherzoso fastidio e va verso la tavola in centro per deporre il suo carico).

Maman                            - Mi pareva di avervi detto mezz'ora fa di andare su a finire di vestirvi. (I suonatori si vol­tano smettendo di suonare).

Papà                                - (si scusa con un sorriso) Ah, oui, maman. (Il ragazzo, Bibi, ha dodici anni ma sembra più gio­vine, specialmente adesso, col suo viso bruno magro e sensibile che esce dal colletto bianco della camicia e i capelli neri che gli ricadono sulla fronte. Papà, che si chiama Jacques Bonnard, ha lo stesso temperamento sensibile e vivace. Ha circa trentacinque anni e veden­dolo in un altro momento si potrebbe definirlo un tipo allegro e bonario; ma ora è difficile apprezzarlo, perché lo si vede con un pigiama spiegazzato e un accap­patoio che sembra fatto con una vecchia coperta da cavallo).

Maman                            - Che mattinata. Ci siederemo a prendere il caffelatte e sarà già l'ora della seconda colazione.

Bibi                                 - Ma è il mio compleanno.

Papà                                - Basta, Bibi. (Si inchina alla moglie) Il concerto è finito. (Bibi segue il suo esempio inchi­nandosi anche lui).

Maman                            - (prendendo la coppa con la frutta) Sulla tavola da pranzo, Bibi.

Bibi                                 - (prendendola) Che bellezza quando papà mi insegnerà a suonare il piano con le mani invece che coi piedi. Quando suonerò con le mani potrò far parte della sua orchestra e vedrò tutti i giorni lo spettacolo.

Maman                            - Lo vedrai quando io sarò troppo vec­chia e debole per impedirtelo. Marche! Vite!

Bibi                                 - Oui, maman. (Porta la coppa di frutta nella sala da pranzo).

Maman                            - (sorride al marito un po’ sconfortata. È una scozzese in mezzo a uomini francesi. Influsso calmante in questa bolgia infernale. Ha pelle e capelli chiari. Gli occhi azzurri mostrano un perenne buonumore. Ha un'aria decisa e sicura, volonterosa di guidare i suoi uomini con ordine e una specie di disciplina. Ila vi è anche in lei una tranquilla rassegnazione, soprav­venuta in tredici anni di felice e affettuoso fallimento in questo suo proposito) Che diamine posso fare?

Papà                                - Eh?

Maman                            - Far portare in casa un pianoforte alle sei del mattino!

Papà                                - Un regalo per il compleanno deve essere una sorpresa.

Maman                            - È stata una sorpresa anche per me. Quanto lo hai pagato?

Papà                                - (senza importanza) Quasi niente. (Porta il violino sul sofà tirando fuori di tasca una sciarpa di seta bianca).

Maman                            - Quanto?

Papà                                - (strofinando vigorosamente il violino) Il ragazzo desidera prendere lezioni. E poi è per tutta la famiglia. È un buon esercizio per le gambe.

Maman                            - Quanto?

Papà                                - Sai, c'è quel mio amico che voleva darlo via perché ne ha comprato uno più grande...

Maman                            - Quanto?

Papà                                - Ottantacinque dollari.

Maman                            - (sgomenta) Jacques!

Papà                                - Ma non devo pagare tutto in una volta. Mi ha detto che posso impiegarci anche tutta la vita...

Maman                             - Per forza, ci impiegherai tutta la vita.

Papà                                - (rassicurandola) Mais non, colombella mia. Non è una stravaganza. (Le getta attorno al collo la sciarpa traendola ,a sé) È vero che uno dovrebbe avere del denaro in banca; ma qual è la banca che potrebbe suonare « Sangue viennese»? Nessuna. (La moglie sorride) Beh, non parliamone più. Ora non ci manca più nulla. (La bacia, stringendola con tenerezza).

Maman                            - (finalmente si scioglie dalle sue braccia. Ri­dendo) Ma Jacques, non sta bene, in pigiama.

Papà                                - È un nuovo regolamento? (In cima alla scala appare il nonno. È una nuova versione dei due Bonnard che abbiamo già veduti. Più piccolo di papà, magro e con lineamenti taglienti, ma con la stessa scin­tilla di allegria e canzonatura negli occhi. È vestito con ricercatezza: colletto duro, abito scuro leggermente mac­chiato di vino, uose. È piuttosto calvo e con tipica vanità trasporta i pochi capelli grigi a coprire la cal­vizie. Ha i baffi appuntiti e rigidamente impomatati).

Nonno                             - Bonjour.

Maman                            - Oh, buongiorno, nonno.

Papà                                - Bonjour, mon vieux.

Maman                            - Si farà colazione tardi; abbiamo avuto una mattinata musicale.

Nonno                             - Ho sentito.

 Papà                               - (prendendo il violino si avvia per salire) Come va il nuovo amore? La vedova La Touche?

Nonno                             - Si fanno dei progressi. Ieri sera abbiamo scoperto che porta la parrucca.

Papà                                - E questo ha importanza?

Nonno                             - Nessuno è perfetto.

Papà                                - D'accordo. (Sorride a maman e sale).

Nonno                             - (mettendosi un fiore all'occhiello) Questo piano ti darà molta gioia, Susette.

Maman                            - Sì... (Bidè mentre stende sul piano la striscia di stoffa) Hai tre figli, nonno, e sono matti tutti e tre.

Nonno                             - Quando sono tutti matti si capisce che non lo è nessuno.

Maman                            - Io non lo sono.

Nonno                             - No, tu sei scozzese. Ma c'è ancora da sperare. Non ti si vede più tanto, la Scozia; sei diven­tata francese nella cucina, e fra breve, con gli anni, la trasformazione sarà completa.

Maman                            - (ironica) Una trasformazione che è devo­tamente desiderata.

Nonno                             - Sarebbe una citazione?

Maman                            - Shakespeare.

Nonno                             - Ah, quello era un inglese ben fornito di ghiandole.

Maman                            - (gli getta una breve occhiata scandalizzata, guardandosi attorno istintivamente per vedere se c'è Bibi. Poi si avvicina al vecchio con calma decisione) Nonno, vorrei chiederti un favore.

Nonno                             - Importante?

Maman                            - Credo di sì.

Nonno                             - Beh, parla pure.

Maman                            - (molto schietta, ma con un sorriso gentile) Ora che sei venuto ad abitare con noi vorrei che tu stessi attento alle tue espressioni quando Bibi è presente, e a quello che gii dici quando parli con lui.

Nonno                             - (la guarda stupito, ma accetta l'ammoni­mento con calma e serenità) Ah, ah... Ho detto qualche cosa che ti ha dato fastidio. Scusami.

Maman                            - È perché Bibi è tanto giovine e subisce tanto fortemente l'influenza degli uomini della fa­miglia. Ti adora e prende come vangelo qualunque cosa tu dica. E tu parli con lui come se fosse adulto.

Nonno                             - Non c'è altro modo di parlare ad un bambino.

Maman                            - Ma perché gli uomini dicono sempre questo? Sembra larghezza di idee; e invece è una sciocchezza. I bambini vanno trattati da bambini.

Nonno                             - (annuisce allegro) Eh bien, dopo cola­zione giocherò alle palline con lui. (Va verso il tavo­lino dei liquori a prendere una scatola di bonbons).

Maman                            - Oh, sai benissimo quello che voglio dire. In fin dei conti è tanto tempo che non abiti più con un bambino.

Nonno                             - Era molto tempo che non abitavo più con nessuno.

Maman                            - (dolcemente) Ti è dispiaciuto venire a stare con noi? Preferivi star solo?

Nonno                             - (con un piccolo sorriso) Alla mia età, dovunque si stia si è sempre soli.

Bibi                                 - (entra di corèa dalla sala da pranzo) Nonno! Grazie del canarino! Abbiamo appeso la gabbia in sala da pranzo.

Nonno                             - Speriamo che ti canti la sua canzone per molti anni felici. (Offre la scatola dei dolci).

Bibi                                 - (prende un cioccolatino) Ho avuto dei pat­tini nuovi, il pianoforte, e dallo zio un gufo imbal­samato...

Maman                            - (con un sussulto) Nonno, non dare cioc­colatini a Bibi prima di colazione.

Nonno                             - Hai detto che saremo in ritardo; anche un bambino deve tenersi in forma.

Maman                            - Ma c'è dentro il cognac!

Papà                                - (è apparso sulla scala e discende portando l'astuccio del violino) No, papà. Posalo, Bibi.

Bibi                                 - (gentilmente eseguendo) Non ho fame, nonno.

Papà                                - (divertito, crollando il capo, al nonno) Tu hai uno stomaco di struzzo.

Bibi                                 - Oh, lo zio Desmonde non ha ancora visto il piano. E neanche il canarino. (Chiama andando verso la scala) "Zio Desmonde! Zio Desmonde!

Nonno                             - (fa un balzo dalla sedia a dondolo dove si era seduto) Zitto, Bibi! Non lo svegliare.

Bibi                                 - (interdetto) Oh.

Papà                                - Perché?

Nonno                             - Sta dormendo.

Maman                            - Il nonno ha ragione. Lo zio Desmonde ha solo una settimana di vacanza prima di rimet­tersi in viaggio. Lasciamolo dormire.

Nonno                             - (ripiombando nella sedia a dondolo) Del resto sarebbe impossibile svegliarlo. Ho guardato or ora in camera sua: dorme così profondamente che non sentirebbe neanche le cannonate.

Maman                            - Non so come ha potuto dormire col pianoforte che ha cominciato a suonare da stamat­tina alle sei. Bibi, vai a finire di vestirti.

Bibi                                 - Oui, maman. (Al padre) Quando facciamo uscire il canarino?

Papà                                - Più tardi.

Maman                            - (stupita) Cosa?

Papà                                - Solo per qualche minuto. Perché possa volare un pochino. È nostro ospite...

Maman                            - Jacques, non ti sognerai di fare uscire quell'uccello dalla gabbia!

Papà                                - Solo per pochi minuti. Domando troppo? (La prende per le spalle e le sorride maliziosamente) Credimi, amor mio: quell'uccellino nel suo canto, che io capisco perfettamente, ha espresso il desiderio di vivere la sua vita. È un desiderio che bisogna rispettare.

Bibi                                 - (con gli occhi spalancati, ma sospettoso) Come fai a saperlo, babbo? Come puoi sapere quello che desidera il canarino?

Papà                                - (strizza l’occhio alla moglie) Diglielo, al ragazzo, informalo. (Prende un sigaro da una scatola).

Bibi                                 - Dimmi, maman.

Maman                            - (sorriso forzato) Pare che tuo padre capisca il linguaggio degli uccelli. Quando mi ha cono­sciuta, suonava nell'orchestra di un albergo in una stazione climatica. Il primo giorno che lo conobbi mi disse che aveva parlato con un'allodola la quale gli aveva detto che desiderava andassimo a trovarla nel bosco.

Bibi                                 - Davvero?!

Nonno                             - (guardando papà) E così accadde?

Papà                                - (modestamente) Così cominciò.

Nonno                             - (a maman che è lì imbarazzata ma cerca di non ridere) Ma guarda! E tu hai esaudito il desi­derio dell'uccellino? Andasti nei boschi con lui? Non può essere che tu sia completamente scozzese. (Maman si è stretta nelle spalle arrossendo).

Bibi                                 - Ma è proprio vero? Papà parla con gli uccelli?

Maman                            - Tuo padre è un grand'uomo.

Nonno                             - È perfino più grande di quello che credevo.

Maman                            - Insomma ora andate tutti e due a finire di vestirvi. Bisogna far colazione. (Movimento generale che si interrompe perché si sente sbattere la porta d'ingresso. Un giovanotto che indossa una giacca da pranzo molto sgualcita irrompe allegramente, ma vedendo gli altri si ferma e vorrebbe tornare indietro).

Bibi                                 - Zio Desmonde! (Il nonno sembra accartoc­ciarsi. Desmonde è il più giovine dei fratelli Bonnard, il più allegro e il più bello. Ora, passato il primo momento di imbarazzo, affronta la situazione con disinvoltura).

Desmonde                       - Bonjour, mes amisi Buongiorno, buongiorno! Bella giornata vero?

Papà                                - Non siamo ancora usciti.

Desmonde                       - No?

Maman                            - (guardando il nonno) Mi pareva che lo avessi visto a letto, addormentato.

Nonno                             - (con gesto vago) Sai, ci vedo poco... alla mia età...

Desmonde                       - C'è qualcosa che non va, Susette?

Maman                            - (imbronciata) Mi chiamo Susanna.

Desmonde                       - (con un sorriso affascinante) Susanna... Susette... Comunque, un bel nome. Vuoi sapere che cosa ho fatto?

Maman                            - No.

Desmonde                       - Te lo dirò lo stesso. Avete diritto di saperlo.

Maman                            - Bibi, va di sopra.

Bibi                                 - (protestando) Oh, oh!

Desmonde                       - Ma no, Susanna, è una storia che può sentire chiunque. Allora: stasera...

Papà                                - Cioè ieri sera...

Desmonde                       - Sei minuzioso, fratello mio. Diciamo dunque ieri sera. Avevo invitato a pranzo una gio­vine signora simpaticissima. Una signora che appar­tiene ad una famiglia stimabilissima (questo è detto per maman) sicché non vi è nulla da dire. Siamo andati al Chàteau Laurier. Bon?

Nonno                             - Bon.

Desmonde                       - Abbiamo pranzato... con relativi vini, e abbiamo mangiato moules marinières, una sogliola col vino bianco, una quaglia ripiena di foie gras... Avete fatto colazione, voi altri?

Papà                                - (scontento) Non ancora.

Desmonde                       - Allora vi risparmio il resto. Dopo pranzo siamo andati della signora... bellissimi mobili... dopo abbiamo avuto una conversazione molto intelligente: i quadri di Manet, la musica di Ravel, le discussioni alla Camera francese, insomma abbiamo perduto la nozione del tempo. Credetemi, eravamo così ingolfati nei nostri discorsi... e tutto ad un tratto alziamo gli occhi! Sacrebleu! Il sole penetrava dalle finestre!

Nonno                             - (seccamente) Non avevate chiuso le imposte? (Desmonde scoppia a ridere e guarda maman che ha ascoltato rigida, senza cambiare espressione).

Desmonde                       - (cortesemente a maman) Perciò, Su­sanna, se vuoi scusarmi... Non occorre che prepari la colazione per me. La signora è stata così gentile... Ora vado a letto. Questi esercizi mentali sono vera­mente faticosi. (Dà uri occhiata significativa a maman la quale non riesce più a reprimere un sorriso. Lui scoppia a ridere e la bacia sulla guancia) Ah, bon! (Va verso la scala e nel passare ficca la mano fra i capelli di Bibi) Auguri, Bibi caro!

Bibi                                 - Grazie, per i pattini, zio Desmonde. (De­smonde si volta a guardare papà interrogativamente).

Papà                                - La prossima volta, per amor di tuo fra­tello farai a meno delle discussioni sulla Camera francese.

Desmonde                       - (mentre sale di corsa. Ridendo) Buona notte!

Bibi                                 - (gli corre dietro) Zio Desmonde, zio Des­monde, non ci hai detto che cosa hai avuto per colazione! (Scompare).

Maman                            - (guarda con aria di accusa il suocero e il marito) Avete visto? Che cosa credete che possa pensare Bibi di una cosa simile?

Papà                                - Proprio niente. Vuole soltanto sapere quello che ha avuto Desmonde per colazione.

Maman                            - Ma un giorno capirà che cosa era tutta questa storia.

Papà                                - Quando sarà abbastanza grande per ren­dersene conto, avrà anche l'età di poter capire.

Maman                            - E non sai dire altro? So che Desmonde è tuo favorito; del resto lo è anche per me. (Al nonno) Ma sapete benissimo quello che intendo. Un ragazzo di quella età può essere impressionato da qualunque cosa. C'è tuo figlio Luigi, che abita alla porta accanto, ed è famoso in tutta Ottawa per la quantità di vino bianco che è capace di bere...

Nonno                             - (interrompendola) Ah no, Susanna; lascia stare Luigi. Lui e Bibi insieme sono come due bambini.

Maman                            - (disperata) È sempre ubriaco.

Papà                                - Ma è così buono. Chissà come sarebbe se fosse sobrio?

Maman                            - E va bene, per il momento non par­liamo di lui. Ma adesso Desmonde sta diventando famoso anche lui, in altro modo. Il più gran con­quistatore della città! E proprio lui doveva fare il viaggiatore dì commercio? Rabbrividisco pensando a ciò che accadrà a tutte le donne del Canada.

Nonno                             - Non abbiamo ancora avuto relazioni dalle provincie limitrofe.

Maman                            - (con decisione) Sarebbe ora che Desmonde mettesse la testa a posto e sì sposasse.

Papà                                - D'accordo. Ma prima c'è un piccolo pro­blema: quello di trovare la ragazza adatta. Ti ricor­derai che io ho dovuto chiedere l'aiuto di un'allodola. (Bibi ridiscende rumorosamente portando una copia della « Vie Parisienne »).

Bibi                                 - Che bellezza avere di nuovo lo zio Desmonde a casa! Tieni, papà, mi ha detto dì restituirti la « Vie Parisienne » che gli avevi prestato.

Papà                                - Merci bien. (Vedendo Vespressione del viso di maman, ficca il giornale in tasca un po' vergognoso).

 Maman                           - Bibi, torna di sopra e... che hai fatto con quelle maniche?

Bibi                                 - Sono troppo lunghe. Zio Desmonde mi ha dato ieri degli elastici per tenerle su. (Si tira giù le maniche) Vedi?

Maman                            - (inorridita) Giarrettiere da donna! Levatele subito! (E gliele strappa lei stessa).

Bibi                                 - E come faccio ad adoperare le mani?

Maman                            - (agita le giarrettiere verso i due uomini leggermente sbalorditi) Gli direte qualche cosa, almeno? Guardate un po'! Chissà da che gambe sconosciute sono state tolte!

Nonno                             - Per Desmonde non erano sconosciute.

Maman                            - Jacques!

Papà                                - Calmati, tesoro. Desmonde è giovine.

Maman                            - Questo qui è anche più giovine. (Al nonno) Vuoi deciderti a parlargli? (Oli butta in grembo le giarrettiere).

Nonno                             - Oui, oui. Ma non c'è gran male nel prendere al volo le giarrettiere che le ragazze del Casinò Burlesque gettano dal palcoscenico.

Maman                            - Io non voglio le giarrettiere del Bur­lesque alle braccia di mio figlio.

Bibi                                 - Soltanto una è del Burlesque. L'altra è stata ottenuta privatamente. (Maman geme, prende i tovaglioli e va in camera da pranzo avvilita. Bibi la segue chiedendosi perché quella constatazione di fatto l’ha turbata. Ma papà lo trattiene).

Papà                                - Bibi, nel mondo degli uomini non si parla molto, tu comprendi? Basta avere le giarrettiere; non occorre far sapere come si sono ottenute.

Bibi                                 - Maman è in collera?

Papà                                - No, non precisamente; è soltanto seccata perché gli uomini sono solidali fra loro. Ma nelle cose di questo genere è essenziale. Gli uomini devono essere solidali. Lo capirai quando sarai uomo anche tu. (Dà uno scappellotto affettuoso a Bibi, si ficca il sigaro in bocca, prende un fiore e lo mette all'occhiello ed esce per andare a far la pace).

Bibi                                 - (va a sedere sul bracciolo della sedia a dondolo dove è il nonno e per qualche istante si dondolano tutti e due in silenzio) Quando è che sarò un uomo?

Nonno                             - Non si può dire. Forse presto. È que­stione di ghiandole.

Bibi                                 - Ah, quelle che non ho ancora?

Nonno                             - Sì. E anche quando le avrai, non sarai ancora un uomo. C'est à dire, non un uomo come deve essere un Bonnard.

Bibi                                 - No? (Ha preso le giarrettiere dal grembo del nonno e giocherella distrattamente).

Nonno                             - No. Perché quella delle ghiandole è una faccenda puramente tecnica. È una legge di natura che si chiama « la puberté » ed è diffusa fra tutti gli animali perché è il risveglio di un appetito naturale.

Bibi                                 - Ma come si fa ad essere un uomo come papà?

Nonno                             - Ah, ecco! Si è un uomocome papà quando si ha la cognizione di come si usano le ghian­dole, il cuore e lo spirito tutto insieme disciplinata­mente. Tu comprends, Bibi? Per essere veramente un uomo bisogna conoscere due cose, l'amore e la verità.

Bibi                                 - (riflettendo) Amore... verità... è difficile conoscerle?

Nonno                             - È quasi impossibile.

Bibi                                 - Oh. (Con ingenuità infantile ha formato con le giarrettiere una specie di corona che si posa sul capo mentre considera il problema. Poi attraversa la stanza tenendo la corona in equilibrio) Ma tenterò.

Nonno                             - Bien. Non c'è altro da fare. (Si ficca un cioccolatino in bocca. La luce diminuisce e cala il sipario).

QUADRO SECONDO

Sei mesi dopo. Tardo pomeriggio di primavera.

(Al levar del sipario maman è seduta sola e cuce canticchiando sottovoce una vecchia ballata scozzese. Si interrompe sentendo sbattere la porta d'ingresso e si volta a guardare mentre sotto Varco compaiono papà e Bibi. Papà ha un abito scuro, camicia bianca mor­bida con colletto duro e cravattina nera. Ha in mano l'astuccio del violino. Bibi, sebbene sia per entrare nell'adolescenza è ancora vestito da ragazzino; siamo nel 1920-21, quando i pantaloni lunghi venivano indossati piuttosto tardi).

Papà                                - Oho!

Maman                            - Ah, cominciavo a preoccuparmi.

Papà                                - (porgendo a Bibi l'astuccio) È stata una mattinata piuttosto lunga.

Bibi                                 - (va a portare il violino sul pianoforte) Papà ha dovuto fare parecchi bis, maman, e la foca am­maestrata è stata richiamata dodici volte.

Papà                                - Hallo, ma chère. (Si china a baciare maman e nota il suo lavoro) Stai cucendo! Ancora! Quando esco e quando torno... Fra poco ti vedrò andare in giro con gli spilli in bocca come una sarta. (La bacia sulla bocca) E sarà la fine del mondo.

Maman                            - Il ragazzo ha bisogno di vestiti.

Papà                                - Ci sono i negozi apposta. Ti avevo pre­gata di non lavorare tanto; ora te lo impongo.

Maman                            - (sorridendo alza la mano destra e, con accento scozzese) Le donne ma parole.

Papà                                - (la imita e ride) Le donne ma parole! Parla un francese di pura marca scozzese! Beh, ma ora ho una sorpresa per te.

Maman                            - (guarda incuriosita) Una sorpresa!

Bibi                                 - (va a baciarla) Oh, maman! Avresti dovuto venire anche tu! Non c'è niente di così bello come il vaudeville.

Maman                            - (sorridendo) È bello vedere papà che dirige l'orchestra.

Bibi                                 - Ah, sì! E meglio ancora, maman, prima della rappresentazione sono stato in palcoscenico con papà. Ti ricordi monsieur La Salle, quello che balla con sua moglie e il balletto « Il Fauno e la Ninfa » e la moglie fa la parte della Ninfa!

Maman                            - Mi ricordo.

