Quel treno da Milano

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Quel treno da Milano

atto unico di

Paolo Cappelloni

Personaggi

Il vecchio

La ragazza

La madre della ragazza

1° viaggiatore (non parla)

2° viaggiatore (non parla)

3° viaggiatore (non parla)

4° viaggiatore (non parla)

5° viaggiatore (non parla)

6° viaggiatore (non parla)

Voce dell’annunciatrice dei treni

La scena si svolge su una panchina della stazione ferroviaria di Pesaro.

I personaggi e le situazioni di questa storia sono puro frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento e similitudine a circostanze, persone, luoghi o fatti realmente accaduti o esistenti sono riconducibili unicamente all’immaginazione dell’autore.

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All’aprirsi del sipario il vecchio è seduto su una panchina della stazione, sta sfogliando un giornale; poco dopo si sente un annuncio:

Annunciatrice -    “Il treno 9830 delle ore 18.15 proveniente da Roma Termini e diretto a Bologna è in arrivo al binario tre”.

Il vecchio si sporge lievemente guardando verso sinistra finché non si sente il rumore del treno che arriva e si ferma. Un primo viaggiatore gli passa davanti proveniente da sinistra, un secondo viaggiatore, appena sceso dal treno, gli passa davanti proveniente da destra; il vecchio segue con lo sguardo prima l’uno poi l’altro. Dopo alcuni secondi un terzo viaggiatore proveniente da sinistra, con una grossa valigia, gli passa davanti correndo.

Il vecchio -          (Tra sé) Ecco quello che arriva sempre all’ultimo momento. (Si sporge per seguirlo con lo sguardo) Toh, è riuscito a prenderlo per un pelo!

Si sente il rumore del treno che riparte e si allontana. Il vecchio torna a leggere il giornale. Poco dopo entra la ragazza, si avvicina alla panchinae si rivolge al vecchio.

La ragazza -         Mi scusi, posso…?

Il vecchio -          (Distoglie gli occhi dal giornale e la guarda) Certamente. (Torna a leggere il giornale ma con meno convinzione, mentre la ragazza, serena e impassibile, guarda davanti a sé. Poco dopo il vecchio si rivolge alla ragazza) Si parte?

La ragazza -         Come?

Il vecchio -          Dicevo: è di partenza?

La ragazza -         Ah, no, no.

Il vecchio -          Nemmeno io. (Si rimette a leggere ma di nuovo distrattamente mentre la ragazza manda un sms col cellulare. Appena vede che ha finito riprende) Allora sta aspettando qualcuno.

La ragazza -         Sì sì.

Il vecchio -          (Chiude il giornale) Io invece no, non aspetto nessuno.

La ragazza -         (Si volta verso di lui) Allora è lei che deve partire.

Il vecchio -          No, non devo nemmeno partire.

La ragazza -         Ok.

Il vecchio -          Lei magari si sta chiedendo cosa ci sto a fare qui in stazione.

La ragazza -         Mah…

Il vecchio -          Niente, passo il tempo.

La ragazza -         (Lo guarda) Alla stazione?

Il vecchio -          Sì.

La ragazza -         Capisco.

Il vecchio -          (Con un sorriso) No, mi scusi ma non credo che lei capisca.

La ragazza -         (Torna a guardarlo) Perché non dovrei capire?

Il vecchio -          Eh, perché lei è una è giovane e sicuramente sa dove andare e cosa fare in ogni momento della giornata; avrà un sacco di impegni! Il lavoro, le amicizie… Molti vecchi come me, invece, si ritrovano spesso a trascinarsi dalla mattina alla sera in cerca di rompere le p… (Si corregge sorridendo) di attaccare bottone, insomma, con qualcuno!

La ragazza -         Capisco.

Il vecchio -          Mi capisce…?

La ragazza -         Certo!

Il vecchio -          Meno male!

La ragazza -         (La ragazza prende il cellulare e risponde ad un sms)

Il vecchio -          (Appena la ragazza ha finito, riprende) Lei adesso si chiederà: ma di solito i vecchi non s’incontrano per giocare a bocce o a carte in un bar, oppure si ritrovano in piazza? Si sta domandando questo, no?

La ragazza -         Beh sì.

Il vecchio -          Già. Ma l’ho fatto anch’io, cosa crede? Andare al bar e cose del genere. Solo che dopo un po’ mi sono rotto.

La ragazza -         (Guarda l’orologio) Perché?

