Vita privata di un uomo celebre

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VITA PRIVATA DI

UN UOMO CELEBRE

Commedia in quattro atti

di HARALD BRATT

Riduzione di Gherardo Gherardi

PERSONAGGI

RALF GREGOR (RICCARDINO)

HARTMANN, au­tista di Gregor

JOE GREY, celebre diva cinematografica

STEFFI NELSON

COLL­IER, direttore

TILDEN, re­gista

BILL - EDDA - LA BARONESSA - IL BARONE

UN GIORNALISTA - UN ALTRO GIORNALISTA

UN COMMESSO - UN RAGAZZO

TERESA KRUSS - TRUDE KRUSS

WINKEL - PRILOP

WOLTERS senior - PAOLO WOLTERS

UN DO­MESTICO

DUE GIOVA­NOTTI e UNA RAGAZZA che non parlano

L'UOMO DEL CIAK - Inservienti.

ATTO PRIMO

Un salone nella villa dell'attore ci­nematografico Ralf Gregor. Pesanti tap­peti e tendaggi mol­to ricchi. In fondo, una statua dorata di un Budda illumina­ta da un riflettore nascosto. Il resto del salone è immerso in una mistica penom­bra. Davanti al Bud­da un divano basso.

(Quando si alza la tela, si odono vo­ci di gente festosa, evidentemente riuni­ta in una sala atti­gua. Dopo un atti­mo, una tenda del fondo viene aperta e compaiono un do­mestico in livrea e l'autista Hartmann).

Hartmann                      - Insomma, io debbo parlare con lui.

Il Domestico                 - Vi dico che adesso non si può.

Hartmann                      - E' una cosa urgente. (Le voci interne sì tacciono : si ode una voce che incomincia un discorso, ma è interrotto dalle grida).

La voce di Collner        - Signore e signori, amici miei...

Il Domestico                 - Sentite? Il direttore Collner fa un discorso.

Hartmann                      - Io me ne infischio.

Il Domestico                 - Sst.

La voce di Collner        - (si alza di nuovo nel silenzio rista­bilito) Ogni anno il nostro grande ospite ci riunisce qui, da gran signore come è (applausi), per festeggiare la prima rappresentazione di ogni suo film.

Hartmann                      - Ma sì, ho capito! Il grande artista, l'inarrivabile interprete...

Il Domestico                 - Volete tacere?

La voce di Collner        - Oggi celebriamo qui un fatto insuperabile, del quale si parlerà per dei millenni. La « Cosmos-film » ha prodotto la ben nota tragedia di Guglielmo Shakespeare coi commenti di Ludwig van Beethoven, regia di Veit Tilden (applausi), protagonista Ralf Gregor. (Applausi scroscianti).

Hartmann                      - Lo dicevo io?

La voce di Collner        - Solo la « Cosmos-film » poteva fare una cosa simile.

Hartmann                      - Potrebbe anch'essere un'ingiuria.

La voce di Collner        - Non vi nascondo che, da prin­cipio, esistevano in noi delle serie e fondate riserve nei riguardi del defunto Shakespeare. Ma il nostro Gregor è riuscito una volta ancora a ricavare una creazione immortale ad onta dei difetti e delle debolezze del testo. La prova migliore l'avete negli incassi giornalieri, che Shakespeare, da solo, non è mai riuscito a raggiungere. Questo è il vertice dell'arte di Ralf Gregor. Questa è la sua apoteosi. (Applausi) Ma no! Mi sbaglio. Egli certo riserverà alla nostra arte nuovi miracoli. Li aspettiamo. Li vogliamo. Li avremo. (Applausi).

Hartmann                      - Bravo. E adesso alziamo i bicchieri...

La voce di Collner        - Alziamo i bicchieri... Evviva Ralf Gregor! (Frastuono di applausi, di bicchieri toc­cati, di sedie spostate, di risa e di voci diverse).

Hartmann                      - Adesso marcia! Vai a dirgli che sono qui. (Il domestico esce: dopo un attimo Ralf, in marsina, entra e si dirige verso Hartmann, al quale parla con tono perentorio).

Gregor                           - Cosa c'è?

Hartmann                      - (sull'attenti) Non possiamo partire.

Gregor                           - Perché?

Hartmann                      - Un guasto alla macchina.

Gregor                         - La solita storia. (Vede che il domestico gli si è piantato davanti e lo manda via in malo modo) Via, via... (Con accento più confidenziale all'autista) Dici sul serio o scherzi? Quando te ne sei accorto?

Hartmann                      - (anch'egli mutato dopo l'uscita del dome­stico) Adesso, to'! Se no, l'avrei detto prima. Non si mette in moto. Chi ha guidalo ieri?

Gregor                           - Non vorrai dirmi che la colpa è mia.

Hartmann                      - Figuriamoci... La macchina deve fare un chiasso d'inferno, perché le donne si voltino e di­cano : ecco Ralf Gregor. E così siamo a piedi. Te l'avrò detto mille volte!

Gregor                           - Piantala. Procurami un biglietto. Partirò col treno.

Hartmann                      - Un biglietto di prima?

Gregor                           - Terza, terza.

Hartmann                      - Allora mi prendo il baule e lo spedisco colle valige.

Gregor                           - Bene.

Hartmann                      - E la macchina?

Gregor                           - Non mi serve più. Puoi venderla e tenerti il denaro.

Hartmann                      - Va', non scherziamo.

Ghecoh                         - Ma non capisci che tutto deve finire o prima o poi? Cosa c'è? Perché taci?

Hartmann                      - E' inutile: con un ostinato come te non si ragiona.

Gregor                           - Senti, da quando sono nato ho sempre pen­sato e fatto quel che mi è piaciuto. (Vedendo entrare Joe Grey, in elegante abito da sera, riprende il suo fare di padrone) Avete capito, Hartmann? E adesso andate.

Hartmann                      - (si mette sull'attenti) Vado subito a prendere il biglietto. Buona sera, signor Gregor. (Esce).

Joe                                 - E allora?

Gregor                           - (recitando prende la testa di Joe fra le mani) Oh, dolce Ofelia, o ninfa, racchiudi nella tua pre­ghiera tutti i miei peccati!

Joe                                 - (declamando a sua volta) Come state, mio principe, da tanti giorni?

Gregor                           - (naturale) Sono felice. Non ne potevo più. I miei nervi sono talmente stanchi che non so come fare a trattenermi dal prendere a schiaffi il regista, il diret­tore di produzione, le comparse, tutti.

Joe                                 - Anche me? Prenderesti a schiaffi anche me?

Gregor                           - Schiaffi no... ma...

Joe                                 - Gregor.

Gregor                           - Scusami. I miei nervi sono talmente stanchi che non resisto più nemmeno alla fatica di mentire. Aria! Aria! Parto stasera.

Joe                                 - Bene. Ti seguo.

Gregor                           - Dove?

Joe                                 - Dove vai tu.

Gregor                           - E dove vado io?

Joe                                 - Non lo so.

Gregor                           - Io vado in un altro mondo.

Joe                                 - Se non si tratta proprio dell'altro mondo, posso seguirti.

Gregor                           - No. Perché se tu mi segui, non è più un altro mondo. E' questo che continua.

Joe                                 - Ma che cosa si direbbe?

Gregor                           - Perché?

Joe                                 - Nella fantasia del mondo, noi siamo i due più felici amanti che esistano.

Gregor                           - E lasciali fantasticare.

Joe                                 - Ma se ci vedranno divisi, sarà un grave colpo per la nostra popolarità.

Gregor                           - Ho capito: l'istinto di conservazione ti suggerisce sentimenti pubblicitari. Ma si può rimediare. Tu fatti intervistare e dichiara che, dopo la mia fuga, intendi farti monaca, giusta il consiglio di Amleto. Sen­tirai che rumore,

Joe                                 - Non mi piace la parte di vittima.

Gregor                           - Eppure è piena di risorse.

Joe                                 - E se io ti amassi?

Gregor                           - Ti compiangerei, perché io non mi in­namoro.

Joe                                 - Storie. Il tuo idillio con Steffi Nelson è ancora celebre.

Gregor                           - Evidentemente è la sola cosa che si ricorda del cinematografo muto.

Joe                                 - Oh, a quanto pare lei almeno ricorda. Perché è venuta qui stasera?

Gregor                           - Non lo so. Forse per mirare l'opera sua, Fu lei a scoprire le mie attitudini artistiche.

Joe                                 - Metteremo il suo ritratto nella galleria dei grandi inventori, accanto a Volta e a Colombo. Steffi Nelson, autrice della scoperta di Ralf Gregor!

Gregor                           - Non trovo niente da opporre a questa idea. Sta di fatto che io non ero che una semplice comparsa».

Joe                                 - E un bel giovanotto.

Gregor                           - Ammetto. Ma la sola diva che mi vide, fu lei. Lei mi educò, mi sollevò al suo fianco, mi aprì la via della gloria... Dato che qui si possa parlare di gloria...

Joe                                 - E non sapendo che fare per lei, l'amasti per­dutamente.

Gregor                           - Era il meno che potessi fare.

Joe                                 - Un amore sincero, vero? Disinteressato.

Gregor                           - Disinteressatissimo. Era stato pagato in anticipo.

Joe                                 - E dopo d'allora, il tuo cuore non ha più avuto bisogno di amare?

Gregor                           - Appunto. (Con altro tono) Ma si può sapere che cosa cerchi da me con queste tue punzecchiature da vespa? Che vuoi? Che ti ami? Non posso.

Joe                                 - Perché?

Gregor                           - Perché ho recitato troppe parti d'amoroso. Non posso dire una parola d'amore, che non mi salti fuori dal ricordo di qualche copione.

Joe                                 - Ti amo è una parola generica. Non può ricor­dare nessun personaggio particolarmente.

Gregor                           - Ma è consumata, stanca. Lasciami stare. Non hai bisogno di me. Paghe formidabili, la più bella automobile della città, gli abiti più eleganti, i gioielli più splendenti, l'amore del regista. Che vuoi? Che vuoi?

Joe                                 - Te!

Gregor                           - E' una fissazione.

Joe                                 - Forse è curiosità.

Gregor                           - Perché?

Joe                                 - Sei enigmatico.

Gregor                           - E tu sei noiosa.

Jos                                 - Se vuoi liberarti di me, dimmi tutto. Può darsi che sapendo tutto io trovi che non vale la pena... Ma così... così... E' eccitante.

Gregor                           - Senti, io so dove vuoi andare a finire, ma ti avverto...

Joe                                 - Dimmi dove e con chi ti nascondi dopo la fine di ogni film. L'ho chiesto a tutti e nessuno mi ha saputo rispondere. Lo capisci che questo mistero infiamma la fantasia? Si pensa a cose terribili, affascinanti e terri­bili... Perché non mi vuoi dire? Ti giuro che terrò il segreto per me sola. Credimi. Ma, per piacere, svelati una volta almeno... E poi ti lascerò in pace, vedrai.

Gregor                           - (perfido) E se mi amerai di più?...

Joe                                 - Credi che possa accadere anche questo? Oh, ma allora è un segreto importante... Via, via, dimmi tutto...

Gregor                           - (ridendo) No. Non posso. C'è di mezzo…

Joe                                 - Un giuramento?

Gregor                           - Sacro. Sopra una tomba.

Joe                                 - Oh... Sei insopportabile. Gregor, io non avrò pace fin che non avrò sbaragliato quella donna...

Gregor                           - Quale?

Job                                - Quella che stai per raggiungere.

Gregor                           - Non abbandonarti a delle illusioni. Tienti al sodo.

Joe                                 - Non mi illudo. Ho giurato a me stessa di scoprire la verità e ci riuscirò.

Gregor                           - E poi?

Joe                                 - E poi combatterò... Infine io non sono una donna disprezzabile.

Gregor                           - Tutt'altro. Ma ti avverto che fra me e te c'è una incompatibilità fondamentale.

Joe                                 - Quale?

Gregor                           - La concezione della vita. Tu hai una con­cezione della vita diversa dalla mia.

Joe                                 - Io?

Gregor                           - Basta guardare come cammini.

Joe                                 - O questa poi!

Gregor                           - La camminata d'una persona esprime tutta la sua concezione di vita.

Joe                                 - Devo imparare a camminare.

Gregor                           - Prima a pensare. Il resto viene da sé.

Joe                                 - E come cammina quella donna?

Gregor                           - Quella? Magnificamente... Così... Guarda. (Fa un passo)... Questa è la gamba di sostegno, questa la gamba di movimento... (Entrano la Baronessa, Edda, Bill e altre persone).

La Baronessa                - Vi stavamo cercando, Gregor!

Gregor                           - Mi avete trovato!

La Baronessa                - (maligna) In buona compagnia.

Gregor                           - Grazie a Dio, io non ho intorno a me che delle buone compagnie.

La Baronessa                - E' questo il salone misterioso di cui si parla tanto?

Gregor                           - Sì. Questo è il mio studio.

Edda                             - Molto interessante... E' qui che fate le orge, no? (Scandalo delle altre signore).

Gregor                            - Non qui particolarmente. Un po' dappertutto.

La Baronessa                - Luci blande irreali... Suggestive...Oh, bello questo Budda!

Edda                             - (picchiando il Budda nella pancia) Vero, o imitazione?

La Baronessa                - Meglio non approfondire. Quando si tratta di un grande attore, il vero e il non vero non hanno importanza. Trovate, Gregor?

Gregor                           - Avete detto una verità profonda. Dove l'avete letta?

La Baronessa                - Impertinente!

Edda                             - Oh, Gregor, come vorrei vedere le vostre stanze private! (Movimento di approvazione e di curio­sità da parte delle altre signore che si raggruppano intorno a Edda).

Gregor                           - Se non volete altro! Da quella parte. (Pre­cedendole, alza una tenda e fa passare tutte le donne).

Bill                                - Edda! Edda! E' una sconvenienza... (Esce dietro le donne per rincorrere Edda. Gregor sta per uscire a sua volta quando Joe lo chiama).

Joe                                 - Gregor.

Gregor                           - Cara? (Scende verso dì lei).

Joe                                 - (dopo una pausa) Qual è? Tu parti certo con una di quelle, stasera.

Gregor                           - Vedi, cara, se tu avessi un minimo di senso critico capiresti che ognuna di quelle donne è un ani­male pubblicitario tale e quale come te. Sarebbe impos­sibile conservare il segreto. E invece lo conservo. Ti convince?...

 Edda                            - (comparendo al fondo e sospingendo in scena Bill) Questa visita all'appartamento privato di Gre­gor, è riservata alle signore soltanto. Via! (E scompare di nuovo).

Gregor                           - Vengo, piccola Edda!... (Esce a sua volta).

Joe                                 - (a Bill) Avete dei diritti su quella signorina?

Bill                                - Da che cosa l'avete capito?

Joe                                 - Dal modo come vi ha cacciato via.

Bill                                - E' la mia fidanzata. Mi ha detto che vuol fare una passione per Gregor.

Joe                                 - (allarmata) Siete sicuro che non debba partire questa sera?

Bill                                - Questa sera no. Questa sera partirà con me. Siccome io faccio il 'Corridore d'automobile, la mia fidan­zata verrà alla grande riunione in Amburgo, dove io correrò per il Gran Premio.

Joe                                 - Vi auguro di vincere.

Bill                                - Grazie, ma vincerà Warner.

Joe                                 - Perché?

Bill                                - Così abbiamo stabilito nell'ultima riunione...

Collner                          - (entrando) Ehi, voi, Bill... Il barone vi cerca...

Bill                                - Quale barone?

Collner                          - Veramente non so se sia barone e non so nemmeno se vi cerchi. Ma, per essere franco, io vorrei che voi ve ne andaste di qui, perché devo dire due parole alla signora.

Bill                                - Ah... Adesso capisco... Buona sera. (Esce).

Collner                          - Sapete la novità? Gregor ha rifiutato il nuovo contratto, che gli ho offerto.

Joe                                 - Dategli di più.

Collner                          - Fatto.

Joe                                 - Più ancora.

Collner                          - Rifiuta. Rifiuta. E' un mistero. Che cosa sarà accaduto? Ho pensato che voi sapeste...

Joe                                 - Capirete bene che, dati i nostri rapporti, o non so nulla, o non debbo sapere più di quel ch'egli desi­dera che si sappia.

Colltver                         - (grattandosi la testa) Che complicazioni!

Steffi                             - (entra) Collner, i giornalisti vogliono sapere se è vero che Gregor ha rifiutato il nuovo contratto che gli avete offerto. Stanno interrogando Tilden.

Collner                          - Tilden ha l'ordine di mentire.

Steffi                             - Temo che non ci riesca.

Collner                          - E fa del cinematografo?... (Esce in fretta).

Steffi                             - Mi ha fatto tanto piacere incontrarti qui stasera.

Joe                                 - Dopo tanto tempo, vero? Dove sei stata?

Steffi                             - Sempre nella mia vecchia casa.

Joe                                 - Strano che non ci si sia mai viste. Scritture mai?

Steffi                             - Me ne hanno offerte molte, ma ho sempre rifiutato.

Joe                                 - E perché poi? Se ti tingessi i capelli...

Steffi                             - Oh, una donna deve decidersi, una volta o l'altra, a diventare onoratamente grigia. E sullo schermo non si può invecchiare. Magari il pubblico te lo perdo­nerebbe, ma non ti salva nessuno dalla brutalità delle amiche.

Joe                                 - Già. Nel nostro mestiere invecchiare è una mancanza di gusto.

Steffi                             - Non è esatto. Nel nostro mestiere, dove non si vuole invecchiare, si resta giovani senza stile.

Joe                                 - Spero che non parlerai per me.

Steffi                             - Tu? Tu sei nel fiore. E' vero che parti sta­sera con Gregor?

Joe                                 - Fra due settimane sarò di ritorno.

Steffi                             - Oh, non si sa mai quando si decida a ritor­nare lui.

Joe                                 - : T' ha forse confidato qualche cosa?

Steffi                             - No, ma non credo che abbia segreti per me.

Joe                                 - Davvero?

Steffi                             - (ridendo) Vorresti conoscere il suo mistero, non è cosi? Io, nel mio periodo aureo, lo scoprii in un quarto d'ora.

Joe                                 - Non so a che cosa tu voglia alludere.

Steffi                             - A quel che tu vorresti sapere. Dove si reca Gregor stasera.

Joe                                 - Oh, io lo so.

Steffi                             - No, cara, non lo sai. Qualunque cosa tu faccia per saperlo, Gregor riuscirà a sventarla.

Joe                                 - Questo resta a vedersi. Tu non mi conosci.

Steffi                             - Mi basta di conoscere Gregor. Con me, allora, non ebbe bisogno di sotterfugi, come fa con te adesso.

Joe                                 - Già, la vecchia guardia del muto.