Bibi                                 - Ha insegnato a me e a papà un ballo nuovo. Vuoi vederlo!

Maman                            - Certamente.

Bibi                                 - Vieni, papà. (Afferra papà per ballare).

Papà                                - Ma bisognerebbe fare prima qualche prova, Bibi.

Bibi                                 - Mais non! Siamo bravi! Allons-y. (Comincia a cantare la musica di una danza dell'epoca. Potrebbe essere la « Matchiche ». Papà si calca il cappello sul capo asghimbescio)TEb-da,, da-da-da... (Eccetera. Ballano e Bibi canta le parole della canzone. Papà inciampa nella tavola. Una lampada oscilla e sta per cadere. Maman getta un grido e la afferra e la danza è finita).

Papà                                - Hai visto, Bibi, che il ballo può essere pericoloso!

Bibi                                 - Ti piace, maman!

Maman                            - Ma sì. Se tuo padre potesse ballare e contemporaneamente suonare il violino, diventerebbe celebre. Vieni qui, caro. (Il ragazzo si avvicina e maman gli prova la blusa che ha cucito, correggendone i difetti. Papà si toglie il cappello, va a sedere alla tavola centrale, accende un sigaro e apre il giornale. Bibi ha preso dalla tavola, nel passare, qualche biscotto e metodicamente se li ficca in bocca. Maman lo guarda maliziosamente).

Maman                            - È venuta Sally a cercarti poco fa.

Bibi                                 - (indifferente a bocca piena) Mmmmm!

Maman                            - Sally O' Hare, quella che abita qui vicino.

Bibi                                 - Mmmmm.

Papà                                - La bella americana di Bibi!

Bibi                                 - (cercando di dire « miai ») Mmmmmm!

Papà                                - Cosa è venuta a chiedere in prestito questa volta!

Maman                            - (sorride) L'aspirapolvere. Ha detto che il loro era rotto. Sta fermo, caro. Appena ha visto che Bibi non c'era, non le è importato più nulla dell'aspirapolvere; ma glielo ho fatto prendere lo stesso. Voltati, Bibi. (Bibi eseguisce) Un giorno o l'altro finirà col non sapere più che cosa chiedere in prestito.

Bibi                                 - (stupito. Vorrebbe dire « mei ») Mmmmmmm?

Maman                            - Non parlare a bocca piena, tesoro.

Papà                                - Il nostro bel ragazzo. Un vero Bonnard. Le donne vengono a farsi prestare il suo aspira­polvere.

Bibi                                 - (inghiottendo l'ultimo biscotto) Qu'est-ce que c'est questa storia di Sally!

Maman                            - Vorrei che tu fossi carino con lei.

Bibi                                 - Ha una macchinetta in bocca...

Maman                            - È per essere carina più tardi. Voglio che tu sia gentile con lei, caro. È da poco tempo nel Canada e non ha molti amici.

Bibi                                 - (poco interessato) Ma sì, che ne ha. Ha già il suo gruppo a scuola. Dice che dalle sue parti tutti si dividono in squadre.

Papà                                - C'est vrai. In America si vive pericolo­samente. E tu? Fai parte del gruppo di Sally!

Bibi                                 - Io! Un gruppo capitanato da una ragazza!

Papà                                - Eh, questo è il triste fato delle donne. Possono essere capogruppo o possono essere amate; mai entrambe le cose.

Maman                            - Piangiamo su questo.

Bibi                                 - Maman è tutte e due le cose. (I genitori lo guardano) In questa casa. (Maman ride).

Papà                                - Ah, sì, è vero. Ma non dobbiamo par­larne, sai! È la nostra vergogna segreta.

Maman                            - (rigirando Bibi per correggere i difetti nel dorso) Non ci credere, Bibi. Nessuna povera donna abbandonata può essere signora e padrona nella casa dei Bonnard. Io sono la schiava di cinque uomini e la mia è una vita terribilmente dura.

Bibi                                 - Ah! (Si volta a guardare il padre da sopra la spalla) Vraiment?

Papà                                - Sì. Ma almeno è qualche cosa essere amata da cinque uomini.

Bibi                                 - (l’argomento è esaurito) E per la domenica, questa?

Maman                            - Sì, per metterla coi pantaloni blu. Ti piace?

Bibi                                 - Sì. (Poi constata, ma come se non ci tenesse) Molti ragazzi della mia classe vengono a scuola coi pantaloni lunghi.

Maman                            - Sono ancora troppo giovani.

Bibi                                 - È vero: sembrano degli ometti. D'altra parte, se consideriamo che io sono alto quasi come papà...

Papà                                - Posso offrirti un sigaro?

Bibi                                 - (rifiuta crollando la testa) Grazie. Aspetto di essere un uomo.

Maman                            - (burlandolo) E quando lo sarai?

Bibi                                 - (alzando le spalle) È una , questione di ghiandole. (Papà quasi inghiottisce il sigaro).

Maman                            - Bibi!

Bibi                                 - Ho detto qualche cosa?

Maman                            - (ha finito di provargli la blusa) Basta. Ho finito. Raccogli la tua roba.

Bibi                                 - Mmmmmm?

Maman                            - (indica il pavimento davanti alla cassapanca della finestra dove sono in disordine pattini a rotelle, pattini da ghiaccio, tre bastoni da hockey rotti, una racchetta per baseball, un gufo imbalsamato, una palla da tennis e altri tesori del genere). Ti abbiamo permesso di avere la cassapanca per tenervi la tua roba, ma a patto che avresti tenuto tutto dentro, non sul pavimento.

Bibi                                 - È stato perché cercavo una cosa... (comin­cia a raccogliere gli oggetti sparsi) ...importante.

Maman                            - Sbrigati a mettere tutto a posto; voglio che tu vada a fare un riposino prima di cena. (Si volge a papà) Dov'è la sorpresa?

Papà                                - (sta godendosi il sigaro) Eh?

Maman                            - Mi hai detto che avevi una sorpresa...

Papà                                - Ah, oui! Tortorella mia, non sei più una povera donna sola e abbandonata. Ti ho trovato una ragazza per aiutarti nelle faccende domestiche.

Maman                            - Ah, sì? E abbiamo ereditato un milione di dollari in oro?

Papà                                - Bah! Non c'è bisogno di essere ricchi; siamo in condizione di poter pagare una ragazza che ti aiuti. E d'altronde, la ragazza ha bisogno di essere aiutata.

Maman                            - Ah, ora ci siamo. La ragazza ha bisogno di aiuto. Dunque?

Papà                                - Si chiama Mignonette Chappuis. L'ho vista in palcoscenico dopo lo spettacolo, tutta in lagrime nel suo camerino. Era stata licenziata. Sai come sono io, quando vedo una donna che piange.

Maman                            - (sorridendo) Oh sì, lo so.

Papà                                - È sola e non ha dove andare. Così... le ho detto che poteva venire da noi. Ho pensato di pren­dere due piccioni con una fava: noi aiutiamo lei e lei aiuta te!

 Maman                           - E che cosa fa?

Papà                                - È acrobata.

Maman                            - Dio mio!

Papà                                - No, non fraintendermi. Lavora con gli acrobati. « Con ». Tu comprends? È la bella che sta da un lato del palcoscenico e grida: «et voilà» e getta il fazzoletto ai ginnasti. « Ai » ginnasti! (Dimostra lanciando in aria un fazzoletto, afferrandolo e asciugandosi il sudore sotto alle ascelle) Et voilà! L'ho interrogata minutamente: è una bravissima cuoca ed ha un gran desiderio di lavare biancheria, lucidare pavimenti, spolverare i mobili, nonché di rifare i letti e servire a tavola. Et voilà!

Maman                            - (sorride teneramente) Et voilà! E quando servirà a tavola, ci getterà i tovaglioli gridando: «et voilà»? (Fa il gesto).

Papà                                - Sarebbe interessante. Ma réellement, èl una chanteuse. Ha accettato il lavoro con gli acrobati unicamente quando non ha avuto la possibilità di cantare.

Maman                            - E perché è stata licenziata?

Papà                                - Perché... (Si accorge di Bibi che è appog­giato alla spalliera del sofà e non perde una parola) Perché non metti in ordine la tua roba?

Bibi                                 - Tutto a posto. Begarde! (È vero. Il pavi­mento è sgombro).

Maman                            - Allora va di sopra.

Bibi                                 - Oui, maman. Ma prima voglio bere un po' d'acqua.

Papà                                - Ottima idea.

Bibi                                 - Ma. non gridava soltanto «et voilà», sai? j a volte gridava anche « hop »! (È molto soddisfatto di aver fornito questa ulteriore informazione).

Papà                                - (si inchina ringraziandolo) Merci! Merci mille fois! (Bibi accetta il ringraziamento e va in cu­cina. Papà guarda maman senza speranza) Come pos­sono, delle orecchie così mal lavate, sentirci così bene!

Maman                            - Mi stavi dicendo perché ha perso il posto. Come si chiama? Mignonette?

Papà                                - Sì, Mignonette Chappuis. Ecco: nella troupe degli acrobati fa il servizio che ti ho detto. Ma il capo della troupe, un omaccio grande e grosso, ha cominciato a chiedere altri servizi ai quali la ra­gazza si è rifiutata. E così oggi niente lavoro, niente quattrini; piange, io arrivo...

Maman                            - Et voilà! E anche «hop »! (Bidè con lui affettuosamente) Sì, marito mio; la aiuteremo e lei mi sarà di grande aiuto. Grazie. E quando arriva, il tuo canarino?

Papà                                - Appena avrà fatto la sua valigia.

Maman                            - (improvvisamente turbata) Oh! (Il marito la guarda interrogativamente) E Desmonde?

Papà                                - Che c'entra Desmonde?

Maman                            - La ragazza è giovine e carina e...

Papà                                - Per tutti i barbagianni d'oro! Mio fra­tello non la disturberà. Non è un diavolo, Desmonde. E del resto, è in viaggio a vendere il suo vino; non tornerà prima di alcune settimane.

Maman                            - Sì... Io non sono tanto severa come pare, con Desmonde. Ma bisogna che qualcuno si preoccupi per lui.

Papà                                - (baciandola in fronte) Hai ragione e ti permetto di preoccuparti per lui. Ma ti prego di non preoccuparti anche di tutta la popolazione femminile del Canada. (Si è cominciato a sentire il rumore di un alterco in cucina e ora Bibi viene di corsa gridando).

Bibi                                 - Papà! Papà! È zio Luigi! Sta venendo con la sua cantimplora! (Papà fa una smorfia. Non si possono ancora distinguere le parole dell'alterco che si sta avvicinando ma sono press'a poco queste):

Luigi                                - Sacrebleu! Non voglio sentire più niente, tu comprenda!

Maman                            - (disperata) Dio mio!

Bibi                                 - (molto eccitato) La solita storia! Viene dalla porta di servizio e zia Felicita gli corre dietro, e lui urla e lei urla; eccoli che arrivano.

Felicita                            - Sentirai e come. Sei un ubriacone insopportabile e nessuno porterà il lutto per te, se muori.

Papà                                - Purtroppo li sentiamo! (Le voci si avvici­nano).

Luigi                                - Non darti tante arie. Non sei cugino del re.

Felicita                            - Ti ho detto di darmelo!

Luigi                                - Bada! Mi sta saltando la mosca al naso!

Maman                            - Dio mio, i vicini. Bibi. Il piano.

Bibi                                 - Ah, sì. (Va a mettere in moto il piano mec­canico pestando sui pedali).

Felicita                            - Ah, sacre bon Dieu! Che debbo fare?

Luigi                                - Tacere.

Felicita                            - Già, a che serve parlare con te? È come predicare al deserto.

Luigi                                - E allora smetti di parlare!

Felicita                            - Tanto ti entra da un orecchio e ti esce dall'altro! (Mentre entrano, Luigi cerca di terminare la discussione con un ultimo grido stentoreo).

Luigi                                - Fiche-moi la paix!

Felicita                            - (non si pud imporle il silenzio) Ver­gognati! Sbornione! Sporcaccione!

Luigi                                - (cercando di farla tacere) Perdi una buona occasione per stare zitta! (Il pianoforte sta strepitando e per un po' di tempo compete con le imprecazioni lan­ciate con tanto fervore. Zio Luigi è il più anziano dei tre fratelli. È più grosso e più pesante ed ha perduto la snellezza e l'eleganza della figura a causa del molto bere e della sua pigrizia. Il suo naso è rosso e bulboso. Ha grosse borse sotto gli occhi. È floscio e il suo vizio di bere è evidente. Ma fortunatamente ha conservato della bontà, del calore e della compassione. Felicita è piccola, scarna e dura. Da venti anni guadagna da vivere per se, per suo marito e per sua figlia. Eppure guardando attentamente quei due, è ancora possibile discernere qualche barlume di un affetto nato nell'avversità e alle­vato tra le dispute. Felicita indossa un abito da casa scuro. Luigi ha il gilè ma è senza giacca. Gravattina nera e ciabatte di stoffa da tappeto. Si stringe al petto una piccola cantimplora - recipiente di terra per rin­frescare l'acqua, con rubinetto in basso - di terra refrat­taria. Ha l'aria di essere disposto a tenere a distanza chiunque tenti di levargliela. Felicita è alle sue calcagna. Papà, che conosce queste scene e le detesta, si ritira in fondo alla scena).

Felicita                            - Che razza di marito! Quando non beve dorme e quando non dorme beve! Maledetto il giorno in cui ho accettato di sposarti!

Luigi                                - E io? Dovrei ricevere delle congratula­zioni? Ti dirò, perché tu lo sappia... (La donna tenta di afferrare il recipiente ma Luigi la respinge col braccio teso) Non offrirmi la tentazione di romperti il braccio!

Papà                                - (stufo di quello strepito, grida a Bibi) Basta, Bibi! Finiscila. (Il piano tace) Cosa ci importa dei vicini? Sono questi i vicini! Questi due! Che litigano in continuazione!

Maman                            - Bibi, voglio che tu vada a fare un ripo­sino prima dì cena.

Bibi                                 - Non sono stanco.

Maman                            - Marche! Vite! (Bibi si amia alla scala).

Luigi                                - Quella farebbe muovere anche le mon­tagne! Sei proprio brava, sai! (Prende un bicchiere e, tenendo stretta la caraffa, gira attorno alla tavola e va a coricarsi sul sofà. Posa la cantimplora sul tavoli-netto vicino e riempie il bicchiere).

Felicita                            - Un uomo che beve il vino da una caraffa per l'acqua!

Papà                                - Dal momento che lo beve come l'acqua...

Felicita                            - Un uomo che da vent'anni non si è mai preoccupato di lavorare.

Luigi                                - Marito e moglie non devono lavorare tutti e due. Lo sanno tutti: è una questione di poli-tesse.

Luigi                                - (a papà indicando la cantimplora) Me l'ha rubata! Ti pare possibile una moglie che ruba? È contro natura, no?

Felicita                            - Devi ascoltarmi, hai capito? Hai una figlia, ricordati che hai una figlia che è un angelo del cielo, una perla fra tutte le donne...

Luigi                                - (teneramente) Ah, oui, Yvonne, ma prin­cesse...

Felicita                            - Eppure quella dolce creatura, quel tenero fiore non può trovare marito! Pourquoi?

Luigi                                - (interrogando) Pourquoi?

Felicita                            - Pourquoi! Perché suo padre beve vino da una cantimplora. (Fa un altro tentativo per im­padronirsene).

Luigi                                - (balza con un gran gesto) Bada! Questa è la guerra!

Felicita                            - Zut!

Luigi                                - (indietreggiando con un sospiro) Ah, io sono un povero piccione solitario per cui le migliori ciliege sono amare.

Felicita                            - Ascoltami. Devi smettere di bere.

Luigi                                - Ma adesso non sto bevendo.

Felicita                            - Perché sei già ubriaco. Ma devi diven­tare sobrio. Prima di rientrare in casa e parlare con la tua famiglia, devi essere sobrio. (Agli altri) Sta lì seduto, beve e si guarda l'ombelico mentre la sua unica figlia diventa una zitellona. Ha delle alluci­nazioni. Vede mosche e farfalle. Ha continuamente il terrore che una farfalla lo assalisca!

Luigi                                - (vigorosamente. Difendendo la sua fede) Ho ragione. Per un uomo nelle mie condizioni la puntura di una farfalla può essere fatale.

Felicita                            - Per un uomo nelle tue condizioni può essere fatale soffiarsi il naso. (Va verso la sala da pranzo) Non ti parlerò più finché non ti sarà passata la sbornia.

Luigi                                - Bene! Così si va d'accordo! (Si versa un altro bicchiere. Sotto all'arco è apparsa Mignonette).

Felicita                            - Sono spiacente per te, Susanna.

Maman                            - Oh, non ci pensare. (Felicita esce).

Mignonette                      - (Umida) Pardon... il signor Bon­nard...

Papà                                - (voltandosi) Oh, signorina Chappuis! Ma-man! (Mignonette ha poco più di vent’anni ed è il tipo tradizionale della bellezza francese. Capelli neri, grandi occhi neri, fossette nelle guance, ben fatta, con quel tanto di rotondità necessaria, piedi piccoli e cavi­glie sottili. Indossa un soprabito da poco prezzo che però le sia bene e un cappellino a cloche. Può essere gaia, ma per il momento è soltanto timida).

Mignonette                      - Pardon... ho spinto il bottone del campanello e ho picchiato alla porta... nessuno ha risposto, ma sentivo delle voci...

Papà                                - Ah, lo credo che sentivate delle voci che si sentivano. Ecco la signora Bonnard... Mignonette Chappuis!

Maman                            - (prendendole la mano) Sono contenta di vedervi. Come state?

Mignonette                      - Très bien, merci. Porse ho fatto male ad entrare... (Bibi appare sulla scala e fa capo-Uno dalla ringhiera per vedere la nuova venuta. Poi decide che forse lo manderebbero di nuovo via e siede sui gradini rimanendo ad ascoltare, nascosto dalla ringhiera).

Maman                            - (sorridendo) Niente affatto. Dato il tono di voce di questa famiglia si può suonare il campa­nello e rimanere per delle ore ad aspettare. (Migno­nette vede Luigi sul sofà) Questo è il fratello del signor Bonnard.

Luigi                                - Mademoiselle...

Papà                                - Avete portato la valigia?

Mignonette                      - (voltandosi per andare in anticamera) Sì, l'ho lasciata...

Papà                                - Vado io. (Va in anticamera).

Maman                            - Sono contenta che siate venuta ad aiutarmi.

Mignonette                      - Oh, no! È tutta bontà vostra! Vostro marito... (Si guarda attorno. Evidentemente tutto le riesce nuovo e bello. Si toglie il cappello) Lia, vostra casa è una bel-lez-za!

Maman                            - Grazie, Mignonette. Dov'è la vostra casa?

Mignonette                      - Non ne ho.

Maman                            - Ah! (Sorride gentilmente) Beh... ora siete in casa vostra.

Mignonette                      - Merci bien.

Papà                                - (torna con la valigia e la posa. Alla moglie) Vuoi mostrare a Mignonette la sua camera?

Maman                            - Sì, guardate, Mignonette, è qui dietro, vicino alla cucina. Potete passare per l'anticamera e per la stanza da pranzo. (Mignonette e papà si chi­nano insieme per prendere la valigia).

Mignonette                      - (con un sorriso radioso) No, prego. La signora vorrà dirmi qualche cosa. (Prende la valigia e va attraverso l'anticamera insieme a maman).

Maman                            - Soltanto la stanza da bagno è di sopra. Vi toccherà attraversare tutta la casa... (Sono scom­parse in anticamera. Papà guarda Luigi. Pausa).

Luigi                                - È venuta per aiutare in casa? (Papà accenna di sì) Beh, così io non sarò troppo di peso a Susanna.

Papà                                - No.

 Luigi                               - (triste) Ma per te, fratello mio, sono un peso, vero? Sono la tua pecora nera.

Papà                                - No, sei mio fratello del quale posso dire vantandomi: «beve il vino prendendolo dalla caraffa dell'acqua ». (Sorride e gli dà un colpetto sulla spalla) C'è poca gente che può dire altrettanto.

Luigi                                - Ah, sì. Da giovine avevo delle idee. Ti ricordi quando ero piccolo? Il tuo fratello maggiore Luigi?

Papà                                - Sì.

Luigi                                - Che uomo! Un uomo di prim'ordine, desti­nato a grandi successi. Ho commesso un solo errore. Ho sposato una donna che teneva alla carriera.

Papà                                - (divertito) Felicita? Che carriera? Come sarta?

Luigi                                - Pretendeva che la facessi io, la carriera! Ed io, uomo con delle idee, fui costretto a ritirarmi... e a sognare.

Papà                                - E a bere.

Luigi                                - Beh, sono cose che vanno insieme. Non bisogna mai sposare una donna che ha una carriera. Vi pesterà i piedi per tutta la vita.

Papà                                - Cercherò di ricordarmene. (Gli batte sulla spalla) Tu sei sempre il benvenuto qui, Luigi. Chiudi gli occhi e lascia che passi il temporale.

Luigi                                - Sei un vero fratello. Vale la pena di averti. (Pausa) Resterà qui molto tempo quella ragazza?

Papà                                - (ha cercato il sigaro che aveva deposto, lo ha trovato e fuma) Finche le fa piacere.

Luigi                                - È molto carina. E come andranno le cose col nostro fratello Desmonde, il Casanova del Canada?

Papà                                - Credo che la ragazza sia capace di badare a se stessa. E Desmonde non è un mascalzone.

Luigi                                - No, ma questa è un tipo fuori del comune. Io stesso, se fossi più giovine, mi sentirei commosso da quella bella creatura.

Papà                                - Per fortuna, Desmonde non c'è. (Maman e Mignonette entrano dalla sala da pranzo).

Maman                            - Non occorre che vediate le stanze di sopra fino a domani. La stanza da bagno è appena salita la scala.

Papà                                - Tutto a posto?

Mignonette                      - (ha un semplice abito nero) Ah, oui, è tutto bel-lis-si-mo! Anche la cucina è una bel-lez-za!

Papà                                - Beh, siamo proprio fortunati di aver trovato una cuoca bel-lis-si-ma per una cucina bel-lis-si-ma (A maman) Vado di sopra a riposare un poco prima di pranzo.

Luigi                                - Anch'io ho bisogno di dormire. (Si versa un bicchiere di vino e lo trangugia mentre Mignonette lo osserva sconcertata) Je suis très fatigué.

Maman                            - (a Mignonette) Col tempo scoprirete che si tratta di vino e vi ci abituerete. (Papà va verso la scala e comincia a salire ma si ferma bruscamente trovandosi faccia a faccia con Bibi che sta guardando attraverso la ringhiera. Dopo un momento papà gli indica con severità il fondo delle scale, Bibi scende lentamente e si ferma davanti a lui).

Papà                                - È qui che fai il tuo riposino adesso?

Bibi                                 - Stavo pensando. (Con un rapido sguardo a Mignonette, papà sale e scompare. Luigi è già addormentato).

Maman                            - Vieni qui, Bibi. (Il ragazzo si avvicina timidamente, senza distogliere gli occhi da Mignonette) Questo è nostro figlio. Non è molto ordinato e a volte viene a prendere i pasticcini in cucina senza chiedere il permesso, ma in realtà è molto buono. Spero che gli vorrete bene.