Il vecchio -          Eh, primo: perché fare quei giochi a me non è mai piaciuto, secondo: se vai in piazza, dopo un po’ vedi sempre le stesse facce e senti sempre gli stessi discorsi: il tempo, il governo, il calcio, gli acciacchi… insomma, signorina, tutta roba che mi mette addosso un avvilimento…!

La ragazza -         E qui in stazione non si avvilisce?

Il vecchio -          Mah, molto meno; forse perché sono abituato a star solo… poi qui c’è un po’ di movimento! Vedi quasi sempre facce nuove, soprattutto d’estate con i turisti che arrivano qui col treno… insomma mi distraggo di più.

La ragazza -         Capisco. (Guarda l’orologio)

Il vecchio -          Che treno sta aspettando?

La ragazza -         Quello delle sette da Milano.

Il vecchio -          Ah, si; precisamente quello delle diciannove e sei. Arriverà qui al binario 3.

La ragazza -         Sì sì.

Il vecchio -          Perché sa, a forza di venire qui, ormai ho imparato a memoria tutt gli orari dei treni, e di qualcuno anche tutte le fermate che fa!

La ragazza -         Me lo immagino.

Il vecchio -          Ad ogni modo lei è arrivata un po’ in anticipo.

La ragazza -         Sì, è vero. Non mi sono regolata col tempo.

Il vecchio -          Eh, il tempo è una brutta bestia! Non mi sono mai regolato nemmeno io, col tempo: (Quasi tra sé) pensavo che andasse più piano invece mi sono girato un attimo e mi sono ritrovato a settant’anni!

La ragazza -         Settant’anni?? La facevo meno…

Il vecchio -          … vecchio?

La ragazza -         Sì.

Il vecchio -          Grazie. (Le sorride) Guardi che “vecchio” non è una parolaccia!

La ragazza -         (Sorride a sua volta) Speriamo che il treno non abbia ritardo.

Il vecchio -          Ah, non lo dica due volte!

La ragazza -         Perché, capita spesso?

Il vecchio -          Normalmente ‘una volta sì e una volta no… Però poi si scusano tanto per il disagio!

La ragazza -         Ah bè’…!

Il vecchio -          (Pausa) Lei è proprio di qui?

La ragazza -         Sì, sono nata e cresciuta qui, sa… proprio dietro al Comune.

Il vecchio -          Ah, anche io ho frequentato quella zona, per un po’ di tempo, ma sono nato qua di fianco al teatro… anche se non ho mai avuto occasione di frequentarlo perché a 15 anni son dovuto andare a lavorare in fabbrica. Ero tornitore. Sa, lei, chi è un tornitore?

La ragazza -         No, a dir la verità. (Guarda l’orologio)

Il vecchio -          Eh eh, il tornitore fa un lavoro di alta precisione! Adesso le spiego: quando mi davano il disegno del pezzo meccanico che dovevo fare (Accompagna la spiegazione coi gesti delle mani) lo mettevo nel tornio e lo facevo girare per togliergli tutto il materiale in più finché non veniva fuori proprio quel pezzo, come da disegno.

La ragazza -         Cavolo! Quasi un lavoro da scultore.

Il vecchio -          Brava! Come uno scultore.

La ragazza -         Bello.

Il vecchio -          Eh sì. (Pausa) Lei invece cosa fa?

La ragazza -         Io sono parrucchiera e ho una bottega qui in centro.

Il vecchio -          Ah, una parrucchiera!

La ragazza -         Sì, e ho una buona clientela.

Il vecchio -          Ha fatto proprio bene, signorina. Quando uno ha imparato un mestiere e lo sa fare bene può star tranquillo dovunque vada! Anche io… quando ho dovuto lasciare il mio lavoro non ho avuto grossi problemi a trovarne un altro da un’altra parte, proprio perché conoscevo bene il mio mestiere!

La ragazza -         Ma perché ha dovuto lasciare il lavoro in quella fabbrica? Se posso…

Il vecchio -          (Leggermente evasivo) È una storia troppo lunga, non farei in tempo a raccontargliela; fra un po’ arriverà… la persona che sta aspettando. (Pausa) È il suo fidanzato…?

La ragazza -         No, no, mia madre. È andata a Milano a trovare sua sorella… mia zia, che sta là da parecchi anni.

Il vecchio -          Capisco.

Annunciatrice -    “Il treno intercity 613 delle ore 18.34 per Ancona è in partenza dal binario uno. Ferma a Fano, Marotta-Mondolfo, Senigallia, Marzocca, Montemarciano, Falconara Marittima, Ancona Torrette”.