Steffi                            - Noi, del muto, avevamo cuore e tempera­mento. Voi vi esaurite nello sforzo di recitare male.

Joe                                 - Però si dice che tu voglia fare una parte con Gregor.

Steffi                             - No, davvero. Il mio tipo è passato. La donna fatale è finita. Te ne devi essere accorta anche tu.

Joe                                 - Come sarebbe a dire?

Steffi                             - Perché oggi è il tuo tipo che prevale. La giovane sbarazzina. Passerà anche questo.

Joe                                 - Torneremo alla donna fatale?

Steffi                             - Non lo so. Per conto mio, mi contenterò di fare, se mai, delle buone parti di vecchia signora.

Joe                                 - Con Gregor?

Steffi                             - Con Gregor è inesatto, perché lui continuerà in eterno a fare gli amorosi. Sarò sua madre, per esem­pio. E tu diventerai sua zia...

Joe                                 - i II tempo passerà anche per lui.

Steffi                             - Pare idi no. Ha una seconda vita da con­sumare.

Joe                                 - Una seconda vita?

Steffi                             - E' il suo segreto.

Joe                                 - Cosa?

Il Barone                       - (entra con Bill) Caro giovane, vi dico che gli uomini come questo dannato Gregor sono dei desideri incarnati. (Alle signore) Cerco di far capire a questo caro giovane come si debba giudicare un attore cinematografico.

Steffi                             - Voi concluderete in modo poco favorevole, immagino.

Il Barone                       - Anzi. Gli uomini come Gregor hanno un'enorme importanza in un'epoca come la nostra.

Steffi                             - Spiegatevi.

Il Barone                       - Viviamo in un mondo nel quale non esiste più un'alta società. Il «dandy » è morto, il « gen­tleman » sta scomparendo, il gagà fa ridere, l'ufficiale è diventato un serio professionista. Se non ci fossero nemmeno gli attori cinematografici, chi rappresenterebbe più il mondo dei sogni?

Tilden------------------ - (entra coi giornalisti ai quali parla) Ecco la qualità principale di Gregor: egli sa infondere il sangue nel corpo delle sue creature. Avete scritto: creature?

Un Giornalista -------- - Si, scritto... Benissimo.

Tilden ----------------- - Con una sicurezza istintiva che trova la sua suprema giustificazione non nella esistenza della sua professione di attore, ma nelle caratteristiche della su» vocazione d'interprete. Capito?

Il Giornalista                 - No, ma ho scritto.

Un altro Giornalista      - E' meglio che non sì capisca. C'è più autorità.

Il Giornalista                 - Ma questo contratto nuovo, l'ha firmato o no?

Collner                          - Ma sì, ma sì... Firmatissimo.

Il Giornalista                 - Gregor ha negato.

Collner                          - Se Gregor lo ha negato, avrà le sue buone ragioni e bisogna rispettarle. Ma io ho il contratto in tasca.

Il Giornalista                 - Peccato, perché c'era da chiacchie­rare parecchio sul contratto non firmato.

Collner                          - Tilden, dite a questi signori qualche altra bella frase da stampare invece di quella notizia che io ho smentito.

Tilden                            - L'arte di Gregor ha uno strano diafano, splendore... (Guarda intorno ai giornalisti, come per averne l'approvazione, ma i giornalisti non sembrano molto convinti). Insomma, non mi è venuto altro. Ah... aspettate...

Gregor                           - (rientra con le sue ammiratrici).

Tilden                            - Io posso definire solo con le parole il pro­digio di questo fenomenale talento interpretativo. Egli invece agisce per una specie di coercizione intuitiva. Maestro, approvate questa mia definizione? (Tutti os­servano Gregor e attendono la sua risposta).

Gregor                           - (recitando) Chi mai conosce se medesimo?

Tilden                            - Insomma, non si può descrivere a parole la intonazione con cui Gregor pronuncia la famosa frase: «Essere, o non essere». (Ha tentato di imitare Gregor).

Gregor                           - Sbagliato!

Tilden                            - Già, ma io non sono voi...

Gregor                           - Anche l'atteggiamento, non. è così... Atten­zione. (Avanza nel mezzo).

La Baronessa                - Magnifico. Si sente inspirato.

Tilden                            - Largo, largo. Aria!

Gregor                           - (tossisce, indietreggia, si atteggia, fa impres­sione. Pare che incominci ma non incomincia, qualche cosa gli dà fastidio) La luce. Più luce.

Tilden )                         - (in cerca di un interruttore) Luce, luce... (Un domestico ha preceduto Tilden e si fa più luce nella sala. Egli riprende il suo atteggiamento. Si schia­risce la voce. Si immerge in se stesso. Grande emozione. Entra Hartmann. Tutti lo fermano impressionati, come se il poveretto avesse rotto un incanto, fermato un miracolo).

Gregor                           - (ire pieno pathos) Essere o non essere... (Con tono secco e reciso) Ecco il problema. (Resta un momento in posa e poi si scarica) Ecco fatto. (Applausi fragorosi: «Bene, bravo». Hartmann intanto fa dei segni verso Gregor, che non si avvede di lui, circondato e ammirato com'è dal gentil sesso. Ma si avvede Joe della manovra di Hartmann e gli si avvicina).

Hartmann                      - (agitando una mano) Il biglietto!

Joe                                 - (strappandogli il biglietto di mano) Date qua. (Si dirige a un angolo della sala per esaminarlo).

Hartmann                      - (la insegue) Signora, per carità.

Joe                                 - Tenete. (Glielo restituisce trionfante. Intanto, evidentemente, la massa degli invitati sta chiedendo a Gregor qualche nuova manifestazione artistica).

Gregor                           - No, signori, ora basta...

La Baronessa                - Non siate avaro di voi...

Gregor                           - Volete un'altra posa, oppure...

La Baronessa                - No, ancora questa. «Essere o non essere ». Insuperabile.

Gregor                           - Silenzio per favore! Devo concentrarmi.

Tilden                            - Silenzio. Ciak! Azione!

Gregor                           - (pare stia per ricominciare, ma vede Hartmann e questo lo scarica del tutto: si avvicina ad Hartmann, che gli consegna il biglietto) Ah... Benissimo. (Poi mettendosi nella tasca del panciotto il biglietto che Hart­mann gli ha consegnato, si rivolge all'uditorio) Signore e signori, le mie vacanze incominciano.

La Baronessa                - Oh, che peccato!... Che delusione! (Le signore fanno coro nel manifestare il disappunto).

Gregor                           - Ma ho qualche altra sorpresa per voi... (Si dirige al fondo, scosta una tenda, appare un bar illumi­nato. Un « oh », di stupore di tutti) Il mio bar privato. Comandate! Sarete soddisfatti... Caro Collner?...

Collner                          - Non ho nessuna voglia di bere.

Gregor                           - Baronessa?... «Cocktail»?... Anche voi?... Uno, due, tre, quattro... Tu pure, Joe?

Joe                                 - (allegrissimo) Certamente...

Gregor                           - (mentre, prepara il « cocktail » canticchia una canzone).

La Baronessa                - Che bella voce!

Il Domestico                 - Che malinconia!

Job                                - Perché?

lì. Domestico                 - IJ signor Gregor smonta la casa... Non lo sapete?

Gkecor                          - (distribuisce i primi « cocktails » e invita gli altri ad avvicinarsi al bar. Intanto si avvede di Hart­mann) Che c'è?

Hartmann                      - Volevo chiedervi se avete altri ordini per me.

Gregor                           - No.

Hartmann                      - Allora posso congedarmi?

Gregor                           - Un momento. Amici miei, in certi momenti della vita il cuore si effonde in tanta dolcezza e in tanta carità umana, che non si riesce più a tenere saldo il concetto delle categorie sociali. Tutti gli uomini di­ventano fratelli... Ecco perché vi pregherei di permet­termi di invitare il mio autista a bere con me.» Se non vi dispiace. A te! (Risate).

Collner                          - (ad Hartmann) Vi mettete a fare del cine­matografo anche voi?

Hartmann                      - Sono stato licenziato oggi...

Collner                          - E perché?

Hartmann                      - Perché il signor Gregor non ha più bisogno di un autista. (Si levano voci nel gruppo di Gregor che intona) :

Gregor                           - Addio, signori, addio, Ralf Gregor se ne va...

Collner                          - Ma non è possibile!

Gregor                           - Invece, caro direttore, dovete rassegnarvi. Ralf Gregor se ne va e niente contratto nuovo. (I gior­nalisti intorno a Collner).

Steffi                             - (a parte a Gregor) Che cosa ci fai bere adesso?

Gregor                           - Un « cocktail » speciale: era di moda molti anni fa. (Agita la bottiglia).

Steffi                             - (civetta) Quanti?

Gregor                           - (con intenzione)     - Dodici! Lo inventai per te!

Steffi                             - Sei un amore, oggi.

Gregor                           - Sempre!

Joe                                 - (« Bill) Dove avete la vostra macchina?

Bill                                - Qui, davanti a casa mia. Perché?

Gregor                           - Amici! Il bicchiere della staffa! Venite, venite... (versando nei bicchierini disposti sul bar) Collner, Hartmann, Joe, Steffi... baronessa... Avanti, tutti.™ Non fate cerimonie... Tutti serviti? Diciassette anni fa, giunsi tra voi come un povero sconosciuto, venuto chi sa di dove...

Il Giornalista                 - Oh, finalmente qualche cosa da pubblicare.

Gregor                           - (avanza lento, parlando) Non chiedeste la mia provenienza. Però mi voleste bene, perché vi accor­geste che, sullo schermo, io sapevo vivere e soffrire per voi. Mi avete circondato di premure, di affetto, di pas­sione, di fama. E anche di denaro.

Collner                          - Appunto!

Gregor                           - Bisogna sapersi ritirare nel momento mi­gliore, anche se si prova un poco di malinconia. Non importa. Domani forse mi ricorderete ancora. Ma dopo­domani un altro prenderà il mio posto sullo schermo e nel vostro cuore. E io sarò morto, per voi. Per me, forse, chi sa, può darsi che incominci a vivere... Bevete alla mia salute!

Collner                          - Beviamo alla vostra salute, ma siamo certi di rivedervi tra un mese.

Gregor                           - Illuso! Addio per sempre! (Proteste ge­nerali).

Collner                          - (emozionato) Mi pare che lo scherzo do­vrebbe essere breve.

Steffi                             - Ti auguro ogni felicità, Ralf!

Gregor                           - Grazie, cara Steffi. Hartmann, vecchio mio, cerca di conservarti sempre un bravo ragazzo...

Hartmann                      - Grazie, altrettanto.

Gregor                           - Alla salute! (E si mette a recitare dei versi. Quasi si commuove) Sciocchezze! Alla vostra sa­lute. (Tutti bevono. Enfatico) Il resto, è silenzio. E adesso, signori e signore, addio. Io mi ritiro...

Collner                          - Dove?

Gregor                           - A vita privata. (Va verso U fondo e prima di scomparire teatralmente tra le tende) Se la commedia vi è piaciuta, vi prego, applaudite ancora! (Esce fra gli applausi. L'entusiasmo si spegne presto).

Il Barone                       - In sostanza mi pare proprio che si tratti di un addio definitivo.

La Baronessa                - Che uomo strano! Affascinante e strano!

Joe                                 - (a Bill) Potete portarmi stasera nella vostra macchina?

Bill                                - Dove volete... Ma credo che vorrà venire anche Edda...

Joe                                 - Chiamatela... Andiamo. (Bill va a prendere Edda e con Joe escono).

Collner                          - (ai giornalisti) Tutta una commedia, tutta una commedia! E voi farete bene a prenderla sul serio, perché l'ultimo addio di un attore è sempre una buona trovata pubblicitaria! Ma vedrete che fra tre settimane ricompare... (Via seguito da parte dei giornalisti).

La Baronessa                - Per me, che volete che vi dica? Quello è un uomo che va verso l'amore... Si, qualche donnina, nascosta chi sa dove...

Il Giornalista                 - (scrivendo) Un amore misterioso?...

La Baronessa                - Un amore misterioso.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

L'albergo dell' « Oca d'oro ». Tipico ambiente spazioso, coi soffitto a volta. Corna alle pareti. Un ampio banco con i rubinetti per la birra e ripiani pieni di bottiglie, di anfore e di bicchieri luccicanti. Presso il banco, una porticina verso l'appartamento del proprietario. Pure vicino al banco, un angolato caratteristico, con una tavola rotonda e un divano di pelle, per gli ospiti di qualità. Alla parete dietro il divano, una tabella coi nomi degli ospiti. Da un lato l’ingresso al ristorante e in fondo grande porta verso un salone. Nel complesso, si ha l'impressione di un albergo di campagna eccellente­mente diretto con una buona tradizione e dei proprie­tari benestanti.

(Le finestre sono aperte ed il sole mattutino indora il locale. Un commesso viaggiatore, che ha molta fretta, ha terminato la sua prima colazione e saluta la proprietaria, la signora Kruss, donna un po' pienotta, ma abbastanza arzilla e appetitosa. Il ragazzo dell'albergo attende con le valigie del commesso presso la porta).

Il Commesso                 - Sentite, signora Kruss, io sono un uomo di poche parole. Detto fatto, detto fatto. Ma devo dirvi con tutta franchezza che ancora una volta qui, mi sono trovato magnificamente bene. E' la parola: magnificamente bene, E sento il bisogno di dirvi una parola sola, perché, come vi ho detto, io non sono uomo che si dilunghi troppo nella espressione dei suoi sentimenti. Una parola sola, che del resto esprime tutto, meglio di qualunque discorso. Grazie. Sì, veramente. Grazie.

La signora Kruss           - Voi mi lusingate. D'altra parte noi facciamo il possibile per...

Il Commesso                 - Il possibile? Miracoli. Non scher­ziamo. Se fossi un uomo che parla ne sentireste delle belle. Ma andate negli altri alberghi di campagna. Per carità. Meglio tacere. Lasciamo stare questo discorso. Niente di comune con questo albergo che è la perla, il diamante, il «Koh-i-noor » dell'industria alberghiera di questo paese. Il «Koh-i-noor »... E' la parola. (Mentre parla tiene la tazza del caffè nelle mani e non sì decide a bere).

La signora Kruss           - Badate che il treno...

Il Commesso                 - (beve in fretta) Giusto. Magnifico anche questo. Buono. Voi siete una gran brava donna... signora Kruss... La migliore donna che io abbia mai conosciuto... Il « Koh-i-noor » delle donne!

La signora Kruss           - (ridendo lo interrompe) Ma andiamo, volete farmi arrossire?

Il Commesso                 - Non arrossite. E' come vi dico io. Il resto me lo avete dato?...

La signora Kruss           - E' sul banco, guardate.

Il Commesso                 - Ah, scusate... (Prende il denaro, che conta in fretta) Ma, mi sbaglio, o avete un po' rincarato i prezzi?...

La signora Kruss           - 1 tempi sono difficili... sapete... Del resto, si è fatto proprio il minimo...

Il Commesso                 - Il minimo? Accidenti!... Dice il mi­nimo. Ci vuole una bella faccia tosta... Il quaranta per cento di più... Eh, si, io non mi sbaglio... Guardate-Accidenti è tardi... Ne parleremo la prossima settimana, perché così non si può andare avanti. Assolutamente non si può andare avanti, non è permesso... (Esce in fretta prendendo dalle mani del ragazzo la sua valigia).

La signora Kruss           - (ha un sospiro di sollievo) Oh, santa pace! (Ragazzo, vieni qui. Mettiti la giacca nuova.

Il Ragazzo                     - Perché? Non è mica domenica,

La signora Kruss           - Fai quello che ti dico. (La porta si apre ed entra Wolters senior, un proprietario di terre sulla cinquantina, in abito da caccia, con un cane al guinzaglio. E' un uomo bonario e semplice)

Il Ragazzo                     - Buongiorno, commendatore.

Wolters                         - Buongiorno, signora...

La signora Kruss           - Buongiorno, Wolters, (Al ra­gazzo) Un'acquavite grande.

Il Ragazzo                     - Sto facendo! (Prepara sul banco l’acquavite).

Wolters                        - Alla tua salute, Teresa. (Beve e dopo avere bevuto si volge con corretta ansiosità verso di lei) Dunque?

La signora Kruss           - Sei già al corrente di tutto.

Wolters                         - Naturalmente. Qui si fa presto. Ha rega­lato un sigaro al capostazione e cinque marchi al guar­diano notturno. E poi ha cantato attraversando tutto il paese.

La signora Kruss           - Ha cantato anche qui,

Wolters                         - Magari aveva un po' bevuto.

'La signora Kruss          -        - (Nemmeno per sogno.

Trude                            - (una fresca ragazza, entra dalla porta vicino al banco, porta un vaso con un mazzo di fiori, che già conosciamo) Oh, buongiorno, signor suocero...

Wolters                         - Signora nuora...

La signora Kruss           - Via! :Non anticipiamo,

Tsude                            - Ma oggi verrà il consenso finalmente.

ìLa signora Kruss          - Speriamo.

Trude                            - (verso Wolters come rivelandogli un gran se­greto) E’lui.

Wolters                         - Lo so.

Trude                            - Guarda che cosa ha portato alla mamma.

Wolters                         - Belli, perbacco!

Trude                            - Glieli ha offerti così... (Imita il gesto).

La signora Kruss           - Scioccherella...

Trude                            - La mamma lo ha gradito. Era diventata rossa come una ragazzina...

La signora Kruss           - Trude.

Trube                             - Eh, quando si ha che fare con un vero gen­tiluomo.

Wolters                         - Però, se si pensa che voi avete un giardino pieno di fiori...

Trude                            - Che significa? Conta il pensiero. Così fosse delicato tuo figlio... Mai che m'abbia portato un fiore... mai... (Esce).

Wolters                         - Figuriamoci. Uno studioso, ha ben altro per la testa che i fiorellini della fidanzata. (Guarda i fiori) Bellissimi. Chi sa quanto li ha pagati!

La signora Kruss           - So che cosa pensi. Tu pensi che mi ha portato quei fiori perché ha dei rimorsi. No, no. Io sono certa che, oramai, è passata per Riccardino l'epoca delle pazzie.

Wolters                         - Però... è durata un bel po'.

La signora Kruss           - Ma che ne sappiamo? Io invece credo che...

Wolters                         - Per carità!

La signora Kruss           - Voi tutti pensaste allora: ecco che arriva un cameriere morto di fame, la Teresa perde la testa e lui appena sarà diventato padrone manderà l'albergo in rovina e se la svignerà piantando quella povera creatura. Non pensaste questo?

Wolters                         - E chi se ne ricorda?

La signora Kruss          - Me ne ricordo io. E invece no. Diventò padrone; ma l'albergo eccolo qua, più bello che mai...