Mignonette                      - Ah, oui; e che bel ragazzo. (Tende le braccia e stringe Bibi a sé con una dolcezza e un calore che il ragazzo non ha mai conosciuto e forse non conoscerà mai più. Lo stringe a sé e lo bacia affettuosamente su una guancia).

Maman                            - (è andata al tavolino dei liquori a prendere un piatto vuoto) Ah, non vi ho mostrato dov'è la biancheria da tavola.

Mignonette                      - Vengo. (Lascia Bibi e segue maman nella sala da pranzo, senza voltarsi indietro e quindi ignorando la devastazione che lascia dietro di sé).

Maman                            - (mentre vanno) Per la prima e la seconda colazione abbiamo le tovaglie colorate; per pranzo, sempre bianche. (Bibi è rimasto solo. La spoglia fran­tumata di un ragazzo. Ha le braccia penzoloni, gli occhi vitrei; apre la bocca convulsamente come per cer­care aria; ma non ve n'è abbastanza. Lì il ragazzo inghiotte faticosamente. Cerca di fare un passo ma le gambe gli son diventate di gelatina. Si guarda attorno lentamente, ma tutto quanto è nella stanza gli sembra estraneo, come sfocato. Si tasta la guancia, poi la nuca e finalmente dà una tiratina ai calzoni. Dalla sala da pranzo appare Sally. Si ferma. Ha in mano un aspi­rapolvere. Sally O’ Hara ha l'età di Bibi, ma è già entrata nella pubertà. La linea della vita ha comin­ciato a disegnarsi, il seno ad arrotondarsi. Sally è svelta, agile e snella. Ha i capelli tremendamente lisci e tirati. Ha in bocca un apparecchio metallico per raddrizzarle i denti. Bimane immobile, aspettando che Bibi si accorga di lei, finalmente).

Sally                                - Ho... ho riportato l'aspirapolvere a tua madre... (Nessuna risposta) Me lo aveva prestato... (Si aggiusta l'apparecchio che ha sui denti e si avvicina un poco) Chi è quella signora che è con la tua mamma? Una zia o un'altra parente? (Bibi crolla la testa, senza proprio rispondere. Un sorriso idiota gli si dif­fonde sul viso) Allora perché ti ha baciato? Ho visto che ti baciava, ed è una donna grande... (Bibi si volta e la guarda impassibile. Poi si volge nuovamente altrove) Dev'essere una parente, se ti ha baciato. (Nessuna risposta) Beh... volevo dirti che ho ripor­tato l'aspirapolvere... (Fa per andarsene. Bibi sembra ad un tratto risuscitare).

Bibi                                 - Bel-lez-za!

Sally                                - (felicemente sorpresa, spalanca la bocca ad un largo sorriso) Come? Che hai detto? (Lo guarda fisso con la bocca aperta).

Bibi                                 - (torna sulla terra. Con spontanea curiosità) Di' un po': ti fa male quel coso sui denti? (Sally chiude in fretta la bocca stringendo le labbra e gli dà un calcio negli stinchi che lo fa urlare di dolore. In questo momento appare, sotto l'arco, il classico viag­giatore di commercio, perfetto dal gilè scozzese al bastone da passeggio. È Desmonde. Si sofferma a gustare la scenetta) Zio Desmonde! Zio Desmonde! (Corre a lui).

 Desmonde                      - (lascia cadere la valigetta, prende in braccio Bibi e lo solleva di peso in alto) Ehi là, Bibi!

Bibi                                 - Ehi là!

Desmonde                       - (posandolo a terra) E questa? È il tuo dolce amore?

Bibi                                 - Cosa?

Sally                                - Neanche per sogno! (Si volta e fugge).

Bibi                                 - È Sally O' Hara che abita qui a fianco.

Luigi                                - (che gli « ehi là » hanno svegliato) Desmonde? Sei tornato.

Desmonde                       - Come vedi. Ma tu, mio rosso-nasuto fratello, sei nuovamente fuori casa? Vedo che hai con te il tuo bagaglio. (Prende la cantimplora e riempie un bicchiere).

Luigi                                - Questa volta Felicita è andata troppo in là. Rimango qui definitivamente. È il mio solo santuario.

Bibi                                 - Zio Desmonde, abbiamo una cameriera. Si chiama Mignonette.

Desmonde                       - C'est bien. (Tira fuori di tasca un giornale) Tieni, Bibi, eccoti la « Vie Parisienne ». L'ho letta in treno. La vuoi?

Bibi                                 - Grazie, zio Desmonde. Non ho più avuto il giornale da quando sei partito.

Desmonde                       - Tuo padre non lo compra più?

Bibi                                 - (crollando la testa) Maman dice che è troppo vecchio. (Papà, che ha sentito le grida scende in fretta e si ferma sul pianerottolo).

Papà                                - Desmonde! Come mai non sei in viaggio?

Desmonde                       - Son tornato. (Sorseggia il vino) Una cattiva annata. (Posa il bicchiere con una smorfia).

Luigi                                - (indignato) Non sono mica un nababbo, io! (Vuota lui il bicchiere di Desmonde).

Papà                                - Come mai sei qui? (Finisce di scendere).

Desmonde                       - È questo il modo di accogliere il tuo fratellino? (Tira fuori di tasca la più guarnita giar­rettiera femminile del mondo) Regardez, mes amis!

Bibi                                 - Ah, que c'est beau!

Desmonde                       - La più bella giarrettiera che si possa trovare, oggi, sul palcoscenico! È di mademoiselle Fifi Sonia y Martinez La Fleur, del Casinò Burlesque! Un bel pezzo per la mia collezione, eh? Bibi?

Bibi                                 - Ah, oui!

Papà                                - Ma che fai ad Ottawa? Perché non sei in giro? Hai perso il posto?

Desmonde                       - No; è il direttore delle vendite che ha perso il suo. (Si volta a Luigi) Ora voglio raccon­tarti come ho combattuto e vinto per acquistare questa gemma del Burlesque.

Papà                                - Come mai ha perso l'impiego?

Desmonde                       - È morto. Il direttore delle vendite si è reso defunto, e l'ufficio mi ha mandato a chia­mare. (A Luigi) Sta su, mettiti a sedere per bene. (Luigi eseguisce. Desmonde gli siede accanto).

Papà                                - Per offrirti il suo posto?

Desmonde                       - Oui. Con ufficio, scrivania e segre­taria. (A Bibi) Sta attento: è stata una conquista difficile!

Papà                                - E hai detto di si!

Desmonde                       - No. Ho detto di no.

Papà                                - Perché?

Desmonde                       - Dovresti vedere la segretaria!

Papà                                - Corpo di centomila segretarie!

Desmonde                       - E poi, mi piace viaggiare. Dunque, mes amis, siamo al Casinò Burlesque. Tu, Luigi, sei quello che sedeva vicino a me. Non hai mai pe­scato una giarrettiera.

Luigi                                - Compris.

Papà                                - (cercando di esser paziente) Ti prego, Desmonde... È un impiego che mi farebbe molto pia­cere tu potessi avere; così ti potresti sposare e met­terti quieto!

Desmonde                       - Caro fratello, non ho nessun desi­derio di sposarmi e mettermi quieto. Ho detto che sarei rimasto qui ad Ottawa finché avessero trovato un altro direttore per le vendite. E poi me ne sono andato al Casinò Burlesque.

Luigi                                - Ed io sono quello che stava seduto vicino a te.

Desmonde                       - Sì. (A Bibi) Sta attento, ora.

Papà                                - (deciso) Ne riparleremo poi... con Susanna.

Desmonde                       - (sorridendo) Non ti arrabbiare, mon frère. Dunque: mademoiselle Fin si prepara a get­tare la giarrettiera. Rullo di tamburo! Squillo di trombe! (Luigi si eccita,) Io, osservate, ho messo il mio bastone in questa posizione... (Lo drizza. Luigi è teso nell'attenzione) Ed ora... la giarrettiera è lan­ciata! (Luigi getta violentemente le braccia in avanti, lanciando Desmonde giù dal sojà).

Luigi                                - L'ho presa! L'ho presa io! (Batte le inani, eccitato).

Desmonde                       - (seccato. Alzandosi) Va, va, torna alla tua cantimplora!

Bibi                                 - (ansioso) Non è successo così, vero!

Nonno                             - (è apparso sulla scala) Desmonde!

Desmonde                       - (gaiamente) Oh, mio vecchio con­quistatore. (Guarda meglio l'abbigliamento di suo padre ed emette un lungo fischio di ammirazione e stupore. Il nonno è brillante come un mazzo di fiori pri­maverili. Indossa una giacca di tela azzurra, calzoni bianchi immacolati, cappello di paglia con nastro bianco e azzurro, posato con una inclinazione che sembra igno­rare le leggi di gravità. Alla cravatta brilla un grosso brillante falso. Il bastone da passeggio è giallo chiaro).

Papà                                - Mon Dieu!

Bibi                                 - Ah, c'est beau! (Tutti guardano con ammi­razione il nonno che attraversa la stanza facendo muli­nelli col bastone come un tamburo maggiore. Va a fermarsi sotto all’arco).

Nonno                             - Dunque, Desmonde, non sei ancora stato trucidato da un marito becco.

Desmonde                       - (con debole gesto) Qu'est-ce que c'est que ja?

Nonno                             - (ordito) Vado... je vais faire l'amour... con la vedova La Touohe.

Desmonde                       - (scoppiando a ridere) Oho! Bada di non lasciarci la pelle.

Luigi                                - Eh sì; alla tua età, le arterie, - o sono le vene? - insomma è morte sicura.

Nonno                             - (strizza l'occhio) Crois-tut Pigli miei, io valgo due dì voi, in ogni senso.

Papà                                - No, credi a quello che ti diciamo...

Nonno                             - Chi conosce un modo migliore di morire, si faccia avanti. Allons. (Papà e Bibi a sinistra, gli altri due a destra contemplano il nonno che è sotto l’arco. Quando questi si toglie il cappello per salutarli, tutti agitano le mani rispondendo, ed egli esce con passo vivace e giovanile).

Bibi                                 - Adieu, grand-papa!

Desmonde                       - (andando a mettere il bastone nello sga­buzzino dov'è l'attaccapanni) Bibi, mi fai il piacere di portare su la mia valigetta1?

Bibi                                 - Sì, zio. (Prende la valigetta ed esce).

Luigi                                - Io, che sono il più anziano dei fratelli, vi dico che papà sta diventando troppo vecchio per queste cose. (Prova a versare dalla cantimplora ma ne eseono solo poche gocce) Qualcuno deve aver bevuto. (Guarda papà con aria accusatrice) Un po' di vino bianco, s'il vous plaìt.

Papà                                - Non ce n'è qui: bisogna andare in cantina.

Luigi                                - In cantina! (Seccatissimo, prende la can­timplora e si avvia all'anticamera) Bisogna prepa­rarsi, a un viaggio simile. (Esce).

Desmonde                       - Luigi ha ragione. Vedrai che un giorno o l'altro papà, mentre torna a casa dalla vedova La Touohe o da qualche altra donnetta, im­provvisamente puff. (Gesto indicante un corpo steso a terra) Prima il medico e poi il prete.

Papà                                - (stringendosi nelle spalle) E vero che ha la pressione alta, ma non possiamo farci nulla, cre­dimi. Lui vive solo per l'amore. Se smettesse di amare, morirebbe di certo. (Comincia a salire) Ma forse ha ragione lui. « Chi conosce un modo migliore... » (Scom­pare. Desmonde va al tavolino dei liquori ed esamina le bottiglie. Ne sceglie una e si versa un bicchierino. Mentre egli volge le spalle, Mignonette entra dalla sala da pranzo, col capo chino mentre cerca di anno­darsi sul dorso un grembiulino bianco. Nel far questo arriva nel centro della stanza prima di aver visto Des­monde. Il quale, mentre sta per bere, nota la ragazza con stupita ammirazione. Mignonette comincia a spol­verare. Desmonde, senza muoversi, beve ed ammira. Finalmente Mignonette si volta, lo vede e rimane sor­presa per un attimo. Poi fa un cenno di saluto a cui l'altro risponde. Mignonette esita, poi riprende a spol­verare, ma è conscia che gli occhi di lui non la lasciano. Ora Desmonde fa qualche passo, con aria indifferente, ma come per caso va sempre nella direzione della gio­vine. D sempre, quando egli sta per raggiungerla, pan che lei abbia finito di spolverare in quel punto e veda in altra parte della stanza qualche cosa che richiama la sua attenzione. Tutto è completamente accidentale, senza alcun cenno di premeditazione dall'una o dall'altra parte. Eppure entrambi si rendono conto del lento movi­mento. Qualche cosa come la cauta avanzata di un abile toro in una corrida, verso il torero che agita il drappo - lo strofinaccio per la polvere - e si sottrae. Ma il toro finisce col vincere. Desmonde l'ha confinata verso il fondo della scena e quando Mignonette si rialza dall'avere spolverato le gambe di un mobile, si trova faccia a faccia con lui. Una pausa).

Desmonde                       - (sorride) Come vi chiamate!

Mignonette                      - Mignonette.

Desmonde                       - Mignonette... (C'è una carezza nella sua voce e anche il suo sguardo è carezzevole. Tutti e due ne sono un poco troppo consci. Desmonde cerea di mostrarsi indifferente e si presenta) Io sono Des­monde... il fratello...

Mignonette                      - (gentile, ma impersonale) Ah, sì, ci sono parecchi fratelli. Uno è andato in cantina, un altro è disopra. Madame è in cucina. (Bibi scende la scala rumorosamente).

Bibi                                 - Zio Desmonde, non ho aperto la tua vali­gia, ma... Oh! Questa è Mignonette.

Desmonde                       - Sì, ci siamo già presentati... (Solleva nuovamente Bibi in aria. Questa volta è per fare im­pressione su Mignonette) Sai, Bibi, ogni volta che torno a casa ti trovo cresciuto di un paio di centi­metri. A momenti sarai il più alto dei Bonnard!

Bibi                                 - (dall'alto a Mignonette) Lo zio Desmonde viaggia per tutto il Canada a vendere vino: ti pia­cerà. (Mignonette sorride) Non ho aperto la valigia; mi hai portato un regalo?

Desmonde                       - (posandolo a terra) Sì, lo troverai.

 Bibi                                - Ed hai avuto molte avventure?

Desmonde                       - Oh! Certe, avventure!... Ti dirò che a Calgary ho visto un cavallo... (anche questo è soprat­tutto per Mignonette) ma un cavallo, mon vieux, come non avevo mai sognato che potessero esisterne!

Bibi                                 - E lo hai cavalcato!

Desmonde                       - Sicuro! Andando - ascoltami bene, mon pigeon - per la strada principale di Calgary. E sono entrato a cavallo nell'albergo principale. Sono arrivato fino al bar. E lì abbiamo bevuto insieme una bottiglia di vino.

Bibi                                 - Tu e il cavallo?

Desmonde                       - Il cavallo ed io.

Bibi                                 - Mon Dieu.

Desmonde                       - Oui.

Bibi                                 - (a Mignonette) Zio Desmonde è uno dei più grandi cavallerizzi del Canada.

Desmonde                       - Il più grande.

Bibi                                 - Durante la guerra era ufficiale della caval­leria canadese. Ha combattuto gloriosamente per l'impero di sua maestà ed ha ucciso tanti tedeschi e ha avuto tante medaglie. Fagliele vedere, zio Desmonde. Falle vedere le medaglie. (Zio Desmonde non si fa pregare. Si sbottona la giacca e la apre fa­cendo vedere le medaglie appuntate sulla camicia).

Desmonde                       - (modesto) È una cosa da nulla.

Bibi                                 - (continua con entusiasmo) Mignonette era nel teatro. Gettava il fazzoletto e gridava « et voilà » e «hop ».

Desmonde                       - C'est vrai? Acrobata?

Mignonette                      - Réellement, sono chanteuse.

Desmonde                       - Ah.

Bibi                                 - Ma ora è venuta da noi per aiutare maman, e rimarrà sempre qui, n'est-ce pas?

Desmonde                       - (sorridendole, con tutto il suo fascino) C'est bien. Ma ei vuole molto coraggio per stare in questa casa, eh, Bibi? Specialmente quando san Luigi della Cantimplora arriva e tutti i fratelli Bon­nard sono riuniti. E avete conosciuto il nonno? (Mignonette accenna di no) Ah, quello è il lupo da cui bisogna guardarsi. Ci vuole proprio coraggio e audacia, vi dico, per stare qui; non è vero, Bibi? Forse meriterà una medaglia; che ne dici?

Bibi                                 - (ridendo) Ah, oui!

Desmonde                       - Bien! Diamogliela adesso, in anti­cipo. L'ha meritata, solo per il fatto di essere en­trata. (Comincia a staccare una medaglia).

 

Bibi                                 - Una medaglia a Mignonette?! Oh, sì, sì! Oui!

Mignonette                      - (le brillano gli occhi mentre prende la medaglia e la solleva in alto) Oh! che bel-lez-za!

Desmonde                       - En bien! (Fa in modo da sospingerla un poco sul davanti della scena. Bibi non può vedere l'azione seguente. Desmonde appunta la medaglia sul petto di Mignonette e dà qualche colpetto amoroso al punto dove la medaglia posa. La reazione di Migno­nette è immediata e istintiva. Essa fa un balzo indietro come una cerbiatta impaurita, non irritata o offesa, non essendo neanche sicura se il gesto non sia stato privo di intenzione. Ma è solo un po' sorpresa. Des­monde le sorride. Bibi volge lo sguardo da uno all'altro, perplesso. In questo momento papà scende e si sofferma sul pianerottolo, intuendo qualche cosa. Subito dopo maman entra dalla sala da pranzo, con la testa china per allacciarsi un grembiule come Mignonette pochi minuti prima. Alza gli occhi; afferra la situazione e si ferma pietrificata).

Papà                                - Nom de Dieu!

Desmonde                       - Ah, Susette! Eccomi a casa!

Maman                            - (a denti stretti) Per tutti i diavoli turchini!

Bibi                                 - (va bruscamente verso sua madre) Maman, ho cambiato idea. (Si dà una tirata alla cintura) Voglio anch'io i pantaloni lunghi.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

La stessa scena. È passato un mese. Tardo pomeriggio. I fiori nella stanza dimostrano che la primavera è finalmente arrivata.

(Al levar del sipario, Sally è sola nella stanza e si guarda attorno. Ha in mano una maschera da gio­catore di baseball: con l'altra mano si aggiusta l'appa­recchio sui denti. La sua attenzione è attratta da qualche cosa che è sulla tavola in centro; posa la maschera e prende la nuova copia della « Vie Parisienne » che l'aveva colpita. Guarda la copertina, con stupore, poi apre la rivista, in modo che il pubblico vede la coper­tina. L'interno la stupisce anche dì più. Si sente sbat­tere la porta d'ingresso. Sally lascia cadere la rivista, afferra la maschera e fa un balzo indietro mentre Bibi e Mignonette entrano).

Mignonette                      - Ciao, Sally.

Sally                                - Ciao.

Bibi                                 - Salve. (Appende il berretto nello sgabuzzino).

Mignonette                      - Sei venuta per farti prestare qualcosa, Sally?

Sally                                - No, no! Anzi... (Solleva la maschera mentre Bibi si avanza).

Bibi                                 - (la sua attenzione è attratta da altra cosa, sicché passa davanti a Sally senza badarle) Oh! Zuc­chero d'orzo!

Sally                                - (sussulta. Poi) No... ho portato... (Bibi si volta e vede la maschera) Jimmy Bishop mi ha detto, a scuola, che tu non potevi far parte della sua squa­dra di baseball perché non avevi la maschera. Se vuoi, posso prestarti la mia.

Bibi                                 - Oh!

Sally                                - Ho cercato di te dopo la scuola ma...

Bibi                                 - Oh! Oh, e'est beau! (La mette, corre allo sgabuzzino e si mette il berretto all’indietro per avere l’autentico effetto) Mignonette! Eegarde-moi con la maschera!

Mignonette                      - Che bel-lez-za!

Sally                                - (felice di aver dato quello che poteva) Credo che ora non avrai più difficoltà per entrare nella squadra.

Bibi                                 - (si sta guardando nello specchio) Oh! Aspetta domani, quando avrò visto Jimmy... Merci bien, Sally.

Sally                                - Prego. Del resto, io non sono una gran giocatrice...

Bibi                                 - Davvero? (Mignonette è andata ad appen­dere la sua roba all''attaccapanni).

Sally                                - Ti avevo cercato per dartela subito dopo scuola; ma non ti ho trovato.

Bibi                                 - Sono andato al cinema con Mignonette. (Va a portare la maschera e il berretto sulla cassapanca).

Sally                                - Con...?

Bibi                                 - Ohoh! Ora ho la maschera per giuocare! (Sale le scale succhiando lo zucchero d'orzo. Sally rimane avvilita. Mignonette torna sul davanti e va a ravviarsi i capelli davanti allo specchio. Pausa).

Sally                                - Avete... avete... (Mignonette si volta) Avete mai portato un apparecchio sui denti?

Mignonette                      - Mai. (Aspetta che l'altra parli ancora. Ma Sally tace).

Sally                                - (dopo un momento si volta) Sono ondulati naturalmente i vostri capelli?

Mignonette                      - (si volta sorridendo) Mmmmm?

Sally                                - Sono sempre stati così?

Mignonette                      - Ohi... (Comincia a sentirsi a disa­gio sotto lo sguardo insistente di Sally. Una pausa).

Maman                            - (voce) Bibi, sei tornato? Bibi? (Entra) Salve, Mignonette. Mi era parso di sentirti. Dov'è Bibi?

Mignonette                      - Disopra.

Maman                            - Non ci sono cipolle in casa. Bibi!

Mignonette                      - Vado io.

Maman                            - Ma no, può andare Bibi. Bibi! Sally, non ti avevo vista entrare.

Sally                                - Eravate occupata.

Maman                            - Hai bisogno di qualche cosa?

Sally                                - No, no. Sono venuta.... (Entra Besmonde).

Maman                            - Desmonde, Bibi è disopra?

Desmonde                       - (chiama verso l'alto) Bibi, la mamma ti chiama.

Bibi                                 - (d. d.) Vengo!

Desmonde                       - (a Mignonette) Ah, siete tornata?

Mignonette                      - Sì. (C'è non so che barlume nello sguardo che scambiano. Desmonde la fissa un attimo. Poi va alla tavola a prendere una stecca di zucchero d'orzo da succhiare).

Maman                            - Vuoi restare a pranzo con noi, Sally? Sono certa che a Bibi farebbe piacere.

Sally                                - A pranzo?

Maman                            - Hai mai mangiato veramente alla fran­cese? Abbiamo un piatto speciale: rognoni.

Sally                                - Rognoni? (Bibi scende di corsa).

Bibi                                 - Maman, siamo andati a vedere « Il figlio dello sceicco ». Con Rodolfo Valentino e Vilma Banky.

Maman                            - Oh, dev'essere bello.

Mignonette                      - Oh oui! Una bel-lez-za!

Desmonde                       - (a Bibi) Com'è? Non vai più a scuola?

Bibi                                 - Siamo andati dopo la scuola. Mignonette voleva che vedessi Rodolfo Valentino.

