La preda

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LA PREDA

Una scena

di NELLY HAVAS

Traduzione di Taulero Zulberti

PERSONAGGI

ALBERTO

VANDA

Commedia formattata da

Un'isola deserta. Tutt'intorno la vastità infinita dell'oceano; a sinistra un'alta roccia levigata che reca an­cora le umide tracce delle onde infuriate.

Alberto                          - (un uomo alto, robusto, dal vestito bagnato, a brandelli, s'avanza dallo sfondo: cammina pesante­mente, barcollando; d'un tratto si ferma) Quaranta ore... forse anche più... Non avrei mai creduto che, mancando ogni nozione del tempo, potesse nascere nell'uomo il desiderio d'un orologio, il desiderio di fra­zionare il tempo medesimo e quindi di affrettarne la corsa. Ah... ah... però ci rimane sempre il conforto delle idiote considerazioni filosofiche... Peccato che la mia voce non abbia alcuna eco... Già..(Pausa) Potrei per lo meno discorrere con me stesso... Oh, ecco una voce: lo stomaco o l'intestino che si fanno sentire... Sicuro, è meglio che l'eco delle mie parole subisca così grottesche deformazioni... anti digestive; altrimenti, davvero dovrei vergognarmi... Vergognarmi? (Pausa), Quaranta ore... forse anche più... Quaranta ore che non mangio e non bevo... (Mangiare e bere ancona una volta, e poi crepare in santa pace... (Muove verso la roccia; fatti alcuni passi s'arresta: scorge per terra il corpo d'una donna) Oh!... Dunque non erano le bu­della... Cosa vuol dire, talvolta, l'istinto umano... Ah... ah.,, (Si abbassa a osservare la donna) Bella!... Che sia morta? Sarebbe veramente un peccato... (Le si ingi­nocchia vicina e l'accarezza teneramente sul collo e sulle spalle scoperte; poi cerca di rianimarla con la re­spirazione artificiale) .... Svegliatevi, bella! Il principe è qui e attende con ansia un vostro sospiro... (Si china e osserva il volto della donna; fruga nelle tasche) Avessi almeno "uno specchio: potrei constatare se re­spira...

Vanda                           - (comincia a respirare; emette, poi, un lieve gri­do) Oh... Dio mio! Dove sono?... Gherardo! Dammi da bere!

Alberto                          - Siiamo nell'isola di Robinson, e io non sona Gherardo.

Vanda                           - (apre gli occhi spaventata e tenta di alzarsi, ma ricade pesantemente).

Alberto                          - Oh, non abbiate paura, signora! Credo che sia preferibile la mia compagnia alla solitudine; alla solitudine di questo posto maledetto! Vedete, signora: siamo in due, come Adamo ed Eva nel paradiso terre­stre; e come Adamo ed Eva dobbiamo aiutarci a vicen­da! (Le accarezza i capelli).

Vanda                           - (alza il capo, debolmente) Netti mi fate dei male! Ve ne supplico! Dov'è mio marito? Avete visto mio marito?... Ho sete...

Alberto                         - Ah... Vostro marito? Non credo che vi siano mariti su quest'isola. Anzi da questo punto di vista mi pare che si tratti di una isola ideale, questa... Credo che siamo proprio i due unici abitatori. Posso quasi garantirvelo: ho girato per delle ore, tutt'intorno, e non ho trovata anima viva. Assenza totale di mariti, insomma; quindi... Ma ciò che importa è la sete... Avrei tutte le migliori intenzioni di cal­mare codesta vostra sete, ma d'acqua non c'è che quella del mare... E' tramontato una volta e s'è alzato; due volte il sole: ho cercato da per tutto, inutilmente: nemmeno un frutto per ba­gnare le labbra arse... Poi... poi... già... poi,,, ho trovato voi che mi fate venire una sete an­cora più esasperante... (Diventa cupo e ner­voso).

Vanda                           - (si solleva spaventata) No, non par­late così... Aiutatemi piuttosto ad alzarmi, e an­diamo a cercare insieme...