Tutte le fermate vengono dette contemporaneamente anche dal vecchio.

La ragazza -         Le sa tutte, eh?

Il vecchio -          Gliel’avevo detto!

Si sente il rumore del treno che parte e si allontana

La ragazza -         (Si alza) Manca ancora mezz’ora, mi sa che vado via e torno fra un po’.

Il vecchio -          Ma le conviene allontanarsi solo per mezz’ora? È facile che arriva fino in piazza, lì incontra qualcuno, un’amica, si mette a parlare con lei e alla fine non si accorge d’aver fatto tardi. E sua madre? Se non la vede quando scende dal treno si può impensierire!

La ragazza -         (Si risiede) Forse ha ragione, ormai sono qui...

Il vecchio -          Eh, ormai è qui…! (Le porge la mano) Ad ogni modo io mi chiamo Roberto.

La ragazza -         Anna, piacere.

Il vecchio -          (Pausa, quindi indica davanti a sé) Da qui si intravede la chiesa dei frati Cappuccini, c’è mai stata?

La ragazza -         Sì, a volte, in occasione di qualche matrimonio.

Il vecchio -          Io ultimamente ci vado, ogni tanto. Mica per niente, è che stare lì, soprattutto nell’orto che c’è dietro al convento, mi dà una sensazione di pace, di tranquillità. A volte vedo un frate chino che pare che preghi e invece sta raccogliendo dei pomodori, qualche cetriolo… ma anche quella è una maniera di pregare, e mi metto a pregare insieme a lui!

La ragazza -         (Con bonaria ironia)… E pregando si rimedia qualcosa!

Il vecchio -          (Sorridendo) Pregando si rimedia sempre qualcosa, se non altro un pizzico di serenità.

La ragazza -         Perché le persone d’una certa età dicono sempre che hanno bisogno di serenità e di tranquillità?

Il vecchio -          Perché da vecchi si torna ad essere un po’ come i bambini: anche loro hanno bisogno di tranquillità se no si spaventano e si adombrano, no? Per noi è la stessa cosa: a noi la confusione fa… confusione. Abbiamo già il cervello pieno di ricordi, mettici anche il casino da fuori…! Siamo a posto!

La ragazza -         Lei è sposato?

Il vecchio -          No, non mi sono mai sposato, perché?

La ragazza -         Così, per sapere.

Il vecchio -          E lei? È fidanzata… sposata?

La ragazza -         No, non sono più fidanzata da qualche mese.

Il vecchio -          Mi dispiace.

La ragazza -         A me no, perché era uno…

Il vecchio -          … stronzo?

La ragazza -         Bravo!

Il vecchio -          Eh, capita. Ma è stato sempre così, cara signorina; magari una volta qualcuno si comportava in modo adeguato perché aveva paura del giudizio della gente; adesso invece alla gente non frega più niente di quello che uno fa o non fa, perciò si può immaginare… Vede: una volta se un bambino combinava una marachella fuori casa e lo vedeva un grande, questo lo rimproverava subito e magari gli arrivava anche un bello scappellotto e poi gli diceva: ‘appena lo vedo lo dirò a tuo padre!’ E quel bambino se la faceva sotto immaginando solo quello che gli avrebbe fatto suo padre! Perché una volta c’era solidarietà anche nell’educazione! Adesso non è più così: se un grande si permette di fare una cosa così a un bambino, questo corre subito dal padre a… denunciare l’aggressore! E viene fuori una gran cagnara fra i due… grandi!... (Imita l’immaginario padre) ‘Come ti sei permesso di alzare le mani su mio figlio? Io ti denuncio!”… Ha capito?

La ragazza -         Sì.

Il vecchio -          Va be’, io sto facendo dei discorsi da vecchio e lei non vede l’ora che arrivi il treno.

La ragazza -         Sì, in effetti non vedo l’ora che arrivi il treno ma non perché lei mi sta annoiando.

Il vecchio -          La ringrazio.

Annunciatrice -    Annuncio ritardo: il treno delle 19.06 proveniente da Milano centrale e diretto a Pescara arriverà con… 30 minuti di ritardo. Ci scusiamo per il disagio.

Il vecchio -          (All’unisono con l’annunciatrice) Ci scusiamo per il disagio. (Rivolto alla ragazza) Cosa le avevo detto? Una volta sì e una volta no.

La ragazza -         E adesso?

Il vecchio -          Dovrà aspettare un’altra mezz’ora.

La ragazza -         (Si alza, innervosita) Ma cavolo! Non è possibile!