Wolters                         - Ma lui va, viene...

La signora Kruss           - Sì, siamo stati separati per molto tempo, ma devo dire la verità, ha sempre mandato denari a casa. In principio non molti, per la verità, ma dopo... Ora poi è ritornato...

Wolters                         - Ritorna, se ne va, va, viene...

La signora Kruss           - E dalli. Ci vuol pazienza. Lo sai che lavora? E molto? Torna a casa stanco, poveretto!

Wolters                         - Stanco di viaggiare il mondo in lungo e in largo. Beato lui. E poi vuoi che ti dica? Ho l'impres­sione che non ci prende sul serio nessuno. Sicuro. Si comporta esattamente come se l'albergo fosse, più che altro, un luogo di riposo per lui e non gliene importa niente se le cose vanno bene o male.

La signora Kruss           - Infatti in questi ultimi tempi il bilancio dell'albergo non è stato felice.

Wolters                         - Per forza! Quando ogni camera ha un bagno di marmo e il telefono! Quando si distribuiscono dieci specie di birra invece di una, quando si ha per­fino il coraggio di impiantare una cucina elettrica...

La signora Kruss           - Be', se gli fa piacere...

Wolters                         - Piacere, piacere. Farebbe piacere anche a me comperare un castello sul Reno...

La signora Kruss           - Dirò allora, se se lo può per­mettere...

Wolters                         - Ah... Così va bene. Se se lo può permet­tere. E questi sono affari suoi.

La signora Kruss           - Appunto.

Wolters                         - Niente appunto. Perché io potrei anche avere qualche legittima curiosità, se i nostri ragazzi debbono sposarsi. Ma non domando niente, non do­mando niente. Vedo che avete delle belle terre. Basta. Veramente, come agricoltore, mi chiedo che cosa po­tranno rendervi. Ma lasciamo andare. Però non capisco perché, in questi ultimi tempi, abbiate comperato un terreno dopo l'altro, un terreno dopo l'altro...

La signora Kruss           - Riccardino voleva così.

 Wolters                        - Allora c'è del liquido...

La signora Kruss           - Riccardino ha guadagnato bene.

Wolters                         - Uhm. Con una agenzia di assicurazioni? Non so, non so. Ma infine non si possono tenere due aziende passive. L'albergo e la terra. Non si può. Ma io non c'entro. Quanto a mio figlio, ha una carriera davanti a sé... e sono tranquillo. E' vero che potrebbe avere sulle spalle anche i suoceri, un giorno o l'altro... ma non ci pensiamo...

La signora Kruss           - Senti, se proprio sei preoccupato per tuo figlio e se non te la senti di...

Wolters                         - Per carità! Dico per dire. Affari vostri. Io non me ne incarico. (Si ode la tromba di una auto­mobile).

La signora Kruss           - Scusatemi, arriva gente. (Corre verso la porta).

Wolters                         - Di', è già sveglio o dorme ancora?

La signora Kruss           - Sveglio, sveglio.

Wolters                         - (va verso la porta del fondo e chiama) Riccardino! (Ed entra nelle stanze private).

Una voce di Donna       - (di fuori) Potrei avere una camera?

La signora Kruss           - Accomodatevi, signorina, prego... (Entrano Joe e Bill seguiti da Edda. Entra il ragazzo con la giacca nuova e la signora Kruss).

Bill                                - La stanza migliore, mi raccomando.

Edda                             - Possibilmente col bagno.

Il Ragazzo                     - Qui non ci sono che stanze col bagno.

Joe                                 - Voi due fatemi un grande favore. Ripartite subito.

Bill                                - E come vi lasciamo qui in un paese selvaggio, isolato dal mondo?

Joe                                 - Non vi preoccupate di me.

Bill                                - Diteci almeno quando dobbiamo ritornare a prendervi...

Joe                                 - Non vi preoccupate di me, vi ripeto: tornerò col treno. (Alla signora Kruss) Volete .mostrarmi intanto la mia stanza? (Esce a destra preceduta dalla Kruss, mentre Bill ed Edda, stanchi del viaggio, si siedono sospirando).

Bill                                - E adesso che cosa facciamo?

Edda                             - Torniamo a casa.

Bill                                - Una parola. Io sono stanco. Ci fermeremo a mezza strada.

Wolters                         - (ritorna, si volge verso l’interno della porta dalla quale esce) E domani a caccia! Senti, Riccar­dino, ho una bella sorpresa per te. Cosa? Te la dirò domattina. (Chiude la porta, poi vedendo i due rispet­tosamente li saluta) Buongiorno.

Il Ragazzo                     - (sì dirige verso i due per servirli) I si­gnori desiderano?

Bill                                - (a Edda) Che cosa desideriamo?

Il Ragazzo                     - Liquori, caffè, vino, cioccolata, aran­ciata...

Bill                                - Niente niente...

Il Ragazzo                     - Tutto quello che desiderate. Non c'è che da comandare.

Bill                                - Sai di che cosa avrei voglia?

Edda                             - Sii modesto, perché qui non ci sarà gran che.

Il Ragazzo                     - Qui si trova tutto, prego. E' uno dei primi locali della Nazione.

Edda                             - ((ridendo) E allora portaci un « cocktail ». …

Bill                                - Brava. Anche a me.

Il Ragazzo                     - (incassando gagliardamente il colpo) Due co... cock...?? Un momento. Vado in cantina...

Edda                             - (ridendo) Bravo, allora vedi di portarmi pre­cisamente un «Texas-cocktail »...

Il Ragazzo                     - Un? Texas... Un momento... (Si gratta la nuca, si dirige verso la porta del fondo ed esce).

Wolters                         - Oh, non avrete nessuna delusione in que­sto locale.

Bill                                - Noi non vorremmo sollevare delle obiezioni, per carità, ma se qui il « cocktail » si trova in cantina...

Wolters                         - Il ragazzo non è pratico ancora...

Il Ragazzo                     - (entra, si dirige rapidamente verso il banco dei liquori, cerca fra le bottiglie, ne prende due o tre e dice vittoriosamente ai due clienti) I signori saranno serviti... un momento... (Apre il passavivande che è dietro il banco e consegna le bottiglie a qualcuno che è pronto a riceverle, poi richiude).

Edda                             - Sono curiosa di vedere che cosa ci faranno bere.

Wolters                         - Certo sono ordinazioni poco frequenti... (Il passavivande si riapre, il ragazzo chiamato ci mette dentro la testa, si ritira, corre allo scaffale dei liquori e prende un'altra bottiglia).

Il Ragazzo                     - Stanno cuocendo il « cocktail ».

Bill                                - Cuocendo?

Il Ragazzo                     - Insomma... Preparando. (Il passavivande viene riaperto e due bicchieri vi compaiono sopra un vassoio: il ragazzo serve i due, che guardano nel bic­chiere con molta diffidenza).

Edda                             - Vogliamo provare?

Bill                                - E proviamo. (Bevono, assaporano, si guar­dano in faccia).

Edda                             - Ma questo è...

Bill                                - ... incredibile...

Il Ragazzo                     - Eh? Come andiamo?

Bill                                - Strano...

Edda                             - E adesso voglio uno « Steffi-cocktail ».

Wolters                         - Bene, questa volta ne fai preparare uno anche per me. Voglio proprio sentirlo anch'io.

Il Ragazzo                     - (trionfante) « Steffi-cocktail ». Subito, ignori. (Ficca la testa dentro il passavivande. Poi ripete l'operazione di prima).

Edda                             - (a Wolters) Pensate che noi abbiamo bevuto una volta soltanto in tutta la nostra vita, il « cocktail » che abbiamo ordinato.

Wolters                         - Ma il padrone di questo locale è un uomo che ha viaggiato molto. (Alla Kruss che entra) I signori sono entusiasti del servizio.

Edda                             - Potete dire sbalorditi. (A Bill) Adesso capisco perché Joe ha voluto venire qui.

Bill                                - Ma non capisco perché non voglia che ci restiamo anche noi. (Il ragazzo porta tre « cocktails » : a Bill a Edda e a Wolters).

Wolters                         - (tossendo) Acciderba!

Edda                             - Magnifico.

Bill                                - Indimenticabile.

Wolters                         - (sopraffatto dalla tosse) Scu... scu... scus... non so... no abituato... (Esce).

Bill                                - Le ricette per i suoi « cocktails » le ha avute qui?...

Edda                             - Chi?

 Bili.                              - Lui.

Edda                             - Ed è per questo che non vuole che restiamo. (Si alza e va a leggere la tabella degli ospiti).

Bill                                - Cosa c'è?

Edda                             - La tabella degli ospiti.

Bill                                - (pagando) Ragazzo... Prendi.

Il Ragazzo                     - Grazie!

Edda                             - (alla signora Kruss) Avete dei pensionanti... speciali qui?

La signora Kruss           - Speciali? No. Tutti ordinari.

Edda                             - Andiamo, Bill. (Alla Kruss) Buongiorno.

La signora Kruss           - Buongiorno...

Bill                                - (a Edda) Hai letto il suo nome nella tabella?

Edda                             - Sei scemo? Quello proprio fa scrivere il suo nome lassù... (Escono. Poco dopo si ode la macchina ripartire).

La signora Kruss           - (attraverso il passavivande) Vuoi fare colazione?

Voce di Uomo              - Sì.

La signora Kruss           - (apparecchia una tavolina rotonda. Dentro la voce d'uomo canterella una canzone che ab­biamo sentito cantare da Gregor nell'atto precedente. Si ode aprire la porta presso il banco).

Riccardino                   - (è il proprietario dell'a Oca d'oro », in pan­tofole di feltro, maniche di camicia, senza colletto; sembra che somigli a un personaggio già noto, ma sten­teremmo a riconoscerlo guardando questo buon padre di famiglia, questo borghesone un po' trasandato, che si gode la propria casa tranquillamente e canta).

La signora Kruss           - Piano, caro, canta piano. C’è una signora nevrastenica al sette.

Riccardino                    - Nevrastenica? e perché è venuta qui? Ha preso la mia locanda per una casa di salute? Questa è una casa per gente che sta bene. (Canta e balla).

La signora Kruss           - Come ti sei combinato?

Riccardino                    - Io? Mi sono combinato come un uomo che si trova in casa propria.

La signora Kruss           - Io mi domando come ti combi­nerai quando non ti sorveglia nessuno e viaggi per il mondo.»

Riccardino                    - Al contrario. Mi dovresti vedere! Un vero gagà… Un elegantone... Non ridere, vecchia mia! Non ti sembro bello più che mai? (La prende e la fa ballare).

La signora Kruss           - Per carità... lasciami... Mi fai gi­rare la testa.

Riccardino                    - Che c'è? Sei anemica? Malata? (La tasta) Mi pare che andiamo bene, non è vero? (Ride).

La signora Kruss           - Oh, che matto... Mi domando come faccio a star tranquilla, quando sei lontano.

Riccardino                    - Quel che conta è il cuore. L'uomo va giudicato secondo lo spirito e non secondo la carne…

La signora Kruss           - La sai lunga... Ma io scherzo, sai? Magari una volta, forse avresti potuto fare il pazzo con le donne, ma adesso...

Riccardino                    - Perché?

La signora Kruss           - Ringraziando Iddio sei ingras­sato, invecchiato e perciò...

Riccardino                    - Brutto?

La signora Kruss           - Un ex bello.

Riccardino                    - Insomma tu dici che nessuna don«a potrebbe innamorarsi di me, oggi...

La signora Kruss           - Se ci tieni ai complimenti...

Riccardino                    - No, la verità.

La signora Kruss           - Caro... Non ci pensare più.

Riccardino                    - (un po' mortificato) E va bene.

La signora Kruss           - Canta, canta.

Riccardino                    - No. Non canto più.

La signora Kruss           - 'Cos'è? Ti ho mortificato?

Riccardino                    - No, no.

La signora Kruss           - Mi pare, invece. O hai la co­scienza in disordine?...

Trude                            - (entrando) Buongiorno, paparino...

Riccardino                    - Buongiorno, cara. Diavolo, sei cresciuta ancora...

Trude                            - E' l'ultima spinta verso l'alto. Ora mi fermo. Ho diciotto anni.

Riccardino                    - Diciotto? Già... Diciotto... (Rassegnato si siede) E va bene. Diciotto.

La signora Kruss           - Sì, bisogna che ti rassegni.

Riccarwno                     - L'unico vantaggio degli scapoli è che possono illudersi sulla loro età e credersi magari ven­tenni a cinquant’anni... Ma poi crepano lo stesso... all'ora giusta.

Trude                            - Oh, papà, tu non puoi lamentarti. Hai l'aria di un giovanotto e ti giuro che, se ti vedono le mie amiche, si innamorano di te...

Riccardino                    - (alla Kruss) Hai sentito? (A Trude) Grazie, Trude. Sei sicura?

Trude                            - Conosco i gusti della gioventù.

La signora Kruss           - Trude! Non dire sciocchezze. Capisco che tu voglia fargli piacere, ma non esage­riamo... Fosse un uomo elegante, distinto...

Riccardino                    - Ma, dico, Teresa! Io non so con che occhi mi guardi. Guardami. Dimentica che sia tuo ma­rito, per un momento, e guardami. (Si erige in tutta la statura e fa alcuni passi per la stanza come un giova­notto in conquista) Che ne dici?

La signora Kruss           - (ride).

Trude                            - Sei bello, papà!...

La signora Kruss           - Senti, Riccardino, finisci di man­giare. È meglio. Con "quella pancetta non è permesso credersi dei dongiovanni.

Riccardino                    - Oh, quanto a questo con una bella ventriera...

Trude                            - Cos'è?

Riccardino i                  - Un busto per uomini.

La signora Kruss           - Esistono?

Riccardino                    - Esiste questo e ben altro. Se si è troppo bassi, ci sono delle scarpe con le suole raddoppiate che innalzano. Se si è troppo curvi, ci sono delle bretelle che ti spianano la schiena. Se uno è senza denti, te li puoi fare tutti nuovi, solidi come se fossero tuoi; se sei canuto, ti tingi...

La signora Kruss           - E se sei pelato?

Riccardino                    - La parrucca... Ci sono specialisti fanta­stici... a Nuova York...

La signora Kruss           - E tutte queste cose chi te le insegna? 1 tuoi clienti?

Riccardino                    - Che clienti? Ah, già, sì... Naturalmente. I miei clienti.

Trude                            - E quali altri mezzi hanno gli uomini per ridiventare belli?

Riccardino                    - Massaggi, ginnastica. Oh, la ginnastica. (Ricorda momenti penosi) Poi unguenti, liquido per gli occhi che ridiventano brillanti, liquidi per la pelle, che si fa abbronzata... Marsina, movimenti disinvolti, armo­nici, dizione sicura, voce pacata.

La signora Kruss           - (ridendo) Che buffone!

Riccardino                    - (folgorato dalla definizione) Come? Buffone a me? (Sta per protestare ma poi si fa una ra­gione) Ah, già. Dimenticavo che sono il padrone di casa. Dunque, che cosa abbiamo da mangiare?

La signora Kruss           - Tè, pane, prosciutto... Mi hai detto che devi mangiare leggero...

Riccardino                    - Prima...

La signora Kruss           - Prima che cosa?

Riccardino                    - Insomma, adesso voglio mangiar bene. Me lo posso permettere. Frittata, formaggio, salsicce, salami, burro, molto burro... Non ne mangio da un secolo….

La signora Kruss           - E perché?

Riccardino                    - Per la linea. Voglio dire, per il fegato. Ma adesso il fegato non c’è più...

La signora Kruss           - Sei pazzo.

Riccardino                    - Me lo sono mangiato tutto durante l'ul­timo film... Ma che cosa dico... l'ultimo affare... E dammi da bere... Acquavite! (Mentre la signora Kruss si affretta ad obbedire) Acquavite fatta in casa. Non c'è niente di meglio... Grazie, cara, grazie, se sapessi che nostalgia della mia casa ho provato, in questi ultimi tempi! (Alla figlia) Mi guardi stupefatta, vero, povera bambina? Tu invece sei ancora nell'età delle evasioni, delle partenze, delle avventure, delle speranze... Non è così? Vedere il mondo, conoscere tutta la vita, vestire abiti eleganti, essere ammirata...

La signora Kruss           - Ma niente affatto, Trude non pensa a questo.

Riccardino                    - No? E a che cosa pensa?...

La signora Kruss           - Ha altre idee, nostra figlia.

Riccardino                    - Ah, sì? Mia figlia ha già delle idee sue? Ebbene, sentiamole.

La signora Kruss           - Fattele dire da lei.

Trude                            - Ma io non ho niente da dire.

Riccardino                    - Eh, no, eh, no... Con me non si deve mentire...

Trude                            - Vado a farti due uova al tegame (Esce im­barazzata).

Riccardino                    - Ma che ha?

La signora Khxtss         - Che cosa vuoi che abbia? Inna­morata...

Riccardino                    - Ah, sì? Mia figlia è già innamorata?

La signora Kruss           - Pare.

Riccardino                    - Si vede?

La signora Kruss           - Che cosa?

Riccardino                    - Nella mia faccia, nella mia persona, nel mio aspetto™ Si vede che sono un padre di una figlia che è già innamorata?

La signora Kruss           - Sicuro che si vede...

Riccardino                    - Sono finito! (Si siede comicamente) Questo significa che di qui a poco tempo, forse anche un anno, potrei essere nonno. (Si alza) Si vede?

La signora Kruss           - Ma che cosa?

Riccardino                    - Che sono nonno? Sono un tipo di nonno?...

La signora Kruss           - Insomma tu non pensi che a te. Non mi hai nemmeno chiesto con chi vorrebbe fidan­zarsi Trude.

Riccarmno                     - Immagino che appena lo riterrai neces­sario me lo dirai.

La signora Kruss           - Col giovane Wolters.

Riccardino                    - (rassegnato) E va bene... (Canterella assorto. La moglie sta apparecchiando una tavola) Per chi apparecchi?

La signora Kruss           - Per la signora del numero sette. Mettiti una giacca.

Riccardino                    - E perché mi devo mettere la giacca? Cos'è? Una principessa?

La signora Kruss           - (al ragazzo che torna) Scende?

Il Ragazzo                     - Sta per scendere.

Riccardino                    - Eh, non vi ho mai sentito così agitati per una cliente!

Il Ragazzo                     - E’ una signora di gran classe.

Riccardino                    - Bravo... Hai l'aria dell'intenditore. Apri­mi la porta, che voglio uscire... (// ragazzo gli apre la porta) No, non così. Apri e scostati rispettosamente. Cosi! (Esce).

Il Ragazzo                     - La signora mi ha parlato. Mi ha detto: « Signor cameriere, quando è la stagione da queste parti?». Ho risposto: «Sempre; qui la stagione non finisce mai ». E' rimasta a bocca aperta. Si vede che que­sto non accade altrove. Si è messa a incipriarsi il naso con un piumino rosa! Puah! Se mia moglie facesse così...