Alberto                         - (l'aiuta ad alzarsi).

Vanda                           - (appoggiata al braccio di lui e cam­minando lentamente) Ma dove siamo? Dite­melo, per carità! Siamo proprio soli? Dio mio! Ma è possibile che mio marito... Oh, no! Fum­ino insieme fino all'ultimo momento... Ah, ora Rapisco... ora ricordo... Un'onda enorme ci se­parò... poi... poi... più nulla... (Scoppiando in singhiozzi) E' morto, è morto! (Si copre il viso e s'appoggia alla roccia).

Alberto                         - (la osserva con sentimento di pietà) Fatevi animo, signora! Bisogna vivere, biso­gna sperare... che è poi la stessa cosa... Non c'è tempo da perdere, questo sì, altrimenti mo­riamo anche noi di fame e di sete... Venite, ve­nite! Cerchiamo... chissà...

Vanda                           - (s'asciuga gli occhi e s'appoggia nuo­vamente a lui) No, no! Vorrei morire anch'io... Lasciatemi qui... lasciatemi morire so­la... (Fa un passo indietro, ma il suo atteggia­mento lascia intendere come facilmente essa possa essere dissuasa dal proposito manifestato).

Alberto                         - Su, andiamo! In due, ripeto, si sta meglio, almeno fino al momento in cui giun­gerà una nave...

Vanda                           - Una nave? Ma nel frattempo mori­remo di fame e di sete! Oh, come soffro! Ac­qua! Acqua!

Alberto                         - Coraggio! Non avete mai letto la storia di Robinson? (Al cenno affermativo di lei) Vedete dunque! Lui si trovava completamente solo, mentre io sono in compagnia d'una bella signora; e tuttavia seppe cavarsela otti­camente. Ragione per cui confido di fare altrettanto. A proposito: permetterete, vere, che qui non vi dia della « signora », che non mi comporti, cioè, come in un salotto... Tanto, con queste vesti, non è il casa di continuare la commedia...

Vanda                           - (istintivamente osserva il proprio ve­stito, lacero) Già... (Lievemente sorridendo) Non è davvero il caso... Siamo due poveri nau­fraghi... Non abbiamo; nemmeno il nonne... (Con lo sguardo fisso nel vuoto, meccanicamen­te) Ed ho tanta sete... tanta sete...

Alberto                         - (la guardia attentamente) Sete? Sapete la leggenda del primo bacio? Cioè, l'o­rigine vera del primo bacio? Quando Adamo ed Eva furono scacciati dal paradiso terrestre, va­garono lunghe ore nel deserto e finirono per do­ver soffrire le atroci torture della sete. Allora Eva, incapace di veder soffrire ulteriormente il compagno, gli offrì le pretorie labbra fresche e umide, e il primo uomo si dissetò in tal guisa sulle labbra della compagna. Il primo bacio nacque dunque in circostanze molto simili alle nostre, grazie alla genialità della donna inna­morata... E' vero che scino passati parecchi se­coli e che nel frattempo la donna s'è evoluta, però... Già, ma qui... Oh, non potreste inven­tare anche voi qualche rimedio del genere? Ve­ro che l'amore non c'entra, però...

Vanda                           - (indietreggia d'un passo, preoccupata).

Alberto                         - Oh, non spaventatevi per così poco. Nulla accadrà che non sia disposto libe­ramente dalla vostra volontà... Ma se mal non mi appongo, non mi avete ancora risposto: de­siderate che vi dica « signora », oppure mi di­rete il vostro nome?

Vanda                           - Mi chiamo Vanda. Il cognome non conta. Sono maritata... Cioè... Dio indo! Forse... Ma no... ma no... Non è possibile, santo cielo! (Guarda verso il mare, con gli occhi velati di lagrime) Mi avete vista a bordo, in compagnia di mio marito?

Alberto                         - Per la verità, non posso affermar­lo. Eravate nella prima classe?

Vanda                           - No, in quella di lusso.