Desmonde                       - Bah! Rodolfo Valentino.

Maman                            - (con rapido sguardo a Mignonette) Che cos'ha Rodolfo Valentino?

Desmonde                       - È un uomo che fa l'amore arric­ciando il naso... (Morde con dispetto lo zucchero d'orzo).

Maman                            - (divertita) Bello, il film?

Bibi                                 - Magnifique! Non ho mai visto un film più bello.

Mignonette                      - Dev'essere perché non ha mai tenuto la mano di una ragazza durante la proiezione.

Maman                            - Vi siete tenuti per mano?

Bibi                                 - Mais oui! E ogni volta che Rodolfo Valen­tino baciava Vilma Banky, Mignonette mi stringeva la mano.

Mignonette                      - (confusa) Bibi! (Nello stesso mo­mento Sally muove vivamente verso la porta).

Maman                            - Ah, Bibi, ho detto a Sally di rimanere a pranzo. Ti fa piacere?

Bibi                                 - Sally?

Sally                                - (bollendo di rabbia e mortificazione, sta per piangere) Non voglio restare a pranzo. Non mi piace il rognone. (Corre via, seguita dallo sguardo di tutti).

Maman                            - Oh, bella! Hai litigato con Sally, Bibi?

Bibi                                 - Io? Macché! Anzi, mi ha giusto portato una cosa, poco fa... Hmmm!

Maman                            - (soprapensiero) Beh... Senti, Bibi, vai dall'erbivendola a prendermi tre o quattro cipolle.

Bibi                                 - Adesso?

Maman                            - Mi servono per il pranzo. Falle mettere in conto.

Bibi                                 - Oui, maman. (Vede la rivista sulla tavola) Oh, la « Vie Parisienne» nuova! Hai finito di leg­gerla, zio Desmonde?

Desmonde                       - Oui.

Bibi                                 - Allora posso prenderla?

Maman                            - Bibi! Desmonde! Ti avevo pregato di non dare quel giornale al ragazzo.

Bibi                                 - Perché, maman?

Desmonde                       - (sorridendo) Susanna, perché?

Maman                            - Dammi qua, Bibi.

Bibi                                 - Ma, maman...

Desmonde                       - Oh, no, Susanna, mia dolce, scoz­zese, presbiteriana cognata... (Le sorride maliziosa­mente spiegando tutto il suo fascino birichino) Nessun Bonnard si è mai lasciato suggestionare da una rivista. (Lancia una occhiata a Mignonette).

Bibi                                 - (supplichevole) Posso tenerla, maman? Ti prego... posso fare il cambio con parecchie illustra­zioni sportive, a scuola.

Desmonde                       - Vedi? Pour les purs... tout est pur.

Bibi                                 - Sii buona, maman...

Maman                            - (con un sospiro) Vammi a prendere le cipolle.

Bibi                                 - Merci bien. (Corre via felice).

Maman                            - Hai un bel dire che tutto è puro per i puri, ma mi pare un po' troppo permettere che la « Vie Parisienne »... (Si accorge che non le badano. Desmonde e Mignonette si stanno guardando, eviden­temente dimentichi di lei) Scusatemi.

Desmonde                       - Eh?

Maman                            - Vi sono cose che anche una scozzese presbiteriana capisce. (Sorride e va in cucina).

Mignonette                      - (fa per seguirla) Madame Bonnard!

Desmonde                       - Ah? (Mignonette si ferma) Avevo pen­sato che forse stasera sareste venuta volentieri al cinema...

Mignonette                      - Oh!

Desmonde                       - ...mano in mano...

Mignonette                      - (sorride) Merci! Ma siccome oggi sono già stata al cinema con la mano nella mano... (Desmonde annuisce) e siccome siamo già usciti in­sieme ieri sera, e avant'ieri sera e la sera prima...

Desmonde                       - Sono coincidenze prive di impor­tanza. Sarà una magnifica serata di primavera. Con la luna. E molte stelle.

Mignonette                      - Abbiamo già avuto il chiaro di luna. E anche le stelle. (Lo prende leggermente in giro).

Desmonde                       - (capisce la presa in giro) Tutto è cambiato da quando Rodolfo Valentino è entrato nella vostra vita, vero?

Mignonette                      - Oh sì. È una bel-lez-za...

Desmonde                       - Va donc!

Mignonette                      - E quello che fa lo fa con un'aria...

Desmonde                       - Che cosa fa? Voyons. Prima di tutto, lo sguardo. (Sbarra gli ocelli come se vedesse Mignonette per la prima volta e stentasse a credere alla esistenza di una tal bellezza) Poi si avvicina in punta di piedi. (-Fa un lungo passo verso di lei, sulla punta dei piedi) Questo è per mostrare di sapere stare in equilibrio. (Le afferra una mano. Mignonette, sorridendo tran­quilla, non perde l'equilibrio. Desmonde le toglie dalle mani i guanti con gesto brusco e li getta sulla tavola. Poi spiega) Poi siccome deve dimostrare un amore profondo, arriccia il naso con grande serietà.

Mignonette                      - Ah, sì?

Desmonde                       - (durante le ultime battute le ha passato dietro al dorso la mano destra, continuando a tenere con la sinistra quella di lei) Ora, il sorriso appas­sionato.... (Fa una discreta imitazione del sorriso di Valentino) ... e bisogna piegare la donna all'indietro. Non è difficile; ci vuole solo un po' di cooperazione da parte della donna. E ora, il bacio.

Mignonette                      - (si svincola abilmente) Anche per questo ci vuole un po' di cooperazione.

Desmonde                       - (raddrizzandosi indispettito) E perché dovrebbe mancare?

Mignonette                      - Forse perché non è meritata.

Desmonde                       - Pourquoi? Perché fermarsi a metà strada? Voglio saperlo.

Mignonette                      - Per molte ragioni. Un uomo che è conosciuto in tutta Ottawa per i suoi amori, un uomo che fa collezione di giarrettiere di tutte le donne...

Desmonde                       - Non di tutte. Ho un certo buon gusto.

Mignonette                      - Non ne dubito.

Desmonde                       - (con largo sorriso) Ah, dunque è per questo. Non abbiate paura, angioletto mio: non ho l'intenzione di rubarvi una giarrettiera.

Mignonette                      - Anche questo, lo credo.

 

Desmonde                       - A voi voglio rubare qualcosa di assai più importante. (Mignonette spalanca gli occhi ma cerca di mostrarsi indifferente) C'è altro? Allons! Che altro vi turba, colombella mia?

Mignonette                      - (va alla tavola per raccogliere gli avanzi dello zucchero d'orzo) Niente. Non ha importanza. È affar mio.

Desmonde                       - (si sta divertendo) Che cosa?

Mignonette                      - Che un uomo rifiuti un buon im­piego qui perché gli piace andare in giro, dormire in albergo, mangiar male, far la corte a un sacco di donne, è cosa che riguarda lui soltanto...

Desmonde                       - (prorompe) Ah no. A questo non rinuncio. Viaggiare mi piace, tu comprends? E non ci rinuncio. Per nessuno. Personne. Sono giovine. Ho bisogno di vivere. Fra qualche anno, sarà diverso. Ti ho fatto vedere il disegno della casa? La foto­grafia? (Lei guarda, interessata, e scuote il capo nega­tivamente. Desmonde si avvicina alla tavola frugando in tasca per prendere il portafogli) No? Allons-y? Mio padre è proprietario di una casa sul Gatineau, sulla sponda del fiume. Me l'ha promessa, da quando è venuto a stare qui; e là andrò a stabilirmi un giorno. È il mio sogno. (Ha tirato fuori la foto e rimette il portafogli in tasca) Voilà.

Mignonette                      - Quando?

Desmonde                       - Che cosa?

Mignonette                      - Quando andrete a stabilirvi là?

Desmonde                       - Chi lo sa? Come si può dire quando uno sarà stanco di viaggiare? Forse fra qualche mese, forse fra molti anni; la prossima primavera o domani. Guardatela, la di mio padre che un giorno sarà mia.

Mignonette                      - C'est joli... (Sono ai lati opposti della tavola, appoggiati alle mani. Le teste sono quasi unite mentre guardano la foto).

Desmonde                       - Vedete qui il fiume... il prato in discesa...

Mignonette                      - Sono molte camere?

Desmonde                       - Molte... tutte ammobiliate.

Mignonette                      - Che bel-lez-za!

Desmonde                       - Vi dico io che è un posto delizioso, per abitarvi.

Mignonette                      - E questo? Qu'est-ce que c'est?

Desmonde                       - Qui, dove posate il dito, è il bosco. Ma vicino alla casa sono gli alberi di mele. In pri­mavera sono tutti bianchi di fiori.

Mignonette                      - (è affascinata) Ah oui.

Desmonde                       - Non siete mai stata sul Gatineau, in primavera, quando i fiori di melo cadono? (Migno­nette alza lo sguardo. Ha gli occhi brillanti. Scuote il capo. Desmonde la fissa negli occhi e parla con dol­cezza) Vi assicuro che vale la pena di vederlo. (Una pausa. Desmonde non ha che da chinare un poco il capo e le loro labbra si incontrano. È un bacio lungo e dolce. E alla fine le loro teste rimangono vicine).

Mignonette                      - (trasognata) Che bella casa!

Desmonde                       - (dolcemente) Ma petite... mon petit oiseau.

Mignonette                      - (canta piano. Intimamente) « Il l'appelle sa petite...». (È l'aria della « Petite Ton-Mnoise »).

Desmonde                       - Oui... (Vorrebbe baciarla ancora. Ma Mignonette si sottrae).

Mignonette                      - (sottraendosi al bacio, continua) « C'est une Anna, c'est une Anna, une An-nami-te... ». (Desmonde gira intorno alla tavola per afferrarla ma Mignonette indietreggia verso il fondo, divertendosi al giuoco e continuando acantare) «... elle est vive, elle...». Si interrompe sentendo la voce di maman dalla cucina, mentre Bibi entra con le cipolle in un sacchetto di carta).

Maman                            - Sei tu, Bibi?

Mignonette                      - (prendendo il sacchetto dalle mani di Bibi) Dammi le cipolle, Bibi. (Lo abbraccia e gli dà una stretta gioconda e un bacio sulla guancia. Poi con un rapido sguardo civettuolo a Desmonde corre via gridando) Ecco le cipolle! (Mignonette lascia dietro di sé due uomini sconvolti. Desmonde vede sulla tavola i guanti di Mignonette, li prende e li sventola dietro a lei. Dalla stanza da pranzo entra Luigi guardandosi indietro. E vestito come nell'atto precedente, col gilè sbottonato, senza giacca, con le ciabatte di stoffa da tappeto. Porta un boccale di vino e sembra mezzo addormentato ).

Luigi                                - È felice, quella là.

Desmonde                       - E tu?

Luigi                                - Io sono stanco. Che cosa stai sventolando?

Desmonde                       - Mente. Dei guanti. Dove sei stato? Tutti ti cercano. (Ha deciso di conservare i guanti).

Luigi                                - In cantina, a dormire. Ecco quello che succede quando bisogna andare tanto lontano per trovare del vino. (Desmonde si avvia alla scala can­ticchiando il motivo della « Tonlcinoise » e imitando il passo di danza di Mignonette) Hai qualche motivo per cantare?

Desmonde                       - (agitando i guanti) Sì. L'oro non è tutto nel Perù. (Sale. Frattanto, dal momento in cui Mignonette è uscita, Bibi è rimasto come rapito esta­tico, guardando verso la stanza da pranzo smarrito in una estasi d'amore).

Luigi                                - (sul sofà, col boccale accanto) Bibi, per favore... Bibi! (Il ragazzo si scuote) S'il vous plaìt.

Bibi                                 - Oui. (Prende il boccale e comincia a riem­pire la cantimplora versando dall'alto mentre Luigi riempie il proprio bicchiere dal basso).

Luigi                                - Bravo ragazzino, sei intelligente. (Beve) Non riesco a svegliarmi. (È veramente brillo. Durante le battute seguenti i suoi occhi si chiudono. Si addor­menta e si riscuote un poco per rispondere a Bibi. A poco a poco il sonno lo vince sempre più).

Bibi                                 - (sopra pensiero, mentre versa) Zio Luigi... una donna che quando ride fa le fossette nelle guance... ha delle fossette anche altrove?

Luigi                                - Per saperlo, bisognerebbe pregarla di togliersi gli abiti e di ridere. (Mentre Bibi finisce di versare, Mignonette entra dalla sala da pranzo portando un cesto di biancheria e canticchiando senza parole « La Tonlcinoise ». Andando verso la scala sorride a Bibi. Questi porta il boccale vuoto sulla tavola e la guarda mentre sale).

Bibi                                 - (guando Mignonette è scomparsa) Zio Luigi... quando Rodolfo Valentino si avvicina a Vilma Banky, ha il desiderio di vederla senza vestito?

Luigi                                - (sonnacchioso) Credo.

Bibi                                 - E che cosa fa?

 Luigi                               - Mi piacerebbe saperlo. (È quasi addor­mentato).

Bibi                                 - (come sognando) È così bella quando 1 vestita; se si potesse trovare un mezzo...

Luigi                                - (nel sonno) Mmmm...

Bibi                                 - Porse... se uno prendesse tutte le sue camicie da notte e le nascondesse?

Luigi                                - (mormorando nel sonno) Non credo che Rodolfo Valentino faccia così...

Bibi                                 - (considerando la sua idea) C'est possible... visto che la sua camera da letto è quaggiù... e lei dovrebbe passare, di sotto... dormi, zio Luigi. (Canta piano, come se fosse una ninna nanna per suo zio! «Io sono lo Sceicco dell'Arabia... il tuo amore mi appartiene... ». (Sguscia piano verso l'arco centrale, sempre cantando) «La notte, mentre dormi... pene­trerò nella tua tenda... brillano in alto le stelle….» (Scompare verso la camera di Mignonette. Pausa. Li porta d'ingresso, sbatte. Entra papà, portando fra h braccia il nonno. Il nonno indossa il suo abito da corteggiatore, ma la giacca è sgualcita e macchiata. I pantaloni non sono più immacolati. Però è in piena coscienza. Brandisce il bastone e con esso picchia papà-meglio che può mentre quegli lo trasporta. Papà i impacciato perché porta anche la cassetta del sua violino).

Papà                                - Maman! Maman!

Nonno                             - Mettimi giù! À bas!

Papà                                - Susanna! Susette! Maman!

Luigi                                - (svegliato di soprassalto) Che sono queste urla? Che succede?

Papà                                - Luigi! Un po' d'acqua!

Nonno                             - Mettimi giù, ti dico! Spicciati!

Papà                                - Assez. Altrimenti ti deposito sul pavi-j mento. Maman! (Posa il suo fardello sul sofà mentm Luigi si alza. È ridiventato vivo, Luigi, e versa um bicchiere di vino dalla sua cantimplora).

Maman                            - (entra in fretta dalla sala da pranzo) Chej è successo? Che c'è? (Dalla scala scendono Desmonm e Mignonette).

Nonno                             - Rien. Niente.

Papà                                - Figurati. Lo vedo un po' avanti a me in istrada e tutt'ad un tratto, puff. Eccolo piombare sul marciapiede come un passero ferito.

Nonno                             - Tutti possono inciampare. È un motivo per essere preso su e portato in braccio come un quarto di bue? È questo il rispetto per tuo padre!

Papà                                - È una bella fortuna per un uomo avere! un figlio che lo prende in braccio. (A maman) Hot mandato a chiamare il dottor Gagnon.

Nonno                             - Quel ciarlatano.

Maman                            - Lo sapevo che un giorno o l'altro sarebbe' successo questo.

Desmonde                       - Ma sì: prima il dottore poi il prete. Ora, mio vecchio caprone, ti tocca pagare per il cocci rotti.

Nonno                             - Bah.

Papà                                - Luigi. Dov'è l'acqua?

Luigi                                - (sussultando) Eh? (Si accorge di averi vuotato il bicchiere) Ah. (Riempie di nuovo il bicchiere).

Maman                            - (correndo) Vado io a prendere l'acqua.

Nonno                             - Cognac.

Papà                                - Acqua. (Suona il campanello della porta).,

Maman                            - (da dentro) Felicita! Felicita! (Mignonette va ad aprire. Luigi ha in mano il bicchiere del vino).

Nonno                             - Louis, s'il vous plait.

Luigi                                - Come figlio maggiore, rifiuto.

Papà                                - (severo, scuotendo Vindice davanti al viso del nonno) Questa volta ho perso la pazienza, sai? Dove sei stato ieri sera? E oggi tutto il giorno? Con la vedova La Touche?

Nonno                             - Non è affar tuo.

Mignonette                      - (introduce il dottore che entra fretto­loso) Ecco il dottore.

Il Dottore                        - Bonjour. (Il dottor Ragnon è un uomo stanco e abbattuto. Teste un abito nero diventato verdognolo col tempo. Porta una borsa nera che posa sulla tavola accanto alla cassetta del violino. Guarda gli uomini con aria interrogativa. Poi indica il nonno. Questi gli indica papà. Il dottore però va a sedere sul sofà accanto al nonno) È questo che debbo visitare?

Nonno                             - Non vi ho fatto chiamare.

Il Dottore                        - Ma io sono qui ugualmente. (Prende il polso del nonno. Maman entra in fretta portando un bicchiere d'acqua seguita da Felicita).

Luigi                                - (cortesemente a Felicita) Bonjour. (Felicita lo guarda senza rispondere).

Il Dottore                        - Sssssss. (Tutti tacciono ed aspettano. Finalmente il dottore chiude di scatto la calotta del suo orologio e pronuncia il suo giudizio) Il polso va come uno stantuffo. (Maman offre l'acqua. Il dottore la guarda dubbioso) Acqua? (La respinge con un cenno negativo del capo) Non è il caso di acqua. (Si alza e va alla tavola mentre dice al nonno) S'il vous plaìt, toglietevi la giacca e la camicia.

Nonno                             - Pourquoi?

Il Dottore                        - S'il vous plaìt. (Papà e Desmonde cominciano a svestire il nonno).

Papà                                - Allons, mon vieux:.

Nonno                             - (dandogli botte sulle mani) Badate.

Desmonde                       - Basta.

Il Dottore                        - La mia borsa, per favore. (Luigi che è intento alla svestizione gli porge la cassetta del violino).

Maman                            - Luigi.

Luigi                                - Pardon. (Porge la borsa al dottore, il quale la apre e tira fuori lo stetoscopio).

Papà                                - Voilà. (Il nonno adesso è svestito fino alla cintura).

Il Dottore                        - Vorrei sentirvi respirare.

Nonno                             - Cercherò di accontentarvi. (Il dottore ascolta. Soffia via dallo stetoscopio un po' di polvere, ascolta ancora e crolla la testa con aria lugubre).

Felicita                            - (pregustando la tragedia) Il cuore batte ?

Il Dottore                        - (si stringe nelle spalle mentre va a prendere nella borsa l'apparecchio per misurare la pressione) Se questo volete chiamarlo battere... (Tutti lo guardano ansiosi mentre dispone l'apparec­chio attorno al braccio del nonno).

Luigi                                - Ma che cosa è? È ferito?

Desmonde                       - È per misurare la pressione del sangue.

Luigi                                - A me non l'hanno mai misurata.

Pelìcita                            - Come potrebbero? Hai soltanto vino nelle vene.

 Luigi                               - (con una occhiata di dignitoso rimprovero) Silenzio, mio padre sta morendo.

Il Dottore                        - Sssssss. (Manovra la pompetta, guarda la lancetta stupito, prova ancora, guarda nuo­vamente ed emette un lieve gemito di orrore).

Papà                                - È molto alta?

Il Dottore                        - Secondo le regole dovrebbe essere morto.

Nonno                             - Vivrò tanto da venire a bere al vostro funerale. Fuori dai piedi. Sono stufo di vedervi. Allez. Vite.

Il Dottore                        - (rimette i suoi strumenti nella borsa e va da maman) Attendez. Non nascondiamoci la verità. Questo bravo vecchio è quasi morto. Se volete salvarlo dovrete metterlo a dieta, capite? (Maman annuisce ansiosa).

Nonno                             - (inorridito) Meglio morire.

Il Dottore                        - È questione di gusti.

Nonno                             - Andatevene. Imbroglione. Ciarlatano.

Il Dottore                        - (tendendo la mano) Il mio onorario è di quattro dollari.

Nonno                             - (socchiudendo le palpebre) Perché?

Il Dottore                        - Come, perché?

Nonno                             - Sì. Ho forse rubato il vostro stetoscopio?

Il Dottore                        - (paziente) Bene, faremo tre dollari. Non discutiamo.

Nonno                             - (ha pescato il portafogli nella sua giacca e gli porge due dollari) Due dollari. Potete tenere il resto.

Il Dottore                        - (cupo, nell'uscire) Spero che moriate prima che io sia arrivato a casa. (Esce. La porta sbatte).

Nonno                             - (lamentoso mentre si ficca la camicia nei pantaloni) In questa famiglia noi altri non moriamo secondo la parola del dottore; aspettiamo che parli il buon Dio.

Papà                                - Ascoltami. Invecchiando stai diventando vanitoso ed egoista. Devi metterti a dieta, capisci?

Nonno                             - Mai. Desmonde: cognac.

Desmonde                       - Oh, oh! (Solleva il nonno fra le braccia e si avvia per la scala seguito da papà).

Papà                                - A letto, vecchio civettone, a letto.

Nonno                             - Mettimi giù. Non voglio essere portato a letto. (Cerca di picchiare Desmonde).

Papà                                - Le camere vuote nel tuo cervello stanno diventando sempre più numerose. Se vivi ancora un poco ti metterò un cartello sul naso: « appartamento da affittare ».

Nonno                             - Mettimi giù ti ho detto.

Desmonde                       - Da ora in avanti, mon vieux, berrai vino annacquato. (La processione scompare sulla scala. Luigi fa per seguirla).

Maman                            - (sospirando mentre guarda il bicchiere d'acqua) Andrò a chiamare il dottor Makintosh.

Felicita                            - (tragica) Sì, questo non è bravo. Ti ricordi Jean Dubuc, che aveva la pressione appena appena un po' alta? Se n'è andato all'altro mondo « comme ca »!

Luigi                                - (con dignità) Jean Dubuc se ne è andato « comme §a » soltanto dopo essersi riempito di vino ed essere caduto nel lago. (Sale).

Maman                            - Felicita, sarebbe ora che tu riportassi Luigi a casa.

Felicita                            - No, fino a quando non smette di bere. Del resto non vuol venire.

Maman                            - Cosa ne sai? Glielo hai chiesto?

Felicita                            - Mah... si finisce col sentire il peso della solitudine. (Mamma ride imitata da Mignonette. Felicita alza le spalle e guarda la ragazza con asprezza) Che ora è?

Mignonette                      - Quasi le cinque e mezzo.

Felicita                            - (esce in fretta) Madame Roseau deve venire a provarsi l'abito nuovo. Susanna, ho fatto una minestra di verdura.

Maman                            - Grazie, Felicita. (Guarda Mignonette e sospira) Adesso ne abbiamo uno a letto.

Mignonette                      - Non credo che stia tanto male.