Il vecchio -          Dove va? Ormai ha fatto trenta, faccia trentuno!

La ragazza -         (Si risiede con un po’ di riluttanza ed estrae il cellulare) Mando un SMS a mia madre per dirle che c’è un ritardo di mezz’ora. (Esegue) Ecco fatto. (Al vecchio) Però adesso mi deve dire perché aveva lasciato il lavoro in fabbrica.

Il vecchio -          Oh, ma lei è una ragazza che non lascia perdere niente, eh?

La ragazza -         È che non mi piacciono le cose lasciate a metà.

Il vecchio -          Brava. (Inizia a ricordare) Allora: era da poco passato il casino del sessantotto… Ha presente il sessantotto?

La ragazza -         Sì, me ne ha parlato spesso mia madre.

Il vecchio -          Ecco, ma gli anni che seguirono avevano continuato ad essere parecchio caldi. Anni di trasformazioni sociali, di lotte di classe, di omicidi, di stragi; non per niente furono chiamati “anni di piombo”. E noi ragazzi, col nostro entusiasmo, con le nostre utopie ma anche con tanta incoscienza e ingenuità, volevamo cambiare tutto e subito.

La ragazza -         Insomma si voleva la rivoluzione.

Il vecchio -          Sì, ma succedeva che la maggior parte di noi di giorno voleva fare la rivoluzione e la sera, poi, restava in casa a vedere Mike Bongiorno in televisione. E fra le due cose alla fine hanno chiaramente scelto…

La ragazza -         … Mike Bongiorno.

Il vecchio -          … e la televisione! O almeno un certo tipo di televisione. È questa la fregatura che ci hanno dato e che continuano a darci!

La ragazza -         Però quello fu anche il periodo dei “figli dei fiori”… di “pace e amore”…

Il vecchio -          (Con un sorriso ironico)… e fantasia! Sì, è vero: c’erano sia ragazzi che volevano mettere i fiori nei cannoni sia quelli che si erano già rotti e preferivano prendere in mano i bastoni.

La ragazza -         E lei che tipo di ragazzo era?

Il vecchio -          (Guarda la ragazza sorridendole) Ah, siamo anche parecchio indagatori, eh?… Signorina ficcanaso.

La ragazza -         C’è un motivo per cui glielo chiedo, poi glielo dirò.

Il vecchio -          D’accordo, allora, io ero uno dei ragazzi della seconda “parrocchia”: quelli col bastone, va bene?

La ragazza -         E questo cosa c’entra col suo lavoro in fabbrica?

Il vecchio -          (Tira un sospiro) Beh, in quel periodo avevo poco più di vent’anni; un giorno… un giorno successe che durante una manifestazione stavamo per scontrarci con un gruppo di destra…

La ragazza -         I fascisti!

Il vecchio -          Sì, solo che a un certo punto s’è messa di mezzo la polizia…

La ragazza -         Chiaro!

Il vecchio -          Già.

La ragazza -         E cosa è successo?

Il vecchio -          È successo che mi sono ritrovato davanti a un poliziotto, che tra l’altro conoscevo molto bene perché eravamo stati tutti e due nella stessa compagnia e a volte eravamo andati anche a ballare insieme.

La ragazza -         Col poliziotto??

Il vecchio -          (Sorride) Non solo con lui!! Andavamo in gruppo! Dopo io ballavo per conto mio e lui per conto suo!

La ragazza -         Ah!

Il vecchio -          Oh. (Si alza per fare capire meglio alla ragazza ciò che era successo e inizia a mimare l’azione) Insomma ci siamo ritrovati uno di fronte all’altro; lui allora, preso dalla confusione del momento a dall’agitazione di quella folla scatenata ha alzato il manganello su di me; quando ho visto che quel manganello si stava abbassando sulla mia testa ho scartato immediatamente e… (Mentre il vecchio mostra la sua posizione col bastone puntato verso il poliziotto passa un quarto viaggiatore che si ferma ad osservarlo incuriosito. Il vecchio se ne accorge e si ricompone imbarazzato, rivolgendosi confusamente al quarto viaggiatore) No, niente… stavo facendo vedere alla signorina, qui… una mossa… (Il quarto viaggiatore gli fa un sorrisino di compatimento e se ne va)

La ragazza -         Vada avanti…

Il vecchio -          … Sì. (Riprende la posizione di prima) Stavo dicendo: Allora ho scartato immediatamente e ho puntato il bastone che avevo in mano dritto verso di lui, sfortunatamente lui si era abbassato e l’ho preso dritto sui denti!