Alberto                         - la, invece, ero nella prima clas­se. Però alla sera ci trovavamo sicuramente in­sieme nella sala da ballo...

Vanda                           - Nella sala da ballo... (Quasi pian­gendo) Oh, vi prego... Non voglio, non posso ricordare... Dio mio, ho sete... tanta sete... A quest'era, a bordo, ci portavano il tè e le bibite al ghiaccio, mentre qui..

Alberto                         - Su, andiamo!  Non pensate al ghiaccio. Mi accontenterei d'un cucchiaio d'acqua sporca. (Osserva attentamente il suolo) Oli! La terra qui mi pare umida... Andiamo... chissà... forse dall'altra parte, più in là, può darsi che vi sia una pozzanghera; il rimasuglio dell'acqua piovana dell'altra notte...

Vanda                           - Eh?! Acqua di pozzanghera? Ma aera temete che ci prenderemo qualche malat­tia: la febbre, la malaria, che so io?

Alberto                         - (sempre osservando il terreno si al­lontana e scompare dietro la roccia; subito ap­presso si sente la sua voce) Eureka! Venite, venite! Ho trovato...

Vanda                           - (tenta di raggiungerla, ma, sfinita dal­la debolezza, si accascia) Non posso... non posso...

Alberto                         - (di dietro alla roccia) Venite, vi dico! Ho bevuto... Acqua! Acqua!

Vanda                           - (debolmente) Non posso muover­mi... forse sono ferita alla gamba...

Alberto                         - (apparendo) Un memento!... (Scompare e ritorna subito dopo, portando nel cavo della mano dell'acqua; si avvicina a Vanda offrendo).

Vanda                           - (sorseggiando avidamente) Ancora!  Ancora!

Alberto                         - (scompare nuovamente e, siccome, non può portare che poca acqua, la scena si ri­pete tre o quattro volte; poi egli le bagna la gamba lievemente ferita).

Vanda                           - (con malcelata gratitudine, quasi con impeto) Grafie! Grazie!

Alberto                         - Come soffro vedendovi soffrine! Rimanete pure qui, tranquilla: vado io a cercare qualche cosa da mangiare. Intanto la sete è calmata, vero?

Vanda                           - (piano) Sì.

Alberto                         - (guardandola con improvviso desi­derio) La mia no, invece! Vanda, ricordate che cosa fece Eva al vostro posto?

Vanda                           - (timidamente, con sforzato sorriso) Ma voi non siete il mio Adamo!

Alberto                         - Come no? In quest'isola io? sono l'unico uomo, l'unico uomo accanto all'unica donna... Penso perfino che, questa, sia un'ope­ra della Provvidenza... non sa...

Vanda                           - Già., ma il mondo non è tutto qui, non è... E sento (con calore) che su qualche al­tro lembo di terra egli vive ancora, il mio Ada­mo... e che mi chiama... e mi attende... Dio mici, non toglietemi ogni speranza! No, non è possibile che sia morto... no... no...

Alberto                         - Eppure dovreste rassegnarvi! La nave è affondata, ciò è indubitabile; qui nonv'è anima viva all'infuori di noi, voglio dire che siamo gli unici superstiti...

Vanda                           - No, no! New è possibile. Sento che egli vive... che un giorno ci rivedremo...

Alberto                         - Vana illusione! Egli è morto, e quindi è meglio che vi rassegniate subito a que­sto pensiero... Per un miracolo ci siamo salvati noi due; altri miracoli non sono possibili!

Vanda                           - Ma appunto perché i miracoli pos­sono avvenire, credo ancora, credo ferma­mente...

Alberto                         - Fate pure... Ma... intanto... già... intanto è inumano che voi non vogliate calmare la mia sete che è più ardente della vostra, che nessuna acqua è in grado di spegnere...

Vanda                           - (abbassando il capo) Non parlatemi in tal modo! Non abusate di questa tremenda situazione!