La signora Kruss           - Bravo, sii severo con tua moglie...

Joe                                 - (entra) Devo sedermi qui?

La signora Kruss           - Prego. Porta il giornale alla si­gnora.

Joe                                 - No, non leggo mai giornali. Preferisco chiac­chierare.

La signora Kruss           - Non siete mai venuta da queste parti?

Joe                                 - No. E' la prima volta. Non è comodo venirci.

La signora Kruss           - Già, è un po' fuori mano. Ma questa è, in certo modo, una risorsa.

Joe                                 - Certo. E... specialità del luogo? Che cosa si trova qui?

La signora Kruss           - (al ragazzo che si è messo a guar­dare con impertinente curiosità la donna) Ragazzo. esci, non hai nulla da fare. (Il ragazzo via) Qui? Che vi devo dire? Caccia, passeggiate, aria buon.), paesaggi incantevoli... Voi forse siete venuta qui, perché avete sentito dire del paesaggio... no?

Joe                                 - (con mistero) Con voi, non voglio fare misteri. Sono venuta qui per Gregor.

La signora Kruss           - Per chi?

Joe                                 - Gregor. Ralf Gregor. E' qui.

La signora Kruss           - Io non ho mai sentito questo nome... Del resto nella tabella degli ospiti...

Joe                                 - Per carità! Ma vi pare che quell'individuo là, tenga il suo vero nome?

La signora Kruss           - Signora! La mia è una casa per bene!

Joe                                 - Non ne dubito. Ma lo fa per non essere seccato. Le donne lo perseguitano...

La signora Kruss           - Ah... Le donne... Ma chi sarà!... Che aspetto ha?

 Joe                                - Delizioso. Elegante, sicuro di «è, sguardo fermo e una voce... una voce incantevole. E poi un modo di camminare... unico! Non cammina... come devo dire... incede.

La signora Kruss           - No... per quanto ci pensi, un pagliaccio simile io qui non l'ho mai visto.

Joe                                 - Eppure... (Ha un'idea) Datemi il registro. La sua scrittura si vede subito...

La signora Kruss           - Già, avete ragione. Anzi dovete iscrivervi anche voi. (Le dà il registro).

Joe                                 - No. Non c'è. Ma siete sicura che questo sia il solo albergo del luogo?

La signora Kruss           - Tutti quelli che hanno tentato di aprire un albergo qui, son falliti. La nostra casa è troppo famosa... Può essere andato in un altro paese...

Joe                                 - No. Ho visto proprio il biglietto ferroviario.

La signora Kruss           - Può avervi imbrogliata, cam­biando poi direzione durante il viaggio.

Joe                                 - Non lo sa che ho visto il 'biglietto. Io lo seguo di nascosto, per fargli una sorpresa.

La signora Kruss           - Giusto. Fate bene. Non è il modo di fare.

Joe                                 - Come debbo fare a scovarlo... Come debbo fare?

La signora Kruss           - Sentite, signora Gregor...

Joe                                 - Non siamo sposati.

La signora Kruss           - Fidanzati?

Joe                                 - Nemmeno. Sono la sua...

La signora Kruss           - Ho capito. Cara signorina, mi di­spiace, ma non sono cose queste che mi possano inte­ressare. Ognuno ha le sue faccende e se queste faccende non sono... come dire... confessabili, è meglio che ognuno se le tenga per sè...

Joe                                 - Oh... (Ride) Scusate. Avete ragione. Ma di Gre­gor e di me, si parla tanto che è proprio come se fossimo sposati.

La signora Kruss           - Tanto peggio per voi.

Joe                                 - No, perché mille donne vorrebbero essere me...

La signora Kruss           - Io sarei la mille e una, perché proprio non saprei che farmene di un simile sciagurato...

Joe                                 - Non potete capire... Ma non privatemi del vo­stro consiglio. Dovrebbe essere arrivato questa notte.

La signora Kruss           - Stanotte? Aspettate che sento... (Chiama) Riccardino! Riccardino!... Vuoi venire qui, per favore?

Riccardino                    - Un momento!

La signora Kruss           - Se è sceso qui stanotte; mio ma­rito deve averlo veduto.

Trude                            - (compare invece del padre) Lascia, papà. vado io... Papà è occupato in questo momento. (Parla all'orecchio della madre).

La signora Kruss           - Oh, scusate... Mio marito non può venire perché mia figlia sta per fidanzarsi e c'è ap­punto il fidanzato da lui...

Trude                            - (guarda Joe e getta un piccolo grido) Ma, signora... Voi siete... una grande attrice...

Joe                                 - Mi avete riconosciuta? Grazie... E mille auguri per il vostro cuore.

Trude                            - Grazie. E... resterete con noi qualche tempo?

La signora Kruss           - Brava. Sai che sia arrivato col treno di questa notte un certo signor...

Joe                                 - Scusate... Preferirei che lo sapeste soltanto voi... o, al massimo, vostro marito, se è proprio necessario.

La signora Kruss           - Bene, bene...

Joe                                 - Andrò a dare un'occhiata al paese...

La signora Kruss           - Per favore, la vostra firma nel registro...

Joe                                 - Al mio ritorno, no?...

La signora Kruss           - Non posso, signorina. La legge... lo devo sapere il nome e il cognome delle persone...

Joe                                 - Ma come? Voi ignorate il mio nome?

Trude                            - Sapete, qui non ci sono cinematografi... Io vi ho veduta una volta due anni la al capoluogo, dove ero andata di nascosto per vedere il film...

Joe                                 - Di nascosto?

Trude                            - Papà mi ha severamente proibito di andare al cinematografo.

Joe                                 - Vostro padre 'è un po' arretrato... Mi pare di vederlo: un uomo trasandato, pancetta, amore della propria casa, dei propri comodi, della buona tavola...

Trude                            - Sì, è proprio così; ma è tanto buono.

La signora Kruss           - Insomma...

Trude                            - La signorina si chiama Joe Grey...

Joe                                 - Grazie, cara... (Esce).

La signora Kruss           - Insomma, una attrice?

Trude                            - Una delle più celebri... La conoscono tutti...

Riccardino                    - (entrando con Paolo Wolters. Si è messo una giacca da campagna. Paolo è ire marsina e cilindro) Dunque, Teresa... ascoltami bene...

Trude                            - Papà...

Riccardino                    - Tu levati di torno un momento... Devo parlare con tua madre... (La ragazza esce).

Paolo                             - Mi pare che oramai tutto dovrebbe essere ben chiaro e non vedo la ragione di questo colloquio supplementare...

Riccardino                    - Tu non vedi perché sei miope... (Infatti Paolo porta gli occhiali). Ma mia moglie deve sentire...

Paolo                            - Insomma, ho superato a pieni voti l'esame di Stato di legge. Dopo tre anni, come cancelliere, pas­serò alla procura di Stato.

Riccardino                    - Va bene, va bene, ma quanto? Quanto?...

Paolo                             - In principio, non molto... si capisce...

Riccabmno                    - L'avrei giurato.

Paolo                             - Ma si tratta sempre di un'ottima posizione morale.

Riccardino                    - La posizione di Trude non è soltanto morale. È anche materiale...

Paolo                             - (con sufficienza) Sì, sì... Per essere di questo paese, Trude può considerarsi un buon partito, ma...

Riccardino                    - Senti, senti che arie! Dico, pretende­resti forse che noi ci gettassimo ai tuoi piedi piangendo per la commozione e per la gratitudine? Teresa, che cosa diamo di dote alla ragazza?

Teresa                            - Fissa tu.

Riccardino                    - Ebbene diciamo: duecentomila marchi.

Paolo                             - Signor Kruss... prego... Parliamo seriamente, io non ho nessuna voglia di scherzare...

Riccardino                    - E, sfido, con quell'abito e quel cap­pello... E in omaggio proprio a questo abito e a questo cappello ti ripeto con la massima serietà, che io dò a mia figlia duecentomila marchi in contanti il giorno delle nozze.

Paolo                             - (si alza pallido).

 Riccardino                   - Per cui, mi pare che valga la pena di scambiare due parole. Stai seduto.

Paolo                             - (obbedendo come una macchina) Sissignore.

Riccardino                    - Rimettiti in sesto e rifletti. Indi parla.

Paolo                             - Ecco. Io confesso che non supponevo che Trude fosse tanto ricca. Però, ci tengo a dirvelo... Non è necessario che voi vi priviate di tutto quello che posse­dete, per ilare la dote a Trude.

Riccardino                    - Dico, giovanotto, vuoi farmi cantare o dici sul serio?

Paolo                             - No, io... Voi parlate di somme...

Riccardino                    - Parlo di somme, sicuro. Stai comodo, che ne vengono delle altre.

Paolo                             - (che si era alzato commosso, si risiede pallidis­simo) Grazie.

Riccardino                    - Mia figlia avrà la sua dote di duecen­tomila marchi. In contanti. Poi non so quel che farò! Io sono un po' superstizioso e non voglio nominare adesso il mio erede universale. Mi pare che porti sca­logna. Comunque, alla mia morte, se farò una vita ordi­nata come ho sempre fatto, se non spenderò tutto quello che ho, per qualche capriccio, che, data la mia giovane età, può ancora venirmi in capo, se intanto non capita qualche cosa che metta a soqquadro il sistema economico del mondo, se insomma tutto va bene, mia figlia e suo marito troveranno qualche altra cosa. Insomma, per parlare chiaro, se morissi in questo momento, Trude troverebbe altre quattro volte la somma che le ho desti­nato. (Paolo tende a rialzarsi) Sta comodo, non muoio per adesso. D'altra parte ti confesso che, a sposare mia figlia, non ci tengo. Pensaci e mi darai ragione. Sono ancora nel fiore dell'età. Sono ancora piacente...

La signora Kruss           - Adesso non esagerare.

Riccardino                    - Piacentissimo. So quel che dico. Sposare una figlia, significa fra pochi mesi correre il pericolo di essere chiamato nonno. E' mortificante. Dicono che il pensiero della morte sia utile alla salute spirituale, ma nemmeno i frati trappisti si spingono troppo oltre su questa linea. Si limitano a dire, incontrandosi: «Fra­tello, ricordati che devi morire ». Io invece mi sentirei dire da tutti, quella parola affettuosa, che significa in sostanza: « Vecchiaccio, ricordati che stai per morire».

La signora Kruss           - Che discorsi!

Riccardino                    - E' la verità. Voglio conservare il più lungamente possibile l'illusione della giovinezza e della vita. Ciao, Paolino...

Paolo                             - No... scusate... Parliamo ancora...

Riccardino                    - Sì, Capisco. Il tema è interessante, senza dubbio, ma poi c'è qualche altra cosa. Tu non ignori che chi mette insieme un po' di soldi, è perseguitato, non soltanto dall'agente delle imposte, ma più ancora dagli agenti segreti della pubblica opinione, la quale essendo formata in massima parte da gente che non ha mai potuto mettere da parte l'ombra di un quattrino e non sapendo spiegarsi come altri possa riuscire in questa bella impresa, è sempre disposta ad attribuire la fortuna degli altri al furto, all'assassinio, alla estorsione testa­mentaria, alla grassazione, alla tratta delle bianche e via dicendo.

Paolo                             - Ma io non credo...

Riccardino                    - E che ne sai tu? Potrei anche essere un altro veramente. Nessuno sa come ho fatto questi quattrini. Ti ringrazio della fiducia che nasce indubbia­mente dalla tua speranza di impossessarti un giorno o l'altro della mia ricchezza, ma effettivamente nessuno lo sa come l'ho fatta. Nemmeno mia moglie. Potrei essere un bandito e mia moglie non ne sa nulla.

La signora Kruss           - (impressionata) Riccardino... Sai che ci ho pensato molte volte?

Riccardino                    - Lo vedi?

Paolo                             - Ma allora...

Riccardino                    - (ridendo) Eccoti impressionato. No. Scioccone. Li ho fatti con le assicurazioni, veramente.

Paolo                             - Sulla vita, sugli infortuni, o miste...

Riccardino                    - Miste? Ah, già miste. Si capisce. Tutto, anche miste. Provvigioni concluse facilmente, in base alla simpatia.

Paolo                             - Le provvigioni non si concludono. Si rice­vono quando si è concluso l'affare.

Riccardino                    - Non cercare il pelo nell'uovo. Stai tran­quillo, pensa a quel che ti ho detto, oppure non pen­sarci che per me fa lo stesso e beviamoci sopra. Vin del Reno, vin del Reno... Vado io. i(Esce).

Paolo                             - (dopo una breve pausa) Signora Teresa, che ne dite?

La signora Krùss           - Io? Niente. Non dico più niente da tanti anni.

Paolo                             - Perché se le cose stanno così... (Vorrebbe continuare ma entrano Joe e il padre Wolters).

Joe                                 - (ridendo) Sapete che mi ero smarrita? Capita sempre così a coloro che non si smarriscono nelle grandi città! Appena arrivano in un paese si perdono. Il signore è stato gentile...

Wolters                         - (galante) Per carità, mio dovere, mio do­vere e soddisfazione.

Joe                                 - Molte grazie. (A Teresa) Signora, vorreste per cortesia...

La signora Kruss           - Subito, signora... (Escono).

Wolters                         - Be'?...

Paolo                             - Eh...

Wolters                         - Fa delle difficoltà per il corredo della sposa?

Paolo                             - Fa delle difficoltà d'ordine perfettamente con­trario.

Wolters                         - Cioè?

Paolo                             - Si comporta come se fosse milionario...

Wolters                         - Il solito sbruffone.

Paolo                             - Chi sa? Forse milionario lo è. Come poi lo sia...

Wolters                         - Sospetti qualche attività losca? Spia? Ladro?

Paolo                             - Che ti devo dire? Di fronte a certi fatti, io sono come un pubblico ministero. Vedo nero.

Wolters                         - Eppure mi pare un uomo aperto, franco...

Paolo                             - Se i ladri non fossero aperti e franchi e non avessero una faccia onesta, come farebbero a rubare? Diffidare delle facce oneste.

Wolters                         - La mia com'è?

Paolo                             - E che ne so io? Sono tuo figlio. Ma proba­bilmente se ti vedessi oggi per la prima volta penserei che sei un mariuolo.

Wolters                         - Grazie. (A Teresa che rientra) Tuo marito ce l'ha con Paolo, no?

La signora Kruss           - Che ti salta in niente?

 Wolters                        - Se lo rifiuta!

La signora Kruss           - Non lo rifinta... Lo tiene so­speso... Aspetta... Sono tutti troppo giovani.

Wolters                         - Chi?

La signora Kruss           - La ragazza, il ragazzo e anche il papà. (Entrano due strani tipi: Prilop, un grassone cin­quantenne dal volto gioviale, e Winkel, un giovanotto goffo. Scambio di saluti monotoni) Buongiorno! Buongiorno! Buongiorno!

Prilop                            - Una gazzosa per il signor Winkel. (Ai pre­senti con sarcasmo) La gioventù moderna!

Winkel                          - L'alcole fa ingrassare. Ci tengo alla linea.

Prilop                            - Soddisfazioni gratuite, anzi costose, perché una bella pancia aumenta la riputazione. (Bevono serviti dal ragazzo che ride).

Wolters                         - (immerso nei suoi pensieri) Troppo gio­vani? Che sciocchezze!

Paolo                             - (al padre a parte) Più ci penso e più opino che ci sia qualche cosa sotto.

Wolters                         - E' quello che vedrà tuo padre. Lascia che gli parli, da uomo a uomo.

(Paolo                            - Perché io che cosa sarei?

Wolters                         - Uno sciocco.

Prilop                            - E Riccardino dov'è?

Il Ragazzo                     - Ora viene.

Prilop                            - (a Teresa) Sono venuto apposta per salu­tarlo. Dovere di vecchi amici, no? Riccardino ed io eravamo amici intimi, quando eravamo giovanotti. E che giovanotti in gamba! ... Sempre di buon umore...

La signora Kruss           - Chi sa quanto vi siete divertiti.

Prilop                            - Divertimenti onesti. Figuratevi: si recitava.

Wolters                         - (fissato) Non deve ostacolare la felicità di sua figlia.

Prilop                            - Commedie. Anche lavori musicali qualche volta.

La signora Kruss           - Parlagli tu.

Prilop                            - (continua a parlare senza essere ascoltato, ma la cosa non lo impressiona per nulla) Riccardino faceva gli amorosi.

Wolters                         - Sicuro che gli parlo.

Prilop                            - E io interpretavo spesso le parti femminili, Per via della voce. Le donne non potevano recitare, allora. Io avevo una voce sottile sottile. (Rifà la voce di un tempo) Questa voce m'è nuova e pur la riconosco. Non sei forse Romeo dei Montecchi?

Riccardino                    - (entrando con due bottiglie) No, che non son Romeo, se questo ti addolora.

Prilop                            - (sempre con voce femminile) Oh, come en­trasti qui?

Riccardino                    - Con l'ali dell'amore... (Smettendo di recitare) Vecchio pazzo!

Prilop                            - (ancora con voce in falsetto) Riccardino... (Riprendendo la sua voce normale) Riccardino.

Wolters                         - (a Riccardino) Ho bisogno di parlarti.

Riccardino                    - Anche tu?

Wolters                         - Principalmente io.

Riccardino                    - Per la solita faccenda?

Wolters                         - Si capisce.

Riccardino                    - Abbiamo tempo. Prilop, dimmi tutto. Hai qualche cosa da dirmi?

Prilop                            - Ti voglio presentare il nuovo maestro ele­mentare. Il professore Winkel, mio futuro genero.

Riccardino                    - Ah…

Pbilop                            - E direttore della nuova filodrammatica.

Winkel                          - Lieto di salutare in voi un pioniere della nostra educativa istituzione.

Riccardino                    - Per carità... Era un trastullo... Compli­menti. (A Prilop) Ti ricordi quando?...

Wolters                         - Riccardino, ti prego, ho fretta.

Riccardino                    - Ma che vuoi? Ah... Ma proprio oggi? Senti Wolters, io non posso trattare affari troppo in fretta. Lasciamici pensare...

Wolters                         - Non ci devi pensare tu... ma tua figlia...

Riccardino                    - Va bene. Ci penserà lei...

Wolters                         - - Davvero? Lasci pensare a lei?

Riccardino                    - Te lo prometto, ma per oggi basta.

Wolters                         - Che modo di trattare... \(Esce).

La signora Kruss           - Wolters, aspetta... (Esce).

Riccardino                    - Cosa stavo dicendo? (Non mi ricordo più. Peccato. E' così dolce dipanare il gomitolo dei ri­cordi, quando se ne trova un bandolo, per caso...