La ragazza -         Cavolo!

Il vecchio -          Già. Gli ho buttato giù quattro denti!

La ragazza -         E lei? Che conseguenze ha avuto?

Il vecchio -          Quattro mesi…

La ragazza -         … di galera! Un mese per dente!

Il vecchio -          (Si risiede) Precisamente.

La ragazza -         Mi dispiace!

Il vecchio -          Oh, ne sono fuori, ormai, voglio dire: acqua passata.

La ragazza -         Ma passati quei quattro mesi non poteva tornare al lavoro?

Il vecchio -          Avrei potuto, certo, ma non me la sentivo più di restare qui… non per vergogna, eh! Il fatto è che quell’esperienza mi aveva un po’ cambiato e decisi di dare una svolta alla mia vita.

La ragazza -         E gliel’ha data?

Il vecchio -          La svolta?

La ragazza -         Sì.

Il vecchio -          No. O meglio: sì e no perché ho preso e mi sono trasferito a Bologna lasciando tutto qui: famiglia, amici, la mia ragazza…

La ragazza -         Aveva anche una ragazza?

Il vecchio -          (Sorride) Be’, a vent’anni può succedere! E non può capire quanto m’è costato lasciarla qua. (Pausa) Stavamo insieme da quattro anni! E le avevo anche proposto di venire a Bologna con me ma lei era troppo legata alla sua famiglia, così, tra una cosa e l’altra…

La ragazza -         Vi siete persi.

Il vecchio -          Già.

La ragazza -         Che storia triste.

Il vecchio -          Una storia triste… sì. (Riprende il racconto) Poi a Bologna ho ripreso a fare il tornitore; ecco perché ho detto che una vera svolta non c’è stata.

La ragazza -         Ed è rimasto molto, a Bologna?

Il vecchio -          Finchè non sono andato in pensione. Allora ho cominciato a sentire la nostalgia della mia città, dei posti dove sono nato e cresciuto… del mare. Non mi è mai piaciuto stare in una città senza il mare.

La ragazza -         E quella ragazza? Non l’ha più rivista?

Il vecchio -          No. (Pausa) Adesso però mi deve dire lei, perché prima ha detto: “c’è un motivo per cui glielo chiedo, poi glielo dirò”.

La ragazza -         Ah, niente, solo perché anche mia madre, in quegli anni, era impegnata politicamente e m’ha raccontato che aveva partecipato anche lei a parecchie manifestazioni.

Il vecchio -          Ah.

La ragazza -         Può anche essere che l’abbia conosciuta.

Il vecchio -          Può essere sì; Pesaro non è tanto grande e a quel tempo era ancora più piccola. Come si chiama sua madre?

La ragazza -         Gabriella.

Il vecchio -          (Ha un sussulto che fa trapelare appena. Resta in silenzio per un istante con lo sguardo perso nel vuoto, quindi torna a rivolgersi alla ragazza guardandola con più attenzione) Non mi viene in mente nessuno ma… può essere.

La ragazza -         Ah, certo. Magari quando fra poco la vedrà potrebbe anche riconoscerla.

Il vecchio -          (Evasivo) È possibile. (Cambia discorso) Allora lei stava di casa dietro al Comune…

La ragazza -         Sì, a due passi dalla Canonica.

Il vecchio -          (Lentamente la sua espressione cambia diventando più malinconica)… con sua mamma…

La ragazza -         Certo, perché?

Il vecchio -          (Mostrandosi più calmo possibile) Così, per sapere. E.. il babbo?

La ragazza -         Oh, mio padre è morto che io ero piccina e praticamente non l’ho mai conosciuto. Pensi che non ho nemmeno una sua fotografia! Così sono rimasta sola con mia madre perché lei non s’è più risposata… (Con fare birichino) e dire che ha avuto parecchi uomini che le ronzavano attorno!

Il vecchio -          (C.s.) Capisco. E sua zia come si chiama? Può essere che conosca lei.

La ragazza -         Si chiama Giulia (Il vecchio ha un’altra impercettibile reazione) ma non credo che la conosca perché lei non frequentava quegli ambienti. (Guarda l’orologio) Oh, ormai dovrebbe arrivare, ‘sto cavolo di treno!

Il vecchio -          Eh sì, ormai dovrebbe arrivare… e ormai è ora che me ne vada anch’io. (Fa per alzarsi)

La ragazza -         (Lo induce a risedersi) Come? Se ne va proprio adesso? Se aspetta due minuti le presento mia madre, come ho detto: è probabile che vedendola si ricordi di lei.