Alberto                         - (le si avvicina e le solleva il capo, fissandola) Vanda! Bella creatura! Forse tra poche ore saremo morti di fame, morti misera­mente,.. Mettiamo almeno divinamente, l'uno nelle braccia dell'altra. (Fa per stringerla a sé, ma Vanda si difende energicamente) Ebbene, come volete!... Vado a cercare qualche cosa... Attendetemi qui... (Si allontana).

Vanda                           - (si copre il viso con le mani e sin­ghiozza disperatamente).

Alberto                         - (dopo qualche tempo, torna portan­do un ramo verde carico di frutta) Ecco, qualche cosa ho trovato. Mangiate e poi ripo­serete; e bando ai pensieri: essi sono ormai un fardello ingombrante. Oh, me ne scordavo: di sete orinai non si potrà morire: ho scoperto una specie di laghetto...

Vanda                           - Che bella frutta! (Ne mangia avi­damente) Oh, ma voi?

Alberto                         - Ho già mangiato. Ciò che ho por­tato è tutto per, voi... (Mentre essa mangia, la guarda furtivamente).

Vanda                           - (accorgendosene, bada di mangiare con la maggior lentezza possibile, intuendo che, ultimato il pasto,, l'uomo tornerà alla carica) E voi non volete farmi un po' di compagnia? Almeno un' chicco!

Alberto                         - Grazie, no! Ma perché mi guar­date con tanta diffidenza? O, meglio, perché mi guardate come un essere... non so... Sono dun­que un uomo che non può piacere neanche quando è l'unico di questo inondo?

Vanda                           - (a capo chino) Non è questione di piacere... Ma capirete... comprenderete il mio stato d'animo... In questa mia angoscia io non so, non posso.;. Santo cielo, ma come fate a pensare a queste cose, nella tremenda situa­zione in cui ci troviamo? Vi comprenderei in .un altro luogo...

Alberto                         - In un altro luogo?... In un'altra situazione?... Allora, molto probabilmente urti mi verrebbe nemmeno in mente di avvicinarvi, o semplicemente di alzare gli occhi su di voi...

Vanda                           - (sussulta, offesa nel suo orgoglio didonna) Ah, sì? Capisco: perché qui non c'èdi meglio, dunque... O volete dire che se al mio posto si trovasse un'altra donna, fareste egual­mente ?

Alberto                         - (rude) Si, proprio così! (Come uno che si sia levato un peso dallo stomaco) Proprio così; via questa maschera, una buona volta! Proprio così, come mi vedete, bella si­gnora! Ecco perché, come voi dite, nonostante la tremenda situazione, sono stato indotto a pensare a queste cose. Sapeste, però, quante volte me ne venne il desiderio di pensarle nei famosi vostri salotti, egregie signore, creati ap­positamente per celebrarvi le orge della men­zogna più stupida. Discorsi, arte, musica, filo­sofia... Ah... ah... E atmosfera erotica in tutto e da per tutto.. Quante volte, nel congedarmi da qualche signora, baciandole la mano, avrei voluto dirle: «Su, spogliatevi, presto! Non facciamo tante commedie! Tanto, fra due o tre settimane finirete tra le mie braccia... ».

Vanda                           - (ascolta con stupefazione, ma anche con vivo interesse).

Alberto                         - (con crescente amarezza) Ma qui, finalmente, sotto il vasto Orizzonte, al cospetto del mare infinito, qui almeno non voglio reci­tare commedie, non voglio dire delle menzo­gne. Con gli abiti civili è caduta anche l'abitu­dine civile più vasta, vorrei dire essenziale: la menzogna. Precisamente.

Vanda                           - (vagamente) Quale menzogna?