Prilop                            - Parlavi della filodrammatica, che sotto la direzione di mio genero è risorta a nuova gloria. Ci riu­niamo una volta la settimana. Quand'è la prossima riu­nione?

Winkel                          - Dopo domani.

Philop                            - Se resti qui, vorresti farci l'onore?...

Riccardino                    - Per carità... Prilop... Ho detto addio alle scene....

Prilop                            - (ridendo) Ah, mattacchione... Ha detto addio alle scene... da venticinque anni... (Entra Trude con la colazione del padre).

Trude                            - (bruscamente) Uova, prosciutto, salame.

Prilop                            - Lasciamolo far colazione in pace.

Winkel                          - Signore, i miei ossequi... (Recitando meglio che può) Se verrete a sentirci ci farete cosa grata e ne avrete conforto spirituale. (Si inchina ed esce).

Prilop                            - A rivederci. (Esce).

Riccardino                    - (al ragazzo, dopo avere guardato la figlia) Non hai niente da fare qui?

Il Ragazzo                     - Mi piace tanto ascoltare i discorsi degli altri.

Riccardino                    - E' un divertimento che a mie spese non te lo permetto. (Il ragazzo esce).

Trude                            - Hai parlato con Paolo?

Riccardino                    - (mangiando) Tu vorresti sposare. Vieni qui... Non sai nemmeno come si cammina.

Trude                            - Io ho sempre camminato.

Riccardino                    - Male. Vuoi attraversare la stanza? Ve­diamo. (Trude sempre immusonita traversa la stanza). Orrore! Stai attenta. (Eseguisce per dare esempio) La gente volgare comincia coll'appoggiare il piede sul cal­cagno e dopo punta sulla base dell'alluce... Così...

Trude                            - Invece?

Riccardino                   - Invece una vera signora cammina con tutta la pianta... Così... Questa è la gamba di sostegno, quest'altra la gamba del movimento. E tutte e due, camminando, vanno poste sulla stessa linea... Capisci? L'elasticità è concentrata tutta nella gamba del movi­mento... Prova un po'.

Trude                            - Ma perché?... Mi vergogno...

Riccardino                    - E' molto importante. Dal modo di camminare si indovina la concezione della vita di una persona.

Trude                            - E quando avrò imparato a camminare, cam-bierò la concezione della vita?

Riccardino                    - L'importante è che gli altri lo cre­dano. Brava. Bene. C'è della stoffa. Io ho conosciuto una volta una donna che camminava... Oh, come cammi­nava... Una certa Steffi. Probabilmente non ne hai mai sentito parlare. Era famosa prima che tu nascessi. Come camminava. Pareva un sogno... diceva tutto... Disinvol­tura, serenità, coscienza di sé...

Trude                            - Ma tutto questo per me non ha importanza.

Riccardino                    - Perché?

Trude                            - Io sono una donna senza ambizioni.

Riccardino                    - Chi mai conosce se medesimo? Una donna deve avere moltissime ambizioni, specialmente se si contenta di diventare una madre di famiglia.

La signora Kruss           - (entrando) Ma la colazione si raffredda!

Riccardino                    - (alla figlia) In ogni modo camminare bene, non può nuocere. Stile, soprattutto stile...

Trude                            - Cos'è?

Riccardino                    - Qualche cosa di inafferrabile e indi­spensabile! (Trude esce camminando come vuole il padre, il quale ride mentre si rimette a mangiare).

La signora Kruss           - (guarda la figlia con stupore) Che fa?

Riccardino                    - C'è della stoffa in quella ragazza. Mi dispiace che voglia rovinare il suo avvenire accanto a quel Paolo, che può assomigliare a tutti i Paoli di questo mondo, meno che a Malatesta. (Alzando il bic­chiere) Teresa, Teresa mia, alzo il bicchiere alla tua salute, alla salute della vita tranquilla, ordinata, seria, solitaria, contemplativa, spirituale... (Beve) Giuro di non distaccarmi mai più da questo dolce eremo di pace, dove dimenticherò la vita che ho vissuto, per la gioia di quella che devo vivere qui. Salute! (Beve).

Il Ragazzo                     - (entra col registro) Finalmente la si­gnora si è inscritta.

Riccardino                    - In quest'ora solenne incomincia la mia vera esistenza.

La signora Kruss           - Ma che ti piglia!

Riccardino                    - Sono euforico! Estatico! Felice!... Da questo momento in poi io sono io. Io sono io. Ti pare una cosa semplice, non è vero? Perché non sai che cosa voglia dire: io non sono io. Io sono invece Tizio, Caio, Sempronio...

Il Ragazzo                     - (che stava leggendo il registro) E' una attrice cinematografica...

Riccardino                    - (sussulta) Che?

Il Ragazzo                     - Joe Grey, attrice cinematografica.

La signora Kruss           - (a Riccardino che la guarda stu­pefatto e si guarda intorno come intontito) E' arri­vata stamattina. Cerca qui il suo amante. Un certo Ralf Gregor.

Riccardino                    - E... l'ha trovato?

La signora Kruss           - No. Anzi voleva vederti, per chiedere a te se avevi veduto qualcuno arrivare col tuo treno di stanotte e scendere alla stazione.

Riccardino                    - Non voglio avere rapporto con una donna simile. Intesi? Non voglio vederla!

La signora Kruss           - Va bene, ma non c'è bisogno di arrabbiarsi...

Il Ragazzo                     - (ride).

Riccardino                    - Fila tu! (Il ragazzo via) Mancherebbe anche questa che io dovessi incontrarmi con gente di quella specie...

La signora Kruss           - Ma non c'è bisogno... Ai clienti ho sempre pensato io. D'altra parte non pretenderai di scacciare i clienti che fanno un mestiere che non piace a te.

Riccardino                    - Un mestiere ignobile. Basta!

La signora Kruss           - Ma che hai?

Riccardino                    - (calmandosi subito) Una crisi di nervi. Vado soggetto a queste cose strane. Abbi pazienza.. Quando mi pigliano, non ho che una cosa da fare, andare a letto... (si incammina in fretta).

La signora Kruss           - E non finisci la colazione?

Riccardino                    - (nervosissimo) No. Quando mi pigliano perdo anche l'appetito. Devo ritirarmi, stare tranquillo... riposare per un giorno o due... (Cambiando tono) Ma­gari, più tardi, puoi portarmi qualche cosa in camera….Grazie...

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La scena dell’atto precedente. Sera.

(Quando si alza la tela Joe Grey, dinanzi al banco, è pronta per la partenza).

La signora Kjruss          - (facendo il conto) Due notti, due colazioni...

Joe                                 - Sta bene, sta bene... Non importa. Avete una faccia troppo onesta... Vi voglio veramente bene, si­gnora Teresa...

La signora Kruss           - Grazie, signora... Ventisei mar­chi e ottanta.

Joe                                 - (frugando nella borsetta) Ecco qua...

Il Ragazzo/                    - (entrando dalla porta del fondo) Il padrone dice che, se la signora non fa presto, perderà il treno.

Joe                                 - E' veramente commovente vostro marito. Anche stando a letto immobile e invisibile, si occupa della clientela... Che bravo!

La signora Kruss           - Si è interessato molto di voi. Gli ho dovuto raccontare tutto. Anche lui ritiene che le vostre ricerche qui siano inutili.

Il Ragazzo                     - Le valige sono già alla stazione. (Pren­dendo la mancia) Grazie!

La signora Kruss           - Di' alla Trude che porti i pa­nini. (Il ragazzo via) Vi ho fatto preparare qualche cosa per il viaggio.

Joe                                 - Siete un angelo di mamma.

La signora Kruss           - Credete di trovare quel matto del vostro amico?

Jok                                - Oh, una volta o l'altra!

La signora Kruss           - Deve essere furbo.

Joe                                 - Anche la furberia, l'ha imparata dalla Steffi.

La signora Kruss           - Già. Steffi, mi avete detto. Una vecchia amica... no?

 Joe                                - Vecchia e lunga. Sette anni... Ma insomma, per me basterebbe che trovassi almeno la donna.Le donne, che hanno una relazione con lui, non tengono il segreto nemmeno ad ammazzarle. E poi si vede su­bito. Lo imitano, prendono i suoi modi. Parlano come lui. Camminano come vuole lui...

Trude                            - (entra coi panini, camminando col passo di Gregor) Ecco i panini. (Joe la guarda con sospetto).

La signora Kruss           - Non hai portato il tè!

Trude                            - Oh, me n'ero scordata, scusate.

La signora Kruss           - Vado io, vado io... ((Esce).

Trude                            - Scusate signorina, sono un po' stordita. Perché mi guardate?

Joe                                 - Avete uno strano modo di camminare.

Trude                            - Cerco di camminare correttamente.

Joe                                 - Ah... interessante.

Trude                            - Ma non è facile. Mi dimentico facilmente che questa è la gamba di sostegno, questa la gamba di mo­vimento...

Joe                                 - Ah, sì?

Trude                            - Il modo di camminare esprime tutta la nostra concezione della vita. Prima credevo di non riuscirci. Ma poi ho visto che ho della stoffa. Chi mai conosce se medesimo?

Joe                                 - (cade a sedere su una sedia esterrefatta mentre entrano in scena Wolters e Paolo).

Woi.ters                        - Buona sera. (Si inchina goffamente a Joe e fa una carezza a Trude) Ciao, mia piccola nuora. (A Joe) Bella coppia questi due, non vi pare? Sembrano proprio fatti l'uno per l'altro.

Joe                                 - (aspra) Vostro figlio è fidanzato con la signo­rina? Complimenti.

Paolo                             - Che significa questo tono?

Joe                                 - Niente. Dico che non dovete dire quattro, fin che non l'avete nel sacco. A una ragazza così giovane, così piena di stoffa, potrebbero anche venire dei dubbi all'ultimo momento...

Paolo                             - Dubbi?

Trude                            - E come lo sapete?

Wolters                         - Tuo padre ha detto che devi decidere tu.

Trude                            - Infatti, deciderò io. Per ora, non mi consi­dero ancora fidanzata.

Paolo                             - Ma allora... che giuoco è questo?

Trude                            - Stile, stile, mi raccomando lo stile. Le que­stioni di famiglia non si trattano in presenza di estranei. Stile...

Paolo                             - Stile? Come sarebbe?

Trude                            - E' qualche cosa di inafferrabile e di indi­spensabile... (Se ne va con passo fatale).

Wolters                         - Ma che significa questo cambiamento? Hai sentito come parla? Trude! «Esce dietro Trude).

Paolo                             - - Strano davvero.

Joe                                 - Io cerco l'uomo.

Paolo                             - Quale uomo? Voi credete che ci sia di mezzo un uomo?

Joe                                 - Quando una donna si comporta in un modo strano, c'è sempre un uomo. Anch'io, vedete, sono qui da due giorni. Strano vero? Ebbene, cerco un uomo.

Paolo                             - Un nomo?

Wolters                         - (rientrando) E' inutile, quella poverina è completamente sotto l'influenza di suo padre... E così tutto si guasta...

Joe                                 - ((ridacchio) Il padre!... Altro che padre!...

Wolters                         - Il padre, il padre... Trude non vede nes­suno... E poi lo so, è il padre.

La signora Kruss           - Ecco il tè. Questo vi farà bene... (Joe beve).

Il Ragazzo                    - (entrando) Il padrone dice che il treno sta per partire e che, se non vi affrettate, lo perderete.

Wolters                         - Poco male. La signorina può restare qual­che altro giorno.

Joe                                 - (alzandosi) No, devo proprio andarmene. A rivederci.

Wolters                         - Posso accompagnarvi?

Joe                                 - No, no. Grazie. Conosco la strada oramai. (Via).

La signora Kruss           - Buon viaggio, signorina...

Joe                                 - Grazie... (Esce. Il ragazzo la segue).

iLa sIcnora Kruss          - Che strana gente! Prima, tutta cortesia e tenerezze... adesso bisbetica come una vecchia zitella...

Wolters                         - Come sta Riccardino? Sta male davvero?

La signora Kruss           - Sono un po' preoccupata.

Wolters                         - Eppure al suo arrivo aveva un'ottima cera.

La signora Kruss           - Se domani non chiama il medico, guai a lui! (Riccardino sporge la testa dentro dalla porta di fondo). Be'? Ti sei alzato?

Riccardino                    - Buona sera. (Guarda Falbo degli ospiti) Due soli clienti?

La signora Kruss           - Sì, la signorina del sette è par­tita proprio era.

Wolters                         - Se tu avessi visto che donna! Che donna!

La signora Kruss           - Ma lasciate stare la donna... Ric­cardino... Sei guarito? Così? Di colpo?

Riccardino                    - Che c'è di. strano? Come vengono le malattie? Forse a poco a poco? No. Un bel momento ti accorgi che hai la febbre e ti metti a letto. La mattina stai bene e la sera sei malato. E così come vengono, se ne vanno. Un bel momento ti accorgi che non hai più la febbre e allora ti alzi e stai benissimo. Che abbia preso il treno questa Joe Grey?

La signora Kruss           - Speriamo.

Riccardino                    - Ah, mi sento proprio bene. Quasi quasi, si potrebbe bere una bottiglia.

La signora Kruss           - Non esagerare.

Riccardino                    - Basta! Basta con le privazioni!

La signora Kruss           - E quando mai ti sei privato di qualche cosa? Riccardino! Dimmi tutto, tu hai sofferto la fame.

Riccardino                    - Tanto! Non mi lasciavano mangiare, capisci?

La signora Kruss           - Ma chi?

Riccardino                    - Ah... i medici.

La signora Kruss           - Lo vedi che sei malato? Non voglio che tu beva!

Riccardino                    - (che beve) Teresa! (Indicando la bot­tiglia) Questo è il farmaco del mio vecchio male. Ora posso ingrassare! Alla salute! (Beve, mentre entrano Prilop e Winkel con un paio di giovanotti che si danno delle arie e una ragazza di forme procaci che ride ogni momento).

Prilop                            - Buongiorno, Riccardino. La nostra filodram­matica saluta il suo vecchio socio.

Riccabmno                    - Che cosa succede?

 Prilop                           - Oggi c'è la riunione settimanale, non ri­cordi? Il giovedì.

Riccardino                    - Per diciassette anni ho viaggiato il mondo e qui... il mondo cammina col suo solito passo di giovedì in giovedì. Vi saluto...

Prilop                            - Questa è mia figlia. Si vede, no?

Riccardino                    - Due gocce d'acqua. Limpida e sporca...

(Dice limpida alla ragazza, sporca a Prilop. Risate).

Prilop                            - Ragazzo, una birra per ciascuno!

Il Ragazzo                     - Una birra per ciascuno!

Riccardino                    - Chiama Trude!

La signora Kruss           - Subito.

Riccardino                    - Dovrèbbe provarsi a recitare anche lei.

Wolters                         - Ma perché? Nemmeno per sogno.

Riccardino                    - Come sarebbe?

Wolters                         - La fidanzata di un futuro pubblico mini­stero non può fare la pagliaccia sulle scene.

Riccardino                    - Cosa?

Wolters                         - Non è elegante. Non sta bene.

Riccardino                    - Secondo te, recitare è una pagliacciata, una cosa inelegante.

Wolters                         - Bisogna avere riguardo ai propri doveri sociali.

Riccardino                    - Idiota.

Wolters                         - E perché? Secondo me...

Riccardino                    - Tu appartieni alla categoria più squal­lida dell'umanità: i formalisti. E invece io sarei felicis­simo che mia figlia recitasse.

Wolters                         - Ma che ne sai tu d'arte, di recitare, di queste cose... Lascia andare, Riccardino...

Riccardino                    - E mi metterò a recitare io stesso...

Wolters                         - Tu? (Scoppia a ridere) Bello spettacolo...

Riccardino                    - Wolters! Lo sai che invece potrebbe essere un avvenimento eccezionale?

Wolters                         - (ridendo) Ecco, ecco... la tua presunzione passa i limiti.

Prilop                            - Sicuro che sarà un avvenimento eccezionale. Riccardino che, dopo diciassette anni, ricomincia coi suoi vecchi compagni! Magnifico!

Winkel                          - Io come direttore della Compagnia vi prendo in parola. Giusto giusto mancano attori per le parti anziane.

Prilop                            - Evviva! Ragazzo... un altro bicchiere di birra per tutti!

Winkel                          - Vi avverto però che non troverete più la Compagnia come la lasciaste. Io vi imprimo un carat­tere moderno. Anzi che una vera e propria filodramma­tica, io ho fatto un teatro sperimentale. Si ride meno, ma c'è più arte... Possiamo anche fare delle esecuzioni classiche.

Riccardino                    - Davvero? Allora posso fare una pro­posta?

Winkel                          - Sentiamola.

Riccardino                    - « Amleto ».

Winkel                          - « Amleto »? Sì... certo... E' un'opera insi­gne... Bisognerà pensarci... perché, sapete io temo...

Riccardino                    - Difficoltà tecniche? Una sciocchezza... Si fa come faceva lui al «Globe ». Invece delle scene, delle semplici indicazioni.

Winkel                          - Ah, bene, complimenti. Avete una certa cultura. Sicuro sicuro: «Amleto ». Sarebbe un bel colpo. Forse accorrerebbe la gente da tutta la provincia e se ne saprebbe forse qualche cosa anche a Berlino... I gior-nali... sì, sì... ma le parti? Come facciamo con le parti? Amleto, per esempio...

Riccardino                    - Io.

Winkel                          - Eh? Voi!... Amleto voi? (Trasecola).

(Riccardino                   - Io! Perché?

Winkel                          - Ma voi non avete idea delle difficoltà di quella parte... Forse sarebbe meglio che me l'assumessi io stesso.

Philop                            - Io dico che se l'amico Riccardino vuol reci­tare quella parte, si deve lasciargliela fare...

Winkel                          - Ah, sì, sì... Certo... se volete...

Prilop                            - Potresti dircene qualche brano?

Winkel                          - Ih, che fretta! dovrà studiarla!

Riccardino                    - Che cosa volete sentire, il monologo?

Winkel                          - Addirittura! A memoria!

Riccardino                    - (seccatissimo) A memoria.

Winkel                          - E allora sentiamo. Fate largo al signor Kruss, che fa l'esperimento...

Riccardino                    - Ma che esperimento!...

Winkel                          - Insomma... fate largo. (A Prilop) Io però non ho alcuna fiducia.

Prilop                            - Sta zitto. E' il padrone del locale. Sono anni che ci dà il suo salone gratis.

Winkel                          - Quando è così.

Riccardino                    - Silenzio.

Winkel                          - Avanti.

Riccardino                    - (si mette in concentrazione, ma non co­mincia perché c'è qualche cosa che lo disturba) Più luce.

La signora Kruss           - Perché sprecare energia elet­trica...

Riccardino                    - Luce! Accendi quelle lampade! (Teresa esegue).