Il vecchio -          (Si rialza) No, s’è fatto troppo tardi…

Annunciatrice -    Il treno 9645 in ritardo, proveniente da Milano centrale e diretto a Pescara è in arrivo al binario tre.

La ragazza -         (Si alza) Eccolo, arriva! Rimanga qui, su!

Si sente il rumore del treno che arriva e si ferma.

Il vecchio -          Anna…

La ragazza -         Sì…?

Il vecchio -          Mi tolga una curiosità: lei si ricorda di quando suo padre è…?

La ragazza -         No, non me lo ricordo, ero troppo piccola! Me l’ha detto mia madre diverso tempo dopo. (Si alza sulla punta dei piedi per cercare di scorgere la madre mentre passano da destra a sinistra il 5° e il 6° viaggiatore. Il vecchio resta in piedi dietro di lei) Eccola! (Con una mano tiene la manica della giacca del vecchio mentre alza l’altro braccio e agita la mano per farsi vedere dalla madre) Mamma! Mamma!

La ragazza chiama la madre col sottofondo del rumore del treno che riparte e si allontana

La madre –         (Arriva da destra, con una valigia che appoggia in terra e abbraccia la figlia) Anna!

La ragazza -         È andato bene il viaggio?

La madre –          Sì, sì, tutto a posto.

La ragazza -         E la zia Giulia?

La madre –          Eh, lei sta meglio di me!

La ragazza -         Mamma, ti presento un signore gentile che ho conosciuto qui in stazione e che m’ha tenuto compagnia per tutto il tempo.

La madre –          (Gli porge la mano, senza riconoscerlo) Piacere.

Il vecchio -          (Impacciato, guardandola negli occhi) Piacere.

Annunciatrice -    Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

Si sente il rumore di un treno in transito. Durante il passaggio del treno i due si guardano e lentamente la madre riconosce il vecchio. La stretta di mano si scioglie ed entrambi guardano la ragazza.

La ragazza -         (Rivolta ad entrambi) Allora? Vi conoscete??

Il vecchio -          (Senza staccare gli occhi dalla madre) Credo di sì.

La madre –          (Guardando il vecchio) Sì, credo proprio di sì.

Il vecchio -          Hai davvero una bella e brava figlia, Gabriella.

La madre –          Sì, lo so.

Il vecchio -          Se quella volta non fossi… non fossi partito, probabilmente l’avrei vista nascere.

La madre –          Bè, saresti dovuto partire due anni dopo perché quando è nata lei era già molto che avevi lasciato Pesaro.

Il vecchio -          (Impassibile) Ah.

La madre –          È suo padre, Giorgio… che non ha avuto la fortuna di vederla crescere.

Il vecchio -          (C.s.) Giorgio…

La madre –          (Fissando il vecchio) Sì, Giorgio.

La ragazza -         (Al vecchio) Conosceva anche mio padre??

Il vecchio -          (Fissando la madre della ragazza) Sì, eravamo grandi amici.

La madre –          (Fissando il vecchio) Eravamo tutti, grandi amici, a quei tempi.

Il vecchio -          È vero. Mo poi ci si perde di vista.

La madre –          O ci si vuol perdere volontariamente.

Il vecchio -          Da ragazzi può succedere. Avevo 20 anni.

La madre –          24.

Il vecchio -          24, già. (Pausa) Quanto tempo è passato.

La madre –          Una vita.

Il vecchio -          Già, una vita.

La ragazza -         Beh? Allora? Cos’è questo mortorio? (Spingendoli delicatamente l’uno verso l’altra) Dobbiamo fare una bella rimpatriata!

Il vecchio e la madre della ragazza, ormai vicinissimi, si guardano negli occhi e lentamente si stringono in un caldo abbraccio.

La madre –     (Al vecchio, dopo essersi sciolti dall’abbraccio) Vuoi venire a mangiare con noi?

Il vecchio -      Abiti sempre lì?

La madre –     Sì, abito sempre lì.

Il vecchio -      (Con ironia) E… sai ancora fare così bene le uova al tegamino?

La madre –     (Lo prende sottobraccio e si avvia con lui) Stupido!

La ragazza -    (Prende la valigia rimasta in terra) Aspettatemi! (Li segue)

Il vecchio torna indietro, prende la valigia alla ragazza e tutti e tre escono insieme.

Si sente il rumore di un treno in transito

Buio

Sipario