Alberto                         - Non l'ho già detto? Letteratura,arte, filosofia; mentre gli occhi diventano lan­guidi, i vostri, signore belle, le nostre lab­bra ripetono per l'ennesima volta le solite in­sulsaggini. Proprio così: mentre vi esprimiamo le nostre proprio nostre? idee su Rostand o su Shaw, i nostri occhi, riflettendosi nel languore dei vostri, vi spogliano e dicono: « Avete un bel seno, signora; che ci importa della musica di Rossini o dei romanzi di Dostojevsky? E avete due gambe perfette, più belle dell'imperativo categorico di Kant... ». H bello si è che voi intendete perfettamente le in­tenzioni delle nostre pupille, ed è per questo che ascoltate le nostre parole, quasi che il no­stro fiato sprecato riesca a soddisfare i primi desideri che presto o tardi saranno brutalmen­te soddisfatti...

Vanda                           - Oh, ma siete in errore...

Alberto                         - (brutale) Voi piuttosto continua­te a mentire, questo sì... Su, uno sforzo non certo eccessivo: toglietevi la maschera! Ripeto, fra alcune ore o fra un paio di giorni, non ve­dremo più questa mare sterminato... Togliete­vi la maschera, e cercate di darmi ragione. Una domanda: credete voi che se i nostri occhi non avessero la specifica funzione di cui v'ho par­lato, durante le inutili chiacchiere uscite dalle nostre labbra, passivo strumento per ben preci­sati scopi, se cioè i nostri occhi dicessero chia­ramente, notti so, ad esempio: «Non mi pia­cete affatto, preferisco quella vostra amica bionda », voi, signore, avreste la pazienza di ascoltare quelle chiacchiere? Il meno che fare­ste, sarebbe di andarvene via, borbottando: « Uffa, che uomo noioso! ».

Vanda                           - Be', ma come si dovrebbe fare, se­condo voi?

Alberto                         - Semplicissimo: come il pensiero detta. Afferrarvi per le braccia - come posso e voglio far qui - e dirvi: « Mi piaci e sarai mia! ». (Pausa) O volete davvero che reciti an­che qui la solita commedia? Ma no, cara... Ri­peto: se al vostro posto fosse un'altra donna, farei altrettanto. E aggiungo che sono veramen­te felice di essermi potuto sfogare una buona volta... Posso dirvi, ora, che dopo l'aria, il so­le, l'acqua... siete per noi, quindi anche per me, una necessità fisica... Anzi, per essere esat­to, una necessità fisica secondaria. Prendete ad esempio i soldati: dopo la battaglia, in primo luogo mangiano e bevono, pei vengono le donne...

Vanda                           - (colpita ma sempre più avvinta della.brutalità dell'uomo) Ah, sì? Ma non lutti la pensano come voi...

Alberto                         - Tutti, credetelo... Solamente non possiamo dirlo... Ma ora, se mi sarà dato di ri­farmi, come si suol dire, una esistenza, me ne guarderò bene dal riandare sul sentiero della menzogna... Vorrò, anzitutto, concedermi quan­to possa comunque rendermi più lieto, più se­reno, più felice...

Vanda                           - (sospirando) Le sofferenze, forse l’emozione recente, vi hanno fatto diventar cat­tivo, esasperato...

Alberto                         - Che? Volete dire che ora mi dol­go, dinanzi allo spettro della morte, di non aver goduto abbastanza, per colpa delle men­zogne convenzionali? Ma no, ma no... Cattivo? Non credo, che il crederlo sarebbe pure una menzogna. Sono diventato un uomo. Semplice­mente. Un uomo primitivo, se volete; barbaro, se così vi garba; ma un uomo libero, e, ciò che importa, in possesso, in pieno possesso della sua dignità originaria...

Vanda                           - No, è impossibile... Io... sì... io mi sento come prima... forse anche...

Alberto                         - Ne sono dolente. Dolente per voi: dolente perché gran fortuna io considero que­sta di vivere finalmente, sia pure per poco tem­po, allo stato primitivo, vicini al cielo e alla terra, purificati quasi dal battesimo dell'oceano infuriato. Rotti i vincoli artificiosi delle leggi umane, dominati invece dalla perfetta legge della Natura... Alimonia infinita...

Vanda                           - Veramente... ecco... (Con impeto) Ma come dovrei essere? Che cosa dovrei sen­tire?