Riccardino                    - (si concentra. Pausa profonda).

Il Ragazzo                     - Un altro giro di birra, signor Prilop?

Riccardino                    - (perde la pazienza) Va fuori! Esci! Cretino!

Il Ragaìzzo                    - lo devo servire i clienti.

Riccardino                    - Via!... Scusate. Mi riconcentro subito. (Pauso).

Winkel                          - (suggerendo) Essere, o non essere... Essere o non essere.

Riccardino                    - Volete tacere? (Pausa) Essere, o non essere... questo è il problema...

Winkel                          - Scusate, ma come regista vi devo dire che la vostra intonazione non è giusta. Sentite me. Essere o non essere, è questo il problema.

Riccardino                    - Non sono d'accordo con voi.

Winkel                          - Che c'entra? Io sono il regista e bisogna andare d'accordo con me, per forza. Quando vi avrò detto i concetti, ai quali io intendo informare il mio lavoro... ma questo si farà a suo tempo, se avrete la buona volontà di imparare a recitare... Se aveste intanto una edizione di Shakespeare, si potrebbe vedere qualche altro punto.

Riccardino                    - Devo averla in camera mia. (Esce).

Winkel                          - Teresa, dite al padrone che lo aspettiamo nel salone del teatro... Intanto farò una breve lezione a questi amici.

Prilop                            - Però, sai che non credevo che Riccardino avesse tanta forza comica? Sentivo un solletico qui... Ta non riesci a tanto...

Winkel                          - Ma è una tragedia. (Esce con tutti i filo­drammatici. Restano in scena soltanto Wolters e Paolo).

Woliers                          - Su, su, non ti voglio vedere con quella laccia. Vedrai che io troverò il momento buono per convincere questo pazzo.

Paolo                             - Non importa più.

Wolters                         - Perché?

Paolo                             - I miei sospetti si fanno certezza. Quell'uomo è un criminale.

Wolters                         - Ma via!

Paolo                             - Non hai ancora capito? Perché si ritira in campagna, a casa sua, di quando in quando, senza regola, così?... Te lo sei mai domandato? Io invece ho capito. E' il suo modo di nascondersi alle ricerche della polizia. E viene qui a recitare la parte dell'uomo onesto.

Wolteus                         - Amleto onesto?... Non è quello che am­mazzò suo zio?

Paolo                             - Papà, lui recita la parte dell'uomo onesto... lui...

Wolters                         - Ah... Ma queste sono semplici induzioni... sospetti...

Paolo                             - Ho raccolto elementi importanti. Questa sera lo costringerò a confessare.

Riccardino                    - (passa con dei libri in mano e fa per uscire verso il salone ma è fermato da Paolo).

Paolo                             - Scusate, devo parlarvi. Papà, lasciaci soli. Vai ad ascoltare anche tu la lezione del signor Winkel.

Riccardino                    - Vengo subito... (Wolters esce) Dunque?

Paolo                             - (lo guarda fisso).

Riccardino                    - (si guarda intorno stupito) Sono mac­chiato in faccia?

Paolo                             - Via! Bando alle celie!

Riccardino                    - Bella, ottima intonazione.

Paolo                             - Io so tutto. Voi non vi siete mai occupato di assicurazioni.

Riccardino                    - Ah. Può anche darsi. E con questo?

Paolo                             - Non affaticatevi a mettere in scena un'altra commedia. Io ne so abbastanza per chiudere il cerchio delle prove.

Riccardino                    - Avete parlato con la signora partita poco fa?

Paolo                             - La signora?... Non divaghiamo. So tutto e questo vi deve bastare.

Riccardino                    - Anche mia moglie sa tutto?

Paolo                             - No, povera donna.

Riccardino                    - Trude?

Paolo                             - Nemmeno, povera fanciulla.

Riccardino                    - Tuo padre?

Paolo                             - Nessuno. Io sono il solo a possedere la chiava del segreto.

Riccardino                    - E va bene. Allora parliamone tranquil­lamente.

Paolo                             - Spero che trarrete da voi le conseguenze fatali.

Riccardino                    - (sopra pensiero) Mi farei turco per sa­pere come mai Joe Grey abbia potuto trovarmi...

Paolo                             - Eh, tanto va la gatta al lardo...

Riccardino                    - Deve essere accaduta qualche impru­denza l'ultima sera alla mia villa.

Paolo                             - Voi possedete una villa?

Riccardino                    - Perché? Dovrei forse vivere in albergo? Non starei tranquillo un momento.

Paolo                             - Già. Voi fate un mestiere agitato. Ma, in villa, vi sentite davvero più al sicuro?

Riccardino                    - I miei servi sono bene ammaestrati. Non lasciano entrare nessuno. Si oppongono, magari con la violenza.

Paolo                             - (spaventato) Terribile! )(Si siede).

Riccardino                    - Figurati quel che succederebbe se si venisse a sapere che ho moglie, una figlia e che sono per giunta padrone di un albergo.

Paolo                              - Ah sì, vero?

Riccardino                    - Un finimondo. I giornali! Ti immagini? Le indiscrezioni? I pettegolezzi? Le rivelazioni?...

Paolo                             - Come fate a vivere in mezzo a tante insidie? Non sentite il bisogno di camminare, da libero cittadino, per le vie del mondo, guardando in faccia il prossimo, con aperta franchezza, col cuore leggero, senza timori, senza tremori...

Riccardino                    - A chi lo dici! Ma tutte le professioni hanno il loro lato negativo.

Paolo                             - Avere sempre paura di tutti...

Riccardino                    - Veramente io non ho mai avuto paura di nessuno. Soltanto di mia moglie. Sentivo che se mia moglie avesse saputo, non avrei più potuto andare in­nanzi...

Paolo                             - Questo è il lato buono del vostro carattere, che si trova sempre anche nelle anime più contaminate... Io lo chiamo l'uncino della redenzione.

Riccardino                    - Cosa?

Paolo                             - In sostanza per voi, vostra moglie sarebbe stata, se avesse saputo tutto, una specie di occhio della coscienza, una proiezione inabolibile del rimorso...

Riccardino                    - Ma che stai dicendo? Rimorso sì, perché l'ho ingannata per tanto tempo. Adesso. Ma prima, prima no, sarebbe stato peggio ancora... Non puoi capirmi... Per vivere certe vite, bisogna potersi credere quello che si vuole far credere di essere. Il romanzesco, che è neces­sario a creare l'illusione negli altri, ma principalmente in te... se ne va, si dissolve. Sei rovinato...

Paolo                             - Ma questa famiglia, questa moglie, questa figlia, non vi venivano in mente nel momento dell'azione?

Riccardino                    - Che vuoi? Nel momento dell'azione, si pensa all'obiettivo, al primo piano...

Paolo                             - Non si è più sicuri nemmeno ai primi piani...

Riccardino                    - Sono pericolosissimi... Specialmente quando si comincia ad invecchiare... Non si può pensare ad altro in quel momento. Ma dopo, dopo... a cose fatte... a denaro incassato... allora sì, pensavo a queste mie care donne con tanta tenerezza e appena potevo, mi rifugiavo qui, al sicuro... chiuso nella mia vera vita...

Paolo                            - Terribile! Ma come potevate, dopo questo bagno di serenità, riprendere poi il vostro lavoro... dico lavoro per eufemismo...

Riccardino                    - Lavoro, lavoro. Puoi dirlo. Faticoso, pesante.

Paolo                             - Rischioso.

Riccardino                    - Anche. Di giorno e di notte. Oh, quel terribile lavoro notturno... Tu non ne hai idea. Mi dicevo: Forza, Riccardino, tu hai una moglie cara e fedele e una figlia, che è tutto il tuo bene. Coraggio. In questo momento sui tetti della tua casa splende la luna... e sotto quei tetti, c'è qualcuno che prega per te...

Paolo                             - Ma non avete mai tremato al pensiero che una volta o l'altra si venisse a risapere tutto?

Riccardino                    - Quando uno è abituato a portare una maschera...

Paolo                             - Con la maschera!

Riccardino                    - Sì... la maschera sempre. E non solo quando lavoro... Ma sempre, con tutti...

Paolo                             - Che cosa, che cosa!... (Come dire: «.che cosa terribile! »).

Riccardino                    - E quando venivo qui, io che ero un uomo elegantissimo, mi travestivo in treno... mi tra­sformavo...

Paolo                             - E tutto andava sempre liscio?

Riccardino                    - Mi aiutava il mio autista.

Paolo                             - L'unico, forse, che sa tutto di voi.

Riccardino                    - Infatti. Mi conosce dal tempo dei tempi. Prima ancora che mi mettessi a fare questa vita. Allora dividevamo il poco che si racimolava alla meglio. Dopo, quando ho fatto carriera, l'ho sempre tenuto con me.

Paolo                             - Lui fa l'autista e voi il padrone.

Riccardino                    - Per gli estranei. Fra noi siamo buoni amici.

Paolo                             - Duplice vita.

Riccardino                    - Quale è la vera? Me lo domando. Quando sono qui è quella. Quando sono là è questa...

Paolo                             - La coscienza non risponde più.

Riccardino                    - E ci si chiede talvolta: Come sei giunto a questo punto? Predestinazione? Atavismo? Adesso capirai la mia ritenutezza nel trattare la questione fra te e Trude.

Paolo                             - Già, già...

Riccardino                    - Perché potrebbe anche darsi che la ragazza fosse destinata a seguire le mie orme.

Paolo                             - Cosa?

Riccardino                    - Non si può dire. Anche per me, fu un momento...

Paolo                             - Ma Trude...

Riccardino                    - Caro, se è nel sangue, niente da fare.

Paolo                             - Ma allora... poste così le cose, un vincolo fra me e Trude è impossibile.

Riccardino                    - Ecco. Ma non te ne fare un dramma. Vedrai che un giorno sarai contento di non avere fatto questa sciocchezza... (A Teresa che entra) Paolo ha messo giudizio. Ci siamo parlati apertamente, confiden­zialmente... (A Paolo) E tutto resta fra noi...

La signora Kruss           - Tra voi?

Riccardino                    - Certe cose è meglio lasciarle trattare agli uomini!

Il Ragazzo                     - (entrando) Padrone... il signor Winkel desidera provare.

Riccardino                    - Vengo subito.

Paolo                             - Ancora una domanda. Vi sentite assoluta­mente tranquillo dopo la vostra confessione?

Riccardino                    - Tranquillissimo, perché?

Paolo                             - Ma non avete un sistema nervoso voi?

Riccardino                    - Sì. Ma ne faccio quel che voglio. E? il mestiere. (Esce).

Paolo                             - (dopo una pausa) Vi confesso, signora Te­resa, che sono un po' commosso nel congedarmi da voi.

La signora                     - Ma perché, si può sapere?

Paolo                             - (sottovoce per non essere udito dal ragazzo) E' giocoforza.

La signora Kruss           - Giocoforza?

Paolo                             - Ne va del mio onore.

La signora Kruss           - Ti vuoi spiegare?

Paolo                             - Un giorno capirete. Un giorno vi cadranno le bende dagli occhi. Non posso dire altro. Addio. (Esce).

La signora Kruss           - Ma che gli piglia?

Il Ragazzo                     - Tutti così gli innamorati. (Esce con delle bottiglie vuote. La porta si apre lentamente).

La signora Kruss           - Avanti, coraggio. (Entra Joe). Oh. Avete perduto il treno?

Joe                                 - Ho voluto perdere il treno.

La signora Kruss           - Se volete ancora la vostra camera.

Joe                                 - No. Soltanto voi dovete sapere che io sono qui.

La signora Kruss           - Perché questo onore?

Joe                                 - Ho la certezza che Gregor è qui. Vuol sedurre una ragazza.

La signora Kruss           - Porco!

Job                                - E sapete chi è questa ragazza?

La signora Kruss Non ne ho idea.

Jok                                - Vostra figlia.

La signora Kruss           - Mia... Ma che diavolo dite?... E come può mia figlia...

Joe                                 - Forse gli ha scritto una delle sue lettere appas­sionate. Forse le ha mandato il suo ritratto... di quindici anni fa...

La signora Kruss           - E perché?

Joe                                 - Perché Gregor è un uomo così. Ama variare... ama le avventure strane...

La signora Kruss           - Ma dovrà fare i conti con me... e con mio marito...

Joe                                 - Oh... povera signora! Non sapete che è impos­sibile salvare una ragazza quando ha deciso di perdersi?

La signora Kruss           - Possibile?

Joe                                 - Non imi credete?

La signora Kruss           - Un'ora fa non vi avrei creduto… ma ora sono sotto l'impressione di certe allusioni fatte dal fidanzato di mia figlia...

Joe                                 - Non c'è dubbio. Guardate come cammina quella poverina. E' lui che insegna a tutte le sue donne di camminare così. A lui l'insegnò una sua vecchia amica.

La signoria Kruss          - La Steffi?

Joe                                 - Precisamente. E ora tocca alla piccina.

La signora Kruss           - Nascondetevi nella vostra camera e aspettate che vi venga a prelevare. Voglio parlare a mia figlia.

Job                                - Mentirà... si mente sempre... e con che gioia si mente... (Esce).

La signora Kruss           - Trude!

Trude                            - (voce) Mamma!

La signora Kruss           - Vieni un po' qui. (Trude entra) Di' un po'... Hai leticato forse con Paolo?

Trude                            - Paolo è un presuntuoso. E poi non vedi che modi? Un gentiluomo non tratta così.

La signora Kruss           - Che pretese ti saltano in capo adesso?

Trude                            - Pretese! Niente affatto pretese. Soltanto, io penso che una donna debba conoscere il proprio valore.

La signora Kruss           - Ah, sì? Lo sai che se ne è andato? Lo sai che non tornerà più?

Trude                            - Non credo alle notizie troppo belle.

La signora Kruss           - Ma se prima spasimavi...

Trude                            - Non spasimo più.

La signoria Kruss          - Non sarai per caso innamorata di un altro?

Trude                            - (ride) Oh, non ancora. Stai tranquilla. (Se ne va con la sua camminata).

La signora Kruss           - E chi ti ha insegnato a cammi­nare così?

Trude                            - Non è bello forse? Una vera signora non si trascina: incede. La famosa attrice cinematografica Steffi Nelson era maestra a tutti nell'arte di camminare. Chi l'ha veduta una volta non se la dimentica più: dama perfetta... regale...

La signora Kruss           - E a te... chi te l'ha detto?

Trude                            - Papà.

La signora Kruss           - (percossa) Chi?

Trude                            - (candida) Papà. Oh, mi ha insegnato tante cose belle! Che esperienza, che gusto... (Via solenne­mente).

La signora Kruss           - (cade a sedere).

Wolters                         - Teresa! Teresa!.., Hai perduto molto... Dovresti vedere come recita l'« Amleto » tuo marito. E chi direbbe, a vederlo, che quell'uomo sia Riccardino? Tutta un'altra cosa... Uri miracolo...

La signora Kruss           - (come parlando a se stessa) Tutta un'altra cosa...

Wolters                         - Ma quei due ragazzi?

La signora Kruss           - Pensi ancora a quel matrimonio? Se non si fa...

Wolters                         - Non si fa?

La signora Kruss           - Tuo figlio ha deciso così...

Wolters                         - Ma che è impazzito? Che c'entra? In­tanto... Poi, se mai... la buona fede... Chi lo sapeva che... Insomma... Ora vado io... (Esce in fretta).

La signora Kruss           - (sola, sì alza dalla sedia, fa due passi senza decisione. Mormora) Tutta un'altra cosa... Tutta un'altra cosa... j(Non vede nemmeno che sono entrate due persone: Collner e Hartmann, che non si riconosce a causa di enormi occhiali da macchina).

Il Ragazzo                     - (sbucando da non si sa dove) Rene arri­vati... Prego...

La signora Kruss           - (si volta) Buongiorno.

Collner                          - C’è il padrone?

Il Ragazzo                     - E' nel salone a recitare.

Collner                          - Cosa fa?

Il Ragazzo                     - Recita. Stasera c'è la riunione della filodrammatica e oggi lavora anche lui. Fa una parie buffissima: Amleto. La gente si diverte...

Collner                          - Va a chiamarlo.

Hartmann                      - Sarà bene che io scompaia.

Collner                          - Fate come volete.

Hartmann                      - Dissolvenza. (Esce).

Riccardino                    - (entra. Guarda un momento Collner, tra­sale, poi si riprende e con l’aria più ingenua del mondo) Desiderate?

Collner                          - Una birra.

Riccardino                    - E volevate me, per questo? Ragazzo, dai una birra al signore. Siete arrivato col treno o in automobile?

Collner                          - Come mi pare.

Riccardino                    - E' un mezzo di locomozione meno im­pegnativo. E quando ve ne andate?

Collner                          - Quando mi pare.

Riccardino                    - Meglio prima. Teresa, moglie mia cara, tieni compagnia a questo signore che ha i nervi...

Collner                          - No, no, sono calmo. E bevo. Bevo alla vostra salute. E alla buona sorte che mi ha condotto qui.

La signora Kruss           - Davvero avete bisogno di me?

Collner                          - No, signora, no... Non voglio disturbarvi.

La signora Kruss           - Allora... (Esce sempre immersa nei suoi pensieri).

Collner                          - Ed ora a noi due, caro Gregor.

Riccardino                    - Caro che?

Collner                          - Andiamo...

Riccardino                    - Io mi chiamo Riccardo Kruss, detto Riccardino.

Collner                          - Carino. E... da quanto tempo siete qui, in questa plaga solitaria...

Riccardino                    - Da moltissimo tempo.

Collner                          - Ah, sì? Be', sentite, caro... non facciamo la commedia. Fra tre giorni dobbiamo iniziare la lavo­razione di un film.

Riccardino                    - Ah, si? Ditemi, ditemi! Pensate che io non ho mai visto un film. Com'è? Com'è?

Collner                          - (sbuffa) La volete piantare, o volete che mi metta a gridare?

Riccardino                    - Per me... Ma badate...

Collner                          - Gregor!

Riccardino                    - Collner...

Collner                          - Oh... Finalmente.

Riccardino                    - Che cosa?

Collner                          - Vi smascherate.

Riccardino                    - Appunto. Mi sono smascherato. Gregor la maschera. (Riccardino la faccia...

Collner                          - Sentite, io non ho tempo di fare della filosofia. Leggete questa parte... E ditemene poi qualche cosa...

Riccardino                    - « Il segreto della vecchia signora »? (E' il titolo del manoscritto che gli è stato consegnato). Ma siete impazziti, laggiù?

Collner                          - Caro mio, voi vi siete guastato con coso, con Shakespeare. E l'ho fatto unicamente per farvi pia­cere. Ma adesso ci vuole un film che renda. Questo è quel che ci vuole. Un sacco di quattrini. E poi, leggete leggete...