Maman                            - Non si può dire con gli uomini di questa famiglia. Quando il tempo è nuvolo sono moribondi; appena c'è il sole stanno tutti bene.

Papà                                - (voce di dentro) Mignonette! Mignonette! (Papà scende) Dov'è il bicarbonato, Mignonette? Ah, maman, oltre a tutto il mio diletto padre ha mal di stomaco.

Maman                            - Non mi stupisce'. Il bicarbonato è nella stanza da bagno. Nell'armadietto.

Papà                                - (gridando verso la scala) Desmonde! Nel­l'armadietto della stanza da bagno!

Mignonette                      - (salendo le scale) Vado a pren­derglielo io.

Papà                                - Guardala come corre, quando sente il nome di Desmonde. Senti, Mignonette: vuoi assistere il paziente insieme a Desmonde? (Mignonette si è fermata imbarazzata. Papà le sorride; poi guarda maman) Arrossisce. Brutto segno, eh.

Maman                            - Buon segno, anzi. (A Mignonette) Non permettergli di burlarti.

Mignonette                      - C'è poco da burlare.

Papà                                - Oh, oh! Bugiarda come un dentista! È bravo, Desmonde? Ha fatto progressi, quel serpente? (Mignonette cerca di non dargli retta alzando le spalle) Ricordati che maman ti ha avvertita il giorno in cui arrivasti: guardati dal serpente, da quel grande serpente coi baffi che divora les jeunes femmes. E ora, ahimè, ti ha divorata, eh?

Mignonette                      - Neanche per sogno. Non gli è stato permesso di venire tanto vicino.

Papà                                - No?

Maman                            - Basta, Jacques. Tutti dicono che tuo fratello è molto cambiato da un mese in qua. (Sorride a Mignonette) Ne sono assai contenta.

Papà                                - Anch'io. Se ha delle intenzioni serie ne sarò felicissimo.

Mignonette                      - (timidamente) Mi ha mostrato la fotografia di una casa sul Gatineau, sulla riva del fiume con tanti alberi di melo. Una bel-lez-za...

Papà                                - Oh, mon Dieu! (Papà chiude gli occhi e il suo viso assume una espressione di pena e di dispe­razione. Maman ha spalancato la bocca e si volta a guardare papà con aria accusatrice. È evidente dai loro volti che Desmonde si è servito già parecchie volte della casa sul Qatineau e probabilmente con buon risultato).

Mignonette                      - C'è qualche cosa di male?

Papà                                - (bruscamente andando verso la scala) Devo andare da mio padre.

 Maman                           - (fermandolo) Jacques.

Papà                                - Può darsi che questa volta lo dica sul serio.

Mignonette                      - Che cosa?

Maman                            - (imbarazzata ma speranzosa) Papà ha ragione... sono sicura che questa volta Desmonde parla sul serio.

Mignonette                      - Questa volta?

Maman                            - Sì, perché è cambiato. Oh, non frain­ tendere. La esiste realmente. (Nel dir questo m accorge che la sua frase non ha migliorato la situazione).

Mignonette                      - (piano) Ma la fotografia... la foto­grafia della casa; è molto conosciuta, no?

Maman                            - Ecco... abbiamo avuto qualche piccolo fastidio.

Mignonette                      - (dominandosi più che può) Ah, capisco. Le ragazze ingenue che hanno creduto, eh» Les idiotes! E poi sono venute qui a dirvi: «Dov'è quel tale che vuole sistemarsi in una casa sul fiume con tanti alberi di mele? ». E vostro marito ha detto: «Vi sbagliate; è in viaggio a vendere vino; buon giorno ». Ma credetemi io non faccio questa specie di errori.

Maman                            - (soffrendo per lei) No?

Mignonette                      - Ah, no! Il nostro è solo un diver­timento, niente di più. Capirete, non arrivo adesso dal paesello. Ne ho conosciuti degli altri, dei Desmonde. Ci comprendiamo a vicenda come i compari dei prestigiatori. La settimana ventura lui parte, e per me è un affar finito. C'est gai, mais c'est fini, (Cerca di sorridere facendo la riverenza come sul pal­coscenico. Ma è troppo per lei. Fugge dalla stanza).

Maman                            - (tranquilla a papà che stava andando verso la scala) Jacques, che intendi fare?

Papà                                - (torna indietro e inghiotte a fatica) Pei che cosa?

Maman                            - Per Desmonde. E Luigi. E tuo padre.

Papà                                - (nervoso) Tutti?

Maman                            - Se io volessi che Luigi e Desmonde se ne andassero, glielo diresti?

Papà                                - (serio) No. Non posso far questo.

Maman                            - Capisco. E allora che cosa farai pei proteggere tuo figlio?

Papà                                - Bibi? Che c'entra Bibi?

Maman                            - Te l'ho già detto! Sta crescendo! Non è possibile che veda questi uomini fare quello che fanno senza esserne impressionato. È tutta l'atmo­sfera che è dannosa per lui.

Papà                                - Ma no. Che atmosfera. È il ragazzo più felice del mondo.

Maman                            - Jacques...

Papà                                - E loro non sono cattivi. Non ingannano, non mentiscono, non rubano. Uno beve; l'altro è giovine e va dietro alle ragazze; l'altro è vecchio e gli piacciono le donne. (Non può fare a meno di ridere ma riprende subito la serietà vedendo l’espressione, della moglie) Ma non c'è niente di male in tutto questo per Bibi. Vederli, non vuol dire che debba imitarli.

Maman                            - Che cosa te lo fa credere? Bibi non è cieco. Tuo fratello sta cercando di sedurre una ragazza, qui, in casa tua. Sotto ai suoi occhi. Jacques, non puoi rimanere indifferente davanti a un fatto simile. Scherzi con la vita di tuo figlio. E se a Bibi dovesse accadere qualche cosa, non te lo perdonerei mai. Finché vivo. (Le lagrime la soverchiano, comincia a piangere e corre verso la scala).

Papà                                - (angosciato le corre dietro) Susanna, dove vai? Ti prego. Aspetta. Dove vai?

Maman                            - A prendere una tovaglia.

Papà                                - Aspetta, Susanna! (Le corre dietro ed en­trambi scompaiono su per la scala. Pausa).

Bibi                                 - (fa capolino dall'arco centrale e guarda nella stan­za. Entra cautamente il suo corpo ha cambiato stranamen­te forma. Bibi è diventato improvvisamente grosso avendo nascosto sotto alla giacca le camicie da notte di Migno­nette; si vede pendere qualche nastro e gualche pizzo. Va con molta cautela alla cassapanca, stringendo il suo fardello e si ferma improvvisamente al suono di lei dall'atto).

Papà                                - (di dentro) Maman! Dove sei?

Maman                            - (di dentro) In guardaroba. (Bibi corre alla tavola centrale e si accoccola, nascondendosi sotto al tappeto che pende. Aspetta. Tutto tace. Sbuca fuori, corre alla cassapanca, vi ficca dentro le camicie, le copre con qualche oggetto e lascia ricadere il coperchio, balza indietro. Nessun rumore dall'alto. Tutto è com­piuto. Completamente rassicurato attraversa la stanza, siede al piano e comincia a premere i pedali. Il piano suona gaiamente. Maman scende la scala portando una tovaglia e attraversa la stanza. Vede suo figlio e la vista del suo ragazzo innocentemente intento alla musica dissipa le nubi della sua mente. Sorride e gli passa vicino accarezzandogli la testa con affetto. Il ragazzo non si volta. Maman esce e la musica continua).

QUADRO SECONDO

La stessa scena, il pomeriggio del giorno seguente.

Felicita                            - Ha un gran significato, questo furto delle camicie. Ora credo che Desmonde sia davvero innamorato della ragazza.

Maman                            - Ma non puoi pensare che le abbia prese lui. Lo conosci.

Felicita                            - Appunto perché lo conosco penso che possa averle prese.

Maman                            - (tetra) Se è stato lui ne sentirà quattro, e questa volta... Ma no, devono essere andate perse.

Felicita                            - Da quando mancano?

Maman                            - Non lo sappiamo. Mignonette se ne è accorta ieri sera dopo pranzo e abbiamo cercato dap­pertutto, senza dire niente a nessuno, eccetto Jacques. (Mignonette scende le scale) Dunque?

Mignonette                      - Ora sono sicura. Nella camera di Desmonde c'è un baule chiuso a chiave. Et voilà.

Maman                            - Non capisco, Mignonette; fai come se desiderassi essere convinta che sia stato lui.

Mignonette                      - (con gli occhi fiammeggianti) Un uomo che fa collezione di giarrettiere può anche fare collezione di camicie da notte, no? Un uomo che fa collezione di ragazze, servendosi di fotografie di una casa con alberi di mele, è anche capace... (Si inter­rompe soverchiata dalla collera).

Felicita                            - Ma le camicie da notte sono una cosa un po' più rara. Io, quando ero giovine, ho perso parecchie cose; ma mai le camicie da notte.

Mignonette                      - Perché non conoscevate Desmonde.

Felicita                            - No, ma conoscevo Luigi. Non ci cre­derete, ma anche Luigi quando era giovine... Mmmmmmm! (Sorride ricordando) Però ...mai le camicie. (Luigi appare sulla scala vestito come al solito ma è stranamente pulito e vivace. Si è raso la barba e si è bagnato i capelli. Però, siccome non si può pensare a tutto porta ancora le pantofole e ha dimen­ticato di mettere una cravatta. Vede le donne e scende in fretta).

Luigi                                - Siete qui? Eravamo intesi che sareste rimaste in cucina.

Felicita                            - Alfredo non è ancora arrivato.

Luigi                                - Desidero che non vi siano donne nella camera quando arriva. (Corre a guardarsi nello specchio, si imbatte in Mignonette e la scosta con gesto di gran signore) S'il vous plaìt! Andate. In cucina. Tutte. Viene Alfredo.

Felicita                            - Calmati. E sta attento a quello che dici oggi, capito? Alfredo è un bravo ragazzo.

Luigi                                - (volgendosi a lei con magnifico disdegno) Vuoi insegnarmi tu come devo comportarmi in una circostanza così importante? Susanna, non voglio che Alfredo entri dalla porta di servizio; hai inteso? Quando il genero viene per conoscere il suocero deve entrare dalla porta principale.

Maman                            - Sì, Luigi, siamo d'accordo.

Felicita                            - Non sei ancora suocero. Va a met­terti una cravatta.

Luigi                                - (si porta una mano alla gola poi corre allo specchio) Per tutti i porci verdi! (Corre verso la scala).

Maman                            - Aspetta, Luigi, voglio chiederti una cosa. Non hai visto in giro delle camicie da notte?

Luigi                                - Camicie da notte?

Felicita                            - Quelle di Mignonette; mancano.

Luigi                                - Ma ti pare il momento di parlare di ca­micie? Quando deve venire Alfredo? E la cravatta... aspetta! Qualcuno mi ha parlato di camicie... (Ri­flette un momento) No, ora mi ricordo; è un film che ho visto, con Wilma Banky. (Avendo così definito la cosa corre di sopra).

Felicita                            - (alza le spalle. Va verso la cucina) Dimmi, Susanna: Alfredo resterà a pranzo?

Maman                            - Certamente. Aspetto anche te e Yvonne.

Felicita                            - (quasi fra sé) Speriamo che tutto vada bene, con questo Alfredo.

Maman                            - Sei sicura che Yvonne sia innamorata del ragazzo?

Felicita                            - Credo di sì, perché sorride sempre.

Maman                            - È un bel giovine?

Felicita                            - E un uomo. E lavora. (Bibi è apparso sulla porta centrale. Felicita lo saluta) Ciao, Bibi. (Esce).

Maman                            - Ciao, tesoro. Mignonette, vorresti aspet­tare ancora un poco prima di parlare con Desmonde?

Mignonette                      - Aspetterò. (Si ferma un attimo ad abbracciare Bibi che è venuto avanti) Ciao, Bibi. Sembri malinconico. (Esce in cucina. Bibi le ha sorriso).

Maman                            - (occupata della sua lana) Sei in ritardo.

Bibi                                 - Oui, maman.

Maman                            - Dove sei stato? Ti sei trattenuto a scuola dopo le lezioni?

Bibi                                 - Oui, maman. (Bibi è depresso. Sembra quasi che stia per piangere. Qualcosa gli ha devastato l’anima ed egli fa gran fatica per nasconderlo).

Maman                            - Che hai, caro? Mi pare che non ti senta bene.

Bibi                                 - No, mi sento benissimo.

Maman                            - Lo so che cosa è: sei stanco. Mignonette mi ha detto che ieri sera è venuta in questa stanza dopo mezzanotte e ha trovato che c'eri ancora.

Bibi                                 - Oui, maman. (Piano) Era in accappatoio da bagno.

Maman                            - Che facevi, caro? Cercavi qualche cosa?

Bibi                                 - (dopo un attimo di esitazione) Oui, maman.

Maman                            - Non mi piace che tu vada a letto tardi, Bibi. Hai bisogno di riposare. Ti prego di andare a letto subito dopo pranzo. Lo farai?

Bibi                                 - Oui, maman.

Maman                            - (lo guarda scrutandolo) Non hai preso freddo, per caso?

Bibi                                 - No.

Maman                            - Meno male. Ma credo che farai bene ad andare disopra a cercare di fare un sonnellino prima di pranzo. E bada a non disturbare il nonno. (Si avvia per uscire) Ha dormito tutto il pomeriggio e questo gli fa bene. Lo faremo restare a letto fino a domani. (Esce. Bibi rimane quieto e abbattuto. Poi attraversa la camera lascia cadere i pattini dietro al sofà, butta in un angolo i suoi libri e siede sull'orlo del sofà smarrito nella sua desolazione. La porta d'in­gresso sbatte. Entra il nonno allegramente. In una mano ha il bastone che fa mulinare, nell'altra ha un grazioso cestino da frutta, con manico e senza coperchio. Lo solleva per mostrarlo a Bibi).

Nonno                             - Ah, Bibi! Regarde! C'est joli, ca, n'est-ce pas? (Bibi guarda poco interessato) Sono uscito e l'ho comprato, visto che in casa non abbiamo niente di questo genere. Guardalo bene, Bibi; è un messag­gero d'amore a colei che il cuore ha scelto. Osserva. (Va al tavolino dei liquori, sceglie una bottiglia di absinthe e viene fino alla tavola in centro su cui è una grande coppa di frutta) Lo manderò in anticipo, per avvertire che cado. Così si prepara il cuore. (Mette la bottiglia nel cestino e vi dispone attorno la frutta) L'absinthe è il verde pappagallo che parla d'amore, che sa le parole acconce; i frutti sono per i momenti di calma che sopraggiungono a tarda sera. Guarda bene, Bibi, perché la gioventù ignora queste cose; solo a una certa età si comprende che la vita dev'essere piacevole; e bisogna sapere qual è il mo­mento e quali sono le cose che bisogna godere e assa­porare. « Curami coi profumi, addolcisci la mia bocca coi pomi, perché sono ammalato d'amore... ». (Si volta per mostrare il cestello pieno) Regarde! (Bibi sorride con sforzo. Il nonno lo guarda attentamente per la prima volta) Sei triste, Bibi? (Bibi cerca di alzare le spalle) C'è un motivo? (Nessuna risposta) Qualunque cosa sia, Bibi, quando avrai la mia età te ne sarai dimenticato.

Bibi                                 - (con intensità) Oh no! (Il nonno lo guarda) Grand-pére, tu sei amico del Signore: l'ho sentito dire da un prete.

Nonno                             - Che io sono...?

Bibi                                 - Ha detto che tu e il Signore dovete essere venuti ad una intesa. Dice che tu sei il peccatore più onesto che conosca.

Nonno                             - Spero che sia vero, Bibi.

Bibi                                 - Allora spiegami: perché il Signore non fa in modo che la gente creda la verità?

Nonno                             - Ah, questa non è cosa facile.

Bibi                                 - Che cos'è la verità?

Nonno                             - (tace un momento. Poi posa il cestino sulla tavola e toma verso il ragazzo) Questa è un'altra faccenda. Molti lo hanno chiesto, Bibi. Non sei il solo.)

Bibi                                 - Ma qual è la risposta? Chi me la spiegherà! Se io dico la verità e non mi credono, e un altro! mente e gli credono, che cos'è, allora, la verità!

Nonno                             - È quello che è dentro di te, Bibi. Devi contentarti di questo. Alla falsità non devi badare.

Bibi                                 - Ma supponi che ti picchino con una cinghia.

Nonno                             - (dopo una pausa, rendendosi conto) Ali, è successo questo? (Bibi annuisce) A scuola? (Bibi" come sopra) Ah, ma a questo non si può non badare. In questo modo la verità diventa falsa e il falso! diventa vero. È la forza che ottiene questo, Bibi; sono le busse, le frustate. Così va il mondo, Bibi: si vive in un turbine. E siccome non si può vivere tutta la vita nel dolore, ne viene che a volte, peri sfuggire al dolore, uno dica nero per bianco. È il mondo che è fatto così, tu comprendi? C'est la vie.

Bibi                                 - (spiritualmente tormentato) Ah no! Non è giusto!

Nonno                             - No... non è giusto. (Pauso).

Bibi                                 - (crolla il capo negativamente) Non voglio che papà e maman lo sappiano; se la prenderebbero con zio Desmonde .

Nonno                             - Che c'entra lo zio?

Bibi                                 - È stato per la «Vie Parisienne» che ho portato a scuola. Un ragazzo ne ha copiato un disegno, facendo una figura sconcia. E hanno detto che l'ho fatto io.

Nonno                             - E non è vero. (Bibi nega col capo) E ti hanno picchiato. Chi ti ha picchiato?

Bibi                                 - Il direttore. E ha detto che domani farà lo stesso. E tutti i giorni, finché non confesserò di] essere stato io.

Nonno                             - Ah! (Riflette, addolorato) Bibi caro, sei! giovine e hai tanti anni da vivere. È un'ingiustizia ma... è meglio che dica di essere stato tu, così smetteranno di picchiarti. Col tempo, le bon Dieu ti aiuterà a dimenticare.

Bibi                                 - (tormentato) Ah, no. (Il nonno lo guarda con tristezza. Luigi scende di corsa. Ha messo la cravatta. j E ancora in ciabatte ma ha in mano le scarpe).

Luigi                                - Ah, Bibi! Papà! Ridete! Cantate! Ralle­gratevi! C'è una buona notizia! Mia figlia Yvonne ha trovato un innamorato! (Il nonno lo guarda) C'est ài dire, un fiancò! Yvonne ha un fidanzato che si chiama Alfredo e che la vuole sposare! Ah, l'amore!

Nonno                             - Calmati, figlio mio. Il mondo è pieno di fidanzati.

Luigi                                - Ma non per Yvonne. Questo Alfredo è | caduto dal cielo. (Fa un passo verso la cantimplora).

Nonno                             - Bibi, riparleremo più tardi. Vado a mandar via il cestino e torno. Non stare in pensiero.

Luigi                                - Deve venire fra poco per parlare con me, sai! Per chiedermi il permesso di sposarla! Viene! da me, capisci, Bibi? Non da Felicita, da me.

Bibi                                 - (a un tratto. Con tristezza) Zio Luigi, ti voglio bene.

Luigi                                - (sconcertato un attimo. Poi gentilmente) È bello, Bibi, sentirmi dir questo da qualcuno.

Bibi                                 - Anche a zio Desmonde, a papà, a maman e al nonno... e tutto quello che fate voialtri è giusto, qualunque cosa dica la gente.

Luigi                                - (si china su Bibi per un momento. Poi si raddrizza, pieno di emozione) Ah, Bibi, la casa è piena di amore. Anche Yvonne, adesso. (Siede per mettersi le scarpe) E lui sta per venire qui, il fidan­zato, per parlare con me. Mia moglie non avrebbe voluto; ma il giovinotto lo ha chiesto. Sa che per gli affari di cuore bisogna che parlino prima gli uomini. Il padre deve proteggere l'avvenire della figliuola. Deve esaminare attentamente il giovine. (Lo scarpa gli fa male) Vedrai, Bibi. Vedrai come si comportano gli uomini di mondo. Guarda. (Ora gli mostra come si svolgerà il colloquio. È così eccitato che non può aspettare che avvenga realmente) Il campanello suona: il fidanzato è arrivato. Io, il padre, sono seduto qui. (Siede accanto alla tavola centrale, volgendo le spalle alla comune) Il fidanzato entra, io non mi volto; così vuole il protocollo, capisci. Dico: « Bonjour, comment allez-vous? » e lui risponde: « Je me porte bien, merci ». (Tutto questo è detto molto seriamente, quasi con solennità. Indica al personaggio inesistente la sedia accanto a se, con gesto cortese) Gli offro da sedere. Lui siede. Discorriamo. Parliamo del mondo, del valore della sterlina, beviamo del vino, mangiamo dei pasticcini. Lui mi spiega minuzio­samente la vastità del suo patrimonio, la sua alta posizione sociale. Io gli rivolgo delle domande; faccio un interrogatorio in piena regola. Perché sono io, il padre, quello che deve approvare il matrimonio! E se io non lo approvo... zut! Tutto a monte. (È troppo eccitato per rimaner seduto. Ha un piccolo slancio verso il tavolino dei liquori) Questa è la ragione per cui il vino e i pasticcini sono così importanti, Bibi. Per una discussione di questo genere occorre-« l'ambiente », una comprensione fra i due uomini, che può essere creata solo dal vino. Ah, che giornata.

Bibi                                 - (sorride affettuoso) C'est bien, zio Luigi.

Luigi                                - (levando in aria la bottiglia di vino) E sarà ben sorpreso, quest'Alfredo, quando mi cono­scerà! Se ne andrà dicendo: « Questo è un suocero che vale la pena di avere! ». Berremo il vino migliore, Alfred et moi. Non quello ordinario che è nella can­timplora, ma un vino di bottiglia, adatto per un banchiere. (Ne versa un poco dalla bottiglia, lo in-gliotte) Ah! Magnifique! Non ti avevo detto che è un banchiere? Ah, oui. Credo che sia presidente di una banca di Ottawa. Per lo meno, un vice-presi­dente. Non mi stupirebbe se venissi a sapere che con­trolla anche le banche di Montreal e di tutto il Canada! È un genio, quest'Alfredo.

Bibi                                 - Lo hai già conosciuto?

Luigi                                - Mais non; come vuoi che lo abbia visto? (È turbato da un improvviso timore) Dov'è Alfredo?

Bibi                                 - Je saia pas. Luigi   - Verrà: è ansioso di parlare con me. Ah, Bibi, oggi farò vedere a Felicita che cosa vuol dire essere un uomo. Imparerà chi è che fa il buono e il cattivo tempo in famiglia. (Si sente il campanello) Eccolo! (Si volta verso la porta e rimane immobile, come paralizzato. Ha dimenticato il suo piano d'azione. Mignonette viene dalla sala da pranzo e va verso l'in­gresso. Pausa. Poi si sente chiudere la porta. Luigi, ricordando a un tratto il suo programma, balza dalla sedia dove era seduto prima e rimane rigido, col dorso eretto, volgendo le spalle alla porta. Un momento. Poi appare Mignonette portando fra le braccia un cumulo di abiti che le arriva fino alla testa, riconsegnato dalla tintoria e avvolto in un lungo sacco di carta. Luigi, sentendola entrare, parla senza voltarsi, con precisa formalità) Bonjour. Comment allez-vous?