Alberto                         - (le va vicino e la stringe alle brac­cia) Quello che sono io, e sentire ciò che sento: la voce della Natura, la voce imperiosa travolgente...

Vanda                           - (arrossendo) Ma... ma' noi non ci conosciamo affatto...

Alberto                         - (inchinandosi, con un sorriso ironi­co) Signora, permettete che imi presenti? Al­berto Merey, ingegnere delle miniere di Petrozseny... Ora mi conoscete; va bene così? (Fruga nelle tasche) Mi dispiace... il biglietto di visita m'è caduto tra le onde...

Vanda                           - Non volevo alludere al vostro nome. Volevo dire... Sì, insomma, sono appena tre ore che ci conosciamo...

Alberto                         - Ah, sì? Davvero? Dunque l'eter­na questione delle ore... Insomma, dopo due o tre giorni, quando vi avrò detto per la millesi­ma volta che vi desidero ardentemente, che dovete essere mia, dopo due o tre giorni, o dopo una settimana, mi conoscerete meglio? Di gra­zia; che cos'è codesta mania di «conoscere », quando da parte nostra facciamo tutto il possi­bile per rivelarci il meno possibile? E per l'ap­punto codesta mania che ci costringe a recitare continuamente; e voi lo sapete e ve necompia­cete. Sottile degenerazione erotica che talofea assume sfumature leggermente grottesche... Be', per concludere, nel caso nostro: quando mi avrete conosciuto, che avverrà?

Vanda                           - (timida) Frattanto... sì... dico... frattanto potrà giungere una nave o che so io...

Alberto                         - (ridendo) Ho capito: attesa stra­tegica. Volete guadagnar tempo, il che è molto saggio. Permettete una osservazione o, meglio, una affermazione categorica: se voi mi dite chiaramente che non vi piaccio, che vi sono ripugnante, ve la giuro, non insisterò un momen­to di più... Ebbene?

Vanda                           - (non risponde).

Alberto                         - Rispondete!

Vanda                           - Che volete che vi dica?

Alberto                         - Quello che sentite!

Vanda                           - Non sento nulla verso di voi... Ho soltanto paura...

Alberto                         - (crudele) Avete paura! Ma no, ma no... Non credetelo. Piuttosto rispondete a quanto vi ho chiesto... Ditemi: vi faccio ribrez­zo? Vi sono odioso? Ma guardatemi bene negli occhi, elude io possa leggere nei vostri...

Vanda                           - (molto piano, volgendo gli occhi al­trove) Sì, mi siete ripugnante!

Alberto                         - Non mi avete guardato negli oc­chi, quindi non avete detto la verità.

Vanda                           - (scoppia in pianto) No! No! Ma perché mi tormentate così? Cosa vedete da me?

Alberto                         - (l'attira a se) Vedi, povera cara... povera scioccherei la... Non ti faccio del male io. Ma perché non vuoi confessare la verità perché non vuoi essere superiore, neppure qui, alle stupide convenzionali abitudini? (La strin­ge tre le braccia e la bacia appassionatamente).

Vanda                           - (strilla forte) No! No! Lasciatemi!

Alberto                         - Non strillare: possono sentire!

Vanda                           - (s'arresta e istintivamente si guarda d'attorno).

Alberto                         - (ridendo) Vedi, sciocchina? Ho detto per scherzo: «possono sentirci». L'ho detto per farti constatare fino a qual punto l'a­bitudine sia in noi inveterata. Abitudine, an­che codesto tuo strillare... Vieni dunque, che qui non ti vede nessuno... (L'abbraccia).

Vanda                           - (vergognandosi) Siete più forte... non posso difendermi... sono inerme...

Alberto                         - Non hai bisogno di essere difesa, «ara! Da te neh voglio altro, se non quello che tu possa volere, Vanda!

Vanda                           - (tentando di ribellarsi) Ma no, io non voglio nulla, io... Lasciatemi! Perché? Perché? Se fosse qui un'altra donna fareste lo stesso...