Riccardino                    - Incominciamo col dire che per almeno cento metri, di me, nemmeno l'ombra...

Collner                          - Questo è il nuovo contratto.

Riccardino                    - Ma chi l'ha fatta questa sceneggiatura? Una scemenza. Voi l'avete fatta fare a un disgraziato che aveva bisogno di denaro, in dieci giorni. Dite la verità.

Collner                          - Lasciate andare; non sottilizzate. Il regista farà lui... accomoderà lui... Oh, se volete aumentare la vostra paga, via, dite quanto e non se ne parli più.

Riccardino                    - Ecco una scenetta graziosa. Ma bisogne­rebbe svilupparla.

 Collner                         - (che ha scritto sul contratto) Va bene cosi, o è ancora poco?

Riccardino                    - (finge di non occuparsi della cosa pratica, ma dà un'occhiata al contratto) Si... qualche buon passaggio. Forse potrebbe anche diventare un buon film...

Collner                          - Allora... siamo intesi?

Riccardino                    - (reagendo come un bambino che non vuole andare a scuola) No, non voglio... ecco... non voglio…

Collner                          - Va bene. Daremo la parte a Frank.

Riccardino                    - A quel burattino guercio? E chi lo vuol vedere oramai?

Collner                          - Si è rifatto con l'ultimo film. Magnifico. E poi si contenta di molto meno.

Riccardino                    - (dopo aver lottato con se stesso) Pren­dete. A voi. Datela a Frank. Sarà un disastro, ma la cosa riguarda voi.

Collner                          - Insomma, spiegatemi questo mistero. Siete ammalalo?

Riccardino                    - Non ho più bisogno di far quattrini. Voglio trascorrere in questa pace tutto il resto della mia esistenza. Voglio vivere la mia vera vita. Ecco tutto. Il mio albergo, i miei terreni, i miei polli allevati razio­nalmente, la vaccheria modello, i miei boschi, la mia tenuta da caccia... Ma che cosa volete che desideri an­cora? Sono l'uomo più ricco di questi posti, ho realizzato il sogno della mia infanzia... basta... non voglio altro.

Collner                          - Ma avete la nostalgia di recitare.

Riccardino                    - No.

Collner                          - Sì, stavate recitando l’« Amleto » coi filo­drammatici.

Riccardino                    - Che importa? L'arte è l'arte. Nessuno mi può impedire di regalare delle grandi emozioni, di commuovere le folle, di far sentire anche a poveri e semplici cuori villerecci il fascino dei rapimenti poetici... Sapete? Mi sono commosso quando li ho sentiti fremere alla mia voce...

Prilop                            - (entrando ha sentito le ultime battute) Ah, ah, Riccardino, senti, ci hai proprio divertiti. Che risate! Ma come fai ad essere così buffo? Mio genero si arrab­biava e diceva che non aveva mai sentito nulla di più rivoltante, ma a me francamente... (Ride) Bravo! Bravo!...

Il Ragazzo                     - (a Riccardino) Sapete che parte dovreste recitare voi? Quella del fantasma. Con un lenzuolo addosso chi ve la vede la pancia?

Riccardino                    - Via! Andate via! Siete dei disgraziati!

Prilop                            - Riccardino, te ne sei avuto a male? Forse facevi sul serio?

Riccardino                    - Volete andar via, cretini?

Prilop                            - Sì, sì... ma io credevo... (Esce col ragazzo).

Riccardino                    - Datemi quel contratto. (Lo firma).

Collner                        - Dio sia lodato... Lo vedete che non torna il conto prodigarsi per della gente che non intende? Per capire certe forme d'arte ci vuole una lunga abi­tudine... come quella di Mitridate per i veleni... Grazie, Gregor...

Riccardino                    - Ma ad un patto... Che nessuno sappia chi io sia in realtà.

Collner                          - Naturalmente! Che diamine, non sono mica pazzo. Mancherebbe altro che io rivelassi queste cose, che scaricherebbero in una settimana tutta l'elettri­cità che avete saputo condensare in dieci anni intorno alla vostra affascinante persona... Però, la pancia, veramente c’è. Fate un po' di ginnastica, mangiate poco, bagni turchi, massaggi... Nel nostro mondo soltanto i produttori possono avere la pancia.

Riccardino                    - Grazie dei vostri consigli. Ma so io. (Gli dà il contratto).

Collner                          - Grazie.

Riccardino                    - E adesso mi dovete dire come mi avete scovato. Joe Grey, forse?

Collner                          - Joe Grey ne sa qualche cosa?

Riccardino                    - Non lo so. Mi è corsa dietro. E' stata qui. Ma non mi ha visto.

Collner                          - No, no... si tratta di... Ora lo chiamo. (Va alla porta e chiama dentro qualcuno) Venite, venite, tutto è a posto...

Hartmann                      - (entra titubante) Buona sera, signor Gregor. La vettura è pronta.

Riccardino                    - Quale vettura?

Hartmann                      - La vostra. E' stata riparata.

Riccardino                    - Sei tu che mi hai tradito? Bella ami­cizia.

Hartmann                      - Sicuro: amicizia. Io credo che portare a un uomo che scappa, centomila marchi, sia una prova di amicizia. Volete il vostro mantello? E' nella mac­china.

La signora Kruss           - (entra) Disturbo i vostri discorsi?

Riccaridino                   - Niente affatto... Ti presento un amico, collaboratore dei miei affari.

La signora Kruss           - C'è forse qualche cosa di nuovo?

Collner                          - Sì. Un affare. Molto importante.

Riccardino                    - Una occasione inattesa. Devo ripartire subito. Sarebbe sciocco lasciarsela sfuggire. (Compaiono il ragazzo, Prilop, Winkel e i filodrammatici) Venite, venite pure, se volete salutarmi. Me ne vado... Un mini­stro mi offre di fare l'assicurazione a tutte le fabbriche dipendenti dal suo Ministero. Un affare immenso. Ca­pisci, Teresa? Non posso...

La signora Kruss           - Incomincio a capire.

Collner                          - Bene. Allora si può andare?

Hartmann                      - (entra) Ecco il mantello.

Riccardino                    - (coti l'aria di Gregor) Dove avete preso questo mantello?

Hartmann                      - Alla villa. Me lo ha dato il cameriere.

Riccardino                    - Il cameriere?

Hartmann                      - Sì perché tutta la servitù è rientrata ieri.

Riccardino                    - (mette il mantello e il berretto) Grazie. Sta bene. Teresa fra due mesi sarò di ritorno. A rive­derci. (La bacia).

La signora Kruss           - (riservatissima) A rivederci?

Riccardino                    - Come?

La signora Kruss           - Niente. Ti ho salutato.

Riccardino                    - Credevo che tu avessi detto qualche altra cosa. (Tutti sono imbarazzati) Be'... Buona sera... (Va verso la porta).

Hartmann                      - (Scorre ad aprire la porta inappuntabil­mente).

Riccardino                    - Ragazzo, hai veduto? Così si apre la porta, quando passo io. Addio a tutti. i(Esce seguito da Collner e da Hartmann. Silenzio. Teresa va alla finestra, l’apre, sì ode la macchina che parte. L'automobile s'al­lontana strombettando maledettamente, come fa Gregor. Joe discende in pigiama precipitosamente).

Joe                                 - La sua tromba!

 La signora Kruss          - Troppo tardi.

Joe                                 - Era qui, allora?

La signora Kruss           - Sì.

Joe                                 - L'avete riconosciuto?

La signora Kruss           - In questo momento.

Joe                                 - (si precipita alla finestra) Gregor!... Gregor! Gregor!...

Fine del terzo atto

ATTO QUARTO

(La scena rappresenta una vasta camera da letto, evidentemente in un grande palazzo. Dalle finestre aperte si scorgono i tetti e i campanili di una grande città. Un grande fascio di luce piove dall'alto su un inverosimile letto matrimoniale, dove sono sdraiati Ralf Gregor e Joe Grey).

Gregor                           - (si desta, si stira, si alza sul gomito, guarda Joe che dorme e le sussurra) Cara... Tesoro...

Joe                                 - (si sveglia a sua volta e tende le braccia per abbrac­ciarlo) La prima mattina della nostra felicità! Il sole splende, gli uccellini cantano... Oh, potere restare così in eterno! (Lo bacia con ardore, poi, guardandolo in modo strano) A che pensi? (Che vuoi?

Gregor                           - (non risponde subito; guarda intorno e grida) Voglio un bebé...

Joe                                 - (con energica intonazione) No, io non voglio!

Gregor                           - Perché?

Joe                                 - Perché mi fa delle ombre sotto gli occhi.

Gregor                           - Tu non pensi che a te.

Joe                                 - E tu?

Gregor                           - Un bebé!

Un Inserviente              - (si affaccia alla finestra con un piccolo riflettore a cui è attaccato un lungo filo) Dove lo devo mettere il bebé?

Gregor                           - Da quella parte... Un po' più a sinistra. Così (Piazzato il bebé, alla meglio, l'inserviente esce dì nuovo).

Joe                                 - Io non mi lascio fotografare con la luce dal basso.

Gregor                           - E io invece non posso farne a meno. Dopo tutto, il protagonista sono io. Il pubblico vuol vedere : me, non te.

Joe                                 - Ma chi l'ha detto? (Scende dal letto in fretta gridando) Non posso tollerare una simile insolenza.

Tilden                            - (entra in scena dalla ribalta) Non vi muo­vete per carità... Alt! Fermi! (A Joe) Dobbiamo assolutamente girare questa scena prima di mezzogiorno.

Joe                                 - Io me ne infischio.

Tilden                            - Amore mio caro, non fare così... Via, ritorna a letto con Gregor... Fammi questo favore.

Joe                                 - Me lo chiedi per favore? Quando è così... (e» ritorna alla sua posa mentre Tilden si volta verso la quinta dove figura sia la macchina da presa).

Tilden                            - Pronti?... Si gira...

Una voce                       - Un momento! Sonoro!...

Un'altra voce                 - Pronto?

La voce                         - Aspetta.

Tilden                            - Che succede? (Entra verso la macchina da presa).

Job                                - La vacanza ti ha irritato i nervi, a quanto pare.

Gregor                           - Pagherei per sapere come hai fatto...

Job                                - (ridendo) Te lo avevo detto che ci sarei riu­scita!

Gregor                           - Veramente non tanto. Che hai saputo?

Joe                                 - Che eri all'albergo dell'« Oca d'oro »...

Gregor                           - E poi?

Joe                                 - Intanto è qualche cosa...

Tilden                            - (rientrando) Pronti? Non potreste ripetere le parole del testo? (Alla macchina) Un po' più avanti. Pronti. (Si precipita in scena l'uomo del ciak con il suo strumento: si pone sotto il naso di Gregor e grida verso la macchina).

L'Uomo del ciak           - Centoquindici terzo... (Via di corsa).

Tilden                            - Azione!

Gregor                           - (rifà la stessa azione del principio) Cara, tesoro...

Joe                                 - (c. s.) La prima mattina della nostra felicità...

Gregor                           - (guardando verso il ricevitore del sonoro) La mosca! La mosca!

L'Uomo del ciak           - (entra con un soffietto di flit e inco­mincia a soffiare intorno al ricevitore del sonoro).

Gregor                           - Accidenti alle mosche. Si deve ricominciare cento volte a causa delle mosche...

Joe >                             - Eh, come sei isterico!

Tilden                            - Profittiamo per mettere un riflettore qui... (L'uomo del ciak esce, dopo avere trucidato le mosche).

La voce                         - Non importa. La parete non entra nel quadro.

Tilden                            - Ah, no? E allora facciamo senza la parete! (Rivolgendosi a Joe) Tu hai ritrovato l'infedele. Egli ha avuto coscienza della sua cattiva azione... (Entrano due operai che senza dire niente spostano la parete che quasi cade addosso a Tilden che continua a parlare. Entra l’uomo del ciak e stende un nastro fino sotto il naso di Gregor per prendere le misure. Intanto Tilden continua) Egli ti ha chiesto perdono. Siete dunque all'alba di una nuova felicità. Tu, stringendolo al seno, non eredi a te stessa, e pare che dica: Ma è veramente fatto mio?

Joe                                 - Non credo.

Gregor                           - Oh, piantala!

Tilden                            - E, quando dici « il sole splende, gli uccellini cantano » ci deve essere nella tua voce più dubbio... più sospetto...

Joe                                 - Gli uccellini cantano...

Gregor                           - Tutta un'altra cosa, ma fa niente.

Tilden                            - Gregor, non mortificate l'attrice.

Joe                                 - Oh, sta tranquillo. Non ci riesce.

Tilden                            - Avanti. Come dice dopo?

Joe                                 - « Oramai ti saprò tenere. Devi scegliere. Con chi vuoi restare? ».

Gregor                           - Eh... che roba!

Joe                                 - Non ti piace il resto?

Gregor                           - No.

Tilden                            - Avanti. Pronti? (Pausa).

L'Uomo del ciak           - (entro con il ciak) Centoquindici quarto.

Tilden                            - Azione!

Gregor                           - Un momento! Non riesco a ricordare queste frasi cretine.

Joe                                 - Ti manca la calma interiore.

Gregor                           - (smontando dal letto) Ti proibisco di entrare nelle mie faccende private.

Tilden                            - Ma che succede?

Gregok                          - Un momento... Non sono calmo... (Tilden mettendosi le mani nei capelli esce).

Joe                                 - Io sì. Ora che ho saputo quel che volevo sapere.

GregoK                         - Che cosa, per esempio?

Joe                                 - Il nome della tua nuova fiamma.

Gregor                           - Ah, sì? Chi sarebbe?

Joe                                 - La signorina Trude Kruss.

Gregor                           - (resta un momento a bocca aperta a guardarla e poi scatta) Ma tu sei pazza da legare!

Tilden                            - (di dentro) Insomma!

Gregor                           - Oh, smettila anche tu. Io urlo fin che mi pare!

Tilden                            - (comparendo. Grida dall'altra parte) Andate a chiamare un medico subito.

Gregor                           - Un medico? Ma dove siamo? In uno stabi­limento di cura?

Joe                                 - (smontando dal letto a sua volta) Impossibile andare avanti così. Sei un isterico.

Gregor                           - (fuori di se) Cosa? Ripeti.

Joe                                 - Isterico.

Gregor                           - (improvvisamente calmato) Vecchia strega!

Joe                                 - (fuori di sé a sua volta) Che cosa hai detto? Vecchia strega? Vecchia strega a me?

Tilden                            - (entra per calmarli).

Gregor                           - (a Tilden) Quando viene il medico avrà qualche cosa da fare.

Joe                                 - Mi vendicherò, mi vendicherò... Te Io giuro.

Gregor                           - E come?

Joe                                 - Vedrai... (A Tilden) No, non giro più...

Collner                          - (entra in tempo a trattenere Joe) Ma voi farete quel che dovete fare. Dove siamo?

Joe                                 - Siamo in un manicomio.

Collner                          - (trattenendola sempre) Ma lo capite che ogni minuto che passa sono quattrini che se ne vanno?

Joe                                 - Chiamate un'altra. Vi saluto. (Esce).

Gresor                           - (o Collner) Ve lo avevo detto... Quella donna conduce all'omicidio.

Collner                          - Pausa! (Si odono due fischietti e imme­diatamente i fasci di luce, che abbagliano la scena si spengono : resta la mezza luce della illuminazione nor­male). E' vergognoso, vergognoso... (A Tilden) Ma che cosa è successo?

Tilden                            - E che ne so io? Non c'è mai un minuto di quiete.

Collner                          - Bel regista!

Tilden                            - Cosa c'entra?

Collner                          - Un regista deve sapere tutto e dominare tutto. (A Gregor) Fra un quarto d'ora si riprende. Ab­biate pazienza.

Gregor                           - Ma io voglio un gobbo.

Tilden                            - Dovevate dirlo! Portate un gobbo. (A Gregor) Qual è la battuta che non ricordate?

Gregor                           - Quella che comincia : « Amica mia, tu hai molto sofferto... ».

Tilden                            - (gentilissimo) Ho capito, ho capito... Penso io... (Esce).

Gregor                           - Addio, Collner, vado a riposarmi un mo­mento. Quando siete pronti mi chiamate...

Collner                          - Mi raccomando, Gregor, portate pazienza... Sapete come sono le donne.

Gregor                           - State tranquillo. Quando posso passare per la seconda quota?...

Collner                          - E' oggi.' Ah, sì... Bene... Eccovi qua...(Firma un assegno) A voi. Sta bene? La ricevuta me la manderete... (Gregor lo saluta sventagliando l'assegno ed esce).

Tilden                            - Ecco fatto. Tra poco verrà il gobbo...

Collner                          - Ma ditemi una cosa? Non c'è il caso che quella stupida di Joe sia innamorata davvero di Gregor?

Tilden                            - (imbarazzato) Veramente... se debbo dire... per esperienza personale, no.

Collner                        - Ho capito. Scusate. Ho fatto una topica. Ma allora perché non pensate voi a farla star calma?

Tilden                            - Ma non c'è bisogno. Ha un cattivo carattere, ma di fondo, è buona. Pur che possa sfogarsi. Se no...

Collner                          - Capisco... aumentano le atmosfere di pres­sione.

Tilden                            - Eccola qua. Vedete che già sorride? (Entra Joe, seguita da Teresa Kruss).

Joe                                 - Scusate, Collner, vi sarei grata se permetteste a questa mia amica di visitare lo studio...

Collner                          - Prego... Veramente gli estranei... Ma trat­tandosi di una amica della nostra grande Joe...

Joe                                 - (presentando) Teresa Kruss.

Collner                          - Piacere. Fate pure, signora Kruss... Come e dove volete... Come in casa vostra... Prego... (Teresa si allontana guardando in qua e in là. A Joe) Ma chi è? Che tipo curioso. Mi pare di averla già vista.

Joe                                 - Forse all'albergo dell'cc Oca d'oro ».

Collner                          - Ah, già, può darsi... Sentivo infatti odore di provincia. Ha quattrini? Ha quattrini?

Joe                                 - Molti.

Collner                          - Credete che ne metterebbe nella mia in­dustria.

Joe                                 - Domandateglielo. Intanto vado dal truccatore. E non dimenticate che il mio contratto è ancora in discussione.

Collner                          - Di che temete? La « Cosmos-film » è una banca!... (Joe esce. A Teresa raggiungendola) La mac­china di presa è là... Queste sono le scene. Lassù vedete i cinquemila, i tremila, gli spots... Quando sono accesi fanno un caldo indiavolato...

La signora Kruss           - Vedo, vedo...

Collner                          - Una bella industria sapete? Sicura... tran­quilla... Peccato non avere molti capitali da investirvi...

La signora Kruss           - Lo credo.