Mignonette                      - (attraversando per andare in sala da pranzo) Je me porte bien, merci. (Luigi ha un fremito. Si guarda attorno, capisce, le corre dietro).

Luigi                                - Non andate più ad aprire la porta. Ci pensa Bibi. Sono cose fra uomini. (Il campanello suona) Eccolo, Bibi! Svelto. Va. Allez. Va.

Bibi                                 - È Alfredo?

Luigi                                - Sì, è Alfredo! Va. Allez. (Si precipita verso un'altra sedia, dimenticando completamente tutto. Bibi rientra seguito da Alfredo, un giovinotto pallido e scarno, sui venticinque anni, vestito di un rigido abito scuro, con colletto alto lucidissimo. Ha in mano il cappello. È timido e spaventato. Dolce e gentile).

Alfredo                           - Bonjour. Comment allez-vous?

Luigi                                - Je me porte bien, merci. (Grolla la testa: qualcosa non va bene. Ricorda, siede, balza nuovamente in piedi, sentendo istintivamente che non si sta com­portando con gentilezza. Durante tutta la scena seguente, malgrado la sua crudezza, nei movimenti di zio Luigi è sempre un lieve senso di eleganza, una specie di lontano ricordo di qualcosa di ereditario. Altri tempi, altri paesi, altro sistema di vita. Senza dubbio durante la prima parte della scena - finché il vino e la situa­zione non lo soverchiano     - Luigi è il perfetto gentiluomo, la quintessenza della cortesia. Ora, con gran gesto, invita Alfredo a sedere. Ognuno dei due fa per sedere, ma aspetta che sia seduto prima l'altro. Finalmente riescono a sedere contemporaneamente).

Alfredo                           - Sono Alfredo Grattin.

Luigi                                - Permettetemi di presentarvi mio nipote Bibi. (Inchini formali).

Alfredo                           - Enchanté.

Luigi                                - (balzando in piedi bruscamente) Un po' di vino?

Alfredo                           - Non, merci, non ho mai bevuto in vita mia.

Luigi                                - (colpito al cuore) Mai bevuto vino?

Alfredo                           - No, ma ho molta sete. Se permettete, berrò un po' d'acqua. (Va alla cantimplora. Bibi fa un movimento per fermarlo, ma Luigi copre miseri­cordiosamente con una mano il viso di suo nipote. Quindi con un innato senso di delicatezza, tanto lui quanto Bibi voltano le spalle per non vedere che cosa accade di Alfredo, e si danno da fare attorno alla tavola. Alfredo ha preso un bicchiere e versa dalla cantimplora un bicchiere pieno. È vino bianco. Trangugiandolo d'un sorso il suo viso reagisce immediatamente alla stranezza del sapore. Ma poi il giovane si tende conto che qualunque cosa sia, è ciò di cui sente il bisogno in questo momento. Versa un altro bicchiere e lo tracanna. Poi versa ancora. Oli altri ora si sono voltati. Alfredo, col bicchiere in mano, rivolge loro un sorriso e accenna alla cantimplora) Le condutture sanno di ruggine?

Luigi                                - (fa un inchino di assenso. Prende due botti­glie di vino e un bicchiere e torna alla tavola centrale, alza il bicchiere verso Alfredo, che si è avvicinato, per fare un brindisi. Tutti e due vuotano il loro bicchiere e poi siedono) Eh bien?

Alfredo                           - Monsieur, sono innamorato di vostra figlia. Sono venuto a parlare con voi perché siete il capo della, famiglia. Desidero discutere la cosa da tutti i punti di vista.

Luigi                                - Dite pure. (Bibi è andato a mettersi sulla sedia a dondolo. Un poco ascolta, un poco riflette alle cose sue. Ogni tanto Luigi si volge verso di lui dedi­candogli una strizzatina d'occhi, o un cenno col capo per fargli notare con quale mondanità tratta la faccenda).

Alfredo                           - Come sapete, lavoro in una banca.

Luigi                                - Sì, tutti lo sanno. (Oli viene un pensiero) Una "banca sola?

Alfredo                           - Una banca.

Luigi                                - Una banca. Ah, ma siete giovine. Dites-moi, come va la sterlina in questo momento? (Alfredo lo guarda stupito) Il commercio internazionale. Come è la situazione del franco svizzero oro? E che cosa pensate della ferrovia del Pacifico? Credete che le azioni saliranno?

Alfredo                           - (sgomento) Monsieur... permettete? (Al cenno di assenso di Luigi, Alfredo si affretta alla cantimplora e riempie il bicchiere per la quarta volta).

Luigi                                - (continuando) Sapete che mio fratello suona qualche volta il violino, musica da camera, in uno degli alberghi della ferrovia, l'hotel Chàteau Laurier. È un genio, mio fratello. Siamo tutti geni in famiglia.

Alfredo                           - (è tornato camminando con lieve difficoltà, ma si sforza di star dritto) Io non ne so niente, veramente...

Luigi                                - Eh?

Alfredo                           - Non so nulla di commercio interna­zionale, franchi svizzeri o geni. In banca il mio com­pito è di fare le somme degli assegni e del denaro che vien versato; quanto allo Chàteau Laurier, non posso permettermi di frequentare un locale così ele­gante, essendo un semplice impiegato.

Luigi                                - Impiegato?

Alfredo                           - Oui. (Vuota il bicchiere).

Luigi                                - Sono sbalordito. Impiegato?

Alfredo                           - Oui. (Va verso la cantimplora).

Luigi                                - Allora è un altro paio di maniche.

Alfredo                           - Oui. Uno scrivano.

Luigi                                - E come può uno scrivano permettersi automobile, gioielli, profumi, vini pregiati?

Alfredo                           - Yvonne non desidera queste cose; ed io neppure. Desideriamo soltanto una piccola casa con dei fiori e molti bambini.

Luigi                                - Non credo che un pallido scrivano impie­gato di banca possa darle molti bambini. (Si guarda attorno con stupore per vedere chi può aver detto questo. Poi vuota il suo bicchiere. Ecco la situazione: Alfredo è ubriaco e Luigi non tarderà ad avere vantaggio su di lui. Si è alzato e comincia a camminare) Non mi piace questa musica. (Si ferma, si gratta la punta di naso. Poi, con dignità) Ditemi, ragazzo mio... lo stipendio ?

Alfredo                           - (recitando) Quindici dollari per setti» mana, con piccolo aumento annuale, finché si arriva a ventidue. A questo punto, naturalmente, è stai bilizzato.

Luigi                                - Ah! Mmmm... Già, stabilizzato, ehi Ventidue dollari, eh? Nessun altro aumento possibile!

Alfredo                           - Solo in caso di un avvenimenti straordinario.

Luigi                                - No, rimaniamo nella realtà. Ventidue dollari stabilizzati. (Riprende a passeggiare).

Alfredo                           - (ha riempito di nuovo il bicchiere) -1 Lavorerò molto. Porse potrò trovare un altro imi piego, in modo da lavorare in due posti. Credetemi: lavorerò indefessamente per l'amore che Yvonne lai fatto germogliare nel mio cuore.

Luigi                                - (non si sa come riesca ad avere il bicchiere sempre pieno) Stabilizzato. (Si ferma d'improvviso e punta un indice minaccioso) Pensate ai vostri Agli! (Manca poco che Alfredo, il quale sta bevendo, inghiottisca addirittura il bicchiere) Pensate di vivere con quindici o al più ventidue dollari per settimana! Benissimo. Ma sono nati i bambini, no? Combien! Quanti, per favore? (Alfredo, che sta ancora cercando di riprendersi, si limita a un gesto vago) Uno? Due? tre? quattro? cinque? sei? sette! Bisogna farli mani giare, vestirli, mandarli a scuola, no?

Alfredo                           - Sì.

Luigi                                - Bene. Ora hanno finito le scuole ed « tempo di mandarli all'università. A Toronto? Al Queens? Bene. (Ora lancia la bomba) Ma ditemi, mio caro, come credete di poter mandare sette figli alla università con ventidue dollari per settimana?

Alfredo                           - (sorridendo e agitando un dito)    - Mal monsieur...

Luigi                                - (pugno trionfante sulla tavola) Stabilizzati!

Alfredo                           - (sempre sorridendo e agitando il dito) Ma no, monsieur, non li mando all'università. (Torna alla cantimplora che accarezza affettuosamente).

Luigi                                - (inorridito) No? Non li mandate alla università? È un boccone che difficilmente mi farete inghiottire. Li manderete all'università.

Alfredo                           - Pas de chance. È tempo che vadano a lavorare.

Luigi                                - Lavorare? I miei nipoti, lavorare? Ditemi, mon ami, perché avete messo al mondo questi figli[ se non siete in grado di dar loro educazione e istruzione come chiunque altro?

Alfredo                           - (adirato, agitandogli Vindice sul viso) Non intendo pagare più neanche un centesimo pei la loro educazione.

Luigi                                - Che cosa avete fatto del vostro denaro in questi anni? Avete passato le notti a bere e giocare mentre la vostra povera moglie, diventata uni cencio, rimaneva sola a casa ad aspettarvi?

Alfredo                           - Sola? Se ha sette figli!

Luigi                                - Quelli sono all'università.

Alfredo                           - No. Assolutamente no. Mille volte no.; Stanno guadagnando da vivere per il loro povero vecchio padre che ha sempre lavorato in banca come uno schiavo ed ora ha diritto a un po' di riposo.

Luigi                                - I nipoti sono miei. Sacre Bon Dieu! Debbono avere un'istruzione.

Alfredo                           - Monsieur... Ora andate troppo in là. Io sono il padre e sta a me il decidere. E se dite ancora una parola - una sola parola - non avrò neanche un figlio.

Luigi                                - (inorridito) Neanche un figlio!

Alfredo                           - Niente. Nemmeno uno. (Con ampio gesto Luigi indica la porta. Alfredo si inchina dignito­samente, va barcollando alla tavola, prende il suo cap­pello, lo mette e va verso la porta. Urta papà che sta entrando, si calca il cappello in testa e con la strana rigidità di alcuni ubriachi esce a grandi passi).

Luigi                                - (siede. Sopraffatto) Nemmeno un figlio.

Bibi                                 - Non credo che Alfredo intendesse dir questo: credo che fosse ubriaco.

Luigi                                - Era tanto in sé quanto lo sono io.

Felicita                            - (entra di corsa dalla sala da pranzo seguita da maman) Che cosa succede? Cosa sono questi urli? Dov'è Alfredo,?

Luigi                                - Non parlarmi di Alfredo.

Bibi                                 - Se ne è andato.

Felicita                            - Se n'è andato? Ma che hai fatto, Luigi? Come hai fatto a farlo andar via?         - (Durante le battute papà ha posato il violino, appeso il cappello e baciato maman per salutarla).

Luigi                                - (tetro) Rifiuta di aver figli. E non li vuol mandare alla università.

Felicita                            - Sei ubriaco. E hai distrutto la feli­cità della tua unica figlia.

Luigi                                - È il padre che deve parlare. È il suo dovere.

Felicita                            - Era la migliore occasione che potesse capitarle, tu comprendi? La migliore.

Bibi                                 - La sola!

Felicita                            - Come potrai guardare in faccia tua figlia adesso? Destinata a diventare una zitellona, senza marito?

Luigi                                - (avvilito, cerca di respingerla) È forse un partito adatto per lei?

Felicita                            - (picchiando la mano che egli tende verso di lei) Un marito è sempre un marito!

Luigi                                - Smettila!

Felicita                            - Ora dobbiamo pregare Dio che torni. E se torna, darai il tuo consenso, hai capito? Gli chiederai scusa e darai il tuo consenso al matrimo­nio; altrimenti andrai a lavorare.

Luigi                                - Lavorare?

Felicita                            - Lavorare.

Luigi                                - Impossibile. Sto morendo.

Felicita                            - Sei moribondo da vent'anni. Questa volta speriamo che sia vero. (Correndo fuori) Ah, ma pauvre petite! Come potremo ritrovare Alfredo?

Maman                            - (arcigna) Jacques, vorrei parlare un momento con te.

Papà                                - (aria colpevole) Oui.

Maman                            - Subito. Andiamo di là. (Si avvia).

Papà                                - ,Je viens.

Maman                            - Bibi, riponi i pattini e va a riposare.

Papà                                - (guardando lo sconfitto Luigi) Beh?

Luigi                                - Questa volta... l'ho fatta grossa.

Papà                                - Ma no; non è irrimediabile.

 Luigi                               - Si... guardiamo le cose in faccia. Ho distrutto la felicità di mia figlia.

Papà                                - Non credo. Ci vuol altro per separare due innamorati. Se Alfredo ama Yvonne, tornerà quando gli sarà passata la sbornia. Se no, è meglio che si sia levato dai piedi. Dio mio, com'era sbronzo! (Guarda Bibi) E tu, topolino mio? Triste anche tu? (Bibi crolla le spalle) C'è una ragione? 0 è per sim­patia per zio Luigi? (Nessuna risposta. Papà lo fissa un momento poi va in cucina. Bibi è seduto, sconsolato, e guarda zio Luigi che, poveretto, tiene gli occhi a terra, quasi vedesse la distruzione del suo sogno).

Bibi                                 - Vuoi un po' di vino, zio Luigi? (Luigi scuote la testa. La porta d'ingresso sbatte. Entra Desmonde, giocondo come sempre, agitando il bastone).

Desmonde                       - (mettendo cappello e bastone all'attac­capanni) Ah, mes amis, è proprio arrivata la pri­mavera! L'aria è profumata, gli uccelli cantano, le api ronzano... (Si interrompe guardando i due) Come, è ancora inverno, in questa casa? Luigi! Bibi! Sorri­dete! Eh? (Nessuna risposta. Dalla sala da pranzo entra Mignonette portando un abito blu di papà e si avvia alla scala) Ah! Meno male!

Mignonette                      - (si ferma e lo guarda senza sorridere) Ho aspettato abbastanza. Ora vi prego di rispondere a una domanda.

Desmonde                       - Volete condurmi fuori stasera?

Mignonette                      - Rispondete alla mia domanda, s'il vous plaìt. Da ieri manca qualcosa che mi appar­tiene. Lo sapete?

Desmonde                       - (sorridendo) Ah, ve ne siete accorta.

Mignonette                      - Allora, l'avete voi.

Desmonde                       - Sì, proprio io.

Mignonette                      - (trattenendo l'impulso di percuoterlo) Vi prego di restituirmele.

Desmonde                       - Ah no! Tengo per me quello che mi ricorda voi. (Mignonette dà un ceffone abbastanza potente. Si volta bruscamente e corre verso la scala. Desmonde si riprende e la insegue) Per mille diavoli! È così che trattate un uomo che fa uno scherzo sen­timentale? Perché tanta importanza? Non è neanche roba nuova. Restituirò, state tranquilla! Ve li infi­lerò io stesso! (Non si deve troppo sentire che Desmonde parla di oggetti di genere maschile, cioè dei guanti. Sicché l'equivoco con le camicie può continuare. Migno­nette si volta. Non vede il gesto che egli fa di calzare i guanti e gli dà un altro schiaffo, sull'altra guancia. Poi corre di sopra. Desmonde rimane sbalordito, tenen­dosi una mano sul viso) Una donna esce dai gangheri... per un paio di guanti? (Meditabondo e triste va al tavolino dei liquori e si versa un bicchierino. Poi rimane col bicchiere in mano dimenticando di bere, cercando di capire perché Mignonette si è arrabbiata in quel modo. Bibi e Luigi non si sono mossi. Si sono voltati un attimo al rumore degli schiaffi, poi hanno fissato nuovamente gli occhi a terra).

Papà                                - Farò quello che potrò. Calmati, te ne prego. (Fa per avvicinarsi a Luigi ma si accorge di Desmonde e si ferma. Guarda per un momento i suoi malinconici fratelli e il suo malinconico figlio. Finalmente si avvicina a Desmonde, lo fissa, ma l'altro non si muove. Si avvia di nuovo verso Luigi, Ma l'atteggiamento di Bibi lo colpisce di più. Va sul pianerottolo, si ferma dietro a Bibi, posa le mani sulla spalla del ragazzo e aspetta. Nessuna reazione. Final­mente) In questo modo sembra di entrare in un altro mondo, vero Bibi? (Bibi accenna di sì senza voltarsi) Anch'io, quand'ero ragazzo, mi mettevo qui a guar­dare attraverso i vetri colorati; e così evadevo dal mondo consueto. Ora sono troppo grande. (Pausa. Passa davanti al ragazzo e gli sorride) Se hai rotto il tuo nuovo bastone per giocare a hockey, te lo aggiusterò. (Aspetta inutilmente) Qualunque cosa tu abbia rotto, figlio mio, la aggiusterò. Credimi. (A questo punto Bibi prorompe in lagrime). No, Bibi, non piangere! Che hai, Bibi1? Non piangere! Maman! (Bibi singhiozza senza potersi padroneggiare. Papà lo prende in braccio e lo porta sul sofà mentre maman entra a precipizio).

Maman                            - Che è successo? Che hai, Bibi? (Lo stacca da papà. Il ragazzo immediatamente nasconde il capo contro di lei) Ti sei fatto male?

Bibi                                 - Non voglio tornare a scuola!

Papà                                - A scuola?

Maman                            - Ma perché? Che è stato?

Bibi                                 - Non sono stato io! Non è giusto!

Papà                                - Non sei stato tu a far che cosa?

Bibi                                 - Perché debbo dire delle bugie, per non farmi picchiare? Perché nessuno vuol credere alla verità?

Maman                            - Picchiare? Che storia è questa?

Papà                                - Ma che cosa? Non capisco quello che dici, Bibi.

Maman                            - Su, smetti di piangere e dicci che cosa è successo. (Lentamente i singhiozzi si calmano) Avanti, stai su. (Aiuta il ragazzo a raddrizzarsi) Dov'è il tuo fazzoletto? (Bibi comincia a tirarne fuori uno dalla tasca; la madre glielo toglie di mano ed egli asciuga gli occhi).

Papà                                - Allons. Che cosa è questa storia?

Bibi                                 - A scuola hanno trovato un disegno a matita, un disegno scandaloso. Lo ha trovato un professore. Sono venuti da me.

Maman                            - Perché da te?

Bibi                                 - Non devi prendertela con zio Desmonde.

Maman                            - Desmonde? (Tutti lo guardano).

Desmonde                       - Che specie di disegno, Bibi?

Bibi                                 - Copiato dalla « Vie Parisienne » che avevo portato a scuola.

Desmonde                       - (spiacente) Ah!

Maman                            - (comincia ad andare in collera) Desmonde!

Papà                                - (con voce di preghiera) No, non dobbiamo prendercela con Desmonde. Avanti, Bibi.

Luigi                                - Un momento. Non ci sono disegni sconci nella « Vie Parisienne ». Disegni di donne poco vestite, sì, ma niente di sconcio.

Bibi                                 - Se fosse così, non ci sarebbe gran male. Ma questo è solo il principio.

Papà                                - In che modo? Che è successo?

Bibi                                 - Ecco. Ho portato a scuola la « Vie Pari­sienne » e ho fatto cambio con un compagno che mi ha dato delle illustrazioni sportive. Questo è tutto quello che so. Durante la lezione successiva, l'inse­gnante di letteratura trova a terra un disegno. È su carta di quaderno. Copiato a matita dalla « Vie Parisienne ». Una ragazza che sta così. (Si atteggia nella posa tradizionale in piedi, con le mani sui fianchi con le gambe aperte, la testa gettata indietro e ridendo).

Papà                                - (guardando il viso torvo di maman) Non c'è niente di sconcio.

Bibi                                 - Ma la testa, invece di quella che era sulla rivista è il ritratto della signorina Short, l'insegnante di geometria.

Luigi                                - È una cosa indelicata, ma non sconcia.

Bibi                                 - Ma chi ha fatto il disegno ha tolto il resto degli abiti ed ha aggiunto molte cose... (Sta mostrando dove, ma papà lo interrompe in fretta).

Papà                                - Basta, Bibi.

Luigi                                - Questo sì, è sconcio.

Papà                                - E dicono che lo hai fatto tu.

Bibi                                 - Sì. Mi hanno condotto nello studio del direttore.

Desmonde                       - Mi dispiace, Susanna. (Maman si è' ripresa. I suoi occhi fanno fiamme ed essa tiene Bibi come per proteggerlo. Luigi e papà accorrono in difesa di Desmonde).

Luigi                                - Ma come una cosa simile...

Papà                                - (contemporaneamente) Ma questo non può...

Maman                            - Zitti! (I tre uomini sono in fila a capo basso) Ne ho abbastanza, capite! Ne ho abbastanza dì tutti e tre! Se a mio figlio può succedere una cosa simile... (In questo momento entra il nonno. Maman si rivolge inviperita anche contro di lui) Proprio tu! Vien qui. Ce n'è anche per te.

Luigi                                - (piano al vecchio) Bibi ha avuto dei guai.

Nonno                             - Lo so.

Maman                            - Non so come vi ho lasciato agire in questo modo col ragazzo in casa. Non è più un bam­bino. Non potete trattarlo come se fosse un giocat­tolo. È pazzesco dargli un giornale di quel genere. Un ragazzo che va a scuola. Che si trova in mezzo a gente che non capisce. E quello che gli avete fatto oggi...

Bibi                                 - Ma no, maman, non mi hanno fatto niente. Non è colpa di zio Desmonde, non è colpa di nessuno. Solo di SaUy O' Hare.

Maman                            - Sally O' Hare?

Papà                                - Quella che abita qui vicino?

Bibi                                 - Devi crederlo, maman. E stata Sally.

Maman                            - Ma che c'entra Sally con questa storia!

Bibi                                 - È stata lei che ha detto al professore che io ho portato il giornale a scuola. E poi, nello studio del direttore, le hanno chiesto se ero stato io a fare il disegno e lei ha detto di sì, che lo avevo fatto io.

Maman                            - E perché Sally avrebbe detto questa bugia?

Bibi                                 - Je ne sais pas! Da ieri, quando non è voluta rimanere a mangiare i rognoni... non capisco. Mi dà dei calci, degli spintoni, mi getta l'inchiostro sui libri...

Maman                            - Sally?

Bibi                                 - Sì. E perché? Perché fa questo? (I quattro uomini si guardano scambievolmente).

Maman                            - (li guarda e poi è costretta anche lei a sorridere. Ma è un sorriso triste, turbato, pieno di simpatia men­tre tiene il ragazzo stretto a sé) Oh, mio povero Bibi...

Bibi                                 - Ma perché?

Papà                                - Perché Sally vorrebbe essere la tua ragazza.

Bibi                                 - (inorridito) La mia ragazza! (Tira giù una calza per far vedere un livido) Guarda! Tutto viola!

Desmonde                       - (violento) È così che le ragazze ame­ricane mostrano il loro affetto; lo so perché sono stato a Detroit.

Maman                            - Ma perché non hai detto al direttore che avevi dato il giornale a un altro ragazzo?

Bibi                                 - Questo non posso dirlo.

Tutti gli uomini               - No.

Maman                            - Ma...