Alberto                         - Ah, sì? E' questo dunque che vi turba e vi addolora? Dunque se vi avessi rac­contato che nessun'altra donna al mondo avreb­be potuto farmi perdere la testa ali'infuori di voi, allora sareste subito caduta tra le mie braccia, beata e felice ? Ripeto: avrei fatto egual­mente con un'altra donna, come voi avreste fatto egualmente con un altro uomo...

Vanda                           - Come siete brutale!

Alberto                         - Dunque volete a tutti i costi che reciti la commedia?

Vanda                           - No, vorrei solamente essere lasciata in pace o, per lo meno, che aveste maggior compassione di me... Ma non pensate che forse ho perduto miei marito...

Alberto                         - Certo, vi compatisco, cara; ma la compassione non potrà mai essere tanto forte quanto quell'altra voce, quell'altro sentimento. Lasciate che vi dica anche questo: la compas­sione è pure una cosa inventata dagli uomini... Guardate, invece, le bestie...

Vanda                           - Ma siete proprio senza cuore?

Alberto                         - Forse ne avete voi meno di me...

Vanda -                         - Ma voi non avete bisogno di com­passione; prova ne sia che potete pensare alla donna, nel modo come pensate, e vedete in me solamente la femmina, non l'essere debole, di­sperato, sfinito, senza appoggio...

Alberto                         - Oh, su questo potete contare, e fin da principio ve l'ho detto sinceramente, e credo anche di avervelo dimostrato... Quanto al resto...

Vanda                           - Ma è possibile che non abbiate un pensiero migliore? Non avete dunque la mam­ma, delle sorelle, una sposa o una fidanzata? Non potete immaginarle nella mia situazione?

Alberto                         - (cupo) Madre? Moglie? Fidanza­ta? Che c'entrano? Non le ho, ma quando an­che le avessi, Vanda, ti vorrei egualmente... Date troppo peso voi, specie in certi momenti, a certi vocaboli: madre, moglie, fidanzata, sorelle... Ma loro non sono pure delle donne co­me te, Vanda? Donne desiderate da altri uomi­ni, come me... che poi sono fratelli, figli, ma­riti... come più ti garba di chiamarli. Che c'en­tra questo con la voce della natura?

Vanda                           - Ma questa è la negazione totale di ogni cosa!

Alberto                         - Negazione? L'opposto, invece: affermazione, affermazione di una cosa grande, di una legge suprema su cui poggia l'armonia di questo mondo... Se tu avessi un fratello e lo sapessi nella mia situazione, lo condanneresti tu, se si comportasse come me, e certamente si comporterebbe così?

Vanda                           - (fiera) Ho un fratello, ma lui cer­tamente non si comporterebbe così...

Alberto                         - Ne sei proprio certa? E se tuo marito si trovasse in un'isola deserta in compa­gnia di un'altra donna, un'unica donna, credi tu che non farebbe colme me?

Vanda                           - (coprendosi il viso) Non lo so... Per pietà, non tormentatemi così!

Alberto                         - (abbracciandola) Vedi, voglio con­vincerti, povera cara, che non vi è nulla di male, nulla che sia condannabile di fronte alla natura; vedi, devi convincerti che tutti al no­stro posto farebbero quanto noi... quanto fan­no due uccellini posti in una gabbia... quanto noi facciamo... noi che siamo da meno degli uc­cellini, perché perdiamo il     tempo in inutili discussioni e in vane schermaglie... Vanda! (La bacia perdutamente).

Vanda                           - (difendendosi debolmente, in quello abbandono che precede la resa a discrezione) No, ma no...

Alberto                         - (prendendole la testa fra le mani e fissandola negli occhi) Be', ora dimmi che ti sono odioso, e immediatamente mi allonta­nerò!

Vanda                           - (abbassa la testa, poi con voce debole tremante) No, rimanete... Cosa farei qui so­la senza di voi? Avrei tanta paura...

Alberto                         - (l'abbraccia con impeto).

                                       

FINE