Collner                          - Guadagno sicuro.

La signora Kruss           - Beato voi.

Collner                          - Ma tutti possono... E' una industria in crescita... Prende tutto quel che viene. Senza compli­menti, se voleste investire un po' di capitale qui... senza complimenti... Per voi si possono fare delle facilita­zioni.»

La signora Kruss           - No, grazie. Ho già investito qualche cosa nel cinematografo...

Collner                          - Sì? E non siete stata contenta?

La signora Kruss           - No. Ho perduto tutto il capitale che ci avevo messo...

Collner                          - Oh, che mi dite?

La signora Kruss           - E' vero che non sapevo di avere fatto questo bell'affare. Ma insomma...

Collner                          - Un capitale forte?...

La signora Kruss           - Eh, sì... abbastanza... per una donna, molto... credete a me...

Collner                          - Ma non pensate che sia sempre cosi... Si tratta di trovare il galantuomo...

La signora Kruss           - No, grazie... Ho già perduto abba-1 stanza.-

Collner                          - Non insisto... Permettete? Vado a tastare il polso di Gregor... A tra poco, Tilden!

Tilden                            - (entrando) Sta bene. (All'interno) E questo gobbo viene? (Entrano due inservienti con una tavola nera sulla quale sono state scritte a gesso queste parole: « Amica mia, voi avete molto sofferto, ma forse avete finito di bere Tamaro calice »).

Tilden                            - Benissimo. (I due operai se ne vanno).

La signora Kruss           - Perché queste parole?

Tilden                            - Perché l'attore che deve dirle non se le ricorda mai... (Esce).

La signora Kruss           - (si guarda intorno. Entra Steffi).

Steffi                             - C'è nessuno?

La signora Kruss           - Ma... non so...

Steffi                             - Verranno... (Si dà un po' di cipria) Voi non siete un'attrice, mi pare.

La signora Kruss           - No, sono venuta per curiosità.

Steffi                             - Interessante, vero?

La signora Kruss           - Molto. Voi sì che siete attrice, non è vero?

Steffi                             - Lo fui. Molto tempo fa. Se vi dicessi il mio nome che pure fu famoso, non vi direbbe nulla.

La signora Kruss           - Oh, ma io non conosco nomi di attrici... Uno soltanto, il nome di una stella di cui ho sentito molto parlare. Steffi Nelson... La conoscete?

Steffi                             - (con uno scatto) Ma chi ve ne ha parlato?

La signora Kruss           - Mio marito. Sì, perché io non vivo qui. Ho un alberghetto in provincia. Mio marito invece viaggia il mondo. Mi è venuto in mente quel nome perché questa Steffi camminava proprio come voi...

Steffi                             - (imbarazzata) Ma...

La signora Kruss           - Siete voi, vero?

Steffi                             - Sì.

La signora Kruss           - E siete venuta per vedere mio marito che lavora, vero?

Steffi                             - Oh, una semplice curiosità... Per noi... attori in riposo... la sola gioia è quella di vedere lavorare gli f altri. Perché mi guardate così?

La signora Kruss           - Non lo capite?... Soltanto orai ho saputo...

Steffi                             - Mi dispiace. Sarà stato per Gregor un gran dolore. Ricordo che non parlava che di voi, che non avrebbe mai voluto che voi sapeste che vita stava fa­cendo...

La signora Kruss           - Molto caro... molto caro... A voi diceva tutto, vero? Proprio tutto?

Steffi                            - Tutto. Ma, non crediate che egli mi abbia amata... Io sì, tanto. L'ultimo amore della mia vita. Ma lui... Fantasia d'un minuto... Sogni passeggeri. La verità è che non pensava che a voi e alla piccola Trude...

La signora Kruss           - (un po' meno aspra) Anche di Trude parlava?

Steffi                             - Sempre. Io di Trude so tutto. Tutto ciò che voi gli scrivevate delle sue prodezze infantili, dei suoi progressi, del suo carattere... So che aveva il difetto, cam­minando, di sollevare i due piedi insieme... e così andava ruzzolando per la casa. (Ride) Ancora? (Forse no.

La signora Kruss           - (sempre meno aspra) Ora è da marito e ha imparato a camminare... come voi...

Steffi                             - Signora Teresa... Non vogliatemi male. Guar­date i miei capelli che sono quasi tutti grigi... pensate che io ho perduto la vita, inutilmente... mentre voi... E pensate che, forse, sono io che debbo perdonare qualche cosa a voi...

La signora Kruss           - Questo poi™

Steffi                             - Non sono mai riuscita a cancellare dal cuore di Gregor questa sconosciuta, che anche di lontano occupava il suo cuore...

La signora Kruss           - Tuttavia quel signore, per venti anni quasi, non ha fatto che mentire... tradire... Voglio vedere che faccia fa, quando mi vede.

Steffi                             - Ah, perché egli non sa che siete qui?

La signora Kruss           - E' questo il bello. Mi crede a casa.

Steffi                             - (comprende il pericolo che corre Gregor e, sempre affettuosa verso di lui, cerca di evitargli la fol­gore) Signora Teresa, anche lui ha i capelli briz­zolati. Si dà delle arie di giovinotto, ma è stanco. Non fategli questo affronto. Pensate che per venti anni ha lavorato unicamente per voi e per la figlia, che vi ha sempre fedelmente mandato tutto quello che guada­gnava, pensate che ha rinunciato perfino alla vanità che hanno anche i più modesti, i più meschini, quella di essere ammirato in famiglia. Pensate che per salvare la vostra pace, per non turbare la vostra serenità, ha vissuto per venti anni con una maschera molto pesante sul viso e sul cuore... e poi, quando avete pensato a tutto questo, vedete se non sia più bello da parte vostra dirgli una bugia...

La signora Kruss           - Quale?

Steffi                             - Quella di fargli credere che credete ancora alle sue...

La signora Kruss           - Ma io so, io so...

Steffi                             - Sapete che egli è ritornato regolarmente a casa a prendere da voi e dalla piccola il coraggio di cui aveva bisogno. Ma non capite che un uomo simile non avrebbe mai compiuto questi regolari pellegrinaggi, se non avesse sentito profondo, ininterrotto, il senso della famiglia, l'amore della famiglia, se questa famiglia non fosse stata veramente tutto, tutto per lui, per « lui vero»?... Mi capite? L'uomo che volete vedere qui non è lui... E' un povero disgraziato che deve darsi l'aria di essere quello che non è, che non è mai stato... Ba­date... Non vorrei che egli poi non si sentisse più a suo agio nemmeno a casa sua. Vale la pena?

La signora Kruss           - E non sarebbe troppo comodo per lui se io scomparissi? Lasciate fare a me. Io sono sua moglie. Non dimenticate questo. Sua moglie. E una moglie a un certo punto ha anche il diritto di prendersi una piccola rivincita. E poi io non sono una donna che possa sopportare lungamente la parte di vittima... Mi scappe­rebbe detto una volta o l'altra quello che so... e sarebbe la stessa cosa. Dunque tanto vale... Sì, sì, voi dite delle bellissime cose, ma io sono una moglie, vi dico, e non le capisco. Non devo capirle. Se no, che differenza passa fra me... e voi per esempio?... E non dubitate. A casa sua si troverà sempre benissimo. Perché, in fondo, quel che gli preme, è di fare quel che gli pare e di essere ser­vito a dovere, secondo le sue più radicate abitudini...

Steffi                             - Ma infine, il vostro programma qual è? Vo­lete rompere l'incantesimo della sua vita? Badate. Non tornerà più a casa.

La signora Kruss           - Vuol dire che io d'ora innanzi lo seguirò. E mi metterò a fare il gobbo io, quando non sa la parte. Ma sto qui...

Steffi                             - Sapete già che cosa è un gobbo?

La signora Kruss           - L'ho imparato adesso. E posso imparare molte altre cose ancora, con una certa rapidità.

Steffi                             - Fate come volete. Siete molto sicura di voi. E forse avete ragione. Addio... Ora capisco perché siete sempre stata voi la più forte di tutte.

La signora Kruss           - Perché?

Steffi                             - Voi non recitate una parte.

La signora Kruss           - Ah, questo no.

Steffi                             - Noi sì. Tutte. Anche senza volere. Come me. (Si ode la voce di Gregor che canta una sua canzone) Eccolo. Addio, signora. (Esce).

Gregor                           - (vestito elegantemente da passeggio, entra e trovandosi di fronte alla moglie ha un soprassalto, ma si domina, fa un inchino molto elegante come se fosse di­nanzi a una sconosciuta e fa per proseguire).

La signora Kruss           - (lo guarda stupita: veramente quasi non lo riconosce; finalmente raccoglie la forza e gli grida) Riccardino...

Guegor                          - Chi cercate?

La signora Kruss           - Ti prego di non fare il buffone.

Gregor                           - - Questa è bella... Chi ha permesso a una pazza di entrare qui dentro?

La signora Kruss           - Senti, Joe Grey mi ha detto tutto... Non attacca.

Gregor                           - Ah, sì? (Prende una sedia e si siede) Allora, avanti.

La signora Kruss           - Che cosa?

Gregor                           - Immagino che avrai preparato un lungo di­scorso da farmi in questa occasione. Ebbene, sentiamolo. « E' così che da vent'anni mi tradisci? E' così che da vent'anni mi inganni? Che mestiere sporco è il tuo, di essere l'eroe di tutti gli amori?... ». E' questo che mi vo­levi dire?

La signora Kruss           - Ma nemmeno per sogno. Io non avevo preparato che una sola parola. Ma non so se te la posso dire.

Gregor                           - Comunque, sentiamola.

La signora Kruss           - La parola era : porco. Ma adesso ho paura a dirla.

Gregor                           - Perché?

La signora Kruss           - Perché mi fai pena.

Gregor                           - Davvero?

La signora Khuss          - Sì. Hai i capelli grigi e non li vuoi vedere.

Gregor                           - Si vedono?

La signora Kruss           - Abbastanza. Qui alle tempia.

Gregor                           - Li lascio apposta. Ho lanciato il tipo del dongiovanni brizzolato. Me li tingo fin qui e qui... natura.

La signora Kruss           - Venti anni... Venti anni... Venti anni!... (Scoppia in singhiozzi gettandosi fra le braccia del marito).

Gregor                           - (intenerito) Teresa... Teresa... (Teresa è ora in ginocchio quasi ai suoi piedi con la testa sulle sue ginocchia ed egli l'accarezza teneramente) Teresa. Non piangere così, se non vuoi che io pianga e non posso perché ho il rimmel negli occhi: mi brucerebbe troppo. Hai ragione, hai ragione... Sono venti anni che nel mio cuore ti dò ragione. Venti anni che mi condanno e mi qualifico con aggettivi a paragone dei quali il tuo sem­plice, immediato, campestre, che hai detto poco fa, di­venta una carezza. Mi sono trovato a fare un mestiere strano. Ma non avevo la scelta. Il caso mi ha condotto davanti a questi riflettori. O questo, o la fame... per me e per voi... Uno strano mestiere, che a poco a poco prende... appassiona, come una continua buona azione, che pare ti debba redimere da tutti i peccati che ti fa fare. Ogni sera milioni e milioni di persone si siedono nei cinematografi per vedermi. Milioni di povere crea­ture che hanno una vita grigia, che non conoscono la felicità, che non hanno amore e che perciò vogliono so­gnare. Mi capisci? Io sono stato portato dal destino ad essere l'incarnazione di questi sogni, l'interprete delle loro vite impossibili. Per due ore, tre ore, nel buio delle sale di proiezione un mondo alza gli occhi sull'eroe di un altro mondo che pure avrebbe potuto essere. Per un attimo si appagano, dimenticano, si consolano. Non san­no, non debbono sapere che, a mia volta, io sono come loro e che anch'io ho da vivere la mia vita impossibile. Ho da realizzare il mio sogno. Ho la mia pena dì mondi perduti e di felicità guastate. Non debbono sapere che sotto la maschera affascinante di Ralf Gregor, si nasconde un'altra vita, che è tale e quale come la loro e che io pronuncio mille volte le parole «ti amo », come essi mille volte compiono durante la giornata il gesto del loro mestiere. Volete vedere le cravatte? Volete comperare una bicicletta? Due e tre cinque e tre otto... Pronto? Pronto. Biglietti, signori. Ecco il resto, signore... Ti amo, ti amo... L'importante, per me, come per loro, è salvare lo spirito, la personalità, i sogni, le aspirazioni, le spe­ranze anche nel logorio del lavoro quotidiano. Restare fedele a se stesso anche nella fatica, nel logoramento di tutti i giorni, tenersi saldi a quello che si voleva essere e non si è potuti essere. Io volevo essere un buon ma­rito. E contro tutto e contro tutti, contro uomini e donne, contro la generale persuasione, contro le volute appa­renze, io continuo a voler essere un buon marito. Non è la perfezione, siamo d'accordo, ma c'è più fede in questo che nell'essere un buon marito con la voglia matta di non esserlo più. Teresa... io ti ho sempre amata e ti amo anche oggi, con la freschezza dei primi anni, come se io non avessi i capelli ritinti e i tuoi non fossero bianchi...

Tilden------------------ - (entrando) Gregor... allora... (Vede la donna in quella posizione e resta interdetto).

Gregor                           - Lasciatemi finire questa prova. E' un'attrice che ha voluto farsi sentire... Andate via...

Tilden                            - Va bene, va bene...

La signora Kruss           - (si alza) Ho capito. Ho capito che a poco a poco noi siamo diventate per te, come per i ma­rinai che sono in alto mare, la terra! Si sa che c’è. Forse anche si raggiungerà... Ma intanto si naviga... ed è meglio non pensarci...

Gregor                           - Del resto. E' finita la navigazione.

La signora Kruss           - Perché?

Gregor                           - Perché so che tu sai. E' stata Joe, è vero?

La signora Kruss           - Sì.

Gregor                           - Rideremo tra poco, quando le diremo che le va all'aria un bel contratto. Perché questo film non si fa più.»

La signora Kruss           - Oramai che m'importa?

Gregor                           - A te, niente, lo so. Ma a me, tanto. Non credo più a me stesso. Capisci? Non credo più di essere un personaggio della fantasia. Io non sono un allegro don Giovanni libero dei suoi capricci. Io sono un uomo che ha moglie... Un uomo qualunque. Ora io so tutto di me... e tutto il mondo sa tutto...

La signora Kruss           - No, non lo sa nessuno... tranne Joe e Stein...

Gregor                           - Bagattelle! Joe, Steffi e io.

La signora Kruss           - Tu? Tu pensa alla bambina... Pensa a fare onore alla tua firma. A casa non ti voglio più. Capisco che diventeresti molto noioso, insopporta­bile... Nora potresti più recitare nulla, a casa...

Gregor                           - Hai ragione. Mi piaceva anche questo men­tire nella verità... Ma che brutto mestiere, non è vero?

La signora Kruss           - Oramai non c’è più niente da fare.

Collner                          - Insomma, vogliamo andare? Tilden... Joe... Si ricomincia...

Tilden                            - (entra quasi contemporaneamente a Joe dall’altra parte) Pronti.

Joe                                 - Pronti! Oh... signora Kruss... che piacere...

Collner                          - Ma chi è?

Gregor                           - Caro Collner, ho il piacere di presentarvi...

La signora Kruss           - Sono sua sorella... signore….

Joe                                 - Sua sorella?

Tilden                            - Molto piacere. Vostro fratello è un essere eccezionale. L'idolo di tutte le donne.

Gregor                           - Bravo. Le sceglie apposta... No, Joe, non fare quella faccia. Tra pochi minuti tu vorresti davvero che questa signora fosse mia sorella. Invece è mia moglie. (Stupore di tutti).

Collner                          - Moglie? Aveva moglie?

Gregor                           - E ho anche una bambina di vent'anni. Tra poco sarò nonno.

Collner                          - Perdio, tacete! Siete diventato matto? E son cose da dirsi?

Gregor                           - Sì, le dico, perché da questo momento, vera­mente, io ho finito di girare il film. So bene che non po­tete darlo ad altri... Per conseguenza è un affare andato male. Pazienza, caro Collner... Tanti altri vi sono andati bene... Vado a struccarmi. Teresa, vieni a vedere come si fa a cavarsi dal volto questa pasta rossa...

Collner                          - Ma questo non è possibile... Voi avete un contratto...

Gregor                           - Nel quale si prevede anche l'inadempienza...

Collner                          - Sì... Una penale ridicola... Io con voi non premevo la mano...

Gregor                           - Raddoppierò la penale. La triplicherò... se volete... Ma lasciatemi andare... (A poco a poco entrano in scena tutti: macchinisti, operatori, l'uomo del ciak, Steffi).

Collner                          - Gregor! E' la rovina!...

La signora Kruss           - Riccardino, sii buono...

Collner                          - Brava, signora... Come lo chiamate?... Ric­cardino... Ma non si deve sapere nemmeno questo...

Gregor                           - (a Teresa) Lo vedi? Non si deve saper nulla. Andiamo via...

Joe                                 - Ma è un'infamia! E il mio contratto?

Gregor                           - Collner, fatele un contratto...

Collner                          - Ma nemmeno per sogno... Io non farò più cinematografo... Io mi ritiro! Non ne posso più di questi pazzi...

Gregor                           - Calmatevi... Pensate che è stata lei a ridurmi alla ragione. Lei che mi ha inseguito, scoperto, svelato a me stesso e a mia moglie.

Collner                          - Grazie tante... Ve ne sarò grato per tutta la vita...

Joe                                 - Oh, che infamia, che infamia™ Ma che ne sa­pevo io?„.

Gregor                           - Donna... la tua curiosità ha fatto un guasto... Le tue lacrime non potranno ripararlo... Però puoi an­dare a piangere.

Joe                                 - (sta per dire qualche cosa, ma poi esce).

Steffi                             - Addio, Gregor... Sei proprio sicuro che non «i rivedremo più?

Collner                          - Ma adesso, adesso deve lavorare!... Deve!...

Gregor                           - Impossibile... La mia doppia vita è finita. Devo viverne una sola. Quale? Non so. Nessuna delle due di prima, questo è certo. La realtà. Chi sa che roba è? Vedremo... (Sta per andarsene, mentre Collner si è seduto con le mani in capo, disperatamente) Vedremo. E' un mistero... Addio, Collner... (Collner non gli risponde. Gregor allora gli va vicino) Sentite, Collner... fra due o tre anni... può darsi che... non so... Le parti di caratte­rista mi staranno bene... No? Reciterò le parti di marito di Steffi... e mia moglie potrà fare la calza, dietro un gobbo... Pensateci. Chi sa?... Dipende da questa vita che m'attende. Se non è troppo semplice anche per un uomo stanco di tutte le complicazioni... Vieni, Teresa... (Esce in fretta a braccetto della moglie).

FINE