Bibi                                 - Del resto non mi crederebbe. Quando io dico che è vero che ho portato il giornale a scuola ma che non è vero che ho fatto il disegno, il diret­tore si mette a ridere. Mi guarda e dice che ha sen­tito parlare di me e della mia famiglia.

Papà                                - Che cosa ha sentito?

Bibi                                 - Niente. Ha detto così.

Papà                                - Che cosa ha detto, Bibi?

Bibi                                 - Niente, papà.

Papà                                - Bibi, voglio saperlo. Insisto.

Bibi                                 - (dopo una pausa. Sottovoce) Ha sentito dire che ho uno zio che non fa altro che bere, un altro che corre dietro a tutte le donne, e che mio padre è un musicista pazzo. Perciò non c'è da stupire che io sia come loro e faccia dei disegni sconci.

Maman                            - (mormorando) Ah, no... (Lungo silenzio).

Papà                                - E poi ti ha battuto.

Desmonde                       - Con che cosa ti ha picchiato?

Bibi                                 - Con una cinghia di cuoio.

Papà                                - Dove?

Bibi                                 - Su una mano.

Papà                                - Fammi vedere. (Bibi scuote la testa) Fammi vedere. (Bibi tende la mano. Tutti guardano e rabbrividiscono. La mano non è fasciata ma si vede la traccia del colpo e quindi la loro reazione è naturale).

Maman                            - Oh, Bibi!

Bibi                                 - Il direttore, il signor Frye, dice che debbo andare da lui tutti i giorni; e tutti i giorni ripeterà la correzione finché io non dirò la verità. Ma io l'ho detta la verità... (È di nuovo in lacrime) Nonno dice che è meglio dire una bugia per non essere più pic­chiato; che dovrei dire che il disegno l'ho fatto io... ma...

Nonno                             - Dio mio, bisogna essere positivi.

Papà                                - (furibondo) Positivi! Stai diventando vecchio! I ragni hanno fatto la tela nel tuo cervello. (Afferra Bibi, gli fa fare una giravolta, lo guarda scrutandolo) Bibi, è la verità che tu non hai fatto il disegno?

Bibi                                 - È la verità.

Papà                                - Questa è la cosa veramente positiva, credimi. Sostenere la verità. Ascoltami, Bibi. La verità ha molte forme. La gente la stabilisce in modi diversi: la verità di un uomo può non essere quella di un altro. Non ha importanza finché non fa nessun male. Lasciali fare. Dobbiamo vivere così, Bibi. Ciascuno con la propria verità, per quanto stramba, e lasciare che gli altri abbiano la loro, altrettanto stramba, se non fanno male. Lasciali fare. Capisci?

Bibi                                 - Sì.

Papà                                - Ma quando un uomo viene a dire: questa verità, la mia verità deve essere riconosciuta; e ti frusterò con una cinghia per amore della mia verità... Questo no. Questo è un altro paio di maniche. Contro questo bisogna lottare con tutte le armi, Bibi. Perché questa verità che è dimostrata con una cinghia di cuoio è ingiusta,, capisci? Per questo dobbiamo combattere.

Bibi                                 - Oui.

Papà                                - Mes frères!

Desmonde                       - Bibi, il tuo direttore è ancora a scuola?

Bibi                                 - Credo di sì. Quando mi trattengo per pulire le lavagne lui c'è sempre.

Desmonde                       - Beh, ho un vivo desiderio di ripu­lire le lavagne. Con qualunqe cosa trovo.

Papà                                - Fratelli miei! C'è un certo signor Frye che cerca la verità. Vogliamo andare ad aiutarlo a trovarla?

Desmonde e Luigi           - (gettandogli le braccia sulle spalle) Allons! (Tutti e tre sono quasi allegri).

Maman                            - Sii prudente, Jacques!

Papà                                - (corre a rassicurarla) Non ti preoccupare piccioncino mio. Non lo ammazzeremo.

Maman                            - Oh, non pensavo a lui.

Luigi                                - (completamente ringiovanito) Vedrai, Bibi, che cosa vuol dire essere un Bonnard! Sorridi, Bibi! Eidi, Bibi! È per l'onore della famiglia! (Bibi sorride con gli occhi spalancati).

Papà                                - (serio a Bibi) Vedi, Bibi; quando si of­fende uno si offendono tutti. In qualunque momento. Capiscilo.

Bibi                                 - Sì.

Desmonde                       - Allons!

Papà                                - (alzando in aria il pugno chiuso) De l'audace!...

Desmonde                       - (accanto a lui sollevando egli pure il pugno) ...encore de l'audace!

Luigi                                - (mettendosi in linea col pugno in aria) ...toujours de l'audace! (I tre uomini si voltano ed escono insieme dalla stanza. Luigi nel passare afferra una bottiglia di vino).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO PRIMO

Lo studio del direttore. Pochi minuti dopo.

(Al levar del sipario il direttore, signor Frye, è seduto alla sua scrivania e sfoglia la « Vie Parisienne ». Si sente bussare alla porta. Lascia cadere sulle ginocchia la rivista e si mette in posa. Una pausa).

Papà                                - (entra) Bonjour.

Desmonde                       - (entra) Bonjour.

Luigi                                - (entra) Bonjour. (Luigi ha in mano la bottiglia di vino e richiude la porta).

Frye                                 - Desiderate?

Papà                                - Signor Frye, io sono Jacques Bonnard, amante della verità nonché padre. Ho un figlio che si chiama Bibi. Lo avete presente?

Frye                                 - Bibi?

Luigi                                - Roberto?

Frye                                 - Ah, sì. Roberto Bonnard. E voi siete il padre.

Papà                                - Il musicista pazzo.

Frye                                 - Sì, Roberto Bonnard. Il ragazzo che ha fatto un disegno sconcio.

Luigi                                - (ringhiando) No!

Frye                                 - (con semplicità) Un incidente spiacevole. Capisco perché siete qui, signori. Sono cose che succedono continuamente. Immagino che il ragazzo sia venuto a casa a dire che è stato punito ingiu­stamente; che lui non c'entrava, che il colpevole è un compagno. Sì, dicono sempre così, e allora i geni­tori mi telefonano o vengono da me.

Papà                                - Voi credete questo.

Frye                                 - Non è questione di crederlo; è vero. Ora, se permettete... stavo proprio per andare a casa.

Papà                                - Vi preghiamo di trattenervi un momento perché dobbiamo parlarvi.

Frye                                 - Di che?

Luigi                                - (posando con forza la bottiglia sulla tavola) Della verità.

Frye                                 - Non crediate di intimidirmi.

Desmonde                       - (avvicinando il viso a quello di Frye) Nessuno ne ha l'intenzione. Personne.

Frye                                 - (non si muove. Guarda Desmonde e compagni. Certo non è un vile dal punto di vista fisico) Quan­do parlate con me abbiate la cortesia di non usare lingue straniere.

Papà                                - Non parlate francese?

Fkte                                 - Non ci tengo.

Papà                                - (dominandosi) E va bene, cercheremo la verità in inglese. Forse sembrerà più nuda, ma non per questo sarà più facile da afferrare.

Luigi                                - Io sono lo zio che beve.

Frye                                 - Lo avevo immaginato.

Luigi                                - Ora berremo insieme.

Frye                                 - No, grazie.

Papà                                - Eppure questo è un modo di arrivare alla verità. Voi siete un dotto e conoscete il pro­verbio: «in vino veritas ».

Luigi                                - Non avete bicchieri? Che razza di scuola è questa?

Desmonde                       - Berremo alla bottiglia, così si arri­verà alla verità proprio dalla sorgente.

Frye                                 - (freddamente) Non intendo bere con voi e vi prego di andarvene. Se nella mia mente vi fosse stato un dubbio che vostro figlio avesse o no fatto quel disegno osceno, sarebbe completamente dissi­pato dopo questo vostro contegno. Ho sentito par­lare di voi ed ora capisco perché il disegno era incre­dibilmente sconcio.

Papà                                - (lancia avanti il braccio per trattenere Desmonde. Ma non riesce ad afferrare Luigi e lo ferma con la voce aspra e sollecita) Luigi.

Luigi                                - (un attimo. Obbedisce e fa un passo indietro) Non concepisco una scuola senza bicchieri. Forse ce ne saranno di cartone.

Papà                                - Signor Frye, è vero che mio figlio ha por­tato a scuola questa copia della « Vie Parisienne ». Forse ha commesso un errore. Forse vi sono delle menti che non sono così ingenue come quella di mio figlio. Nella nostra famiglia queste riviste si guar­dano per il loro spirito, per divertimento, non per eccitarsi. C'è una differenza.

Frye                                 - Davvero?

 Papà                               - Sì. Senza dubbio. Ma credetemi, è stato un errore innocente. Non bisogna esagerare. Mio figlio non è un ragazzo che fa dei disegni osceni» Ha una mentalità diversa, capite? Una piccola inchiesta basterà a dimostrarvelo.

Frye                                 - Sì?

Papà                                - Vorrei vedere il disegno, per favore.

Frye                                 - Come?

Papà                                - Quello che dite che ha fatto mio figlio, Quello che dite incredibilmente sconcio.

Frye                                 - Non vi è ragione che dobbiate vederlo.

Desmonde                       - Il disegno, per favore.

Frye                                 - L'ho distrutto.

Papà                                - (i suoi occhi fiammeggiano) Distrutto! Non lo avete... Lo avete distrutto?

Frye                                 - Non vi è nessun dubbio sull'autore del disegno. E io non posso permettere che rimangano in giro simili sudicerie per contaminare le mente degli altri allievi. Era mio dovere distruggerlo. Mi(H dovere e mio diritto.

Papà                                - Mio figlio non ha fatto quel disegno.

Frye                                 - Vi dico di sì.

Luigi                                - Ah, ah! Guarda che cosa c'è. (Mostra ÌM cinghia che ha trovato).

Frye                                 - Posate quella roba.

Desmonde                       - (prendendo la cinghia) È con questo che lui evoca la verità.

Frye                                 - Non cercate di fare, il prepotente con me«

Papà                                - Desmonde! (Tende la mano. Desmonde gli dà la cinghia) Sono sicuro che non vi sono prepotenti in questa camera, signore, e questa non ha mai evocato la verità. Mio figlio non ha fatto quel disegno.

Frye                                 - (sorride freddamente. Una pausa. Con tranquilla velenosità) Vi dirò una cosa, signori. Vostro: figlio ha fatto quel disegno perché io dico che lo hai fatto. E sarò creduto contro di lui; contro di voi, contro l'intera popolazione francese di Ottawa. E set voi vi risentite perché ho adoperato quella cinghia su vostro figlio, vi dirò che non intendo sopportare!, sconcezze nella mia scuola, che manterrò la disciplina con l'uso continuo di quella cinghia, che ili ministero dell'educazione lo permette e la legge pure. L Io sono il direttore di questa scuola e sono il giudice qui di quello che è verità e di quello che è menzogna.! E se qualcuno di voi mi tocca con un dito, vi farò mettere in prigione tutti e tre. (Questa volta Desmondet sta proprio per scagliarsi, ma papà lo trattiene. Una pausa. I tre fratelli sono sconfitti e il direttore se ne f rende conto. Si alza per dare il colpo di grazia). E ora uscite. E portatevi il vostro vino. (Ma quando si alza la copia della « Vie Parisienne » cade a terra), ;

Desmonde                       - (raccoglie il giornale e lo sventola peri farlo vedere agli altri) Ah, ah! Oh, oh! La «Vie! Parisienne »:

Papà                                - Eccolo, lo studioso.

Frye                                 - Appartiene a vostro figlio.

Papà                                - E allora come mai l'avete voi?

Frye                                 - (incerto per la prima volta) Volete andar­vene? Prendetevi pure il giornale e andatevene.

Desmonde                       - (mostrandogli la rivista aperta) A me piace questa: a voi no?

Frye                                 - Non l'ho neanche guardata.

Desmonde                       - (sorride affabilmente) No? Io sono lo zio che corre dietro alle ragazze.

Papà                                - (le parole del fratello gli danno una idea) Desmonde, guarda quest'uomo. Lo hai già visto prima? In quel... là, dove si prendono le giarrettiere.

Desmonde                       - Eh! (Intuisce) Ah, sì. (Guarda atten­tamente il signor Frye) La vostra faccia non mi è nuova. Devo avervi già visto.

Frye                                 - Me?

Desmonde                       - Al casino Burlesque, no?

Frye                                 - Al Burlesque? No davvero.

Desmonde                       - No? Luigi, guardalo un po'.

Frye                                 - Dove volete arrivare? (Sta diventando nervoso).

Papà                                - Oh, lo vedrete.

Desmonde                       - Bicordati, Luigi. Quello che siede sempre in centro della prima fila e non bada a nes­suna parte dello spettacolo, se non quando le ragazze si spogliano.

Papà                                - Sicuro!

Frye                                 - Non siate ridicoli.

Luigi                                - (finalmente a capito) Ah, sì, sì! È proprio lui! Eppure dovreste guardare anche gli attori, mon-sieur; sono molto buffi.

Frye                                 - Ma che state dicendo? Io. non ci sono mai stato.

Luigi                                - E anche la voce riconosco! È quello che grida tanto forte: «via tutto, via tutto! ».

Frye                                 - Vi sbagliate! Come potete dir questo?

Papà                                - (torvo) Possiamo dirlo.

Frye                                 - (non tanto spaventato quanto preoccupato) Ma potrebbero credervi! E io sono direttore di una scuola.

Papà                                - Possiamo dirlo, infatti. (Avanza lentamente attraverso la stanza tenendo la cinghia penzoloni. Gira dietro alla scrivania. Il direttore passa davanti in modo che viene a trovarsi in mezzo alla stanza) E la gente lo crederà.

Desmonde                       - Non siete il solo ad avere una men­talità sconcia, mon ami.

Luigi                                - Sarete lo scandalo del vicinato.

Frye                                 - (inferocito) Se osate...

Papà                                - (con forza sovrastandogli) Potremmo osarlo! Sicuro: dire questo di voi, dopo quello che voi avete detto di mio figlio. Potremo farlo benissimo.

Luigi                                - Conoscete madame Charbon, la dro-gliiera di via delle Mura? È meglio di una gazzetta, quella.

Papà                                - Non lo faremo. È troppo facile. Tutte le cose malvagie sono facili.

Desmonde                       - Ma potremmo farlo! Il portiere del casinò Burlesque è mio amico. Se gli chiedessi di ricordare il vostro viso, lo ricorderebbe benissimo.

Luigi                                - Ha una tal memoria.

Papà                                - (appoggiandosi alla scrivania) Ma non lo faremo. No. Perché vi rovineremo la vita.

Frye                                 - Negherò tutto quello che direte!

Papà                                - Ma potrei costringervi ad ammetterlo, con la cinghia che avete usato per mio figlio! (Batte violentemente la cinghia sulla scrivania. Il direttore sussulta) Potrei venire qui ogni giorno, con questa cinghia, o trovarvi dovunque e battervi (altro colpo sulla scrivania) ...battervi! (altro colpo) ...battervi! (altro colpo) ...finché direste: « sì! sono stato al Bur­lesque! ».

Frye                                 - (con forza) Ma non è vero!

Papà                                - (i suoi occhi mandano fiamme) Ah, ecco! Ci siamo! La verità! Dov'è? Dobbiamo cercarla in­sieme, voi ed io. La verità? (Getta la cinghia nello stracciacarte) Luigi! Ci sono dei bicchieri di cartone in anticamera!

Luigi                                - Bien! (Va a prenderli).

Papà                                - (siede alla scrivania con le braccia conserte. La luce si attenua).

QUADRO SECONDO

La stanza di soggiorno. Più tardi, nel pomeriggio della stessa giornata.

(Al levar del sipario si vede Bibi che guarda con impazienza la porta. Si sentono le voci dei tre uomini che arrivano cantando le ultime battute della «Marsi­gliese ». Ed entrano, a passo di marcia felici e trion­fanti. Papà e Desmonde prendono su il ragazzo e lo mettono a sedere sulla tavola centrale. Luigi va a versare il vino).

Papà                                - Bibi, la verità ha vinto oggi una grande battaglia.

Bibi                                 - Il mio direttore ha capito che non sono io che ho fatto il disegno?

Desmonde                       - Capito? Insiste nel dire che non lo hai fatto tu.

Luigi                                - (ha versato tre bicchieri di vino e li passa ai fratelli) Ah, oggi sono ringiovanito di vent'anni. Beviamo alla famiglia Bonnard, da Carlo Magno a Bibi. (Bevono).

Bibi                                 - (lo guarda sorridendo) Mon pére, mes on-cles, siete dei grandi uomini.

Papà                                - Sicuro. Come se non lo sapessimo.

Luigi                                - Desmonde, lo hai mai visto al Burlesque quel direttore?

Desmonde                       - E chi lo sa. Quando sono al Burlesque non guardo i clienti.

Luigi                                - Beh, adesso vado.

Papà                                - Esci di nuovo? Due volte in un giorno. È proprio un record.

Luigi                                - Che vuoi, fratello mio, è una di quelle giornate in cui il sangue scorre più veloce nelle vene. Vado a compiere una missione di grande importanza. Vado a cercare la felicità di mia figlia.

Papà                                - Vai a cercare Alfredo?

Luigi                                - Sì, il mio diletto genero. Improvvisa­mente il mio cuore è pieno di amore per Alfredo, l'impiegato stabile. (Esce).

Bibi                                 - Ah! Corpo di una pecora verde. Voglio uscire anch'io e andare a combattere per la verità.

Papà                                - Eh?

Bibi                                 - Mi hai dato coraggio, papà. Vado qui accanto da Sally, e credimi: questa volta sarò io che farò fuoco e fiamme.

Desmonde                       - Bravo nipote.

Bibi                                 - Sì. Le insegnerò come si sta al mondo. Le scrollerò le pulci di dosso. (Esce in stanza da pranzo).

Desmonde                       - (ridendo) Cresce, il nostro Bibi. (Vede maman che entra dalla stanza da pranzo) Ah, Susanna! È fatta!

Maman                            - (si affretta presso il marito) Jacques, stai bene?

Papà                                - Tutto bene. Non vi saranno più seccature.

Maman                            - E non faranno più niente a Bibi?

Papà                                - Di questo puoi essere sicura.

Desmonde                       - (ridendo) Oh, sì. Dov'è Mignonette?

Maman                            - (volgendosi a lui, arcigna) Fa il bagaglio.

Papà                                - Il bagaglio?

Maman                            - Sì. Se ne va.

Desmonde                       - Perché?

Maman                            - Perché? Dopo quello che hai fatto? (Con rabbia e risentimento) Desmonde, non avevo mai creduto che proprio tu avessi preso... E me ne ver­gogno tanto. Una ragazza così diversa da tutte le altre. Lo vedi anche tu che è diversa. (Si volge a papà) Parlagli tu. Ha ammesso di essere stato lui.

Papà                                - (turbato) Davvero, Desmonde?

Desmonde                       - Te l'ha detto Mignonette? Sì, ma non c'è niente di male Non è un motivo per dare degli schiaffi a un uomo e neanche per fare i bagagli e andarsene! Credevo che fosse capace di capire uno scherzo.

Maman                            - (inorridita) Uno scherzo!

Papà                                - (reggendosi la testa) Desmonde! Ma come hai fatto?

Desmonde                       - Se li era dimenticati.

Maman                            - Ma come può essersele dimenticati?

Desmonde                       - Diamine! Se li è levati e li ha dimen­ticati! Proprio qui.

Papà                                - Qui? Nella stanza di soggiorno? Si è levata la camicia da notte nella stanza di soggiorno?

Desmonde                       - Siamo rientrati insieme e... cosa hai detto? Camicia da notte? Come, camicia da notte?

Papà                                - Quelle di cui stiamo parlando! Le camicie di Mignonette che tu hai preso e...

Desmonde                       - (interrompendolo) Ma che camicie d'Egitto! Io parlo dei guanti!

Papà                                - Guanti?

Desmonde                       - G-uanti! (Facendo il gesto) Guanti!

Maman                            - Desmonde, dove hai messo le camicie di Mignonette?

Desmonde                       - Ma quali camicie? Io non ne so niente. Per mille diavoli, ma chi è pazzo qui?

Papà                                - Io no. Non dico più niente. Non capisco più. (Va a versarsi da bere).

Desmonde                       - Questo è come quando si va al cinema e si arriva a metà del film. Perché non mi raccontate?"

Maman                            - (disperata) Desmonde, noi abbiamo sempre riso di tutto quello che hai fatto; ma questo... credo che non te lo perdonerò mai. Hai spezzato il cuore di quella ragazza mostrandole la fotografia della famosa casa di Gatineau e per colmo fai questo scherzo infantile, di pessimo gusto... è una ragazza per bene! E mi dispiace che se ne vada perché so che non ha nessuno. Oh, ti picchierei!

Desmonde                       - (non meno disperato) Ma perché, in nome di Dio!

 Maman                           - Che ne hai fatto di quelle camicie?

Desmonde                       - Susanna! Non ho preso nessuna camicia! Credimi, non faccio di queste cose! Dovete, credermi! (Corre in anticamera verso la camera dm Mignonette) Mignonette!

Papà                                - Susanna, non credo che mio fratello abbia fatto questo.

Maman                            - Eppure è stato lui. (Va verso la scala).

Papà                                - Dove vai?

Maman                            - Vado a guardare nuovamente in mezzo alla roba del bucato. (Sale).

Papà                                - (inghiotte un gran sorso, posa il bicchiere e fa per seguire mamam. Inciampa nei pattini a rotelle) Accidempoli! (Raccoglie i pattini e va alla cassapanca, apre il coperchio e ve li getta dentro. Bimane un attimo l a guardare il disordine che c'è dentro, crolla la testa ì con un mezzo sorriso e dice fra sé) Che insalata! (Tocca qualche oggetto per sistemarlo ma vede che è inutile. Chiude il coperchio e si allontana. Ma a metà della: stanza gli viene in mente che gli sembra di aver visto nella cassapanca qualcosa che non dovrebbe esserci. 8im ferma, strabuzza gli occhi, apre la bocca, poi si volta e fa un salto fino alla cassapanca. La apre e comincia a tirar fuori in furia, ma pieno di stupore, le camicie. Intanto grida) Maman, maman, maman! (Sbatte il coperchio e con le camicie ammucchiate tutte insieme e tenendosele contro lo stomaco corre verso la sala da pranzo e vi è quasi arrivato quando si ricorda che maman è andata di sopra. Si volta e corre verso la scala ma cammin facendo perde una camicia e deve fermarsi per raccoglierla) Maman! Maman! (Corre di sopra. Dopo un momento ridiscende di corsa seguii» I da maman).

Maman                            - E dov'è adesso?

Papà                                - È andato qui vicino, da Sally! (Tenendo sempre le camicie la prende per mano e tutti e due insieme corrono verso la porta) La porta di servizio; La strada è più corta! (Se la tira dietro ed escono correndo in stanza da pranzo. Una pausa. Rumore di discussione. Dall'anticamera entrano Mignonette et Desmonde. La ragazza è vestita per uscire ed ha la sua valigia).

Desmonde                       - Perché non volete ascoltarmi? Vi chiedo troppo? Ascoltarmi per cinque minuti? Ho la morte nell'anima.

Mignonette                      - (posando la valigia) Ho ascoltato e non ho udito niente.

Desmonde                       - Avete pur sentito che non ho rubato le camicie. È niente questo?

Mignonette                      - Se non le avete prese voi, chi le ha prese?

Desmonde                       - Il re di Prussia. Che volete che ne sappia io? Sono innocente. (Bibi entra dal fondo e rendendosi conto di quello che sta accadendo si ferma ad ascoltare).

Mignonette                      - Non cambiate discorso, amico mio. Solo poco fa vi ho chiesto se le avevate voi e mi avete detto di sì. Avete riso e io vi ho schiaffeggiato.

Desmonde                       - Io parlavo dei guanti!

Mignonette                      - Guanti! Ruba camicie e parla di guanti.

Desmonde                       - Ma no! Perché non volete credermi? Dico la verità! Credetemi! Bibi, che cosa può fare un pover'uomo?

Mignonette                      - (riscaldandosi sempre più) Lasciate andare. Ne parleremo un'altra volta. Ieri, ricordatevi, abbiamo discusso di varie cose, voi ed io, sempre in questa stanza... case sul Gatineau, meli in flore... e di un tale che ruba giarrettiere. E voi avete detto questa frase, parole precise: « a voi ruberò qualche cosa di assai più importante »!

Desmonde                       - Ma parlavo del vostro cuore! Non delle vostre camicie! Vi amo, io. (Una espressione di stupore si dipinge sul suo viso e anche su quello di lei) Che sto dicendo? Bibi, hai sentito? La amo.

Bibi                                 - Anche tu?

Desmondb                       - Eh? (Si volge a Mignonette) Questo lo credete? (Ma la ragazza tremante riesce solo a erollare il capo, desiderosa di credere ma non osando) Non crede a niente. È cosa da spezzare il cuore.

Bibi                                 - Ma è vero, zio Desmonde? Ami Mignonette? (Tiene avanti e si ferma tra i due).

Desmonde                       - Con tutto il cuore, Bibi. Se almeno mi credesse.

Bibi                                 - (turbato) Allora... qui si tratta di amore e di verità insieme, n'est-oe-pas?

Desmonde                       - Come?

Bibi                                 - (con gli ocelli a terra pensa ad alta voce) E quando amore e verità ci sono tutte e due, è un sentimento molto forte, n'est-ce-pas? È molto signi­ficativo. (Guarda Mignonette) Io credo che lo zio Desmonde vi ami.

Mignonette                      - (con tenerezza) Ah?

Bibi                                 - Ma voi non siete contenta perché le cami­cie sono scomparse. (Mignonette accenna di sì) E siete in collera. (Mignonette e. s.) Molto in collera. (Mignonette c. s.) Sicuro. (Prende la decisione) Ebbene... anch'io sono un Bonnard. Quando si colpisce uno si colpiscono tutti. (Gli riesce ancora difficile dirlo) Le... le camicie le ho rubate io.

Mignonette                      - (dopo una pausa sorride con incre­dulità) Ah, Bibi!

Desmonde                       - (da principio non afferra l'idea. Poi ride) Oh, oh, Bibi! No, Bibi, non è necessario mentire per tuo zio! No! Risolverò ugualmente que­sta situazione! (E siccome tutti e due si sono avvicinati al ragazzo e ora si sorridono attraverso lui, c'è da cre­dere che la situazione sia risolta).

Bibi                                 - Ma le ho prese! Vraiment.

Mignonette                      - (ad un tratto turbata) Bibi...

Bibi                                 - Lo giuro. Credimi.

Mignonette e Desmonde - (insieme) Bibi!

Mignonette                      - Tu hai preso le mie camicie?

Bibi                                 - Sì.

Mignonette                      - Ma perché?

Desmonde                       - (in fretta) Non occorre dire perché. È sonnambulo. E dove le hai messe?

Bibi                                 - Nella cassapanca.

Desmonde                       - Maman e papà non debbono saperlo: tu comprends? È della più grande importanza. Ter­remo il segreto.

Mignonette                      - E come?

Desmonde                       - Bibi le restituirà e dirai che le hai trovate. Vieni, Bibi. (Si avviano alla cassapanca).

Mignonette                      - E dove le avrai trovate?

Desmonde                       - Che importa? Saranno state insieme ai mie calzini. Bibi, tirale fuori, presto.

Bibi                                 - (alzando il coperchio) Sono subito qui. (Fruga, non le trova e rimane agghiacciato con una espressione di orrore sul viso).

Desmonde                       - Che succede?

Bibi                                 - C'è un ladro in questa casa!

Desmonde                       - Lasciami vedere! (Sta per frugare nella cassapanca quando il viso sgomentato di Bibi lo costringe a voltarsi. Papà e maman sono sulla soglia della sala da pranzo. Papà ha ancora le camicie in mano) Ah! siamo scoperti. (Papà si avanza, dà le camicie a Mignonette. Poi viene ancora più avanti).

Papà                                - (a Bibi) Vieni qui, tu. (Bibi si avvicina ma non molto).

Desmonde                       - (accorre in aiuto di Bibi) Lascia che ti dica una cosa, Bibi. Anch'io quando avevo nove anni e mezzo, figurati! Nove anni e mezzo... Tuo padre può ricordarsene, che c'era una servetta in casa ed io...

Papà                                - Desmonde!

Desmonde                       - (senza dire altro si avvicina a Mignonotte prende la sua valigia e le mette un braccio attorno alla vita) Vieni, colombella mia, andiamo a disfare il bagaglio. (Si avviano) Courage, Bibi.

Maman                            - (con apprensione) Jacques, vuoi che io...? (Il marito crolla la testa) Allora vado in cucina. (Esce. Papà la segue con lo sguardo e poi si volge a Bibi. Pausa).

Bibi                                 - (per dire qualcosa) Sally... non era in casa.

Papà                                - Bibi; è stata una brutta giornata per te, Bibi. Sediamoci. (Siedono. Pausa. Papà ha lo sguardo fisso avanti a sé. Distrattamente tira fuori un sigaro e sta per offrirlo al ragazzo. Si accorge di quello che sta facendo e lo rimette in tasca. Altra pausa) Non occorre chiederti perché hai rubato le camicie.

Bibi                                 - No.

Papà                                - Il motivo è ovvio. Le hai prese perché... (Il suo viso assume un espressione stupida) Perché le hai prese?.

Bibi                                 - Volevo vedere... volevo vedere... ah, papà! Un bacio può cambiare la vita di un uomo, non è vero?

Papà                                - Eh, sì!

Bibi                                 - (sognante, con lo sguardo fisso, ricordando) Ieri al cinema con Mignonette, con la mano nella sua, così tiepida e morbida, mentre contemplavo Rodolfo Valentino innamorato di Wilma Banky, ho guardato Mignonette e ho pensato: « È così bella di viso... come sarà il resto? ».

Papà                                - Sei curioso.

Bibi                                 - Sì, curioso.

Papà                                - Nient'altro.

Bibi                                 - Ci deve essere dell'altro. Ma non so cosa.

Papà                                - Eh bien, è di quest'altro che dobbiamo parlare.

Bibi                                 - Tu sai che cosa è?

Papà                                - Sì, lo so. Ma prima parliamo delle camicie. Continuo a non capire il motivo.

Bibi                                 - Se una donna non ha camicia, per andare dalla sua stanza alla stanza da bagno... (Si interrompe e lui e suo padre si guardano) Sono stupido come un'oca.

Papà                                - D'accordo. In francese c'è un proverbio che dice: « Le coeur a ses raisons que la raison ne connait point ». Tu comprends!

Bibi                                 - (traduce lentamente) « Il cuore ha le sue ragioni... che la ragione non conosce ». No, non capisco.

Papà                                - Vuol dire che un uomo quando è innamo­rato è stupido come un'oca.

Bibi                                 - Oh, sì.

Papà                                - Vuol dire anche che ci si può affidare al cuore se il cuore è puro. Il tuo desiderio, Bibi, non è cattivo in se stesso. Non è solo un desiderio di ve­dere; è qualcosa di più, che tu non conosci ancora, ma che siccome è naturale, non può essere cattivo. Il male viene soltanto quando la ragione non è più pura. Perciò il mondo è sottosopra.

Bibi                                 - Anch'io sono sottosopra.

Papà                                - E anch'io. Ma cerchiamo di rimetterci dritti. Ora parliamo dell'amore, Bibi.

Bibi                                 - (ricordando) Amore. È quasi impossibile conoscerlo.

Papà                                - (stupito) Giusto. Ma quando uno lo cono­sce... ah, allora! Dove c'è amore, figlio mio, c'è anche desiderio. Sono inseparabili: l'amore deve desiderare; non credere che vi sia amore senza desiderio. Ma può esservi il desiderio senza amore e per questo il mondo cade nel male. Per esempio: tu non capisci perché il direttore della tua scuola ti ha picchiato.

Bibi                                 - No.

Papà                                - E perché è stato educato a credere che il desiderio sia un male. E siccome lui stesso prova il desiderio, è anche più sottosopra di quanto lo siamo noi. È cresciuto in un mondo in cui il desiderio è stato così perversamente usato che può cre­dere che sia realmente una cosa perversa. E questo è ingiusto. E sai il perché di questo stato di cose! Perché c'è tanta gente senza amore.

Bibi                                 - Molta gente?

Papà                                - Molta. (Lunga pausa).

Bibi                                 - Zio Luigi.

Papà                                - (lo guarda e annuisce) Tu vuoi bene a zio Luigi.

Bibi                                 - Sì, tanto.

Papà                                - È buono. E ha molto bisogno di affetto. Senza amore, senza affetto, un uomo è perduto.

Bibi                                 - Ma questo amore è diverso. Quello che ho per zio Luigi è diverso da quello che ho per te. E questo è anche diverso dal modo come voglio bene a maman. E poi... Mignonette!

Papà                                - (ora parla quasi fra sé) Sì. E questo amore di cui parliamo ora, Bibi, quando è vero, quando è sincero, è il più grande di tutti. Io posso dirlo perché lo abbiamo in questa casa, tua madre ed io. È il migliore, il più naturale; l'amore vero, unico nella vita. In tal modo il mondo si limita ad una casa,! ad una camera e ad un letto, e tutto il mondo n in quel letto, quando vi sono due persone che si amano. Questa è una cosa che conoscerai solo fra parecchi anni, Bibi. È anche possibile che tu non lai conosca mai. Ma io spero di sì. Se sarai fortunato come me, la conoscerai.

Bibi                                 - Cercherò una donna come maman.

Papà                                - No, cercala secondo il bisogno del tuoi cuore... e la donna verrà. Beh, ti ho detto molte cose e non ti ho detto niente. Porse quando avrai! qualche anno di più ne riparleremo. Troverò parole! più adatte...

Bibi                                 - Forse quello che ha detto nonno! Che uno deve avere la cognizione di come si usano lo spirito, il cuore, le ghiandole tutto insieme disciplinatamente?

Papà                                - (positivo) Ah, oui! C'est ca. È così. Noni è stupido, tuo nonno.

Bibi                                 - Cercherò di ricordarmene.

Papà                                - (con un sospiro di soddisfazione si alza e Bibi si alza con lui) Beviamo un goccio di vino!

Bibi                                 - (annuendo) Merci bien. (Vanno verso ili tavolino).

Papà                                - Devi farmi un favore, Bibi. Nel mio armadio, in fondo a destra, c'è un abito bleu, che mi è diventato stretto perché sono ingrassato. Vuoi! metterlo, per farmi vedere come sta! Per curiosità,! sai, nient'altro. (Ha riempito due bicchieri di vino ne porge uno a Bibi. Il ragazzo sorride felice e accenna di sì con entusiasmo) Bene. (Alzano i bicchieri. Papà solleva un sopracciglio e aspetta).

Bibi                                 - (capisce l'intenzione) A maman!

Papà                                - All'amore. (Bevono e Bibi dà il bicchieri a papà che lo posa sul tavolino col suo).

Bibi                                 - Allora vado su. (Esita, poi tende la mano. Papà, quasi esitante, la prende e la stringe) A bientót, mon vieux.

Papà                                - A bientòt, mon vieux. (Bibi va alla scala e sale. Quasi nello stesso momento maman sguscia fuori dalla stanza da pranzo va vicino a papà e gli la mano). Hai ascoltato.

Maman                            - Dalla prima all'ultima parola. (Avvi­cina il viso per baciarlo e si baciano affettuosamente).

Luigi                                - (è apparso alla porta in fondo trascinandosi dietro Alfredo) Un po' di aiuto qui, per favore!

Maman                            - Chi è questo!

Luigi                                - Alfredo. Ah. Siamo arrivati, mon ami. Entrate, riposiamoci. (Papà accorre e aiuta ad accora pugnare Alfredo nella camera. Veramente il giovanotto non è in cattive condizioni. È soltanto un po' ma contento).

Alfredo                           - Merci... merci... vous ètes très gentil

Papà                                - Dove lo hai trovato!

Luigi                                - Nel cespuglio. Figurati! Ho fatto ti , la strada, ho girato intorno alle case e lui era ne cespugli del nostro giardino. (Cordialmente a Alfredo) Courage, mon vieux!

 Alfredo                          - Un po' d'acqua, per favore. Ho tanta sete.

Maman                            - Vado a prenderla. (Fa per andare in cucina).

Alfredo                           - Ah, no! C'è un'acqua speciale qui, che mi piace! (Fa per andare alla cantimplora. Maman si ferma e lo guarda).

Papà                                - (a maman) Lascia pure: oramai non fa più niente. (A Luigi) Siete amici adesso?

Luigi                                - Abbiamo risolto il problema. I maschi andranno all'università, e le ragazze a lavorare. (In questo momento mentre Alfredo si versa da bere entra Felicita e rimane sbalordita).

Felicita                            - Alfredo! Dio mio! Anche lui! No, per carità!

Luigi                                - Non gridare contro mio genero. (Entra Desmonde).

Felicita                            - (cercando di prendere il recipiente) Che gli hai fatto, ad Alfredo?

Alfredo                           - Silenzio. Avete la lingua di un ser­pente.

Felicita                            - Ah! (Si domina e parla con calma minacciosa) Venite. Ora si va a casa. Avete capito? Tutti e due! Andiamo!

- Luigi                             - (ai presenti) Ora vado a casa. Ho un genero che mi difenderà. Arrivederci.

Alfredo                           - (prendendo la cantimplora) Allons.

Luigi                                - (abbracciando Alfredo mentre vanno) Ah, Alfredo, saremo felici come due piccioni. Sei quasi più bravo di me. (Mentre escono entra Mignonette e 'li osserva).

Felicita                            - (seguendoli) Accidenti al diavolo.

Papà                                - Beh?

Desmonde                       - (a Mignonette) Vedi cosa succede quando una sposa un Bonnard?

Mignonette                      - Voglio provare lo stesso.

Desmonde                       - Nulla le impedirà di sposarmi. È come un gatto su una stufa ardente.

Papà                                - (ride come una scimmia) Oh, oh!

Mamma                           - Sono proprio contenta! (Bacia Migno­nette).

Desmonde                       - (gli viene in mente una cosa) Ah! Ho un regalo per Bibi. (Corre su per le scale mentre Bibi scende vestito di bleu) Bibi, non te ne andare. Ho una cosa da darti. (Scompare. Bibi scende, si ferma un attimo sul pianerottolo, poi viene nella stanza. L'abito è troppo largo per lui, ma non tanto. E l'ef­fetto dei pantaloni lunghi è straordinario. Sembra un pochino uno spaventapasseri ma anche una edizione in, formato ridotto del brillante zio Desmonde).

Mamma                           - (stupefatta) Oh!

Papà                                - Mon Dieu!

Mignonette                      - Ah, Bibi, sei una bel-lez-za! (Bibi ride contento di sé).

 Papà                               - Vieni, fatti vedere.

Bibi                                 - (cammina un poco con affettazione. Poi alza le braccia. Le mani non si vedono) Le maniche...

Papà                                - Si possono accorciare... (Maman accenna di sì. È ancora sbalordita).

Bibi                                 - Credo che i pantaloni vadano bene. (Bibi riprende a camminare ma inciampa).

Maman                            - Accorcerò anche i pantaloni. (Desmonde scende di corsa, tenendo una cornice di circa 55 x 75, che inquadra un velluto nero su cui sono sospese appun­tate in fila, alcune delle più belle giarrettiere che si siano mai viste. Sotto a ciascuna è un bigliettino scritto a mano con la spiegazione e la data).

Desmonde                       - Ora che mi debbo sposare, Bibi, ti regalo la mia collezione.

Bibi                                 - (va per prenderla) Merci bien, zio Desmonde.

Maman                            - (avanzandosi) Oh, no.

Mignonette                      - (anche più in collera, arriva prima e afferra la cornice) Sei matto da legare.

Desmonde                       - Bada. Non siamo ancora sposati. Bibi sarebbe felice di metterla in camera sua. La ammira da tanti anni.

Bibi                                 - È verissimo.

Maman                            - Jacques!

Papà                                - (in fretta) Un momento! Lascia che ti spieghi, Bibi. (Prende il quadro da Mignonette) Se vuoi essere un collezionista di giarrettiere non devi averle di seconda mano.

Maman                            - (invelenita) Jacques! (Papà le sorride con aria colpevole e accarezza Bibi sulla testa e leva dalla circolazione il quadro).

Desmonde                       - Ah, devo però regalarti qualche cosa, Bibi. È una grande giornata per noi. Io ho avuto una moglie e tu hai avuto i pantaloni lunghi. Ah, ecco. (Si apre la giacca e spunta una delle medaglie) Ti piace questa?

Bibi                                 - Una medaglia, zio Desmonde!

Desmonde                       - E buona, anche. L'ho avuta perso­nalmente dal generale. (L'appunta sul risvolto di Bibi) Voilà.

Bibi                                 - Merci mille fois.

Desmonde                       - Pas de quoi. (Il nonno ha sceso le scale senza che si badasse a lui. Ha il suo abito di quando va a « faire l'amour », calzoni bianchi, giacca azzurra, cappello di paglia e bastone. Quando arriva all'arco entra maman, si accorge di lui).

Maman                            - Nonno!

Nonno                             - Bonsoir. Sono in ritardo.

Maman                            - Dove vai?

Nonno                             - Fuori. (Vede Bibi) Bibi. Come sei bello.

Maman                            - Dovresti essere a letto.

Nonno                             - (senza alterarsi) È questione di orario. (Toccandosi il cappello esce).

Papà                                - (correndogli dietro) No. Bisogna finirla. Papà.

Maman                            - Jacques! (Papà si ferma. Maman gli sorride) Lascialo fare. Vivrà finche amerà. (Si sente la voce di Sally in anticamera).

Sallt                                 - (di dentro al nonno) Grazie mille.

Desmoide                        - Ah! È Sally O' Hare, la piccola vicina. Ma guardala.

Sally                                - (entra dandosi un po' di arie. Non ha più l’apparecchio in bocca ed ha i capelli ondulati) Salve. Mia madre ha detto che Roberto voleva vedermi, non so per che cosa, ma ero andata dal dentista e... (Molto impressionata) Oh, Roberto! Hai i pantaloni lunghi.

Bibi                                 - (aria indifferente) Sì.

Desmonde                       - È bello, no? Riempirà il vostro cuore di...

Mignonette                      - (gli dà una gomitata nello stomaco per farlo tacere) Desmonde! (Sorride cordialmente a Sally) Come sei ben pettinata, Sally.

Sally                                - Grazie.

Mignonette                      - (va verso la sala da pranzo) Vieni, Desmonde, apparecchiamo la tavola per il pranzo.

Desmonde                       - (stupefatto) Noi?

Mignonette                      - Sì. Ora devi aiutarmi. Andiamo. (Va in sala da pranzo).

Desmonde                       - (guarda papà perplesso) È così che devono andare adesso le cose? (Papà si stringe nelle spalle) Sono naufragato in porto. (Si raddrizza e va in sala da pranzo con gesto minaccioso).

Maman                            - Sei molto carina, Sally.

Sally                                - Grazie. (Non può togliersi le mani dalla pettinatura. E ogni volta che guarda qualcuno mostra i denti ormai liberi nel più largo dei sorrisi. L'effetto è quello che si ha quando si guarda in bocca a un cavallo donato).

Maman                            - E non porti più l'apparecchio?

Sally                                - (parlando con la bocca molto aperta) No, me lo sono levato.

Maman                            - Accomodati, cara! (Si avvia alla stanza da pranzo con uno sguardo significativo a papà) Io vado in cucina a occuparmi del pranzo.

Sally                                - Prego, signora.

Papà                                - Anch'io devo... umh... occuparmi... mh... mh... mh... (Segue maman nella stanza da pranzo. Si può essere certi che si fermeranno dietro alla porta).

Sally                                - Come sembri diverso, Roberto.

Bibi                                 - (è molto sicuro di sé e un po' arrogante) Dav­vero? Perché hai detto quelle bugie oggi? Perché mi hai messo nei guai?

Sally                                - Non lo so.

Bibi                                 - Che modo di rispondere! Porco d'un dia­volo. Sai benissimo che il disegno non l'ho fatto io. Chi lo ha fatto?

 Sally                               - (molto sopraffatta) Jimmy Bishop.

Bibi                                 - E allora perché hai detto così?

Sally                                - (sognante) Che vuoi che mi importi di Jimmy Bishop? Ma come stai bene! (Si porta la mano ai capelli).

Bibi                                 - Ah! (Non riesce a convincersi) Vieni qui. (Sally si avvicina) Ora dobbiamo stabilire la verità. Io non ho fatto quel disegno.

Sally                                - No, Roberto.

Bibi                                 - Mio zio Luigi è una brava persona.

Sally                                - Sì, Roberto.

Bibi                                 - Anche mio nonno, anche lo zio Desmonde, anche il mio papà, anche la mia mamma.

Sally                                - Sì, Roberto.

Bibi                                 - Bien. (La cosa è definita. Le guarda i capelli poi indica la bocca di lei) I denti, per favore. (Sally li mostra, contenta). Vuoi essere la mia ragazza?

Sally                                - (timidamente enigmatica) Mmmmmmmm?

Bibi                                 - Ma se sei la mia ragazza non devi più farmi avere delle noie. (Nessuna risposta. La cosa lo preoccupa un po' ma la lascia passare) Bien. Dunque sei la mia ragazza. Ora ti faccio un regalo. (Comincia a spuntare la medaglia).

Sally                                - Oh, Roberto! Per me? E poi posso portarla?

Bibi                                 - (somiglia sempre più a Desmonde) È una medaglia di gran valore consegnata personalmente dal generale. (Con la medaglia in mano mette in posizione) Ecco. (Precisamente, con la, stessa maniera di Desmonde, le appunta la medaglia sul petto e m qualche colpetto affettuoso al punto dove l'ha appuntata. Come ha fatto già Mignonette anche Sally fa un salto indietro. Ma essendo un tipo diverso stringe il pugno e lo lancia contro Bibi il quale evita facilmente il colpo facendo civetta con la testa) Oh, oh! Queste americane!

Papà                                - (entra in fretta) Bibi, posso parlarti un momento?

Bibi                                 - Non è niente, papà. Soltanto... (La sua voce si spezza disastrosamente. Si porta una mano alla gola) Soltanto... (La sua voce si spezza ancora. Une espressione di terrore si dipinge sul volto) Papà! Che cosa mi succede?

FINE